ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 1 Atti del 49° Congresso Nazionale SCIVAC Perugia, Centro Congressi Quattrotorri 29-31 Ottobre 2004 In collaborazione con AVULP Approccio moderno alle patologie infettive (batteriche, micotiche, protozoarie) nel cane e nel gatto Associazione Federata ANMVI organizzato da certificata ISO 9001:2000 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 1 49° Congresso Nazionale SCIVAC PERUGIA, 29-31 OTTOBRE 2004 CONSIGLIO DIRETTIVO SCIVAC MASSIMO BARONI Presidente GILDO BARONI Presidente Senior DEA BONELLO Vice Presidente FABIA SCARAMPELLA Segretario UGO BONFANTI Tesoriere DAVIDE DE LORENZI Consigliere GUIDO PISANI Consigliere COMITATO SCIENTIFICO CONGRESSUALE DAVIDE DE LORENZI TOMMASO FURLANELLO COORDINATORE SCIENTIFICO CONGRESSUALE FULVIO STANGA SEGRETERIA SCIENTIFICA MONICA VILLA Tel: +39 0372 403504 - email: [email protected] SEGRETERIA MARKETING, SPONSOR E AZIENDE ESPOSITRICI FRANCESCA MANFREDI Tel: +39 0372 403538 - email: [email protected] SEGRETERIA ISCRIZIONI PAOLA GAMBAROTTI Tel: +39 0372 403508 - Fax: +39 0372 457091 - email: [email protected] ORGANIZZAZIONE CONGRESSUALE EV – Eventi Veterinari Via Trecchi 20 – 26100 CREMONA (Italy) ORGANIZZAZIONE ALBERGHIERA TOWERS VIAGGI Centro Direzionale Quattrotorri 06074 Ellera Scalo (PG) - Tel. 075 5170098 - Fax 075 5171045 1 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 2 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 3 Associazione Federata ANMVI 49° Congresso Nazionale SCIVAC Perugia, Centro Congressi Quattrotorri 29-31 Ottobre 2004 In collaborazione con AVULP Approccio moderno alle patologie infettive (batteriche, micotiche, protozoarie) nel cane e nel gatto organizzato da certificata ISO 9001:2000 Traduzione dei testi inglesi: Dr. Maurizio Garetto e Dott.ssa Tiziana Binelli ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 4 La SCIVAC ringrazia gli sponsor e gli espositori per il contributo dato alla realizzazione del Congresso. Hill’s* Animal Health VETEFARMA ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 5 RELATORI LUCA FORMAGGINI Med Vet Dormelletto (NO) Si laurea a Milano nel Febbraio 1991. Dopo vari periodi di tirocinio in Italia e all’estero, lavora per due anni presso la Clinica veterinaria “Città di Pavia” e per altri due anni presso il Centro veterinario “Gregorio VII” in Roma, rivestendo responsabilità di chirurgo e medico di pronto soccorso. Dal 1996 lavora presso la Clinica veterinaria “Lago Maggiore” di cui è socio fondatore. È relatore in diversi corsi SCIVAC di chirurgia, ortopedia e medicina/chirurgia d’urgenza. È stato relatore a diversi congressi e seminari a livello nazionale. Membro SCIVAC, BSAVA, VECCS e EVECCS, è Resident in training per accedere all’esame dello European College of Veterinary Surgery (ECVS). Dal 2001 è Segretario della Società di Chirurgia Veterinaria Italiana (SCVI). I principali campi di interesse sono la chirurgia/traumatologia e la medicina d’urgenza. TOMMASO FURLANELLO Med Vet, Padova Laureato a Bologna con una tesi sulla Peritonite Infettiva Felina nel 1990, si è sempre interessato di medicina interna del cane e del gatto, con particolare interesse verso la farmacologia clinica, le malattie infettive e la diagnostica clinica. Ha frequentato l’Università della Georgia ed altri centri veterinari nordamericani. È uno degli autori del Prontuario Veterinario Scivac e ha pubblicato numerosi articoli scientifici su Veterinaria ed altre riviste italiane ed estere ed ha presentato delle comunicazioni anche al congresso annuale del American College of Veterinary Internal Medicine (ACVIM). È uno degli autori della recente monografia SCIVAC sulla filariosi cardiopolmonare. Dal 1992 è stato relatore a numerosi congressi e seminari SCIVAC ed ha partecipato ai Corsi Pratici SCIVAC, in qualità di relatore, di “Approccio Orientato al Problema”, “Diagnostica di Laboratorio”, “Biochimica Clinica”, “Endocrinologia Clinica”, “Coagulopatie” e “Pronto Soccorso”. Dal 1994 è’stato più volte relatore alle giornate di aggiornamento di SCIVAC Regione. Ha collaborato, sia nelle fasi organizzative che scientifiche, alla conduzione del Gruppo di Studio di Medicina Interna. È past president della Società Italiana di Medicina Felina (SIMEF) e segretario della Società Italiana di Medicina Interna Veterinaria (SIMIV). Dal 1996 ha ricevuto dalla Facoltà di Medicina Veterinaria di Padova l’insegnamento di Malattie Infettive dei Piccoli Animali. Tale incarico è stato confermato ininterrottamente fino all’AA 2002-2003. Attualmente sta conducendo un gruppo di lavoro per lo studio di malattie infettive trasmesse da zecche “emergenti” quali la rickettsiosi canina e l’ehrlichiosi granulocitaria canina. Svolge l’attività libero-professionale presso la Clinica Veterinaria Privata San Marco di Padova, occupandosi esclusivamente di Medicina Interna ed è direttore clinico del Laboratorio d’Analisi Veterinarie San Marco, a Padova. KATRIN HARTMANN Prof, Dr med vet, Dr habil, Dipl ECVIM Monaco, Germania Katrin Hartmann ha lavorato presso la Facoltà di Veterinaria dell’Università della Georgia, negli Stati Uniti, dal 2001 al 2003 come Associate Professor di Medicina Interna. È diplomata dal 1999 al College Europeo di Medicina Interna ECVIM. Attualmente lavora, in qualità di Direttore di Dipartimento di medicina dei 5 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 6 Piccoli Animali, alla Ludwig-MaximiliansUniversität di Monaco, in Germania. È autrice di numerosi articoli su riviste internazionali e la sua attività di ricerca è da sempre concentrata sulle malattie infettive del cane e del gatto . MICHAEL R. LAPPIN DVM, PhD, Dipl ACVIM, Fort Collins, Colorado, USA Dopo la laurea, conseguita presso l’Università dell’Oklahoma State nel 1981, il Dr. Lappin ha completato un internship in Medicina e Chirurgia dei Piccoli Animali all’Università del Georgia. Dopo due anni di pratica nel settore dei piccoli animali a Los Angeles, il Dr. Lappin ha completato un residency in Medicina Interna dei Piccoli Animali e conseguito un PhD in Parassitologia. Dal 1987 il Dr. Lappin è diplomato ACVIM (American College of Veterinary Medicine). Attualmente è Professore di Medicina Interna dei Piccoli Animali presso il College of Veterinary Medicine and Biomedical Sciences dell’Università del Colorado State e dirige un Laboratorio di Serologia (Toxoplasma condii). Inoltre è direttore della sezione di Medicina Interna dei Piccoli Animali del CSU. Ha ottenuto molte riconoscenze nel campo della ricerca ed è autore di oltre 100 lavori di ricerca e capitoli di libri. Il Dr. Lappin è editore associato del Journal of Veterinary Internal Medicine e fa parte del comitato di redazione di Feline Medicine and Surgery e del Compendium for Continuing Education for the Practicing Veterinarian. Il Dr. Lappin ha inoltre ricevuto il Beecham Research Award e il Norden Distinguished Teaching Award. 6 UGO LOTTI Med Vet, Monsummano Terme (PT) Si è laureato con lode a Pisa nel 1981. dopo il servizio militare, si è dedicato ad una “mixed practice” fino al 1988, occupandosi principalmente di medicina equina e dei piccoli animali. Nel 1989 si è specializzato in medicina dei piccoli animali presso l’università di Pisa. Dal 1990 si occupa esclusivamente di medicina dei piccoli animali (cane e gatto). autore di pubblicazioni su riviste nazionali e internazionali. Relatore presso numerosi corsi, seminari e congressi nazionali organizzati dalla SCIVAC (Società Culturale Italiana Veterinari per Animali da Compagnia). Dal 1994 fa parte del Consiglio Direttivo della SCIVAC e nel 1995 né è diventato il Segretario. Attualmente lavora in un ospedale veterinario a Monsummano Terme in Toscana, di cui è il Direttore sanitario, dove si occupa principalmente di medicina interna. CARLO MASSERDOTTI Med Vet, Brescia Laureato col massimo dei voti presso l’Università di Milano nel 1990. Dal 1993 si occupa di citopatologia diagnostica, curando l’aggiornamento permanente con corsi di approfondimento e frequentando centri di referenza in Italia ed all’estero. È autore di alcune pubblicazioni inerenti la citopatologia ed è relatore a meeting nazionali ed internazionali. Dal 1988 è istruttore e relatore al corso di Citologia organizzato dalla SCIVAC. Dal 2001 ricopre la carica di presidente della SICIV (Società Italiana di Citologia Veterinaria). ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 7 49° Congresso Nazionale SCIVAC PERUGIA, 29-31 OTTOBRE 2004 PROGRAMMA SCIENTIFICO Primo Giorno Venerdì, 29 Ottobre 2004 8.30 REGISTRAZIONE DEI PARTECIPANTI SALA VANNUCCI E SALA MAGIONE Chairperson: Massimo Baroni 9.45 10.30 La vicenda del cane Floppy ed altre storie (45’) Ovvero circa l’utilità della ricerca degli agenti eziologici nell’approccio alle patologie infettive, l’utilità della ricerca diretta degli agenti infettivi nella pratica medica tramite la presentazione di casi clinici e la necessità di abbandonare l’empirismo nell’uso degli antimicrobici, sia per patologie semplici che complesse Tommaso Furlanello (I) Batteri, miceti e protozoi al microscopio (90’) Carlo Masserdotti (I) 12.00 Fistole, croste, raccolte, essudazioni (60’) Come raccogliere, conservare, processare ed interpretare i risultati Tommaso Furlanello (I) 13.00 PAUSA PRANZO ED ESPOSIZIONE COMMERCIALE SALA VANNUCCI E SALA MAGIONE Chairperson: Tommaso Furlanello 14.30 Leptospirosi e Borreliosi (75’) Epidemiologia, patogenesi, principali quadri clinici, prevenzione e terapia Katrin Hartmann (D) 15.45 16.30 PAUSA CAFFÈ ED ESPOSIZIONE COMMERCIALE Tutti i relatori in una Tavola rotonda su FEBBRE DI ORIGINE SCONOSCIUTA (120’) da una presentazione di casi clinici di Mike Lappin (USA) 18.30 INTERRUZIONE 7 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 8 49° Congresso Nazionale SCIVAC PERUGIA, 29-31 OTTOBRE 2004 Secondo Giorno Sabato, 30 Ottobre 2004 SALA VANNUCCI E SALA MAGIONE Chairperson: Ugo Lotti 9.00 Hepatozoonosi e infezioni da micobatteri (90’) Katrin Hartmann (D) 10.30 PAUSA CAFFÈ ED ESPOSIZIONE COMMERCIALE 11.15 Comportamento da tenere in caso di ferite penetranti, da morso, ascessi e tragitti fistolosi (45’) Luca Formaggini (I) 12.00 Comportamento da tenere in caso di patologie enteriche infettive del cane e del gatto (60’) Mike Lappin (USA) 13.00 PAUSA PRANZO ED ESPOSIZIONE COMMERCIALE SALA VANNUCCI E SALA MAGIONE Chairperson: Davide De Lorenzi 14.30 Comportamento da tenere in caso di patologie infettive genitourinarie (45’) Mike Lappin (USA) 15.15 Comportamento da tenere in caso di osteomieliti ed artriti settiche (45’) Luca Formaggini (I) 16.00 16.45 PAUSA CAFFÈ ED ESPOSIZIONE COMMERCIALE Tutti i relatori in una Tavola rotonda su LE MALATTIE INFETTIVE NEI SOGGETTI CON PATOLOGIE PRE-ESISTENTI O CONCOMITANTI (120’) da una presentazione di casi clinici di Tommaso Furlanello (I), Katrin Hartmann (D), Mike Lappin (USA) (coordinatore Tommaso Furlanello) 18.45 8 INTERRUZIONE ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 9 49° Congresso Nazionale SCIVAC PERUGIA, 29-31 OTTOBRE 2004 Terzo Giorno Domenica, 31 Ottobre 2004 SALA VANNUCCI E SALA MAGIONE Chairperson: Carlo De Feo 9.00 Comportamento da tenere in caso di versamenti settici toraco-addominali (75’) Ugo Lotti (I) e Luca Formaggini (I) 10.15 11.00 PAUSA CAFFÈ ED ESPOSIZIONE COMMERCIALE Toxoplasmosi, neosporiasi, criptosporidiosi e babesiosi (120’) Epidemiologia, patogenesi, principali quadri clinici, prevenzione e terapia Mike Lappin (USA) 13.00 TERMINE DEL CONGRESSO 9 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 10 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 11 ESTRATTI DELLE RELAZIONI Gli estratti sono elencati in ordine alfabetico secondo il cognome del relatore e quindi in ordine cronologico di presentazione. ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 12 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 13 49° Congresso Nazionale SCIVAC PERUGIA, 29-31 OTTOBRE 2004 Luca Formaggini Med Vet Dormelletto (NO) Comportamento da tenere in caso di ferite penetranti, da morso, ascessi e tragitti fistolosi Sabato, 30 ottobre 2004, ore 11.15 13 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 14 INTRODUZIONE Dal punto di vista eziopatogenetico vengono distinte ferite penetranti e ferite perforanti. Nel primo caso, la noxa si limita ad entrare all’interno di un organo o di una cavità corporea, mentre il secondo caso presuppone la presenza di un punto di ingresso e uno di uscita attraverso un organo o una cavità corporea. Per comodità di trattazione entrambe verranno raggruppate dall’Autore sotto il nome di Ferite Penetranti. La causa più comune di ferita penetrante riscontrata in Medicina Veterinaria è rappresentata dalle ferite da morso. Altre cause riscontrate sono: ferite da proiettile, ferite da punta e da taglio (frecce, “impalamenti” per cadute dall’alto o durante lo scavalcare delle cancellate), ferite da oggetti migranti che come conseguenza portano alla formazione di tragitti fistolosi, o tragitti drenanti (spighe, frammenti di legno). FERITE DA MORSO In uno studio retrospettivo su 93 casi, la mortalità è stata del 7% (Cowell AK, Penwick RC, 1989). Le lesioni causate dal morso da parte d’altri animali, rispetto ad altri tipi di ferite cutanee, rivestono alcune peculiarità dovute all’elevata pressione esercitata sui tessuti e all’elevato grado di contaminazione. La pressione esercitata (450 psi) dal morso esita in compressione tissutale diretta e necrosi tardiva da distruzione della vascolarizzazione (Pavletic MM, 1989). Proprio per questi motivi, al danno cutaneo superficiale e apparentemente innocuo, spesso si accompagnano ben più gravi lesioni ai tessuti sottostanti (fenomeno dell’iceberg), che possono rendersi visibili anche a distanza di giorni o settimane. Il danno ai tessuti sottostanti le ferite è direttamente proporzionale alla taglia dell’animale aggressore (sindrome cane grande – cane piccolo). Le ferite da morso sono considerate sempre contaminate. I batteri comunemente isolati in questo tipo di lesioni sono Pasteurella multocida, Staphylococcus spp. e Streptocaccus spp (Waldron DR, Zimmerman-Pope N, 2003) Ma numerosi altri batteri (aerobi e anaerobi) risiedono nella cavità orale dei carnivori e hanno accesso diretto nei tessuti della vittima attraverso le lacerazioni causate dai denti. Proprio l’estrema variabilità della popolazione batterica presente nelle ferite da morso è uno dei motivi che rendono la terapia antibiotica ad ampio spettro nella maggior parte casi inefficace. Quindi, ad una copertura con antibiotici ad ampio spettro intrapresa nelle prime ore della presentazione, deve seguirne una mirata dopo il risultato della coltura e dell’antibiogramma. Inoltre, i tessuti lesionati (superficiali e profondi), a causa della pressione esercitata dal morso vengono devascolarizzati, necrotizzano e fungono così da pabulum ideale per la crescita batterica. Non sono rari i casi in cui il paziente è presentato alla visita clinica a distanza di giorni dall’evento traumatico in stato di shock settico. Le sedi più comuni di lesioni riferibili a ferite da morso sono le estremità, seguite dalla regione della testa e del collo (Waldron DR, Zimmerman-Pope N, 2003). 14 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 15 Valutazione iniziale: come per tutti i pazienti traumatizzati, la valutazione iniziale comprende l’esame degli apparati descritti dall’acronimo ABC (Airways: vie aeree, Breathing: respiro, Circulation: parametri della perfusione). Nelle ferite da morso localizzate alla regione del collo è importante valutare l’eventuale presenza di lesioni da perforazione tracheali (intubazione o tracheotomia d’urgenza) ed esofagee, fratture o lussazioni del rachide cervicale (controindicazione relativa dell’intubazione) e lesioni all’apparato legamentoso (legamento nucale). Il riscontro di ferite a livello della parete toracica è causa di alterazioni della modalità del respiro (aumento della frequenza respiratoria accompagnata da iperventilazione o ipoventilazione). Il dolore (fratture costali) e la paura o l’eccitazione sono spesso la causa principale dell’aumento della frequenza respiratoria. Importanza fondamentale riveste quindi il controllo della sintomatologia dolorifica e il pronto riconoscimento di situazioni che, oltre a determinare un’alterazione della frequenza respiratoria, sono causa di ipoventilazione e di alterato scambio gassoso. Tra queste situazioni, quelle più comunemente riscontrate sono: lo pneumotorace (toracostomia su tubo), l’emotorace, il “flail chest” (il soggetto in questo caso deve essere posizionato in decubito latero-laterale sul lato della lesione) e la contusione polmonare (ALI: Acute Lung Injury nella fase precoce e ARDS: Acute Respiratory Distress Syndrome più tardiva). Dal punto di vista emodinamico, il paziente, vittima di ferite da morso, presenta spesso i sintomi dello shock ipovolemico (nei casi cronici shock settico). In questi casi una fluidoterapia aggressiva e un apporto supplementare di ossigeno sono assolutamente raccomandati. Seconda valutazione: devono essere presi in esame tutti gli apparati in precedenza non considerati, con particolare attenzione a sintomatologie neurologiche centrali (trauma cranico, fratture vertebrali), sintomi di addome acuto (perforazioni di organi cavi, rotture di organi parenchimatosi), lesioni neurologiche, muscolari e legamentose degli arti colpiti. Inoltre, la situazione clinica di un paziente traumatizzato è estremamente dinamica, per cui è necessario continuare il monitoraggio di tutti i parametri considerati nella prima valutazione. La gestione delle ferite da morso segue in linea generale quella riguardante il trattamento degli altri tipi di ferite. Quindi, alla base di tutto è valido il concetto che la terapia antibiotica (a maggior ragione nel caso delle ferite da morso) non sostituisce nel modo più assoluto i lavaggi abbondanti, la pulizia chirurgica e il continuo monitoraggio dello stato dei tessuti sottostanti. Le soluzioni di lavaggio maggiormente indicate sono quelle contenenti Clorexidina diluita allo 0,05% (Waldron DR, Trevor P, 1993). La pulizia chirurgica della ferita richiede estrema attenzione nella valutazione delle aree necrotiche. Queste devono essere rimosse completamente al fine di limitare o impedire la crescita batterica. È consigliabile tuttavia, soprattutto in quelle zone in cui la superficie cutanea è ridotta o inestensibile, approcciare la ferita in modo più conservativo; rimuovere le aree sicuramente necrotiche, lasciare in situ quelle dubbie e rivalutare la zone giornalmente (wait and reaassess) (Waldron DR, Zimmerman-Pope N, 2003). 15 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 16 TRAGITTI FISTOLOSI O TRAGITTI DRENANTI Durante la fase acuta dell’occasionale penetrazione della superfice cutanea da parte di spighe, stuzzicadenti e altri frammenti di legno, il segno clinico predominante è rappresentato dalla presenza di un ascesso (semplice a una cavità o complesso multiloculare). Nei casi più cronici, è di comune riscontro la presenza dei cosidetti tragitti fistolosi. L’ approccio consiste nella rimozione della causa: senza questo fondamentale passo terapeutico la guarigione non può avvenire. Dopo una iniziale valutazione del possibile coinvolgimento degli organi sottostanti (es tragitto fistoloso sul fianco in caso di legatura del peduncolo ovarico con materiale da sutura intrecciato e/o infetto), l’esplorazione del tragitto può essere preceduta da indagini diagnostiche più o meno complesse; radiografia senza mezzo di contrasto (corpi estranei radiopachi), fistulografia, ecografia, TAC, RM, biopsie per escludere la presenza di forme neoplastiche (mastocitomi, neoplasie mammarie ulcerate, carcinoma squamoso delle dita) o fungine. Nei casi in cui, l’intensa reazione fibrosa (ascesso e/o granuloma) precludessero una accurata e meticolosa esplorazione dell’area interessata, è consigliabile la rimozione en bloc di tutta la reazione (es resezione costale ed avanzamento del diaframma in caso di tragitti di drenaggio recidivanti della parete laterale del torace/addome). Una volta rimossa la causa, il soggetto viene trattato con terapia antibiotica approppriata. Letture consigliate Cowell AK, Penwick RC: Dog bite wounds: A study of 93 cases. Compen Contin Educ Pract Vet. 11: 313, 1989. Waldron Dr, Trevor P: Management of superficial skin wounds. In: Slatter D (ed): Textbook of small animal surgery, WB Saunders, Philadelphia, 1993, p 269. Pavletic MM: Management of specific skin wounds. In Pavletic MM (ed): Atlas of small animal reconstructive surgery. (2nd ed.) WB Saunders, Philadelphia, 1989, pp 50, 66, 85. Waldron DR, Zimmerman-Pope N: Superficial skin wounds. In Slatter D (ed.) Textbook of small animal surgery, WB Saunders, Philadelphia, 2003, pp 266-267 Pavletic MM: “Penetrating Wounds”. In Wingfield WE, Raffe MR (eds.): The veterinary ICU Book. Jackson Hole, Wyoming. Teton NewMedia. 