attorno ad un nucleo atomico costituito solo da un protone, cioè un atomo di idrogeno. Si tratta di un sistema ad energia potenziale negativa: per sottrarre l’elettrone al nucleo bisogna esercitare una forza esterna e durante il procedimento di estrazione ed allontanamento il sistema stesso lavora in modo resistente. Viceversa, per tenere accostate due cariche dello stesso segno dobbiamo intervenire con un vincolo contro la repulsione elettrica, e, non appena il vincolo viene meno, il sistema si smembra da solo portando le cariche a distanza reciproca infinita: la sua energia potenziale elettrica è positiva. Un esempio di questo secondo caso può essere il nucleo di un atomo, dove l’energia potenziale elettrica è positiva: sono le interazioni nucleari attrattive fra i protoni, la cosiddetta forza forte, a tenere insieme delle particelle con carica di segno concorde: in assenza di queste il nucleo si smembrerebbe. La Controfisica E’ proprio l’energia potenziale elettrostatica ad esser liberata nelle esplosioni nucleari. Queste sono ottenute rendendo il nucleo più grande sparandogli altre particelle contro Una volta inglobate, il nucleo diviene più instabile a causa della maggiore distanza media a cui si portano i protoni. Al crescere della distanza infatti, l’attrazione nucleare forte che li tiene insieme diminuisce molto più rapidamente di quanto non faccia la repulsione elttrostatica. In un nucleo grande come quello di Uranio, già poco stabile di suo a causa della grande sparazione fra i nucleoni, l’aggiunta di nuove particelle fà si che si raggiunga una distanza media per cui la repulsione elettrostatica vince sull’attrazione forte e le particelle del nucleo schizzano via come proiettili. 2. Il potenziale elettrostatico Ricordiamo ora che si è definito campo elettrico il rapporto fra la forza elettrica che in un punto dello spazio si esercita su di una carica di prova, e la carica stessa, E lim F / q . Ciò allo scopo di ottenere una descrizione dei q 0 fenomeni elettrici che non usufruisse del concetto di azione a distanza, ma piuttosto assegnasse delle proprietà allo spazio stesso. Ci proponiamo ora di definire una grandezza fisica, il potenziale, che rivesta un ruolo analogo rispetto all’energia potenziale. Parlare di energia potenziale associata ad una carica q posta fra tante cariche Qi e non, invece, di energia potenziale associata a tutto il sistema, significa interpretare le cariche rimanenti come sorgenti di un campo elettrico nella regione di spazio dove la carica q si trova. Supponiamo ad esempio di avere N cariche Qi vincolate ad occupare delle posizioni nello spazio oppure su di un corpo: daranno origine ad un campo elettrico. L’energia potenziale di una carica q in questa regione sarà: r1 Q1 q r3 Q q Q q Q q U k 1 2 3 ... r1 r2 r3 r2 Q2 dove r1 , r2 , r3 sono le distanze fra q e ciascuna delle Qi . Se le cariche Qi si trovano localizzate su di un corpo, e su di esso viene posta anche la carica q , questa grandezza rappresenta il lavoro che le forze del campo elettrico - dovuto a tutte le Qi diverse da q - compirebbero qualora q venisse prelevata dalla sua posizione e portata a distanza infinita dal corpo stesso mentre le altre rimangono congelate nella loro posizione. 9 Q3 Quindi un corpo carico possiede la capacità di conferire energia potenziale? Considerando le cose da un differente punto di vista, un corpo carico è capace di conferire energia potenziale ad ogni nuova carica che viene posta su di esso o nelle sue vicinanze. Un’analogia con la forza peso può aiutare: immaginiamo una collina, ed una pietra che viene portata sulla sua cima. Assumendo come posizione di riferimento quella in cui la pietra si trova al livello del suolo, la forze peso compie, durante lo spostamento, un lavoro resistente. Nel momento in cui decidessimo di “smembrare il sistema” riportando la pietra nella posizione di riferimento, la forza peso ci agevolerebbero, e, quindi, secondo la definizione data, la pietra in cima alla collina ha una energia potenziale gravitazionale positiva, tanto maggiore quanto più alta è la collina. Tuttavia, indipendentemente dal fatto che vi si porti la pietra sopra, la collina si trova già là, ed ogni oggetto che vi viene posto acquisisce una proprietà che prima non aveva, proprietà a cui si dà il nome di energia potenziale gravitazionale. In modo figurato, possiamo identificare con la collina le proprietà elettriche di un corpo (od una regione dello spazio) dove sono localizzate