Malattie infettive virali emergenti trasmesse da vettori: encefalosi

❚ Malattie infettive
Malattie infettive virali emergenti trasmesse
da vettori: encefalosi equina
Alice Falconcini*, Carlo Cantile, Francesco Tolari
* Veterinario libero professionista
Dipartimento di Scienze Veterinarie - Università di Pisa
RIASSUNTO
L’encefalosi equina (EE) è una malattia esotica virale trasmessa da insetti ematofagi del genere Culicoides che colpisce equidi ed occasionalmente elefanti africani. La malattia si presenta con segni clinici simil-influenzali spesso accompagnati da sintomi neurologici e l’andamento può variare da subclinico fino ad iperacuto.
Il virus della EE (EEV) venne isolato la prima volta nel 1967 in un allevamento di cavalli in Sud Africa (Erasmus et al.,1970).
Il soggetto colpito dalla malattia, una fattrice di 13 anni, mostrava marcati segni clinici neurologici di ipereccitabilità. All’esame necroscopico si osservò congestione ed edema cerebrale, ma microscopicamente non furono rinvenuti altri aspetti
compatibili con un’encefalite virale e per questo fu coniato il termine “encefalosi” per identificare tale patologia. Nel corso
dello stesso anno la malattia fu ancora osservata in Sud Africa e successivamente furono segnalate epizoozie a fine estate
degli anni 1976, 1978, 1983, 1990 e 2006, intervallate da periodi di assenza di malattia o da focolai sporadici. Dal 1967 al
1977 la malattia è stata osservata sporadicamente in Botswana e successivamente in Etiopia, Ghana, Gambia, Namibia, ad
indicare che EEV circola liberamente oltre che in Sud Africa anche in Africa Orientale ed Occidentale (Oura et al., 2012).
Ricerche sierologiche hanno evidenziato elevate sieroprevalenze in cavalli ed asini in Sud Africa, dove l’infezione si è stabilita allo stato endemico, ma la tendenza della malattia a presentarsi in forma subclinica rende difficile la raccolta di dati epidemiologici certi sulla sua distribuzione geografica.
Nel 2008 e 2009 la EE fu segnalata per la prima volta in Israele dove fu inizialmente confusa con l’arterite virale equina (Mildenberg et al., 2009). La presenza del virus in Israele, per la prima volta al di fuori dell’Africa, dimostra che l’infezione si è
estesa dalle regioni endemiche sud-africane fino al Medio Oriente ed è un campanello di allarme di una sua possibile ulteriore diffusione ad altre zone dell’area mediterranea. Il quesito su come e quando il virus sia arrivato in Israele rimane ancora senza una risposta certa. Le analisi di sequenza indicano che l’isolato virale responsabile dei focolai israeliani del 2009
è strettamente correlato con l’isolato virale che ha circolato in Gambia (Oura et al., 2012).
EZIOLOGIA
EEV appartiene al genere Orbivirus della famiglia Reoviridae. Le caratteristiche del virus sono quelle del genere: privo di envelope, capside icosaedrico del diametro di circa 70 nm formato da 7 proteine strutturali, capsomeri di forma anulare e genoma a RNA bicatenario formato da
10 segmenti. Il virus è resistente ai solventi dei lipidi e si inattiva in ambiente acido già a pH 3 (Viljoen e Huismans, 1989). In un primo momento vennero identificati sei diversi sierotipi del virus e successivamente è stata notata una certa variabilità antigenica anche all’interno
dei sierotipi stessi. La circolazione di un settimo sierotipo è stata accertata nel 1993 e confermata da studi successivi (Gerdes e Pieterse,
1993; Howell et al., 2002). I sette sierotipi identificati come Bryanston,
Cascara, Gamil, Kaalplaas, Kyalami, Potchefstroom, Northrand presentano alcune differenze di patogenicità. È stato dimostrato che uno stesso cavallo può infettarsi con diversi sierotipi (Howell et al., 2008). EEV
possiede alcune affinità antigeniche con il virus della peste equina, ma
non con gli altri Orbivirus. Il virus replica in vitro su diversi substrati cel-
“Articolo ricevuto dal Comitato di Redazione il 27/07/2012 ed accettato per la pubblicazione dopo revisione il 20/11/2012”.