2002. Plunkett, SJ: “Dermatologic emergencies”. In Plunkett, SJ (ed.): Emergency Procedures for the Small Animal Veterinarian (2th ed). Saunders, 2001. Indirizzo per la corrispondenza: Dr. Luca Formaggini Clinica Veterinaria “Lago Maggiore” C.so Cavour, 3 - Dormelletto (NO) Tel. +39 032224716 - Fax +39 0322232756 16 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 17 49° Congresso Nazionale SCIVAC PERUGIA, 29-31 OTTOBRE 2004 Luca Formaggini Med Vet Dormelletto (NO) Comportamento da tenere in caso di osteomieliti ed artriti settiche Sabato, 30 ottobre 2004, ore 15.15 17 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 18 OSTEOMIELITE Introduzione Indipendentemente dalla causa (batteri piogeni, virus, funghi, corpi estranei), il termine osteomielite si riferisce ad una infiammazione dell’osso e del suo midollo. Il processo patogenetico consiste in una distruzione dell’osso da parte di enzimi proteolitici, una obliterazione della rete vascolare (e come conseguenza la necrosi), decalcificazione per disuso e per eccessiva vascolarizzazione, riassorbimento osteoclastico e deposizione di nuovo tessuto osseo da parte degli osteoblasti. Per quanto concerne la classificazione, due sono le forme principali di osteomielite: ematogena e post traumatica. Delle due, l’osteomielite post traumatica è di gran lunga la più frequentemente riscontrabile dal punto di vista epidemiologico. Per questo motivo e per la complessità dell’intero argomento la relazione verterà sulla diagnosi, prevenzione e trattamento dell’osteomielite post traumatica. La maggiore fonte di contaminazione causa di osteomielite post traumatica è risultata la mancanza di asepsi durante l’atto chirurgico di riduzione e stabilizzazione del focolaio di frattura (58% dei casi). Diagnosi Per una corretta diagnosi di osteomielite, vengono generalmente presi in considerazione sei parametri: tragitti fistolosi, edema dei tessuti, reazione periostale, segni radiografici (valutati su radiografie seriali), esami colturali e istopatologia. Trattamento Si basa fondamentalmente su due punti: migliorare l’ambiente luogo dell’infezione ed una appropriata terapia antibiotica. È bene ricordare che una corretta terapia antibiotica NON può in alcun modo sostituire il rispetto dei principi chirurgici di Halsted ne la corretta gestione delle ferite in caso di gestione di fratture esposte. Il trattamento elettivo dell’osteomielite traumatica è in definitiva quello chirurgico e consiste nella rimozione di pus, tessuto necrotico, osso devascolarizzato (sequestrectomia), impianti infetti e/o mobilizzati ed eventualmente gestione aperta della ferita chirurgica e chiusura per seconda intenzione. Per un corretto campionamento, il paziente non deve 18 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 19 essere in terapia con antibiotici da almeno 7 giorni prima del trattamento chirurgico. Gli agenti patogeni più comunemente isolati nelle forme di osteomielite post traumatica sono Stafilococchi spp e Streptococchi spp. Nella maggior parte dei casi (53%) viene isolato un solo agente eziologico. Il trattamento antibiotico “empirico”, generalmente a base di Cindamycina a 11 mg/kg bis in die viene iniziato subito dopo la chirurgia e viene continuato per almeno 4 settimane, con lo stesso antibiotico o con altri più specifici rispetto all’agente eziologico se la coltura e l’antibiogramma dovessero dare differenti indicazioni. ARTRITI SETTICHE Introduzione Dal punto di vista eziologico, l’artrite settica può derivare da ferite penetranti (trauma o chirurgia, ivi compresa l’artrocentesi diagnostica) oppure la contaminazione può arrivare per via ematogena (da infezioni di tessuti contigui o continui rispetto all’articolazione o da sedi lontane come ad esempio cute e cavità orale). Diagnosi Il paziente si presenta generalmente affetto da zoppia e l’articolazione o le articolazioni coinvolte si presentano calde e dolenti. I segni radiografici almeno nelle prime fasi del processo morboso risultano vaghi e inconsistenti, rendendo così l’esame radiografico utile ma certamente non definitivo. In relazione all’agente eziologico, i segni radiografici coinvolgenti l’osso sub condrale posono manifestarsi da 2 a 3 settimane dall’inizio dell’infezione. L’analisi del liquido sinoviale (artrocentesi, esame citologico e colturale) e della membrana sinoviale sono sicuramente esami più sensibili e precoci rispetto all’esame radiografico. Trattamento I batteri comunemente isolati in corso di artriti settiche sono Stafilococchi spp, Streptococchi spp e Pasteurella. Le basi del trattamento consistono nell’eliminare l’agente patogeno e nella rimozione dei mediatori dell’infiammazione dalla cavità articolare. Mentre in caso di artriti settiche “aperte” (di origine traumatica) sembra assodata la scelta del trattamento chirurgico (artroto19 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 20 mia o artroscopia), in caso di artriti settiche di origine ematogena la scelta del trattamento appropriato è ancora dibattuta. Da studi recenti sembra che in quest’ultimo caso il trattamento non chirurgico fornisca al paziente ottimi risultati. Considerando i batteri comunemente coinvolti in caso di artriti settiche, gli antibiotici utilizzabili sono: Amoxicillina+Acido Clavulanico, Cefazolina ed Enrofloxacin. Letture consigliate MO Olmstead: Fracture Complications. In The Veterinary Clinics of North America. Small Animal Practice. 21,4, 1991. MR Herron: Osteomyelitis. In Bojrab MJ (ed): Disease Mechanisms in small animal surgery. Lea & Febiger, Philadelphia, 1993. p 692. RE Kaderly: Infectiuos Arthritis. In Bojrab MJ (ed): Disease Mechanisms in small animal surgery. Lea & Febiger, Philadelphia, 1993. p 737. Indirizzo per la corrispondenza: Dr. Luca Formaggini Clinica Veterinaria “Lago Maggiore” C.so Cavour, 3 - Dormelletto (NO) Tel. +39 032224716 - Fax +39 0322232756 20 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 21 49° Congresso Nazionale SCIVAC PERUGIA, 29-31 OTTOBRE 2004 Tommaso Furlanello Med Vet, Padova Marco Caldin Med Vet, Padova Luis E. Razia Med Vet, Padova Antonella Giordano Biologo, Padova La vicenda del cane Floppy ed altre storie Venerdì, 29 ottobre 2004, ore 9.45 Fistole, croste, raccolte, essudazioni Venerdì, 29 ottobre 2004, ore 12.00 21 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 22 INTRODUZIONE Il presente testo accompagna due relazioni strettamente connesse tra loro, ovvero un percorso che va dai problemi connessi all’uso empirico degli antimicrobici, alle motivazioni che devono portare ad una ricerca eziologica anche nell’ambito delle malattie infettive, come nella gran parte delle altre discipline della medicina veterinaria, utilizzando in modo razionale le metodiche diagnostiche disponibili. LA VICENDA DEL CANE FLOPPY Floppy è un cane pastore tedesco maschio intero di 6 anni d’età. Viene portato alla visita per grave abbattimento, disuria ed ematuria. Due settimane prima era stato sottoposto ad una chirurgia spinale per una compressione midollare ed era stato applicato un catetere rigido per facilitare lo svuotamento vescicale. Il cane, nelle due settimane che hanno preceduto la visita, era stato sottoposto ad una terapia corticosteroidea iniettabile (presumibilmente con desametasone) e antibiotica (prima con ceftazidima IV e poi con un chinolonico di 3a generazione). All’esame fisico il cane si presenta febbrile, depresso, con addome dolente. Indagini di diagnostica per immagini rivelano la presenza di una vescica di grandi dimensioni, occupante buona parte dell’addome caudale. L’ecografia vescicale indica la presenza di urina con particelle corpuscolate e la parete vescicale si presenta ispessita, con mucosa irregolare. L’esame delle urine presenta una grave piuria, con presenza di abbondanti corpi batterici. Gli esami emato-chimici sono compatibili con un’infiammazione grave, con probabile setticemia. La valutazione dei dati raccolti porta alla diagnosi di cistite purulenta settica grave, causata dalla disuria e/o dal cateterismo e favorita dall’uso dei corticosteroidi. A questo punto qual’è la migliore scelta terapeutica del medico veterinario? Selezionare un nuovo antimicrobico, scegliendolo tra quelli più “potenti” e/o tra quelli che sono indicati per le patologie microbiche delle vie urinarie? Oppure richiedere un esame colturale dalle urine raccolte per cistocentesi? Per quanto tempo dovrà mantenere la terapia? Quali parametri dovrà utilizzare per valutare la bontà della terapia (parametri chimici o citologici delle urine? Nuovi esami colturali? Risposta clinica?). Il caso molto complesso di Floppy, che presentava un’infezione delle vie urinarie (UTI) pericolosa per la vita, associata a fattori di rischio quali mancato svuotamento vescicale per cause neurologiche, cateterismo permamente, uso di corticosteroidi, uso empirico di antimicrobici e presenza infine di un agente infettivo (Corynebacterium urealyticum) estremamente difficile 22 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 23 da far crescere in coltura, dotato di multiresistenza, localizzato nella mucosa vescicale patologica e di conseguenza difficile da eradicare1, chiaramente esprime la necessità di ricercare velocemente e caratterizzare gli agenti infettivi, abbandonando le terapie antimicrobiche empiriche. PREVALENZA DELLE TERAPIE ANTIMICROBICHE NELLA PRATICA CLINICA DEI PICCOLI ANIMALI Dall’analisi delle ricette mediche emesse dalla nostra Clinica in un mese campione (Luglio 2004), il 33% di tutti i farmaci ricettati nel cane e del 35% nel gatto riguardavano degli antimicrobici per uso sistemico. Nello stesso periodo oltre il 90% degli animali ospedalizzati per più di 1 giorno ricevevano 1 o più antimicrobici, quasi sempre per via iniettabile. Anche in USA, in un recente studio, il 43% dei pazienti canini e felini di un Veterinary Teaching Hospital è stato sottoposto ad una terapia antibiotica2. Non stiamo quindi affrontando situazioni marginali o malattie rare, ma piuttosto evenienze comunissime (sospetto di malattia infettiva e relativo trattamento), che hanno un alto impatto sul benessere degli animali a noi affidati. TERAPIE ANTIMICROBICHE: LE DOMANDE DA PORSI Recentemente sono state elencate le domande che il clinico dovrebbe porsi nella scelta degli antibatterici3: 1) Il paziente presenta un’infezione microbica trattabile? Questa è una domanda difficile, perché non esistono parametri indiretti che forniscano una risposta: ad esempio la febbre può essere causata anche da patologie neoplastiche o immuno-mediate, mente vi sono patologie microbiche che tipicamente non inducono febbre, quali UTI o piodermiti, anche gravi. La logica risposta è solo una: ricercare e documentare la presenza dell’agente infettivo (vedi anche oltre). 2) Dov’è l’infezione? Il sito d’infezione ha un forte impatto sulla scelta della molecola da utilizzare, ad esempio se la localizzazione è prostatica, si dovrà utilizzare un antimicrobico in grado di penetrare (e concentrarsi) adeguatamente nella ghiandola (ad es. un chinolonico di 3a generazione e non una cefalosporina di 1a generazione). Un altro esempio sono le piodermiti: per le forme superficiali la terapia prevede un minimo di 3 settimane, per quelle profonde 6 settimane e 2 settimane dopo la guarigione clinica4. 23 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 24 3) L’infezione è acuta o cronica? Le infezioni croniche comportano una trasformazione del tessuto colpito e spesso la presenza di fattori di aderenza da parte dei germi che rendono difficile la penetrazione degli antimicrobici. L’effetto della persistenza dei germi e di una risposta infiammatoria cronica ad essa associata induce delle trasformazioni patologiche che devono essere attentamente valutate. Ad esempio alcune malattie trasmesse da zecche (Ehrlichiosi monocitaria e granulocitaria, rickettsiosi) possono indurre alterazioni mielodisplastiche nel midollo, che possono non regrederire dopo l’eliminazione dell’agente infettivo e che richiedono trattamenti specifici5. 4) Quali sono i batteri più frequentemente coinvolti? Per alcuni (rari) tessuti la tipologia dei batteri presenti è prevedibile e una terapia empirica è giustificata. Ad es. la gran parte delle piodermiti superficiali del cane è indotta da Staphylococcus intermedius. Per molti altri l’agente eziologico è imprevedibile e a poco servono i dati della letteratura, in quanto, tra le altre cose, vi sono variazioni legate alla localizzazione geografica della struttura veterinaria che ha raccolto i dati. Come esempio si rimanda alla lettura della tabella 1. 5) Quali sono gli antimicrobici più efficaci verso gli agenti infettivi (presumiblmente) presenti? Si deve a questo punto introdurre il concetto di antibioticoresistenza, che è diventato un problema di massima importanza anche in medicina veterinaria. Ad esempio nel nostro Laboratorio (20032004) il 56,1% delle UTI canine è indotto da E. coli. Considerando gli ultimi 65 isolati di E. coli (Gennaio-Luglio 2004), 35/65 erano uniformemente sensibili ad una selezione arbitraria di alcuni antimicrobici, per i quali infatti è riportata l’attività contro questo germe (amoxicillina + acido clavulanico, cefadrossile e chinolonici di 3a generazione [considerati cumulativamente perché nella successione delle prove sono stati utilizzati più chinolonici tra quelli registrati in Italia]). Le sensibilità dei 30 rimanenti ceppi Tabella 1 Prevalenza di Staphylococcus intermedius e Pseudomonas aeruginosa su campioni ottenuti in cani affetti da otiti esterne Michigan State University6 Laboratorio d’Analisi Veterinarie “San Marco”, Padova Staphylococcus intermedius 49,4% 29% Pseudomonas aeruginosa 27,8% 35% 24 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 25 è riportata nella tabella 2. Il clinico è invitato a considerare che il paziente da trattare potrebbe essere affetto da uno qualsiasi dei ceppi riportati nella tabella e da ciò è chiaro che scegliere empiricamente un antibiotico piuttosto di un altro presenta un margine d’errore, mancando tali dati, inaccettabilmente alto. Tabella 2 Resistenze antimicrobiche ottenute da 30 isolati di E. coli provenienti da urine di cane (metodo Kirby Bauer) [S= sensibile, MS= mediamente sensibile, R= resistente] Isolato di E. coli Amoxicillina + acido clavulanico Cefadrossile Chinolonici di IIIa generazione 909 920 932 942 956 980 999 1000 1197 1203 1212 1250 1277 1292 1300 1314 1340 1377 1501 1559 1779 1873 1898 2001 2020 2118 2119 2220 2301 2319 MS S S S S MS R MS R R R R S S S R R MS MS R MS R MS MS R S S S S MS R S R R S MS S MS R S S R S S S S S MS R R R R MS R S R S R S R R R R R S R R R R R R R R R R R R R R S R S R R R R R R R R 25 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 26 L’alta incidenza di resistenze osservate presumibilmente è anche legata al fatto che tradizionalmente l’esame colturale viene richiesto in caso d’infezioni recidivanti o ricorrenti, quindi valutando germi già sottoposti a precedenti terapie. D’altra parte però un’infezione delle vie urinarie non correttamente trattata può agevolmente estendersi alle alte vie, inducendo pielonefriti di devastante gravità. 6) Quale dose e che via di somministrazione utilizzare per raggiungere concentrazioni efficaci nella sede d’infezione? La risposta a questa domanda esula dall’obiettivo di questo testo. Si rimanda al Prontuario Veterinario SCIVAC 2004 e alla bibliografia3 per ulteriori informazioni. ULTERIORI PROBLEMATICHE LEGATE AD UN USO INAPPROPRIATO DEGLI ANTIMICROBICI Da quanto scritto fino ad ora risulta chiaro che per un approccio razionale alle malattie batteriche è indispensabile abbandonare ogni tendenza all’empirismo. L’uso inappropriato di antibiotici porta inevitabilmente a: 1) Mancato controllo della patologia infettiva (se presente). 2) Selezione di ceppi batterici resistenti all’antibiotico impiegato e ad altri (fenomeno della multidrug resistance), pericolosi per il paziente, e potenzialmente per altri animali e per l’uomo. L’allarme in medicina umana a tale riguardo, indirizzato anche verso la pratica veterinaria dei piccoli animali, è molto alto7. 3) Mancato riconoscimento di altra patologia, non batterica, perché sono mal interpretati i sintomi clinici o perché s’utilizzano in modo inappropriato i test diagnostici. Se ad esempio s’impiega la sierologia per diagnosticare le malattie infettive trasmesse da zecche, inevitabilmente si potrà incorrere nel sovrastimare l’incidenza di tali malattie, perché il titolo IgG non esprime la presenza dell’infezione, né tantomeno quella di uno stato di malattia, ma più banalmente una memoria immunologica. In base a dati da noi pubblicati8, il 41,9% dei sieri provenienti da cani affetti da varie malattie era positivo (metodica IFAT) per Ehrlichia canis e il 67,4% per Rickettsia spp. Utilizzando metodiche più evolute, che vanno alla ricerca dell’agente infettivo (ad es. PCR), il reale tasso d’infezione è nettamente più basso. Simili rilievi sono stati recentemente raggiunti anche in USA su cani sani, valutando le infezioni da Ehrlichia canis, con sieropositività dell’11% ma negatività con metodica PCR9. 26 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 27 APPROCCIO PRATICO ALLA RICERCA EZIOLOGICA NELL’AMBITO DELLE MALATTIE INFETTIVE La ricerca dell’agente infettivo può essere eseguita tramite: 1) Esame microscopico (vedi relazione del Dott. Carlo Masserdotti). 2) Esame colturale (vedi oltre). 3) Reazioni di immunofluorescenza (immunofluorescenza diretta): trova scarse applicazioni nella pratica clinica veterinaria. 4) Ricerca antigenica con metodiche ELISA o d’immunodiffusione (es. ricerca antigeni della FeLV o del Parvovirus canino, cryptococcosi) o d’agglutinazione (ad es. agglutinazione in latex per cryptococcosi). 5) Amplificazione del DNA batterico o protozoario (PCR): una presentazione della metodica PCR esula dagli scopi di queste note. Appare comunque importante far notare che questa tecnica sta conoscendo un periodo di grande sviluppo e si presume che nei prossimi anni molte delle tecniche convenzionali in microbiologia saranno sostituite dalla ricerca del DNA microbico. L’evoluzione tecnica principale è la tecnica in real-time, che presenta i seguenti vantaggi, come indicato in una recente review10: “rispetto alla PCR convenzionale, la PCR real-time è molto più rapida e facile da realizzare e, dato che sia la PCR che il riconoscimento delle sonde avvengono nello stesso capillare, la possibilità di una contaminazione è ridotta. Inoltre, rispetto alle tecniche convenzionali di coltura basate sulla ricerca diretta dell’antigene, le metodiche PCR real-time sono spesso più sensibili e molto più rapide per la ricerca o la quantificazione dei micro-organismi”. Nella ricerca delle malattie trasmesse da zecche, per le quali l’esame colturale è praticamente impossibile fuori dagli ambiti della ricerca, la PCR si segnala per la sua sensibilità ed è già attualmente considerata il test di riferimento11. 6) Metodiche di immunoistochimica o immunocitochimica. 