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Capitolo 1: “Dalla scoperta alla prima conquista: la prima divisione del mondo”.
Paragrafo 1.1: “Mondo Nuovo”.
Dopo la prima spedizione di Colombo, nel 1502, il fiorentino Vespucci a conclusione di una serie
di viaggi attraverso l’oceano atlantico, scrive una lettera a Lorenzo de Medici parlando di Mundus
Novus, di un gigantesco continente sconosciuto. Il 1492 non costituisce uno spartiacque rigido tra
medioevo ed età moderna, ma di sicuro la scoperta dell’america ha un significato enorme per la
genesi del mondo moderno. La “scoperta” significava entrare a contatto con terre sconosciute,
convertire al cristianesimo popoli pagani, immettere nel mercato merci nuove. La “conquista” però
comportava sempre costi alti: popolazioni sterminate, gli europei portarono nelle americhe
epidemie, malattie virali, destrutturarono culture indigene, sconvolsero organizzazioni sociali, modi
di vita, provocarono crolli demografici disastrosi (Messico). Le scoperte geografiche e le conquiste
investirono tre continenti: Africa, America, Asia. Dopo la fase delle esplorazioni marittime iniziò
quella di esplorazione interna del continente americano e del controllo delle regioni più ricche e
popolate. Dalla scoperta dell’america il mondo è cambiato, il traffico si sposta dal mediterraneo
all’atlantico; dal Messico e Perù affluiscono oro e argento, uno dei fattori principali dell’inflazione
e della rivoluzione dei prezzi. L’incontro tra Europa e America provoca anche dei mutamenti nella
produzione agricola, vengono trapiantati prodotti come la canna, caffé, patata, tabacco. Il
capitalismo commerciale e finanziario riceve grande impulso dai traffici intercontinentali e porta
alla nascita di nuove figure professionali quali il banchiere, grandi mercanti e lo sviluppo della
concorrenza.
Paragrafo 1.2: “L’espansione portoghese e spagnola prima di Colombo”.
Fin dal primo 400 molti paesi erano spinti dal desiderio di scoprire, conquistare, esplorare, in
particolare la Spagna e il Portogallo dove vi è una base economica-organizzativa, tecnologica,
sviluppo di teorie e strumenti geografici. Il Portogallo poteva contare sulla disponibilità del capitale
dei mercanti italiani, a metà XV secolo è pronta anche la base tecnologica: la caravella, cioè
un’imbarcazione di piccole dimensioni, che può portare una maggior quantità di provviste anche
perché richiede un equipaggio più ridotto. Può navigare più lontano dalle coste e rimanere in mare
per lungo tempo. Un geografo, il greco Stradone, aveva invece incoraggiato l’idea che l’Africa
potesse essere circumnavigata. Anche gli strumenti per navigare si affinano, la Spagna possiede già
la bussola, gli altri paesi hanno mezzi diversi per misurare la latitudine, come il quadrante nautico.
“L’espansione portoghese”.
Aprire la via per il mare verso l’oriente, circumnavigare l’Africa per raggiunger l’oceano indiano e
l’Asia e controllare il traffico delle spezie è l’avventura affrontata dai portoghesi nella seconda metà
del 400. Già nella prima metà del secolo si spinsero verso l’Africa; i protagonisti sono veneziani e
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genovesi al servizio della corona portoghese. Nel 1445 scoperte le isole del Capo Verde, nel 1487
Bartolomeo Diaz tocca la punta meridionale dell’Africa che prenderà il nome di capo di Buona
Speranza. L’Africa è circumnavigata, è aperta una nuova via oceanica verso l’Oriente. L’espansione
portoghese in Africa ha consentito lo sfruttamento di enormi risorse: schiavi, l’oro, l’avorio, il
cotone, pepe, zucchero.
L’espansione Portoghese e gli strumenti utilizzati per la conquista pongono importanti problemi di
natura giuridica; come giustificare la conquista delle terre e l’assoggettamento delle popolazioni
Africane? I giuristi inventarono la formula della TERRA NULLIUS, cioè la terra di nessuno, non
sottoposta ad una signoria, senza ordinamento né leggi civili, di qui la possibilità di imporre la
signoria portoghese. C’erano due limiti all’impero coloniale portoghese in Africa: difficoltà dello
stato di gestire razionalmente le risorse commerciali e coloniali e la forte dipendenza dai mercati
stranieri.
“Espansione spagnola”.
L’espansione spagnola prima di Colombo diede luogo all’occupazione castigliana delle isole
canarie, proprio questa colonizzazione fu il tramite che collegò la Reconquista, cioè la guerra santa
contro i Mori che occupavano ancora una vasta area della penisola iberica, all’espansione
castigliana e aragonese. Questa occupazione ebbe un valore enorme come presupposto alla volta
dell’America e fu la base dei 4 viaggi di colombo. La colonizzazione delle canarie fu portata a
termine tra il 1477 e 79, anno in cui fu stipulato il trattato di Alcáçova tra Portogallo e Spagna, che
segna la I spartizione del globo: in base a esso il Portogallo accettava di riconoscere i diritti
castigliani sulle Canarie e la Spagna riconosceva i titoli portoghesi sulle altre isole dell’Atlantico e
sulle coste africane.
Verso la fine del XV secolo Spagna e Portogallo hanno ormai accumulato un’esperienza
considerevole nelle imprese d’oltremare. Più fragile sotto il profilo economico, sociale e politico è il
Portogallo, tuttavia grazie a Giovanni II era riuscito a rafforzare l’autorità statale, a reprimere le
spinte della grande nobiltà, a sfruttare le risorse d’oltremare, attraverso una politica monopolistica.
L’interesse del Portogallo era orientato soprattutto verso l’india, mentre gli interessi della Spagna
erano rivolti al completamento della Reconquista, consolidamento delle conquiste Africane, la
politica italiana.
Paragrafo 1.3: “Cristoforo Colombo”
Colombo intraprende la via della navigazione a seguito di mercanti genovesi. Dal 1479 si stabilisce
in Portogallo, Toscanelli (geografo umanista fiorentino) lo convince della sfericità della terra. Il
progetto di Colombo è di raggiungere le Indie Orientali partendo dalle coste Atlantiche dell’Europa:
una rotta esattamente antitetica a quella effettuata da Marco Polo via terra. Presenta il progetto a
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Giovanni II, re del Portogallo: la risposta del sovrano è negativa. Due gli ostacoli: le perplessità del
re sulla fondatezza del progetto e la difficoltà di investire energie al di fuori della strategia africana
dell’espansione portoghese. Colombo si rivolge allora a Isabella di Castiglia e a Ferdinando il
Cattolico. Il 1° contatto nel 1486 dà esito negativo per le ristrettezze finanziarie e gli impegni della
corona. Il 2° contatto nel 1491 dà esito positivo. È la vigilia della vittoria di Granada (1492), cioè
del completamento della Reconquista, della definitiva liberazione della Spagna dai Mori. Gran parte
dei soldi necessari per la spedizione vengono anticipati da Francesco Pinelli e da banchieri
fiorentini. La prima spedizione effettuata con 3 caravelle: Santa Maria (comandata da Colombo),
Pinta (Varez)e Nina (Pinzon). Il 12/10/1492 dopo una tormentatissima navigazione iniziata il 3
agosto, Colombo avvista finalmente terra. Crede di essere arrivato in Cina o in Giappone, invece
arriva all’isola di Guanahanì, ribattezzata San Salvador, nelle Bahamas. È l’OTRO MUNDO. La
scoperta è importantissima e al suo ritorno in Spagna Colombo è oggetto di onori e festeggiamenti.
La seconda spedizione dopo pochi mesi è di proporzioni più grandi, in vista dell’oro. I suoi uomini
sono molti Hildagos, ossia cavalieri che non godevano di alcun titolo nobiliare e che avevano
partecipato alla Riconquista; pochi borghesi, molti artigiani e contadini che volevano arricchirsi,
cambiare status sociale e diventare signori con vassalli, servi e maggiordomi. L’impresa di
Colombo serviva a dare un senso a gruppi della società spagnola che si sentivano frustati ed
emarginati: nelle Indie avrebbero potuto essere qualcuno. La delusione per la Corona e per molti di
questi uomini è forte dopo la seconda spedizione. Il risultato è solo un piccolo carico di schiavi.
Riesce tuttavia ad ottenere l’autorizzazione ad una terza spedizione. Nel 1498 parte con sole sei
navi. Il bottino è cospicuo: oro, perle e preziosi. Ancor più importanti la scoperta di altre terre. Nei
viaggi precedenti Colombo ha raggiunto il Messico. Ora tocca le coste dell’America latina. Intanto
la gestione della conquista si fa difficile. La base più importante nel Nuovo Mondo, Santo
Domingo, è in ebollizione: disordini, violenze, epidemie. Colombo fu accusato di corruzione, fu
incarcerato nel 1500 e inviato in catene in Spagna. Isabella interviene e lo libera, gli affida
un’ultima spedizione in cui egli si spinge ancora più a sud ma fu costretto a tornare in Spagna dove
muore il 20/05/1506 abbandonato da tutti.
Dopo la prima spedizione di Colombo si posero due problemi: la legittimazione della conquista e
l’esigenza di rinegoziare il trattato di Alcáçova: ossia la definizione delle aree di influenza di
Spagna e Portogallo. Nel 1493 con la bolla Inter Cetera, Papa Alessandro VI Borgia, assegnava alla
Corona di Castiglia “ogni isola o terraferma, scoperta o ancora da scoprire, avvistata o non ancora
avvistata, che non fossero ancora di un altro re o principe cristiano”. Arrivava dunque la
legittimazione dell’occupazione e il via libera per le future espansioni. Tale bolla decreta la linea di
demarcazione tra territori spagnoli e portoghesi nei territori d'oltreoceano. Tutto ciò che sta ad est
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della linea alessandrina è territorio del Portogallo, quello ad ovest è della Spagna. Tale linea così
tracciata dà in pratica alla Spagna la possibilità di dominio su tutto il nuovo mondo. Ma il
Portogallo non era d’accordo con tale divisione. Nel 1494 il trattato di Tordesillas definiva le zone
di influenza della Spagna e Portogallo. La storiografia spagnola ha sostenuto che questa nuova
divisione era più favorevole al Portogallo; essa in realtà salvaguardava i principali interessi delle
due potenze: l’impero commerciale portoghese sulla rotta della circumnavigazione dell’Africa e
l’impero coloniale spagnolo, verso il Nuovo Mondo. Era la seconda tappa della spartizione del
globo, destinata a scatenare in breve tempo il malcontento delle altre grandi potenze europee e la
conflittualità internazionale.
Paragrafo 1.4: “Dalla scoperta alla conquista: l’espansione portoghese”.
Dopo l’avventura di Colombo e il trattato di Tordesillas vanno disegnandosi le grandi direttrici
dell’espansione transoceanica. Le prime due, quelle portoghesi, sono: la via delle Indie orientali e la
progressiva scoperta del Brasile. Partito nel 1497 Vasco de Gama doppia il capo di Buona
Speranza, attraversa il Mozambico e l’Africa orientale musulmana, nel 1498 è a Calicut (India).
Torna con un carico pieno di spezie. Dopo un altro viaggio di Vasco de Gama, il Portogallo entra
nella politica indiana. Nel 1519-22 Ferdinando Magellano, navigatore portoghese al servizio della
Spagna, costeggia l’America meridionale, supera lo stretto (che rappresenta il più importante
passaggio naturale tra l'Oceano Pacifico e Atlantico, ma è considerato una rotta difficile da
percorrere a causa del clima inospitale e della strettezza) che porterà il suo nome, si avventura nel
nuovo oceano Pacifico e raggiunge le isole Filippine dove muore ucciso dagli indigeni (fase eroica
delle spedizioni e delle conquiste).
La più grande risorsa dell’economia del vecchio mondo è il commercio delle spezie. La Corona
Portoghese ne possiede il monopolio, ma non è in grado di gestirne la distribuzione dei prodotti
esportati soprattutto nell’Europa settentrionale. Un’innovazione radicale nella struttura dell’impero
portoghese è rappresentata dalla conquista del Brasile. L’Inghilterra è interessata alla parte
settentrionale dell’America. A spingere il Portogallo verso la colonizzazione dell’America
meridionale sono le aspirazioni della Francia, proprio per contrastarle il Portogallo crea
insediamenti militari in Brasile. Ma il periodo di prosperità durerà poco. Le attività primarie non
sono in grado di soddisfare le esigenze della popolazione in aumento. Il Portogallo è dipendente dal
Baltico, dalla Francia, dal Nordafrica.
“L’espansione spagnola”.
L’altra grande direttrice dell’espansione transoceanica è quella spagnola. È soprattutto con la
spedizione nel Messico del 1519 di Cortès che l’impero ispano-americano compie un grande salto
di qualità. Un impero e una civiltà vengono distrutti. Si dà inizio ad un’azione sistematica di
