3. Proprietà degli inerti

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3. Proprietà degli inerti
3.1 Classificazione generale degli inerti
Gli inerti sono dei componenti molto importanti, in quanto il calcestruzzo è costituito da
questi elementi per tre quarti del suo volume. Essi influenzano proprietà tipiche del
calcestruzzo come la resistenza finale, la durabilità ed i suoi aspetti strutturali. Al contrario
della loro denominazione, essi non sono completamente «inerti», ed avendo proprietà
chimiche, fisiche e termiche, influenzano a volte le caratteristiche del calcestruzzo. In più,
oltre ad essere la parte più economica del calcestruzzo, gli conferiscono vantaggi tecnici ed
una maggiore stabilità di volume ed una migliore resistenza al deterioramento rispetto alla
semplice pasta cementizia.
Le dimensioni degli inerti variano da meno di un millimetro a diversi centimetri.
Normalmente, viene usata una miscela di diverse dimensioni degli inerti (distribuzione
granulometrica). Al fine di ottenere calcestruzzi di buona qualità, si utilizzano inerti di
almeno due granulometrie: inerti fini, o sabbia, non superiori a 2 mm, ed inerti grossi (ghiaia
e pietrisco), oltre i 2 mm. Attualmente il limite inferiore di granulometria della sabbia è
determinato a 0,06 mm. Materiali più piccoli, da 0,06 a 0,002 mm vengono classificati come
limi, o silt; mentre materiali più fini di 0,002 mm costituiscono le argille.
Molte caratteristiche degli inerti derivano dalle proprietà delle rocce di origine, come ad
esempio la composizione chimica e mineralogica, il peso specifico, la durezza, la resistenza a
compressione e all’abrasione, la stabilità chimica e fisica, la porosità, il colore, ecc. Una volta
separato dalla roccia originale però, l’inerte assume caratteristiche proprie, come la forma e le
dimensioni, la tessitura superficiale, l’assorbimento di acqua e la distribuzione
granulometrica. Tutte queste proprietà possono influenzare la qualità del calcestruzzo, sia
fresco che indurito.
3.2 Classificazione degli inerti naturali
Gli inerti naturali, cioè provenienti da rocce naturali, possono essere distinti in due categorie,
a seconda che le loro dimensioni e la loro forma siano derivate da eventi naturali (inerte
tondo), o che siano ottenuti da frantumazione delle rocce (inerti frantumati). La tab. 3.1
riporta la classificazione degli inerti secondo la loro divisione petrografica (non tutti sono
comunque utilizzati nella fabbricazione dei calcestruzzi).
Gruppo dei basalti
Gruppo delle selci
Gruppo dei gabbri
Andesite
Basalto
Porfirite basica
Diabase
Dolerite di tutti i tipi
Epidiorite
Scisto a orneblenda
Lamprofiro
Quarzo dolerite
Spilite
Selci
Ossidiane
Diorite basica
Gneiss basico
Gabbro
Gabbro o orneblenda
Norite
Peridotite
Picrite
Serpentina
Gruppo dei graniti
Gneiss
Granito
Granodiorite
Granulite
Pegmatite
Gruppo delle arenarie
Conglomerati
Arenarie arcosiche
Breccia
Grauvacca
Pietrisco
Arenaria
Tufo
Gruppo degli hornfels
Rocce alterate di contatto di tutti
i tipi eccetto il marmo
Gruppo dei porfidi
Gruppo delle quarziti
Aplite
Dacite
Felsite
Arenarie quarzose
Quarzite ricristallizzata
59
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Quarzo diorite
Sienite
Gruppo dei calcari
Dolomite
Calcari
Marmo
Granofiro
Cheratofiro
Microgranito
Porfido
Porfido quarzifero
Riolite
Trachite
Rocce scistose
Filliti
Scisti
Argilloscisti
Tutte le rocce molto sfaldabili
Tabella 3.1 – Classificazione degli inerti naturali in base al tipo di roccia.
Fonte: “Properties of Concrete”; Adam M. Neville; Pitman Publishing Ltd. - London
Tra i minerali più comuni che si ritrovano negli inerti ci sono:
– minerali silicei (quarzo, opale, calcedonio, tridimite, cristoballite);
– feldspati;
– minerali micacei;
– carbonati;
– solfati;
– minerali a base di solfuro di ferro;
– minerali ferromagnesiaci;
– zeoliti;
– ossidi di ferro;
– minerali argillosi.
3.3 Campionamento
Le diverse prove sugli inerti vengono effettuate su dei campioni del materiale da studiare,
quindi i risultati si riferiscono al campione specifico e non necessariamente a tutta la partita
del materiale che sarà successivamente utilizzato. Per questo motivo, per avere delle prove
che rappresentino il più possibile l’intera partita di materiale, il campionamento deve essere
effettuato prendendo campioni da diversi punti della partita stessa. Sono previste un minimo
di dieci porzioni il cui peso totale, per le diverse pezzature, non deve inferiore a quanto
riportato nella tab. 3.2.
Dimensioni massime
Peso del campione
[mm]
[kg]
Maggiore di 25
50
Tra 5 e 25
25
Minore di 25
13
Tabella 3.2 – Peso minimo dei campioni di inerti secondo il B.S. 812:1967.
Per effettuare una buona campionatura si utilizza il metodo di «quartatura». Il campione
principale viene rimescolato e, se vi sono inerti fini, viene inumidito per evitare segregazioni.
Quindi il materiale viene versato su un piano liscio in modo da formare un cono.
L’operazione ripetuta due volte viene effettuata sempre sullo stesso cono in modo che la
caduta delle particelle sia uniforme. Infine, il cono viene schiacciato e diviso in quattro
quadranti. Una coppia di quadranti diagonalmente opposti viene scartata e con il rimanente si
procede ad ulteriori quartature fino a lasciare una quantità residua utile ai fini dell’analisi da
effettuare. La quartatura può essere effettuata anche con un apposito strumento detto
quartatore o riffler, composto da una cassa munita di alcuni scomparti verticali, apribili in
basso. Essi vengono riempiti simultaneamente con il campione principale e, per apertura del
fondo, questo viene scaricato metà su un lato e metà sull’altro. Una metà viene scartata e
l’altra subirà ulteriori quartature fino a raggiungere il campione desiderato.
60
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3.4 Forma e tessitura degli inerti
Caratteristiche importanti degli inerti sono la forma delle particelle e la tessitura superficiale.
