Lettura in itinere - CORSO DI STORIA CONTEMPORANEA François Furet , Denis Richet, La Rivoluzione Francese. Tomo primo, Economica Laterza, Bari 2011. Furet François Storico francese, nato a Parigi il 27 marzo 1927 e morto a Tolosa il 12 luglio 1997. Fu uno dei più importanti studiosi della Rivoluzione francese e del comunismo in Europa. Direttore di studi presso l'Ecole Des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi dal 1966, ne fu presidente tra il 1977 e il 1985. Inizialmente vicino al marxismo, da cui prese poi le distanze, fu collaboratore delle Annales. Nel corso del tempo, tuttavia, F. sviluppò un diverso approccio storiografico di tipo revisionistico, che egli applicò allo studio della Rivoluzione francese. A partire da La Révolution1 e, soprattutto, nei saggi raccolti in Penser la Révolution française2. Furet rimise in questione l'interpretazione storica di stampo marxista della Rivoluzione, mettendo in risalto la natura politica dell'evento. Secondo lo studioso francese, difatti, il messaggio ideologico vi ebbe un'importanza preponderante rispetto alle trasformazioni sociali enfatizzate dalla storiografia marxista. In questa direzione ha sottolineato l’emergere nella Rivoluzione francese di una nuova politica e di nuove forme del potere legate alla nascita della democrazia, e insieme ha ribadito la validità permanente dei valori espressi dal 1789. Denis Richet : (1927 – 1989) è stato uno storico francese esperto della Rivoluzione francese. Richet è stato docente presso l'École Polytechnique alla Sorbona, all'Università di Tours, titolare della cattedra di Storia Sociale alla prestigiosa Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi. 1 2 (in collab. con D. Richet, 2 voll. 1965-66; trad. it. 1974) (1978; trad. it. Critica della Rivoluzione francese, 1980) 1 Con Furet, Richet ha scritto la fondamentale opera “La Rivoluzione francese” nella quale è sintetizzato il lavoro dell'intera carriera di questi due autori. Storia della Rivoluzione Francese La Francia di Luigi XVI è uno Stato Assoluto, irrigidito in un sistema piramidale in cui la nobiltà e il clero godono enormi benefici rispetto agli altri abitanti che costituiscono il Terzo Stato. Al vertice del sistema c’è il Re, espressione dell’assolutismo che equilibra il tutto mediante prudenti riforme che non compromettono il sistema globale. Come e perché scoppia la Rivoluzione? Le cause fondamentali che determinarono lo scoppio della Rivoluzione furono: la lotta contro il privilegio, il tentativo di limitare il potere assoluto non solo da parte del Terzo Stato ma anche da parte della nobiltà (la nobiltà mira a limitare l’assolutismo in nome della tradizione, il Terzo Stato in nome dell’immobilismo del re) e infine la diffusione delle idee illuministe. Alla base comunque della Rivoluzione vi è la crisi finanziaria. Calonne indica le riforme che dovrebbero razionalizzare il sistema fiscale ma non è certo che si possano realizzare e consiglia il re di sottoporre il piano ad una assemblea di notabili che bocciano il piano perché colpisce i loro privilegi. Calonne viene licenziato, ma anche i parlamenti del regno si oppongono, nei quali sono presenti molti privilegiati. All’opposizione dei parlamenti si unisce anche l’opposizione del clero. I parlamenti per altro avevano acquisito sempre più potere dalla morte di Luigi XIV sino al regno di Luigi XVI. Di fronte alla situazione finanziaria che si aggrava sempre più il re convoca gli Stati Generali per il maggio dell’89 e si rivolge a Necker. La società francese è divisa come si è detto in tre classi o ordini: Clero, Nobiltà e Terzo Stato, ma quest’ultimo può essere considerato come un partito nazionale non nel senso che è una organizzazione centralizzata come oggi si intende il partito, ma nel senso che in esso si esprime l’opinione pubblica e l’insoddisfazione generale. In esso trovano spazio anche molti nobili “ che sacrificano in anticipo i loro privilegi secolari, anche se per alcuni la loro partecipazione è spesso 2 di pura facciata”3. Tutta questa gente del partito nazionale, nobili e plebei, arrampicatori o arrivati sono soprattutto figli del loro secolo nutriti dalla filosofia dei lumi. L’illuminismo rifiuta il dogmatismo, ricerca razionalmente la verità, esalta la ragione come mezzo dell’ area filosofico- scientifica, ed è questo il fondamento che unisce i vari aspetti della cultura illuministica. La ragione deve dare risposte razionali alle ricerche nei vari campi: politico, morale, naturale. Anche l’economia è vista sotto un profilo nuovo: la terra è considerata fonte di ricchezza ma si comincia anche a guardare al mercato come un’ ulteriore opportunità. Si comincia ad intravedere