DOSSIER 2006 I GRANDI PREDATORI NELLE ALPI Indice: p 1 Introduzione p 2 Ecologia, p 3 Ragioni della scomparsa e del ritorno p 4 Distribuzione di lupo, orso e lince nell'arco alpino p 7 Status di tutela in Italia, Austria, Germania, Svizzera, Francia, Slovenia: accordi internazionali e norme nazionali (tabella) p 8 impatto dei predatori su allevamenti e caccia p.9 limiti alla diffusione dei predatori nell'arco alpino: caccia, bracconaggio, interferenze ambientali, randagismo p.10 bilancio economico tra costi economici (predazioni di domestici, altri danni) e benefici (riduzione degli ungulati e dei loro impatti su pascoli, boschi e coltivi, richiamo turistico) p11 indicazioni per la gestione: norme di comportamento (tutela degli allevamenti, cani da gregge, limitazioni alla caccia, controllo del bracconaggio, ecc.) e modifiche necessarie per le politiche agricole (speciali forme di incentivazione/disincentivo per la zootecnia alpina, volte a impedire il pascolo brado) p.13 proposta politica: un piano internazionale di gestione nell'ambito della Convenzione Internazionale per Protezione delle Alpi p.15 sintesi per la stampa DOSSIER a cura di Lorenzo Baio Damiano Di Simine Si ringraziano per la collaborazione: Professor Alberto Meriggi – Università di Pavia Dottor Filippo Zibordi – Parco Naturale Adamello Brenta Dottor Daniele Rosa Pellitteri –Università di Pavia Dott.ssa Silvia Cappiello – Università di Medicina Veterinaria, Napoli Introduzione : Le Alpi custodiscono il più importante campionario di biodiversità dell’Europa continentale. Possiamo trovarvi oltre 4000 varietà di piante da fiore, 25.000 specie di insetti, importanti popolazioni di mammiferi di notevole importanza ecologica, e tra questi, al vertice delle catene alimentari, i grandi predatori che tornano ad occupare ambienti da cui erano stati cacciati nei secoli scorsi. Il ruolo delle aree protette è fondamentale per la gestione di questo patrimonio, esse si estendono su un quinto del territorio alpino italiano e sono le protagoniste di una delle più difficili sfide per il futuro delle Alpi: trovare un equilibrio tra tutela ambientale e qualità dello sviluppo. Una sfida che si gioca ad alta quota, dove occorre pensare a forme di turismo diverse e meno aggressive di quelle dei grandi caroselli sciistici, e dove il mantenimento delle attività agropastorali è essenziale per conservare la ricchezza di habitat e paesaggi, ma anche nei fondovalle in cui si concentrano edifici e strade; è proprio nei fondovalle che occorre preservare le aree naturali residue, che rappresentano corridoi ecologici indispensabili per gli spostamenti della fauna. Quest’anno con la Carovana delle Alpi, la campagna di Legambiente dedicata alla salvaguardia e alla valorizzazione dell’arco alpino, abbiamo affrontato la questione della gestione internazionale delle popolazione dei tre grandi predatori alpini: la lince, l’orso e in particolare modo il lupo. E’ di questa estate la notizia dell’uccisione attuata da parte del governo bavarese dell’orso “Bruno” o JJ1, esemplare nato nel Parco Naturale Adamello Brenta, ed anche la notizia, non assurta ai riflettori della cronaca, del via libera dei governi francese e svizzero all’abbattimento di alcuni esemplari di lupo. Con questo dossier Legambiente cerca di fornire una panoramica dello stato di conservazione dei Grandi Predatori sulle Alpi, sui conflitti che il loro ritorno può provocare in seno al mondo della zootecnia e della caccia e sulle soluzioni possibili elaborate nel tempo, ma che molte volte sono rimaste solo sulla carta perché politicamente “non convenienti”. NATURA, FAUNA E CONVENZIONE DELLE ALPI La gestione dei grandi predatori rappresenta il banco di prova più impegnativo per un trattato internazionale qual è la Convenzione delle Alpi. Questo trattato, che tutti gli Stati alpini hanno ratificato nei rispettivi Parlamenti, impegna le Parti a concordare le politiche e le norme di tutela delle diverse componenti del patrimonio ambientale alpino, intese come facenti parte di un’unica grande regione europea, e ad applicare misure nei vari ambiti: dalle politiche delle infrastrutture e dei trasporti a quelle del turismo, dalle politiche agricole a quelle forestali. Il tutto a prescindere dai confini amministrativi e di Stato: confini che, per le popolazioni di grandi predatori, semplicemente non esistono, considerata la grande mobilità che porta questi animali a spostarsi dovunque trovino prede e spazi di rifugio adeguati. Esemplare, da questo punto di vista, è la vicenda quasi ‘epica’ del ritorno del lupo che, estinto nell’intero arco alpino, vi ha fatto ritorno spontaneamente negli ultimi decenni, per espansione della popolazione delle montagne dell’Appennino centrale sopravvissuta grazie alle leggi di tutela integrale della specie promulgate in Italia negli anni ‘70. Purtroppo altri Stati, impreparati al ritorno del lupo (che vi si era estinto quasi un secolo prima), non hanno applicato disposizioni di legge altrettanto rigorose, con il risultato che oggi uno dei principali ostacoli alla ricolonizzazione delle Alpi da parte di questo prezioso predatore è costituito proprio dagli abbattimenti legalmente autorizzati, ad esempio dalle autorità francesi e svizzere. Il tema dei grandi predatori è sempre più un’emergenza, anche in considerazione del loro ruolo nel contenimento dei grandi erbivori il cui impatto su pascoli e foreste non è affatto trascurabile. Per questo è urgente che entri nell’agenda degli impegni della Convenzione delle Alpi. Lince, lupo e orso. Cenni di ecologia ed etologia: La lince abita gli ambienti forestali caratterizzati da buone densità di prede, in particolare di ungulati. Come