PRIMO PIANO Sabato 21 Maggio 2016 13 È la richiesta, a Putin, del partito comunista russo. Dobbiamo proteggere i nostri simboli Brevettiamo la stella a 5 punte La S.Pellegrino però la usa da 12 anni prima dei russi DI S JAMES HANSEN tella rossa — Il Kpfr, partito erede del Partito Comunista dell’Unione Sovietica) chiede al governo russo di vietare in tutto il mondo l’utilizzo della stella rossa a cinque punte come marchio commerciale, secondo quanto scrive il Moscow Times. Appellandosi a un curioso concetto di “copyright”, il deputato e consigliere legale del partito, Vadim Solovyov, ha detto che rivolgerà una richiesta al primo ministro, Dmitrij Medvedev, a che si adoperi per garantire «la protezione dei nostri simboli, compresa la stella rossa, il simbolo di vittoria che appare sulle nostre bandiere». Solovyov spiega che: «A volte vengono usati per scopi commerciali, e lo Stato deve proteggerli dall’utilizzo da parte di società straniere. Gli stranieri non devono avere nulla a che fare con il nostro simbolismo». Esiste però un problema. Molte aziende (la birra Heineken, l’italiana San Pellegrino, il molto capitalista grande magazzino di New York, Macy’s, per citarne alcune) usano quella stella da parecchio più tempo del relativamente giovane partito bolscevico russo. La Heineken la impiega dal 1863, la San Pellegrino dal 1899 e Macy’s dal 1858, mentre la rivoluzione russa l’addotta solo nel 1917. Ad essere veramente pignoli, la stessa Italia ha un diritto acquisito al simbolo ancora più antico e di molto. Già in epoca romana e nel basso Medioevo l’Italia era spesso rappresentata da una stella (diventata poi lo “stellone”) in quanto, visto dall’Antica Grecia, il Belpaese era ad ovest, proprio dove sorgeva la “Stella della Sera”, Venere (un pianeta, non una stella, ma che ci volete fare…). È probabile che queste considerazioni dotte non importino più di tanto al Kpfr. Aldilà del presunto predominio della politica sul commercio, la sparata su come la stella sarebbe «solo nostra»appare più che altro un banale tentativo di guadagnare un po’ di spazio sui giornali russi. Non è facile essere ancora comunisti nell’ex Unione Sovietica. Vladimir Putin è molte cose, ma non è certo sospettabile — oggi — di portare il cuore a sinistra. È, anzi, la perfetta incarnazione del muscoloso leader di destra, incline almeno quanto Benito Mussolini a sfilare la camicia per mostrare i pettorali. Il Partito Comunista della Federazione Russa nelle ultime elezioni parlamentari russe ha sì attratto il 19% del voto (eleggendo 92 dei 450 membri della Duma) ma è perlopiù considerato un inerme fiancheggiatore di Putin e del suo partito Russia Unita. La roccaforte del Kpfr è a Novosibirsk, la terza città del Paese, dove nel 2013 è riuscito a vincere le elezioni locali. Un successo, questo, che richiama l’antico predominio del neofascista Msi a Napoli. La pretesa del partito di riavere la “sua” stella, dopo avere perso tutto il resto, fa una certa tenerezza. Forse una delle molte aziende che possiede dei diritti allo sfruttamento del simbolo vorrà concedergli una limitata licenza per utilizzarlo nelle elezioni a Novosibirsk e nella circostante Siberia. © Riproduzione riservata INDISCREZIONARIO DI PUCCIO D’ANIELLO Serata all’American Academy con Franco Bernabé, giovedì a Roma: il direttore artistico Peter Benson Miller e la direttrice dell’accademia Kimberly Bowes una cena hanno festeggiato l’inaugurazione della mostra “Studio Systems”. Undici artisti (Yuri Ancarani, Richard Barnes, Anna Betbeze, Suzanne Bocanegra, Petra Cortright, Marcel Duchamp, Theaster Gates , Franco Bernabé Philip Guston, Josephine Halvorson, Dawn Kasper, Bryony Roberts) sono stati scelti per affrontare il tema dello “studio”, a lungo mitizzato come il luogo della creazione artistica, affrontando successivamente negli ultimi decenni una grande quantità di cambiamenti. * * * Nelle agende dei vip, nel pomeriggio di giovedì prossimo c’è un solo appuntamento: a Roma, all’Accademia Nazionale dei Lincei, nella Villa Farnesina, Evelina Christillin parlerà sul tema «Organizzare e gestire il patrimonio artistico e culturale». Una giornata, quella del 26, che inizia con l’assemblea di Confindustria, sempre nella capitale. TORRE DI CONTROLLO Gasdotti Ue: due lettere firmate da Weber (Ppe) e Pittella (Pd) danno il via al bombardamento politico contro il Nord Stream2 DI A TINO OLDANI Bruxelles è iniziato il bombardamento politico contro il gasdotto Nord Streeam 2, progettato per raddoppiare il flusso del Nord Stream 1, che già collega direttamente, via mar Baltico, la Russia alla Germania. La prima mossa l’ha compiuta Manfred Weber, capogruppo del Ppe (Partito popolare europeo) al Parlamento Ue, che ha inviato una lettera a Sigmar Gabriel, ministro dell’Economia del governo tedesco, per fargli notare che il Nord Stream 2 «rischia di accrescere oltremodo la dipendenza dell’Unione europea dal gas russo, e contraddice gli