la necessità di una libertà in campo economico, insomma il capitalismo liberale inizia a muovere i primi passi. Il partito nazionale è dunque l’opinione pubblica composta da varie tendenze, comunque unite dalla lotta contro i privilegi. In particolare nascono i club a Parigi, centro nevralgico del Terzo Stato; uno dei club più importanti è quello del duca D’Orléans, che è un massone. Da qui l’interpretazione di alcuni storici del peso che ha avuto la massoneria nella Rivoluzione. Secondo Furet e Richet nel 1789 in Francia non assistiamo ad una rivoluzione bensì a tre rivoluzioni “la Rivoluzione degli avvocati” che determinerà la nascita dell’Assemblea Costituente, “la Rivoluzione parigina”che porterà alla presa della Bastiglia e infine la “Rivoluzione dei contadini”. Le tre rivoluzioni secondo gli autori indicati sono autonome ed indipendenti l’una dall’altra. La Rivoluzione degli avvocati: Il 5 maggio Luigi XVI apre la sessione degli Stati Generali dove Necker parla della situazione finanziaria “non una parola su un’eventuale Costituzione del regno, nulla o quasi nulla sul voto pro-capite,4. La solita politica delle mezze misure. La crisi finanziaria diviene ora problema politico. Il re non affronta il problema, non ordina né la separazione delle camere né la riunione dei due ordini. Nel primo caso avrebbe avuto dalla sua la nobiltà e il clero, nel secondo il Terzo Stato. Non decidendo diminuisce il suo potere. Dal 5 maggio al 20 giugno si traccheggia con vari cavilli. Il 20 giugno i deputati dell’Assemblea nazionale trovano la porta chiusa del luogo in cui si riunivano e allora convennero di riunirsi in una sala detta “della Pallacorda” e qui 3 4 Francois Furet, Denis Richet “La Rivoluzione Francese” pag.63 Francois Furet, Denis Richet “La Rivoluzione Francese” pag.78 3 giurano di non separarsi sino a quando non avessero dato una nuova costituzione alla Francia: il Terzo Stato si trasforma in Assemblea Costituente. Il giorno precedente, il 19 giugno, Necker ha esposto il suo piano in cui evidenzia la necessità dell’uguaglianza fiscale e il generale accesso alle cariche pubbliche, ammette il voto pro-capite nell’organizzazione degli Stati Generali. Il piano viene criticato non tanto per l’uguaglianza fiscale quanto per il voto pro-capite. Comunque il Terzo Stato non deflette dalla sua decisione e quindi il re invita successivamente i rappresentanti degli altri due ordini a unirsi a quelli del Terzo Stato. Nascono due sovranità quella del re e quella dell’Assemblea, peraltro non in contrasto. I deputati del Terzo Stato hanno vinto la loro rivoluzione. La Rivoluzione parigina, la presa della Bastiglia: Nei giorni successivi i comportamenti del re, le sue modalità di azione sono piuttosto oscuri. Si assiste comunque ad una concentrazione di truppe intorno a Parigi. “ il 26 di giugno il re ha ordinato la mobilitazione di sei reggimenti”5. Il pretesto è il mantenimento dell’ordine a Parigi. L’Assemblea Nazionale si allarma. L’11 luglio il re manda in esilio Necker e licenzia tutti i ministri liberali. Si circonda di nuovi ministri i cui nomi sono una vera e propria manifestazione controrivoluzionaria. La destituzione di Necker è rischiosa anche perché il ministro aveva goduto di una certa popolarità. A Parigi dalla fine di giugno il fermento è continuo, il prezzo del pane è notevolmente aumentato (il raccolto del 1788 era stato piuttosto scarso per le cattive precipitazioni metereologiche) e la disoccupazione è aumentata anche dalla temporanea sovrappopolazione creata a Parigi dai poveri, cacciati dalla miseria delle campagne. La popolazione è esasperata. Il 14 luglio il pane costerà più caro che in qualsiasi altro giorno: “la paura della bancarotta sconvolge interessi grandi e piccoli, la massa dei possidenti e l’oligarchia commerciale e finanziaria”6. Parigi è in subbuglio e ha paura, si teme “una congiura aristocratica” e la destituzione di Necker ne è la prova. La popolazione parigina insorge e si ha la presa della Bastiglia. La Bastiglia è il simbolo dell’Ancien Régime. Luigi XVI cede, la sua passività è stupefacente. La regina e il conte d’Artois lo spingono a rifugiarsi a Metz, ma il re si rassegna a restare e il 15 5 6 Francois Furet, Denis Richet “La Rivoluzione Francese” pag.85 Francois Furet, Denis Richet “La Rivoluzione Francese” pag. 85 4 si reca di persona all’Assemblea, annuncia il congedo delle truppe e da il suo consenso al nuovo regime che l’Assemblea vuole costituire. Il 16 luglio Luigi XVI richiama Necker. La rivoluzione ha vinto. La prima ondata di emigrati ha già varcato il confine. La rivolta (pacifica) si espande anche nelle altre città e si costituisce come a Parigi la guardia nazionale. La