7) Ricerca di tossine batteriche: si può ricercare la enterotossina CPE del Clostridium perfringens, oppure la tossina A del Clostridium difficile12. Per quanto riguarda gli esami colturali, nella tabella 3 sono indicate alcune soluzioni tecniche a partire dai differenti materiali biologici. Particolare attenzione viene posta al trattamento del campione dalla raccolta alla consegna al laboratorio, dando per scontato che gli esami colturali dovrebbero essere eseguiti in laboratori veterinari di riferimento e che quindi s’impone l’invio dei campioni stessi. Si consiglia sempre di contattare il laboratorio di riferimento prima di eseguire i campionamenti; le indicazioni sotto schematizzate sono riportate a titolo indicativo e possono essere adatte solo alla pratica degli Autori. 27 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 28 Tabella 3 Scelta dei terreni di trasporto in base al tessuto da campionare Terreni di trasporto e loro mantenimento Note Cute Per le piodermiti superficiali e profonde si può utilizzare un tampone con un terreno di Amies o di Stuart. Il tampone deve poi essere refrigerato Si ricorda che Staphylococcus intermedius è un normale commensale della cute dei piccoli animali. La positività al tampone dovrebbe essere associata a dati clinici e microscopici che confermino una patologia batterica Cavo orale, altre mucose idem sopra Solo in casi assolutamente eccezionali si dovrebbero eseguire esami colturali da questi tessuti, perché nelle mucose sono presenti numerosi batteri, compresi alcuni potenzialmente patogeni. Urine L’esame colturale su urine deve essere eseguito entro 6-12h, refrigerando il campione. Se si desidera inviare il campione ad un laboratorio si può utilizzare un dispositivo (“dip-slide”) che comprende due o più terreni di coltura, che vengono inseminati in sede ambulatoriale. Il dispositivo si mantiene a temperatura ambiente L’esame delle urine deve essere eseguito esclusivamente su urine prelevate per cistocentesi. Le contaminazioni sono frequenti con raccolte eseguite per altre vie e tradizionalmente viene utilizzata una soglia, da parte del laboratorio, relativa alla carica microbica per individuare una possibile contaminazione (ad esempio considerare positivi solo colture con conta ≥ 1000 cfu/ml). Questa metodica però può portare al mancato riconoscimento di una diagnosi di UTI a bassa carica microbica13. La soluzione migliore è quindi di raccogliere le urine per cistocentesi e considerarle positive per UTI anche con basse cariche batteriche Sangue Cercando di mantenere la massima asepsi, immettere il sanguein una bottiglia per emocoltura. Il laboratorio deve fornire una bottiglia idonea per le quantità di sangue ottenibile nei piccoli animali. Non refrigerare dopo inoculazione La bottiglia per emocoltura, che rimane tappata, permette la crescita di germi aerobi e anaerobi Versamenti pleurici o peritoneali, articolari, piccoli frammenti di tessuto (ad es. biopsie epatiche, ossee etc.) Inoculare il fluido attraverso la membrana perforabile o immettere il frammento in un terreno di trasporto. Esistono dei flaconi, con tappo perforabile che permettono di mantenere la vitalità batterica fino a 24-48h. La provetta si mantiene a temperatura ambiente I flaconi portagermi permettono di mantenere l’anaerobiosi. La ricerca dei germi anaerobi sono importanti nei versamenti (ad es. piotorace). Feci Feci fresche Le indicazioni per un esame colturale delle feci sono modeste, perché le feci usualmente contengono agenti infettivi che potenzialmente possono essere considerati patogeni (ad es. Campyolobacter spp. e Salmonella spp.). Inoltre le enteriti batteriche sono molto rare sia nel gatto che nel cane. 28 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 29 Si ricorda che il prelevamento dovrebbe essere eseguito prima di qualsiasi terapia antimicrobica. La presenza di antibiotici, anche se non ottimali in riferimento ai germi da trattare, interferiscono con la crescita in vitro. Un’eccezione a questa regola è il monitoraggio delle UTI recidivanti o ricorrenti, che recentemente è stato pianificato come indicato nella tabella 414. ANTIBIOGRAMMA La sensibilità agli antibiotici dei batteri cresciuti con l’esame colturale può essere saggiata con due differenti tecniche: 1) diffusione su agar-gel (metodica di Kirby-Bauer). È la metodica più diffusa in medicina veterinaria, perché permette di saggiare gli antimicrobici effettivamente in uso nei piccoli animali. È il laboratorio infatti che autonomamente sceglie gli antibiotici da inserire come dischetti e non è legato a prodotti diagnostici pre-confezionati. Presenta il difetto di non fornire indicazioni relative all’efficacia di un antibiotico nelle varie concentrazioni che sono ottenibili nei vari tessuti e/o modificando la posologia. Ad esempio un chinolonico di 3a generazione può essere inefficace nella concentrazione presente nel dischetto utilizzato nella prova, ma può diventare attivo alle concentrazioni ottenibili nelle urine del paziente. 2) Metodo delle diluizioni (determinazione della MIC, minimum inhibitory concentration). Anche se le indicazioni che fornisce questa metodica, che può anche essere automatizzata, non sono molto differenti da quelle otte- Tabella 4 Monitoraggio di UTI persistenti tramite esami colturali urinari seriali14 Terapia • 3-5 gg. dopo l’inizio della terapia • in qualsiasi momento, dovessero ricomparire segni clinici o di laboratorio che indicano una ricaduta • Prima d’interrompere la terapia (3-5 gg. prima) Sorveglianza • • • • 7-14 gg. dopo la sospensione della terapia 1-2 mesi “ “ “ “ “ 3-6 mesi “ “ “ “ “ in qualsiasi momento, in caso di ricadute 29 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 30 nibili con il Kirby-Bauer3, permette di stimare la concentrazione di antibiotico minima per ottenere l’inibizione batterica. Purtroppo tale metodica è attualmente di difficile applicazione, perché le gallerie di antibiotici disponibili commercialmente sono già preformate e prevedono degli antimicrobici di difficile utilizzo in medicina veterinaria, per il costo o la mancanza di dati farmacologici (ad es. atztreonam), mentre manca la possibilità di valutar la MIC di antimicrobici di uso comune quali i chinolonici di 3a generazione ad uso veterinario. CONCLUSIONE Quotidianamente vengono prescritti antibiotici ai pazienti canini e felini in assenza di una diagnosi eziologica certa, trattando una forma infiammatoria (cistite, bronchite, otite), ma ignorando se effettivamente è presente una componente batterica. Se l’uso è empirico, forzatamente sarà anche sconosciuto il grado di sensibilità del germe eventualmente presente. Tale comportamento può potenzialmente portare ad esiti disastrosi, ma può essere evitato con una semplice indagine eziologica, a partire dal microscopio ed affidando ad un laboratorio veterinario il campione raccolto. Ormai nessuno prescrive la digossina senza esami cardiologici approfonditi, e di certo l’ortopedico non esegue un’osteosintesi senza appropriati radiogrammi del tratto interessato. Anche per le malattie infettive è giunta l’ora d’abbandonare l’empirismo. Bibliografia 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 30 Bailiff NL et al., (2004), Corynebacterium urealyticum cystitis in dogs and cats, in 22nd Annual ACVIM Forum Proceedings, Minneapolis MN, 861. Morley PS et al., (2003), Evaluating antimicrobial drug use in small animals, in 21st Annual ACVIM Forum Proceedings, Charlotte NC, 304-306. Aucoin D, (2002), Rational Approach to Antimicrobial Therapy in Companion Animals, Proceedings of the Atlantic Coast Veterinary Conference, Atlantic City, CD-Rom. 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ECVIM-CA, Monaco, Germania Leptospirosi e Borreliosi Epidemiologia, patogenesi, principali quadri clinici, prevenzione e terapia Venerdì, 29 ottobre 2004, ore 14.30 33 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 34 La leptospirosi è una malattia zoonosica di importanza mondiale che colpisce molti animali e l’uomo ed è causata dall’infezione sostenuta da sierotipi antigenicamente distinti di una spirocheta mobile, Leptospira interrogans sensu lato, che può persistere in serbatoi selvatici contaminando l’ambiente. Gli appartenenti al genere Leptospira sono batteri filamentosi sottili e flessibili formati da fini spirali con estremità ad uncino. Per la maggior parte degli oltre 200 differenti sierotipi identificati nel complesso di Leptospira interrogans, si ignora l’importanza patogena dei singoli ceppi isolati. La leptospirosi è comune nel cane e la sua importanza in ambito veterinario viene sottostimata, dal momento che molti casi restano non diagnosticati. Le segnalazioni di questa infezione nel gatto sono rare. La leptospirosi canina è stata descritta per la prima volta nel 1899. Prima del 1960, erano considerati responsabili della maggior parte dei casi di leptospirosi canina i sierotipi icterohaemorrhagiae e canicola. In seguito, il diffuso impiego di un vaccino bivalente sierotipo-specifico nei confronti di canicola ed icterohaemorrhagiae ha determinato un apparente calo dell’incidenza della leptospirosi “classica” nel cane. Questi vaccini, tuttavia, non inducono un’immunità nei confronti di altri sierotipi che portano ad un aumento relativo dell’incidenza della malattia attribuito a quelli di altri sierogruppi. La leptospirosi canina causata dal sierotipo grippotyphosa, che venne identificato per la prima volta in cani da caccia tenuti in canile negli Stati Uniti sud orientali, è stata riconosciuta come la forma predominante nei cani che vivono ad est del fiume Mississippi. È stata rilevata una predominanza di pomona negli stati nord orientali e di bratislava e pomona nella costa occidentale. Il sierogruppo Australis è stato incriminato in occasione di un episodio di malattia verificatosi in Canada ed è stato documentato come la causa dell’epatite cronica nel cane in Francia. In Germania, i sierotipi predominanti sono grippotyphosa, bratislava, saxkoebing e sejroe mentre in Italia, in una recente indagine, sono stati riscontrati principalmente bratislava e grippotyphosa. Le leptospire possono venire trasmesse direttamente fra gli ospiti che vivono a stretto contatto attraverso l’urina, le vie veneree, il trasferimento placentare, i morsi o l’ingestione di tessuti infetti, dal momento che il microrganismo penetra attraverso le mucose o la cute lesa. La diffusione nell’ambiente ad opera degli animali infetti avviene di solito attraverso l’urina. La trasmissione indiretta, che è più frequente, si ha tramite l’esposizione di animali suscettibili ad un ambiente contaminato, ad es. terreno, cibo o lettiera. Il contatto con l’acqua è il mezzo di diffusione più comune e gli habitat con acqua calda stagnante o in lento movimento favoriscono la sopravvivenza dei microrganismi. Le leptospire nell’acqua contaminata invadono l’ospite attraverso le ferite della cute o superando le mucose integre. 34 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 35 La formulazione della diagnosi è importante, poiché gli animali possono fungere da serbatoi e comportare dei potenziali rischi zoonosici. La diagnosi di leptospirosi può venire emessa sulla base dei risultati ottenuti con diverse tecniche. Il mezzo diagnostico più comune è l’identificazione degli anticorpi mediante test di agglutinazione al microscopio (MAT); tuttavia, specialmente in Europa, sono stati utilizzati altri metodi per individuare gli anticorpi, come l’immunofluorescenza o l’ELISA. Il problema nell’interpretazione dei risultati dei test anticorpali è dato dall’elevata prevalenza di infezioni subcliniche e dalla persistenza degli anticorpi. Inoltre, anche i vaccini per la prevenzione della leptospirosi inducono la formazione di anticorpi. La terapia di sostegno per gli animali con leptospirosi dipende dalla gravità dei segni clinici e dalla presenza di una disfunzione renale o epatica e di altri fattori complicanti. Nel trattamento della leptospirosi è essenziale la terapia antimicrobica per porre termine alla batteriemia. Esistono due stadi di trattamento. Il primo è volto ad inibire immediatamente la moltiplicazione del microrganismo ed a ridurre rapidamente le complicazioni fatali dell’infezione, come l’insufficienza epatica e renale. La penicillina ed i suoi derivati sono gli antibiotici d’elezione per far cessare la leptospiremia. Inizialmente, è possibile somministrare per via parenterale agli animali con vomito, uremia o compromissione epatica l’ampicillina (22 mg/kg ogni 8 ore IV) o, preferenzialmente, l’amossicillina se disponibile per l’impiego IV (22 mg/kg ogni 12 ore IV). Questi farmaci prevengono l’eliminazione delle leptospire nell’ambiente e la trasmissione del microrganismo entro 24 ore dall’inizio della terapia. Tuttavia, non sono in grado né di eliminare l’infezione dai reni né di far cessare lo stato di portatore e prevenire l’eliminazione cronica. Quindi, nel secondo stadio, è necessario utilizzare altri principi attivi, come le tetracicline, gli aminoglicosidi o i più recenti derivati dell’eritromicina, da far seguire alle penicilline per eliminare lo stato di portatore. Il farmaco d’elezione è la doxiciclina (5 mg/kg ogni 12 ore PO per 3 settimane). Il trattamento con questo agente deve iniziare non appena le condizioni cliniche consentono di avviarne la somministrazione per via orale. Per la vaccinazione sono state ampiamente utilizzate batterine inattivate anti-icterohaemorrhagiae e canicola. Questi vaccini, tuttavia, non conferiscono una protezione crociata nei confronti di quei sierotipi responsabili della maggior parte delle attuali infezioni nel cane. Attualmente, negli Stati Uniti viene commercializzato un vaccino recentemente sviluppato e basato su batterine contenente i ceppi grippotyphosa e pomona, sia sotto forma bivalente che come prodotto tetravalente in associazione con gli altri due ceppi (Duramune® LGP o Duramune® LCI-GP, rispettivamente; Fort Dodge Animal Health, IA, USA). 35 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 36 La borreliosi è una spirochetosi trasmessa da zecche del gruppo della malattia di Lyme (borreliosi di Lyme) veicolata da zecche ixodidi. La borreliosi di Lyme, sia sperimentalmente indotta che spontanea, è stata descritta nel cane, nel gatto ed in altri animali domestici. In alcune aree endemiche, come ad es. la Germania meridionale, il 30% circa delle zecche è infetto ed il 95% circa dei cani presenta degli anticorpi. La malattia di Lyme è causata da Borrelia burgdorferi sensu lato, che è suddivisa in diverse specie che colpiscono la popolazione umana e canina in tutto il mondo. Come la maggior parte delle spirochete, gli appartenenti al genere Borrelia sono batteri piccoli, a forma di cavatappi, mobili, microaerofili, dell’ordine Spirochetales, che si possono muovere nel tessuto connettivo utilizzando i loro flagelli e rilasciando speciali enzimi. Nel cane e nell’uomo sono state riscontrate almeno 6 specie. B. burgdorferi sensu stricto predomina nell’uomo e nel cane negli Stati Uniti. Si trova anche in Europa, ma solo nel 10% degli isolati. Le specie principali in Europa sono B. garinii e B. afzelii. B. japonica è stata isolata dalle zecche nell’uomo e nel cane in Giappone. Recentemente, sono state identificate due nuove specie (B. lusitaniae e B. valaisiana). Nel gatto, la malattia spontanea è scarsamente documentata, anche se questi animali possono venire infettati sperimentalmente. I gatti sembrano essere meno suscettibili dei cani ai segni clinici; a loro volta, i cani lo sono meno dell’uomo. A differenza di Leptospira, Borrelia non sopravvive libera nell’ambiente. Si tratta di batteri associati all’ospite, che vengono trasmessi fra serbatoi vertebrati e vettori artropodi ematofagi. Il principale vettore di B. burgdorferi sensu lato sono le varie specie di zecche dure del complesso Ixodes. La trasmissione naturale delle spirochete richiede che la zecca resti attaccata per 48 ore, durante le quali i microrganismi si moltiplicano e attraversano l’epitelio intestinale passando nell’emolinfa, disseminandosi alle ghiandole salivari ed infettando l’ospite attraverso la saliva dell’artropode. Una volta nel corpo dell’animale, Borrelia può agire come un agente patogeno persistente. La maggior parte degli animali infetti non sviluppa mai segni clinici. Probabilmente, in questi soggetti Borrelia persiste, ma non invade i tessuti connettivi e, quindi, non provoca la comparsa di segni clinici bensì di una risposta anticorpale persistente. In alcuni animali, Borrelia prolifera e migra dalla cute a livello della sede del morso della zecca attraverso i tessuti, comprese le articolazioni, iniziando in stretta prossimità con il morso della zecca. La malattia clinicamente manifesta deriva dalla risposta infiammatoria dell’ospite alla loro presenza. La borreliosi di Lyme è una malattia sovradiagnosticata sia in medicina umana che veterinaria, perché è diventata una malattia “di moda”. La sovrastima deriva dalla reattività crociata degli anticorpi nei confronti di altri agenti infettivi, dalla scarsa accuratezza dei test anticorpali e dalla predominanza 36 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 37 di infezioni asintomatiche. La presenza di anticorpi anti-Borrelia denota l’esposizione ad una spirocheta, ma non dimostra che la malattia clinica in atto nell’animale sia causata da Borrelia. Dal momento che i test anticorpali di routine (ELISA o IFA) sono aspecifici e non risultano utili né l’esame di copie di campioni né la differenziazione fra IgM ed IgG, è necessario ricorrere ad altri test di conferma come il Western-Blot ed il nuovo C6-ELISA. Queste prove possono venire utilizzate per rilevare gli anticorpi che indicano in modo specifico un’infezione da B. burgdorferi ed escludono il contatto con altri batteri o con la vaccinazione. Anche i più recenti test ELISA che incorporano l’OspC contribuiscono a differenziare l’infezione naturale dalla vaccinazione. Negli Stati Uniti è stato recentemente messo a punto ed immesso sul mercato (SNAP 3 DxTM, IDEXX, Maine, USA) un nuovo test ELISA ambulatoriale (C6 ELISA) che utilizza la sequenza IR6 come un peptide (C6) biotinilato a livello N-terminale. Gli antibiotici più efficaci per il trattamento dell’infezione da Borrelia sono le tetracicline, l’ampicillina o l’amossicillina, alcune cefalosporine di terza generazione per uso endovenoso e l’eritromicina ed i suoi derivati. La doxiciclina (10 mg/kg ogni 12 ore PO per 30 giorni) è l’agente di prima scelta, perché è una tetraciclina liposolubile dal costo relativamente basso. Gli altri farmaci vengono di solito riservati alle infezioni refrattarie o croniche. Negli Stati Uniti, si trovano in commercio dei vaccini destinati ai cani e basati su batterine dell’intera cellula e sulla proteina ricombinante OspA. I vaccini basati sulle batterine dell’intera cellula sono da evitare perché generalmente non è desiderabile che nel vaccino siano presenti molteplici componenti che non sono coinvolti nella protezione dall’infezione e che sono potenzialmente in grado di indurre una risposta indesiderata ritardata. Hamster immunizzati con batterine dell’intera cellula e sottoposti a stimolazione mediante zecche infette hanno sviluppato un’artrite a distanza di diverse settimane o mesi. Questo problema ha precluso lo sviluppo di una batterina dell’intera cellula da prendere in considerazione come vaccino destinato all’impiego nell’uomo. In Europa, per l’uso nel cane sono disponibili solo batterine di questo tipo. La molteplicità di ceppi infettanti fa anche sì che la protezione indotta dai vaccini basati sull’intera cellula (che vengono oggi commercializzati in Europa e contengono ceppi di B. burgdorferi sensu stricto), sia discutibile, perché la protezione crociata fra le varie specie di B. burgdorferi non è stata dimostrata. Indirizzo per la corrispondenza: Prof. Katrin Hartmann e-mail: [email protected] 37 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 38 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 39 49° Congresso Nazionale SCIVAC PERUGIA, 29-31 OTTOBRE 2004 Katrin Hartmann Prof., DVM., Dr. habil., Dipl. ECVIM-CA, Monaco, Germania Hepatozoonosi e infezioni da micobatteri Sabato, 30 ottobre 2004, ore 9.00 39 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 40 L’epatozoonosi è una malattia trasmessa