LA LECTIO DIVINA
Il cardinale Carlo Maria Martini in un intervista parla di come utilizzare il
testo biblico per una meditazione che trasformi la vita in preghiera e
atticoncreti.
La Lectio Divina?
Il cardinale Carlo Maria Martini in un intervista parla di come utilizzare il testo biblico per una
meditazione che trasformi la vita in preghiera e atti concreti.
"La lectio divina è un approccio graduale al testo biblico e risale all'antico metodo dei Padri, che
a loro volta si richiamavano all'uso rabbinico."
Chi ha "inventato" questo metodo di lettura-preghiera?
"La suddivisione classica in memoria, intelletto, volontà è molto antica ed è sviluppata in
particolare da sant'Agostino per quanto riguarda il tema della memoria. Più tardi questa triade
diviene sinonimo di un processo meditativo riferito alla Scrittura o a una verità di fede.
Ricorderò anche, brevemente, il metodo della "contemplazione evangelica", termine usato
ordinariamente per indicare il modo di meditare una pagina del Vangelo: un significativo
esempio l'abbiamo nel libretto de Gli Esercizi spirituali di Ignazio di Lojola, che a partire dalla II
settimana parla di "contemplazione" perché al lavoro dell'intelletto subentra prevalentemente il
coinvolgimento esistenziale e orante con la scena evangelica. Tutto questo ci sarà utile per
comprendere meglio quale sia la caratteristica specifica della preghiera cristiana."
Dunque cosa devo fare?
"Il metodo patristico della lectio divina è semplicissimo e lo raccomando sempre ai giovani per
entrare nella preghiera. Fondamentalmente prevede tre grandi gradini o momenti successivi: la
LECTIO, LA MEDITATIO, LA CONTEMPLATIO.
La lectio consiste nel leggere e rileggere la pagina della Scrittura, mettendo in rilievo gli
elementi portanti. Per questo consiglio di leggere con la penna in mano, sottolineando le parole
che colpiscono, oppure richiamando con segni grafici i verbi, le azioni, i soggetti, i sentimenti
espressi o la parola-chiave. In tal modo la nostra attenzione viene stimolata, l'intelligenza, la
fantasia e la sensibilità si muovono facendo sì che un brano, considerato magari arcinoto,
appaia nuovo.
A me che da tanti anni leggo il vangelo succede, ad esempio, che riprendendolo in mano
scopro ogni volta delle cose nuove proprio attraverso il metodo della lectio.
Questo primo lavoro può occupare parecchio tempo, se siamo aperti allo Spirito: si colloca il
racconto letto nel contesto più vasto, sia dei brani vicini, sia dell'insieme di un libro, sia
dell'intera Bibbia, per capire che cosa vuol dire.
La meditatio è la riflessione sui valori perenni del testo. Mentre nella lectio assumo le
coordinate storiche, geografiche, culturali anche, del brano, qui si pone la domanda:
•
Che cosa dice a me?
•
Quale messaggio in riferimento all'oggi viene proposto autorevolmente dal brano come
parola del Dio vivente?
•
Come vengo provocato dai valori permanenti che stanno dietro alle azioni, alle parole, ai
soggetti?
La contemplatio è difficilmente esprimibile e spiegabile. Si tratta di dimorare con amore nel
testo, anzi di passare dal testo e dal messaggio alla contemplazione di colui che parla
attraverso ogni pagina della Bibbia: Gesù, Figlio del Padre, effusore dello Spirito.
Contemplatio è adorazione, lode, silenzio davanti a colui che è l'oggetto ultimo della mia
preghiera, il Cristo Signore vincitore della morte, rivelatore del Padre, mediatore assoluto della
salvezza, donatore della gioia del Vangelo. Nella pratica i tre momenti non sono rigorosamente
distinti, però la suddivisione è utile per chi ha bisogno di incominciare o di riprendere questo
esercizio.
Il nostro pregare è come un filo rosso che collega un po' le giornate l'una all'altra e può
succedere che sullo stesso testo della Scrittura ci soffermiamo un giorno soprattutto con la
meditatio mentre un altro giorno passiamo rapidamente alla contemplatio."
Quali passi ulteriori fare per proseguire?
"La triplice distinzione, tuttavia, esprime in maniera appena embrionale il dinamismo della lectio
divina, che in qualche mio libro ho spiegato in tutta la sua ampiezza. Tale ampiezza, infatti,
prevede otto progressivi gradini: lectio, meditatio, oratio, contemplatio, consolatio, discretio,
deliberatio, actio.
Mi sembra opportuno accennarli brevemente.
L'oratio è la prima preghiera che nasce dalla meditazione: Signore, fammi comprendere i
valori permanenti del testo, che mi mancano, donami di capire qual è il tuo messaggio per la
mia vita. E a un certo punto, questa preghiera si concentra nell'adorazione e nella
contemplazione del mistero di Gesù, del volto di Dio. L'oratio si può esprimere anche in
richiesta di perdono e di luce o in offerta.