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lulari comprese le linee cellulari Vero e BHK21. La
citopatogenicità su colture cellulari è molto simile a quella da virus della peste equina. Sono recettivi all’infezione equidi (cavalli, asini, zebre) di tutte le età e di entrambi i sessi, ma i segni clinici sono evidenti solo nei cavalli. Occasionalmente il virus è stato isolato anche in elefanti africani in corso di episodi febbrili.
EPIDEMIOLOGIA
Come la peste equina e la bluetongue anche la EE
è una malattia infettiva non contagiosa a trasmissione vettoriale. Il mantenimento del virus, nelle
zone in cui l’infezione è endemica, è assicurato da
continui cicli d’infezione tra ospiti vertebrati
(equidi) e invertebrati (artropodi del genere Culicoides). Le specie di culicoidi identificate come vettori di EEV sono diverse, alcune sono più frequentemente associate a determinati sierotipi di virus
ed altre, come C. imicola, sono vettori per tutti i
sierotipi (Paweska e Venter, 2004; Venter et al.,
2006). La malattia presenta picchi di incidenza alla
fine dell’estate ed in autunno, quando le condizioni meteorologiche favoriscono la riproduzione dei
culicoidi.
Il virus può facilmente estendersi a nuovi territori poiché il vettore può essere trasportato passivamente dai venti. Inoltre, l’innalzamento delle
temperature può prolungare la stagione riproduttiva dei culicoidi e quindi le possibilità di trasmissione del virus.
PATOGENESI
Si pensa che il meccanismo patogenetico sia simile a quello degli altri Orbivirus (virus della bluetongue e della peste equina). A causa del tropismo
del virus per gli endoteli vasali, i danni sono prevalentemente a carico del sistema vascolare e si riscontrano in vari organi. I pochi esperimenti effettuati e i rilievi clinici mostrano alcune differenze
nella patogenesi dei diversi sierotipi ed una loro
diversa patogenicità. Il sierotipo Bryanston è responsabile dei segni clinici più tipici, il sierotipo
Cascara è il più frequentemente implicato nelle
manifestazioni di tipo neurologico, il sierotipo
Kyalami viene associato a danni epatici ed ittero, il
sierotipo Gamil determina un marcato deperimento delle condizioni generali, il sierotipo Kaalplas provoca una intensa tumefazione delle palpebre e il sierotipo Potchefstroom causa attacchi
febbrili ed ittero (Coetzer e Erasmus, 1994). È difficile sapere fino a che punto queste associazioni
siano reali, dal momento che le manifestazioni cliniche possono essere condizionate dalla contemporanea infezione con più sierotipi e da fattori legati alle condizioni dell’ospite.