Rivoluzione dei contadini: Contemporaneamente alle due precedenti rivoluzioni si fa avanti una terza rivoluzione quella dei contadini a cui partecipa una massa ben più numerosa e favorisce così il sostegno fondamentale “ma vuole però la sua parte cosa che i borghesi sono inclini a dimenticare. È la rivoluzione della campagna”7. La rivolta cova da tempo e quando la crisi annonaria si fa più sentire, in seguito ai prelievi signorili, scoppia violentemente e si espande in tutte le campagne francesi anche se in maniera diversa. È questo il periodo “a cui gli storici nella scia di Georges Lefebvre e in maniera alquanto oscura hanno dato il nome di Grande Paura” 8. Si assaltano i castelli e si danno alle fiamme gli antichi documenti che imponevano ai contadini i vari servizi. La rivolta contadina non solo minaccia e colpisce la nobiltà ma anche la borghesia che ha nelle campagne delle proprietà. Si vogliono colpire i privilegi e lo sfruttamento. L’ Assemblea al fine di riportare ordine nelle campagne, nella notte tra il 4 e 5 agosto 1789, abolisce l’ordinamento feudale, non totalmente, alcuni diritti feudali debbono essere riscattati. Come è stato detto secondo F. e R. le tre rivoluzioni non sono tra loro connesse, anzi sono destinate a scontrarsi; i due critici ritengono possano avvicinarsi la seconda e la terza perché frutto della congiuntura e delle oppressioni e sfruttamento patiti dai protagonisti, la prima invece ha le sue fondamenta in una consapevolezza politica frutto delle idee diffuse dalla cultura illuministica. Regolato il problema feudale, l’Assemblea affronta il dibattito sulla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino. L’Assemblea perverrà a votare una dichiarazione che ha un carattere fortemente democratico in diciassette brevi articoli. I diritti sono dichiarati naturali ed imprescrittibili deducibili dal pensiero filosofico del secolo, dal deismo dei filosofi e dal naturalismo dei fisiocrati. 7 8 Francois Furet, Denis Richet “La Rivoluzione Francese” pag. 92 Francois Furet, Denis Richet “La Rivoluzione Francese” pag. 93 5 Quali sono questi diritti? La libertà individuale, la proprietà, l’uguaglianza civile e fiscale, la possibilità di accedere a tutti gli impieghi pubblici, la libertà di parola, di opinione, di stampa, la separazione dei poteri, la garanzia della proprietà. La borghesia ha trionfato. I decreti relativi all’abolizione del sistema feudale e alla Dichiarazione sono esecutivi o hanno bisogno delle firme del re per esserlo? All’interno dell’Assemblea si vengono a contrapporre due posizioni. Non dare al re il veto sulle decisioni del potere legislativo o dare al re questo potere affiancando all’Assemblea eletta un Senato ereditario di tipo inglese. Coloro che appoggiano questa ultima posizione saranno chiamati “anglomani”. Si giungerà ad un compromesso. La maggioranza dei deputati, i patrioti accetteranno il veto sospensivo del re per due legislature in cambio il re ratificherà i due decreti. A Parigi l’agitazione aumenta e il dibattito sul veto in città è seguito con “profonda passione”. La popolazione affamata è pronta a scattare ( il raccolto dell’89 è buono ma il grano non viene battuto) si parla ancora di un piano controrivoluzionario. Un episodio particolarmente grave scatena l’ira popolare: gli ufficiali della guardia del re e quelli del reggimento delle Fiandre hanno cenato insieme e hanno calpestato la coccarda tricolore, simbolo della rivoluzione. Il giorno dopo si ha la rivolta. La popolazione parigina, soprattutto le dame, si riversano su Versailles. Ma borghesi e popolani si mescolano. Luigi XVI sotto la minaccia della folla firma i decreti, ma la folla impone al re di lasciare Versailles e di prendere dimora a Parigi, al palazzo delle Tuileries. Il re è prigioniero nella sua capitale. In linea con la loro interpretazione Furet e Richet che non vedono un’ unità nel processo rivoluzionario, considerano il 1790 un anno felice. La rivoluzione ha vinto, l’Ancien Régime ha perduto. Gli obiettivi principali che il Terzo Stato si era prefissato sono stati raggiunti: l’abolizione del sistema feudale e la proclamazione dei Diritti. I “rivoluzionari” francesi pur sapendo dove debbono tendere non hanno previsto quali vie debbono seguire: l’accidente sul percorso non è stato previsto. I deputati francesi del Terzo Stato mirano a riformare lo Stato e a dargli una Costituzione. Sanno ciò che vogliono ma tutto deve accadere con l’appoggio del re. Ma Luigi XVI non è all’altezza della situazione, cede agli eventi e non li governa. Da questo punto di vista la rivoluzione riformista degli avvocati è fallita. Parigi non è insorta sotto la guida dei deputati del Terzo Stato, lo stesso come è accaduto nelle campagne. 