La scabrosità e la spigolosità delle particelle sono misurate dall’arrotondamento. Esso
dipende dalla resistenza all’abrasione della roccia d’origine e dal grado di levigazione a cui le
particelle sono state soggette. Per inerti frantumati la forma dipenderà dalla natura della
roccia d’origine, dal tipo di frantoio utilizzato e dal grado di comminuzione raggiunto, cioè
dal rapporto fra la pezzatura del materiale inviato alla frantumazione e il materiale stesso
frantumato. Una classificazione si può ritrovare nella tab. 3.3.
classificazione
Rotonde
descrizione
Completamente levigate
esempi
Ghiaia di mare o di fiume;
sabbie di varia natura
Irregolari
Naturalmente
irregolari
o
parzialmente levigate per attrito
e con spigoli arrotondati
altri tipi di ghiaia e selci
Appiattite
Particelle in cui lo spessore è
piccolo rispetto alle altre due
dimensioni
rocce lamellari
Spigolose
Possedenti
spigoli
all’intersezione
di
generalmente piane
rocce frantumate di ogni tipo;
detriti rocciosi;
scorie frantumate
Allungate
Materiali
generalmente
spigolosi in cui la lunghezza è
notevolmente maggiore delle
altre due dimensioni
vivi
facce
____
Appiattite e allungate
Materiali aventi lunghezza
____
notevolmente maggiore della
larghezza
e
larghezza
notevolmente maggiore dello
spessore
Tabella 3.3 – Classificazione della forma delle particelle secondo il B.S. 812:1967.
La spigolosità si può misurare infatti con il «fattore di spigolosità», che si definisce come il
rapporto tra il volume solido dell’inerte e il volume solido di sfere di vetro di determinate
dimensioni.
Lo spazio vuoto presente in un inerte può essere stimato in funzione della variazione di
volume dell’aria, conseguente all’applicazione di una diminuzione di pressione fissata. Tale
volume misura quindi il volume dello spazio interstiziale.
Un’altra misura della forma degli inerti più grossi è la sfericità, definita in funzione del
rapporto tra area superficiale e volume delle particelle. La sfericità è funzione delle
stratificazioni e della sfaldatura delle rocce originarie ed è influenzata dal tipo di frantoio
usato nel caso di inerti frantumati. Particelle con alto rapporto superficie/volume (particelle
allungate ed appiattite) non sono indicate per la preparazione di calcestruzzi, in quanto
riducono la lavorabilità degli impasti. Queste particelle possono anche influire sulla durabilità
dei calcestruzzi, poiché tendono ad orientarsi tutte secondo un piano, con formazione di zone
vuote (o piene d’acqua) al di sotto di esse. La presenza di questo tipo di particelle in quantità
superiore al 10 ÷ 15% è considerata non indicata. La percentuale in peso delle particelle
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appiattite rispetto al totale del campione è espressa come «indice di appiattimento», e in modo
analogo viene definito un «indice di elongazione». Le particelle che sono sia appiattite che
allungate vengono prese in considerazione in ambedue gli indici.
Un’altra definizione che riguarda la forma degli inerti è il «coefficiente di forma» dato da:
6V
N 3
in cui V è il volume della particella di inerte e N è la sua dimensione maggiore.
La classificazione della tessitura superficiale è basata sul grado a cui la superficie della
particella è lucida od opaca, liscia o ruvida, prendendo in considerazione anche il tipo di
ruvidità. La tessitura superficiale dipende tanto dalla durezza, dalla grana cristallina e dalle
caratteristiche dei pori della roccia d’origine (rocce dure, dense e a grana fine hanno
normalmente superfici di frattura liscia), quanto dal grado a cui le forze agenti sulla superficie
l’hanno levigata od irruvidita. Una classificazione generale della ruvidità è riportata nella tab.
3.4.
Gruppo
1
Tessitura superficiale
Vetrosa
Caratteristiche
Frattura concoide
Esempi
Selci nere;
scorie vetrose
2
Liscia
Levigata – superfici di
frattura di rocce
laminari o grana fine
ghiaie, selci,
argilloscisti;
marmo; alcune rioliti
3
Granulare
La frattura mostra grani Arenarie; ooliti
arrotondati più o meno
uniformi
4
Ruvida
Frattura ruvida di rocce
a grana fine o media
non contenenti
costituenti cristallini
facilmente visibili
Basalti; felsiti
Porfidi; calcare
5
Cristallina
Contenente costituenti
cristallini facilmente
visibili
Granito; gabbro; gneiss
6
Porosa
Con pori e cavità
visibili
Mattoni; pomice; scorie
espanse; clinker; argilla
espansa
Tabella 3.4 – Tessitura superficiale degli inerti (B.S. 812:1967)
La forma e la tessitura superficiale degli inerti influenzano le proprietà meccaniche del
calcestruzzo. I dati riportati nella tab. 3.5 indicano il tipo di influenza che i fattori di forma e
tessitura possono avere.
Proprietà del calcestruzzo
Effetto relativo delle proprietà degli inerti %
forma
tessitura superficiale
modulo di elasticità
Resistenza a flessione
31
26
43
Resistenza a compressione
22
44
34
Tabella 3.5 – Importanza relativa degli inerti sulla resistenza del calcestruzzo.
Fonte: “The effects of the properties of coarse aggregates on the workability of concrete”; M.F.
Kaplan.
62
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L’appiattimento e la forma degli inerti presentano una certa influenza sulla lavorabilità dei
calcestruzzi freschi. La fig. 3.1, mostra la relazione esistente tra il fattore di compattazione di
un calcestruzzo e la spigolosità degli inerti grossi in esso contenuti. Un aumento della
spigolosità dal minimo al massimo ridurrebbe il fattore di compattazione di circa 0,09.
ARTSCAP1ACAP6/101/3.3_101.tif
Figura 3.1 – Relazione tra il numero di spigolosità dell’inerte e il fattore di compattazione di un
calcestruzzo con esso confezionato.
3.5 Adesione tra cemento e inerti
Le forze di coesione tra cemento e inerti hanno molta importanza per la resistenza del
calcestruzzo. L’aderenza è legata alla ruvidità superficiale; infatti tessiture superficiali che
non permettono penetrazione della pasta cementizia non danno luogo ad una buona aderenza.
Inoltre, l’aderenza dipende anche dalla resistenza della pasta di cemento; infatti essa aumenta
con la stagionatura del calcestruzzo. Nel tempo, però, la forza di legame aumenta di più della
resistenza della pasta, ciò indica che quest’ultima non è la sola causa che determina la
resistenza del calcestruzzo. Nei cementi ad alta resistenza la forza di legame tende ad essere
inferiore alla resistenza a trazione della pasta cementizia, tanto che la frattura può avvenire
alle interfasi fra cemento ed inerti.
3.6 Resistenza degli inerti
La resistenza totale di un calcestruzzo non può essere superiore a quella degli inerti che, come
è noto, costituiscono la maggior parte del suo volume. La resistenza e l’elasticità di un inerte
dipendono dalla sua composizione, tessitura e struttura. Una bassa resistenza può dipendere
pertanto dalla debole resistenza dei grani cristallini, oppure da una debole coesione o
cementazione tra i grani stessi.
Il valore medio della resistenza alla rottura degli inerti può essere valutato attorno ai 200
MN/m2 (circa 2000 kg/cm2) anche se molti inerti, anche essendo di buona qualità, possono
scendere a 80 MN/m2 (circa 815 kg/cm2). Uno dei valori più alti riportati per alcune quarziti è
530 MN/m2 (circa 5400 kg/cm2). Alcuni valori per diversi tipi di rocce sono riportati nella
tabella 3.6.
