Evoluzione e neodarwinismo Italo Barrai 1. L’EVOLUZIONE COME CONCETTO GENERALE Il passaggio da una forma ad un’altra in un qualsiasi regno della natura viene di norma chiamato evoluzione. Così, si parla di evoluzione delle galassie, delle stelle, dei pianeti. Il cambiamento degli stati di aggregazione sulla superficie dei pianeti è una forma di evoluzione molto limitata, a livello locale, ed impegna una quantità di materiale sovente trascurabile non solo per l’ambiente dello spazio totale esterno al pianeta, ma anche per il pianeta stesso. 2. L’EVOLUZIONE DELLA TERRA Nel caso specifico di Sol3, la Terra su cui viviamo, le condizioni di esistenza della geometria del pianeta, quali la distanza dalla stella madre, il tempo di rotazione attorno ad essa ed al proprio asse, l’inclinazione di questo, hanno come conseguenza caratteristiche di superficie specifiche. La superficie è coperta dall’acqua per larga parte, e dal momento della solidificazione del pianeta e della discesa della temperatura sotto i 100 gradi centigradi, l’acqua è presente in modo continuo, e nelle coordinate tempo attuali è in fase di ampio equilibrio. L’intervallo di variazione della temperatura del liquido è modesto, da -3 gradi nei mari polari in inverno ai +30 gradi e oltre nelle acque basse tropicali in estate. La presenza dell’acqua come componente principale in fase liquida della crosta terrestre ha avuto come conseguenza l’origine di una chimica specifica, che si è evoluta fino alla generazione di molecole informazionali, capaci di governare polimerizzazioni aperiodiche di sostanze semplici. In particolare, la comparsa di sequenze di acidi nucleici quali l’RNA ed il DNA ha influito sulla polimerizzazione degli aminoacidi in polipeptidi. Nel corso del tempo, la relazione tra acidi nucleici e polipeptidi si è perfezionata, ed è divenuta una relazione di governo reciproco della sintesi dei due tipi di polimeri. Di conseguenza, la chimica in fase acquea ha raggiunto livelli di complessità molto elevati (Crick 1968; Brack and Orgel 1975). È anche possibile che il governo reciproco della sintesi abbia sostituito un più fragile sistema preesistente, basato unicamente sull’RNA (Benner et al 1987). 49 3. IL GOVERNO DELLE POLIMERIZZAZIONI APERIODICHE Il processo di governo delle polimerizzazioni aperiodiche è, almeno come lo vediamo oggi, un processo autocatalitico, e, una volta originato, tende a restare costante nel tempo (Eigen et al 1981; Eigen 1987). Ha così origine la funzione di produzione delle proteine da parte del DNA a basi azotate, proteine che catalizzano la sintesi del DNA che catalizza la sintesi delle proteine e così via. Nasce quindi un processo funzionale che presenta un vantaggio per se stesso, e che è, nell’ambiente acqueo primitivo, limitato dalla concentrazione e dalla distanza tra le molecole che interagiscono (Orgel 1968; Fitch 1973; Gilbert 1986). Il momento di guadagno successivo nella polimerizzazione delle due unità, le basi azotate e gli aminoacidi, è la delimitazione nell’ambiente dei composti che partecipano alla reazione di polimerizzazione, ossia la comparsa di elementi corpuscolati dotati di membrana che racchiudono i componenti della reazione. In altre parole, quando è comparsa la prima struttura che porta insieme e vicini i componenti della reazione, si è verificato un guadagno, un vantaggio per la funzione, che pertanto è aumentata ed è divenuta tanto diffusa quanto gli elementi corpuscolari nei quali essa avviene. 4. LA COMPARSA DEI MICRORGANISMI Nascono quindi ulteriori possibilità di guadagno non appena si generano condizioni di vantaggio: la delimitazione del controllo della reazione nella parte centrale dei corpuscoli, e la loro riproduzione. Questo scenario è quindi quello della comparsa dei microrganismi nel sistema acqueo del pianeta, e della reazione di catalisi al loro interno, reazione fino a questo momento soggetta alla dispersione e diffusione nell’ambiente ed alle forze fisiche prevalenti nel sistema (Cavalier-Smith 1987). I due passi successivi che portano all’acquisto di funzioni di estremo vantaggio sono la possibilità di stoccaggio e utilizzazione di energia per il controllo della reazione, e la possibilità di scegliere la posizione in cui la reazione può avvenire. 