6 Ecco perché si deve parlare di tre rivoluzioni distinte. L’accidente, la partecipazione popolare non è stata prevista e non è facile da controllare. . L’Assemblea popolare deve tener d’occhio non solo il re ma anche il popolo. Essa è divisa in destra e sinistra, sebbene poi esistessero delle sfumature particolari. Comunque a destra sedevano tutti gli avversari dei decreti del 4 agosto chiamati aristocratici. Ciò non significa che a sinistra non ci fossero dei nobili anzi dominavano spesso i dibattiti e il partito patriota era fiero di avere tra le sue file i più bei nomi dell’aristocrazia, ma la vera forza dei patrioti erano i borghesi. In ogni caso nel 1790 si andò delineando, fuori dall’Assemblea, una nuova forza politica quella “dell’opinione pubblica”. A Parigi infatti a seguito della libertà di stampa e di parola proliferano giornali e Club che condizioneranno l’operato dell’Assemblea. Si deve inoltre sottolineare che già nel 1789 si era costituita spontaneamente nell’estate la guardia nazionale, con lo scopo fondamentale di difendere l’Assemblea da un’ eventuale controrivoluzione. Nasce, a seguito del lavori dell’Assemblea, una nuova Francia che si fonda sulla libertà e sulla uguaglianza per cui i suoi abitanti non sono più sudditi bensì cittadini. Ma a questo punto la nuova società egualitaria “doveva controllarsi e calcolare i possibili rischi”. Gli uomini della Costituente per la maggior parte hanno imparato che possono governare soltanto coloro che sono istruiti e sono indipendenti, cioè possiedono proprietà. A questo punto l’Assemblea rifiuta l’eguaglianza dei diritti politici e il suffragio universale, quantunque impliciti nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino. L’Assemblea con la Costituzione del ’91 divide i cittadini in attivi e passivi, solo chi ha un certo reddito ha il diritto di voto. Inoltre, tra i cittadini attivi la Costituzione prevede un’ulteriore divisione sempre su basi censorie. Tra i cittadini attivi si distinguono due categorie di cittadini, gli elettori e gli eleggibili, non tutti gli elettori sono anche eleggibili (questa distinzione fu in seguito eliminata). Il sistema è più democratico rispetto al passato, sebbene escluda dal paese legale la popolazione più miserabile delle città e delle campagne, però spalanca le porte della vita pubblica, non solo alla grande Borghesia ma anche alla piccola e media Borghesia, rurale o urbana, non è più il governo dei notabili, bensì la promozione del talento, delle capacità e l’abbattimento del privilegio. Alla luce della Costituzione si viene a delineare in Francia una nuova organizzazione dello Stato e una nuova classe dirigente. Si ha contemporaneamente il decentramento 7 amministrativo con la creazione dei municipi, distretti e dipartimenti. Ogni struttura amministrativa ha la sua Classe dirigente, eletta dai cittadini. Si ha anche la Riforma giudiziaria, cui l’amministrazione della giustizia avviene in modo più equo e soprattutto si evidenzia l’indipendenza del potere giudiziario da quello esecutivo. Anche l’esercito viene in parte riformato, non viene più proposta la coscrizione obbligatoria sia per l’opposizione della Borghesia, che rifiuta l’egualitarismo del servizio militare, sia per l’opposizione dei contadini che aborriscono il servizio militare perché toglie braccia alla terra. La riforma dell’esercito riguarda i gradi. Viene abolito il privilegio nobiliare dell’ereditarietà delle cariche, per fare spazio alla carriera del merito. Gli ufficiali saranno nominati per concorso e per anzianità di servizio. L’ Assemblea comunque si guarda bene dal licenziare gli ufficiali dell’Antico Regime. Comunque al vecchio esercito si è giustapposto uno nuovo: la guardia nazionale. Il potere, la sovranità appartengono all’Assemblea. Il Re è tale non solo per diritto divino ma soprattutto per volontà della Nazione ; ha il potere di veto ma è provvisorio, nomina i ministri ma non devono essere membri dell’Assemblea e sono responsabili di fronte ad essa. L’Assemblea decide la pace e la guerra. La Costituzione del’91, la Costituzione francese dei tempi moderni , è per Furet e Richet il frutto di una fragile combinazione politica: “ Essa tenta di far passare la rivoluzione per un’ erede, ma non sa nascondere la propria diffidenza verso il passato e verso il re”9. Luigi XVI ormai è soltanto il più alto funzionario pubblico, stipendiato e controllato dalla nazione. La tesi centrale di Furet e Richet è comunque quella relativa allo slittamento della rivoluzione che doveva essere liberale ed illuminata verso una evoluzione populista e violenta le cui basi sono nelle masse urbane e rurali. Slittamento