63
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Resistenza a compressione
Valore medio**
Con esclusione dei valori estremi***
Tipo di roccia Numero di
massimo
minimo
campioni*
[MN/m2] [kg/cm2] [MN/m2]
[kg/cm2]
[MN/m2]
[kg/cm2]
Granito
278
181
2243
257
2620
114
1162
Felsite
12
324
3303
526
5363
120
1223
Trap
59
283
2885
377
3844
201
2005
Calcare
241
159
1621
241
2457
93
948
Arenarie
79
131
1336
240
2447
44
449
Marmi
34
117
1193
244
2488
51
590
Quarzite
26
252
2569
423
4313
124
1264
Gneiss
36
147
1500
235
2396
94
958
Scisti
31
170
1733
297
3025
91
912
* Per la maggior parte dei campioni la resistenza a compressione è un valore medio ottenuto su 13 ÷ 15
provini.
** Media su tutti i campioni.
*** Il 10% dei campioni aventi resistenze più alte o più basse, in valore assoluto, sono stati scartati
come non rappresentativi del materiale.
Tabella 3.6 – resistenza a compressione di rocce usate come inerti.
Fonte: “Thoughness, hardness, abrasion, strength, and elastic properties”; A.S.T.M. Sp. Tech. Pubblic,
n. 169, pp. 314-24; D.O. Woolf.
Si noti come le resistenze degli inerti sono alquanto superiori a quelle richieste per i
calcestruzzi, ciò è dovuto alle sollecitazioni che si localizzano nei punti di contatto tra le
particelle dell’inerte.
3.7 Altre proprietà meccaniche degli inerti
Gli inerti presentano anche proprietà meccaniche molto importanti, specialmente quando
devono essere utilizzati per calcestruzzi destinati a costruzioni stradali o soggette ad usura.
La principale proprietà, in questo senso, è la resistenza all’urto. Questa può essere misurata su
campioni cilindrici di roccia, calcolando l’altezza minima da cui deve essere lasciato cadere
un peso standard per provocarne la frattura.
Si può anche determinare la resistenza all’urto di un inerte con valori correlabili con la prova
di resistenza allo schiacciamento. La granulometria usata per il campione è la medesima della
prova allo schiacciamento e così pure la valutazione della parte frantumata che passa
attraverso un setaccio di 2,4 mm. L’azione d’urto è però determinata da 15 colpi di martello
che cadono liberamente sotto il peso del martello stesso sugli inerti in un recipiente cilindrico.
I limiti massimi accettabili sono:
– 30% per inerti destinati a calcestruzzi soggetti a usura;
– 45% per inerti destinati a calcestruzzi non soggetti a usura.
3.8 Peso specifico degli inerti
Poiché gli inerti presentano una certa porosità, è opportuno definire diversi tipi di peso
specifico.
Il peso specifico assoluto o reale, si riferisce al volume del materiale solido con esclusione
delle porosità è viene determinato dal rapporto tra il volume del solido ed un uguale volume
di acqua distillata e degassata. Si deve, però, considerare che il volume del solido include il
volume dei pori impermeabili, ma non quello dei pori permeabili; il peso specifico risultante
viene dunque definito apparente o medio del granulo, ed è uguale al rapporto tra il peso
dell’inerte seccato in stufa a 100 ÷ 110°C ed il peso di un volume d’acqua uguale a quello
spostato dal solido. Il peso specifico apparente di un inerte dipende dal peso specifico dei
minerali in esso contenuti e dal volume dei vuoti che si trovano nell’inerte stesso.
Normalmente gli inerti naturali hanno un peso specifico di circa 2,6-2,7. La tab. 3.7 riporta
alcuni valori. Per quanto riguarda gli inerti artificiali, invece, essi possono essere sia alquanto
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più pesanti che alquanto più leggeri.
Gruppo di rocce
Peso specifico medio
Variabilità media
Basalto
2,80
2,6 ÷ 3,0
Flint
2,54
2,4 ÷ 2,6
Granito
2,69
2,6 ÷ 3,0
Arenarie
2,69
2,6 ÷ 2,9
Hornfels
2,82
2,7 ÷ 3,0
Calcari
2,66
2,5 ÷ 2,8
Porfidi
2,73
2,6 ÷ 2,9
quarzite
2,62
2,6 ÷2,7
Tabella 3.7 – Pesi specifici apparenti in diversi gruppi di rocce.
Fonte: “Roadstone test data presented in tabular form”; D.S.I.R. Road Note n. 24; London; H.M.S.O.;
Road Research.
Il dato del peso specifico di un inerte è un valore molto importante nella costruzione di dighe
a gravità, in cui è necessario ottenere la minima densità del calcestruzzo ai fini della stabilità
della struttura.
3.9 Densità in mucchio
La densità assoluta è il volume reale del materiale solido. Dal momento che normalmente gli
inerti sono formati da piccole particelle divise da vuoti, è necessario conoscere il peso di un
determinato volume unitario del materiale sciolto. Questo peso viene definito come densità in
mucchio del materiale.
La forma e la grandezza dei granuli che formano un inerte influenzano la densità in mucchio.
Infatti, un inerte grosso con granuli ben adesi tra loro avrà una densità in mucchio elevata e
quindi sarà necessaria una quantità minore di sabbia e cemento per riempire i vuoti tra le
particelle. Per determinare la densità di un inerte compatto, si riempie con il materiale in
questione un contenitore in tre strati ed ogni strato viene percosso (con una bacchetta di 16
mm di diametro arrotondata all’estremità) per un determinato numero di volte. Quindi si
rimuove il materiale eccedente lasciando che il materiale nel contenitore cilindrico si assesti.
Invece, per la determinazione della densità di un materiale non compatto, esso viene posto in
un contenitore fino a che questo sia stracolmo, rimuovendo il materiale eccedente con una
barretta fatta scorrere sulla sommità. Il peso netto del contenuto diviso per il volume del
recipiente indica la densità in mucchio. Quindi, conoscendo il peso specifico apparente, il
rapporto dei vuoti può essere calcolato con la seguente espressione:
(densità in mucchio)
Rapporto dei vuoti= 1 .
(peso unitario dell'acqua)
3.10
Porosità degli inerti e assorbimento di acqua
La porosità di un inerte è un fattore molto importante nello studio di un calcestruzzo, poiché
essa, con l’assorbimento e la permeabilità, esplica la sua influenza su aspetti fondamentali del
calcestruzzo come l’adesione tra l’inerte e la pasta di cemento, la resistenza al gelo ed al
disgelo, la resistenza all’abrasione e la stabilità chimica.
I pori possono essere di dimensioni molto diverse, quelli più grandi possono essere visti al
microscopio ed alcuni addirittura ad occhio nudo. I pori più importanti dal punto di vista della
resistenza degli inerti hanno un diametro inferiore a 4 μm.