da zecche sostenuta da Hepatozoon. Anche se alcuni ricercatori ritengono che ciascun ospite sia colpito da una specie distinta di questo genere, secondo altri le infezioni osservate nei cani, nei gatti selvatici e domestici e in altri carnivori sono causate tutte da H. canis. Tuttavia, una recente ricerca basata sullo studio del gene 18S-rRNA indica che l’epatozoonosi negli USA è causata da una specie differente di Hepatozoon, Hepatozoon americanum. H. canis si riscontra in tutta l’Africa, nell’Europa meridionale, in Africa (compreso il Medio Oriente) e nelle isole degli oceani Pacifico ed Indiano, dove è presente la zecca vettrice, Rhipicephalus sanguineus. Hepatozoon americanum si riscontra negli USA ed è stato descritto per la prima volta lungo la costa del golfo del Texas, e nel frattempo è stato anche segnalato in altre aree come il Texas e la Georgia. L’ospite definitivo di H. americanum è Amblyomma maculatum. Nel gatto, sono state isolate specie non determinate di Hepatozoon. Nei tessuti dei gatti domestici, alla necroscopia si riscontrano degli schizonti, ma i segni clinici sono rari. In un gatto parassitemico in Israele sono state osservate debolezza, ipersalivazione, ulcerazione linguale e linfoadenomegalia. Un gatto delle Hawaii presentava perdita di peso, glossite ulcerativa, piressia, anemia progressiva, scolo oculare sieroso ed ittero. La trasmissione di H. canis ai cani avviene di solito attraverso l’ingestione della zecca vettrice. Tuttavia, sono possibili altre vie. L’osservazione dei cani colpiti da infezione spontanea e sperimentalmente indotta indica che la sindrome da epatozoonosi è complessa e per indurre la comparsa del quadro clinico sono necessari fattori diversi dalla sola presenza del microrganismo. Hepatozoon può venire identificato nei leucociti di cani clinicamente normali. Sembra essere importante l’immunosoppressione o la concomitante presenza di infezioni da virus del cimurro, parvovirus canino, Toxoplasma, Leishmania, Babesia o Ehrlichia. La suscettibilità può anche essere correlata all’età, perché i cani con più di 6 mesi di vita sono risultati resistenti all’infezione sperimentale. Febbre ed emaciazione sono i due segni clinici descritti con maggiore frequenza; inoltre, nella maggior parte dei cani si osservano depressione, atrofia muscolare generalizzata ed iperestesia (rilevabile in modo particolare in corrispondenza delle regioni paraspinali), scolo oculare e nasale purulento e lieve anemia. L’iperestesia si manifesta sotto forma di rigidità e riluttanza a muoversi e rigidità cervicale e/o del tronco, che probabilmente deriva da reazione periostale ed infiammazione muscolare. Nella malattia ad insorgenza spontanea risulta tipico il riscontro di un conteggio leucocitario elevato, con valori variabili da 20.000 a 200.000 cell/_l. Le anomalie del profilo biochimico in corso di epatozoonosi sono rappresentate da abbassamento delle concentrazioni di glucosio ed albumina, occasionale iperglobulinemia ed aumen40 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 41 to dell’attività della fosfatasi alcalina. I reperti radiografici possono variare da una prominente proliferazione ossea periostale alla mancanza di alterazioni rilevabili. La diagnosi definitiva di epatozoonosi viene formulata sulla base del riscontro del microrganismo negli strisci di sangue (l’ideale è impiegare le colorazioni di Romanovsky). I gamonti, presenti nei neutrofili e nei monociti, assumono una colorazione blu ghiaccio con le tecniche di Giemsa o di Leishman. La biopsia muscolare è un’altra possibilità per emettere la diagnosi di epatozoonosi. Nel tentativo di trattare l’infezione sono stati somministrati diversi agenti antiprotozoari; tuttavia, non ne è noto nessuno in grado di determinare costantemente un miglioramento del decorso clinico dell’infezione, anche se è possibile ottenere una riduzione delle parassitemie. In pochi cani si ottiene la guarigione; la maggior parte, invece, mostra un miglioramento temporaneo con recidive e morte entro due anni dalla diagnosi clinica. La micobatteriosi è una condizione causata da batteri appartenenti al genere Mycobacterium, che raccoglie microrganismi Gram-positivi acidoresistenti non sporigeni aerobici morfologicamente simili e dotati di resistenza nell’ambiente. La maggior parte dei micobatteri vive in habitat come l’acqua o il terreno, tuttavia alcuni possono agire da agenti patogeni negli animali e nell’uomo. Sono dotati di un’ampia affinità per l’ospite e di un elevato potenziale patogeno e grazie alle loro proprietà strutturali ed alle capacità di sopravvivere a livello intracellulare determinano lo sviluppo di un’infiammazione granulomatosa. Oggi, si osservano più casi nel gatto che nel cane. In entrambe le specie animali, le micobatteriosi possono essere suddivise in tre gruppi: la tubercolosi classica causata da micobatteri patogeni obbligati (forma tubercolosa), le micobatteriosi opportunistiche causate da micobatteri saprofiti (forma opportunistica) e la lebbra felina (forma lepromatosa). Anche se tutti questi tre gruppi possono determinare la comparsa di manifestazioni cutanee (di solito noduli della cute con tragitti fistolosi e/o ulcerazioni), i micobatteri appartenenti al complesso della tubercolosi classica provocano tipicamente anche una malattia sistemica. La tubercolosi classica è causata da Mycobacterium tuberculosis e M. bovis. I micobatteri opportunisti riconosciuti come causa di malattia nel cane e nel gatto sono M. avium, M. microti, M. microti-simile, M. simiae, M. fortiutum, M. chelonae, M. smegmatis, M. phlei, M. thermosresistibile, M. terrae, M. genavense ed M. xenopi. La lebbra felina è dovuta ad M. lepraemurium. La tubercolosi classica è diventata sempre più importante nella popolazione dei soggetti immunodepressi a partire dall’identificazione del virus dell’immunodeficienza umana (HIV). Oggi, la tubercolosi è la principale causa 41 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 42 infettiva di morte nel genere umano e si ritiene che 1/3 della popolazione mondiale sia infetto. Cani e gatti di solito la contraggono attraverso il contatto diretto con soggetti umani infetti, tanto che la tubercolosi canina o felina è considerata una zoonosi inversa. Anche se gli animali da compagnia vengono infettati dalla popolazione umana e la diffusione da cani o gatti all’uomo non è stata segnalata, gli animali infetti rappresentano un potenziale rischio per l’uomo e si deve prendere in considerazione il ricorso all’eutanasia. M. bovis è strettamente correlato ad M. tuberculosis. Come quest’ultimo, M. bovis non resiste a lungo nell’ambiente e per la sua sopravvivenza sono essenziali degli ospiti serbatoio. M. bovis è l’agente patogeno della classica “tubercolosi felina” e viene considerato il micobatterio patogeno primario del gatto. Cani e gatti di solito si infettano attraverso latte non pastorizzato, carne cruda o scarti di macellazione di bovini infetti e la manifestazione si osserva comunemente a livello intestinale. Nelle aree in cui la tubercolosi bovina è ben controllata, le infezioni da M. bovis sono diventate estremamente rare. Decidere se trattare o meno un cane o un gatto con tubercolosi classica è oggetto di discussione. Occorre tenere in considerazione il rischio zoonosico degli animali da compagnia che potenzialmente ospitano M. tuberculosis o M. bovis. Per decidere se effettuare il trattamento oppure l’eutanasia, specialmente se l’animale presenta una malattia generalizzata, un interessamento del tratto respiratorio o estese lesioni cutanee fistolizzate, si raccomanda la differenziazione di specie mediante coltura o PCR. Le micobatteriosi opportunistiche sono causate da specie di micobatteri opportunisti saprofiti, anche detti “micobatteri atipici”, che sono ubiquitari in natura, specialmente nell’acqua e nei terreni umidi, e non sono patogeni per gli animali in circostanze normali. I gatti vengono colpiti più spesso dei cani ed i felini adulti che conducono uno stile di vita che comprende la caccia o la pesca hanno maggiori probabilità di infettarsi. La trasmissione da animale ad animale generalmente non avviene ed il rischio zoonosico è scarso. La maggior parte dei micobatteri opportunisti che infetta il cane e il gatto viene contratta dall’ambiente in seguito ad un trauma della cute o dei tessuti molli (ferite penetranti o da combattimenti) e causa reazioni tissutali localizzate nella cute (granulomi ed ascessi) o nei tessuti più profondi. Questi microrganismi sono particolarmente patogeni se vengono direttamente inoculati nel tessuto adiposo. Talvolta, si ha una diffusione sistemica. Per trattare le infezioni da micobatteri opportunisti, è necessario effettuare l’identificazione di specie ed eseguire un antibiogramma. Il proprietario deve sapere che si tratta di una malattia a lungo termine e difficile da mantenere sotto controllo, a causa della scarsa collaborazione del paziente (specialmente nel caso del gatto), della tossicità intrinseca di alcuni farmaci e dei 42 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 43 costi economici coinvolti. Si può prendere in considerazione l’escissione chirurgica di piccole lesioni cutanee, ma il successo si ha solo in pochi casi e l’intervento chirurgico deve essere associato alla terapia sistemica. Il trattamento ideale deve consistere in una fase iniziale ed una di mantenimento. La prima di solito richiede almeno tre farmaci e deve durare per due mesi, mentre la seconda richiede due farmaci e dura per almeno altri quattro mesi a seconda del tipo e dell’estensione della malattia. Alcuni animali devono essere trattati per tutta la vita. Le attuali indicazione terapeutiche prevedono una fase iniziale di due mesi con un’associazione di rifampicina (10 mg/kg ogni 12 ore PO), enrofloxacin (5 mg/kg ogni 24 ore PO) ed azitromicina (10 mg/kg ogni 12 ore PO), seguita da una fase di mantenimento con rifampicina più enrofloxacin oppure azitromicina. La prognosi dipende dall’entità e dalla gravità dell’infezione, ma è generalmente riservata, specialmente quando è presente una malattia sistemica. I casi cutanei non complicati sono quelli con la prognosi migliore. La lebbra felina, una malattia che si osserva soltanto nel gatto e non nel cane o nell’uomo, è causata da M. lepraemurium, l’agente della lebbra del ratto, e di solito viene introdotta attraverso ferite da morso inferte dai roditori (eventualmente a partire da una contaminazione dei terreni) o dal contatto con i ratti infetti. Non c’è rischio zoonosico. La malattia si osserva soprattutto nelle aree con un clima marittimo temperato. La sua manifestazione nel gatto è stata limitata alle città portuali degli Stati Uniti occidentali, della Nuova Zelanda, dell’Australia e dei Paesi Bassi, con un’incidenza più elevata in inverno. Il microrganismo non può essere coltivato con i metodi utilizzati di routine per i micobatteri e richiede terreni speciali. La lebbra felina è principalmente una sindrome cutanea, può essere presente una linfoadenopatia regionale, ma la malattia sistemica è rara. Il trattamento d’elezione è la rimozione chirurgica dei granulomi lepromatosi. In molti gatti si è dimostrata utile l’escissione chirurgica completa di tutti i noduli. Quando l’intervento non è fattibile o quando la rimozione è incompleta, in un certo numero di casi ha avuto successo la somministrazione di clofazimina (8 mg/kg ogni 24 ore PO), rifampicina (15 mg/kg ogni 24 ore PO) o claritromicina (5 mg/kg ogni 12 ore PO). A differenza di quanto avviene per la tubercolosi e per le micobatteriosi opportunistiche, la prognosi per la lebbra felina è buona dopo rimozione chirurgica della lesione cutanea e si osservano risoluzioni spontanee. Indirizzo per la corrispondenza: Prof. Katrin Hartmann e-mail: [email protected] 43 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 44 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 45 49° Congresso Nazionale SCIVAC PERUGIA, 29-31 OTTOBRE 2004 Michael R. Lappin DVM, PhD, Dipl ACVIM Fort Collins, Colorado, USA Febbre di origine sconosciuta Casi clinici Venerdì, 29 ottobre 2004, ore 16.30 45 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 46 Esistono molte cause di febbre nel gatto. Recentemente, Bartonella henselae, Mycoplasma haemofelis, Ehrlichia canis e Anaplasma phagocytophilum sono stati messi in relazione con il rialzo termico in questa specie animale. Quello che segue è un aggiornamento su queste infezioni. Bartonella henselae è la causa più comune di malattia da graffio di gatto, nonché di angiomatosi bacillare e di peliosi bacillare, disordini comuni nei pazienti umani con AIDS. I gatti possono anche essere infettati da B. clarridgeiae, B. koehlerae e B. weissii. Bartonella henselae è stata isolata dal sangue di gatti sieropositivi con malattia subclinica e anche da alcuni esemplari che presentavano una varietà di manifestazioni cliniche come febbre, letargia, linfoadenopatia, uveite, gengivite e malattie neurologiche. Il legame con l’uveite è stato stabilito per la prima volta in un singolo caso con uveite che infine ha risposto alla terapia con doxiciclina. In seguito, abbiamo rilevato la produzione di anticorpi anti-Bartonella e di DNA nell’umore acqueo di gatti nei quali in precedenza si era ipotizzata la presenza di un’uveite idiopatica. Tuttavia, non è ancora chiaro perché alcuni di questi animali sviluppino l’uveite da Bartonella ed altri no. La sieroprevalenza nei gatti varia da una regione all’altra, ma in alcune aree geografiche degli Stati Uniti, la sieropositività per Bartonella spp. nella popolazione felina arriva fino al 54,6-81%. Il microrganismo si trasmette fra i gatti attraverso le pulci e quindi la sua prevalenza è più elevata nei soggetti che provengono dagli stati in cui questi parassiti sono comuni. L’infezione nell’uomo è spesso associata al contatto con i gattini. Abbiano recentemente documentato la presenza di B. henselae e B. clarridgeiae nelle loro pulci. Forme vive di B. henselae possono essere isolate e fatte crescere a partire da feci di pulci e quindi il contatto diretto con gli escrementi di questi artropodi può svolgere un ruolo nell’infestazione della popolazione umana. È anche possibile che quest’ultima si infetti quando viene parassitata da pulci che veicolano B. henselae. Per valutare la presenza dell’infezione da Bartonella nei singoli gatti è possibile utilizzare l’emocoltura, la PCR sul sangue ed i test sierologici. I gatti che risultano coltura-negativi o PCR-negativi ed anticorpo-negativi e quelli coltura-negativi o PCR-negativi ed anticorpo-positivi probabilmente non sono una fonte di infezione per l’uomo. Tuttavia, la batteriemia può essere intermittente e si possono avere risultati colturali o PCR falsi negativi, che limitano il valore predittivo di una singola batteria di test. Con la PCR, si possono avere risultati falsi positivi; inoltre, la positività degli esiti non indica necessariamente che il microrganismo sia vivo. È possibile utilizzare i test sierologici per stabilire se un singolo gatto sia stato esposto, ma tanto i soggetti sieropositivi quanto quelli sieronegativi possono essere batteriemici, il che limita l’utilità diagnostica delle prove sierologiche. Quindi, l’esecuzione in gatti sani di test per l’identificazione dell’infezione da Bartonella spp. al 46 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 47 momento attuale non viene consigliata. I test vanno riservati ai gatti con sospetta bartonellosi clinica. Se i risultati degli esami per Bartonella sono negativi in un gatto clinicamente malato, è probabile che il microrganismo non sia la causa della sindrome clinica. Se invece sono positivi, il microrganismo resta nell’elenco delle possibili diagnosi differenziali, ma è necessario escludere anche altre cause della sindrome clinica. La somministrazione di doxiciclina, tetraciclina, eritromicina, amossicillina/acido clavulanico o enrofloxacin può limitare la batteriemia, ma non guarire l’infezione in tutti i gatti; inoltre, non è stato dimostrato che diminuisca il rischio di malattia da graffio di gatto. L’azitromicina ha portato a risposte cliniche parziali in alcuni bambini con malattia da graffio di gatto e quindi è stata suggerita da alcuni come il farmaco efficace per la bartonellosi clinica nei felini. Dal momento che nessun agente è stato in grado di fornire convincenti dimostrazioni della propria capacità di eliminare la batteriemia, il trattamento con antibiotici dei gatti sani risultati positivi agli esami colturali o alla PCR è controverso. La terapia va riservata ai soggetti con sospetta bartonellosi clinica. È necessario mantenere un rigoroso controllo delle pulci. Bisogna impedire che i gattini vengano a contatto con persone immunodeficienti. Bisogna tenere sempre tagliate o coperte le unghie dei felini, che inoltre non devono mai essere stuzzicati. Le ferite provocate dai gatti devono essere adeguatamente pulite e si deve richiedere l’intervento del medico. Sia Mycoplasma haemophelis (Mhf) che Candidatus “Mycoplasma haemominutum” (Mhm) causano un’anemia infettiva nei felini. In almeno due studi su gatti sperimentalmente infetti, Mhf è risultato apparentemente più patogeno di Mhm. Recentemente è stato dimostrato che i gatti con infezione naturale e le pulci possono essere infettati da Mhm ed Mhf. Inoltre, i gatti con infezione da Mhm sperimentalmente indotta trasferiscono meccanicamente l’infezione alle pulci. Abbiamo appena dimostrato che queste ultime sono vettori competenti di Mhf. Emoplasmi sono stati trasmessi sperimentalmente mediante inoculazione di sangue IV ed IP e per via orale. Le gatte clinicamente malate possono infettare i gattini; non è stato determinato se la trasmissione avvenga in utero, durante il parto o attraverso l’allattamento. È stata ipotizzata la trasmissione attraverso il morso. I segni clinici della malattia dipendono dal grado di anemia, dallo stadio dell’infezione e dallo status immunitario dei gatti infetti. Sembra che le infezioni da Mhm siano potenziate dalla coinfezione da virus della leucemia felina. Le manifestazioni cliniche più comuni sono quelle associate all’anemia e comprendono pallore delle mucose, depressione, inappetenza e, occasionalmente, ittero e splenomegalia. In alcuni gatti con depressione acuta si osserva febbre, che può essere intermittente nei soggetti con infezione cronica. Possono essere presenti segni di malattia concomitante. Nei gatti con infezione cronica è comune la 47 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 48 perdita di peso. I soggetti nella fase cronica possono essere colpiti da un’infezione subclinica che determina soltanto la ricomparsa della malattia clinicamente manifesta in seguito a periodi di stress. Fra i gatti con infezione da Mhf, risulta più elevata la percentuale dei soggetti febbrili, suggerendo che il microrganismo possa essere associato a febbre di origine sconosciuta. La diagnosi si basa sulla dimostrazione del microrganismo sulla superficie degli eritrociti attraverso l’esame di uno striscio ematico sottile, oppure mediante la reazione a catena della polimerasi (PCR). Il numero di microrganismi presenti fluttua, per cui l’esame dello striscio di sangue può risultare falsamente negativo in una percentuale di casi che può arrivare al 50%. Quindi, la PCR rappresenta il test d’elezione per la sua sensibilità. Sono disponibili dei primer che amplificano un segmento del gene 16S rRNA comune ad entrambi gli emoplasmi. La doxiciclina va somministrata alla dose di 10 mg/kg PO ogni 24 ore per 28 giorni. Nei gatti intolleranti a questo farmaco si deve ricorrere all’enrofloxacin alla dose di 5 mg/kg PO ogni 24 ore o di 10 mg/kg PO ogni 24 ore per periodi fino a 28 giorni. In uno studio, l’azitromicina non è risultata efficace per il trattamento dell’emoplasmosi. L’imidocarb dipropionato somministrato alla dose di 5 mg/kg IM ogni due settimane per almeno due iniezioni è stato impiegato con successo nel trattamento di 5 gatti con infezione spontanea in cui la terapia con altri agenti aveva fallito. I glucocorticoidi sono indicati se è