la gran parte dei felidi, la lince si alimenta in prevalenza di ungulati, selezionando di solito le specie di minori dimensioni come caprioli e camosci, ma predando anche lepri, uccelli e roditori. La densità della lince è sempre molto bassa, in relazione agli elevatissimi requisiti spaziali ed all’organizzazione sociale. Essa infatti necessita di 1-2,5 kg di carne al giorno. Entrambi i sessi hanno abitudini strettamente solitarie e sono territoriali. I territori, segnalati con secreti associati all’urina ed agli escrementi, vengono difesi dai conspecifici dello stesso sesso. Le aree di attività possono essere molto ampie, variando tra un minimo di 60 fino ad un massimo di quasi 800 kmq. I maschi hanno in genere territori molto più ampi di quelli delle femmine, le quali riducono molto i loro spostamenti quando sono presenti i piccoli. Tali caratteristiche ecoetologiche determinano valori di densità della specie sempre inferiori ai 3,5 adulti per 100 kmq. Lynx lynx Lince europea. Foto: M.Biancarelli (www.wwf.it) Il lupo è una specie particolarmente adattabile, come risulta evidente dalla sua amplissima distribuzione geografica; frequenta quasi tutti gli habitat dell’emisfero settentrionale, con le uniche eccezioni dei deserti aridi e dei picchi montuosi più elevati. In Italia le zone montane densamente forestate rappresentano un ambiente di particolare importanza, soprattutto in relazione alla ridotta presenza umana in tale habitat. L’adattabilità del Lupo è anche legata al carattere opportunistico della sua dieta; questo carnivoro infatti, oltre a predare mammiferi selvatici e domestici di dimensioni molto variabili, si ciba di carcasse, invertebrati, e limitate quantità di frutta. Questo predatore è caratterizzato da bassissime densità, determinate dall’organizzazione sociale: vive in piccoli gruppi familiari, di solito formati da una coppia di adulti con la prole, all’interno di un territorio che viene difeso dai Canis lupus italicus lupo appenninico Foto M.Melodia (www.wwf.it) conspecifici. Le limitate dimensioni dei gruppi (2-7 individui) e le amplissime dimensioni dei territori determinano densità medie di 1-3,5 individui/100 Km². L' orso è specie legata, almeno in Europa, a zone con intensa copertura forestale. Nelle Alpi, come sugli Appennini, abita tutte le aree boscate, prediligendo per necessità alimentari, faggete e boschi misti; frequenta inoltre tutti gli ambienti posti dal fondovalle fino ad una quota anche superiore ai 2000 m. E’ specie solitaria, escluso il periodo dell’accoppiamento che è in maggio-giugno. Trascorre il periodo invernale in uno stato di semi-letargo (ibernazione), all’interno generalmente di cavità naturali. La femmina partorisce, ogni 2-3 anni, 1-3 piccoli all’interno della tana di svernamento, in gennaio- febbraio. Alla nascita il piccolo pesa 300-500 grammi e viene allattato generalmente fino ad estate inoltrata, rendendosi indipendente non prima del 2° anno. La maturità sessuale è raggiunta tra il 4° e il 6° anno, in natura l’età media è di 2025 anni. E’ specie onnivora nutrendosi di vegetali (frutti, bacche, erbe e tuberi), insetti, Ursus arctos O rso brun o alpin o (www.parcoadamellobrenta.tn.it) carogne, animali domestici (ovini), miele e api, piante coltivate (come granoturco, pere e mele). Distribuzione attuale e storica: La popolazione alpina di lince, comprende un massimo di 150 individui, discendenti di individui reintrodotti legalmente e illegalmente. Come si nota dal grafico elaborato dal KORA, la lince ad oggi si trova presente, con popolazioni consistenti sull’arco alpino, da una parte nelle Alpi svizzere Nord-Occidentali e meno diffusamente nelle Alpi italiane Segnalazioni di linci confermate nelle Alpi dal 1995 al 1999 (www.kora.ch) Occidentali, dall’altra nelle Alpi Orientali, in Slovenia e in minor numero in Friuli Venezia Giulia. La popolazione occidentale deriva da alcuni ripopolamenti attuati negli anni ’70 dalla Svizzera, che hanno però avuto successo solo sul lato svizzero occidentale. La popolazione di linci delle Alpi sudorientali, nel triangolo Slovenia-Italia-Austria, ha origine invece dalle popolazioni balcaniche. Obiettivo prioritario rimane quello di riunire le due popolazioni, infatti solo una popolazione di linci che dispone di ampie superfici risulta stabile a lungo termine. La presenza nelle Alpi è oggi probabilmente inferiore a 20 esemplari; per quanto riguarda l’Appennino recenti segnalazioni acquisite lasciano fortemente propendere per la presenza di alcuni individui nelle aree centrosettentrionali. Non si può dunque parlare di una vera e propria popolazione di linci italiana. Indici di presenza della lince in Italia (Silvia Cappiello, Università di Napoli, dati inediti, 2005) Dis tribuzione del lupo in Italia (w w w .unipr.it) Distribuzione (w w w .k ora.ch) de l lupo in Europa La popolazione di lupo nell’arco alpino si stima intorno alle 400 – 500 unità, con un areale di distribuzione estremamente variabile: stabile nelle regioni meridionali, dinamico nell’Appennino settentrionale ed in ampliamento nell’Italia centrale e sull’arco alpino da Ovest a Est. Nelle Alpi Liguri la presenza del lupo è stata documentata a partire dal 1997. La popolazione di orso bruno sulle Alpi è estremamente ridotta, si parla di meno di 20 individui in Trentino occidentale, frutto di un riuscito progetto di rinsanguamento di una preesistente popolazione residua che diversamente sarebbe stata condannata alla scomparsa, ed alcuni esemplari provenienti dai Balcani che a volte vengono avvistati sulle Alpi orientali, nel Tarvisiano e nelle zone di confine con la Slovenia. Dis tribuzione dell’Ors o w w w .orso.provincia.tn.it ) in