la Chiesa di San Nicola a Gambatesa

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Un luogo
del silenzio:
la Chiesa di San Nicola a Gambatesa
di Maria Teresa Lembo
he il linguaggio dell’anima sia così importante nei luoghi del silenzio è il
«Cparadosso
che troviamo nei monasteri. Essi sono le dimore dell’anima ed il loro
linguaggio più profondo viene dalla profondità del silenzio» (Peter Levi).
Il francescanesimo ha rappresentato una
vera e propria rivoluzione che ha investito
la società intera. Francesco voleva riunire i
fedeli, ecco allora l’eliminazione delle navate e l’incedere della chiesa ad aula, detta appunto “chiesa ad aula mendicante”, con riferimento agli Ordini mendicanti. Questo tipo
di architettura rappresentò una delle novità
più dirompenti del XIII secolo, in cui la vera
protagonista è la nuda pietra che non cede ad
alcun tipo di ornato. Più di tutti gli altri Ordini
mendicanti, quello Francescano ha dato vita
a novità sostanziali nell’arte e nell’architettura, poiché la forza che caratterizza le chiese
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francescane nasce dalla capacità di modellare
uno spazio, da una particolare concezione del
mondo.
La chiesa di San Nicola a Gambatesa segue
lo schema architettonico tipico delle chiese
francescane, rivolto alla semplicità, e la sua
posizione, ai margini dell’abitato medievale, è
tipica di questo genere di strutture. «É d’antichissima data», come si trova scritto nella Platea Orsiniana del 1714, inventario di documenti riguardanti l’amministrazione e la storia di
alcuni luoghi pii, chiese e monasteri soppressi,
bilanci, rendite, affitti di fondi rustici ed urbani, lasciti e donazioni di monti frumentari,
Tela del 1715, con San Biagio, San Sebastiano
e San Rocco, del pittore Francesco Montagano
(foto: A. Priston).
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case e congreghe di carità, ospedali ed altre
istituzioni laiche o religiose. Ancor prima,
nel 1689, l’economo curato D. Donato De Leonardis, riferiva alla curia «non poter dire,
pur dopo molte ricerche fatte, da e quando fu
edificata». In origine l’edificio era dedicato a
S. Sebastiano e situato «fuori la terra di Gambatesa». Probabilmente, afferma il Valente, «la
nascita della chiesa, come lascia intuire la presenza di un’abside circolare dal carattere trecentesco, potrebbe essere ricondotta all’epoca
angioina e non è da escludere che si collegasse
ad una prima iniziativa dei Francescani che
erano soliti edificare chiese immediatamente
fuori dell’abitato». Dal 1586 al 1653 fu officiata
dai Minori Conventuali di S. Francesco, detti
della “Scarpa”, che abitavano il convento attiguo, loro concesso dall’Università con atto del
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7 novembre 1586. Il 15 ottobre 1652, Innocenzo
X decretò la soppressione dei conventini con
la famosa Instaurandae che portò all’abbandono di circa trenta conventi, di cui dieci nella
provincia di San Nicola, e venti in quella di
Sant’Angelo, fra i quali alcuni di veneranda antichità, la cui origine si faceva risalire, per tradizione, ai tempi di San Francesco. Tra i conventi soppressi definitivamente e abbandonati
nella provincia di Sant’Angelo ci fu quello di
Gambatesa. Il documento dichiarò soppressi
tutti quei conventi che non potevano sostenere la convivenza di dodici religiosi, allo scopo
di assicurare dappertutto la disciplina e l’osservanza conventuale. Così si esprimeva nella Storia dei Papi, Ludovico Van Pastor: «Il 15
ottobre 1652 fu emanata una bolla che dispose,
per l’Italia, l’abolizione di quei conventi i qua-
li per numero esiguo dei propri membri non
potevano più corrispondere all’intenzione dei
feudatari; i loro beni dovevano essere devoluti
per parte dei vescovi ad altri scopi pii».
Verso la fine del Seicento alcune chiese,
all’interno dell’abitato e altre sparse per la
campagna, versavano in condizioni precarie a
causa del terremoto del 1688 e del conseguente abbandono.