presente un’agglutinazione. Nei casi in cui la situazione clinica lo richiede, si deve ricorrere alla trasfusione di sangue. Bisogna attuare il controllo dei potenziali artropodi vettori. I gatti vanno ricoverati in casa per evitare il contatto con i vettori e gli scontri con i conspecifici. In un recente studio sulla prevalenza condotto a livello nazionale negli USA, è stato dimostrato che il 20,9% dei gatti utilizzati come donatori di sangue era PCR-positivo per emoplasmi. I gatti sperimentalmente infettati con Neorickettsia risticii (già E. risticii) sviluppano delle morule a livello degli elementi mononucleati ed, occasionalmente, mostrano segni clinici di malattia quali febbre, depressione, linfoadenopatia, anoressia e diarrea. I gatti con infezione sperimentale da Anaplasma phagocytophilum (già E. equi, agente eziologico erlichiale granulocitario umano, E. phagocytophila ed agente erlichiale granulocitario del cane), hanno sviluppato delle morule nei neutrofili e negli eosinofili, non nelle cellule mononucleari. I tentativi di trasmettere E. canis al gatto mediante inoculazione sottocutanea di morule in coltura sino ad oggi non hanno avuto successo. Mediante l’impiego del test della PCR, è stato possibile amplificare da gatti esposti all’infezione naturale il DNA Erlichia canis-simile (3 gatti in Nord America e 2 gatti in Francia) ed A. phagocytophilum (5 gatti in Nord America, parecchi gatti in Svezia, Danimarca e Regno Unito). Morule Erlichia-simili sono state individuate nelle cellule mononucleari o nei neutrofili di gatti esposti all’infezione spontanea in Stati Uniti, Kenia, Brasile, Francia, Svezia e 48 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 49 Thailandia. La diagnosi clinica è stata anche basata sull’associazione di positività dei test sierologici per E. canis o N. risticii, riscontri clinici o di laboratorio compatibili con l’infezione da erlichie, esclusione di altre cause e risposta ad un farmaco anti-rickettsiale. L’esposizione agli artropodi è stata segnalata nel 30% circa dei casi. Le zecche del genere Ixodes spp. sono state associate a parecchi casi di infezione da A. phagocytophilum. La maggior parte dei gatti per i quali è stato effettuato il segnalamento aveva più di due anni di vita, in genere si trattava di gatti domestici a pelo corto ed erano colpiti sia i maschi che le femmine. Anoressia, febbre, inappetenza, letargia, perdita di peso, iperestesia o dolore articolare, pallore delle mucose, splenomegalia, dispnea e linfoadenomegalia erano i riscontri anamnestici e clinici più comuni. L’anemia è una comune anomalia di laboratorio e di solito è di tipo non rigenerativo. Per alcuni gatti sono state descritte leucopenia, leucocitosi caratterizzata da neutrofilia, linfocitosi, monocitosi, pancitopenia e trombocitopenia intermittente. Per molti gatti è stata riferita un’iperglobulinemia; l’elettroforesi delle proteine dimostra una gammopatia policlonale nella maggior parte dei gatti esaminati. Tuttavia, è stato stabilito un legame epidemiologico fra la presenza di anticorpi anti-Erlichia spp. nel siero e la gammopatia monoclonale. Alcuni gatti con sospetta erlichiosi clinica presentavano anticorpi specifici per E. canis ed N. risticii, mentre altri mostravano una positività anticorpale solo per l’uno o l’altro di questi agenti e non per entrambi. I 5 gatti degli Stati Uniti con DNA di A. phagocytophilum nel sangue erano positivi per anticorpi anti-A. phagocytophilum, ma non anti-E. canis. Risultati positivi dei test sierologici si riscontrano sia nei gatti sani che in quelli clinicamente ammalati, per cui la diagnosi di erlichiosi clinica non va basata sui soli risultati sierologici. Dal momento che esiste una reattività crociata variabile negli anticorpi specifici per le differenti specie, l’esito negativo dei test anticorpali nei confronti di una specie non esclude l’infezione da parte di altre erlichie. Inoltre, anticorpi anti E. canis non sono stati rilevati in tre gatti con DNA E. canis-simile nel sangue e quindi i risultati dei test sierologici possono anche essere falsi negativi. I segni clinici della malattia possono comparire prima che si rilevino gli anticorpi e quindi i test sierologici possono essere negativi nei casi acuti. Per confermare l’infezione è anche possibile utilizzare la reazione a catena della polimerasi e la sequenziazione genica, che risultano indicati per alcuni gatti con infezione da E. canis dal momento che talvolta non si rilevano gli anticorpi. Nella maggior parte dei gatti è stato segnalato un miglioramento clinico in seguito alla terapia con tetraciclina, doxiciclina (10 mg/kg PO ogni 24 ore per 28 giorni) o imidocarb dipropionato (5 mg/kg IM ogni 14 giorni per almeno 2-4 iniezioni). 49 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 50 Indirizzo per la corrispondenza: Dr. Michael R. Lappin e-mail: [email protected] ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 51 49° Congresso Nazionale SCIVAC PERUGIA, 29-31 OTTOBRE 2004 Michael R. Lappin DVM, PhD, Dipl ACVIM Fort Collins, Colorado, USA Comportamento da tenere in caso di patologie enteriche infettive del cane e del gatto Sabato, 30 ottobre 2004, ore 12.00 51 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 52 Nematodi. I più comuni nematodi responsabili di malattia del tratto gastroenterico sono Toxocara, Toxascaris, Physaloptera, Ollulanus, Ancylostoma, Uncinaria e Strongyloides. Toxocara, Toxascaris, Ollulanus e Physaloptera si trovano generalmente nel tratto gastroenterico superiore e sono comunemente associati a vomito. Ancylostoma ed Uncinaria sono anchilostomi presenti in genere nel piccolo intestino e responsabili di diarrea e di una significativa perdita di sangue. La centrifugazione in solfato di zinco è la più sensibile metodica di flottazione fecale utilizzata per favorire la diagnosi della maggior parte di questi parassiti. Ollulanus e Physaloptera vengono frequentemente diagnosticati soltanto mediante endoscopia. Il pirantel pamoato ed il fenbendazolo sono di solito trattamenti efficaci; Physaloptera può rispondere meglio al pirantel. Tutti i cuccioli e gattini devono essere sottoposti a trattamenti antielmintici ed esame delle feci. L’autore generalmente effettua la sverminazione con pirantel in occasione di ognuna delle prime tre vaccinazioni. L’impiego di farmaci per la prevenzione della filariosi cardiopolmonare capaci di controllare anche le infestazioni da anchilostomi ed ascaridi riduce la diffusione zoonosica di questi parassiti. Tutti gli animali da compagnia devono essere sottoposti ad un esame delle feci mediante flottazione una o due volte all’anno, specialmente se vengono lasciati vivere anche fuori casa. Cestodi. L’infestazione del cane e del gatto da parte dei cestodi Taenia, Dipylidium ed Echinococcus è generalmente subclinica. La diagnosi di Taenia e Dipylidium viene spesso formulata sulla base dell’identificazione delle loro proglottidi. Il praziquantel costituisce un trattamento approvato ed efficace per tutti e 3 i generi. Esistono parecchi altri cestodi che parassitano il cane o il gatto, ma sono molto rari. Coccidi. I più comuni coccidi in grado di causare una malattia del tratto gastroenterico sono Cryptosporidium spp., Cystoisospora spp. (Isospora) e Toxoplasma gondii. Nella maggior parte dei casi la criptosporidiosi induce una diarrea del tenue; Cystoisospora è più comunemente associato ad una diarrea del crasso. Alcuni ceppi di Cryptsporidium sono potenzialmente zoonosici. La criptosporidiosi è più comune nei soggetti immunodepressi; Cystoisospora spp. generalmente è associato alla malattia soltanto nei cuccioli e nei gattini. L’infestazione da Toxoplasma gondii causa raramente la comparsa di segni clinici di malattia durante il periodo di diffusione delle oocisti nell’ambiente, che dura per 5-20 giorni nella maggior parte dei gatti colpiti. Questo microrganismo è più comunemente associato a febbre, uveite, malattia del SNC e dolore muscolare. Le oocisti sporulate sono infestanti per la popolazione umana. Le oocisti di T. gondii 52 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 53 e Cystoisospora spp. vengono facilmente identificate mediante centrifugazione in solfato di zinco. La maggior parte dei gatti con toxoplasmosi non si ammala fino a dopo il termine del periodo di eliminazione delle oocisti e quindi per l’identificazione degli animali infestati si utilizzano test anticorpali sierici. A causa delle piccole dimensioni delle oocisti, per diagnosticare accuratamente una criptosporidiosi nel cane e nel gatto è necessario ricorrere all’esame di un campione di feci mediante colorazione acido-resistente, esame con anticorpi monoclonali di uno striscio o test ELISA per la ricerca degli antigeni. Il 5% circa dei cani e dei gatti con diarrea cronica osservati presso la Colorado State University elimina oocisti di Cryptosporidium parvum nelle feci. Come trattamento iniziale della criptosporidiosi clinica nel cane e nel gatto, l’autore attualmente somministra tilosina alla dose di 10-15 mg/kg PO ogni 12 ore per periodi fino a 21 giorni. Anche la paromomicina alla dose di 150 mg/kg ogni 12-24 ore PO per 5 giorni sembra essere efficace in queste specie animali, ma è costosa. Inoltre, questo farmaco può venire assorbito attraverso il tratto gastroenterico se è presente una diarrea emorragica ed è stato messo in relazione con insufficienza renale acuta. L’azitromicina alla dose di 10 mg/kg/die PO per almeno 10 giorni ha risolto la diarrea nel 50% circa dei gatti infestati. Il periodo di eliminazione delle cisti di Toxoplasma gondii nell’ambiente può essere abbreviato con la somministrazione di clindamicina alla dose di 15 mg/kg PO ogni 12 ore per 10 giorni. Cystoisospora spp. generalmente risponde alla somministrazione di sulfadimetossina alla dose di 25 mg/kg/die PO per 7 giorni ripetendo il protocollo terapeutico 7 giorni più tardi. Flagellati. Tritrichomonas foetus e Giardia spp. sono i comuni flagellati che infestano il cane o il gatto. La giardiasi nella maggior parte dei casi si accompagna ad una diarrea del tenue; l’infestazione da Tritrichomonas è più spesso associata ad una diarrea del crasso. Giardia può parassitare animali di qualsiasi tipo. Tritrichomonas di norma si accompagna ad una malattia nei gattini. Alcuni ceppi di Giardia e Tritrichomonas sono potenzialmente zoonosici. La centrifugazione in solfato di zinco è la tecnica ottimale per la dimostrazione delle cisti di Giardia. Invece, Tritrichomonas presenta soltanto lo stadio di trofozoita (mobile). I trofozoiti di entrambi i microrganismi possono essere dimostrati mediante preparati umidi (wet mounts). Tritrichomonas può anche venire identificato mediante esami colturali o PCR. Il test per la ricerca degli antigeni di Giardia nelle feci rileva il 90% circa degli animali parassitati. Giardia vive nel tratto distale del piccolo intestino del gatto e quindi per dimostrare la presenza dei trofozoiti non si può utilizzare l’aspirazione duodenale. Non esiste alcun farmaco che 53 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 54 elimini le infestazioni da Tritrichomonas. Per il trattamento della giardiasi, l’autore impiega generalmente il metronidazolo, somministrato alla dose di 25 mg/kg bid PO per 7 giorni, il fenbendazolo, alla dose di 50 mg/kg PO al giorno per 5 giorni, o il febantel, alla dose di circa 50 mg/kg al giorno per 3 giorni nel cane o 5 giorni nel gatto. Negli Stati Uniti sono disponibili dei vaccini per la prevenzione dell’infestazione da Giardia nel cane e nel gatto. Il loro uso a scopo preventivo è discutibile. Tuttavia, alcuni animali con infestazione cronica sono stati liberati dalla presenza dei parassiti in seguito alla somministrazione dei vaccini come immunoterapia. Malattie batteriche. I batteri patogeni primari del tratto gastroenterico del cane e del gatto sono rappresentati da Salmonella, Campylobacter, Clostridium perfringens, Helicobacter spp. ed E. coli enterotossigeni. Ciascun agente è in grado di causare il vomito. Tutti, tranne Helicobacter, possono indurre la comparsa di segni clinici, di diarrea del tenue o del crasso. La maggior parte dei cani e dei gatti con infezione da Helicobacter spp. è sana. L’elicobatteriosi viene diagnosticata sulla base della dimostrazione della presenza di spirochete mediante esame citologico o istologico associata alla positività del test dell’ureasi ed alla presenza di infiammazione. Salmonella, Campylobacter ed E. coli possono causare una diarrea del tenue, del crasso o di tipo misto, mentre Clostridium perfringens in genere è causa di una diarrea del crasso. L’infezione nel gatto sembra essere meno comune che nel cane. La campilobatteriosi è più frequente nei cuccioli e nei gattini. La salmonellosi è spesso associata a segni clinici polisistemici quali febbre e neutropenia nello stadio di sepsi dell’infezione. Il 50% circa dei gatti con salmonellosi portati alla visita presenta febbre senza segni di malattia a carico del tratto gastroenterico. Il proprietario può riferire una recente anamnesi di ingestione di uccelli canori. La presenza di un gran numero di neutrofili nell’esame citologico delle feci suggerisce l’esistenza di una malattia batterica, ma non la dimostra. Clostridium perfringens è un batterio bastoncellare di grandi dimensioni; i ceppi patogeni generalmente presentano una spora non colorata. L’esito positivo di una coltura di Clostridium perfringens o la presenza di grandi forme bastoncellari sporigene non dimostra la produzione di enterotossine. I Campylobacter sono spirochete. La diagnosi definitiva si basa sugli esami colturali. La proliferazione batterica del piccolo intestino è una sindrome che insorge secondariamente a molte altre malattie intestinali ed in particolare all’insufficienza del pancreas esocrino. La diagnosi può essere confermata nel cane mediante coltura aerobica ed anaerobica quantitativa del duodeno. Il riscontro di un aumento delle concentrazioni sieriche di folati e di un calo di quelle della vitamina B12 è compatibile con questa sindrome. 54 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 55 Clostridium perfringens e la proliferazione batterica generalmente rispondono al trattamento con metronidazolo, ampicillina, amossicillina, tilosina o tetracicline. Il farmaco d’elezione per la campilobatteriosi è l’eritromicina; in alternativa si possono utilizzare tetracicline, tilosina, chinoloni e cloramfenicolo. La salmonellosi deve essere trattata soltanto per via paraenterale a causa della rapida resistenza che si sviluppa in seguito alla somministrazione di antibiotici per os. Gli antibiotici adatti per il trattamento della salmonellosi sono rappresentati da cloramfenicolo, trimethoprim/sulfamidici ed amossicillina; i chinoloni sono efficaci, ma vanno riservati alle infezioni resistenti. L’infezione da Helicobacter viene di solito trattata con una combinazione di metronidazolo e tetraciclina o amossicillina e metronidazolo; spesso è efficace la claritromicina, che può essere utilizzata una volta al giorno nel gatto. Dal momento che il microrganismo si replica meglio in un pH acido, risulta anche utile la somministrazione di antiacidi. Le infezioni epatiche generalmente rispondono ad amossicillina, cefalosporine di prima generazione o cloramfenicolo. La diminuzione numerica della flora enterica mediante somministrazione per via orale di penicilline, metronidazolo o neomicina può attenuare i segni clinici dell’encefalopatia epatica. Gli animali con apparente batteriemia dovuta ad agenti enterici vanno trattati con antibiotici paraenterali dotati di uno spettro d’azione che comprenda i microrganismi anaerobici e Gram-negativi. Generalmente è efficace l’associazione dell’enrofloxacin con una penicillina o una cefalosporina di prima generazione. Anche le cefalosporine di seconda e terza generazione o l’imipenem rappresentano delle scelte appropriate. Malattie virali. Il virus della panleucopenia, quello della leucemia felina, quello dell’immunodeficienza felina ed i coronavirus sono i più comuni agenti eziologici virali di malattia del tratto gastroenterico del gatto. Nel cane i più comuni sono parvovirus, coronavirus e virus del cimurro. Il vomito e la diarrea del tenue sono i segni clinici più frequenti a carico del tratto gastroenterico. Il sospetto diagnostico viene generalmente formulato sulla base dei riscontri clinici. I kit per l’identificazione degli antigeni del parvovirus canino nelle feci rilevano anche il parvovirus felino. La diarrea associata al virus dell’immunodeficienza felina o a quello della leucemia felina può essere dimostrata soltanto attraverso l’esclusione di altre cause di malattia. Le malattie virali vengono trattate mediante terapia di sostegno. L’immunoterapia passiva può diminuire la morbilità associata alle infezioni da parvovirus. Generalmente, si somministra IV 1 ml/kg di siero o plasma iperimmune ottenuto da un animale vaccinato o guarito. 55 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 56 Malattie varie. Le malattie micotiche del tratto gastroenterico sono rare nel cane e nel gatto. Negli Stati Uniti è più diffusa l’istoplasmosi, che causa una diarrea di tipo misto o del grosso intestino. Il microrganismo si può osservare mediante esame citologico all’interno del citoplasma dei macrofagi prelevati dal retto. La prototecosi (causata da alcune alghe) può provocare una diarrea del crasso e una consunzione nei cani immunodepressi, ma è estremamente rara. Neorickettsia induce una diarrea nei cani della regione nord-occidentale del Pacifico negli Stati Uniti, ma i gatti sono molto resistenti all’infezione. Indirizzo per la corrispondenza: Dr. Michael R. Lappin e-mail: [email protected] 56 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 57 49° Congresso Nazionale SCIVAC PERUGIA, 29-31 OTTOBRE 2004 Michael R. Lappin DVM, PhD, Dipl ACVIM Fort Collins, Colorado, USA Comportamento da tenere in caso di patologie infettive genitourinarie Sabato, 30 ottobre 2004, ore 14.30 57 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 58 Parassiti. I parassiti del tratto urinario sono rappresentati da Capillaria plica, Capillaria feliscati, Encephalitozoon cuniculi e Dioctophyma renale. Questi agenti sono rari negli Stati Uniti. I segni clinici della malattia dovuti all’infestazione da Capillaria plica sono minimi. Dioctophyma ed Encephalitozoon possono indurre un’insufficienza renale. La diagnosi si basa sulla dimostrazione delle uova di Capillaria e di Dioctophyma e delle spore di Encephalitozoon nelle urine. La maggior parte delle infestazioni da Capillaria è autolimitante. Secondo quanto segnalato in letteratura, per il trattamento di Capillaria è efficace il fenbendazolo. Nel caso dei vermi adulti di Dioctophyma, generalmente è necessaria la rimozione chirurgica. Non esiste alcun trattamento di efficacia nota per l’infestazione da Encephalitozoon nel cane e nel gatto. Agenti micotici. Le infezioni del tratto urinario indotte da agenti micotici sono rare. Occasionalmente, l’analisi dell’urina evidenzia la presenza di lieviti. Nei cani con aspergillosi sistemica, l’analisi dell’urina mostra spesso segni citologici della presenza dei microrganismi e l’urocoltura può risultare positiva. Nella maggior parte dei casi, le malattie micotiche dell’apparato urinario si verificano in seguito ad una terapia antibiotica a lungo termine od una immunosoppressione. Il trattamento della malattia primaria generalmente esita nella risoluzione dell’infezione micotica. Gli agenti antimicotici per uso orale come il ketoconazolo e l’itraconazolo possono contribuire ad eliminare alcune infezioni micotiche dal tratto urinario. Per il trattamento della cistite micotica è stata utilizzata anche la somministrazione topica di clotrimazolo. Agenti virali. La peritonite infettiva felina, il linfoma renale associato all’infezione da virus della leucemia felina e l’insufficienza renale cronica abbinata ai virus dell’immunodeficienza felina o della peritonite infettiva felina sono esempi di infezioni virali dell’apparato urinario. Un gatto con infezioni da virus della