Europa ( Dis tribuzione dell’Ors o w w .orso.provincia.tn.it ) in Italia ( Limiti alla diffusione dei predatori nell'arco alpino Bracconaggio - Ancora oggi risulta la principale causa di morte dei grandi predatori in Italia. E’ condotto principalmente tramite l’uso di bocconi avvelenati, lacci e armi da fuoco. Le motivazioni alla base delle uccisioni illegali possono essere ricondotte a tre filoni principali: conflitto con la zootecnia, l’apicoltura e l’agricoltura; conflitto con l’attività venatoria; impatto emotivo delle specie. Conflitto con la zootecnia - rappresenta un frequente fattore scatenante la persecuzione verso i predatori. Nonostante la predazione effettivamente possa comportare perdite notevoli per un singolo allevatore, la perdita complessiva è, nella maggio parte dei casi, economicamente irrilevante, ma a forte impatto emotivo. Inoltre in molte aree è venuta meno la memoria storica dei predatori (in particolare orso e lupo) e con questa la preparazione ad affrontarli. Conflitto con il mondo venatorio - I cacciatori mantengono un’opinione negativa sui grandi predatori (in particolare la lince) che vengono visti da sempre come competitori nella caccia agli ungulati selvatici, ma anche come veri e propri trofei di caccia. Mancanza di un coordinamento tra gli interventi di conservazione nei paesi alpini - In molti casi, anche recenti, si è rilevato come i vari progetti di conservazione o di gestione delle popolazioni locali di un predatore hanno una valenza solo nazionale se non addirittura locale. Anzi in più occasioni progetti realizzati e finanziati da un paese vengono poi vanificati da un altro. Basti fare l’esempio dell’Orso Bruno ucciso in Baviera questa primavera o l’annuncio dei governi francese e svizzero del via libera all’abbattimento di alcuni lupi provenienti dall’Italia occidentale e stabilizzatesi nelle zone di confine. Proprio per il lupo in Svizzera gli abbattimenti legalizzati sembrano la principale causa limitante la crescita della minuscola popolazione. Mutamenti dell’habitat - Tutti e tre i grandi predatori, orso lince e lupo, sono animali che hanno bisogno di grandi territori di vita che tendono ad ampliarsi quando le fonti alimentari divengono scarse. Con l’antropizzazione delle valli alpine, la costruzione di manufatti lineari (autostrade, ferrovie, ecc), questi habitat sono andati frammentandosi, diminuendo lo spazio di sopravvivenza dei predatori e la possibilità di creare un collegamento tra le popolazioni vitali Esiguità delle popolazioni - Ciò determina che le popolazioni di lince, orso e lupo sono sempre sottoposte a rischio di estinzioni locali per fattori casuali (naturali e non). Inoltre considerati i vasti territori occupati, è difficile l’incontro di conspecifici di sesso opposto. Randagismo canino - Questo è un fenomeno che riguarda soprattutto i lupi e che per ora è stato riscontrato prevalentemente nelle località appenniniche, ma che è bene riportare. I problemi che esso causa sono molteplici: • il rischio di inquinamento genetico: anche se raramente sono stati segnalati casi di ibridi cane – lupo; • • • competizione territoriale; competizione per le prede (troppo facilmente vengono attribuite ai lupi le aggressioni al bestiame dovute invece ai cani randagi); trasmissione di malattie come la parvovirosi che provoca un’alta mortalità nei cuccioli di lupo. Cause della scomparsa e della ripresa Fino agli anni ’70, tutti e tre questi predatori sono stati a rischio estinzione su tutto il territorio nazionale e in molte parti d’Italia sono effettivamente scomparsi a causa soprattutto dell’intensa guerra dichiarata dall’uomo che vedeva in questi predatori un pericolo per la sua incolumità e per quella del bestiame, nonché temibili concorrenti nella caccia. Per la scomparsa delle foreste e delle prede naturali, oggetto le une di un intenso sfruttamento del legname e dei pascoli e le altre di una caccia indiscriminata da parte dell’uomo. Per i trattati ufficiali, per esempio, la lince sembra scomparire dalle Alpi agli inizi del secolo scorso, ma da altre fonti risultano ulteriori segnalazioni particolareggiate fino agli anni ’50, l’orso si ridusse ad una popolazione di 2-3 esemplari in Trentino, troppo piccola per potersi preservare nel tempo; le popolazioni di lupo dopo la seconda guerra mondiale si ridussero a pochi nuclei sull’Appennino centrale, mentre sulle Alpi scomparvero agli inizi del Novecento. A partire dagli anni settanta/ottanta avviene un’inversione di tendenza, grazie ad una crescente preoccupazione per la perdita di queste specie ma anche a cambiamenti ambientali favorevoli ai predatori: aumentano così gradualmente le prove di presenza dei tre predatori nelle Alpi. Questo cambiamento è stato determinato da alcuni fattori fondamentali che si possono così riassumere: 1. Protezione Trattati internazionali, leggi nazionali e istituzione di aree protette hanno imposto uno status giuridico di tutela sulle specie a rischio. Per l’Italia ciò si è tradotto nel divieto generalizzato di abbattimento delle tre specie, e nella salvezza per le popolazioni appenniniche di lupo e orso 2. Progetti di reintroduzione (reintroduzioni di linci in Svizzera e Slovenia; reintroduzione di 10 esemplari di orso bruno provenienti dalla Slovenia nel Parco Naturale Adamello Brenta grazie ad un Progetto LIFE) 3. Aumento spontaneo, reintroduzioni e introduzioni di cinghiali e altri ungulati selvatici (cervo, capriolo, daino, muflone) 4. Ripresa dell’allevamento non custodito del bestiame soprattutto nel Centro-Nord (produzione di latte in alpeggio soppiantato dal pascolo per l’ingrasso, che non richiede presenza di pastore) 5. Abbandono delle aree montane, in