Nel 1690, il cardinale Orsini, arcivescovo
di Benevento (divenuto papa con il nome di
Benedetto XIII), giunto a Gambatesa, trovò «in stato desolante la chiesa di San Nicola
al Serrone [...] Macerie ne ingombravano fin
l’entrata. Invano ordinò che fosse restaurata.
Onde, tornato nel 1696, la fece abbattere completamente e ne trasferì tutti i beni mobili e
immobili, diritti e ragioni, alla chiesa di S. Se-
Nell’altra pagina:
Localizzazione su Carta I.G.M. 1:25.000 della chiesa di
San Nicola a Gambatesa
(elaborazione grafica: M.T. Lembo).
In alto:
Pianta della chiesa e del convento di San Nicola a
Gambatesa
(disegno: M.T. Lembo).
bastiano, cambiando questo titolo in quello di
San Nicola. Spese del suo, pei restauri, ducati
1.576» (Venditti, 1957).
Sulla parete retrostante fece collocare il
quadro che si trovava nell’antica chiesa di San
Nicola, raffigurante l’Immacolata con i simboli delle virtù e le figure di San Nicola e di
Sant’Onofrio. Accanto a questo, fece porre altri due quadri eseguiti a sue spese: nell’uno, le
figure di San Francesco d’Assisi con Sant’An27
In questa pagina, dall’alto:
Prospetto della chiesa e sezione del convento di San
Nicola a Gambatesa (disegno: M.T. Lembo);
Chiesa di San Nicola in un disegno della Platea Orsini
del 1714 a Gambatesa
(Archivio parrocchiale della chiesa di San Bartolomeo
Apostolo di Gambatesa).
Nell’altra pagina:
Prospetto principale della chiesa di San Nicola
(foto: M.T. Lembo);
tonio Abate e Sant’Antonio di Padova, nell’altro, San Biagio tra San Sebastiano e San Rocco.
Infine, in due quadretti, l’Arcangelo Gabriele e
l’Annunziata.
La chiesa, così restaurata e riordinata, fu
riconsacrata la prima domenica di settembre
del 1701, mentre l’antico convento fu adibito a
luogo di ricovero. Tale avvenimento si desume da una lapide posta all’interno sulla porta
della sagrestia:
ECCLESIAM HANC IN HONOREM DEI
EIVSQVE SS GENITRICIS AC VIRGINIS
MARIAE S. NICOLAI PONTIFICIS ET
HONOFRIVS CONFESSORIS SOLEMNI
RITV DEDICANS CVM SVA ARA MAIORI
SACRAVIT FR. VINCENTVS MARIA ORD.
TVSCVLANVS
tiene d’entrate sopra alcune vacche, quale
CARD. VRSINVS ARCHIEPISCPVS ET
similmente è governata da detto arciprete,
OMNIBVS ANNIVERSARIVS HIC FINI-
che unisce tutte le dette entrate, così delle
TENTIBVS PRECES DOM. I SEPTEMBRIS
cappelle, come della chiesa Madre, ascendo-
CENTVM INDVLGENTIAE DIES PER-
no ad annui docati centosessanta, trà fertili,
PETVO CONCESSIT IPSA DEDICAVIT
ed infertili, e più esige il detto arciprete la
DIE SEPT. MDCCI.
decima in grano, ed ascenderanno da tomola
PRAEDIC.
EPISCOPVS
Anche nell’Apprezzo della Terra di Gambatesa, compiuto dal tavolario Giuseppe Parascandolo per la Regia Corte, nel 1698, si legge:
in detta terra vi è un’altra Chiesa sotto il titolo di San Nicola, consistente, in una nave
coverta a tetti con un altare, nella quale vi
è un calice, ed altro per celebrare la Messa,
con una campana, quale chiesa è governata
da un arciprete, vi è un’altra cappella dentro la chiesa di San Sebastiano fuori la detta
terra con la statua di legno di San Rocco, e
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ottanta incirca l’anno, de’ quali ne spetta la
quarta parte al detto arcivescovo, ed un’altra quarta parte all’arciprete, ed un’altra alla
Chiesa, ed un’altra quarta parte al Clero.