leucemia felina presentava un’iperattività del muscolo detrusore; altri mostravano una debolezza dello sfintere uretrale. Herpesvirus e calicivirus sono stati isolati da gatti con infiammazione sterile delle basse vie urinarie, ma il ruolo svolto da questi agenti nella patogenesi della malattia è poco chiaro. Il virus della leucemia felina, quello dell’immunodeficienza felina e quello della peritonite infettiva felina sono stati associati a glomerulonefrite nel gatto. Nel cane, l’herpesvirus può causare una lieve vaginite transitoria. Agenti batterici. Le infezioni batteriche del tratto urinario sono estremamente comuni nel cane, ma rare nel gatto. In quest’ultima specie animale, si riscontrano maggiormente dopo il quarto anno di età e dopo uretrostomia 58 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 59 perineale. L’infezione può colpire i reni, gli ureteri, la vescica e l’uretra, sia singolarmente che in concomitanza. La forma più comune è la cistouretrite batterica. Possono essere coinvolti quasi tutti i microrganismi aerobi. Prima di scegliere la terapia antimicrobica da effettuare sono quasi sempre consigliati l’esame delle urine e la colorazione di Gram. Negli animali con piuria associata o meno a batteriuria sono indicati l’urocoltura per batteri aerobi e l’antibiogramma. Nel 20% circa dei casi si possono riscontrare due o più microrganismi. I test di sensibilità in vitro risultano altamente correlati al successo del trattamento; uno studio ha dimostrato in più dell’80% dei casi il buon esito in ambito clinico degli agenti che erano risultati efficaci in vitro. Una determinazione quantitativa del numero dei batteri in un campione di urina prelevato mediante cistocentesi o cateterizzazione da un paziente con infezione del tratto urinario deve generalmente essere superiore a 105 batteri. Quando il conteggio dei microrganismi risulta intermedio (103/105 ml), è da ritenere possibile una contaminazione durante il prelievo. Se è necessario trattare un’infezione che si verifica per la prima volta oppure una ricorrente prima che siano disponibili i risultati degli esami colturali, si raccomanda l’impiego di agenti ad ampio spettro. Questi farmaci devono raggiungere elevate concentrazioni nell’urina in caso di infezioni delle basse vie urinarie; sono indicati, ad es., penicilline, cefalosporine e chinoloni. Per le infezioni delle vie urinarie superiori l’agente impiegato deve raggiungere concentrazioni elevate nel siero e nell’urina. Per il trattamento di tutti i cani maschi con infezioni del tratto urinario si devono impiegare antibiotici capaci di attraversare la barriera ematoprostatica. La durata della terapia nell’infezione del tratto urinario deve sempre essere monitorata attraverso l’impiego di urocoltura e non semplicemente basandosi sui segni clinici e sull’aspetto del sedimento urinario. Se possibile l’urocoltura va ripetuta a distanza di 4-7 giorni dalla cessazione delle somministrazioni, perché le recidive dei medesimi microrganismi tendono ad essere rapide. La terapia deve basarsi sull’impiego di ampicillina, cefalosporine o sulfamidici potenziati (con trimethoprim od ormetoprim) per le infezioni da microrganismi Gram-positivi e sulfamidici potenziati, cefalosporine o chinoloni per quelle sostenute da Gram-negativi. Penicillina e cefalosporine non vanno usate nei maschi perché non attraversano facilmente la barriera ematoprostatica. Nelle infezioni ricorrenti o complicate gli agenti antimicrobici devono essere somministrati per almeno 4-6 settimane e può essere necessario continuare a tempo indeterminato fino a che non si ottiene la sterilizzazione delle urine. Per le infezioni ricorrenti da batteri Gram-negativi come Pseudomonas, Proteus o Klebsiella spp. si raccomanda l’impiego di fluorochinoloni, ad es. ciprofloxacin, marbofloxacin, orbifloxacin, norfloxacin ed 59 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 60 enrofloxacin. Dopo la sterilizzazione dell’urina, può essere necessario ricorrere alla somministrazione preventiva di singole dosi serali pari al 5070% della dose giornaliera di un antisettico urinario o di un’associazione di trimethoprim/sulfamidico, in particolare negli animali con infezioni prostatiche o renali. Le infezioni ricorrenti del tratto urinario indotte dallo stesso microrganismo suggeriscono l’esistenza di un focolaio di infezione, una terapia incompleta o un’immunosoppressione. Diverticoli uracali, calcoli, pielonefrite o neoplasia sono fonti comuni di infezioni ricorrenti. Gli animali colpiti da questi particolari processi infettivi devono essere sottoposti nuovamente ad indagini diagnostiche per escludere l’esistenza di un focolaio di infezione. Le procedure comunemente utilizzate per questo scopo sono rappresentate da radiografia, cistouretrografia con mezzo di contrasto, ecografia e pielografia endovenosa. Le infezioni ricorrenti del tratto urinario indotte da microrganismi differenti suggeriscono un’infezione ascendente ricorrente. Le infezioni ascendenti ricorrenti si verificano comunemente nei cani immunodepressi, in quelli con incompetenza dello sfintere uretrale ed in quelli con anomalie vaginali. La formulazione del sospetto diagnostico di pielonefrite si basa sulla documentazione dell’infezione del tratto urinario associata ad iperazotemia o segni clinici di coinvolgimento renale. Una diagnosi più definitiva può essere emessa sulla base dei risultati delle indagini radiografiche (alterazioni di forma o ingrossamento dei reni) ed ecografiche, della pielografia endovenosa o della biopsia renale. La pielonefrite cronica va trattata per almeno sei settimane con un agente antimicrobico che sia dotato di una buona capacità di penetrazione tissutale, come ad es. il cloramfenicolo, il trimetoprim o i fluorochinoloni (enrofloxacin, orbifloxacin, marbofloxacin, norfloxacin, ciprofloxacin). Naturalmente, se esiste una concomitante insufficienza renale le tetracicline (eccetto la doxiciclina) e gli aminoglicosidi sono da evitare e il dosaggio e/o la frequenza di somministrazione dei chinoloni vanno ridotti in accordo con la diminuzione della funzione renale. La brucellosi nel cane può essere causa di endometrite, epididimite e prostatite. È anche associata ad uveite, proteinuria, iperglobulinemia e discospondilite. La diagnosi definitiva si basa sui risultati colturali. Tuttavia, si può utilizzare anche la sierologia. Se si impiega il test di agglutinazione rapida su vetrino, con o senza trattamento con 2-ME per la rimozione delle agglutinine IgM non specifiche, i risultati positivi vanno confermati mediante AGID o agglutinazione in provetta. In generale, i test che risultano negativi all’agglutinazione rapida su vetrino sono di solito davvero negativi. Il trattamento raccomandato per la brucellosi è rappresentato da aminociclina, doxiciclina o enrofloxacin somministrati per cicli di due settimane separati da altre due settimane. Secondo quanto pubblicato in lette60 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 61 ratura, risulta anche efficace la terapia combinata con tetracicline e streptomicina. L’animale deve essere ovariectomizzato o castrato per ridurre il numero di batteri eliminati nell’ambiente. Il trattamento deve continuare per almeno 2-4 settimane dopo aver ottenuto lo status di sieronegatività. Alcuni cani non riusciranno mai a liberarsi completamente dell’infezione. I proprietari devono essere informati del rischio zoonosico; alcuni possono optare per l’eutanasia. Esistono almeno 11 sierotipi di Leptospira che infettano i cani degli Stati Uniti; i gatti sono molto resistenti all’infezione. La Leptospirosi va sospettata nei cani con epatite o nefrite acuta. Le infezioni sono anche spesso causa di febbre; inoltre possono indurre una malattia cronica in alcuni animali. Risulta pure comune il riscontro di iperazotemia con piuria ma senza batteriuria, dal momento che i microrganismi di solito non sono visibili al microscopio ottico. La diagnosi può essere effettuata mediante esame dell’urina in campo oscuro, coltura, presenza di anticorpi sierici ed amplificazione mediante PCR del DNA dei microrganismi nell’urina. Per il trattamento si deve utilizzare inizialmente la somministrazione endovenosa di penicillina, seguita da diverse settimane di terapia con doxiciclina per eliminare le fasi tissutali. I vaccini contengono 2-4 sierotipi, e quindi non sono protettivi al 100%, dal momento che i vari sierotipi non danno origine a protezione crociata. Inoltre, l’immunità associata alla vaccinazione può persistere per meno di un anno. Nei cuccioli, la vaginite è generalmente una condizione autolimitante che risponde alle docciature con aceto (diluito 1:4 con acqua) o polivinilpirrolidone iodio (diluito 1:40 con acqua). I microrganismi potenzialmente in grado di fungere da agenti patogeni primari delle vie genitali sono rappresentati da Brucella canis, Micoplasma spp., Ureaplasma spp. ed Herpesvirus. Dal momento che Micoplasma ed Ureaplasma spp. fanno parte della flora normale, è difficile dimostrare un’associazione con la malattia. Questi microrganismi di solito rispondono alla terapia con chinoloni o doxiciclina. Nei casi più persistenti di vaginite negli adulti generalmente sono coinvolti Escherichia coli, Proteus, Staphylococcus o Streptococcus spp. Queste infezioni sono invariabilmente secondarie ad incontinenza urinaria, infezioni del tratto urinario, difetti anatomici quali stenosi vaginali o pliche epivulvari prominenti, corpi estranei o neoplasie. Se si utilizza un trattamento antibiotico di tipo empirico, occorre tenere presente che spesso risultano efficaci le associazioni di amossicillina-acido clavulanico, le cefalosporine di prima generazione o i chinoloni. In tutti i casi di piometra ed endometrite è indicata la pronta attuazione di una terapia antimicrobica e di sostegno. Il trattamento d’elezione è l’ovaristerectomia, seguita dall’esame colturale e dall’antibiogramma del conte61 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 62 nuto uterino. Nella maggior parte dei casi si osserva un’infezione da E. coli, mentre occasionalmente si trovano anche Proteus e Streptococcus. I farmaci empirici d’elezione sono il cloramfenicolo, le associazioni trimethoprimsulfamidico ed i chinoloni. Spesso sono coinvolti anche batteri anaerobi e quindi, se si rilevano segni clinici di sepsi, è indicato un approccio a 360°. L’associazione di un chinolone con ampicillina o una cefalosporina di prima generazione costituisce un approccio logico. Nei casi in cui si opta per un trattamento non chirurgico, l’infusione intrauterina di soluzioni antisettiche o antibiotiche è di scarso valore. Indirizzo per la corrispondenza: Dr. Michael R. Lappin e-mail: [email protected] 62 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 63 49° Congresso Nazionale SCIVAC PERUGIA, 29-31 OTTOBRE 2004 Michael R. Lappin DVM, PhD, Dipl ACVIM Fort Collins, Colorado, USA Toxoplasmosi, neosporiasi, criptosporidiosi e babesiosi Epidemiologia, patogenesi, principali quadri clinici, prevenzione e terapia Domenica, 31 ottobre 2004, ore 11.00 63 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 64 TOXOPLASMOSI Toxoplasma gondii è uno dei più diffusi parassiti che infestano i vertebrati a sangue caldo. Solo i gatti consentono il completamento del loro ciclo vitale ed eliminano con le feci oocisti resistenti nell’ambiente. I cani possono emettere delle oocisti con le feci in seguito all’ingestione di feci feline. Gli sporozoiti evolvono in oocisti dopo 1-5 giorni di esposizione all’ossigeno in appropriate condizioni ambientali di temperatura ed umidità. I tachizoiti vengono disseminati nel sangue o nella linfa durante l’infezione attiva e si replicano rapidamente a livello intracellulare fino a che la cellula non viene distrutta. I bradizoiti sono lo stadio tissutale persistente che si suddivide lentamente e si forma nei tessuti extraintestinali degli ospiti infestati quando le risposte immunitarie attenuano la replicazione dei tachizoiti. Le cisti tissutali si formano facilmente a livello di SNC, muscoli ed organi viscerali. L’infestazione dei vertebrati a sangue caldo avviene in seguito all’ingestione di uno qualsiasi dei tre stadi vitali del microrganismo, oppure per via transplacentare. La maggior parte dei gatti non è coprofaga e, quindi, si infesta più comunemente con l’ingestione dei bradizoiti di T. gondii durante l’alimentazione, per carnivorismo. Le oocisti compaiono nelle feci dopo 3-21 giorni. Quelle sporulate possono sopravvivere nell’ambiente per mesi o anni e sono resistenti alla maggior parte dei disinfettanti. I bradizoiti possono persistere nei tessuti per tutta la vita dell’ospite. Il 30-40% circa dei gatti e della popolazione umana ed il 20% circa dei cani degli Stati Uniti risultano sieropositivi e, quindi, presumibilmente infestati. La morte nel cane e nel gatto può insorgere in seguito ad una replicazione intracellulare dei tachizoiti che travolge le difese dell’organismo dopo l’infestazione primaria; vengono comunemente coinvolti i tessuti epatici, polmonari, del SNC e pancreatici. I gattini infestati per via transplacentare o attraverso l’allattamento sviluppano i segni clinici più gravi della toxoplasmosi extraintestinale e generalmente vengono a morte per patologie polmonari o epatiche. I comuni riscontri clinici nei gatti con toxoplasmosi disseminata sono rappresentati da depressione, anoressia, febbre seguita da ipotermia, versamento peritoneale, ittero e dispnea. Se un ospite con toxoplasmosi cronica è immunodepresso, i bradizoiti nelle cisti tissutali possono replicarsi rapidamente e disseminarsi nuovamente come tachizoiti. La toxoplasmosi disseminata è stata documentata in gatti con infezione concomitante da leucemia felina, immunodeficienza felina o peritonite infettiva felina ed in altri sottoposti a trapianto renale. In alcuni cani e gatti si riscontra una toxoplasmosi cronica. L’infestazione da Toxoplasma gondii deve essere presa in considerazione come possibile diagnosi differenziale nei gatti con uveite anteriore o posteriore, febbre, iperestesia muscolare, perdita di peso, anoressia, crisi convulsi64 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 65 ve, atassia, ittero, diarrea e pancreatite. Sulla base dei risultati della ricerca degli anticorpi specifici per T. gondii nell’umore acqueo e del test di reazione a catena della polimerasi, la toxoplasmosi sembra essere una comune causa infettiva di uveite nel gatto. I gattini che hanno contratto la parassitosi per via transplacentare o attraverso l’allattamento sviluppano comunemente una malattia oculare. Nella toxoplasmosi cronica clinicamente manifesta e subfatale possono essere coinvolti la formazione di immunocomplessi e la loro deposizione nei tessuti e lo sviluppo di reazioni di ipersensibilità ritardata. Dal momento che nessuno dei farmaci anti-Toxoplasma è in grado di liberare totalmente l’organismo dal parassita, le recidive della malattia sono comuni. Nel cane, sono comuni soprattutto le infestazioni respiratorie, gastroenteriche o neuromuscolari che esitano in febbre, vomito, diarrea, dispnea ed ittero e si riscontrano più frequentemente nei soggetti immunodepressi, come quelli con infezione da virus del cimurro o quelli trattati con ciclosporina per prevenire il rigetto di un trapianto renale. I segni clinici neurologici dipendono dalla localizzazione delle lesioni primarie e comprendono atassia, crisi convulsive, tremori, deficit dei nervi cranici, paresi e paralisi. I cani con miosite presentano debolezza, andatura rigida o consunzione muscolare. Si può avere una rapida progressione verso la tetraparesi e la paralisi, con disfunzione da motoneurone inferiore. Alcuni cani con sospetta toxoplasmosi neuromuscolare sono probabilmente affetti da neosporosi. In certi cani parassitati si osserva un’infestazione miocardica che esita in aritmie ventricolari. Nei soggetti colpiti da una malattia polisistemica si rilevano dispnea, vomito o diarrea. In alcuni casi di toxoplasmosi canina si riscontrano retinite, uveite anteriore, iridociclite e neurite ottica. I cani o gatti con toxoplasmosi clinicamente manifesta possono presentare una varietà di anomalie di laboratorio e radiografiche, ma nessuna capace di documentare con certezza la malattia. In alcuni casi, si osservano anemia non rigenerativa, leucocitosi neutrofila, linfocitosi, monocitosi, neutropenia, eosinofilia, proteinuria, bilirubinuria ed aumenti dei livelli sierici di proteine e di bilirubina, nonché delle attività di creatininachinasi, alanina-aminotransferasi, fosfatasi alcalina e lipasi. Nella maggior parte dei casi, la toxoplasmosi polmonare provoca dei quadri diffusi di tipo interstiziale o alveolare, oppure un versamento pleurico. Le concentrazioni di proteine ed i conteggi cellulari nel liquido cefalorachidiano sono spesso più elevati del normale. I leucociti predominanti nel liquor sono i piccoli elementi mononucleati, ma si riscontrano comunemente anche i neutrofili. La diagnosi definitiva della Toxoplasmosi nell’animale in vita può essere formulata sulla base della dimostrazione del microrganismo; tuttavia, si tratta di un’evenienza poco comune. I bradizoiti o i tachizoiti si identificano raramente nei tessuti, nei versamenti, nei liquidi di lavaggio broncoalveolare, nell’umore acqueo o nel liquor. 