che comunque non era inevitabile e anzi in qualche modo si poteva evitare; slittamento non condiviso dalla borghesia che comunque ha ritardato lo sviluppo della borghesia stessa verso quel pacifico liberalismo che si attuerà nel secolo XIX. La rivoluzione è finita per quei cittadini che avevano sperato in una trasformazione della Francia nell’ordine e nella legalità. Il momento cruciale dello slittamento si ha il 10 agosto 1792, quando l’Assemblea legislativa è sopraffatta dalle forze popolari. Ha inizio lo sgretolamento dello Stato. Ma era inevitabile imboccare questa strada? si domandano Furet e Richet che secondo loro una serie di accidenti impedivano in quel momento che la Rivoluzione liberale nata nel XVIII secolo proseguisse. 9 Francois Furet, Denis Richet “La Rivoluzione Francese” pag. 140 8 Alla base dello slittamento vi è un accidente finanziario. Assumendosi i debiti dell’antica Monarchia, al grande deficit dello Stato ereditato dall’Ancien Régime, si risponde mettendo in vendita i beni immobili della Chiesa e in attesa della loro vendita vennero emessi dei veri e propri buoni del Tesoro. Era nato l’assegnato che però determina una grande inflazione. Un altro momento che determinò lo slittamento della Rivoluzione fu il difficile rapporto che si venne a creare tra la Chiesa e lo Stato con l’approvazione della Costituzione civile del clero. La maggior parte del clero non giurò perché il Papa non diede il consenso, solo un terzo vi aderirono col giuramento alla Costituzione. I primi furono chiamati refrattari e considerati controrivoluzionari. Un altro elemento che contribuì allo slittamento della Rivoluzione fu il tentativo dei rifugiati all’estero che tentarono di far fuggire il re, il primo progetto si concluse con un insuccesso. Più serio, almeno in alcune provincie, fu il tentativo insurrezionale ma comunque non destò particolari preoccupazioni. Tutto ciò determinò il diffondersi di un panico generatore di reazioni difensive spesso violente. La congiura aristocratica è un mito. Un altro elemento che determina lo slittamento della Rivoluzione fu la spaccatura che si venne a creare nello stato maggiore dei Rivoluzionari. La scena si svolge a Parigi, in parte il popolo fa sentire la sua voce ma sono estranei gli operai e i compagnos . La spaccatura è dovuta al fatto che alla piccola borghesia è precluso, sulla base del censo, l’accesso al parlamento. La grande borghesia si sente minacciata. Si costituisce un partito conservatore che, fedele alla Dichiarazione dei diritti, mira a stabilizzare la situazione. Questo partito cerca di trovare nella Corte un punto di riferimento, ma la fuga del re fermato a Varennes fa slittare nuovamente la Rivoluzione verso posizioni populiste. Anzi, a seguito della fuga, sarebbero scoperti documenti che evidenziano la responsabilità del re nel richiedere l’aiuto straniero per soffocare la Rivoluzione. Invano si tenta di far apparire la fuga come un rapimento. Infine l’elemento che determina il completo slittamento della rivoluzione verso posizioni democratiche basate sulle masse popolari e rurali è determinato dallo scatenarsi della guerra e delle iniziali sconfitte dell’esercito rivoluzionario dovute soprattutto, secondo l’opinione che si espande nel popolo, tra i sanculotti, al tradimento. La guerra fu voluta da quasi tutta l’Assemblea. In particolare dal re che sperava in una sconfitta della Francia e quindi della Rivoluzione, dai Girondini che speravano in una guerra rivoluzionaria, una guerra che avrebbe consolidato le conquiste della Rivoluzione e avrebbe fatto insorgere i popoli d’Europa; dalla parte più conservatrice dell’Assemblea ( La Fayette) che sperava di 9 debellare e respingere i club. Solo Robespierre si oppone, teme che con la guerra si possa innescare un processo controrivoluzionario, anche se poi dirà che era contrario perché prima si dovevano sconfiggere i nemici interni. In questo clima di incertezza, di sospetto, in questa atmosfera di tradimento da parte dei generali che non vogliono combattere, si scatena una reazione popolare: nasce un profondo sentimento patriottico. Rinascono gli ideali di uguaglianza, nasce il sentimento nazionale che si manifesta nell’insurrezione del 10 agosto 1792. Con la rivoluzione democratica del 10 agosto e l’entrata in guerra, si ferma temporaneamente la spinta della borghesia verso un pacifico liberalismo che si manifesterà in Francia nel XIX secolo. Due gruppi si fronteggiano. Quello appartenente alla Montagna, cioè coloro che occupano i posti più in alto nell’emiciclo della Costituzione e i Girondini, ma “sono uomini che si trovano assolutamente impreparati alle responsabilità imposte da una situazione di