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conquista che in circa 50 anni sottometterà tutte le principali civiltà del nuovo mondo. Cortès riesce
a sconfiggere gli Aztechi, li sottomise, massacra tutti i principali locali, reprime rivolte, bombarda,
semina il terrore. La fase finale della conquista fu eseguita da Pizzarro e De Almagro che
attaccano l’impero inca, in Perù. Le brutalità e le violenze sono superiori a quelle commesse da
Cortès: raggiri, stermini di popolazioni e stragi. Lo spirito dei conquistatori consiste nel “servire
Dio e il re e anche diventare ricchi”. A spingere questi uomini è la fede missionaria, la loro forza sta
nell’incrollabile convinzione della superiorità della civiltà. Gli uomini di Cortès sono castigliani che
vogliono la ricchezza attraverso la guerra, feudi, vassalli, titoli e fama.
Il primo problema che la colonizzazione pone è l’organizzazione della conquista, l’individuazione
di un equilibro tra il riconoscimento del potere statale sui territori d’oltremare e la soddisfazione
delle aspettative dei conquistadores. Il 1° strumento del rapporto tra la Corona spagnola e i
conquistatori fu la licenza reale: in cambio di investimenti e servizi per la Corona, l’impresario
riceveva titoli, privilegi, autorizzazioni commerciali, fino al titolo di adelantado, che conferiva un
diritto di signoria non trasferito ma donato dal sovrano, un potere amministrativo e militare, a volte
il privilegio di fondare città e distribuire terre. Il re designava il comandante, l’adelantado, che in
genere era il 1° governatore delle terre conquistate. Non aveva comunque un’autorità assoluta sui
membri della spedizione: si doveva consultare con essi per prendere le decisioni più importanti,
anche per prevenire disordini, rivolte. Nominava, a sua volta, dei capitani per il comando delle
compagnie. Criteri di scelta erano lo stato sociale, l’amicizia, parentela con il capo-missione. Un
tentativo di razionalizzare e giustificare la conquista fu quello di farla accettare agli indigeni tramite
il requerimiento. In base ad esso gli indios dovevano riconoscere il papa come signore del mondo e
il re di castiglia come suo vicario, destinatario delle terre d’oltremare, offerte dal pontefice; solo se
gli Indios accettavano tali condizioni, venivano riconosciuti come leali vassalli. Il sistema non
funzionò; gli indios non potevano capire le sottigliezze del messaggio giuridico del requerimiento.
Quindi lo strumento più importante della colonizzazione fu l'encomienda, si trattava di
un’istiruzione casigliana medioevale: l’encomienda era una concessione temporanea fatta dalla
Corona a singoli soggetti, di diritti, di signoria su terre, città, castelli. L’assegnazione non
comportava alcun titolo di proprietà; L’Encomendero riceveva temporaneamente diritti di signoria
su un certo numero di Indios, in cambio di una loro sistemazione in comunità stabili, dotate di
Chiese e parroci. Per alcuni storici l’encomienda garantì agli Spagnoli i possedimenti americani,
per altri invece era qualcosa simile ad una signoria schiavista. Le comunità create dall’encomendero
non erano altro che prigioni di manodopera forzata. Tutti gli stoici sono d’accordo sul fatto che
l’encomienda non indebolì lo Stato spagnolo. Alla fine gli encomenderos furono posti sotto il rigido
controllo della Corona.
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Anche il resto dell’Europa si impegnò nella conquista dell’America. L’Italia partì con esperti
viaggiatori e navigatori ma anche con uomini d’affari. L’Inghilterra cercò di invadere le conquiste
spagnole. L’idea dell’oro e il mito del meraviglioso erano i primi elementi che attiravano, ma ben
presto si sviluppa anche un sentimento di superiorità della civiltà europea.
Capitolo 2: “Rinascimento e Stato Moderno”.
Paragrafo 2.1 : “Le tre tappe del Rinascimento”.
Il periodo compreso tra il 15° e 17°secolo è chiamato Rinascimento; esso ha origini italiane ed è
caratterizzato da una forte carica di modernità in contrapposizione al medioevo. Esso rappresenta
cioè un’epoca di reali trasformazioni che investono gran parte dell’Europa. Si possono distinguere:
un’origine nel 14° secolo, al tempo di Petrarca; una maturità tra il 15°secolo e la prima metà del
16°; uno stadio finale nella seconda metà del ‘500. Le innovazioni non erano poche: il fiorire delle
arti, della letteratura, della scultura, ma soprattutto ci fu una nuova visione del mondo e dell’uomo
inteso come “individuo”. C’è un ritorno all’antico; il mondo classico diventa anche una guida per la
vita pratica. Nell’arco di questi due secoli e mezzo si sono avuti mutamenti culturali, economici,
sociali e politici. I mutamenti nella struttura politica fanno dello Stato la nuova forma di
organizzazione politica interna e internazionale.
Paragrafo 2.2: “Gli stati moderni e le nuove forme di politica”.
Quasi tutti gli stati europei hanno una organizzazione politica simile. Al vertice c’è il sovrano,
unico titolare del potere che proviene direttamente da Dio, giudice supremo e legislatore, assistito
nella sua attività da un Consiglio del Re. Un insieme di organismi amministra i diversi settori dello
stato chiamato moderno perchè presenta elementi nuovi rispetto alle organizzazioni politiche
medievali. La novità più eclatante fu la divisione tra la proprietà o titolarità del potere spettante al
sovrano e il suo esercizio affidato all’amministrazione. Si tratta di una forma di Stato assai
differente da quella affermatasi 2 o 3 secoli dopo: i poteri legislativo, esecutivo e giurisdizionale
non sono ancora distinti; c’è molta confusione tra le competenze dei diversi uffici; i confini tra
pubblico e privato sono ancora confusi e non ancora affermati. Si tratta di uno stato in cui esistono
ancora molti privilegi, infatti la Chiesa e la nobiltà feudale avevano tribunali separati da quelli
statale. I concetti di Stato moderno e Stato del Rinascimento indicano un’organizzazione del potere
diversa rispetto al medioevo, mentre Stato nazionale indica le entità politiche che corrispondono a
insiemi etnicamente e geograficamente omogenei. La formazione dello Stato nazionale si è avuta
nel XV secolo in Spagna, Inghilterra e Francia. Il 500 ha conosciuto altri 2 modelli di Stato:
l’autocrazia e il dispotismo. Il 1° rappresenta la centralizzazione statale russa, il 2° l’impero
ottomano. A metà del ‘500 in molti paesi europei si iniziò ad avvertire una crescita dei prezzi
rispetto ai primi anni del secolo ed a cambiare il rapporto tra domanda ed offerta; ciò fu attribuito
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alla scoperta del nuovo mondo e ad una notevole crescita demografica. I contemporanei la
definirono: “rivoluzione dei prezzi”, cioè quando i metalli preziosi arrivarono in Europa, i prodotti
da acquistare erano pochi, così avendo a disposizione molta moneta e poche merci, quest’ultime
presero a salire di prezzo, visto che chi aveva più denaro era disposto ad acquistarle a qualunque
prezzo. Il fenomeno dell’urbanizzazione comincia a diventare ben visibile. Molta importanza
assume la cultura e la sua trasmissione. Il rinascimento si identifica con le grandi opere della pittura,
scultura e architettura, ma anche con il libro moderno. Venezia domina il mercato dei libri, con
Aldo Manuzio che pubblica la prima collana di tascabili in volgare e usa per la prima volta il
carattere corsivo. Il protagonista di tutti i libri di questo periodo è l’uomo, oggetto di una nuova
attenzione come individuo e come artefice di relazioni, di rapporti, come soggetto e oggetto di
comportamenti.
La Francia: Con la sconfitta di Carlo il Temerario nel 1477, la conquista della Borgogna ad opera
di Luigi XI e l’annessione della Provenza nel 1481 si compie l’unificazione geopolitica della
Francia. Il re in Francia è al vertice del sistema politico e tale potere ha alcune caratteristiche
feudali: è capo di una gerarchia di vassalli, conserva un legame personale e contrattuale con la
nazione. Tutte le province hanno un sistema di rappresentanza (Parlamenti e stati provinciali)
autonomo, ma in realtà non c’era una vera e propria autonomia in quanto tutti i decreti legislativi,
finanziari e a volte giudiziari provenivano dal re. Al vertice del sistema di governo, su cui reggeva
la monarchia francese, c’era il Consiglio del Re, formato dai grandi dignitari e dagli ufficiali della
corona. Durante il regno di Francesco I lo strumento reale sarà il consiglio degli affari, segreto,
formato da pochi consiglieri intimi del re, questi deliberano su tutte le questioni (politiche, militari,
finanziarie, amministrative). Altro gruppo alla fine del 400 saranno i maitres des requetis: utilizzati
dal re come suoi fedeli commissari per ispezionare e controllare le province, essi siedono nei
parlamenti e partecipano alle sedute del consiglio del re. Il consiglio si articolava in: una Sezione di
Stato, in un Consiglio “des Parties” ed un Consiglio delle Finanze; questo per garantire le
competenze in ciascun settore: politica, giudiziarie e finanziarie. Nel 1547 furono creati i 4 segretari
del re: responsabili dei 4dipartimenti in cui era diviso il regno; erano le persone su cui il re poteva
contare per l’esecuzione delle sue volontà.
L’Inghilterra: La monarchia inglese andava consolidandosi e restaurandosi alla fine della guerra
delle Due Rose. Grazie a Enrico VII Tudor la monarchia inglese, comprendente anche il Galles e
parte dell’Irlanda, riesce ad affermare la sua autorità. Combatte con successo i poteri residui dei
grandi feudatari, istituendo la “Camera Stellata”, cioè una sorta di tribunale per le cause contro le
famiglie feudali ribelli, e lo stesso sovrano permise a persone non nobili di ricoprire cariche
politiche e giudiziarie. Ma è soprattutto con Enrico VIII che si verifica una vera rivoluzione nel
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governo: il centro dell’amministrazione è assunto dal 1° segretario e dal Consiglio Privato, sono
soppressi ineguaglianze costituzionali e speciali privilegi nel paese. L’artefice di questa rivoluzione
amministrativa è Thomas Cromwell che cerca di attuare il progetto della concentrazione del potere
nello Stato. La struttura e le funzioni del parlamento si differenziano dagli istituti simili presenti in
altri paesi europei. Vi sono 2 camere: quella dei Lord (ereditaria) che rappresentava la grande
nobiltà e dei Comuni (elettiva) che rappresentava la piccola nobiltà terriera, ceti non nobili e
coltivatori diretti. La funzione legislativa è riconosciuta al Parlamento; il riferimento dei
parlamentari è a una legge comune (Common Law), indipendente dal sovrano. Un’altra
caratteristica del governo inglese è costituita dall’autogoverno delle contee, affidato agli sceriffi,
nobili e ai giudici di pace. Si sviluppa nel ‘500 la teoria dei 2 corpi del re: oltre al corpo naturale,
mortale, soggetto alle malattie e alla vecchiaia, il sovrano è dotato di un corpo politico
incorruttibile, non soggetto a malattie, invecchiamento e morte. In questo secondo corpo, che passa
da un re all’altro, si concentra l’essenza della sovranità.
La Spagna: Nel 1469 Ferdinando (re di Sicilia ed erede al trono di Aragona) e Isabella (erede al
trono di Castiglia) si uniscono in matrimonio. Essi creano dalla loro unione le premesse per la
formazione dello Stato iberico. Sono soprattutto le condizioni interne ed internazionali a rendere
opportuno e conveniente un matrimonio tra Aragona e Castiglia. In seguito alla liberazione di
Granada che segnò il compimento della Reconquista cristiana, a Ferdinando e Isabella furono
concessi i titoli di “Re cattolici”, conservati anche dai loro successori. L’unione delle Corone sotto i
Re Cattolici riunì realtà diverse: il territorio Castigliano molto esteso ( tre volte quello aragonese),
con società ancora pastorale e densità di popolazione assai elevata; e l’Aragona che ha dato vita, nel
corso del tardo Medievo, al grande impero commerciale catalano-aragonese. Un sistema
rappresentativo più articolato rispetto a quello casigliano e a fondamento di quello aragonese sono:
le Cortes, cioè delle assemblee degli Ordini, dei Ceti, in Catalogna godono di potere legislativo. Nel
tardo medioevo i sovrani casigliani, a differenza di quelle aragonesi, non sono obbligati a convocare
le Cortes a scadenze regolari.
La Russia: Ivan III fu l’artefice dell’unità della Russia, liberata dai mongoli. Lo zar si sentiva erede
dell’impero Romano d’Oriente e dei sovrani bizantini. L’ideale politico di Ivan era “un’aristocrazia
ortodossa sinceramente cristiana” di tipo patriarcale benedetta nella sua missione dalla divina