I pori si trovano sia completamente all’interno del solido sia aperti verso l’esterno. La pasta di
cemento, a causa della sua elevata viscosità, può penetrare solo nei pori più grandi e ad una
profondità limitata. L’acqua, invece, può entrarvi a diverse profondità ed in diverse quantità a
seconda della loro grandezza, continuità e volume totale. La tab. 3.8 mostra la porosità di
alcune rocce. Essa influenza molto la porosità totale del calcestruzzo, poiché gli inerti
rappresentano circa i 3/4 del volume del calcestruzzo stesso.
65
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Gruppo di rocce
Porosità %
Arenarie
0,0 ÷ 48,0
Quarziti
1,9 ÷ 15,1
Calcari
0,0 ÷ 37,6
graniti
0,4 ÷ 3,8
Tabella 3.8 – Porosità di alcune rocce tra le più comuni.
Fonte: “Properties of Concrete”; Pitman Publishing Ltd. – London; A.M. Neville.
Se la superficie dei granuli è asciutta, ma l’imbibizione dei pori è completa, diremo che
l’inerte è «saturo con superficie asciutta». Se lasciamo il materiale esposto all’aria in
ambiente secco, parte dell’acqua assorbita evapora e l’inerte scende al di sotto della
saturazione. Esso si può ora definire «asciutto in aria calma». Un essiccamento per lungo
tempo in stufa riduce ancora l’umidità, la quantità di acqua scende a zero e l’inerte si definirà
«secco». Questi diversi stadi sono illustrati nella fig. 3.2. L’assorbimento di un inerte viene
valutato misurando l’aumento di peso che un campione seccato in stufa subisce allorché viene
immerso in acqua e asciugato superficialmente all’aria. Per «umidità assorbita» di un inerte si
intende il rapporto percentuale tra l’aumento in peso ed il peso del campione secco.
ARTSCAP1ACAP6/112/3.4_112.tif
Figura 3.2 – Schematizzazione dell’umidità a contatto con una particella di inerte.
Per campioni essiccati in aria calma l’umidità è di circa lo 0,5%, mentre per campioni saturi
con superficie asciutta si può raggiungere il 3 ÷ 4%. Si presume che fino al momento della
presa, l’inerte si trovi in condizioni di saturazione con superficie bagnata; questo implica che,
se esso era precedentemente asciutto in aria, ha potuto assorbire abbastanza acqua d’impasto
da saturare la porosità interna. Come conseguenza dell’assorbimento si può osservare una
diminuzione di lavorabilità nel tempo, specialmente entro i primi 15 minuti. Poiché
l’assorbimento di acqua da parte del materiale asciutto diminuisce o cessa quando viene
ricoperto dalla pasta di cemento, è importante conoscere la capacità di assorbimento nei primi
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10 ÷ 30 minuti, visto che l’assorbimento completo potrebbe non essere mai raggiunto.
3.11
Contenuto di umidità libera negli inerti
Si è visto che nel calcestruzzo fresco il volume occupato dagli inerti è uguale al volume delle
particelle includenti il volume totale della porosità. Affinché non si verifichi nessun
trasferimento di acqua dalla pasta di cemento verso l’inerte, è necessario che questo si trovi in
condizioni di saturazione. Se la superficie è bagnata, l’acqua superficiale entrerà a far parte
dell’acqua di impasto e occuperà un volume eccedente quello delle sole particelle solide.
Infatti, inerti esposti alla pioggia accumulano una quantità di acqua superficiale che viene
trattenuta anche successivamente alle giornate di pioggia. Questa acqua superficiale viene
considerata come acqua d’impasto nella dosatura delle miscele, e viene definita «umidità
libera». Poiché essa viene influenzata, come abbiamo visto, dalle condizioni meteorologiche
giornaliere, bisogna eseguire frequenti misurazioni. In laboratorio il contenuto di umidità può
essere calcolato per mezzo di un picnometro. Occorre conoscere il peso specifico apparente in condizioni di saturazione e superficie asciutta. Se con B indichiamo il peso del picnometro
pieno di acqua, con C il peso del campione umido, e con A il peso del picnometro dopo
l’introduzione del campione stesso, il contenuto di umidità si può stimare tramite la relazione:
C 1 1
1 100 .
A B 1
Poiché il risultato dipende dal loro peso specifico, è necessaria una taratura per ciascun tipo
inerte. Nella pratica di tutti i giorni esistono diversi metodi per misurare l’umidità libera di un
inerte. Ultimi in ordine di tempo sono alcuni nuovi metodi elettronici che possono fornire con
letture continue e immediate l’umidità degli inerti in qualsiasi condizione. Inoltre, in alcuni
impianti di produzione di calcestruzzi, la quantità di acqua da aggiungere viene regolata
automaticamente sulla base di un controllo continuo dell’umidità nelle benne di carico.
Qualsiasi sia il metodo utilizzato, è comunque importantissima la corrispondenza tra il
campione esaminato e la partita di inerte da utilizzare, con prelievi in diversi punti dello
stock, per ridurre al minimo gli aggiustamenti in fase di produzione che sono sempre
difficoltosi e imprecisi.
3.12
Espansione della sabbia umida
L’umidità negli inerti è molto importante nel determinare le proporzioni di una miscela
cementizia. Per quanto riguarda la sabbia, in presenza di umidità, essa aumenta di volume.
Ciò avviene perché l’acqua sulla superficie del granulo tende a legarsi all’acqua dei granuli
vicini, creando delle forze superficiali che svolgono un’azione respingente tra i granuli, che
tendono ad allontanarsi. Questo può portare ad una carenza della sabbia nella miscela finale
del calcestruzzo, che quindi tenderà a disgregarsi.
Si può affermare che il grado di espansione della sabbia è funzione della percentuale di
umidità e della finezza della stessa. Il volume della sabbia umida, rispetto alla normale
sabbia, aumenta fino al 20 ÷ 30% con l’aumentare dell’umidità libera fino a circa il 5 ÷ 8%;
oltre questo valore l’acqua tende ad occupare gli spazi interstiziali cessando l’azione
repulsiva. L’andamento è mostrato nella figura 3.3, che mette in evidenza come la sabbia più
fine si espanda maggiormente ad umidità più elevate.
67
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ARTSCAP1ACAP6/115/3.5_115.tif
Figura 3.3 – Diminuzione percentuale del volume assoluto della sabbia conseguentemente ad una
espansione da umidità.
Dato che il volume della sabbia completamente bagnata è praticamente uguale a quello della
sabbia asciutta, il grado di espansione può essere calcolato determinando la diminuzione di
volume che si verifica quando ad un campione viene aggiunta acqua fino a sommergerlo. A
tale scopo, viene riempito di sabbia un recipiente di volume noto, si toglie la sabbia e si
riempie il recipiente con acqua, reimmettendo, gradualmente sotto agitazione, la sabbia tolta.
A questo punto, si misura il volume della sabbia sommersa, Vs. Se Vu è il volume iniziale
della sabbia umida, l’espansione è data da:
Vu – Vs
.