delle cariche Qi , e la carica q con la pietra. Come possiamo definire l’analogo elettrico dell’altezza della collina? Se nell’espressione di U (q ) raccogliamo a fattor comune il valore di q ci accorgiamo che l’energia potenziale di una carica in un campo elettrostatico è proporzionale alla carica stessa : Q Q Q U (q ) k 1 2 3 ...q r1 r2 r3 infatti i termini addizionati fra parentesi non dipendono da q . Se quindi calcoliamo il rapporto fra l’energia potenziale U e la carica a cui è associata: U (q ) q e cioè l’energia per unità di carica, otteniamo una grandezza che non è più legata a q ma solo al configurazione di cariche che genera il campo. Possiamo allora usare U / q come misura della proprietà che ha la distribuzione di cariche, in un punto individuato dal vettore posizione r , di conferire energia potenziale ad una carica ivi posta. E’ questa che potremmo chiamare l’altezza della collina elettrica nel punto r , e che prende il nome di Potenziale elettrostatico: Q U (q ) Q Q V (r ) k 1 2 3 ... r1 q r2 r3 è la proprietà dello spazio che misura l’energia potenziale elettrica per Coulomb acquistata da una carica posta nella posizione individuata da r . 10 Come si utilizza il potenziale elettrostatico? Se carichiamo un corpo generico, il valore del potenziale in un suo punto o in un punto dello spazio ad esso circostante permette di sapere subito quale sarà l’energia potenziale di una carica q posta in quel punto, in quanto, ribaltando la formula si ha U (q ) qV (r ) . Il potenziale è quindi una funzione nello spazio che consente il calcolo dell’energia potenziale elettrostatica analogamente a come il campo elettrico consente il calcolo della forza elettrostatica. Si noti, infatti, l’analogia: U (q ) qV (r ) F qE con la differenza che, mentre il campo elettrico è un vettore, il potenziale elettrostatico è uno scalare. Per tale motivo si dice anche che il potenziale elettrostatico è un campo scalare, mentre il campo elettrico è un campo vettoriale: il primo definisce un numero in ogni punto dello spazio, il secondo definisce un vettore in ogni punto dello spazio. Anche V , come U , è relativo ad una posizione di riferimento. Come prima, la scelta più naturale in caso di distribuzioni di estensione finita, è quella di riferirsi ad una distanza infinita. L’unità di misura del potenziale è si chiama Volt ( V J / C ), cioè una carica di 1 C posta in un punto dello spazio che si trovi al potenziale di 1 V rispetto all’infinito, acquista un’energia potenziale di 1 J rispetto all’infinito. Se quindi in una regione sede di campo elettrico, una carica q si porta da un punto A ad un punto B, il lavoro della forza di Coulomb si scrive: LAB U q(VA VB ) q V 4. Che lavoro compie la forza elettrostatica quando spostiamo una carica q 4.30 106 C dal terminale positivo al terminale negativo di una batteria che mantiene una differenza di potenziale V V 1.5 V ? Che lavoro compiamo noi nello spostarla? Applicando la formula per il lavoro di una forza conservativa: LE U q V q(V V ) 4.30 106 C 1.5 V 6.45 106 J Il lavoro da noi compiuto è uguale ed opposto a quello della forza elettrostatica solo se nel tragitto non è cambiata l’energia cinetica della carica (ad esempio se è ferma all’inizio ed alla fine) altrimenti non si può rispondere alla domanda posta perché bisognerebbe conoscere la variazione di energia cinetica, essendo: Ltot LE Lnostro K . Come possiamo raffigurare il potenziale nello spazio? Muovendo una carica lungo una traiettoria che è sempre perpendicolare alle linee di campo, la forza di Coulomb non compie lavoro. E dovendo essere L q(Vin Vfin ) 0 , risulta quindi costante il potenziale lungo tutto il tragitto. Spostandosi nello spazio, per ogni fissato valore di V si individua quindi una superficie “bucata” perpendicolarmente dalle linee di campo, i cui punti sono tutti allo stesso potenziale, e che viene detta superficie 11 equipotenziale. In figura sono riportate le superfici sferiche equipotenziali di una carica puntiforme positiva (valori di potenziale positivi dato cheV kQ / r 0 ) e le superfici equipotenziali di un dipolo. q q q 8V 6 V 6V 4V 6V 4 V 4V 2V 2 V 0V Come sono orientate le linee di campo rispetto ai valori del potenziale? Per capirlo consideriamo lo spostamento elementare s (cioè rettilineo e piccolo rispetto alle distanze in gioco) di una carica unitaria. Se è l’angolo fra E e s , il lavoro del campo elettrico relativamente a questo spostamento si può scrivere nei due modi: E L V E s cos