provvidenza. Ma l’autocrazia era appunto un ideale. Nella realtà lo zar doveva far fronte alle forti
opposizioni dell’antica nobiltà feudale, i boiari. Lo zar crea organismi rappresentativi locali e affida
alla piccola nobiltà provinciale alcune funzioni di amministrazione della giustizia e di polizia. Per
contrastare e ridimensionare la potenza dei boiari, prima Ivan III e poi Ivan IV il terribile
distribuirono la terra alla nobiltà di servizio, cioè la piccola nobiltà. Ivan III concesse l’usufrutto
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delle terre conquistate a questi nobili. Ivan IV trasformò l’usufrutto in diritto ereditario, concesse ai
nobili di servizio un’ampia zona equivalente alla metà dell’intero territorio e costruì con loro una
forza militare autonoma. Le conseguenze furono notevoli. Molti territori dell’antica nobiltà furono
espropriati con la forza e passarono alla piccola nobiltà di servizio. La centralizzazione del potere
corrisponde all’indebolimento dell’aristocrazia boiara.
La Germania: nel XVI secolo non appare come entità politica unitaria. Lo sviluppo statale ha avuto
luogo su 2 piani: quello dell’impero e quello degli Stati territoriali. Il 1° ha perso i 3 requisiti
medievali della sacralità, universalità e continuità. L’impero pur essendo elettivo è affidato agli
Asburgo. Il sistema politico imperiale presenta debolezza costituzionale. È assai scarso il potere che
l’imperatore riesce ad esercitare sui principi territoriali e sulle città. Per quanto riguarda il 2° piano
il processo di formazione dello stato si presenta condizionato dal rapporto tra principe e i ceti. La
costituzione per ceti è una struttura politica dualistica: da un lato il Consiglio del signore territoriale,
dall’altro la Dieta organismo rappresentativo dei ceti, della città, del clero. I ceti godono di ampi
poteri giudiziali, militari e finanziari. Nella 1° fase della formazione dello stato in Germania i ceti
avevano appoggiato il potere del principe sul piano centrale, ma l’avevano indebolito sul piano
locale. Nella 2° fase i ceti sono stati i partner indispensabili del principe nella formazione dello
stato.
L’Impero Ottomano: Nel 1453, con la conquista di Costantinopoli, comincia la 2° fase
dell’espansione turca. In meno di un secolo i turchi conquisteranno una vasta area dei Balcani. Il
XVI secolo rappresenta il secolo del maggiore sviluppo e del principio della crisi della potenza
ottomana. A metà 500 con Solimano I l’impero ottomano è il più potente del mondo; ma alla fine
del 500 quell’impero è in declino. La struttura dello Stato turco è assai diversa da quelle degli stati
europei: manca la proprietà privata; esistono 2 istituzioni parallele: quella di governo e quella
religiosa musulmana. Nei paesi dell’Islam non c’è separazione tra Chiesa e Stato; non esiste il
feudalesimo: i cavalieri musulmani ricevono dal sultano terra in cambio del servizio militare; lo
Stato ottomano comprende diverse etnie lasciate libere di mantenere in vita leggi e costumi
preesistenti. Nessun tentativo di unificazione.
Capitolo 3: “L’Italia nelle guerre per il predominio europeo”.
Paragrafo 3.1: “Il sistema degli Stati italiani”.
Nel 400 tre sono le grandi potenze in Europa: la Francia, la Spagna e l’Impero ottomano. Esse sono
organismi politici solidi, fondati sul consolidamento del potere monarchico, su una progressiva
unificazione nazionale e su una politica espansionistica verso l’esterno. Guerre, matrimoni e
alleanze diplomatiche sono gli strumenti della politica di potenza. Secondo la storiografia, la
vicenda politica italiana tra metà 400 e 500 attraversò 3 fasi:
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a) dalla pace di Lodi (1454) alla discesa di Carlo VIII, dall’equilibrio di Lorenzo il Magnifico alla
fine dell’indipendenza italiana;
b) durante le guerre d’Italia, dipendenza assoluta da Francia e Spagna;
c) con la Pace di Cateau-Cambrésis l’Italia entra nei secoli bui dell’egemonia spagnola.
Tra XIV e XV emergono con evidenza le difficoltà nella formazione di un sistema politico
peninsulare. Queste difficoltà erano state in parte aggravate dalla pace di Lodi. I 5 potenti della
penisola: Milano, Venezia, Firenze, Stato della Chiesa e Regno di Napoli avevano esercitato un
controllo vigile sulla “libertà d’Italia”: cioè la sopravvivenza del sistema dell’equilibrio politico
capace di fermare qualsiasi mira di potenze straniere sul territorio italiano. Alla fine del 400 questo
sistema entrava in crisi. Nei primi del 500 il predominio sull’Italia è considerato il problema
centrale, le parti in gioco sono 2: Milano e il Regno di Napoli. Queste nel sistema degli Stati italiani
sono anche i punti più deboli: non possono contare né sul principio del legittimismo dinastico, né
su una signoria locale (come Firenze), né su una struttura aristocratica o oligarchica (come
Venezia). Ma vi erano anche dei punti forti quali il Ducato di Savoia, lo Stato della Chiesa,
Venezia, ma nessuno di questi poteva realizzare una supremazia riconosciuta. Permaneva quindi il
divario tra l’Italia e le altre potenze europee nella disponibilità di strumenti politici e militari.
Paragrafo 3.2: La spedizione di Carlo VIII e la fine dell’indipendenza del Regno di Napoli:
Rapidità e facilità: sono le 2 caratteristiche assunte dalla spedizione di Carlo VIII in Italia. Il ducato
di Milano era uno dei deboli del sistema degli stati italiani. Dopo l’uccisione di Galeazzo Maria
Sforza in una congiura nobiliare nel 1476, i poteri passano al figlio Gian Galeazzo II, ma di fatto
governò lo zio Ludovico Sforza detto “il Moro”, che nel 1494 fece assassinare il nipote e si
proclamò duca. Gian Galeazzo aveva sposato Isabella, figlia del re di Napoli Ferrante D’Aragona.
La situazione instabile, la non legittimità del suo potere, le mire degli Aragonesi sul ducato e la
necessità di stringere una alleanza con il sovrano di una potenza straniera, lo spinsero ad allearsi
con Carlo VIII nel 1492. Essa era necessaria al Moro anche per consolidare il suo potere di principe
territoriale nell’area padana. Per questo e per far fronte alla minaccia aragonese il Moro chiamò in
soccorso il re di Francia e lo invitò a far valere le su aspirazioni angioine sul Regno di Napoli. La
preparazione politico-diplomatica fu molto curata da Carlo VIII in tutti i suoi dettagli. Innanzitutto
doveva assicurarsi la neutralità della Spagna e dell’Inghilterra. Papa Alessandro VI Borgia cercava
di creare, attraverso il figlio Cesare, un forte stato nell’Italia centrale e aveva grande bisogno
dell’appoggio di una potenza straniera. Venezia avrebbe potuto trarre vantaggio e, a sua volta,
aspirava a nuove conquiste territoriali grazie all’intervento straniero in Italia. L’identità del paese
come nazione e patria era completamente assente nella cultura e nella mentalità collettiva.
L’apparato militare di Carlo era il più moderno e sviluppato nell’Europa del tempo. Il successo
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della spedizione di Carlo fu dovuto anche alla sua netta superiorità militare. In pochi mesi il re
attraversò l’Italia, avanzava rapidamente verso Firenze senza trovare resistenza. Il successore di
Lorenzo il Magnifico, Piero de’ Medici, provocò, con il suo atteggiamento di totale soggezione a
Carlo VIII, la ribellione dei fiorentini, che lo cacciarono da Firenze e la proclamarono repubblica. A
dicembre Carlo entra a Roma e prosegue fino al Regno di Napoli. Dopo la morte di Ferrante
d’Aragona, il figlio Alfonso aveva provveduto a contrastare i progetti francesi di invasione del
Regno di Napoli. Aveva mandato inviati a Milano, Venezia, Firenze, aveva stretto legame con il
papato, aveva persino sollecitato aiuti dai turchi, dagli spagnoli e dagli Asbrurgo. Fortificazioni,
progetti di intervento militare a Genova, in Lombardia e Romagna avevano dimostrato che Alfonso
non era totalmente impreparato di fronte al pericolo francese. Ma non aveva le doti e le capacità
politiche, tattiche e strategiche del padre. Al principio del 1495 Alfonso abdicava a favore del figlio
Ferdinando II, detto Ferrandino. Carlo ebbe poco tempo per svolgere a Napoli una vera e propria
azione militare, cercò soprattutto consensi tra gli strati borghesi e artigiani. A tale scopo confermò
tutti i privilegi delle potenti corporazioni della lana e seta, e allargò il potere della rappresentanza
popolare. Il 31 marzo 1495 era stata firmata a Venezia un’alleanza antifrancese, formata da Venezia
stessa, da Ludovico il Moro, da papa Alessandro VI, da Massimiliano d’Asburgo, da Ferdinando II
d’Aragona che era dovuto fuggire da Napoli con tutta la corte, dai Re Cattolici. Nella battaglia di
Fornovo gli alleati cercarono di impedire, senza successo, la ritirata di Carlo VIII. Era comunque la
fine della sua spedizione in Italia. Il 7 Luglio Ferrandino riconquista il Regno di Napoli, ma la
restaurazione aragonese fu carica di problemi; l’assedio ai castelli si protrasse per mesi, il regno
visse in uno stato di tensione. Per controbilanciare il potere dell’aristocrazia, la Corona favorì
l’ascesa delle componenti popolari. Nel 1495 muore Ferrandino; erede al trono lo zio Federico.
Iniziava un nuovo corso politico, fondato sul ridimensionamento del potere dei popolari, su un
compromesso di interessi tra la Corona e la feudalità del Mezzogiorno e l’anno seguente ci fu una
tregua tra Francia, Spagna e Stati italiani e Federico veniva incoronato a Capua. Nel 1498 Carlo
VIII moriva; il suo successo, Luigi XII, riprese il progetto di conquista di Milano. Stabilì inoltre
degli accordi con Venezia e con il papa Alessandro VI Borgia, incoraggiato a creare per il figlio
Cesare un principato per l’Italia centrale. Luigi XII rivendicava anche una discendenza, quindi titoli
di legittimità su Milano. Dopo la conquista di Milano, puntava su Napoli. Poteva scegliere tra 2
opzioni: accogliere la proposta di Federico, cioè conservare il Regno di Napoli come feudo della
Francia o spartirlo tra Francia e Spagna (ipotesi già elaborata ai tempi di Carlo VIII). Dopo il
trattato di Granada tra Francia e Spagna, si passò alla spartizione del Regno di Napoli; Luigi XII
otteneva la metà settentrionale del napoletano e Ferdinando il Cattolico la Puglia e la Calabria. Ma
l’equilibrio raggiunto era precario. Vi era l’impossibilità di far coincidere gli interessi francesi con
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quelli spagnoli. Per Ferdinando il Cattolico Napoli era troppo importante; utilizzò tutte le risorse per
associare il Regno di Napoli al nuovo impero spagnolo: la strategia matrimoniale, l’alleanza con il
pontefice, l’intesa con Luigi XII, la spartizione con il trattato di Granada. Nel 1500 con la battaglia
di Cerignola l’esercito francese è sconfitto. La conquista spagnola del regno di Napoli veniva
coronata dalla giornata del Garigliano del 1503. Le truppe italo-spagnole coglievano il nemico di
sorpresa, l’impiego della fanteria era più articolato. Era la genesi della guerra moderna, l’inizio di
una lunga dominazione straniera nel Mezzogiorno d’Italia che sarebbe durata oltre 2secoli.
Paragrafo 3.3: Savonarola e Borgia
In Italia dopo la cacciata dei Medici da Firenze e la costituzione della repubblica, ruolo importante
nel nuovo sistema di governo era assunta dal frate domenicano “Savonarola”; spinto da una fede
profonda vuole attuare una radicale renovatio cristiana e combattere contro la politica temporale dei
papi, più che pontefici, governanti corrotti e immortali. Savonarola aveva trasferito i valori cristiani
della fratellanza e dell’uguaglianza anche al campo delle relazioni politiche. Erano state abolite le
imposte, era stato fondato un Monte di Pietà per l’assistenza ai più bisognosi; il potere dei
sostenitori di Savonarola era aumentato e si esercitava in tutti gli aspetti della vita. Presto si
organizzarono gruppi di oppositori: nacquero i Palleschi che volevano il ritorno dei Medici. A
favorire il successo dei gruppi coalizzati contro il frate fu anche la sua scomunica lanciata dal papa.
Savonarola continua la sua campagna contro i vizi della Chiesa, il partito dei Medici lo fa arrestare,
processare per eresia, impiccare e poi ardere in Piazza della Signoria insieme a due suoi fedelissimi,
concludendo così la stagione della repubblica fiorentina. “Cesare Borgia” aveva l’ambizioso
progetto di eliminare le piccole signorie locali e di annetterle allo Stato della Chiesa, conquistare
l’intera Toscana e creare un vasto complesso politico nell’Italia centrale. Di questo tentativo Cesare