particolare del Nord il ‘ritiro’ delle presenze umane alle medie e alte quote montane, la diminuzione delle superfici coltivate, hanno ricreato le condizioni e la continuità di habitat idonei al ritorno di predatori di grandi dimensioni 6. Incremento della “naturalità” dell’ambiente montano Legislazione: Il lupo è diventato specie protetta in Italia nel 1971 con un divieto di caccia temporaneo (Decreto Ministero Agricoltura e delle Foreste) trasformato in divieto assoluto nel 1976 con Decreto che ha reso inoltre illegale l’uso di esche avvelenate, grazie soprattutto alla Legge Nazionale 968/77 e la successiva 157/92 che hanno definitivamente dichiarato il lupo specie particolarmente protetta, proprio come orso e lince. Le Leggi Regionali hanno di fatto confermato la protezione integrale e alcune prevedono l’indennizzo per i danni al patrimonio zootecnico causati dal lupo (la prima Legge regionale che ha previsto rimborsi è l’Abruzzo nel 1976; la Toscana contribuisce sino al 50% per l’acquisto di cani da pastore, oltre ad indennizzare gli allevatori). Nonostante la rilevante consistenza della popolazione italiana di lupo, dall’entrata in vigore della norma di protezione non si è mai posta la necessità di autorizzare abbattimenti di esemplari ‘problematici’. A livello internazionale il lupo è incluso nelle specie "vulnerabili" e nella lista "rossa" delle specie minacciate della Unione Internazionale per la conservazione della Natura e delle Risorse Naturali (I.U.C.N.); a livello europeo è incluso nell’appendice II della Convenzione di Berna (1979) a cui l’Italia aderisce: viene definito specie protetta che necessita di tutela particolare. In base a tale Convenzione è proibita la sua cattura e uccisione, la distruzione di tane e il commercio di esemplari o loro derivati. A livello comunitario il lupo e l’orso sono considerati “specie prioritarie*”; specie “per la cui conservazione la Comunità ha una particolare responsabilità” e “per cui gli Stati membri garantiscono la sorveglianza dello stato di conservazione” (art. 11); “specie di interesse comunitario che necessita protezione rigorosa” (Allegato IV). La lince, benché inclusa nell’allegato II (specie di interesse comunitario), non è considerata prioritaria. La lince inoltre è stata inserita nella lista rossa delle specie a rischio dall’IUCN. In Francia il lupo è specie “protetta” e il Ministero dell’Ambiente e quello dell’Agricoltura hanno il compito di seguire la sua diffusione e i problemi ad essa collegati. Inoltre in ottemperanza con le direttive europee devono lavorare alla conservazione del suo habitat. Nonostante la popolazione di lupo in Francia sia ancora molto limitata, dal 2004 le autorità francesi hanno previsto la soppressione degli esemplari considerati “problematici” in quanto dimostratisi causa rilevanti danni economici. Nel 2004 sono stati autorizzati abbattimenti di 4 lupi, diventati 6 nel 2005 e nel 2006. Sebbene possa apparire numericamente modesta, l’incidenza di questi abbattimenti sul mantenimento della popolazione alpina di lupo è inaccettabilmente grave. In Germania il lupo è specie “strettamente protetta” e della sua conservazione si occupa il Ministero dell’Ambiente della Sassonia (unica regione dove c’è una presenza stabile di lupi). Per l’orso è previsto l’abbattimento di capi che risultino ‘problematici’: in questo modo è stato abbattuto nel 2006 l’orso JJ1 proveniente dalle Alpi italiane, l’unico esemplare apparso spontaneamente in Germania nel corso dell’ultimo secolo. In Slovenia il lupo è specie “strettamente protetta” in accordo con l’Atto Nazionale sulla conservazione delle specie animali minacciate del 2004. Con un emendamento del 2005 però è stata introdotta la possibilità di rilasciare permessi di caccia al lupo in particolari condizioni (eccessiva predazione di animali di allevamento). Le compensazioni per i danni provocati al bestiame sono date dallo Stato sotto la supervisione del Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste, che provvede anche ad elargire gli incentivi per l’installazione di recinti anti-predatori. Anche lince e orso sono protetti sebbene, per quanto riguarda l’orso (presente in Slovenia con una notevole popolazione) sono previsti piani di controllo che prevedono consistenti abbattimenti di capi In Svizzera in osservanza della Legge federale sulla Caccia e la Protezione dei Mammiferi e degli Uccelli, il lupo è considerato una “specie strettamente protetta”. I danni agli allevatori sono rimborsati completamente: 80% dal Governo Federale e 20% dai rispettivi Cantoni. Sono previsti anche degli incentivi economici per implementare le misure di prevenzione. L’articolo 10 di tale legge permette però di eliminare gli esemplari “problematici” (per la quantità di danni accertati e attribuiti all’attività predatoria). Dal 1998 tre lupi sono stati uccisi per avere causato ripetuti danni a degli allevamenti e il Governo federale ha inoltre autorizzato l’abbattimento di un altro esemplare nell’anno corrente. Questi abbattimenti sono senz’altro insostenibili per una specie che a tutt’oggi non ha formato alcuna popolazione stabile in Svizzera. I programmi di gestione di lince e orso (quest’ultimo fino ad oggi apparso solo temporaneamente con un individuo in dispersione dal nucleo trentino) prevedono anche per questi due predatori l’abbattimento di esemplari problematici. In Austria l’orso è specie rigorosamente protetta; i piani di gestione dell’orso prevedono solo l’abbattimento di esemplari pericolosi, ovvero che rappresentano un rischio concreto per l’incolumità umana Lince Lupo Orso Lista rossa IUCN ¹ Specie considerata “quasi in pericolo” nella lista rossa delle specie