obiettivi europei in materia di sicurezza, soprattutto per i Paesi partner dell’Est europeo». Sullo stesso problema, si ha notizia di una seconda lettera, firmata da Giovanni Pittella (Pd), presidente del gruppo Socialisti & Democratici del Parlamento Ue, indirizzata ai due responsabili delle questioni energetiche in seno alla Commissione Ue: lo slovacco Milos Sefcovic, e lo spagnolo Miguel Arias Canete. Facendo proprie le preoccupazioni di Weber, Pittella sottolinea che la nuova pipeline riveste “una dubbia razionalità economica”. Come i nostri lettori già sanno (vedi Italia Oggi di ieri), il Nord Stream 2 è un’infrastruttura fortemente avversata dagli Stati Uniti. Più volte, nell’ultimo anno, l’inviato speciale Usa per le questioni energetiche, Amos Hochstein, ne ha sconsigliato la costruzione, con l’obiettivo di isolare sul piano geopolitico Vladimir Putin. Se il raddoppio del gasdotto andasse in porto, ha ripetuto in un’intervista al Corriere della sera, l’80 per cento del gas russo verso l’Europa arriverebbe in un solo punto, la Germania, «e questo non è sano». Inoltre, a partire dal 2019, priverebbe l’Ucraina di due miliardi l’anno di entrate da transito, e la Slovacchia di un miliardo. Da qui l’invito esplicito alla Commissione Ue di porre il veto sulla realizzazione del progetto. Delle due lettere, quella di Pittella è la più facile da analizzare. Il premier italiano Matteo Renzi è stato il primo in Europa ad opporsi al Nord Stream 2, con un intervento esplicito durante un vertice Ue nel dicembre 2015, quando fece notare a Angela Merkel che non vi era alcuna coerenza politica tra quel progetto e il rinnovo delle sanzioni economiche contro la Russia. Dunque, è molto probabile che Pittella, prima di scrivere, abbia ricevuto un disco verde da Renzi, che sulle questioni energetiche è in forte sintonia con gli Usa. Ben più complicate le motivazioni che stanno alla base della lettera di Weber, esponente del Ppe in ascesa, ma pur sempre un fedelissimo della Merkel, la quale non si è mai schierata contro il Nord Stream 2. Che sta succedendo, dunque? Una prima spiegazione, secondo i commenti raccolti dal sito Politico.eu, è che Weber, in quanto capogruppo del Ppe, si trova politicamente obbligato a dare voce alle preoccupazioni degli eurodeputati del suo partito che provengono dai Paesi dell’Est europeo, hanno pessimi rapporti con la Russia di Putin, ne temono l’aggressività militare, e vedono con timore un suo rafforzamento economico, attuato nonostante le sanzioni economiche Usa-Ue. Per questo, la lettera di Weber sarebbe un atto dovuto, poco più di una formalità. Meno riduttiva è la seconda interpretazione, legata al fatto che Weber ha indirizzato la sua lettera non già alla Commissione Ue, bensì al ministro dell’Economia tedesco, Sigmar Gabriel, che a Berlino è vice-cancelliere, nonché segretario della Spd, il partito socialdemocratico. Gabriel, a sentire il suo portavoce, non avrebbe mai ricevuto la lettera di Weber, e perciò non ha risposto, né intende farlo. Il motivo? Semplice: la Spd è il partito che più convintamente sostiene la necessità di costruire il Nord Stream 2. Lo vogliono i sindacati dei lavoratori, che in Germania appoggiano la Spd, e vedono nel raddoppio del gasdotto nuovi posti di lavoro. Lo stesso dicasi dei grandi gruppi industriali dell’energia: due delle sei società che hanno firmato l’accordo con Gazprom per il Nord Stream 2 sono tedesche (la E.On e la Basf/Wintershall), mentre i tubi e le apparecchiature tecniche per realizzare la pipeline sotto il Baltico saranno prodotti da società tedesche, senza l’aiuto di fondi statali. Inoltre tra la Spd e il Cremlino di Putin vi è da anni una fortissima sintonia politica, rafforzata dal fatto che l’ex cancelliere Gerhard Schroeder è entrato nel “supervisory board” del Nord Stream nel 2005, poche settimane dopo avere lasciato la guida del governo. Una vicinanza, quella tra la Spd e Putin, che a sentire alcune fonti maligne avrebbe giovato anche alle casse del partito. Difficile, dunque, che Gabriel risponda a Weber. Quanto alla Merkel, il Nord Stream 2 starebbe diventando per lei un “mal di testa” politico piuttosto serio. Da un lato è una sostenitrice convinta delle sanzioni contro Putin, dall’altro ha lasciato mano libera alla Spd sul gasdotto. Due scelte politiche divergenti, sempre più difficili da conciliare, anche se finora la cancelliera ha difeso il Nord Stream 2 definendolo un semplice «progetto commerciale tra investitori privati, che può sostenere l’economia nazionale e generare posti di lavoro». Resta però il fatto che, con il Nord Stream 2, l’80% del gas russo destinato all’Europa arriverebbe in Germania, che diventerebbe quasi monopolista nella redistribuzione agli altri Paesi Ue. Inoltre la dipendenza della Germania dal gas russo salirebbe dal 40 al 60%. Dati che molti, anche a Bruxelles (dopo Washington), cominciano a considerare troppo squilibrati. © Riproduzione riservata