Borgia riuscì a realizzare solo la prima parte. Il piano di espansione dei borgia fu troncato dalla
morte di Alessandro VI Borgia e dall’elezione del nuovo papa, Giulio II della Rovere, acerrimo
nemico di Borgia.
Paragrafo 3.4: Francesi, Spagnoli nella penisola.
L’elezione di Giulio II rappresentava una svolta sia nella storia del potere pontifico, sia nel rapporto
tra il sistema degli stati italiani e le potenze europee. Seppe sviluppare una politica estera aggressiva
e costruire intorno a sé forse il più imponente sistema di alleanze del tempo. Promosse il
consolidamento della monarchia papale e una politica di centralizzazione del potere. Si impegna a
riordinare i territori dello Stato della Chiesa, facendo nuove annessioni e scacciando i signori di
Romagna. Ciò lo fece scontrare con Venezia. Giulio II allora promosse nel 1508 la Lega di
Cambrai in funzione antiveneziana, riuscendo a mettere insieme avversari come Luigi XII,
Massimiliano d’Asburgo e Ferdinando il cattolico e a sconfiggere l’esercito veneziano. Con
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sorpresa si assistette alla ripresa veneziana. Il problema politico tornava a essere la supremazia
francese nell’Italia settentrionale. Giulio II nel 1512 si rese protagonista di una lega antifrancese
(Lega Santa), cui aderirono Ferdinando il cattolico, la Confederazione svizzera e persino Venezia.
Nella Battaglia di Ravenna riuscirono a vincere le truppe della lega e i francesi dovettero lasciare
Milano. A Firenze, dopo 18anni di esilio, rientravano i Medici. Poco era cambiato nel sistema degli
Stati italiani: lo Stato della Chiesa e Venezia continuavano a essere gli elementi più forti del
sistema. Francesco I, successo a Luigi XII, si preoccupa di riconquistare la Lombarda e ci riesce
nella battaglia di Marignano. Nel 1516 con la Pace di Noyon si attribuisce alla Spagna il Regno di
Napoli e alla Francia il Ducato di Milano.
Paragrafo 3.5: L’Impero di Carlo V.
L’autorità imperiale, elettiva, aveva realizzato nel corso del ‘400 una relativa concentrazione del
potere nelle basi territoriali degli Asburgo d’Austria. Massimiliano I D’Asburgo, re di Germania dal
1493, aveva ereditato le Fiandre dal matrimonio con Maria di Borgogna. Fece in modo che il
proprio figlio ed erede al trono, Filippo, detto il bello, prendesse in moglie Giovanna di Castiglia,
detta la Pazza, figlia di Ferdinando il Cattolico e Isabella di Castiglia. Ma iniziano a nascere
numerosi problemi: pezzi di impero si staccarono dal fragile edificio germanico ed entrarono in
conflitto con l’imperatore. Altro insuccesso di Massimiliano si ebbe in Ungheria. Un accordo
stabiliva il diritto degli Asburgo a succedere sul trono d’Ungheria in assenza di eredi della dinastia
Jagelloni: ma la nascita di Luigi vanificò i progetti dell’imperatore. Gli interessi italiani di
Massimiliano, malgrado un notevole impegno politico-militare contro Venezia a fianco di Giulio II,
non furono soddisfatti. Non ci furono vantaggi neppure dalla partecipazione militare alle guerre
d’Italia. Tuttavia la strategia matrimoniale di Massimiliano cambiarono nel corso del ‘500 lo
scenario politico mondiale. Nel 1500 da Filippo e Giovanna la Pazza, nasceva Carlo che diventava
erede delle Fiandre, dell’Austria, dei regni D’Aragona e Castiglia. Nel 1516 alla morte di
Ferdinando il Cattolico, Carlo venne proclamato re di Spagna, e fu incoronato imperatore ad
Aquisgrana. Carlo V aveva tutti i titoli per governare un Impero universale. Ferdinando aveva
completato prima di morire l’unificazione della Spagna annettendo Navarro che controllava il
passaggio tra Spagna e Francia. Castiglia però non accettò una condizione di dipendenza da una
dinastia nuova e straniera come gli Asburgo. Contraria alla candidatura di Carlo V all’impero era la
Francia. Carlo riuscì a cavarsela grazie ai principi tedeschi. Lo scontro tra Francia (Francesco I) e
Spagna (Carlo V) si ebbe nella Battaglia di Pavia nel 1525. Motivo della guerra: Possesso del
Ducato di Milano che per Carlo V aveva una importanza strategica poiché metteva in
comunicazione Germania e Spagna; per Francesco I era importante altrimenti la Francia sarebbe
stata soffocata territorialmente.
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Paragrafo 3.6:Da Pavia a Cateau-Cambrèsis.
Nel 1525 sconfitto e catturato a Pavia, Francesco I è costretto a rinunciare a Milano. Al termine di
un anno di prigionia, il sovrano francese firma la pace con Carlo V. Nel 1526 col trattato di Madrid
Francesco I, in cambio della libertà, si impegna a concedere a Carlo V Milano e la Borgogna (ma
tornato in Francia disse che il trattato gli era stato estorto e di non volerlo rispettare, così la
Borgogna restò in mani francesi). Nel 1526 Francesco I riapre le ostilità alla testa di una nuova lega
santa, la Lega di Cognac, in cui riesce a coinvolgere l’Inghilterra di Enrico VIII, Venezia, Milano,
Genova, Firenze e il pontefice Clemente VII della famiglia Medici, in precedenza uno dei maggiori
sostenitori di Carlo V. Qualche iniziale vittoria nel milanese da parte delle truppe di Carlo V, di cui
l’imperatore si serve per impartire una severa lezione a Clemente VII. Le sue truppe entrarono a
Roma che fu distrutta dal rinnovamento protestante (SACCO DI ROMA del 1527). Nel 1529 col
Trattato di Barcellona stipulato tra Carlo V e il papa Clemente VII si sanciva che: il papa si
impegna ad incoronare Carlo V re d’Italia, in cambio Carlo V si impegna a reinserire i Medici a
Firenze, dove gli abitanti avevano ristabilito un governo repubblicano). Nel 1529 con la pace di
Cambrai, detta delle due dame perché stipulata da Luisa di Savoia, madre di Francesco I, e
Margherita d’Austria, zia di Carlo V, si stabilisce che Carlo V rinuncia alle sue pretese sulla
Borgogna e Francesco I riconosce a Carlo V il possesso di Milano. Nel 1530, dopo il congresso di
Bologna (un incontro tra il papa e l’imperatore durato circa 4mesi), Carlo V é incoronato Re d'Italia
e imperatore del Sacro Romano Impero. Una fase della storia d’Italia si conclude, tutti gli Stati
minori riconoscevano il predomino spagnolo nella penisola. Ma i tentativi francesi di contestare il
primato spagnolo in Italia non si fanno attendere. Dopo la pace di Cambrai Francesco I attua una
politica di riamo e di consolidamento della difesa militare. Stipula 2 alleanze: la prima con il
nemico di
Carlo V, i turchi di Solimano I il Magnifico; la seconda con un altro nemico
dell’imperatore, i principi luterani della Germania. Così riprendono le ostilità tra Francia e Spagna.
Il successore di Francesco I, Enrico II, continua la politica diplomatica e militare del padre. Sposta
il conflitto dall’Italia alla Germania dove era accesa la lotta tra cattolici e luterani. Enrico II offre
appoggio ai principi luterani ed in cambio occupa i tre vescovati imperiali, appartenente all’impero
ma abitate da una popolazione in prevalenza francese. Carlo V sconfitto dai principi protestanti è
costretto a firmare la pace di Augusta, dove riconosce la libertà di coscienza ai luterani e il libero
esercizio della nuova fede religiosa. Tale pace sancisce la divisione della Germania tra cattolici e
luterani; per la prima volta due forme di religione, la cattolica e la luterana, ottengono pari
riconoscimento legale. Nel 1556 Carlo V abdica dove aver diviso i suoi stati tra il figlio Filippo II e
il fratello minore Ferdinando I (vedi 6° capitolo). Nel 1557 ci fu la lotta tra Francia e l’impero:
Enrico II contro Filippo II (alleato con l’Inghilterra). L’esercito spagnolo riportò una vittoria sui
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francesi. La pace venne ristabilita con il trattato di Cateau-Cambrésis (1559), che significò la
preponderanza spagnola in Italia, ma anche necessità di salvaguardare l’integrità degli stati
nazionali emersi tra il ‘400 e il ‘500 e l’impossibilità di dar vita nel cuore dell’Europa a un Impero
universale fondato sul potere del papa e su quello dell’imperatore.
Capitolo 4: “La Riforma Protestante”.
La Riforma protestante fu un movimento europeo che coinvolse persino paesi di forte tradizione
cattolica come Francia, Spagna e Italia. I promotori furono in maggioranza uomini di Chiesa:
Lutero (monaco agostiniano), Zwigli (sacerdote), Calvino (si avviò presto verso la carriera
ecclesiastica). La Riforma nacque dentro, e non fuori, l’istituzione ecclesiastica. Fu un moto di
reazione alla corruzione del clero, agli abusi ecclesiastici, al commercio delle indulgenze che
garantiva la liberazione delle anime dalla permanenza in purgatorio e denaro al tesoro della Chiesa.
Promotore della Riforma fu Lutero che denunciava la corruzione papale di Alessandro VI Borgia,
di Giulio II ecc. A differenza di Calvino, egli non ha lasciato un’opera sistematica dalla quale sia
possibile rilevare i fondamenti della sua dottrina. I suoi scritti sono occasionali. La sostanza del
problema di Lutero è la giustizia di Dio, quindi l’assoluta dipendenza dell’uomo da Dio e la
svalutazione di tutte le opere buone compiute dall’uomo. L’uomo è peccatore nella realtà della sua
condizione originaria e della vita quotidiana, ma è giusto nella fede in Dio. L’obiettivo di Lutero fu
espresso con la pubblicazione delle 95 tesi sulla porta della Chiesa di Wittenberg nel 1517. I tre
punti di partenza della Riforma luterana sono:
 Solo la fede salva, non le opere.
 Solo le S.S contiene tutte le verità di dio e non ha bisogno della tradizione e meditazione
della Chiesa.
 No ai 7sacramenti; libertà di culto e disciplina.
Contesta al papato il diritto di convocare i concili, la prerogativa di essere depositario della vera e
unica interpretazione delle sacre scritture. Elimina tutti quei sacramenti (cresima, penitenza, estrema
unzione, ordine sacro, matrimonio) che presuppongo la mediazione ecclesiastica tranne il battesimo
(che dona la grazia attraverso la fede) e l’eucarestia (in quanto memoria del sacrificio della croce).
Le tesi di Lutero si diffusero velocemente fino ad arrivare a Roma. Il 1° intervento della Chiesa è
del 1520: papa Leone X lo condanna minacciando la scomunica se entro 60 giorni egli non
ritrattava. Nel dicembre egli brucia la bolla nella piazza di Wittenberg. Nel gennaio una nuova bolla
papale pronuncia la sua scomunica. Intanto la dottrina luterana si diffonde in vaste aree della
Germania. Tutte le gerarchie e i ceti sociali ne sono coinvolti grazie alla semplicità del messaggio
luterano e alla sua duttilità tale da soddisfare bisogni e domande di soggetti tra loro assai diversi.
L’intervento ecclesiastico ha bisogno del supporto dell’ autorità politica. Nella Dieta di Worms
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riunitasi alla presenza dell’imperatore Carlo V, avviene l’alleanza tra potere secolare ed
ecclesiastico per la repressione del riformatore, ma non raggiunge il suo fine. Lutero sostiene fino in
fondo la sua testimonianza di fede, rivendicando ancora la sua piena appartenenza alla Chiesa.
Temendo per l’incolumità di Lutero, il principe suo protettore, Federico il Saggio di Sassonia,
decide di provvedere alla sorveglianza del monaco durante il viaggio da Worms a Wittenberg. Il
monaco trova protezione nel castello di Wittenberg. È questo un periodo importante perché avviene
la traduzione del Nuovo Testamento. La Bibbia già esisteva in tedesco, la novità sta nell’efficacia
espressiva e linguistica della traduzione letterale. Nel 1524 Erasmo da Rotterdam pubblica l’opera
De libero arbitrio. L’anno successivo Lutero replica con De servo arbitrio. È la rottura fra i due più
grandi spiriti religiosi dell’epoca; è anche il segno della diversità di intendere il rapporto tra fede e
ragione. Il libero arbitrio di Erasmo è l’esaltazione della religione naturale. I suoi fondamenti sono:
unità e pacificazione cristiana attraverso la tolleranza, il primato della volontà dell’uomo di fare
bene e di evitare il male. Il servo arbitrio di Lutero è all’opposto l’esaltazione della religione
soprannaturale. I suoi fondamenti sono: l’assoluta certezza delle Sacre Scritture, della salvezza
attraverso la fede, l’impotenza della volontà umana, divergenza tra fede e ragione. Nel 1°decennio
del ‘500 la Germania è in fermento dal punto di vista non solo religioso ma anche sociale e politico.
I conflitti hanno un punto in comune: l’intreccio tra il rinnovamento dello spirito religioso,
promosso da Lutero e il programma di riforma politica. Influenzati dalle idee luterane, i leader dei
cavalieri accentuarono la rivolta contro la Chiesa di Roma, contro i beni del clero e cercarono di