emergenza”10. La borghesia si affida ai Girondini. I due schieramenti sono le forze politiche più importanti nella Convenzione di settembre che viene eletta a suffragio universale e da un punto di vista sociale non vi sono grandi differenze entrambi i gruppi appartengono alla media borghesia; politicamente sono dei democratici e ugualmente disprezzano la religione e i preti. La sorte dei Girondini però è legata agli avvenimenti bellici, perché furono soprattutto i Girondini a preparare e a scatenare la guerra. Inizialmente le sorti della guerra sono particolarmente sfavorevoli all’esercito rivoluzionario. La Camera di Parigi decide di arruolare un’armata. La folla della capitale, i sanculotti, sono esasperati dall’ossessione del tradimento, dal sospetto di una congiura ordita nelle carceri, dal rincaro dei prezzi. Il 2 e 3 settembre si hanno i massacri dei prigionieri a seguito dell’assalto alle carceri dai Sanculotti. I Girondini accusano i montagnardi di aver organizzato i massacri per aprirsi la via alla dittatura. La notizia della vittoria francese a Valmy, per cui le truppe prussiane sono bloccate, in parte calma gli animi. lo stesso giorno della battaglia di Valmy la Convezione si insedia al posto della Legislativa, 20 settembre1792. Inizialmente è possibile un’intesa fra le varie posizioni in particolare fra Montagnardi e Girondini. Si pone immediatamente la questione relativa al processo al re accusato di tradimento. I Girondini non si oppongono al processo ma fanno di tutto per ritardarlo. Il re fu condannato a morte. Per la maggioranza dei deputati della Convenzione si doveva troncare con il passato e rompere qualsiasi possibilità di compromesso. Una parte dell’Assemblea, i Girondini, sebbene non fossero realisti, pensavano che un atto di clemenza nei confronti del re avrebbe creato una 10 Francois Furet, Denis Richet “La Rivoluzione Francese” pag. 186 10 situazione più distesa in Europa. I Girondini tentano di salvare il re perché sperano di riacquistare l’appoggio almeno di una parte dell’Assemblea “ma si sbagliano perché questa volta la rivoluzione borghese preferì salvare se stessa”11. Il re fu ghigliottinato il 21 gennaio 1793. Le sorti della guerra nel frattempo sono mutate, sono favorevoli alla Francia, anzi la Francia da Stato aggredito diviene Stato aggressore ed invasore (Belgio , Savoia…). La politica di annessione dei territori occupati e l’esecuzione del re Luigi XVI contribuiscono a formare una coalizione contro la Francia voluta soprattutto dall’Inghilterra. Successivamente le sorti della guerra sono sfavorevoli alla Francia; tutti i territori conquistati sono perduti e a minacciare la rivoluzione scoppia in Vandea una controrivoluzione. I nuovi rovesci militari determinarono la rovina della Gironda, che aveva svolto fino alla primavera del 1793 un ruolo determinante e guidato l’ordine di governo. I Girondini furono accusati dai Montagnardi di non saper vincere la guerra che essi per primi avevano voluto e di non saper prendere misure adatte contro il carovita e l’inflazione che le masse, i sanculotti, affamate reclamano: calmiere dei viveri, requisizione di guerra, soccorso pubblico ai poveri, tutta una serie di provvedimenti che contrastano con i principi seguiti dalla borghesia. La passione dei sanculotti determinò la lotta e la frattura fra girondini e montagnardi. Il 2 giugno 1793 una folla minacciosa circonda la Convenzione e impone l’arresto di 29 deputati Girondini. Così finiva il ruolo politico dei Girondini. Sul piano dei principi non esistono differenze fondamentali fra i Girondini e gli altri democratici. È innegabile che accettando la rottura fra borghesia e popolo essi (i girondini) finiscono con l’appoggiarsi, pur non volendolo, a tutti i nemici della Rivoluzione , non fu una precisa scelta politica la loro fu solo la rivalità con la Montagna. Con la Gironda, sostengono Richet e Furet emerge dalla Rivoluzione un tipo d’uomo particolare. I girondini sono uomini che hanno “sete immensa di libertà, una sete di gioia, una sete d’ottimismo e di vita”12. Sono contro ogni gerarchia sociale, credono nel talento, nel prestigio della parola, ecco perché gli autori intitolano il capitolo in cui la Gironda occupa un particolare spazio “Il Romanticismo rivoluzionario”. Secondo Furet e Richet il periodo del Terrore si poteva e si doveva evitare. È divenuto un mito per le violenze commesse o per l’ammirazione che ha suscitato. Le caratteristiche del periodo del Terrore sono: la dittatura rivoluzionaria e la democrazia popolare. Il terrore non fu una scelta libera dei deputati della Montagna. La borghesia non accetta di servirsi di quelle misure coercitive che ha combattuto. Sarà la