minacciate. Specie considerata “vulnerabile” nella lista rossa delle specie minacciate. Specie considerata “ a basso rischio” nella lista rossa delle specie minacciate. CITES ² Inclusa nell’Appendice II, “specie soggette a controllo, il loro commercio deve essere compatibile con la loro sopravvivenza” (il commercio di esemplari deve essere autorizzato con certificati CITES). Incluso nell’Appendice II. Incluso nell’Appendice II. Convenzione di Berna ³ Inclusa nell’Appendice III che la dichiara specie “protetta” Direttiva Habitat dell’UE 4 Inclusa nell’Allegato II (al contrario del Lupo e dell’Orso, la lince non è però considerata specie prioritaria) e IV. Incluso nell’Appendice II che lo dichiara specie “strettamente protetta” Incluso nell’Appendice II che lo dichiara specie “strettamente protetta” Inclusa nell’Allegato II come specie prioritaria* e IV che comprende le specie “che richiedono una protezione rigorosa”. Inclusa nell’Allegato II come specie prioritaria* e IV che comprende le specie “che richiedono una protezione rigorosa”. ¹Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, World Conservation Union, meglio conosciuta con il suo acronimo IUCN, è una organizzazione non governativa (ONG) internazionale con sede in Svizzera (Gland). IUCN è responsabile, fra le altre cose, della pubblicazione della Red List, ossia l'elenco delle specie animali e vegetali del pianeta e della loro attribuzione a specifiche categorie di minaccia. Approvata da tutti gli Stati alpini (Italia, Francia, Germania, Slovenia, Austria, Svizzera e Liechtenstein). ²CITES (Convention on International Trade of Endangered Species) è la convenzione firmata a Washington (USA 1973), che controlla il commercio internazionale di fauna e flora in pericolo di estinzione. È nata per permettere il controllo del commercio di animali e piante (vivi, morti, parte di essi o prodotti da essi derivati). Recepita da tutti gli Stati alpini. ³La Convenzione per la conservazione della vita selvatica e dei suoi biotopi in Europa, anche nota come convenzione di Berna fu elaborata nel 1979 e divenne esecutiva dal 1 giugno 1982. É stata recepita in Italia con la legge n. 503 del 5 agosto 1981. Recepita da tutti gli stati alpini. 4 Direttiva comunitaria n. 43 del 21 maggio 1992, (92/43/CEE) Direttiva del Consiglio relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche nota anche come Direttiva "Habitat" e recepita in Italia nel 1997. Recepita dai paesi dell’Unione Europea (compresa la Slovenia). Altre disposizioni: Regolamento CE N. 338/97 Allegato A, “relativo alla protezione di specie della flora a della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio” e successive modifiche (Regolamenti CE N. 1579/2001 e N. 1497/2003) Impatto dei predatori sugli allevamenti e sulla caccia: L’impatto che i tre grandi predatori hanno sugli allevamenti e sulla caccia può essere diretto o indiretto. Lupo, lince e orso, anche se con impatti diversi, non si nutrono solo di prede selvatiche, ma anche di animali domestici. Ciò sta causando non pochi problemi di convivenza con l’uomo. Una lince consuma Risarcim ento de gli anim ali dom e stici uccisi dalle linci nel Giura e nella regione alpina fra il 1973 e il 2003 (w w w .kora.ch) mediamente 1-2,5 kg di carne al giorno. Quando ne può disporre, tende a predare ungulati selvatici o laddove questi siano scarsi si accontenta di lagomorfi (conigli e lepri), uccelli e piccoli roditori. Nella Svizzera occidentale, la presenza radicata delle linci è stata più volte contestata dai cacciatori (senza dati certi) come la causa principale del declino delle popolazioni di capriolo e di camoscio. Per quanto riguarda danni agli animali di allevamento, i dati registrati rivelano che sono molto minori rispetto a quelli dovuti ai lupi o agli orsi. In tutto l’arco alpino sono stati segnalati poche centinaia di casi di uccisioni di capi di bestiame attribuibili alle linci, con danni di gran lunga inferiori a quelli causati da: brutto tempo, frane, cani, volpi, malattie e pessime condizioni di stallaggio. In Svizzera è previsto l’abbattimento degli esemplari che si sono specializzati sul predare per esempio pecore; probabilmente la specializzazione su ovi-caprini è condizionata dalla minore disponibilità di erbivori selvatici. Un orso adulto deve incamerare al giorno circa 20.000 kcal, l’equivalente di 30 kg di mele. Sebbene abbia una dieta I danni caus ati dall’orso bruno in alcuni Paes i europe i (w w w .k ora.ch) onnivora molto variegata, con prevalenza di frutti, vegetali e invertebrati, capita però che gli orsi catturino anche animali domestici, in particolare pecore lasciate incustodite, come accade anche con il lupo. E’ stato dimostrato che affidare le pecore alla sorveglianza dei pastori e dei loro cani e rinchiuderle la notte significa ridurre al minimo le perdite. Come nel caso degli altri due predatori, il vero problema insorge quando un orso si specializza nella cattura di animali domestici. In questo caso, per quanto riguarda Austria, Svizzera, Germania e Slovenia, è previsto l’abbattimento. Bassa è la predazione di ungulati selvatici. Leggendaria invece la voracità dell’orso per il miele con conseguenti danni agli alveari. I danni alle coltivazioni risultano contenuti e limitati a realtà locali in cui le attività agricole confinano con aree boscate frequentate dall’orso (Duprè et al. 2000). Tra le coltivazioni più colpite risultano i frutteti (meleti in particolare) e i campi di mais, frequentati soprattutto al termine della maturazione delle pannocchie. In casi più rari sembra che l’orso possa cibarsi delle spighe ancora acerbe del frumento e dell’avena (Bertin, 1953). In generale i danni provocati