formare una Germania imperiale, libera dal potere del papa, fondata sul primato della forza politica
dei cavalieri e sulla fine del potere della grande feudalità laica ed ecclesiastica. I cavalieri del medio
e alto Reno si coalizzarono contro l’arcivescovo di Treviri. Ma i principi protestanti si schierarono
con l’arcivescovo e sconfiggono i cavalieri. La grande feudalità e i principati territoriali escono
vincitori, mentre i cavalieri sono definitivamente vinti come forza politica. Più complessa è la
guerra dei contadini. L’obiettivo è abbattere la particolare struttura per ceti, caratteristica della
Germania; formare una federazione di leghe, ispirati al vangelo, al bene comune, all’amore cristiano
e fraterno; espropriare ecclesiastici e religiosi. Nel 1° intervento di Lutero, l’Esortazione alla pace,
la sua preoccupazione fondamentale è di mediare tra i contadini e i signori. Ai primi dice di non
abusare del nome di cristiano e di non servirsene come copertura alla loro ribellione: i contadini
devono obbedienza al re perché il Vangelo condanna qualsiasi forma di ribellione. Poi esorta i
signori a non abusare del proprio potere giurisdizionale. I principi seguono alla lettera i consigli di
Lutero. Dopo alcuni successi i contadini vengono sconfitti. Finisce così nel 1525 la Riforma come
movimento popolare e trionfa quella dei principi in Germania. Un’altra Riforma è quella delle
comunità nella Confederazione svizzera, promossa da Zwingli. Egli è l'uomo che ha rappresentato
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la Riforma protestante nelle Svizzera. Conobbe tardi l'opera di Lutero, solamente nel 1518 quando
venne chiamato a Zurigo, ma in lui rimasero sempre molto forti le influenze umanistiche rispetto a
quelle luterane. La Riforma compiuta entro il 1525 ebbe alcuni passaggi chiave che furono:
rimozione delle "immagini" dalle chiese, l'eucarestia divenne non solo una cerimonia
commemorativa, ma presenza reale di Cristo: non attraverso il pane od il vino o attraverso il singolo
credente, ma attraverso tutta la comunità dei credenti. Egli riformò anche la società, facendo
esercitare alla collettività il peso della responsabilità nelle decisioni, fu il primo esempio di
democrazia applicata. La cosa più importante è che Zwingli voleva che laici e teologi si fondessero
in un'unica entità: cioè per lui la santità non era personale, ma comunitaria, ovvero per sentirsi
benedetti da Dio la comunità doveva rispondere con compattezza e con disciplina morale. Egli
ammette che con la disciplina morale il peccato possa essere liberato, cosa che Lutero non
concepiva. Questa liberazione secondo Zwingli permetteva all'uomo d'adempiere alla volontà di
Dio. Ben presto si trova in condizioni simili a quelle di Lutero, deve fare i conti da un lato con i
cattolici e dall’altro con l’ala sinistra della Riforma, rappresentata dagli anabattisti (così chiamati
perché predicano il battesimo degli adulti), che esigono una rigida disciplina comunitaria e una
Chiesa libera da ogni rapporto con l’autorità civile. Gli anabattisti furono perseguitati e in parte
distrutti. Calvino matura il suo distacco dalla Chiesa romana e inizia ad elaborare il progetto che
più gli sta a cuore: la nuova organizzazione della chiesa su basi politico-comunitarie. L’essenza
della Chiesa sta nella rivelazione della parola divina attraverso le Sacre Scritture. Come Lutero
anche lui abolisce la mediazione del clero. A differenza sua però Calvino accentua la dipendenza
assoluta dell’uomo da Dio attraverso la dottrina della predestinazione: “Dio non crea gli uomini
nella stessa condizione ma destina gli uni alla vita eterna e altri alla eterna dannazione”. Per Calvino
la Chiesa non è solo una comunità di fedeli ma anche di santi. Solo facendo parte della Chiesa si
rende visibile e comprensibile al cristiano il disegno della provvidenza divina. La Chiesa è un
grande organismo che mette in comunione reale il credente con Cristo attraverso la fede, la
preghiera, i sacramenti, in particolare l’eucarestia. Anche il potere politico ne faceva parte.
L’ordinamento ecclesiastico nel suo modello comprende 4 istituzioni: i pastori che predicano e
amministrano i sacramenti; i dottori che insegnano; i diaconi che badano all’assistenza; gli anziani
che si occupano della disciplina comunitaria. Come per Lutero, anche per Calvino le opere non
possono essere un mezzo per raggiungere la salvezza, ma per Calvino sono indispensabili come
segno dell’elezione divina, della predestinazione. Per l’uomo medioevale le opere buone erano un
premio di assicurazione dell’eternità (Weber); per l’uomo calvinista non assicurano la salvezza ma
liberano solo dall’ansia della salvezza. Per Lutero l’identità del cristiano è nella fede (credo ergo
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sum: credo dunque sono), per Calvino è nella corrispondenza delle sue opere all’elezione divina
(ago ergo credo: opero perciò ho fede).
Due anni dopo la pubblicazione delle 95 tesi, Carlo V genera la Costituzione imperiale: in base ad
essa nessuno può essere messo al bando dall’impero senza processo. L’imperatore ha bisogno
dell’alleanza con i principi territoriali e con le città imperiali della Germania per la sua strategia
internazionale volta al Mediterraneo, dove deve fronteggiare i turchi e verso l’Italia dove è in guerra
contro i francesi per il predominio europeo. L'imperatore firmò l'editto di Worms, che condannava
Lutero come eretico, ma la definitiva soluzione della questione, proprio su proposta dell’imperatore,
è rinviata alla convocazione del Concilio. L’idea di Carlo V non è solo di temporeggiare ma
risponde anche al bisogno di una Riforma interna alla Chiesa. A conclusione della guerra dei
contadini, i principi cattolici della Germania meridionale stringono un’alleanza contro quelli
luterani. Questi a loro volta stabilisco un’analoga intesa. Gli stati luterani protestarono (da qui il
nome “protestanti”) e formarono un’ulteriore alleanza difensiva. La Germania è ormai spaccata in
due fronti, proprio negli anni in cui Carlo V è impegnato a ridefinire gli aspetti politici italiani. Il
nuovo tentativo di pacificazione è rappresentato dalla Dieta di Augusta del 1530. L’imperatore deve
pensare all’invasione dei turchi in Ungheria, ai suoi possedimenti spagnoli in Italia, non può
permettersi di aprire un conflitto con i protestanti. Ma il Concilio è continuamente rinviato; il papa
Paolo III cercò seriamente di migliorare la situazione ecclesiastica, per questo emise una bolla che
convocava un Concilio generale a Mantova. Sono questi gli anni in cui tra l’imperatore e i principi
protestanti si stabilisce un vero braccio di ferro e i tentativi di conciliazione falliscono. Nel 1542,
alla Dieta di Spira, i protestanti chiedono all’imperatore il riconoscimento ufficiale della loro
posizione in cambio degl’aiuti militari e finanziari contro i turchi. La guerra tra la lega e
l’imperatore scoppia nel 1546. Carlo V infligge una dura sconfitta alle forze protestanti. Ma negli
anni successivi le truppe imperiali sono battute; Carlo V viene sconfitto insieme dai protestanti, dai
turchi, dai francesi. Così nel 1555 Carlo è costretto a firmare la pace religiosa di Augusta. In base
ad essa è ammessa la libera scelta confessionale solo per gli Stati imperiali e per i loro principi, non
per i sudditi. A questi ultimi è concessa l’emigrazione in caso di non condivisione della religione
del principe. In sostanza con tale pace si mirava solo a raggiungere una pace duratura in campo
ecclesiastico e politico tra gli Stati dell’Impero di diversa confessione religiosa Il protestantesimo
era accettato come parte integrante dell’Impero tedesco e i principi protestanti vi erano ammessi con
gli stessi diritti dei principi cattolici. Con tale pace si ha quindi la divisione religiosa della
Germania. La Riforma religiosa in Inghilterra fu un momento-chiave nella formazione dello Stato
moderno inglese. Re Enrico VIII in un 1° momento aveva condannato gli scritti di Lutero. La difesa
dei 7 sacramenti contro il Riformatore, aveva fruttato a Enrico VIII il titolo di difensore della fede.
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Nella seconda fase del rapporto tra Enrico e la Chiesa di Roma c’è una rottura. L’occasione fu
determinata dal desiderio del re di avere un erede maschio (dal matrimonio con Caterina D’Aragona
aveva avuto 5 femmine di cui una, Maria, sopravvissuta) e dalla passione per una dama di corte,
Anna Bolena. Enrico VIII chiese l’annullamento del matrimonio, perchè secondo il sovrano egli
non avrebbe potuto sposare Caterina perché questa in precedenza era stata sposa di suo fratello
maggiore. Caterina sosteneva che il fratello morì all’età di 14 anni e che quindi il matrimonio non
era stato consumato. Nel 1529 la regina si appellò al papa; Carlo V nipote di Caterina, convinse
papa Clemente VII a trasferire il processo a Roma. Clemente VII non prendeva una decisione. Fu
l’arcivescovo di Canterbury che dichiarò nullo il matrimonio di Enrico VIII già segretamente
sposato con Anna Bolena. La scomunica di Clemente VII non servì a nulla. L’Atto di supremazia
nel 1534 conferì a Enrico VIII il titolo di unico e supremo capo della Chiesa d’Inghilterra, chiamata
Chiesa anglicana: tale chiesa è sciolta da ogni vincolo di obbedienza verso il papa, considerato
vescovo di Roma. La distinzione tra sovranità temporale e spirituale veniva a cadere; era abolita la
giurisdizione papale in virtù del principio che solo il re è la fonte della giurisdizione temporale e
spirituale. La rottura con Roma era compiuta. E si compiva anche la rottura tra il re e chi si rifiutò di
giurare fedeltà al nuovo assetto costituzionale, sancito dal parlamento. Grazie al 1° ministro
Cromwell furono promosse importanti riforme economiche: confisca dei beni, di conventi e
istituzioni religiose. Enrico VIII aveva promosso, più che una riforma religiosa, una riforma
politico-costiutuzionale. La vera Riforma in materia teologica fu opera di Edoardo VI. Egli
riconosceva 2 soli sacramenti: battesimo ed eucarestia, sopprimeva il carattere sacrificale della
chiesa ed aboliva il celibato ecclesiastico.Gli eretici del ‘500 furono tutti coloro che interpretavano
liberamente l’esperienza religiosa e che si ribellavano alle diverse Chiese. L’Italia non fu investita
dalla Riforma protestante. Non si formarono comunità di protestanti, si svilupparono invece in
alcune aree gruppi, circoli sensibili alla dottrina luterana e calvinista, ma furono ferocemente
perseguitati dalla Chiesa Cattolica.
Capitolo 5: “Controriforma e Riforma Cattolica”.
Il concetto di Controriforma per gli storici ha assunto un triplice significato: la repressione
antiprotestante, il consolidamento dei dogmi e delle strutture ecclesiastiche, la riorganizzazione
interna della chiesa cattolica. Si tratta di una reazione che si opponeva al protestantesimo,
rappresentanti in 1° luogo dai re di Spagna, principi cattolici, che avevano stabilito un’alleanza
solida con il pontefice e che avevano bisogno dell’aiuto della Chiesa per far rispettare nel loro vasto
Impero l’obbedienza del sovrano. Il 2° potere era quello della Chiesa che aveva bisogno di
consolidare la gerarchia e di ripristinare la sua autorevolezza, fondata sui dogmi, sulla morale,
disciplina del clero e dei fedeli. La Chiesa non poteva fare a meno di una potenza secolare come la
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monarchia spagnola, l’unica in grado di mantenere un potente esercito e di aiutare il papa anche sul
piano finanziario. Il 3° dei teologi e della cultura accademica cattolica. Infine il 4° potere i gesuiti
nuovo ordine religioso che costituì forse lo strumento principale della reazione cattolica alla
Riforma protestante. Negli anni successivi alla II guerra mondiale, si è venuta a creare una nuova
interpretazione del concetto di controriforma; in pratica attraverso il concetto di Riforma cattolica,
l’attenzione si spostava dalla reazione al protestantesimo al rinnovamento religioso. L’aspirazione
era quella di agire prima sui fedeli e poi sulle strutture.
Paragrafo 5.2: “Il Concilio di Trento”.
L’idea della convocazione di un Concilio si affaccia sia negli ambienti imperiali di Carlo V sia in
quelli pontifici. Per Carlo V il rinvio di tutta la questione luterana rispondeva all’esigenza di
collegare la Riforma della Chiesa al sogno dell’Impero universale. Il 1° papa che ebbe la
consapevolezza della gravità della situazione fu Adriano IV, che rese assai attiva la presenza
cattolico romana alla Dieta di Norimberga: qui presentò numerosi progetti di Riforma