s 10 cm s E 9V Nel caso particolare in cui ci si stia muovendo proprio lungo una linea di forza seguendone il verso, E sarà sempre tangente alla traiettoria e quindi risulterà cos 1 , da cui: V E s 6V 3V ed essendo s 0 (componente di s lungo se stesso) possiamo concludere che, seguendo le linee di campo, si ha V 0 , cioè si sta procedendo verso potenziali decrescenti (ad esempio è ciò che accade partendo dalla superficie di un conduttore, dove fanno capo le linee di campo, e muovendosi lungo di esse). Le linee di campo sono orientate nel verso in cui diminuisce il potenziale. Se invece lo spostamento s avviene in una direzione qualunque, indicando con Es E cos la componente del campo elettrico lungo tale direzione avremo: V Es s 12 Es V s e cioè la componente del campo elettrico lungo lo spostamento è pari alla variazione del potenziale per unità di lunghezza, presa con segno negativo in modo che Es sia positivo se ci si muove nel verso in cui il potenziale decresce. Da questa formula si ha inoltre che le unità di misura del campo elettrico, anziché essere scritte N/C possono essere espresse in V/m senza cambiare il valore numerico. Che succede nei punti dove sono localizzate le cariche? Ricordando che le linee di campo sgorgano dai punti dove sono le cariche positive, e confluiscono in quelli dove si trovano le cariche negative, avremo che i primi saranno punti di massimo del potenziale ed i secondi punti di minimo. Difatti l’unico caso in cui le linee di campo possono uscire da un punto andando in qualunque direzione si ha quando tutt’intorno il potenziale è minore. Analogamente se entrano tutte in un punto si avrà che intorno ad esso il potenziale assume sempre valori maggiori che non nel punto, quindi: le cariche positive sono massimi per il potenziale, le cariche negative minimi. Esercizi 5. Fra le lastre di un doppio strato di carica si ha un campo elettrico uniforme di intensità 800 N/C . Calcolare che differenze di potenziale esistono fra i punti A , B e C vertici del triangolo rettangolo in figura. E B 10 cm 6.0 cm I punti A e C sono sulla stessa superficie equipotenziale in quanto la retta che li contiene è perpendicolare alle linee di campo, quindi VAB 0.0 V . A 8.0 cm C Per andare da B ad A ci si deve spostare parallelamente alle linee di campo quindi la differenza fra valore iniziale e finale del potenziale vale: VA VB V E s E BA (800 6.0 102 ) V 48 V ed è anche VC VB 48 V poiché come si è detto, A e C sono equipotenziali. 6. In figura sono riportate le superfici equipotenziali di una coppia di cariche identiche. Che lavoro compie il campo elettrico quando una carica q 2.30 106 C viene portata dalla posizione A alla posizione B? e se viene portata da A in C passando per D? Si stimi dalla figura il valore del campo elettrico in A. 3V 6V 9V A B 9V C D Come sono fatte le superfici equipotenziali di un conduttore carico? Come abbiamo visto le cariche in eccesso in un conduttore si dispongono su di uno strato superficiale e le linee di campo escono perpendicolarmente dal conduttore stesso. Di conseguenza la superficie di un conduttore carico è equipotenziale: se spostassimo una carica sopra di essa la forza di Coulomb non compirebbe lavoro essendo la traiettoria sempre perpendicolare alla forza. Anche nello spazio interno il potenziale dovuto alle cariche in eccesso è costante, infatti, dovendo in tale regione essere nullo il campo elettrico, quando 13 E Vcostante si sposta una carica dentro al conduttore, E compirà un lavoro sempre nullo, da cui L V 0 ovunque. Inoltre il valore del potenziale interno dovuto solo5 alle cariche in eccesso, sarà esattamente lo stesso della superficie. Se infatti non fosse così, avremmo due possibilità: un valore all’interno più alto di quello sulla superficie, e cioè dentro vi sarebbe un massimo del potenziale, oppure un valore più basso, e cioè dentro vi sarebbe un minimo. Ma come si è visto, massimi e minimi comportano una localizzazione di carica da cui le linee di campo devono sgorgare, e ciò all’interno di un conduttore non è possibile: l’intero spazio occupato da un conduttore carico risulta equipotenziale. Se quindi abbiamo un conduttore carico positivamente, isolato nello spazio e di estensione finita, le linee di campo partono dal conduttore per giungere all’infinito (partirebbero dall’infinito per entrarvi se il conduttore fosse carico negativamente). Ne segue che le superfici equipotenziali sono, per così dire, ”parallele” alla superficie del