5. GLI ORGANISMI COMPLESSI Il primo passo è la funzione clorofilliana, ossia l’immagazzinamento sotto forma di energia chimica potenziale dell’ energia solare che giunge direttamente dalla stella madre. Questo passo è strettamente congiunto con la respirazione da parte del corpuscolo, che ora è una cellula a tutti gli effetti. La respirazione a ossigeno a sua volta è nata quando la cellula ha acquistato, si ritiene per simbiosi, la strumentazione chimica dei mito- 50 7. L’ADATTAMENTO ALL’AMBIENTE Conviene lasciare, almeno pro tempore, l’ipotesi lamarckiana di trasmissione alla progenie dei caratteri acquisiti. è invece non facilmente rinunciabile l’ipotesi di adattamento all’ambiente per selezione naturale di varianti preesistenti dei caratteri come proposto da Charles Darwin (1859). A livello dell’evoluzione biochimica la distinzione non è così netta, se un carattere viene acquisito, come ad esempio la respirazione aerobica, questo viene immediatamente tramesso alla progenie e permane nella popolazione. Ma ad un livello differente, la trasmissione dei caratteri acquisiti non è sostenibile. Già alla fine dell’800 Weismann ha dimostrato che il soma è separato dal genoma, le variazioni somatiche non vengono incorporate nel genoma, non sono trasmissibili. Tuttavia, per chiarire come la giraffa abbia ora un collo così lungo e sia adattata a brucare i germogli delle acacie nella savana a tre metri di altezza ed oltre, ci viene in aiuto l’ipotesi darwiniana: è ragionevole ritenere che gli animali preesistenti che già avevano un collo più lungo abbiano raggiunto il cibo meglio e più di frequente degli animali a collo più corto, onde hanno potuto riprodursi in maggior numero trasmettendo il carattere alla progenie. Questa, nel susseguirsi delle generazioni, ha completamente sostituito gli animali meno adattati. 8. I MECCANISMI EVOLUTIVI L’ipotesi darwiniana è molto forte, possiede la circolarità che contraddistingue l’evoluzione biochimica, il collo più lungo permette di mangiare di più, di fare altre giraffe col collo più lungo che possono raggiungere anche i rami più alti delle acacie, e così via, almeno fino al limite di crescita della chioma delle acacie e delle vertebre cervicali. Tuttavia, fino agli inizi del 900, l’obiezione forte era come fosse possibile la presenza di varianti trasmissibili in seno ad una stessa popolazione. Alla fine dell’800, vi fu una diatriba assai amara tra Weissmann (1895) e Spencer (1894) su come fosse possibile che la balena avesse perduto le zampe posteriori. Il lavoro di Mendel (1866) aveva già trent’anni, ma ne dovevano passare ancora cinque prima che venisse riscoperto a rendere il mondo più chiaro. 9. LA GENETICA E IL NEODARWINISMO La dimostrazione che la trasmissione ereditaria è particellare, la dimostrazione dell’esistenza dei geni ed in seguito la dimostrazione che i geni possono mutare, spontaneamente o per azione indotta, diede una nuova forza all’ipotesi darwiniana. Nelle popolazioni, si presentano spontaneamente delle varianti dovute alla mutazione di ge- 52 leologia. Nessun animale diverso dall’uomo adotta il quadrifarmaco epicureo, nessun animale sceglie un male che permetta di evitare un male maggiore, sceglie un male che porti ad un bene, evita un bene che porta ad un male, evita un bene che impedisce un bene maggiore. E l’uomo è il prodotto della teleonomia, su questo non v’è dialettica possibile. Ma l’uomo non abbandona i propri simili, se sono malati li cura, ha creato società e governi, se un uomo adopera la teleonomia per il proprio vantaggio, per esempio se uccide un altro uomo, egli viene punito. Nascono i corpi di leggi, Hammurabi, Mosè, le Dodici Tavole, la teleologia diviene generale. La tendenza è verso un vantaggio generale e comune, il vantaggio individuale non è compiutamente perseguito. L’uomo è un animale teleologico, non corre necessariamente verso il massimo del vantaggio qui e ora come è imposto dalla selezione naturale, può prevedere e quindi raggiungere successivamente un vantaggio ancora maggiore. Nel contempo, permette che altri uomini, che in regime teleonomico scomparirebbero subito, gli emofilici, i diabetici, i distrofici, sopravvivano assieme agli altri. Ne segue che la teleonomia, inventando la teleologia, ha reso se stessa obsoleta: la selezione naturale è pressochè annullata nel caso dell’uomo, e l’evoluzione di questo organismo è ora soggetta a regole diverse, che tuttavia possono e devono ancora essere chiaramente codificate (Elster 1978). Tale compito di enunciazione e di codifica delle regole di evoluzione umana è compito specifico della filosofia, non deve essere lasciato alle ideologie, per loro natura incapaci di visione universale. 54 56