dell’istituzione ecclesiastica, che furono ripresi durante il Concilio di Trento. Il successore,
Clemente VII, dei Medici, si trova ad esercitare il suo pontificato durante la fase più calda delle
guerre d’Italia. L’eventuale convocazione di un Concilio era temuta dal papa per il rischio che
potesse essere messa in discussione l’autorità papale. Fu Paolo III che si rese conto della situazione
critica vissuta dalla Chiesa di Roma. L’esito della Dieta di Augusta aveva segnato la fine delle
possibilità di conciliazione sia all’interno del movimento protestante sia in quello cattolico. Era
stata anche sancita la divisione religiosa della Germania. Proprio in questi anni diviene forte
l’aspettativa di un Concilio. Papa Paolo III convocò più volte il Concilio ma vi era sempre il
problema dei protestanti. Nonostante i dissensi tra papa e principi italiani alla scelta della sede, il
Concilio si aprì a Trento nel 1545, in concomitanza con la crisi profonda della Chiesa di Roma. Tre
erano gli obiettivi che si proponeva: 1)recuperare i territori protestanti (obiettivo realizzato solo in
parte); 2)arginare l’eresia; 3)riaffermare il primato papale in una Chiesa cattolica riformata. Il
secondo e terzo furono raggiunti pienamente dal Concilio di Trento e dalla Chiesa. Non si trattò di
un concilio universale, sia per il numero assai limitato dei vescovi partecipanti (circa 50), sia per la
scarsa rappresentatività geografica dei padri conciliari, in maggioranza italiani e spagnoli. Il potere
decisionale definitivo spettava al papa, unico depositario della verità soprattutto in materia
dogmatica. La tradizione storiografica suddivide il Concilio in 3 fasi:
1. 1545-47: le delibere conciliari riguardavano soprattutto le questioni teologiche: era
necessario che la Chiesa cattolica riacquistasse l’autorità dottrinale, scossa dalla
contestazione luterana. 5 furono le materie e si riferirono proprio ai punti che erano stati
oggetto della Riforma di Lutero: l’origine della fede, la verità delle Sacre Scritture, il
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peccato originale, la giustificazione e i sacramenti. Ci furono 2 modi di concepire la Riforma
della Chiesa: il papa la intendeva soprattutto come sbarramento dell’eresia protestante,
Carlo V come ultimo tentativo di pacificazione religiosa. La dura sconfitta di Carlo V alla
lega dei principi luterani parve segnare un punto a favore della Chiesa cattolica, ma il
definitivo ingresso dell’Inghilterra nell’orbita protestante dopo la morte di Enrico VIII e
l’affermazione della Chiesa anglicana furono un duro colpo per il papato. Prima di essere
sospeso il Concilio emanò un importantissimo decreto: l’obbligo della residenza per i
vescovi.
2. 1551-52: Il successore del papa, Giulio III riaprì a Trento il Concilio nel 1551. In questa
seconda fase ci fu la partecipazione dei protestanti. La ripresa del conflitto tra imperatore e
re francese Enrico II appoggiato dai protestanti, indusse a rimandare il Concilio. L’unico
intervento di rilievo fu in materia sacramentale: a proposito dell’eucarestia fu ribadito il
dogma della transustanziazione. Con il papa Paolo IV, la Controriforma entra nella sua fase
più acuta. Fu il suo successore Pio IV che decise di riconvocare il Concilio.
3. 1562-63: Nella terza fase fu perfezionato il progetto di definizione dottrinale e disciplinare
della Chiesa cattolica. La vera questione fu il problema dell’origine del potere episcopale.
Su questo terreno si scontrarono 2 tendenze: la prima attribuiva solo al papa la fonte del
potere dei vescovi; la seconda faceva discendere l’autorità dal sovrano statale. Su questa
posizione vi erano i francesi, gli spagnoli e l’imperatore. A Trento fu stabilita una via
intermedia: i vescovi dipendevano dal papa, ma avevano l’obbligo della residenza e la loro
responsabilità era definita su “mandato divino”.
Al di là dei conflitti interni, il Concilio pervenne ad alcune conclusioni; 4 furono i livelli principali
su cui operò: a)l’ordinamento della materia dogmatica e sacramentale; b)l’affermazione decisa della
giurisdizione ecclesiastica e allargamento della sfera di influenza; c)disciplina del clero;
d)organizzazione delle forme della pietà e religiosità popolare. Alla metà del ‘500 il papa va
accentuando la sua doppia fisionomia: pontefice, cioè capo di una comunità universale e potente;
sovrano dello Stato Pontificio, alle prese coi problemi di natura politica, amministrativa, finanziaria.
La bolla istitutiva, promulgata da Paolo III Farnese, prevedeva di indagare contro tutti coloro che
deviano dalla fede cattolica o sono sospetti di eresia; di procedere e punire i colpevoli o sospetti col
carcere e confiscare i beni dei condannati alla pena capitale. Nella lotta contro l’eresia il papa
chiedeva la collaborazione degli stati italiani. Paolo IV effettuò il controllo sociale e culturale
dell’ortodossia cattolica. Importante fu l’istituzione dell’Indice dei libri proibiti, che distribuiva gli
autori in 3classi: alla prima appartenevano gli autori totalmente condannati; alla seconda quelli
condannati per una singola opera; alla terza gli scritti anonimi. Sotto il rigido controllo caddero
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anche gli stampatori e in Italia ebbero inizio i roghi dei libri proibiti. Il Concilio promosse numerosi
provvedimenti per la riorganizzazione della Chiesa. Fu riaffermata la sua struttura gerarchica: al
vertice il papa, autorità infallibili; i vescovi a cui era affidato il compito di controllare i fedeli e il
comportamento gli ecclesiastici; alla base le parrocchie, guidate dal parroco. Altro obiettivo fu
quello della formazione del clero. Tra le denuncie di Lutero c’era stata anche quella dell’ignoranza
dei sacerdoti sull’intera materia religiosa, ignoranza che andava di pari passo con la corruzione. Era
quindi urgente educare e istruire gli ecclesiastici, di stimolare la consapevolezza della loro
missione. Ma l’obiettivo più importante fu la riconquista delle anime: le milizie della Controriforma
furono gli ordini religiosi. Alcuni integrarono attività assistenziali con quella scolastica. Ma l’ordine
che seppe meglio interpretare lo spirito della Controriforma fu quello dei gesuiti della Compagnia
di Gesù. Il suo fondatore Ignazio Della Lodola, il suo ideale è “combattere per Dio sotto il segno
della croce e servire il Signore e il pontefice romano, suo vicario in terra”. Per seguire questa regola
era necessario trasferire nel nuovo ordine religioso lo schema della gerarchia militare basata sulla
subordinazione alla volontà del capo. Fu per questo che Ignazio aggiunse ai voti tradizionali della
professione monacale (povertà, castità e obbedienza) un quarto voto: quello dell’assoluta
obbedienza al papa, cioè fino al sacrificio della vita. Il reclutamento dei gesuiti era severo, il loro
periodo di formazione prevedeva 2anni di noviziato e quasi 10anni di studi di teologia, filosofia,
retorica, letteratura, scienze. I gesuiti bloccarono l’avanzata della Riforma e ne fecero fallire gli
obiettivi. Politica culturale dei gesuiti: Ignazio si assunse il compito di rinnovare una Chiesa
contrastata nei suoi fondamenti dal protestantesimo. Quindi era necessario ricostruire i fondamenti
della Chiesa, quelli di Ignazio e dei gesuiti furono 2: la teologia medievale di San Tommaso, la
Scolastica, che divenne anche il fondamento filosofico della Controriforma; il metodo umanistico
dell’analisi, dello studio e della ricostruzione dei testi. Quello dell’istruzione diventò uno dei primi
campi di intervento della Compagnia di Gesù nella sua opera di riconquista delle anime. Fu così che
i collegi dei gesuiti divennero progressivamente vere e proprie scuole in cui andavano a prepararsi
le classi dirigenti delle città. Introdussero nelle loro scuole il gioco organizzato e guidato, la danza
come educazione del corpo, il teatro, la musica e altre discipline il cui apprendimento era ritenuto
utile e importante per il perfetto gentiluomo cattolico. Il secondo terreno fu l’iniziativa missionaria.
L’obiettivo principale era quello di ridurre la distanza, venutasi a creare nel primo ‘500, tra la
religione dei semplici e la religione dei dotti. Il catechismo, istituito da un decreto del Concilio,
divenne il punto di riferimento per quest’opera.
Capitolo 6: “Un solo re, un solo impero: l’età di Filippo II”.
Dopo la pace d’Augusta (1555), Carlo V divise il suo dominio in due parti: la prima parte composta
dall’Austria, Boemia e Ungheria, che cedette al fratello minore Ferdinando d’Asburgo, eletto poi
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imperatore nel 1558; mentre la seconda parte comprendeva: Spagna, domini di Milano, Napoli,
Sicilia, Sardegna, la Francia Contea, gli Stati Germanici, Paesi Bassi e i possedimenti americani,
che in seguito cedette a suo figlio Filippo II quando abdicò. La Spagna con le nuove fonti di
ricchezza, diventa una dei protagonisti della scena politica internazionale. Il forte aumento
demografico si rilevò un fattore vantaggioso per lo sviluppo economico. La Spagna poteva contare
su una realtà politica unificata, sul prestigio della sovranità monarchica, su un’unità religiosa.
Questi fattori ebbero un peso notevole nel momento in Filippo II diventa re di Spagna. Carlo V era
un re guerriero di stampo medioevale: era stato sui campi di battaglia, senza corte fissa. Filippo II
invece è il re della Controriforma, l’artefice dello Stato Moderno. Era privo di attitudini militari,
capì che per governare il suo vasto impero occorrevano una corte, una fissa dimora e soprattutto un
apparato di funzionari. Il suo regno si divide in tre fasi. Nella prima fase Filippo II segue la linea
politica paterna (sancite dalle alleanze matrimoniali). Carlo V gli aveva raccomandato di mantenere
amicizie col Portogallo e Inghilterra e di non immischiarsi nei contrasti tra francesi e inglesi, per
tale motivo si sposa con Maria Emanuela di Portogallo, alla sua morte si sposa con Maria Tudor
ereditaria del regno d’Inghilterra e dopo la morte di quest’ultima si sposa con la francese Elisabetta
di Valois. La prima fase della strategia politica di Filippo II è segnata dall’influenza della Riforma
protestante e da Erasmo da Rotterdam, con il suo modo di concepire il rapporto tra fede e ragione.
La Spagna influenzata dalla Controriforma si basava su un forte sistema di valori, che vedeva come
suo apice una sola religione, un solo re e la purezza della stirpe. Infatti, la società spagnola dopo la
prima rottura, avvenuta con l’espulsione degli ebrei dal regno, ne conobbe una seconda con
l’espulsione dei mussulmani ed ebrei convertiti al cristianesimo. Filippo II era ossessionato dalla
purezza della stirpe e pensava che tutte le eresie della Germania, Francia e Spagna di fossero diffuse
dai discendenti degli ebrei. In politica estera Filippo II ha ambiziosi programmi di egemonia
europea e mondiale, per questo affronta lotte per affermare la sua egemonia. Nella seconda fase,
dopo il trattato di Caveau-Cambrésis, Filippo II aveva paura di un grosso nemico che doveva
fronteggiare: i turchi. Al fine di porre un freno all’espansionismo turco e di rendere più sicuri i
propri confini nel mediterraneo, Filippo decide di condurre un attacco alle coste africane, senza però
riuscire in un primo momento ad avere risultati positivi. Allo scopo di risollevare le sorti della
cristianità papa Pio V promosse una lega santa. Ne fece parte, a fianco dello Stato pontificio, il
ducato di Savoia, le repubbliche di Genova e Venezia, la Spagna alla quale viene affidato il
comando supremo a Giovanni D’Austria, fratello di Filippo II. Lo scontro decisivo tra turchi e flotta
cristiana avviene a Lepanto nel 1571 e si risolve con la vittoria degli alleati e la quasi totale
distruzione della flotta turca. Ciò mette fine al mito dell’invincibilità dei turchi e segna l’inizio della
decadenza della potenza ottomana nel mediterraneo. La terza fase è segnata dall’annessione del
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Portogallo alla Spagna dovuta alla sconfitta e morte di Sebastiano di Braganza contro il sultano del
Marocco. Il sovrano non aveva successori ed avendo Filippo II contratto il primo matrimonio con
Maria Emanuela di Portogallo, rivendicava i suoi titoli di successione. Questa annessione
significava l’acquisizione di un vasto impero coloniale da parte di Filippo II. Ai portoghesi fu
concessa un’autonomia istituzionale, ovvero restarono separati dai domini spagnoli, in modo tale