Vs
Per miscele dosate a volume si tiene conto dell’espansione della sabbia umida moltiplicando
il volume della sabbia Vs per il fattore di espansione:
V – Vs Vu
.
1+ u
=
Vs
Vs
La figura 3.4 mostra l’andamento del fattore di espansione in funzione dell’umidità.
ARTSCAP1ACAP6/116/3.6_116.tif
Figura 3.4 – Fattore di espansione per sabbie in funzione del contenuto di umidità.
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3.13
Presenza di sostanze dannose negli inerti
Esistono delle sostanze che, se presenti negli inerti, possono influenzare negativamente il
rendimento in senso lato del calcestruzzo. Esse sono:
– impurezze che intervengo nell’idratazione del cemento;
– sostanze colloidali che impediscono una buona adesione tra cemento ed inerti;
– particelle d’inerte instabili chimicamente o dimensionalmente.
3.13.1 Impurezze organiche
Queste impurezze rendono l’inerte non adatto alla preparazione dei calcestruzzi, perché
modificano i processi d’idratazione del cemento. Queste sostanze, normalmente, derivano
dalla decomposizione dei vegetali e si trovano sottoforma di humus; generalmente vengono
riscontrate più nelle sabbie che negli inerti grossi.
Per valutare la presenza delle sostanze organiche dannose, si effettua la seguente prova: un
campione essiccato a 100°C viene agitato in una soluzione acquosa al 3% di idrossido di
sodio (NaOH) e fatto riposare per 24 ore. La comparsa di una colorazione giallo-bruna è
indice della presenza di sostanze organiche. Il calcolo quantitativo si effettua con il confronto
della tonalità del colore con una sostanza standard, preparata sciogliendo 0,25 g di bicromato
di potassio (K2Cr2 O7), in 130 cm3 di acido solforico concentrato, oppure con una serie di
vetrini di colore standard.
In alcuni casi, la quantità di sostanze organiche viene calcolata misurando la perdita in peso
che si verifica dopo trattamento con acqua ossigenata.
3.13.2 Argilla e altri materiali fini
Se negli inerti è presente l’argilla, si forma una copertura sulla superficie dei granuli che
influenza l’adesione tra l’inerte ed il cemento. Lo stesso effetto può essere causato da limo e
polveri derivate dalla frantumazione delle rocce. Infatti, la loro concentrazione deve essere
limitata a livelli contenuti; in quanto aumentando la quantità di acqua necessaria per bagnare
la superficie dell’inerte, riducono la lavorabilità del calcestruzzo.
La quantità limite di queste sostanze prescritta è:
– 15% in peso per sabbia frantumata;
– 3% in peso per sabbia naturale o ghiaia frantumata;
– 1% in peso per inerti grossi.
La determinazione della quantità di argilla, limo o polvere fine viene calcolata con metodi che
si basano sulla velocità di sedimentazione delle particelle. Esistono metodi molto accurati,
secondo i quali il materiale fine viene disperso in acqua e la quantità viene calcolata in
frazioni ad intervalli di 20 μm. Un metodo molto più pratico è quello di effettuare una
setacciatura a umido con setacci da 75 μm. Un altro metodo molto veloce, è quello di agitare
l’inerte in una soluzione di sale comune (circa 1%) in un cilindro graduato. In questo modo, il
limo sedimenta nel tempo di qualche ora, al di sopra dell’inerte grosso che sedimenta quasi
subito; la sua quantità viene valutata dall’altezza dello strato in percentuale rispetto all’altezza
degli inerti sottostanti. Il rapporto ottenuto è espresso in termini di volume. Per convertirlo in
peso, si moltiplica il volume per 0,25 nel caso di sabbia naturale e per 0,5 nel caso di ghiaia
frantumata. Questi risultati sono però molto approssimativi.
3.13.3 Presenza di sali
A volte, la sabbia può contenere anche del sale. In questo caso ci potrebbero essere problemi
nell’usarla per la fabbricazione del calcestruzzo. Si deve, quindi, lavare la sabbia con acqua
dolce. La presenza di sale nei calcestruzzi, provoca l’assorbimento di umidità con
conseguente sviluppo di efflorescenze. Un effetto collaterale è la possibile corrosione delle
armature in ferro.
Infine, nella sabbia di mare è possibile trovare residui calcarei organogeni (conchiglie, ecc.)
che provocano una leggera diminuzione della lavorabilità. Per questi motivi è opportuno un
accurato controllo della granulometria della sabbia.
69
Documento #:
Doc_a3.doc
3.13.4 Impurezze instabili
Esistono due tipi di impurezze instabili: quelle che si disgregano per azione meccanica e
quelle che si disgregano per azione del freddo o dell’acqua, provocando espansioni sul
calcestruzzo.
Queste impurezze sono rappresentate dagli scisti e da altri minerali a bassa densità, nonché
dall’intrusione di grumi di argilla, legno o carbone. Se la loro concentrazione supera il 2 ÷ 5%
del peso dell’inerte possono influenzare la resistenza finale e la resistenza all’abrasione.
Tra le impurezze indesiderabili, ricordiamo la mica, che influisce sul fabbisogno di acqua e
quindi sulla resistenza del calcestruzzo. Il gesso ed altri solfati non sono ammessi nemmeno
in piccola percentuale.
La pirite e la marcassite reagiscono con l’acqua e con l’ossigeno in essa contenuto per
formare solfato ferroso che, idrolizzandosi, forma idrati. Ne derivano colorazioni superficiali
e distacco di scaglie di calcestruzzo, specialmente in ambiente caldo ed umido.
Le quantità di materiale instabile consentite sono riportate nella tabella 3.9.
Tipi di impurezze
Contenuto massimo % in peso
Inerte fine
Inerte grosso
Particelle friabili
3,0
5,0
Carbone
da 0,5 a 1,0
da 0,5 a 1,0
Materiali deboli
––
5,0
Selce facilmente disgregabile
––
da 1,0 a 5,0
Tabella 3.9 – Quantità di materiale instabile ammesse in inerti per calcestruzzi.
Fonte: Standard A.S.T.M. C33-7la.
3.14
Reazioni tra inerti ed alcali
In alcuni casi, si è osservato che gli inerti reagiscono con la pasta di cemento. La reazione più
comunemente osservata si verifica tra le varie forme di silice attiva contenute negli inerti e gli
alcali contenuti nel cemento. Le forme reattive della silice sono l’opale, il calcedonio e la
tridimite. La reazione inizia con l’attacco dei minerali silicei da parte degli idrossidi di sodio e
di potassio (NaOH e KOK). Con questo attacco si formano silicati alcalini in forma di gel a
“rigonfiamento illimitato”, che si imbeve di acqua aumentando il suo volume e causando
un’espansione tra l’inerte e la pasta di cemento.