65 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 66 Anticorpi specifici per Toxoplasma gondii (cane o gatto), antigeni (gatto), immunocomplessi (gatto), e DNA (gatto) si possono rilevare sia nel sangue degli animali normali che in quello dei soggetti con segni clinici di malattia, per cui è impossibile formulare una diagnosi ante mortem di toxoplasmosi clinica basandosi soltanto sui risultati di questi test. La diagnosi della malattia nell’animale in vita può essere formulata sotto forma di sospetto sulla base dell’associazione di: dimostrazione di anticorpi nel siero che documenti l’esposizione a T. gondii, dimostrazione di un titolo di IgM > 1 : 64 o di un aumento di 4 volte o più del titolo di IgG che suggerisca un’infestazione recente o in atto, segni clinici di malattia riferibili a toxoplasmosi, esclusione di altre cause comuni della sindrome clinica e risposta positiva al trattamento appropriato. Per il trattamento della malattia clinicamente manifesta, l’autore ha utilizzato più frequentemente la clindamicina cloridrato, l’associazione trimethoprim/sulfamidico e l’azitromicina. I gatti o cani con uveite vanno trattati con glucocorticoidi topici, orali o parenterali per evitare un glaucoma secondario e la lussazione della lente. Gli animali sieropositivi per Toxoplasma gondii e con uveite che per il resto risultano normali possono essere trattati con la sola somministrazione topica di glucocorticoidi, a meno che l’uveite non sia ricorrente o persistente. In queste situazioni, può essere utile la somministrazione di un farmaco con attività anti-T. gondii. NEOSPOROSI Neospora caninum è un coccidio che in passato è stato confuso con T. gondii perché presenta una morfologia simile. Il suo ciclo sessuale si completa nel tratto gastroenterico del cane ed esita nell’eliminazione all’esterno delle oocisti nelle feci. Gli sporozoiti evolvono in oocisti entro 24 ore dalla deposizione. Gli altri due stadi vitali sono rappresentati dai tachizoiti (lo stadio che si suddivide rapidamente) e dalle cisti tissutali che contengono centinaia di bradizoiti (lo stadio che si suddivide lentamente). I cani si infestano con l’ingestione dei bradizoiti, ma non dei tachizoiti. L’infestazione è stata documentata in seguito all’ingestione di tessuti placentari bovini parassitati. La trasmissione transplacentare della parassitosi è stata ben documentata; le madri che danno alla luce una progenie infestata possono ripetere la trasmissione transplacentare in occasione delle gravidanze successive. Anche se la replicazione del microrganismo si verifica in molti tessuti, compresi i polmoni, la malattia clinicamente manifesta nel cane è primariamente neuromuscolare. Nel gatto non sono stati descritti quadri clinici di malattia ad insorgenza spontanea, mentre nei gattini sperimentalmente infestati si sviluppano encefalomielite e miosite. La neosporosi canina è stata segnalata in molti Paesi del 66 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 67 mondo. Dal momento che si verificano ripetute infestazioni transplacentari, esiste un rischio maggiore per i cuccioli nati da una cagna che in precedenza aveva già generato una progenie parassitata. Cuccioli con infestazione congenita sviluppano una paralisi ascendente con iperestensione degli arti posteriori; in molti casi si può avere un’atrofia muscolare. È possibile riscontrare polimiosite ed interessamento multifocale del SNC, da soli o in associazione. I segni clinici possono essere evidenti subito dopo la nascita oppure ritardare di diverse settimane. È comune la morte neonatale. Anche se la malattia tende ad essere più grave nei cuccioli con infestazione congenita, sono stati clinicamente colpiti cani di età fino a 15 anni. In alcuni casi, si osservano miocardite, disfagia, dermatite ulcerativa, polmonite ed epatite. Il trattamento con glucocorticoidi può attivare i bradizoiti nelle cisti tissutali esitando nella comparsa di una malattia clinicamente manifesta. L’infiammazione del SNC è di solito caratterizzata da infiltrati cellulari mononucleari che suggeriscono una componente immunomediata della patogenesi della malattia. In assenza di trattamento, la maggior parte dei cani colpiti muore. Non esistono specifici riscontri ematologici o biochimici, ma nei cani con miosite si osserva comunemente l’aumento delle attività di CK ed AST. Le anomalie del liquido cefalorachidiano sono rappresentate da un incremento della concentrazione di proteine (20-50 mg/dl) e da una lieve pleocitosi (1050 cellule/dl) di elementi infiammatori di tipo misto, rappresentati da monociti, linfociti, neutrofili e, raramente, eosinofili. Nelle radiografie del torace è possibile notare quadri di tipo interstiziale ed alveolare. La dimostrazione del microrganismo nel liquor o nei tessuti fornisce la diagnosi definitiva. I tachizoiti vengono raramente identificati attraverso l’esame citologico del liquido cefalorachidiano, dei preparati per impronta allestiti a partire dalle lesioni dermatologiche e dal lavaggio broncoalveolare. Nell’aspirato transtoracico di un cane con pneumopatia è stata notata un’infiammazione di tipo misto con presenza di neutrofili, linfociti, eosinofili, plasmacellule, macrofagi e tachizoiti. Le oocisti possono venire identificate nelle feci attraverso l’esame microscopico dopo arricchimento o mediante PCR. Le cisti tissutali di Neospora caninum hanno una parete > 1 _; quelle di T. gondii hanno una parete < 1 _. Il microrganismo può essere differenziato da T. gondii mediante microscopia elettronica, immunoistochimica e PCR. Il sospetto diagnostico di neosporosi può venire formulato sulla base del riscontro combinato di segni clinici compatibili con la malattia e della positività sierologica o della presenza di anticorpi nel liquor, dopo aver escluso altre eziologie capaci di indurre sindrome cliniche simili, ed in particolare T. gondii. Nella maggior parte dei cani con neosporosi clinicamente manifesta sono stati rilevati titoli anticorpali di immunoglobuline G = 1 : 200; esiste una reattività crociata sierologica minima con T. gondii a titoli = 1 : 50. 67 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 68 La prognosi per i cani che vengono portati alla visita con un grave coinvolgimento neurologico è sfavorevole. Alcuni sono sopravvissuti in seguito al trattamento con trimethoprim/sulfadiazina associato a pirimetamina, somministrazione sequenziale di clindamicina-cloridrato, trimethoprim/sulfadiazina e pirimetamina, o clindamicina da sola. Anticorpi anti-Neospora caninum sono stati rilevati nella popolazione umana, ma in uno studio non è stata individuata alcuna correlazione con l’aborto ripetuto. È stato stabilito un legame epidemiologico fra il cane ed il bovino e quindi occorre fare tutto il possibile per ridurre la contaminazione degli alimenti per il bestiame da parte delle feci canine ed impedire ai cani di ingerire le placente bovine. Le cagne che partoriscono cuccioli clinicamente affetti dalla malattia non devono più essere destinate alla riproduzione. Non si devono somministrare glucocorticoidi agli animali sieropositivi, se possibile, perché esiste il rischio di attivazione dell’infestazione. BABESIOSI Esistono molteplici specie di Babesia che parassitano i cani di tutto il mondo. Babesia canis ha una distribuzione mondiale che interessa Africa, Asia, Australia, Europa, America Centrale, Sud America, Giappone e Stati Uniti. Babesia canis rossi viene trasmessa da Haemaphysalis Jeachi ed è la più patogena. Babesia canis canis è trasmessa da Dermacentor reticulates ed è moderatamente patogena. Babesia canis vogeli è la meno patogena e viene veicolata da Rhipicephalus sanguineus. Babesia gibsoni infesta i cani degli Stati Uniti, del Giappone, dell’India, dello Sri Lanka, della Corea e dell’Egitto. I ceppi di B. gibsoni isolati in Nord America ed Asia presentano delle variazioni genetiche sufficienti a farli proporre come specie differenti. Nei Paesi diversi dagli Stati Uniti, Haemaphysalis bispinosa ed H. longicornis sono vettori noti di B. gibsoni. È stato ipotizzato, ma non dimostrato, il ruolo di Rhipicephalus sanguineus come vettore negli Stati Uniti. In Oklahoma è stata descritta una Babesia spp. che presenta delle considerevoli variazioni genetiche rispetto agli altri ceppi isolati di B. canis o B. gibsoni. Nessuna delle Babesia spp. che infestano i gatti, B. cati (India), B. felis (Sud Africa e Sudan), B. herpailuri (Sud America e Africa) o B. pantherae (Kenya) si trova negli Stati Uniti. Babesia spp. può anche venire trasmessa mediante trasfusione di sangue. I microrganismi si replicano a livello intracellulare negli eritrociti, esitando in un’anemia emolitica intravascolare. Le reazioni immunomediate contro il parassita o gli antigeni self alterati aggravano l’anemia emolitica ed esitano comunemente nella positività del test di Coomb. La gravità della malattia 68 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 69 dipende dalla specie, dal ceppo di Babesia e dallo status immunitario dell’ospite; in alcuni casi possono essere comuni infestazioni croniche e subcliniche. Le infestazioni iperacute ed acute da Babesia esitano in anemia e febbre che portano a pallore delle mucose, tachicardia, tachipnea, depressione, anoressia e debolezza. In alcuni cani, sono presenti ittero, petecchie, iperazotemia ed epatosplenomegalia, in funzione dello stadio dell’infestazione e della presenza di una coagulazione intravasale disseminata. Lo sviluppo di quest’ultima, nonché dell’acidosi metabolica e della nefropatia, è potenziato dalla grave anemia acuta. La principale diagnosi differenziale per la babesiosi acuta è l’anemia emolitica immunomediata primaria. I cani con infestazione cronica presentano comunemente perdita di peso ed anoressia. In alcuni soggetti con infestazione atipica si riscontrano ascite, segni gastroenterici, manifestazioni a carico del SNC, edema e quadri clinici di malattia cardiopolmonare. Esiste anche un’infestazione subclinica. La somministrazione di glucocorticoidi o la splenectomia possono attivare la malattia cronica. Nei cani con babesiosi sono comuni anemia rigenerativa, iperbilirubinemia, bilirubinuria, emoglobinuria, trombocitopenia, acidosi metabolica, iperazotemia, gammopatia policlonale e cilindri renali. In commercio si trovano test anticorpali basati sull’immunofluorescenza indiretta per B. canis e B. gibsoni. La dimostrazione di un aumento dei titoli nell’arco di 2 o 3 settimane è compatibile con un’infestazione recente o in atto. Al momento attuale, non esiste alcuna standardizzazione fra i laboratori e quindi i valori soglia suggeriti per la positività dei titoli variano. Risultati sierologici falsi negativi si possono ottenere nei casi iperacuti o nei cani con concomitante immunosoppressione. Per B. gibsoni è stato suggerito un titolo > 1:320, ma non tutti i cani infestati raggiungono questo valore. Il sospetto diagnostico può essere formulato sulla base dei riscontri anamnestici e clinici, dei risultati degli esami di laboratorio e della positività delle prove sierologiche. Poiché molti cani clinicamente normali sono sieropositivi, la sierologia da sola non può essere utilizzata per la formulazione di una diagnosi definitiva. Quest’ultima si basa sulla dimostrazione del microrganismo negli eritrociti mediante colorazione di Wright o Giemsa su strisci ematici sottili. Babesia canis si presenta tipicamente sotto forma di una coppia di corpi piriformi che misurano 2,4 x 5,0 _. Babesia gibsoni è tipicamente presente sotto forma di singoli corpi anulari che misurano 1,0 x 3,2 _. Oggi è disponibile in commercio la reazione a catena della polimerasi, che può essere utilizzata per documentare la presenza del microrganismo, ma la positività dei suoi risultati non è sempre correlata alla malattia clinica. Si deve effettuare una terapia di supporto, secondo necessità. Per il trattamento della babesiosi possono essere efficaci la fenamidina isetionato e l’imidocarb dipropionato. Gli effetti indesiderati sono rappresentati da saliva69 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 70 zione transitoria, diarrea, dispnea, lacrimazione e depressione. Il metronidazolo o la clindamicina cloridrato possono attenuare la malattia clinicamente manifesta se gli altri farmaci non sono disponibili. Sono stati anche utilizzati il diminazene aceturato, la pentamidina isetionato, la parvacuoina ed il niridazone. Non è noto alcun farmaco capace di eliminare l’infestazione e quindi si ignora se sia utile trattare i cani sieropositivi sani. Se possibile si deve attuare il controllo delle zecche. Nei soggetti precedentemente infestati bisogna evitare la somministrazione di farmaci immunosoppressori e la splenectomia. I cani impiegati come donatori di sangue devono essere sottoposti a valutazione per individuare la presenza dell’infestazione mediante PCR o screening sierologici. Attualmente, non esistono dati che indichino che le specie di Babesia che infestano il cane ed il gatto possano essere causa di malattia nell’uomo. CRIPTOSPORIDIOSI Si veda la relazione dedicata alle infestazioni gastroenteriche. Indirizzo per la corrispondenza: Dr. Michael R. Lappin e-mail: [email protected] 70 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 71 49° Congresso Nazionale SCIVAC PERUGIA, 29-31 OTTOBRE 2004 Ugo Lotti Med Vet, Monsummano Terme (PT) Luca Formaggini Med Vet, Dormelletto (NO) Comportamento da tenere in caso di versamenti settici toraco-addominali Domenica, 31 ottobre 2004, ore 9.00 71 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 72 Introduzione. In questa trattazione si descrive la gestione di un paziente con piotorace iniziando dall’eziologia, la fisiopatologia, l’approccio diagnostico ed il trattamento medico. Nella presentazione orale verranno presentati anche alcuni casi clinici. Si definisce piotorace la raccolta di essudato settico nello spazio pleurico, è una patologia descritta sia nel cane che nel gatto, anche se le esperienze cliniche dell’autore sono principalmente nella specie canina. Eziologia. Sebbene in bibliografia si descriva che un versamento toracico settico può essere causato da ferite toraciche penetranti, rottura dell’esofago, estensioni di infezioni polmonari, mediastiniche o comunque dai tessuti contigui, la causa più comune di piotorace nel cane è la migrazione di corpi estranei vegetali (CEV) aspirati attraverso la bocca fino ai bronchi che, quindi, vengono perforati, permettendo la diffusione dell’infezione allo spazio pleurico, mentre nel gatto l’eziologia del piotorace è spesso idiopatica. La flora batterica coinvolta non è semplice da isolare in ogni caso dai dati bibliografici risulta appartenere alle specie Nocardia spp, Actinomyces spp, anaerobi come il Fusobacterium spp ed altri batteri come Pasteurella multocida, Streptococcus spp, ecc. Fisiopatologia. La cavità pleurica è uno spazio virtuale che contiene, in condizioni fisiologiche, da 1 a 5ml di fluido che serve a lubrificare i polmoni durante i movimenti respiratori. La pleura è una sierosa formata da un unico strato di cellule endoteliali che rivestono un connettivo contenente i vasi sanguigni e linfatici. In condizioni di normalità, la pleura parietale, che riveste la parete toracica il mediastino ed il diaframma, produce il fluido pleurico che viene riassorbito dalla rete di linfatici toracica e dai capillari della pleura viscerale, che riveste la superficie sierosa dei polmoni. Quando la quantità di fluido prodotto dalla superficie pleurica è eccessivo (come si verifica in una pleurite) oppure le capacità assorbitive sono in difetto (come avviene per un blocco della circolazione linfatica - es. massa che comprime il dotto toracico o per un processo infiammatorio che coinvolge le superfici pleuriche) o per entrambe le patologie suddette, si verifica un versamento pleurico. Nel caso dell’essudazione settica toracica, sia la vasodilatazione che l’aumento della permeabilità dei capillari della pleura infiammata producono un aumento del fluido toracico ricco in proteine che ne aumentano la pressione colloidosmotica, fattore che richiama ulteriore fluido. La membrana pleurica diventa, inoltre, anche più spessa a causa dell’infiammazione cronica, cosa che ne diminuisce le capacità assorbitive, tutti questi fattori hanno come effetto un versamento toracico purulento che tende sempre ad aumentare. 72 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 73 Anamnesi. Esame fisico. Il paziente con piotorace viene descritto come letargico, anoressico, dimagrito, che respira male, che si stanca facilmente. Spesso, nei cani sportivi, viene descritto un episodio di tosse subito dopo un esercizio fisico, dovuta all’aspirazione del CEV, oppure un episodio di febbre di origine sconosciuta che risponde bene ad un qualsiasi trattamento antibiotico, dovuta all’inizio della migrazione del CEV. L’esame fisico mette in evidenza dispnea di entità variabile, a seconda della quantità di essudato pleurico, febbre, che però, non è sempre presente. La dispnea si presenta con uno sforzo inspiratorio evidente e con un’espirazione superficiale. Ci può essere un aumento del tempo di riempimento capillare ed all’auscultazione il murmure vescicolare scompare ventralmente quando il cane è in posizione quadrupedale e caudalmente quando lo mettiamo in posizione eretta sulle due zampe posteriori. Alla percussione le zone ventrali del torace si presentano con un suono ottuso. DIAGNOSI Esame radiografico. La conferma del sospetto diagnostico di versamento pleurico avviene dopo un esame radiografico del torace che lascia pochi dubbi in caso di versamento voluminoso, invece si presta ad incertezze in caso di versamento modesto inferiore ai 100cc. In proiezione laterale piccole quantità di liquido si possono vedere come triangoli radiodensi che si formano tra le fissure interlobari dei polmoni e lo sterno. La proiezione con il paziente in stazione quadrupedale ed il raggio diretto orizzontalmente, sarebbe la migliore per evidenziare anche un piccolo versamento ma, in molte strutture veterinarie, non è possibile eseguirla. Nei CEV migranti, oltre al versamento pleurico potrebbe evidenziarsi una osteomielite di una o più sternebre. Nella mia pratica clinica più di una volta ho trovato la spiga all’interno di un tragitto fistoloso dentro una sternebra. Ecografia. L’esame ecografico del torace permette di visualizzare anche minime quantità di versamento oltre ad eventuali masse ascessuali, da cui è possibile eseguire una toracentesi ecoguidata oltreché un ago aspirato, per queste ragioni è una procedura diagnostica da eseguire di “routine” in caso di sospetto versamento pleurico. Patologia clinica. La conferma diagnostica del piotorace si ottiene dopo una toracentesi, che evidenzia un essudato settico, talvolta maleodorante, che viene sottoposto sia ad esame citologico che ad esame batteriologico con col73 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 74 ture sia per germi anaerobi che aerobi, anche se tali procedure spesso danno esiti negativi per la difficoltà che si incontra a fare sviluppare, nei comuni terreni colturali, i germi coinvolti, ovviamente, questo aspetto negativo non ci deve scoraggiare e tali procedure di ricerca dell’antibiotico più efficace devono essere fatte di routine. La citologia evidenzia, soprattutto, un tappeto di neutrofili degenerati assieme a batteri ed a materiale amorfo. Per una maggiore accuratezza diagnostica, si dovrebbe usare anche la colorazione di Gram e se si vedono dei batteri filamentosi Gram + allora si esegue anche la colorazione di ZielNielsen, e se questi germi Gram + sono positivi a quest’ultima colorazione allora si può parlare di probabile Nocardia spp., se sono negativi alla ZielNielsen allora si tratta probabilmente di Actinomyces spp. Dagli esami ematologici si evidenzia nell’emogramma una leucocitosi a volte molto spinta con aumento dei banda e qualche volta con caratteristiche degenerative (presenza di neutrofili tossici). Spesso è presente una marcata iperfibrinogenemia, come conseguenza del forte stimolo infiammatorio, ed un notevole aumento della VES, per lo stesso motivo. Nel profilo biochimico il reperto più frequente è la diminuzione delle albumine che sono perse nel liquido pleurico, anche il ferro totale diminuisce in quanto viene sequestrato nel focolaio infiammatorio inoltre, come conseguenza della sepsi in atto, si può avere un’ipoglicemia anche marcata. Nei casi più gravi ci può essere anche una coagulazione intravasale disseminata, documentata da un’aumento dei D-dimeri e degli FDP oltra a una diminuzione delle piastrine ed in questo caso anche del fibrinogeno. La valutazione della PO2 e della PCO2 è importante per stabilire quando sia indispensabile un’ossigenoterapia, che è comunque sempre necessaria in un cane dispnoico inoltre, l’emogasanalisi ripetuta nei giorni successivi al trattamento, ci aiuta a capire quanto il polmone si stia espandendo e quindi stia recuperando la sua funzione di scambio gassoso. Toracoscopia. La toracoscopia è una procedura sia diagnostica che terapeutica che ci permette di localizzare esattamente il tipo e la sede di una lesione, di fare biopsie e, qualche volta, anche di individuare ed estrarre l’eventuale CEV. TAC/ RM. Queste procedure di diagnosi per immagini avanzate ci permettono di localizzare bene un’eventuale lesione, soprattutto la TAC che, per sua natura, è più adatta a visualizzare un organo in continuo movimento come il polmone, rendendo possibile un più preciso eventuale approccio chirurgico. 