che entrambe i regni potessero usufruire della loro organizzazione politica. Con l’annessione del
Portogallo in Filippo crescono sentimenti espansionistici. Infatti il suo nuovo obiettivo era la
conquista dell’Inghilterra, ma Filippo non aveva fatto i conti con la regina Elisabetta che aveva
fortificato tutto il suo impero. La flotta spagnola, chiamata l’Invincibile Armata, fu sconfitta dalla
flotta inglese e questo determinò, oltre all’arresto delle mire espansionistiche di Filippo, anche
l’arresto della restaurazione cattolica nei paesi come l’Inghilterra e l’Olanda, legati alla confessione
protestante. Filippo II subisce un grave insuccesso nei paesi Bassi, che rappresentava in questi anni
la parte più florida d’Europa. Non nutre alcuna simpatia per Filippo II perché limitava le antiche
libertà concesse dal padre; infierisce sui ceti mercantili e bancari con tasse esorbitanti; combatte
aspramente la diffusione del protestantesimo che sta trovando ampi consensi fra i ceti medi e la
nobiltà del paese. Ciò provoca una forte agitazione contro il governo, che si trasforma in aperta
opposizione in nome della libertà religiosa e dell’indipendenza politica. La situazione si aggrava
quando Filippo decide di applicare i decreti del Concilio di Trento, di restaurare il tribunale
dell’inquisizione e di perseguitare i più noti eretici. Ciò causa nel 1567 la rivolta degli straccioni,
dove gli abitanti delle fiandre si ribellarono alla corona. Nel 1576 ci fu la pacificazione di Gand tra
province protestanti al nord e cattoliche al sud. Le province settentrionali protestanti e quelle
meridionali cattoliche si uniscono per chiedere la pacificazione del paese e l’indipendenza dalla
Spagna. Tale unità nazionale ha vita breve viene infranta poco dopo da Alessandro Farnese che
riesce a riportare all’obbedienza le province cattoliche che, con la pacificazione di Arras si uniscono
e si sottomettono al governo spagnolo. Nulla può il Farnese con le regioni protestanti del nord che,
continuano la ribellione e sottoscrivono: l’unione di Utrecht (sottoscritta dalle 7province protestanti
del Nord). Le 7province rifiutarono ogni forma di obbedienza alla Spagna e assumono il nome di
Repubblica delle province unite (proclamando la loro indipendenza, che però sarà riconosciuta solo
nel 1648 con la pace di Vestfalia). Le sette province crearono l’Olanda. Verso la fine del XVI
secolo l’Olanda era un paese emergente e come tale giocava un ruolo di primo piano nella vita
storica sia europea che extraeuropea. I tre elementi che contribuiscono a creare il mito dell’Olanda
nel contesto europeo furono: l’originalità del modello politico-istituzionale caratterizzata sulla
centralizzazione dei poteri militari e decentramento di quelli civili; la potenza commerciale; lo
sviluppo artistico e culturale legato alla tolleranza religiosa. L’unione di Utrecht prevedeva che ogni
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provincia conservasse i privilegi, la libertà, l’immunità particolari, i diritti e gli statuti. Il sistema
olandese non era un sistema democratico ma i poteri erano nelle mani di famiglie aristocratiche.
L’originalità del sistema federativo olandese si trova nella partecipazione diretta delle popolazioni
alla vita politica del paese. Tra il primo 500 e la metà del 600 l’Inghilterra ha avuto una serie di
trasformazioni. All’inizio era un paese cattolico, si stacca dal papa per volere del sovrano ed
istituisce una nuova confessione religiosa, ovvero la chiesa anglicana. L’Inghilterra all’inizio non
era una grande potenza ma godeva di grandi vantaggi tra i quali:
 La posizione geografica che controllava una delle due vie di comunicazione che collegavano
i Paesi Bassi con la Spagna;
 Il rapporto tra popolazione e risorse, era meno squilibrato degli altri paesi, in quanto la terra
era intesa come un investimento di capitali;
 La tendenza all’imprenditoria, in cui i nobili si assumevano i rischi delle iniziativi
economiche e solo con la garanzia delle loro terre fu possibile attirare nelle imprese i
capitali necessari;
 La struttura e funzioni diverse da quelle di altri paesi.
Tramite uno statuto tra il sovrano e il Parlamento, la Chiesa anglicana si separa da quella di Roma,
facendo diventare il sovrano capo della Chiesa anglicana. Nello stesso lasso di tempo l’Inghilterra
rinunciava alle sue mire espansionistiche in Francia e si spostò verso la Spagna. Dopo la morte di
Enrico VIII fece salire al trono Edoardo VI, educato al protestantesimo. Dopo la morte prematura
di quest’ultimo sale al trono Maria Tudor che sposò il futuro re di Spagna, Filippo II. Essendo
Maria cattolica, volle riportare il cattolicesimo in Inghilterra attraverso un’opera di violenta
repressione al protestantesimo avvalendosi dei tribunali e del rogo. Maria morì dopo pochi anni di
regno e fu ricordata come Maria la sanguinaria per la violenta repressione. A lei succedeva
Elisabetta I Tudor, che orientò il suo popolo verso la fede protestante, attraverso una politica abile
e moderata che determinò il passaggio alla confessione protestante gradualmente e senza violenza.
Il regno di Elisabetta rappresenta il momento in cui potenza politica ed economica, egemonia
culturale e letteraria concorrono a creare un’età felice: ovvero l’età elisabettiana. L’Inghilterra in
pieno sviluppo economico e commerciale, assume un ruolo politico di primo piano in Europa: con
l’Atto di supremazia del 1559 (il primo fu fatto da Enrico VIII nel 1534), in cui il paese ritorna a
separarsi dalla Chiesa di Roma, dopo il periodo cattolico del regno di Maria Tudor e si allontana
dall’orbita spagnola. La regina rifiutò di sposarsi nonostante le molteplici offerte da parte di tutte le
dinastie d’Europa. L’erede più diretta di Elisabetta divenne così la cattolica Maria Stuart, regina di
Scozia e moglie del re di Francia Francesco II. Maria poteva essere considerata dai cattolici, come
l’unica pretendente possibile al trono inglese, essendo Elisabetta figlia di genitori scomunicati e
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illegittima poiché nata da un matrimonio nullo per la Chiesa di Roma. In questo caso si sarebbe
creata un’unione franco-anglo-scozzese, sfavorevole alla Spagna. Alla morte di Francesco II, Maria
Stuart tornò nel regno di Scozia ed avviò un’opera di restaurazione del cattolicesimo. Accusata
della morte del marito fu costretta ad abdicare a favore del figlio Giacomo e fuggire dalla Scozia
per andare a Londra dove Elisabetta la fece imprigionare. Ma Maria Stuart continuò a complottare
con i cattolici e gli spagnoli, per far decadere Elisabetta. Dopo l’ennesima congiura Elisabetta fece
giustiziare Maria Stuart e la Spagna diede inizio ai preparativi per la guerra contro l’Inghilterra.
Filippo II mise in campo l’Invincibile Armata che fu sconfitta dalle truppe inglesi. La guerra tra le
due potenze continuò fino alla pace tra Filippo III e il sovrano inglese Giacomo I Stuart.
(L’Inghilterra continua nel cap. 10, la Spagna nel cap. 9)
Verso la fine del ‘500 la Francia voleva costruire uno stato moderno caratterizzato da un
progressivo rafforzamento del potere centrale e della sovranità monarchica come principio unitario
e garante della pace interna del territorio. Con l’espressione “guerra di religione” si indica la fase
storica francese, dovuta a numerose variabili come:
 La crisi monastica dopo la morte del re Enrico II di Valois;
 La divisione religiosa del paese in ugonotti (protestanti) e cattolici;
 Il nesso tra lotta religiosa e politica che influenzava partiti e fazioni per il potere;
 I condizionamenti dovuti alle varie congiure;
Lo sviluppo di nuove teorie politiche.
Con la sua morte Enrico II lasciava tre principi minorenni tra i quali il maggiore Francesco II che si
sposò con Maria Stuart, regina di Scozia, ma morì poco dopo e la reggenza passò a Caterina De
Medici, la quale doveva affrontare numerosi problemi, tra i quali: la crisi finanziaria e la diffusione
dell’eresia calvinista nel territorio. Il potere centrale era molto debole e la nobiltà, divisa in partiti
per la conquista del potere,era molto forte. Tra questa divisione politica emerse il leader del partito
cattolico Francesco di Guisa e il leader del partito ugonotto Antonio di Borbone. Alla morte di
Enrico II, il partito di Guisa controllava la maggior parte delle cariche politiche, così Caterina per
non far aumentare il loro potere, fece al partito ugonotto varie concessioni. Con il primo editto di
Saint-Germain, Caterina concedeva libertà di culto agli ugonotti, ma dovevano risiedere fuori dalle
mura della città. In questa prima fase Caterina ha sempre cercato di bilanciare le concessioni ad
entrambi i partiti: consentì alla nobiltà di praticare la religione nelle proprie terre e limitò il culto
nelle città. Ma il compromesso, non soddisfando gli ugonotti, provocò scontri sia nelle città che
nelle campagne così Caterina si sentì costretta ad un secondo editto di Saint-Germain
più
favorevole agli ugonotti, con piena libertà di culto e gli vennero concesse piazzeforti come La
Rochelle. Dopo la vittoria di Lepanto, Filippo II e il papa appoggiavano il partito cattolico di Guisa
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e furono appoggiati anche da Caterina ricorrendo anche a vie violente, come la notte di San
Bartolomeo in cui furono massacrati tutti gli ugonotti nelle sale del palazzo. Dopo la notte di San
Bartolomeo, la guerra si diffondeva in contemporanea alla crisi dinastica, ovvero durante il regno di
Enrico III. Essendo Enrico III senza figli, i due aspiranti al trono erano Enrico di Guisa ed Enrico
di Borbone, crearono una vera guerra, intesa come la guerra dei tre Enrichi. Infine fu incoronato
come sovrano Enrico di Borbone a causa di due assassini: uno per ordine del re verso Enrico di
Guisa e l’altro per opera di un fanatico monaco domenicano verso Enrico III. Ma Enrico III aveva
già scelto come suo erede Enrico di Borbone, tuttavia per poter accedere al trono doveva convertirsi
al cattolicesimo. Con Enrico di Borbone la Francia aveva vissuto anni di conflitti e di violenze. La
conversione di Enrico di Borbone doveva essere vista come un atto di pacificazione de paese.
Quando Enrico IV, ovvero Enrico di Borbone, entrava in Francia ebbe inizio la dinastia dei
Borboni. Con il trattato di Vervins la Spagna rinunciava alle pretese territoriali della Francia e al
riconoscimento del sovrano come grande potenza. Importante fu anche l’editto di Nantes,
promulgato da Enrico IV, che prevedeva il primo riconoscimento della tolleranza religiosa da parte
di un sovrano: libertà civile e di culto per gli ugonotti; concessioni di alcune piazzeforti come La
Rochelle; riconosceva cioè il cattolicesimo come religione di Stato. Con tale editto aveva ristabilito
in Francia la pace religiosa (premessa indispensabile per l’affermazione del potere politico centrale
e del consolidamento dello Stato Moderno). (Enrico IV continua nel cap.9)
In Russia Ivan IV fece concessioni di terre a chiunque avesse servito il sovrano nelle campagne
militari contro i Tartari, nella conquista dei vari territori e per la creazione della piccola nobiltà di
servizio. Creò la prima fanteria permanente, composta da moschettieri ed ammodernò il sistema
amministrativo e fiscale, ma restò invariato il sistema sociale ed economico basato sullo
sfruttamento della servitù della gleba e questo determinò lo spopolamento delle campagne, per
sfuggire alla sicura morte di fame. Il successore di Ivan IV fu Boris Godunov che decretò la
proibizione di tutti gli spostamenti cittadini. Mentre il potere russo era affidato alla autocrazia
zarista, in Polonia era interamente nelle mani dell’aristocrazia, che aveva il diritto di vita e di morte
della servitù della gleba.
Capitolo 7: “L’Italia spagnola nel Cinquecento”.
Il passaggio dall’impero di Ferdinando il Cattolico a Carlo V e poi a Filippo è caratterizzato dalla
persistenza della politica mediterranea, ovvero dalla importanza strategica dell’Italia per contenere
sia l’espansione francese, sia per far fronte al pericolo turco. Carlo V, riuscì a governare uno stato
multinazionale, composto da domini di diversa provenienza, con molteplici differenze nella
struttura politica, economica, sociale, sfruttando anche le terre del Nuovo Mondo. Carlo V gettò le
basi per la Pax Hispanica, la quale portò delle innovazioni per l’Italia, tra le quali:
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
La totale dipendenza di quasi metà del territorio italiano dalla Spagna (Ducato di Milano,
Regno di Napoli, Sicilia, Sardegna);