dall’orso sui coltivi sembrano essere di scarso valore economico. Va inoltre considerato come tali danni siano difficilmente prevenibili, principalmente a causa dell’antieconomicità nel posizionamento di recinzioni elettrificate che sembrano essere le uniche strutture efficaci nei confronti dell’orso (Koren & Adamic, 1997). La dieta del lupo è molto diversificata e dipende prevalentemente dalla disponibilità delle prede. Normalmente il fabbisogno medio di un lupo adulto è di circa 3,7-4,5 kg al giorno Genova Bestiame Altro 2% 6% Altri vegetali 7% Rifiuti 5% Frutta 27% Ungulati selvatici 92% Die ta del lupo ne lle Fore ste Case ntine si (Albe rto M e riggi – Università di Pavia) Ung. Selv. 9% Bestiame 12% Micromammiferi 12% Invertebrati 17% Altri vertebrati 11% Dieta de l lupo in Provincia di Ge nova (Alberto M eriggi – Unive rs ità di Pavia) che corrispondono a 25 grandi ungulati all’anno. Ciò lo rende particolarmente inviso ai cacciatori che, come già detto, lo vedono come un antagonista nella caccia. Di preferenza preda cervi, caprioli, camosci, mufloni e cinghiali. Più raramente stambecchi. Ma sebbene nell’immaginario comune sia diventato il predatore per eccellenza, in realtà esso tende a nutrirsi di ciò che più facilmente riesce a trovare nel proprio habitat. Se in natura mancano le sue prede tipiche può nutrirsi di carcasse, piccoli invertebrati e vertebrati, lagomorfi, uccelli, frutti e rifiuti di discarica. A volte il lupo attacca animali domestici, soprattutto pecore, capre e vitelli e può succedere che esso uccida diversi animali (surplus killing) in una sola volta (da 4 a 7, in casi estremi di più) senza consumarli. In questo caso può effettivamente provocare un notevole danno economico perché colpisce un solo allevatore. Ma in Abruzzo, dove il bestiame è tradizionalmente custodito, soltanto il 4,1% dei proprietari ha perso più di due animali. Oltre a provocare un danno diretto, l’attività di predazione di orso, lupo e lince ha un impatto indiretto nelle mandrie. Infatti, nonostante il lungo tempo di domesticazione i bovini al pascolo brado hanno mantenuto la capacità di adottare i comportamenti antipredatori tipici dei grandi erbivori selvatici. Tali comportamenti provocano modificazioni nel comportamento gregario e sociale, nell’uso dell’habitat e nei tempi dedicati alle principali attività che potrebbero non essere ottimali per quanto riguarda l’assunzione e l’assimilazione del cibo. L’allevamento del bestiame allo stato brado potrebbe avere una riduzione della resa e del rendimento economico se la presenza Die ta dell’orso bruno (w w w .parcoadam e llobre nta.tn.it) dei predatori provocasse importanti modificazioni a livello comportamentale. Tali modificazioni potrebbero causare: • Sovrasfruttamento di pascoli sicuri dalla predazione • Utilizzo scarso o nullo di pascoli esposti • Competizione alimentare • Riduzione dei tempi di foraggiamento • Riduzione qualitativa e quantitativa della produzione di latte • Riduzione dell’accrescimento dei piccoli (vitelli, agnelli, puledri) • Necessità di un completamento dell’accrescimento in stalla • Aborti da stress • Aumento del rischio di malattia • Aumento dell’uso di medicinali preventivi • Incremento dei costi di allevamento • Riduzione della qualità delle carni Costi e benefici della presenza dei Grandi Predatori: I costi della presenza dei grandi carnivori sull’arco alpino sono essenzialmente legati ai danni alla zootecnia (lupo, lince e orso) e all’agricoltura (orso). Tali danni sono, però, in genere limitati come entità e circoscritti come località e aziende interessate. I costi possono essere ripartiti come segue: Spese per gli indennizzi: questi dovrebbero comprendere sia l’indennizzo del danno immediato, sia l’indennizzo per la riduzione della resa dell’allevamento dovuta alla presenza dei predatori. Spese per la prevenzione: le spese per la prevenzione possono prevedere contributi per eventuali modificazioni dei metodi di allevamento, per la costruzione di recinzioni a prova di predatori (es. recinti anti-lupo, ecc.) e per l’acquisto e l’addestramento di cani da guardia. Tutti i costi sono facilmente quantificabili, mentre i benefici dati dalla presenza dei predatori non sono facilmente monetizzabili, ma sicuramente molto rilevanti. Di seguito vengono elencati i principali aspetti positivi della presenza dei grandi carnivori: Regolazione naturale delle popolazioni di ungulati selvatici che, se lasciate ad uno sviluppo incontrollato possono provocare danni all’agricoltura, alla zootecnia (competizione col bestiame) e alla silvicoltura (riduzione della rinnovazione, riduzione della crescita delle piante da legno, ecc.). Mantenimento e/o ripristino dell’equilibrio nelle comunità di prede. La predazione densità-dipendente fa sì che non si possano creare squilibri e che alcune specie non possano avvantaggiarsi su altre per competizione; di fatto questo meccanismo garantisce la presenza di tutte le specie preda di una comunità e riduce il rischio di estinzione. Selezione naturale sulle specie di ungulati selvatici. La coevoluzione tra predatori e prede, ha portato alla fissazione di alcune caratteristiche eco-etologiche delle specie preda che andrebbero perse se venisse a mancare la pressione selettiva da parte del predatore. Aumento della biodiversità locale e della stabilità del sistema. Attrazione per un tipo di turismo “ecologico”. Mantenimento degli aspetti culturali umani legati alla presenza dei predatori. Indicazioni per un piano d'azione: norme di comportamento e modifiche necessarie per le politiche agricole: Nel 2003 il Consiglio d’Europa ha commissionato a tecnici internazionali la stesura di Piani d’Azione