conduttore, nel senso che ne riproducono la forma almeno nelle immediate vicinanze. Cosa succede alle linee di campo in presenza di due o più conduttori? Come esempio per farci un’idea consideriamo le situazioni proposte in figura. A sinistra abbiamo due conduttori affacciati carichi dello stesso segno ma a potenziale diverso,VA VB . Il conduttore a potenziale minore subisce un fenomeno di induzione più marcato per la presenza del primo. Nella regione di affaccio le linee di campo vanno da quello a potenziale maggiore verso quello a potenziale inferiore, mentre esternamente andranno verso infinito dove il potenziale è nullo. Va sottolineato che i conduttori sono entrambi equipotenziali, sebbene la densità di carica che si raccoglie sulle superfici sia di segno diverso in differenti punti, e le linee di campo che fanno capo ad essi in parte escono ed in parte entrano. A destra invece abbiamo posto un conduttore C nella regione di spazio ove abbia sede il campo elettrico generato da altri due conduttori A e B, e qui subirà il fenomeno dell’induzione elettrostatica. Le cariche al suo interno raggiungeranno presto una configurazione di equilibrio per cui il potenziale di C sia costante, anche in questo caso con linee di campo che sono sia entranti che uscenti. Se non ci limitiamo all’effetto delle cariche in eccesso, allora anche quando il conduttore è neutro, il valore del potenziale interno è di alcuni volt superiore a quello della superficie, a seconda del metallo. Questo perché deve esistere un campo elettrico diretto sempre dalla superficie verso l’esterno, dovuto al fatto che il reticolo cristallino termina, e l’azione elettrica degli ioni più esterni non è più controbilanciata da quelli vicini. Questo campo ha un verso tale da confinare gli elettroni di conduzione sul conduttore impedendogli di fuoriuscire (viene detta una barriera di potenziale). Il suo valore è molto più intenso di quello del campo dovuto ad un eccesso di carica elettrica eventualmente presente, tuttavia esso agisce solo su scala microscopica. La barriera di potenziale non è quindi in grado di produrre moti ordinati d’insieme, e rimane inalterata dal piccolo disturbo dovuto all’eventuale presenza di uno strato di carica in eccesso. 5 14 VA VB VA VA VC costante VB possibile? 7. Si dica se è possibile che le linee di campo di un conduttore carico abbiano l’andamento disegnato in figura. V costante Una stessa linea di forza non può uscire da un conduttore per poi tornarvi, perché in tale caso il punto di rientro sarebbe a potenziale più basso di quello d’uscita, cosa non compatibile col fatto che la superficie deve essere equipotenziale. Quindi la situazione proposta è impossibile. 8. Si dica se è possibile che le linee di campo di un conduttore carico abbiano l’andamento dall’infinito e verso l’infinito come in figura. [R: in fondo] V costante possibile? 15 Soluzioni 3. Al sistema delle due cariche associamo l’energia potenziale elettrostatica U kq1q2 / r , in modo che non essendoci forze esterne a compiere lavoro risulti: U K Lest 0 1 1 1 kq1q2 m vin rfin rin 2 1 rfin 2 qq k 1 2 k q1q2 0 1 m v in r rin 2 fin 2 m vin 1 1 rfin rin 2kq1q2 2 0 1 1 2.30 103 0.1202 m 9 12 8.00 2 8.99 10 4.10 6.20 10 6. Quando q si porta da A in B il campo mediamente contrasta lo spostamento dato che procede verso potenziali maggiori. Risulta: LAB q V q(VA VB ) 2.30 106 C (6 V 9 V) 7 106 J 3V 6V A 9V B 9V C D Il lavoro che le forse del campo svolgono per uno spostamento fra due punti sulla stessa superficie equipotenziale come il passaggio da A in C, è sempre nullo, indipendentemente dal transito intermedio per D: LAC q(VA VC ) 0 J Fra la superficie equipotenziale in A e quella più esterna vi è una differenza di potenziale di 3 V separazione di circa 4 mm per cui risulta: V 3V E 8 102 V/m s 4 10-3 m 8. Quando si ha un insieme di conduttori con estensione finita, una linea di campo non può giungere dall’infinito, dove si ha V 0 , su di un conduttore, e poi ripartire da esso verso l’infinito. Infatti dovendo procedere sempre verso potenziali decrescenti si cadrebbe in contraddizione, perché il potenziale del conduttore è costante ed il suo valore non può essere contemporaneamente minore di quello all’infinito (cioè negativo) e maggiore di quello all’infinito, cioè positivo. Le linee di forza vanno solo da un conduttore ad un altro conduttore a potenziale inferiore, oppure da un conduttore verso infinito o viceversa. la situazioen proposta è dunque impossibile. 16