piazza ad imporre quelle misure alla borghesia che le accetta per necessità. La situazione è veramente critica. Le folle sono esasperate per la 11 12 Francois Furet, Denis Richet “La Rivoluzione Francese” Pag 215 Francois Furet, Denis Richet “La Rivoluzione Francese” pag. 192 11 crisi annonaria. La borghesia rivoluzionaria è isolata e disorientata. “Le circostanze impongono la dittatura di salute pubblica”13. Sarà però una particolare dittatura, una dittatura sui generis,controllata dalla Convenzione e i sanculotti saranno vittime come erano stati i nobili. Comunque anche nella situazione più difficile non si pone nessun limite al diritto di proprietà. In ogni caso la rivoluzione dei sanculotti non è una rivoluzione proletaria, non si combatte per rivendicazioni economiche o sociali, ma per il calmiere e tutti seguono un ideale “il possesso di un angolo di terra”. Due sono le passioni che si manifestano sempre nelle sollevazioni popolari: il desiderio di realizzare l’uguaglianza e quello di punire. La ghigliottina dava l’illusione di soddisfare entrambi le passioni. Robespierre incarna queste passioni. Ma quando, per le vittorie riportate dagli eserciti della Repubblica su tutti i fronti di guerra, il pericolo di una restaurazione viene scongiurato, la dittatura di Robespierre e il Terrore non sono più tollerati e si giunge quindi alla seduta della Convenzione del 9 termidoro ( 27 luglio 1794). LA RICEZIONE NELLA COMUNITA’ SCIENTIFICA Il libro “La Rivoluzione francese di Furet e Richet”14, all’atto della sua pubblicazione ha suscitato una serie di critiche nonché di aspre polemiche. Il libro non si basa su originali ricerche ma vuole essere un tentativo di reinterpretazione globale della Rivoluzione stessa. L’ interpretazione dei due critici francesi vuole opporsi all’ interpretazione marxista della Rivoluzione. Secondo Furet e Richet la Rivoluzione francese non si presenta in modo unitario ma evidenzia una concatenazione di fatti in un rapporto di causa-effetto. Nel suo sviluppo e i vari accadimenti o momenti non hanno il carattere della necessità. Il processo rivoluzionario è frazionato in tutta una serie di tappe, in particolare nel 1789 non si manifestò una sola rivoluzione bensì tre, per altro separate tra loro, autonome e distinte, che si incontrano per caso: la prima la rivoluzione degli Avvocati, quella del Terzo Stato; la seconda quella parigina della presa della Bastiglia e lterza quella dei contadini. Solo la prima è una rivoluzione di una chiara coscienza politica, una filosofia, una cultura che è poi quella illuministica. Secondo i critici francesi la prima rivoluzione ha uno slittamento che, da una iniziale rivoluzione illuminata e liberale,si dirige verso una rivoluzione democratica basata sulle masse popolari o rurali. Lo slittamento poteva anche non manifestarsi, comunque 13 14 Francois Furet, Denis Richet “La Rivoluzione Francese” pag. 289 Marco Palla, Article Stable URL: http://www.jstor.org/stable/20564284 12 rappresenta una deviazione accidentale, bloccando almeno temporaneamente la strada alla borghesia perché si realizzi un pacifico liberalismo come accadrà nel XIX secolo. Lo studioso Marco Palla15 evidenzia come nella concezione degli studi manca un’ adeguata analisi delle rivoluzioni dei contadini e dei Sanculotti e come esse non sono viste in una prospettiva di lotta di classe quanto a determinazioni mentali e ad orientamenti ideologici precostituiti reintroducendo quindi le idee come motori della storia. Inoltre Marco Palla sottolinea come le rivoluzioni rompano la continuità “ma ad un livello esclusivamente di superficie” l’evento rivoluzionario pur appartenendo alla sfera del contingente e della casuale influenza e a sua volta è influenzato dai movimenti della storia. Il critico Luciano Guerci 16 condivide con Furet la necessità di prendere le distanze nell’approfondire lo studio e in particolare non essere assillati da preoccupazioni troppo immediatamente politiche. Come pure Furet non ha tutti i torti quando evidenzia “le insidie del sovrapporsi e del reciproco condizionarsi del discorso sulla Rivoluzione francese e di quello sulla Rivoluzione russa”. Luciano Guerci continua evidenziando come F. possa avere ragione nel criticare gli storici marxisti francesi per la loro visione monolitica , tuttavia la condanna non può essere estesa a studiosi che meriterebbero una maggior considerazione, non fosse altro perché Furet 13 come l’essenza della rivoluzione sia il giacobinismo e come i clubs, i caffè, i salotti hanno inaugurato “ le societè de pensèe” un nuovo tipo di sociabilitè . Per Furet tutto è dipeso dai philosophes. I conflitti sono spiegati o avvengono « entre les représentants