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Malattie infettive virali emergenti trasmesse da vettori: encefalosi equina
ASPETTI CLINICI
ED ANATOMOPATOLOGICI
La malattia si manifesta dopo un periodo di incubazione di circa una settimana, ma spesso l’infezione decorre in forma subclinica. Il primo segno clinico è un lieve rialzo della temperatura rettale (39
°C) che perdura per 24-48 ore. In alcuni casi la
temperatura è più elevata (40°-41,5 °C) e si mantiene per un periodo più lungo (2-5 giorni). La febbre è accompagnata da vari gradi di ottundimento
del sensorio e inappetenza. Si osserva aumento
della frequenza cardiaca e respiratoria e le mucose possono apparire congeste e/o itteriche. Meno
frequentemente è possibile osservare una o più
delle seguenti manifestazioni cliniche: tumefazione
palpebrale, peribuccale, delle fossette sopraorbitali o dell’intera faccia, dispnea, epistassi, presenza di
petecchie sulla mucosa congiuntivale e segni di interessamento cardiaco. Successivamente può comparire la sintomatologia nervosa caratterizzata da
atassia più o meno grave, in particolare a carico degli arti posteriori, rigidità nei movimenti, modificazioni del comportamento (da ipereccitabilità ad
abbattimento fino al coma) e convulsioni. La morbilità nelle popolazioni di cavalli sensibili è elevata
(intorno al 60-70%), la mortalità è relativamente
bassa (circa il 5%). I cavalli sono i più sensibili all’infezione ed in particolare i soggetti al di sopra dei
sette anni di età, mentre nelle zebre e negli asini
l’infezione decorre in forma asintomatica. In questi
equidi si riscontrano elevate sieroprevalenze e
pertanto si pensa che possano fungere da portatori del virus. I territori in cui si registrano frequenti
focolai di infezione nei cavalli sono caratterizzati
dalla presenza di popolazioni numerose di asini e/o
zebre. Nei casi clinici studiati è stato osservato che
la morte è solitamente preceduta da sintomatologia nervosa e respiratoria, edema della testa (che,
di solito, si manifesta quando si abbassa la febbre)
e segni di forte scompenso cardiocircolatorio. All’esame anatomopatologico si osservano le seguenti lesioni: edema polmonare, idropericardio,
epatomegalia, splenomegalia, petecchie emorragiche sulle sierose, iperemia della parte ghiandolare
dello stomaco e congestione ed edema cerebrale.
Microscopicamente, i cavalli con coinvolgimento
epatico, presentano degenerazione idropica e grassa degli epatociti e moderata infiltrazione di linfociti nella zona periportale. In caso di coinvolgimento nervoso, si osserva infiltrazione perivascolare di
linfociti nelle aree periventricolari del mesencefalo
e del talamo. Circa il 5% delle fattrici gravide colpite vanno incontro ad aborto intorno al 5°-6° mese di gravidanza. È ancora incerto se sono attribuibili all’infezione anche alcuni casi di riassorbimento
embrionale. Il sierotipo Bryanston può causare
danni cardiaci che, dal punto di vista anatomoistopatologico si evidenziano con estese aree di fibrosi miocardica (Coetzer e Erasmus, 1994).
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DIAGNOSI
CONCLUSIONI
La diagnosi clinica è piuttosto difficile ed i reperti anatomopatologici non sono patognomonici. La
diagnosi deve essere quindi confermata in laboratorio attraverso test virologici e sierologici su
campioni prelevati dall’animale ancora in vita
(sangue con e senza anticoagulante) o post mortem (milza, timo, fegato, polmone e cervello).
L’isolamento del virus si può ottenere mediante
semina su colture cellulari, dove si osserva effetto citopatico a partire da 3-4 giorni post inoculazione. Sono disponibili protocolli di RT-PCR per la
ricerca del genoma virale e degli antigeni virali
(Crafford et al., 2003; Crafford et al., 2011). Per la
diagnosi sierologica si utilizzano i test ELISA e di
sieroneutralizzazione (Williams et al., 1993). Il laboratorio di referenza OIE per la peste equina e
la bluetongue di Onderstepoort ha recentemente sviluppato un test ELISA indiretto che utilizza
come antigene la proteina capsidica VP7 ricombinante. Nei casi acuti di malattia è importante ripetere il prelievo a distanza di una settimana per
mettere in evidenza una eventuale sieroconversione. La EE deve essere differenziata dalla peste
equina, con la quale può essere confusa soprattutto quando l’animale presenta edema periorbitale, tuttavia la mortalità nella peste equina è generalmente molto più elevata. La presenza di febbre, cachessia ed ittero può far pensare alla piroplasmosi. Le manifestazioni neurologiche devono
essere differenziate da quelle causate da altre malattie virali a carattere neurologico, quali rabbia,
rinopolmonite equina, encefalomielite da virus
West Nile, malattia di Borna, encefaliti virali americane (dell’est, dell’ovest e venezuelana). Altre
malattie da prendere in considerazione sono tripanosomiasi, avvelenamenti, leucoencefalomalacia
conseguente ad intossicazione da Fusarium moniliforme, sindrome wobbler e tromboembolismo
della branca interna e/o esterna dell’arteria iliaca.