74 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 75 TERAPIA Terapia medica. I presidi terapeutici da applicare ad un paziente con piotorace sono tre: un’adeguata terapia di supporto a base di fluidi (cristalloidi ed eventualmente colloidi), antibioticoterapia ad ampio spettro (seguita poi da terapia antibiotica specifica, basata su un antibiogramma del liquido pleurico) ed applicazione di drenaggi in torace mono o bilateralmente. La fluidoterapia è molto importante in quanto si tratta di pazienti ipovolemici e, spesso, anche ipoalbuminemici, per cui qualche volta si deve utilizzare plasma, albumina umana oppure colloidi sintetici come il destrano, nello dosi proporzianate al grado di deficit o al tipo di alterazioni elettrolitiche presente. Spesso è necessaria una supplementazione di destrosio al 33% in quanto si tratta di pazienti settici quindi in ipoglicemia, come detto. In caso di versamenti modesti e quando le condizioni cliniche del paziente sono buone si possono buoni risultati anche solo con terapia antibiotica, in questo caso l’associazione preferita dall’autore è la seguente: Cefazolina 25 mg/Kg q 12h – Metronidazolo 25 mg/Kg q8h – Enrofloxacina 5 mg/Kg q 24h in caso di insuccesso, peraltro evento abbastanza raro in quanto si tratta di germi sensibili agli antibiotici, si sostituisce la Cefazolina e l’Enrofloxacina con il Ceftriaxone (Rocefin®) alla dose di 25 mg/Kg q 12 h, ovviamente, una volta in possesso dei risultati dell’antibiogramma, si usa l’antibiotico specifico. Si deve precisare che la terapia di supporto difficilmente risolve definitivamente il problema infatti, molto spesso, ci sono delle ricadute soprattutto se la causa del piotorace è un CEV. In caso di versamenti importanti e quando le condizioni cliniche del paziente sono gravi con una dispnea evidente, la fluidoterapia e le terapie antibiotiche proposte possono solo fare da adiuvanti all’applicazione di drenaggi toracici che, quindi, rappresentano l’unica terapia proponibile ed utile per restituire, quando possibile, una funzione respiratoria adeguata. L’autore esegue l’applicazione dei drenaggi toracici in anestesia generale e, quasi sempre, bilateralmente con il cane in decubito sternale, bloccandoli con una sutura a “dito di cinese”; è importante applicare, al momento del risveglio, un collare elisabettiano per impedire che il cane si strappi i drenaggi. Lo svuotamento della pleura viene eseguito dall’autore, due volte al giorno, senza usare nessun tipo di liquido di lavaggio. Il monitoraggio del paziente viene eseguito valutando i parametri infiammatori e la cellularità, oltre che la quantita del liquido aspirato. Quando il liquido diminuisce fino a 5-10 ml per emitorace e se la cellularità infiammatoria è significativamente ridotta, di solito questo si verifica dopo 5-6 giorni, i drenaggi possono essere tolti. 75 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 76 Terapia chirurgica. Spesso con la terapia medica non riusciamo a risolvere il problema, allora è indispensabile un ricorso alla chirurgia in questo caso, come già detto, una precisa localizzazione della lesione è indispensabile al successo della procedura, a questo scopo può essere molto utile la toracoscopia oppure una diagnostica per immagini avanzata come TC o RM. Bibliografia Lotti U, Lubas G, Sacchini F, Furlanello T, Occurence of pyothorax in dogs living in Italy. Clinical experience in 55 cases. Atti ESVIM 2001, Dublino. Lotti U, Niebauer G, Tracheobronchial foreign bodies of plant origin in 153 hunting dogs. Compendium of Continuing Education 14:900, 1992. 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Indirizzo per la corrispondenza: Dr. Ugo Lotti Clinica Veterinaria “Valdinievale” Monsummano Terme (PT) e-mail: [email protected] Indirizzo per la corrispondenza: Dr. Luca Formaggini Clinica Veterinaria “Lago Maggiore” C.so Cavour, 3 - Dormelletto (NO) Tel. +39 032224716 - Fax +39 0322232756 76 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 77 49° Congresso Nazionale SCIVAC PERUGIA, 29-31 OTTOBRE 2004 Carlo Masserdotti Med Vet, Brescia Ugo Bonfanti Med Vet, Milano Davide De Lorenzi Med Vet, Padova Alessandra Tosini Med Vet, Brescia Batteri, miceti e protozoi al microscopio Venerdì, 29 ottobre 2004, ore 10.30 77 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 78 INTRODUZIONE Oltre alla possibilità di riconoscere direttamente alcuni comuni agenti eziologici, la citologia permette un’ampia gestione di alcune malattie infettive, poiché consente di inquadrare il tipo di flogosi associata, di monitorare la malattia in dipendenza delle scelte terapeutiche e di individuare la presenza di condizioni primarie correlate, quali le neoplasie. Con questi obiettivi l’esame citologico rappresenta una tappa obbligata nella gestione delle malattie sostenute da numerosi agenti eziologici e sicuramente un supporto concreto alle indagini microbiologiche. CITOLOGIA ED AGENTI EZIOLOGICI L’analisi morfologica, il riconoscimento e la distinzione degli agenti batterici, protozoari o fungini sono alcuni dei numerosi vantaggi forniti dalla citologia rispetto all’istologia, poiché i metodi di prelievo e le colorazioni di base rappresentano il mezzo ideale per osservare i corpi di molti agenti nella loro integrità e nel contesto entro cui si sviluppano e stimolano le risposte difensive dell’organismo aggredito. Tuttavia molto frequentemente, malgrado l’elevata sensibilità dell’indagine citologica nel rilevare la presenza di agenti eziologici, l’osservazione degli stessi non permette un riconoscimento accurato della specie responsabile, ma solo una collocazione morfologica degli stessi all’interno delle grandi categorie tassonomiche dei batteri, dei protozoi o dei funghi; fanno eccezione alcune specie patogene protozoarie, quali Leishmania, Toxoplasma, Babesia, Hepatozoon e alcune altre, per le quali l’osservazione morfologica è sufficiente a permetterne il riconoscimento. Agenti eziologici ed infezioni. È opinione degli autori che l’esame citologico dovrebbe sempre precedere o accompagnare l’indagine microbiologica, poiché oltre ad accertare spesso la presenza di agenti eziologici in un campione, l’osservazione diretta fornisce preziose indicazioni, quali la natura del patogeno ed il suo effettivo ruolo in un contesto flogistico: il riconoscimento di fenomeni di fagocitosi di un agente batterico o della sua semplice presenza sul fondo dell’allestimento in assenza di elementi infiammatori, per esempio, sono riscontri pratici molto utili, che permettono di inquadrarlo come agente responsabile di un processo infiammatorio nel primo caso o come contaminante o commensale nel secondo. Agenti eziologici ed analisi microbiologica. La segnalazione del tipo di agente eziologico rilevato all’analisi microscopica è di valido supporto alle indagini del microbiologo, che può discriminare a priori l’orientamento da 78 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 79 seguire nelle tecniche colturali, in base alla natura batterica, protozoaria o fungina dell’agente segnalato dal citologo. Agenti eziologici ed artefatti. L’utilità dell’esame citologico si estende sino alla discriminazione di pseudoagenti, rappresentati primariamente da aspetti morfologici non determinati da patologie infettive o da artefatti di tecnica, di campionamento o di colorazione. L’esperienza e un’analisi accurata permettono infatti di distinguere, per esempio, i precipitati di colorante o le frammentazioni nucleari dei granulociti neutrofili da agenti batterici, le zolle di detrito fagocitato ed i globuli secretori da agenti protozoari, le striature di materiale nucleare da corpi fungini. Falsi negativi. Si ricorda che l’esame citologico, per effetto di svariate condizioni può fallire nell’evidenziare gli agenti eziologici: per esempio, in alcuni casi, essi possono essere in numero talmente basso od essere confinati in microfocolai dispersi nel contesto di una lesione, che il risultato dell’indagine citologica è semplicemente quello di un quadro flogistico aspecifico; in questi casi è utile classificare il tipo di flogosi rilevata ed approfondire le ricerche con campionamenti ripetuti, poiché l’evidenza di degenerazione neutrofilica può celare sporadici elementi batterici, mentre la prevalenza di una flogosi piogranulomatosa può risultare associata alla presenza di miceti. Ancora, soggetti sottoposti ad indagine citologica in corso di terapia antibiotica possono risultare negativi, poiché il farmaco determina una riduzione del numero degli agenti eziologici sufficiente per sfuggire alla ricerca microscopica, ma non sufficiente per determinare una completa risoluzione dei sintomi. AGENTI EZIOLOGICI BATTERICI Generalmente i corpi batterici si presentano come strutture di tipo coccoide, bastoncellare o filamentoso ma esistono batteri che si manifestano con forme particolari, come le palizzate serrate e regolarmente allineate di Simonsiella, un comune batterio saprofita che colonizza, senza alcun ruolo patogeno, la mucosa del cavo orale. Con le normali colorazioni tipo Romanowsky si ottengono cromatismi dei corpi batterici variabili da intensamente eosinofili a basofili. - Batteri coccoidi. Sono di piccole dimensioni, generalmente esprimibili in frazioni di micron, e sono caratterizzati da forma sferica, uniforme, a profilo regolare, cromaticamente basofila. Si presentano generalmente in numero variabile e organizzati in aggregati irregolari, che talora possono manifestare disposizione in coppie, in quartine o in catenelle. A questo tipo di batteri appartengono gli Stafilococchi e gli Streptococchi (Figg. 1 e 2). 79 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 80 Figura 1 - Neutrofilo degenerato, nel cui citoplasma si osservano batteri coccoidi fagocitati (MGG; 100X) Figura 2 - Neutrofili degenerati e materiale nucleare filamentoso, tra i quali si osservano batteri coccoidi (MGG; 100X) Figura 3 - Batteri bastoncellari nel citoplasma di un granulocita neutrofilo degenerato (MGG; 100X) Figura 4 - Batteri bastoncellari di piccole dimensioni (MGG; 100X) - Batteri bastoncellari. Posseggono dimensioni variabili e forma inconfondibile per il loro profilo allungato. Possono presentarsi singolarmente o in piccoli aggregati, talora in filiere regolari che gli conferiscono un aspetto filamentoso. Con tali caratteristiche si annoverano numerosi batteri Gram negativi, quali E.coli, Pseudomonas spp., Proteus spp. (Figg. 3 e 4). Una categoria morfologica particolare è rappresentata dai micobatteri, che, essendo dotati di una parete ricca di acido micolico, non assumono i normali coloranti di routine, ma appaiono come bastoncelli acromatici, presenti liberi o fagocitati dai macrofagi. Solo con colorazioni speciali quali il metodo di Ziehl-Nielsen è possibile ottenere un cromatismo rosso del corpo batterico. - Batteri filamentosi. Sono caratterizzati da corpi allungati e sottili, a cromatismo debolmente basofilo, talora reso peculiare da segmentazioni regolari. Esibiscono questa morfologia svariate specie batteriche, tra le quali alcuni agenti appartenenti alla famiglia delle Actinomicetacee e delle Nocardiacee (Figg. 5 e 6). 80 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 81 Come precedentemente sottolineato è molto difficile, se non addirittura azzardato, sulla base morfologica di un agente batterico, esprimersi circa la sua esatta collocazione tassonomica; tuttavia, in alcune condizioni, le forme batteriche riconoscibili al microscopio possono essere abbastanza suggestive, in particolare se associate al contesto flogistico ed alla provenienza anatomica, di particolari tipi eziologici. Per esempio il riscontro, in un campione proveniente da lesioni cutanee superficiali essudatizie, di numerosi batteri coccoidi associati ad abbondante cellularità granulocitaria neutrofilica degenerata, che esibisce fagocitosi degli stessi, suggerisce che i microorganismi in questione siano probabilmente ascrivibili a Staphilococcus intermedius, frequentissimo patogeno dermatologico. Oppure la presenza di batteri di aspetto bastoncellare, in contesto flogistico granulocitario neutrofilico relativo ad un sedimento urinario, suggerisce che essi siano rappresentanti della specie Escherichia coli, usuale patogeno urinario. Ancora il riscontro di batteri filamentosi organizzati in colonie grossolane e tridimensionali, circondate da abbondante componente flogistica di tipo suppurativo in un campione proveniente da un liquido di versamento pleurico, permette di sospettare la presenza di agenti eziologici della famiglia delle Actinomicetacee o delle Nocardiacee. In tutti questi casi, qualora si renda indispensabile ai fini prognostici o terapeutici l’esatto riconoscimento dell’agente responsabile è comunque indispensabile procedere a corrette tecniche di campionamento, di coltura e di tipizzazione microbiologica. AGENTI EZIOLOGICI PROTOZOARI Il mondo dei protozoi in citopatologia veterinaria è rappresentato da una gamma meno estesa di agenti eziologici. Questi organismi sono solitamente dotati di caratteristiche morfologiche sufficienti per permetterne l’attribuzione ad una determinata specie. Un esempio di quanto esposto è la morfologia di Leishmania spp., caratterizzata da dimensioni ridotte, circa 2-4 µm, e dall’inconfondibile profilo ovoidale del citoplasma indistinto e nucleo intensamente eosinofilo, cui si contrappone in posizione ortogonale il cinetoplasto. Gli amastigoti di Leishmania, possono essere reperiti sia liberi sia in forma fagocitata nei macrofagi, in prelievi per agoaspirazione provenienti da linfonodo, milza o midollo ematopoietico (Fig. 7). Toxoplasma gondii, nei rari casi in cui si rende evidente, esibisce forma allungata, lunghezza di circa 5 µm ed estremità lievemente assottigliate, che gli conferiscono un aspetto a mezzaluna; il citoplasma, è debolmente basofilo ed alloggia un piccolo nucleo ipercromatico. Tachizoiti di Toxoplasma pos81 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 82 Figura 5 - Lungo batterio filamentoso che avvolge un neutrofilo (MGG; 100X) Figura 6 - Popolazione batterica mista, tra cui spiccano alcuni elementi filamentosi, dislocati tra neutrofili degenerati (MGG; 100X) Figura 7 - Amastigoti di Leishmania fagocitati da un macrofago (MGG; 100X) Figura 8 - Tachizoiti di Toxoplasma (MGG; 100x) sono essere reperiti occasionalmente in aghi aspirati provenienti dal parenchima epatico, da lavaggi tracheo od alveolobronchiali o da sedimenti del liquido cefalorachidiano (Fig. 8). Giardia è un protozoo flagellato, causa di forme dissenteriche, che misura circa 15 µm di lunghezza, e che possiede un citoplasma ovale, con l’estremità inferiore affusolata, due nuclei nucleolati molto evidenti, corpuscoli citoplasmatici, quali l’assonema ed il corpo mediano e quattro paia di lunghi flagelli, benché in realtà l’esame citologico consente il riconoscimento del solo profilo citoplasmatico e dei nuclei. Le tecniche per l’osservazione di tale parassita spaziano dall’esame per flottazione fecale in solfato di zinco al prelievo bioptico della mucosa intestinale e successiva indagine citologica previa allestimento tramite schiacciamento del campione tra due vetrini (Figg. 9 e 10). Alcuni protozoi patogeni sono reperibili negli strisci di sangue fresco periferico. Babesia canis è un classico esempio, rappresentato da forme intraeritrocitarie, la cui morfologia peculiare è fornita dal profilo piriforme del paras82 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 83 Figura 9 - Trofozoita di Giardia, di cui si notano il profilo ovoidale ed i nuclei nucleolati (MGG; 100X) Figura 10 - Trofozoita di Giardia ed alcuni enterociti (MGG; 100X) Figura 11 - Quattro elementi di Babesia canis all’interno di un eritrocita (MGG; 100X) Figura 12 - Capsula di Hepatozoon fagocitata da un neutrofilo (MGG; 100X) sita. Hepatozoon, protozoo parassita trasmesso dalle zecche, è diagnosticabile nel sangue di cane o di gatto per la sua localizzazione all’interno del citoplasma, in forma fagocitata, dei granulociti neutrofili ed eventualmente dei monociti: si ritiene che il parassita abbandoni la cellula che lo contiene, poiché nella stragrande maggioranza dei casi in essa è visibile solo una capsula ovale semitrasparente (Figg. 11 e 12). AGENTI EZIOLOGICI FUNGINI Se la morfologia microscopica delle forme protozoarie conduce ad un accurato riconoscimento dell’agente eziologico e quella delle forme batteriche almeno ad una classificazione di massima, per quanto concerne gli agenti eziologici fungini l’esame citologico consente di esprimersi circa l’appartenenza di un microrganismo al grande gruppo dei miceti benché molto difficilmente permetta l’identificazione della specie di appartenenza. 83 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 84 Figura 13 - Elementi di Malassetia pachidermatis attorno a squame cornee (Hemacolor; 100X) Figura 14 - Criptococcus neoformans è caratterizzato dall’ampia capsula acromatica che circonda il citoplasma (MGG; 100X) I funghi sono dotati di un nucleo scarsamente discernibile, di un citoplasma, che generalmente assume tintorialità basofila con i principali metodi di colorazione citologica, di una membrana citoplasmatica e di una parete che risulta acromatica e translucida, per effetto del suo elevato contenuto in nacetilglucosammina ed altri componenti, tra cui mannani, polisaccaridi, lipidi e proteine. Alcuni funghi unicellulari, quali Criptococcus spp., sono dotati di una voluminosa capsula che avvolge completamente il corpo cellulare, costituita da mucopolisaccaridi con funzioni protettive, antigeniche ed antifagocitiche. L’aspetto morfologico dei miceti è strettamente correlato al loro comportamento biologico: i blastomiceti ed i lieviti, o funghi imperfetti, infatti sono caratterizzati da corpo unicellulare dal quale protrudono estroflessioni secondarie, denominate gemme, che si trasformeranno a loro volta in unità fungine. Tali caratteristiche permettono di riconoscere alcune comuni specie fungine, quali Malassetia spp. e Candida spp., che esibiscono la prima un profilo bilobato caratteristico, la seconda un profilo rotondeggiante e gemmazioni bipolari. Altra specie fungina unicellulare presente sul territorio italiano è Criptococcus spp., reso peculiare dal profilo rotondo, dalle gemmazioni unipolari e, come descritto precedentemente, da una spessa capsula acromatica (Figg. 13 e 14). I funghi cenocitici, cui appartengono gran parte delle specie patogene, tra cui i comuni Microsporum spp., Tricophyton spp., Aspergillus spp., formano invece strutture allungate e sottili, denominate ife, lisce e prive di setti nei Sifonomiceti, separate da setti e ripiegate con angolature variabili nei Septomiceti, dotate, come descritto, di citoplasma basofilo e di sottile capsula acromatica, che conferisce a questi agenti eziologici un aspetto peculiare. Tra i metodi riproduttivi, quello asessuato, o agamico, è responsabile della formazione di spore; esso può estrinsecarsi nella formazione di sporangi, 84 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 85 Figura 15 - Un’ifa fungina, riconoscibile per il profilo allungato e suddiviso in setti, aggredita da elementi flogistici (Hemacolor; 100X) Figura 16 - Spore fungine, caratterizzate da profilo rotondo e parete acromatica, circondate da flogosi piogranulomatosa (Hemacolor, 100X) speciali contenitori di spore, che verranno poi liberate nell’ambiente, come nel caso della specie patogena Rinosporidium Seberii, o nella produzione di spore esogene, che a loro volta possono essere suddivise secondo i metodi di formazione, analizzati in sedi diverse da questa. Le spore sono sferule di piccole dimensioni, circa 2-3 µm, singole o in gruppi, dotate, come il corpo fungino di provenienza, da protoplasma basofilo e dalla caratteristica parete acromatica. In ogni caso le spore possono essere l’unica espressione morfologicamente apprezzabile nell’esame citologico di molte patologie fungine, ed anzi la loro presenza può essere più facile da rilevare rispetto alle ife progenitrici. Letture consigliate V. Perman, R.D. Alasker, R.C.Riis. Cytology of the Dog and Cat, American Animal Hospital Association, 1979, Indiana. R.L. Cowell, R.D.Tyler, J.H.Meinkoth Cytology of the Dog and Cat, Mosby, 1999, St.Louis R. Baker, J.H.Lumsden. Color Atlas of Cytology of the Dog and Cat, Mosby, 2000, St.Louis Enciclopedia delle Scienze: Botanica, Istituto Geografico de Agostini, 1981, Novara C.E.Greene. Infectious Diseases of the Dog and Cat, Saunders Co, 1998, Philadelphia Indirizzo per la corrispondenza: Dr. Carlo Masserdotti Laboratorio Biodiversity - Divisione Veterinaria Via Carfù, 71 - 25124 Brescia e-mail: [email protected] 85 ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 86 NOTE ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 87 NOTE ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 88 NOTE ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 89 NOTE ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 90 NOTE ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 91 NOTE ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 92 NOTE ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 93 NOTE ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 94 NOTE ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 95 NOTE ATTI 49° congresso PERUGIA 21-10-2004 13:15 Pagina 96 Finito di stampare nel mese di ottobre 2004 dalla Press Point s.r.l. di Abbiategrasso - MI