Altri fattori che influiscono sulle reazioni alcali-inerti sono la permeabilità della pasta di
cemento e la disponibilità in essa di acqua non evaporabile. Per far si che queste reazioni
avvengano, è sempre necessaria una certa umidità; infatti, cicli alterni umido-asciutto
accelerano la reazione. Tra i 10 e i 40°C anche un aumento di temperatura accelera la
reazione.
Vista la quantità e la varietà di processi chimico-fisici che intervengono nelle reazioni tra
inerti ed alcali, non è facile stabilire i metodi per prevedere queste ultime. L’unico modo è
quello di basarsi sulle esperienze precedenti.
Si è osservato, inoltre, che gli effetti dell’espansione possono essere eliminati, in tutto od in
parte, aggiungendo della polvere fine di silice reattiva. Infatti, osservando la figura 3.5, si può
valutare la relazione tra espansione di una barretta di malta e il suo contenuto in silice
reattiva. Si nota che, per bassi tenori di silice, un suo aumento provoca l’aumento
dell’espansione; mentre per contenuti di silice oltre il 6% la situazione si inverte.
70
Documento #:
Doc_a3.doc
ARTSCAP1ACAP6/124/3.8_124.tif
Figura 3.5 – Risultati delle prove chimiche secondo lo standard A.S.T.M. C 289-71.
Questo si verifica perché, aumentando la superficie reattiva della silice, diminuisce di
conseguenza la quantità di alcali disponibili nella pasta di cemento, favorendo l’immediata
reazione con l’idrato di calcio della pasta di cemento, con successiva formazione di silicati di
calcio alcalini, non espansivi e dunque innocui. Per gli stessi motivi, l’effetto espansivo degli
inerti reattivi, viene ridotto dall’aggiunta di materiale siliceo in polvere fine, come “pyrex”
macinato, cenerino, ventilato o altro materiale pozzolanico. L’aggiunta di quest’ultimo,
provoca, però, un aumento del fabbisogno di acqua nell’impasto.
Un’altra reazione dannosa tra alcali e inerti, è quella che si verifica in condizioni umide in
alcuni calcari dolomitici che possono provocare espansioni simili a quelle delle silici reattive.
3.15
Proprietà termiche degli inerti
Le principali proprietà termiche degli inerti che influenzano il comportamento del
calcestruzzo, sono:
– la dilatazione termica;
– il calore specifico;
– la conducibilità termica.
Il coefficiente di dilatazione termica degli inerti influisce su quello del calcestruzzo, in
funzione della loro concentrazione nell’impasto. Se i due coefficienti differiscono più di
5,5·10–6 ·°C, può essere alterata la resistenza ai cicli di gelo e disgelo. Il coefficiente di
dilatazione termica dell’inerte dipende dal tipo di roccia di origine. Per le rocce più comuni
varia da 0,9·10–6 ·°C a 16·10–6 ·°C (v. tab. 3.10).
71
Documento #:
Doc_a3.doc
Se si prevedono elevate temperature è necessario conoscere il comportamento termico degli
inerti.
Coefficiente di dilatazione
termica lineare ·10–6 ·°C
Granito
1,8 ÷ 11,9
Diorite, andesite
4,1 ÷ 10,3
Gabbro, basalto, diabase
3,6 ÷ 9,7
Arenarie
4,3 ÷ 13,9
Dolomite
6,7 ÷ 8,6
Calcare
0,9 ÷ 12,2
Selce
7,4 ÷ 13,1
Marmo
1,1 ÷ 16,0
Tabella 3.10 – Coefficiente lineare di dilatazione termica per diversi tipi di rocce.
Fonte: “Petrography of concrete aggregates”; J. Amer. Concr. Inst., 42; pp. 581-600; R. Rhoades;
R.C. Mielenz.
Tipo di roccia
3.16
Analisi granulometrica
Questa analisi consiste nel suddividere il materiale in frazioni formate da particelle comprese
tra limiti specifici, corrispondenti alle dimensioni dei setacci.
I vagli più grandi sono in lamiera forata, con fori tondi o quadrati (crivelli). I vagli piccoli
(setacci) sono di tela metallica (bronzo fosforoso, ottone od acciaio), montati in serie su telai
cilindrici.
Il peso dei campioni di inerte da analizzare, secondo la normativa, è riportato nella tabella
3.11; mentre la tabella 3.12 riporta la quantità massima di materiale che ogni vaglio può
supportare, senza che venga trattenuta la frazione granulometrica più fine.
La vagliatura può essere fatta manualmente, scuotendo ciascun setaccio della serie, fino a che
non si noti ulteriore passaggio di materiale. Esistono anche agitatori meccanici dotati di
dispositivo di arresto a tempo che assicura l’uniformità della vagliatura. Bisogna, però,
sempre accertarsi che non ci siano sovraccarichi.
Un metodo efficace per riportare i dati rilevati dall’analisi granulometrica è rappresentato
nella tabella 3.13. In particolare, la colonna (2) indica i pesi trattenuti dal setaccio, e la
colonna (3) indica gli stessi pesi espressi come percentuale sul peso totale del campione. Da
questi dati si calcola la percentuale cumulativa passante, riportata nella colonna (4), che
fornisce le cosiddette “curve granulometriche”.
Dimensione massima dell’inerte
Quantità minima di campione
[mm]
[kg]
63,5
50
50,8
35
38,1 o 31,8
15
25,4
5
19,0
2
12,7
1
9,5
0,5
6,3 o 4,8
0,2
passante 2,4
0,1
Tabella 3.11 – Quantità minima di campione per analisi granulometriche.
Fonte: B.S. 812:1967.
72
Documento #:
Doc_a3.doc
Standard
[μm]
Peso massimo
[mm]
n.
Setaccio da
Setaccio da
45,7 cm (18”) 30,5 cm (12”)
[kg]
[kg]
––
10
4,5
50,8
––
3,5
––
––
8
38,1
6
2,5
31,8 o 25,4
––
––
––
4
2,0
19,0
––
3
1,5
12,7
––
––
––
2
1,0
9,5
––
0,75
––
––
1,5
6,3
1,0
0,50
4,8
––
––
––
––
0,30
3,2
––
––
––
7
––
2,4
10 o 14
––
––
1,7 o 1,2
––
––
850 o 600 o 420
18 o 25 o 36
––
––
––
––
––
300 o 210
52 o 72
––
100
––
––
150
––
––
75
200
––
Tabella 3.12 – Peso massimo di inerte ammesso su un setaccio dopo vagliatura.
Fonte: B812:1967.
Apertura
vagli
Peso
trattenuto
Percentuale
trattenuta
Percentuale
cumulativa
passante
[mm]
(1)
10
5
2,5
1,25
0,6
0,3
0,15
0,15
[g]
(2)
0
6
31
30
59
107
53
21
(3)
0,0
2,0
10,1
9,8
19,2
34,9
17,3
6,8
(4)
100
98
88
78
59
24
7
––
Totale = 307
Setaccio da
20,3 cm (8”)
[g]
––
––
––
––
––
––
––
––
––
200
100
75
50
40
25
Percentuale
cumulativa
trattenuta
(5)
0
2
12
22
41
76
93
––
Totale = 246
Modulo finezza = 2,46
Tabella 3.13 – Esempio di analisi granulometrica.