La fibrosi miocardica, osservata in concomitanza
con l’infezione da sierotipo Bryanston, si rileva
anche a seguito di intossicazione da sostanze ionofore. Per quanto riguarda l’aborto si dovranno
prendere in esame le principali malattie infettive
abortigene, quali rinopolmonite equina, arterite
virale equina e salmonellosi.
A seguito delle modificazioni climatico-ambientali
in atto diverse malattie a trasmissione vettoriale,
un tempo confinate nei paesi tropicali, stanno
avanzando in modo preoccupante verso le zone
temperate. Come dimostra la evoluzione della
epidemiologia della bluetongue nei paesi europei,
è particolarmente elevato il rischio di introduzione di nuove virosi di origine africana trasmesse da
culicoidi. Alcune caratteristiche della EE la fanno
considerare fra le malattie esotiche a rischio di introduzione in Europa in quanto:
– il meccanismo di trasmissione vettoriale simile
a quello delle altre orbivirosi (bluetongue e peste equina);
– la tendenza a diffondersi dai siti originari sudafricani verso il nord Africa ed il Medio Oriente;
– alcuni aspetti clinici che la possono far confondere con la peste equina, unitamente al fatto
che sovente le due malattie coesistano nelle
stesse aree.
Per questi motivi è importante che EE e peste
equina, anche se sono ritenute nel nostro Paese
malattie esotiche, vengano considerate con attenzione dai veterinari ed inserite tra le diagnosi
differenziali.
CONTROLLO
Non sono ancora disponibili vaccini contro la EE
e le misure sanitarie per controllare l’infezione
mirano a tenere sotto controllo i vettori e a limitarne il contatto con gli equini. Tali misure consistono nell’uso di sostanze repellenti e nel ricovero degli animali in scuderie protette da zanzariere
a maglia fine, in particolare all’alba e al tramonto,
periodi di massima attività dei culicoidi.
Parole chiave
Malattie infettive virali, artropodi vettori, cavallo, neuropatologia.
❚ Emerging arthropod-borne viral
diseases: equine encephalosis
Summary
Equine encephalosis (EE) is a viral vector borne
disease carried by hematophagous midges of the
genus Culicoides sustained by an Orbivirus of the family Reoviridae.
The first isolation of the virus (EEV) occurred in
South Africa in 1967 from the blood of a mare
affected by neurological symptoms. EEV can infect all equines and, rarely, elephants; in any case,
horses are the most susceptible species. Several
epizootics were subsequently reported in South
Africa and Botswana followed by periods of absence of disease or sporadic outbreaks. The highest number of cases was reported in 1983. Seven non-cross reactive serotypes have been
identified so far. EEV infection is frequently subclinical, but has been also associated with acute
or hyperacute illness. The most common observed clinical signs are fever, anorexia accompanied
by increased respiratory distress and congestion
of mucosal membranes. Some pregnant mares
may abort during the first period of gestation.
Less frequently, affected horses can show facial
swelling, epistaxis, congiuntival petechiae, and
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signs of chronic heart failure. Neurological signs,
including ataxia, convulsions, hyperexcitability have been described in severe cases. At post-mortem examination it can be observed pulmonary
edema, hydropericardium, hepatomegaly, splenomegaly, petechial haemorrhages on serous membranes, hyperemia of glandular stomach, brain
edema and congestion. Microscopic examination
of liver specimens shows hydropic and fatty degeneration of hepatocytes and in CNS perivascular infiltration of lymphocytes in the periventricular areas of the midbrain and thalamus can be
observed. Clinical diagnosis is not easy, due to
frequent subclinical course. For this reason, the
disease is probably underdiagnosed.
Between 2008 and 2009 EE was reported for the
first time in Israel. The question of how and when
the virus arrived in Israel still remains unanswered. This was the first time in which the virus had
been reported outside Africa and this finding is a
warning bell for other areas of the Mediterranean
basin.
Key words
Infectious viral diseases, arthropod-borne disease, horse, neuropathology.
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