Un risanamento delle risorse umane, economiche e fiscali;

La dipendenza degli stati italiani alla potenza asburgica;

La diffusione in tutto lo stato italiano dello spirito e della prassi e dei comportamenti della
Controriforma.
I vantaggi della Pax Hispanica sull’egemonia asburgica in Italia furono:

La completa protezione del territorio. Dopo il trattato di Caveau Cambresis dominare l’Italia
significava difenderla non dall’Europa cristiana ma dai turchi;

La continua presenza in campo politico, non fu tagliata fuori;

L’integrazione dell’Italia in un vasto complesso politico di natura imperiale.

Durante la dominazione di Filippo II si consolidò l’egemonia spagnola in tutti i territori
occupati. Per tutta la durata della dominazione spagnola a Napoli, la Spagna le riconobbe
sempre la sua autosufficienza giuridica, la sua pari dignità con gli altri membri della
monarchia, il suo carattere di regno, dotato di una propria tradizione con un patrimonio
politico-istituzionale difeso dai ceti del Mezzogiorno.
Per la Spagna erano molto importanti:

Il Ducato di Milano, il quale conservava la sua autonomia, riconosciuta e garantita dalla
monarchia spagnola, in quanto “cuore della monarchia”. Era inteso come centro strategico
da difendere costantemente, il fulcro dell’intera politica italiana e come centro di
smistamento delle forze militari;

La Sicilia, che svolgeva un ruolo di difesa dell’Impero, utilizzata per sfamare e
approvvigionare gran parte dei domini della Corona.
Dopo la pace Cateau-Cambresis si evince una seria preoccupazione nel territorio italiano, dovuto
all’egemonia spagnola all’interno della penisola, così tutti gli stati italiani cercavano di costruirsi un
loro spazio politico. Tra la metà e la fine del XVI secolo l’Italia conosce una crescita demografica
di tutta la popolazione residenti sia nelle campagne che nelle città. Un altro aspetto importante è
l’ascesa dei prezzi dei cereali. Dopo il lungo periodo di guerra, l’Italia conosce una stagione
benefica per l’economia che viene rappresentata con l’Estate di San Martino. Infatti gli investimenti
in attività economiche si accrescono, sale il costo del denaro, aumentano i prezzi dei beni e servizi.
Ma la crescita della popolazione determinò un aumento del fabbisogno alimentare, soprattutto del
grano, orzo e segale. Questi miglioramenti in campo economico non migliorarono però le
condizioni economiche ed umane del mondo contadino, il quale era sottoposto ad una durissima
relazione di dipendenza dal signore feudale o dal grande proprietario terriero. I settori, in cui si sentì
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maggiormente l’economia mediterranea, furono quelli del commercio e del credito. L’influenza
positiva si ebbe anche sull’area più debole dell’economia italiana, ovvero il Mezzogiorno, il quale
ebbe una ripresa agricola con la nascita di due nuove figure: i mediatori tra i grandi proprietari
feudali e i contadini e i massari che organizzavano la produzione dell’azienda cerealicola di base.
Un altro aspetto importante riguarda la presenza di un capitale come Napoli, intesa come grande
mercato di consumo. Ma nel mezzogiorno l’economia era soggetta a continue oscillazioni. Questa
situazione del Mezzogiorno determinò una frattura dell’Italia in due. L’Italia settentrionale
esportava grosse quantità di manufatti e ne importavano altrettante riuscendo a creare un rapporto di
scambio equilibrato. L’Italia meridionale viveva, invece, uno scambio ineguale con le aree più forti
dell’economia europea e questo era determinato dal problema del Mezzogiorno.
L’Italia cercò diverse vie per lo Stato moderno, infatti convivevano forme di sovranità e di governo
che segnavano due percorsi storici per lo sviluppo dell’epoca medioevale:

Da una lato vi erano principati e repubbliche oligarchiche;

Dall’altro lato vi erano le monarchie dinastiche che contavano sulla legittimità del potere.
Le differenze esistenti tra i vari stati italiani erano:

Il Ducato di Savoia che riuscì a diventare un prestigio “italiano”;

Lo Stato Pontificio era governato da una figura che aveva sia il potere temporale che quello
spirituale;

I viceregni di Napoli, Sicilia e Sardegna che erano governati da una dinastia straniera,
ovvero la Spagna.
Ciononostante, tutte queste realtà politiche facevano riferimento ad uno stesso principio di
sovranità, ovvero quello monarchico.
L’egemonia spagnola fu per l’Italia il periodo in cui meglio si manifestarono gli aspetti della
Controriforma e della Riforma Cattolica, che scatenarono:

da un lato la reazione all’eresia reprimendo ogni fenomeno culturale non in linea con
l’ortrodossia cattolica, creando uno scontro tra Chiesa e cultura filosofica-scientifica,
promuovendo processi dell’inquisizione;

mentre dall’altro l’azione pastorale di alcune personalità ecclesiastiche della Chiesa
rinnovatrice.
Carlo Borromeo incentivò a Milano la Controriforma e la Riforma Cattolica con la fondazione dei
seminari del clero e dell’assistenza sociale. Considerando lo scontro intrapreso tra Chiesa e Stato,
tutti i paesi cattolici accettavano la prerogativa della Chiesa di esercitare, in tribunali a essa
sottoposti, la giustizia in materia ecclesiastica. Venezia si era caratterizzata per la sua maggiore
autonomia da Roma e dal Papa, diventando una meta ideale, per gli intellettuali meno conformisti,
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per la relativa libertà ai fermenti culturali. Questo determinò contrasti tra Venezia e il Papato, tanto
che Papa Paolo V scomunicò tutte le autorità civili veneziane, minacciando con l’interdetto,
ovvero la proibizione di officiare riti religiosi in tutte le Chiese della Repubblica Veneta se le
autorità civili veneziane non avessero ritrattato. Il provvedimento fu reso esecutivo, creando un
rifiuto di obbedienza all’interdetto da parte del doge. Gesuiti, cappuccini e teatini obbedirono
all’interdetto e furono espulsi dallo stato. Il Regno di Napoli si impose all’Inquisizione spagnola e
al Mezzogiorno, ma non riuscì ad evitare l’Inquisizione romana e il Sant’Uffizio che colpirono i
fermenti di rinnovamento religioso.
Tommaso Campanella promosse una rivolta in Calabria contro gli spagnoli. Fallita la rivolta fu
imprigionato per 27 anni nelle carceri spagnole di Napoli per scontare la sua ribellione. E dopo altri
3 anni a Roma nelle carceri del Sant’Uffizio per scontare l’eresia.
Giordano Bruno diventò il simbolo del libero pensiero sacrificato sull’altare della Chiesa dalla
Controriforma, nel 1600 bruciò al rogo di Campo di Fiori a Roma. E’ stato condannato perché
aveva messo in discussione la trascendenza di Dio.
Nel XVII secolo scienza e filosofia si allontanavano dalla fede.
Capitolo 8: “I Paesi extraeuropei e il mondo moderno”.
Tra il XV e il XVI secolo l’Islam si diffuse in Asia e Africa. Nei primi secoli dell’età moderna
furono costruiti due potenti imperi: quello ottomano o osmanlo, chiamato in questo modo dai due
capi Othman o Osman, e quello persiano. L’Islam si diffuse anche in India, Indonesia, Africa nera
e orientale. Questo suo sviluppo in queste zone è determinato dall’intensità degli scambi con i paesi
e civiltà europee. Con la conquista di Costantinopoli da parte di Maometto II, si determinò l’inizio
di una nuova fase espansionistica a metà del XV secolo, facendo diventare il Regno nato nell’Asia
minore, uno dei più potenti imperi del mondo. Le cause dell’avanzamento turco è da ritrovare:
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Nei vantaggi dovuta alla posizione geografica;

Alla personalità dei capi;

L’abilità militare;
Ma le motivazioni principali di questo successo turco erano due:

La prima di carattere internazionale;

La seconda legata al modello politico-organizzativo dell’impero.
Lo scontro tra Carlo V e Francesco I consentì ai turchi di emergere. L’impero ottomano aveva al
suo vertice il sultano, califfo di tutte le terre sunnite dell’Islam. Il sultano aveva il potere supremo a
cui tutti dovevano obbedire e portava avanti un unico governo. Il sultano trovava la sua forza nel
dispotismo, modello del tutto diverso, da quello utilizzato dai paesi europei. Tutto era proprietà del
sultano, a parte gli organi religiosi. Proprio per questo grande potere del sultano non si creò mai una
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nobiltà ereditaria e stabile, in quanto non avevano possedimenti di terre. Anche la pratica del Timār,
ovvero una concessione di una parte di terra del sovrano non innovò il sistema, in quanto il Timār
non era ereditario. I vertici dell’apparato burocratico e militare erano reclutati tra gli schiavi
cristiani. I bambini di sesso maschile venivano sottratti alle famiglie cristiane e inviati a
Costantinopoli per educarli alla fede mussulmana e alle discipline dell’amministrazione civile e
militare. Il sistema garantiva la massima fedeltà al sovrano. Lo scopo centrale dello stato ottomano
in politica interna era lo sfruttamento fiscale dei possedimenti imperiali. Per l’altra parte dell’Islam
la situazione era diversa. Gli sciiti discendevano da una delle sette mussulmane che si
riconoscevano come eredi di Maometto. Gli sciiti erano legati alla purezza del messaggio religioso
rivelato dal profeta Maometto. L’artefice della potenza persiana fu la dinastia safavide, in cui
fondatore Ismail aveva riunito gli sciiti e i seguaci di tribù nomade per iniziare una guerra in Asia
centrale contro gli ottomani. Abbas I il Grande creò un’autocrazia di stile orientale, in cui stato,
governo e ricchezze erano considerati come beni del sovrano. Stabilì il fondamento religioso sul
dogma, i cui unici depositari erano gli Imam. Con Abbas la potenza persiana inizia ad espandersi,
grazie ai mercati mussulmani, soprattutto sulle coste dell’Africa centrale limitando di molto la
presenza europea in Africa.
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