Fonte: “Properties of Concrete”; Pitman Publishing Ltd. – London; A.M, Neville.
3.16.1 Curve granulometriche
I risultati ottenuti dalle analisi granulometriche sono meglio comprensibili se posti in grafico
in appositi diagrammi. Generalmente si utilizzano diagrammi con le ordinate che
rappresentano la percentuale cumulativa passante e le ascisse che rappresentano le dimensioni
dei vagli in scala logaritmica. Un esempio di questi diagrammi è riportato nella figura 3.6 che
rappresenta i valori della tabella 3.13.
73
Documento #:
Doc_a3.doc
ARTSCAP1ACAP6/132/3.10_132.tif
Figura 3.6 – Esempio di curva granulometrica (relativa ai dati riportati nella tabella 3.13).
3.16.2 Modulo di finezza
I dati ricavati dall’analisi granulometrica possono essere espressi con un fattore numerico
detto “modulo di finezza”. Esso viene definito come la somma delle percentuali cumulative
trattenute su una specifica serie di vagli e divisa per cento [si veda tabella 3.13, colonna (5)].
Se un inerte non passa per uno dei setacci intermedi (100% di trattenuto), anche per tutti i
setacci più fini la parte trattenuta dovrà essere considerata 100%; pertanto il modulo di
finezza aumenta all’aumentare delle dimensioni dell’inerte.
Il modulo di finezza può essere definito praticamente come la dimensione del vaglio medio su
cui il materiale viene trattenuto, contando i vagli dal più piccolo.
3.17
Requisiti granulometrici
Generalmente i fattori principali necessari per definire una buona granulometria sono:
– l’area superficiale degli inerti (da cui dipende la quantità d’acqua necessaria a bagnare le
superfici solide);
– il volume relativo occupato dagli inerti;
– la lavorabilità della miscela;
– la tendenza alla segregazione (in un buon calcestruzzo essa deve essere assente).
Affinché una miscela di calcestruzzo abbia una buona lavorabilità, essa deve contenere una
sufficiente quantità di componente fine, inferiore a 0,3 ÷ 0,2 mm.
La quantità giusta di componente fine spiega perché sono previste quantità minime di
particelle passanti il vaglio da 300 μm, come riportato nelle tabelle 3.14 e 3.15. Si tenga
presente, però, che frazioni inferiori a 75μm devono essere contenute al minimo a causa della
loro elevata area superficiale.
9,52 mm
4,76 mm
2,40 mm
1,20 mm
Apertura dei vagli
Fuso 1
100
90 ÷ 100
60 ÷ 95
30 ÷ 70
Fuso 2
100
90 ÷ 100
75 ÷ 100
55 ÷ 90
Fuso 3
100
90 ÷ 100
85 ÷ 100
75 ÷ 100
Parte passante in peso
Fuso 4
100
95 ÷ 100
95 ÷ 100
90 ÷ 100
C 33-71a
100
95 ÷ 100
80 ÷ 100
50 ÷ 85
74
Documento #:
Doc_a3.doc
600 μm
15 ÷ 34
35 ÷ 59
60 ÷ 79
80 ÷ 100
300 μm
5 ÷ 20
8 ÷ 30
12 ÷ 40
15 ÷ 50
150 μm
0 ÷ 10*
0 ÷ 10*
0 ÷ 10*
0 ÷ 15*
* Per sabbie frantumate il limite è elevato al 20%.
Tabella 3.14 – Granulometrie degli inerti fini secondo le norme B.S. e A.S.T.M.
25 ÷ 60
10 ÷ 30
2 ÷ 10*
Apertura dei vagli
Percentuale trattenuta da ogni vaglio
4,76 mm
0÷5
2,40 mm
5 ÷ 15 o 5 ÷ 20
1,20 mm
10 ÷ 25 o 10 ÷ 20
600 μm
10 ÷ 30
300 μm
15 ÷ 35
150 μm
12 ÷ 20
inferiore a 150 μm
3÷7
Tabella 3.15 – Granulometria degli inerti fini secondo l’U.S. Bureau of Reclamation.
Per quanto riguarda il volume occupato dagli inerti, essi devono avere la massima densità in
mucchio perché, quanto maggiore è la quantità di particelle solide che possono trovarsi in un
determinato volume di calcestruzzo, tanto maggiore è la sua resistenza. A questo scopo si
possono tracciare curve granulometriche di forma parabolica come mostra la figura 3.7 in cui
è rappresentata la curva di Fuller.
ARTSCAP1ACAP6/134/3.11_134.tif
Figura 3.7 – Andamento curva granulometrica secondo Fuller.
È stato però dimostrato che inerti con una massima compattezza non soddisfano i migliori
requisiti di lavorabilità. Infatti, la lavorabilità aumenta se la quantità di pasta cementizia
eccede quella strettamente necessaria a riempire i vuoti nella sabbia, o anche quando la malta
di cemento (sabbia + pasta cementizia) supera la quantità richiesta per riempire i vuoti
dell’inerte grosso.
75
Documento #:
Doc_a3.doc
Si è visto, inoltre, che un altro requisito fondamentale è l’area superficiale dell’inerte. Il
rapporto acqua/cemento di una miscela viene normalmente deciso in funzione dei requisiti di
resistenza del calcestruzzo. Parallelamente, la pasta di cemento deve essere sufficiente a
ricoprire tutte le particelle cosicché, quanto minore è la superficie dell’inerte, tanto minore
sarà la quantità di pasta, e quindi di acqua, necessaria. Quindi, se la dimensione degli inerti
aumenta, la superficie specifica complessiva si riduce, con conseguente diminuzione della
necessità di acqua. Bisogna però, sottolineare che, la relazione tra diametro massimo e
fabbisogno d’acqua non è lineare. La figura 3.8 mostra questo andamento per due tipi diversi
di inerte.
ARTSCAP1ACAP6/136/3.13_136.tif
Figura 3.8 – Influenza del diametro massimo degli inerti sul fabbisogno di acqua d’impasto con
“slump” mantenuto costante.
Una volta fissati il diametro massimo dell’inerte e la sua distribuzione granulometrica, l’area
superficiale totale dei granuli può essere espressa in termini di superficie specifica dell’inerte
stesso. Quindi, visto che la lavorabilità ed il fabbisogno di acqua dipendono dall’area totale,
la superficie specifica può essere utilizzata nel calcolo del dosaggio delle miscele.
La misura della superficie specifica può essere calcolata in vari modi (per mezzo della
permeabilità dell’acqua), ma non esistono prove pratiche e gli approcci matematici sono resi
difficili dalla varia grandezza dei granuli. Inoltre, sembra che, per particelle di dimensioni
inferiori a 0,150 mm la relazione tra area superficiale e lavorabilità divenga anormale (come
si può vedere nei dati di Glanville, Collins e Matthews riportati nella tabella 3.16).