Nella Platea Orsini del 1714 è scritto che: «la
chiesa di S. Niccolò possiede un convento soppresso, oggi ospedale, con due corridoi, uno
sotto, l’altro sopra, con nove stanze, cinque soprane, quattro sottane, con chiesa di S. Niccolò
attaccata con due sagrestie, con due giardini
contigui in uno dei quali stanno trenta piedi
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d’olive e cisterna».
Oggi, la chiesa e il convento costituiscono il
risultato di una serie di interventi che si sono
succeduti nel corso dei secoli, non sempre facili da definire. La chiesa, dalle linee architettoniche molto semplici, ha una pianta a navata unica di forma rettangolare coperta da un
tetto a capanna. L’edificio conserva l’abside
originale, in evidente stile romanico e, nella
muratura esterna, elementi funzionali e decorativi di materiale di spoglio appartenuto ad
antichi edifici. Anche la facciata è improntata all’austerità mendicante. La sua semplicità
disadorna, racchiusa in una linea essenziale e
severa, comune ad altrettante chiese del Molise, fu, probabilmente, opera di maestranze
locali che utilizzarono materiale locale e rielaborarono motivi artistici di altre regioni, soprattutto pugliesi, provenienti dalle vie della
transumanza e da quelle battute dai pellegrini.
Il prospetto, in parte rinnovato tra la fine del
Seicento e l’inizio del Settecento, presenta un
ingresso sovrastato da una finestra e culmina
con un timpano sormontato da un campanile
a vela di modeste dimensioni. Al suo interno
sono presenti alcune tele di notevole pregio
artistico. Sulla parete di fondo, è collocata una
pala d’altare in legno con semicolonne scanalate; nella parte superiore è un pannello centrale tra volute e cherubini, in quella inferiore
lo stemma dei Mendozza d’Alarçon, feudatari
di Gambatesa dal 1616 al 1620, e l’iscrizione
«AVE MARIA GRATIA PLENA». Al centro
della pala è presente un dipinto ad olio su tela
(cm. 232x155), raffigurante l’Immacolata in
tunica bianca con disegni d’oro e raffigurazioni simboliche; ai suoi piedi, Sant’Onofrio e San
Nicola. L’autore è ignoto ma di chiara matrice
stilistica attribuibile alla cerchia di Giuseppe
Cesari, detto Cavalier d’Arpino. Sulla sommità della pala è posto un dipinto raffigurante
l’Eterno Padre. Ai lati della stessa, all’interno
di apposite cornici in stucco, due dipinti, di
autore ignoto, raffigurano la Madonna e l’Ar30
Nell’altra pagina:
Particolare dell’abside della chiesa di San Nicola
(foto: M.T. Lembo).
cangelo Gabriele. Interessanti le analogie che
legano questi dipinti ai quattro tondi conservati nella chiesa di San Sebastiano a Caserta.
A sinistra dell’altare, un altro dipinto, attribuibile al pittore napoletano Giuseppe Castellano
(inizi sec. XVIII), rappresenta Sant’Antonio
Abate tra San Francesco d’Assisi e Sant’Antonio di Padova. A destra dell’altare, invece, una
tela del 1715, con San Biagio, San Sebastiano e
San Rocco, del pittore Francesco Montagano,
ed un dipinto del 1620 raffigurante l’Assunta
con la Trinità, San Francesco e San Carlo Borromeo del pittore napoletano Francesco Ferri.
Sul sagrato della chiesa è presente una croce
stazionaria, posta su una colonna ottagonale.