per la protezione delle specie animali a rischio di estinzione o particolarmente in difficoltà. Quasi quattro anni fa dunque erano già stati individuati i nodi principali da sciogliere per garantire la loro salvaguardia: Coordinamento transfrontaliero per la gestione dei grandi predatori Un grave problema che proprio quest’estate si è rivelato ampiamente è legato al fatto che i governi nazionali e le istituzioni da essi dipendenti collaborano poco o nulla. Ciò che crea dei grandi problemi è proprio la mancanza di coordinamento degli sforzi volti a preservare la fauna europea. Anzi, molto spesso, ci si trova davanti ad un drammatico circolo vizioso che vede alcuni Stati alpini finanziare progetti di reintroduzione e salvaguardia dei grandi predatori, e Stati confinanti eliminare esemplari che sconfinano, senza chiedersi da dove provengano e se ci sono maniere alternative per trattarli. Se pensiamo che gli animali in questione sono estremamente mobili (il lupo può compiere da 60 a 190 km in una notte) e che le loro popolazioni sono in espansione, possiamo comprendere quanto sia importante un accordo a livello di regione alpina, se non a livello continentale. Restaurazione degli habitat di prede e predatori Sebbene lupo e orso (meno la lince) abbiano dimostrato ampiamente la loro capacità di adattarsi nella scelta dell’habitat, bisogna lavorare ancora parecchio per fare sì che le diverse popolazioni dei tre predatori, sparse nell’arco alpino, possano interagire fra loro, e che le specie possano finalmente ritrovare la loro funzione ecologica di controllo della densità delle loro prede. Per fare questo bisogna lavorare per ristabilire, dove si può, gli habitat idonei (obiettivo della Direttiva Habitat) alle specie preda, ungulati, lagomorfi, roditori, uccelli e invertebrati. Bisogna inoltre garantire il loro prelievo moderato e il controllo del bracconaggio. Inoltre bisognerebbe pianificare “corridoi preferenziali” per il movimento di prede e predatori che riescano a far loro superare barriere artificiali normalmente insuperabili come viadotti, terrapieni, ecc…Questi corridoi avrebbero anche la funzione di connettere popolazioni differenti, diminuendo i rischi di consanguineità . Danni occasionali agli animali da pascolo Il conflitto fra allevatori e grandi predatori costituisce la principale limitazione all’espansione di lince, orso e lupo sull’arco alpino. Da molti decenni gli allevatori si sono abituati a non dovere più temere l’azione predatoria di tali animali. Ciò ha assecondato la diffusione di forme di allevamento incompatibili con la presenza di predatori, come l’allevamento allo stato brado di bovine, lasciate nei pascoli di montagna senza nessuna vigilanza, diventando facile oggetto di attacchi predatori, specie nella fase critica del parto e dello svezzamento dei vitelli. Sebbene non si possa annullare l’impatto dei predatori sul bestiame, si può però fare in modo che sia minimo. Come suggerito da molti esperti, bisogna fare riferimento anche alle pratiche delle regioni in cui i grandi predatori non sono mai scomparsi, come l'Appennino centrale dove si sono conservate modalità di allevamento capaci di convivere con il lupo e con l'orso. Queste pratiche, applicabili anche sulle nostre Alpi, riguardano l'utilizzo di cani da protezione, recinti elettrificati a rete rigida e chiusura delle mandrie e delle greggi in ricoveri notturni. Una delle principali misure destinate ad attenuare il conflitto con gli allevatori e gli agricoltori consiste in un efficace sistema di indennizzo dei danni provocati dai grandi predatori, ma che sia rigoroso nella valutazione del danno al fine di evitare di trasformarsi in una forma surrettizia di finanziamento, e che spinga invece allevatori e agricoltori a dotarsi in precedenza dei mezzi migliori di protezione dalla predazione o dai danni ai raccolti o alle arnie. Inoltre bisogna affrontare la problematica dei danni causati dai cani, randagi e non, che sovente vengono scambiati per danni da lupi. E' importante sviluppare una modalità di gestione del rapporto tra predatori e allevamenti che identifichi e metta in rete, a livello internazionale, le pratiche di maggior efficacia per la prevenzione e minimizzazione del danno. Educazione e informazione delle popolazioni locali e loro coinvolgimento nella gestione del lupo La sensibilità nei riguardi dei grandi predatori varia a seconda del contatto diretto o meno delle persone con questi animali. Mentre le persone di città hanno generalmente una visione romantica e positiva della natura e dei grandi mammiferi, le persone degli ambienti rurali, che effettivamente coesistono e lavorano a stretto contatto con la fauna, in molti casi si sentono insicure e vivono il loro rapporto con i predatori in maniera conflittuale. Diventa dunque fondamentale lavorare insieme per la gestione delle popolazioni di lupo, lince e orso in modo da trovare nuove modalità di coesistenza “tollerabile”. La comunità locale dovrebbe essere portata a sentirsi coinvolta e responsabile della sopravvivenza della biodiversità, carnivori compresi, attraverso campagne d’informazione e programmi educativi avviati con gli allevatori, agricoltori e cacciatori, preparazione e messa in opera di progetti con la collaborazione degli enti locali interessati, istituzione di comitati di gestione con rappresentanti di ogni categoria coinvolta. Roma, 23 agosto 2006 Ill.mo MINISTRO dell’Ecologia e dello Sviluppo Sostenibile Sig.ra Nelly Olin 75302 PARIS 07 SP Ill.mo MINISTRO dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Sig. Alfonso Pecoraro Scanio ROMA e, p.c., Commissaria Europea Margot Wallstrom Vicepresidente Relazioni istituzionali e