Per correggere queste inesattezze, Murdock ha proposto un “indice empirico di superficie”,
riportato nella tabella 3.17. Successivamente Davey con studi sperimentali ha provato che,
per una stessa superficie specifica degli inerti, il fabbisogno di acqua e la resistenza a
compressione sono uguali entro vaste variazioni delle curve granulometriche. Questi risultati
sono riassunti nella tabella 3.18.
Un aumento della superficie specifica degli inerti con rapporto acqua/cemento costante porta
ad una minore resistenza del calcestruzzo, come dimostrano i dati della tabella 3.19.
76
Documento #:
Doc_a3.doc
Contenuto in polvere
(% sull’inerte totale)
Rapporto acqua/cemento per
Curva granulometrica
ottenere una lavorabilità:
bassa
media
alta
0
0,612
––
––
3,0
0,618
––
––
1
6,0
0,634
––
––
9,0
––
0,700
0,750
12,0
––
0,730
0,760
2
0
0,630
––
––
3,5
0,635
0,715
––
7,0
0,648
0,715
0,750
10,5
0,653
0,720
0,745
14,0
––
0,720
0,750
3
0
0,665
0,735
0,780
4,2
0,665
0,725
0,758
8,4
0,682
0,735
0,766
12,6
0,695
0,740
0,770
16,8
0,740
0,775
0,790
4
0
0,713
0,780
0,820
4,8
0,720
0,787
0,825
9,6
0,732
0,787
0,825
14,4
0,765
0,805
0,830
19,2
0,807
0,835
0,850
Tabella 3.16 – Rapporto acqua/cemento necessario per ottenere una lavorabilità con diverse
concentrazioni di polverino macinato (inferiore a 0,150 μm) nell’inerte; secondo Glanville, Collins e
Matthews.
Fonte: “The grading of aggregates and workability of concrete”; Road Research tech. Paper n. 5;
London, H.M.S.O.; W.H. Glanville; D.R. Collins; D.D. Matthews.
Frazione granulometrica
Area superficiale relativa
Indice di superficie di Murdock
76,2 ÷ 38,1 mm
1/2
1/2
38,1 ÷ 19,05 mm
1
1
19,05 ÷ 9,52 mm
2
2
9,52 ÷ 4,76 mm
4
4
4,76 ÷ 2,40 mm
8
8
2,40 ÷ 1,20 mm
16
12
1,20 ÷ mm 600 μm
32
15
600 ÷ 300 μm
64
12
300 ÷ 150 μm
128
10
inferiore a 150 μm
1
Tabella 3.17 – Valori dell’area superficiale relativa di inerti e del corrispondente “indice di
superficie” di Murdock.
Fonte: “The workability of concrete”; Mag. Concr. Res.; pp. 135-144; L.J. Murdock.
77
Documento #:
Doc_a3.doc
Granulo 300 ÷ 150 600 ÷ 300
μm
μm
metria
A
B
C
D
11,2
12,9
15,4
25,4
11,2
12,9
15,4
0
Granulo
metria
Superficie specifica
A
B
C
D
3,2
3,2
3,2
3,2
1,20 mm ÷
600 μm
11,2
12,9
0
0
Rapporto
acqua/ceme
nto in peso
0,575
0,575
0,575
0,575
Frazioni granulometriche %
2,40 mm ÷ 4,76 mm ÷
9,52 mm
1,20 mm
2,40 mm
÷
4,76 mm
11,2
11,2
22,0
0
0
30,6
0
0
34,6
0
0
0
19,05 mm ÷
9,52 mm
22,0
30,7
34,6
74,6
[MN/m 2]
[Kg/cm 2]
[MN/m 2]
[Kg/cm 2]
[MN/m 2]
[Kg/
cm2]
[MN/m 2]
[Kg/
cm2]
23,7
24,2
24,6
23,3
474,5
246,8
250,8
237
32,9
32,3
32,8
32,1
335,5
329,3
334,5
327,3
3,72
3,74
3,84
3,46
37,9
38,1
39,2
35,3
4,38
4,48
4,54
4,16
44,7
45,7
46,3
49,4
Tabella 3.18 – Proprietà dei calcestruzzi fabbricati con inerti con uguali superfici specifiche.
Fonte: “Concrete mixes for various building purposes”; “Proc. Of a Symposium on Mix Design and Quality Control
of Concrete”; pp. 28-41; London, Cement and Concrete Assoc.; N. Davey.
Superficie specifica
Resistenza a compressione
Densità del
degli inerti
a 28 giorni
calcestruzzo fresco
[m2/kg]
[MN/ m2]
[kg/cm2]
[kg/m3]
2,24
36,1
368,1
2330
2,80
34,9
355,8
2235
4,37
30,3
309,0
2305
5,71
27,5
280,4
2260
Tabella 3.19 – Superficie specifica degli inerti e resistenza del calcestruzzo per miscele 1:6 con
rapporto acqua/cemento 0,6.
Fonte: “A classification of natural sands and its use in concrete mix design”; “Proc. Of a Symposium
on Mix Design and Quality Control of Concrete”; pp. 175-193; London, Cement and Concrete
Assoc.; A.J. Newman; D.C. Tèychenné.
Dai dati riportati in queste tabelle, si evince che l’area superficiale è un requisito
fondamentale per una buona lavorabilità del calcestruzzo fresco. Il ruolo esatto delle diverse
frazioni non è stato tuttavia ancora chiarito. Infatti, si nota che si possono avere diversi valori
della superficie specifica complessiva. Ad esempio, se si usano come inerti sabbia di fiume o
ghiaia, le quattro curve granulometriche (numeri 1 ÷ 4) nella figura 3.9, corrispondono a
superfici specifiche di 1,6; 2; 2,5 e 3,3 m2/kg. Nella pratica operativa, le caratteristiche delle
miscele non vengono alterate, se si compensano piccole carenze di inerte fine con una
quantità di poco superiore di materiale un po’ più grosso, e viceversa.
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Documento #:
Doc_a3.doc
ARTSCAP1ACAP6/138/3.14_138.tif
Figura 3.9 – Curve tipo secondo il “Road Note n. 4” per inerti di diametro massimo 19,05 mm (3/4”).
Per concludere, si può quindi affermare che, la granulometria dell’inerte è un parametro
fondamentale per stabilire la lavorabilità del calcestruzzo. Essa è poi indispensabile per
determinare il rapporto acqua/cemento, l’influenza della disgregazione ed è di primaria
importanza per la messa in opera e la costipazione del calcestruzzo.
Nel calcestruzzo indurito l’influenza può interessare la resistenza, il ritiro e la durabilità.
Infine, è bene rimarcare che molto più importante che realizzare una soddisfacente
granulometria, è il riprodurre granulometrie costanti e controllabili per evitare che lavorabilità
variabili inducano ad usare diversi rapporti acqua/cemento all’atto dell’impasto, con
conseguenti variazioni della resistenza finale.
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