Tribunale Padova 20 novembre 2014, n. 3550 - anaci

Tribunale Padova 20 novembre 2014, n. 3550
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI PADOVA
SECONDA SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice Unico Dott. Gianluca Bordon ha pronunziato ex art. 281 sexiesc.p.c. la
seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado iscritta al ruolo al n. 9018/2013 R.G. promosso da GU.ZA (c.f.: (…..) difeso
dall’avvocato domiciliatario MA.CA. , con studio in piazza (…..), 35042, Este
Attore
contro
GI.ZA. (c.f.: (…..) difesa dall’avvocato domiciliata rio PI.CE., con studio in via (….), Padova
Convenuto
Oggetto: responsabilità ex artt. 2049 – 2051 – 2052 c.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Gu.Za. ha agito nei confronti del fratello Gi.Za. lamentando che all’interno della proprietà del fratello si
trova una conifera con foglie aghiformi e piccoli frutti che, per effetto del vento, una volta staccatasi,
finiscono per cadere sulla falda del tetto dell’abitazione attorea. Se non rimossi annualmente, aghi e frutti
finirebbero per provocare l’intasamento delle grondaie e l’attore non è più disposto a tollerare tale stato
delle cose e occuparsi personalmente della necessaria manutenzione.
Invocando l’art. 2051 c.c. Gu.Za. chiede che il fratello sia condannato
a) a porre in essere i comportamenti necessari a eliminare la situazione;
b) a farsi carico dei costi annuali di pulitura del tetto con determinazione di un importo annuale;
c) a risarcire la spesa di €. 1.476,20 sostenuta nel 2013 per la pulizia del manto di copertura.
2. Gi.Za. Si è difeso deducendo che anche sul fondo del famigliare esiste un pino che tra l’altro si trova
molto più vicino al tetto, tanto da avere dei rami protesi sopra di esso. Ha aggiunto che in realtà l’attore
riconosce che sino a ora non vi è mai stata alcuna interclusione delle grondaie e non si è verificato un
danno. Il fratello non ha mai svolto opere annuali di pulizia del tetto e la documentazione fotografica
sarebbe fuorviante. Nessuna norma potrebbe consentire al giudice d’ingerirsi nella proprietà privata nei
termini prospettati dall’attore (ordinare che l’attore ponga in essere tutti comportamenti necessari a
eliminare la situazione descritta) o a concedere alla controparte un vitalizio annuale.
3. Tutte le domande attoree sono prive di fondamento. L’unica domanda ammissibile ex art. 2051 c.c. nei
confronti del proprietario – custode è quella di risarcimento del danno. La norma richiamata dalla difesa di
Gu.Za. (v. atto di citazione, fg. 2 ) assicura una tutela esclusivamente risarcitoria. Non è contestato che la
pianta si trova a una distanza corretta dal confine e che Gu.Za. lamenti non un danno, ma solo un pericolo
di danno creato dagli aghi di pino, i quali potrebbero intasare le grondaie, causare tracimazioni d’acqua,
con pregiudizio per le murature del fabbricato. Ad oggi, specifica lo stesso attore, non si sono verificati
danni all’immobile (v. atto di citazione fg. 1 – 3). Non è nemmeno stato contestato che anche sul fondo
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attoreo insista un pino che si trova addirittura più vicino al tetto di quello del convenuto (v. comparsa di
costituzione fg. 2 e memoria attorea ex art. 183, VI co. N. 1, fg. 1 e 2).
4. La giurisprudenza di legittimità ha evidenziato che il proprietario di un albero non può essere
responsabile, ai sensi dell’art. 2051 c.c., per la sola caduta di foglie sul fondo confinante, non ricorrendo né
il carattere lesivo dell’evento (caduta delle foglie), trattandosi di fenomeni del tutto naturale e inoffensivo
(tranne nel caso in cui le foglie siano lasciate esposte per lungo tempo alle intemperie, per la totale incuria
del proprietario della superficie interessate dalla caduta), né la pericolosità della cosa (pianta) in relazione
all’evento dedotto e neanche la possibilità di prevenzione ad opera del proprietario della pianta, potendo,
se mai essere assoggettata la riferita condotta alla disciplina prevista per i rapporti di vicinato (Cass. Sez. III
9/08/2007, n. 17493).
5. Non vi è prova di un danno futuro. Per danno futuro s’intende un danno non verificatosi ancora al
momento in cui si giudica. Il danno futuro è un danno che può assumere rilevanza giuridica esclusivamente
nei limiti in cui rivesta il carattere di ragionevole certezza. La pura e semplice possibilità del suo verificarsi
non è sufficiente affinchè in un giudizio di responsabilità se ne possa tenere conto. Deve essere
ragionevolmente certo che il pregiudizio prodotto da un fatto rientrante nella sfera della responsabilità,
colpirà un interesse giuridicamente rilevante. Nel caso in esame:
5.1 prima di rimuovere gli aghi, Gu.Za. non ha promosso un accertamento tecnico in contraddittorio per
permettere di verificare se il fenomeno lamentato stesse per danneggiare la sua proprietà e se fosse
effettivamente causato dalla conifera del fratello e non da altre piante;
5.2 l’attore non ha depositato una relazione tecnica di un dottore in scienze agrarie o similari volta a
confermare che gli aghi necessariamente provengano dalla pianta di proprietà del fratello;
5.3 la consulenza tecnica chiesta a fg. 4 della memoria istruttoria attorea, per la sua genericità, ha un
carattere prettamente esplorativo (“ … la sussistenza di quanto dalla parte attrice con relativa
determinazione degli interventi necessari per ovviare a ciò e il loro costo”). Non spetta alla consulenza
tecnica disposta dal giudice la ricerca della prova, dispensando la parte dal dimostrare i fatti a fondamento
della richiesta tutela risarcitoria;
5.4 il capitolato testimoniale contenuto nella memoria attorea 12 marzo 2014 non è ammissibile perché
privo di riferimento temporali idonei a circostanziare i fatti. Il risultato è quello d’impedire la prova
contraria in un contesto (lite di vicinato fra fratelli) in cui nessuna delle parti è esente dal sospetto di voler
alterare la realtà per recare pregiudizio all’inviso parente. In ogni caso la prova testimoniale non può essere
sostitutiva di una rigorosa e attendibile prova scientifica.
A fronte delle doglianze attoree, non si dovrebbe solo accertare la presenza di aghi, ma stabilirne l’origine e
l’idoneità lesiva. Il relativo giudizio non può essere espresso sulla carta, sulla base di documentazione
fotografica d’incerta origine e che potrebbe non rispecchiare l’effettivo stato dei luoghi.
6. La domanda riconvenzionale del convenuto non va esaminata perché formulata solo in via subordinata.
Al rigetto delle domande attoree consegue la condanna di Gu.Za. al pagamento delle spese processuali
liquidate come da dispositivo. Non essendo provata la falsità delle allegazioni attoree, non si ritiene che vi
siano i presupposti per una condanna per lite temeraria.
PQM
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, dichiarate inammissibili le ulteriori domande attoree, rigetta la
domanda di risarcimento del danno proposta da Gu.Za. e condanna il medesimo alla rifusione delle spese
processuali in favore di Gi.Za., liquidate nella somma di €uro 4.490,00 per compenso, oltre spese generali
(15%), IVA e CPA.
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Così deciso in Padova il 20 novembre 2014
Depositata in cancelleria il 20 novembre 2014
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