Su una delle due facce è scolpito il Crocifisso
tra la Madonna, San Giovanni, un angelo e un
teschio; sull’altra faccia il Cristo benedicente,
circondato dai simboli dei quattro evangelisti:
l’angelo, il bue, il leone e l’aquila. Il teschio,
scolpito ai piedi del Cristo, allude, probabilmente, al trionfo sulla morte. A tale proposito,
vi è un’altra interpretazione che va ricercata nel pensiero di San Paolo il quale presenta
Gesù Cristo come Adamo novello, autore della
vita. Nel Medioevo era diffusa la credenza che
la croce fosse piantata proprio sulla tomba d’Adamo in modo che il sangue di Cristo cadesse
sulle sue ossa e che la croce stessa fosse stata
dello stesso tronco dell’albero del bene e del
male, come narrò la leggenda della croce istoriata di Agnolo Gaddi in Santa Croce a Firenze,
da Piero della Francesca ad Arezzo. E similmente, la piaga del costato al lato sinistro, dove
è naturale supporre che fosse vibrato il colpo
della lancia, fu trasportata dagli artisti al lato
destro, il più nobile, da cui uscirono sangue
e acqua, simboleggiando nei due sacramenti
dell’Eucarestia e del Battesimo, la Chiesa che
usciva dal lato del Cristo morto, come Eva
era uscita dal lato d’Adamo dormiente. Sotto
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A sinistra:
Particolare della croce stazionaria (foto: M.T. Lembo).
In basso:
Particolare del portale d’ingresso della chiesa di San
Nicola (foto: M.T. Lembo).
Nell’altra pagina:
Tela raffigurante l’Immacolata con Sant’Onofrio e San
Nicola (foto: A. Priston).
i piedi del Cristo Pantocratore è scolpita una
data, il 1523. Probabilmente, afferma il Valente, «anche se l’innalzamento in generale delle croci molisane su una colonna sia databile
indifferentemente dal XIV al XVIII secolo, la
loro esistenza non può che trovare riferimenti
proprio nell’antica tradizione delle Staurite»
(da Stauros: ossia luogo dove viene esposta
la croce). Tale termine rimase nel linguaggio
corrente dell’Italia meridionale, in particolare
a Napoli e dintorni, per indicare confraternite
che si amministravano autonomamente.
Il significato che si nasconde nella loro origine deve legarsi al concetto di Gerusalemme
terrena che viene attribuito all’edificio ecclesiastico che si concentra nella basilica che diventa il luogo fisico nel quale vengono collocati i corpi dei defunti e nel quale avverrà
il giudizio finale. E se l’interno della chiesa,
con l’abside in cui è collocato il simulacro pittorico del Cristo Pantocratore, pronto per il
giudizio definitivo, rappresenta il luogo della
città di Gerusalemme, la colonna con la cro-
Bibliografia
ce non è altro che il Golgota su cui è posta
Di Iorio, E 1975, I Cappuccini nel Molise, Campobasso.
la croce di Cristo ed il cranio di Adamo che,
Masciotta, G B 1952, Il Molise dall’origine ai nostri
giorni, Cava dei Tirreni.
secondo la concezione apocrifa e, nell’ambito
Trombetta, A 1984, Arte nel Molise attraverso il
Medioevo, Cava dei Tirreni.
di una visione escatologica del processo di
salvezza dell’intera umanità, fu sepolto proprio in quel luogo. L’azione processionale che
si svolge partendo dall’interno della chiesa
per raggiungere la colonna e girarvi intorno,
per rientrare alla fine della cerimonia, non
rappresenta altro che la sintesi simbolica
dell’uscita da Gerusalemme per raggiungere il Golgota e ritornare nel luogo in cui si
Valente, F 2003, Il Castello di Gambatesa. Storia Arte
Architettura, Edizioni Enne, Ferrazzano.
Valente, F 2011, Croci stazionarie nei luoghi antichi del
Molise, Regia Editore, Campobasso.
Venditti, D 1957, La parrocchia di S. Bartolomeo in
Gambatesa, Siena.
Parascandolo, G 1698, Apprezzo della terra di
Gambatesa del tavolario Parascandolo G., Gambatesa,
Archivio di Stato di Campobasso, Atti demaniali b.1, f.4.
Orsini, V M 1714, Platea, Gambatesa, Archivio
Parrocchia di San Bartolomeo Apostolo.
attende il Giudizio Finale (Valente, 2011).
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