La consolatio è molto importante per il nostro cammino di preghiera e sant'Ignazio di Lojola
ne parla più volte nel suo libretto de Gli Esercizi spirituali. Senza questa componente, la
preghiera perde di sale, di gusto. La consolatio è la gioia del pregare, è il sentire intimamente il
gusto di Dio, delle cose di Cristo. t un dono che ordinariamente si produce nell'ambito della
lectio divina, anche se evidentemente lo Spirito santo è libero di effonderlo quando vuole. Solo
dalla consolatio nascono le scelte coraggiose di povertà, castità, obbedienza, fedeltà, perdono,
perché è il luogo, l'atmosfera propria delle grandi opzioni interiori. Ciò che non viene da questo
dono dello Spirito dura poco ed è facilmente frutto di moralismo che imponiamo a noi stessi.
La discretio esprime ancora più chiaramente la vitalità della consolatio. Infatti, mediante il
gusto del Vangelo, mediante una sorta di fiuto spirituale per le cose di Cristo, diventiamo
sensibili a tutto quello che è evangelico e a ciò che non lo è. Si tratta quindi di un discernimento
importante perché noi non siamo chiamati solo a osservare i comandamenti all'ingrosso, ma a
seguire Cristo Gesù.
E la sequela non ha un'evidenza immediata nelle scelte quotidiane se non siamo per così dire
entrati nella mente di Gesù, se non abbiamo gustato la sua povertà, la sua croce, l'umiltà del
suo presepio, il suo perdono. Questa capacità di discernere, nelle ordinarie emozioni e nei
movimenti del cuore, il marchio evangelico è un dono così grande che san Paolo lo chiedeva
per tutti i fedeli: "Vi sia data abbondanza di sensibilità - páse aistései, nel testo greco - perché
possiate discernere sempre il meglio, ciò che piace a Dio e ciò che è perfetto" (cf Fil 1, 9-10,
Rm 12, 2).
Oggi la Chiesa ha estremamente bisogno della discretio perché le scelte decisive non sono
tanto sul bene e sul male (non ammazzare, non rubare), ma su ciò che è meglio per il cammino
della Chiesa, per il mondo, per il bene della gente, per i giovani, per i ragazzi.
La deliberatio è un successivo passo. Dalla esperienza interiore della consolazione o della
desolazione, impariamo a discernere e, quindi, a decidere secondo Dio. Se analizziamo
attentamente le scelte vocazionali, ci accorgiamo che hanno, magari inconsapevolmente,
questo andamento. La vocazione, infatti, è una decisione presa a partire da ciò che Dio ha fatto
sentire e dall'esperienza che se ne è fatta secondo i canoni evangelici. Anche la deliberatio,
come la discretio, viene coltivata in particolare mediante il dinamismo della leccio divina.
L'actio, infine, è il frutto maturo di tutto il cammino. La leccio e l'actio, perciò, la lezione biblica
e l'agire, non sono affatto due binari paralleli. Non leggiamo la Scrittura per avere la forza di
compiere quello che abbiamo deciso! Invece, leggiamo e meditiamo affinché nascano le giuste
decisioni e la forza consolatrice dello Spirito ci aiuti a metterle in pratica. Non si tratta, come
spesso pensiamo, di pregare di più per agire meglio; ma di pregare di più per capire ciò che
devo fare e per poterlo fare a partire dalla scelta interiore." (da Card. Carlo Maria Martini, "La
gioia del Vangelo", 1988)
Dove porta questa esperienza?
"(…) che un giovane si senta interpellato direttamente da Dio, che impari cioè ad ascoltarlo. Non
semplicemente che conosca la Scrittura o ascolti un bravo biblista, ma che si senta
personalmente interpellato dalla Parola. Quando questo accade, facciamo un’ esperienza
indimenticabile; basta farla una volta perché si radica nella vita e continua ad attrarci verso la
Scrittura. (…)
Allora non abbiamo più bisogno di altre raccomandazioni, di sussidi esterni perché la Parola ha
colpito dentro. Allora la risposta di chi si sente interpellato diventa anche risposta vocazionale:
Signore, che cosa vuoi da me?
Dunque, il nostro desiderio è di aiutare tutti i giovani a lasciarsi interpellare da Dio, a imparare
ad ascoltarlo anche (non solo) a partire dalle pagine bibliche dove Dio parla oggi all’ uomo nello
Spirito, così da rispondergli. E allorché un giovane capisce che le Scritture parlano di lui e a lui,
si inizia quel dialogo che non si fermerà più, di cui si sentirà sempre nel profondo del cuore una
grande nostalgia.
La conoscenza di Gesù e del cristianesimo sarà solida, integrata, non appiccicata, e la persona
diverrà essa stessa, in qualche modo, Parola di Dio per gli altri".
(Carlo Maria Card. Martini,
Arcivescovo di Milano)
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