des assemblées successives et les militants des clubs pour occuper cette position symbolique dominante qu’est la volonté du peuple »18 . Ma questi contrasti sostenuti dai rappresentanti nelle assemblee, si chiede Guerci, non saranno espressione di rivendicazioni ed istanze provenienti dal popolo che viveva sulle sue spalle concrete la situazione disagiata? Anche il Terrore per Furet non è frutto delle situazioni concrete, delle circostanze, ma è insito nell’ideologia rivoluzionaria. Guerci19 invece sottolinea come il Terrore sia frutto proprio di particolari situazioni e non può essere smentito che il terrore fu frutto proprio di circostanze “che nessun storico concettualizzatore può cancellare”. La Rivoluzione francese si è svolta attraverso avvenimenti che hanno determinato regimi fragili e si è conclusa con un regime, quello napoleonico molto più autoritario dell’Ancien Regime. Non tutti condividono l’idea anche gli avvenimenti del ’89 hanno gettato le fondamenta delle moderne democrazie. Roberto Muzi20 sottolinea come per Furet la Rivoluzione francese rappresenti la prima esperienza della democrazia, l’autoproclamazione del terzo Stato in Assemblea Nazionale costituente determina il trasferimento della sovranità dal Re alla Nazione. Cade l’Ancien Regime. Muzi mette in evidenza come l’interpretazione di Furet si oppone all’interpretazione dominante in Francia , della Rivoluzione francese come Rivoluzione borghese e sintetizza tale interpretazione in ciò che afferma Rosario Villari.21 Furet, continua Muzi, non crede nel dogma marxista, secondo il quale la Rivoluzione francese è il trionfo della borghesia. Secondo Muzi il critico francese sottolinea come con la Rivoluzione francese scompaia la dipendenza gerarchica, la nascita dell’individuo moderno, l’idea dell’università della legge. La Rivoluzione francese non è un fenomeno omogeneo, iniziatore di un avvenire capitalistico e borghese. Secondo Muzi, Furet aiutandosi con le interpretazioni di Tocqueville e di Cochin evidenza gli aspetti di continuità e di rottura e soprattutto , come nel vuoto di potere, che si manifesta nel periodo rivoluzionario, le forze sociali inventeranno la cultura democratica. 18 Furet e la Rivoluzione francese, Luciano Guerci pag 235 Furet e la Rivoluzione francese, Luciano Guerci pag 237 20 La Rivoluzione francese e la democrazia. Il ruolo degli intellettuali. Roberto Muzi pp 332, 342. 21 R. Villari, Storia moderna, Roma – Bari 1979, pp 369 - 371 19 14 Secondo Furet il ruolo ricoperto dagli intellettuali è stato importantissimo, sono stati loro, con le loro idee, per altro giudizio condiviso da Tocqueville22 a fare la Rivoluzione. Anche per Cochin, riporta Muzi, le élites intellettuali hanno ricoperto un ruolo assolutamente indispensabile nella Rivoluzione, in particolare l’ideologia giacobina. Da qui Furet prende lo spunto per dimostrare come dalla cultura illuministica sia nata una società di pensiero che dirigerà la rivoluzione. Ancora, secondo Muzi che espone un’interpretazione di Furet “poiché il popolo è l’unico che ha il diritto di governare, il potere appartiene a chi parla in suo nome, appartiene cioè alla 23 parola” . La rivoluzione,secondo Furet, non fu lotta di interessi per il potere, bensì competizione dei discorsi per il monopolio della legittimità. Anche l’interpretazione di Cochin si muove in questa dimensione: la Rivoluzione non esplose per contraddizioni economiche o sociali bensì si originò da una dinamica politica, la manipolazione del corpo sociale attraverso scontri verbali per la conquista del potere, da parte di gruppi che detengono la sovranità in nome dell’uguaglianza e del popolo. L’ideologia domina gli eventi della Rivoluzione, quella ideologia che si forma nei Clubs, nei caffè, nei salotti in cui si formano a sua volta i leaders protagonisti poi delle lotte nelle Assemblee per la conquista del potere. E’ la società di pensiero che dà alla società politica in frantumi, un volto unitario. Nascono così gli specialisti, i politici di mestiere, che fanno carriera anche manipolando l’opinione. “Viene posto qui più che lo scontro tra le classi sociali di allora il problema del sociale rispetto al politico” 24 . La trama della storia umana è costituita dal dialogo tra Società e Stato, e la Rivoluzione ha aperto alla società una possibilità fino ad allora inimmaginabile, l’ ha fatta diventare protagonista. 22 A. de Tocqueville , La Rivoluzione democratica in Francia, in scritti politici, Torino , 1996, vol I, pp 605 - 625 La Rivoluzione francese e la democrazia. Il ruolo degli intellettuali. Roberto Muzi pag339 24 La Rivoluzione francese e la democrazia. Il ruolo degli intellettuali. Roberto Muzi pag 341 23 15