strategia di comunicazione B-1049 BRUSSELS Commissario Europeo Stavros Dimas B-1049 BRUSSELS Presidente, CIPRA Internazionale Sig. Dominik Siegrist FL 9494 Schaan, Liechtenstein Presidente della Rete delle Aree Protette Alpine Sig. Michael Vogel ALPARC F – 73000 Chambery, Francia Presidente IUCN Sig. Valli Moosa CH – 1196 Gland, Svizzera Segretario Generale della Convenzione delle Alpi, Sig. Ruggero Schleicher-Tappeser, A – 6020 Innsbruck, Austria Segretario Generale della Convenzione sulla Diversità Biologica Montreal, Quebec, Canada H2Y 1N9 Oggetto: Protezione Internazionale del lupo nelle Alpi On.li Ministri, da diversi anni il lupo, il più importante grande predatore europeo, è tornato a stabilirsi nell’arco alpino dopo aver risalito la dorsale appenninica, formando piccoli nuclei in Liguria, Piemonte, PACA e Rodano-Alpi, regioni a ridosso del confine tra Italia e Francia, e apparendo sporadicamente in Lombardia e Svizzera Meridionale, probabile avvisaglia di una imminente ricolonizzazione anche nelle Alpi Centrali. Dopo secoli di persecuzione e la completa estinzione della popolazione alpina di lupo, grazie alla protezione accordatagli da accordi internazionali ed all’impegno di conservazione perseguito con successo dal nostro Paese nei confronti della popolazione appenninica del predatore, questo è sicuramente uno dei più lieti eventi che si siano verificato nelle Alpi nel secolo trascorso, testimonianza della vitalità di un sistema ecologico regionale giustamente soggetto alla tutela della Convenzione Internazionale per la Protezione delle Alpi. Il ritorno del lupo e la costituzione di sue popolazioni stabili in tutto l’arco alpino rappresenta un obiettivo irrinunciabile per la conservazione della natura nelle Alpi, in quanto questa specie svolge essenziali funzioni di regolazione delle popolazioni di erbivori selvatici che, in assenza di predazione, sono in grado di determinare gravi danni alle foreste, ai pascoli, alle coltivazioni. Purtroppo, oltre alle morti incidentali e al bracconaggio, questa specie viene ancor oggi legalmente abbattuta in virtù di autorizzazioni rilasciate da Autorità nazionali: accade in Svizzera, avviene da alcuni anni in Francia. L’ultimo provvedimento in ordine di tempo è l’ordinanza dei Ministeri francesi dell’ambiente e dell’agricoltura, pubblicata il 1 giugno 2006 sul Journal Officiel de la Republique Française, che prevede la possibilità di abbattere fino a 6 lupi entro marzo 2007. Questi interventi sono, a nostro avviso, in aperto contrasto con la Convenzione di Berna e con la direttiva 92/43/CE, e confliggono apertamente con gli obiettivi dell’iniziativa Countdown 2010 promossa dalla IUCN e con gli impegni assunti dalle Parti contraenti della Convenzione sulla Diversità Biologica. Infatti gli abbattimenti, anche di pochi esemplari, possono determinare una concreta minaccia per la sopravvivenza di popolazioni che, al momento, sono costituite solo da poche decine di esemplari. Rileviamo inoltre un forte contrasto dell’ordinanza nei confronti dello spirito e della lettera della Convenzione delle Alpi, come affermato dalla CIPRA Internazionale nella risoluzione del 26 febbraio 2006: infatti i lupi, come gli orsi e ogni altro grande predatore, non riconoscono la sovranità di alcuno Stato, e svolgono la loro indispensabile funzione ecologica a prescindere dai confini nazionali, pertanto le azioni per la gestione di queste specie non dovrebbero essere assunte unilateralmente da singole Autorità statali o regionali, bensì essere condivise in qualificate sedi transfrontaliere, sempre in coerenza con gli obiettivi internazionali di stabilizzarne ed estenderne la presenza. Il provvedimento assunto dalle autorità nazionali francesi è un evidente ostacolo alla espansione alpina delle popolazioni di lupo ed espone a rischio il perseguimento degli obiettivi di conservazione della natura nel nostro e negli altri Paesi alpini: per questo, riservandoci diversamente di intervenire presso le sedi opportune, chiediamo che detto provvedimento venga ritirato e si proceda, con spirito multilaterale, ad attuare iniziative e programmi volti a limitare il danno che il lupo può esercitare alle attività economiche di allevamento e alpeggio. Danno che è, comunque, di gran lunga inferiore ai benefici che la predazione del lupo determina contenendo le popolazioni di ungulati selvatici, quali cinghiali e cervi, le cui esplosioni demografiche comportano danni di rilevantissima entità alle colture e alle foreste. Il prossimo 8-9 novembre si svolgerà ad Alpbach in Austria la 9a Conferenza delle Parti che concluderà il biennio della Presidenza Austriaca della Convenzione alpina: riteniamo che debba essere questa l’occasione per impostare su basi coerenti e condivise la gestione dei grandi predatori, ponendo l’arco alpino quale ambito internazionale di elezione per politiche transfrontaliere di protezione e conservazione della natura, ed auspichiamo che i lavori preliminari alla Conferenza servano a mettere a punto i capisaldi di una comune strategia per il lupo, estesa alla totalità degli Stati alpini. Certi che vorrete adoperarvi ed assumere l’impegno di una simile esemplare iniziativa, di concerto con gli Osservatori Non-Governativi e le istituzioni scientifiche che assistono i lavori della Convenzione Alpina, rivolgiamo cordiali saluti. Antonino Morabito, Responsabile nazionale Fauna Roberto Della Seta, Presidente nazionale La Carovana delle Alpi 2006 Carovana delle Alpi è la campagna che Legambiente realizza in collaborazione con il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e che ha come scopo la difesa e la valorizzazione della più grande area montuosa del continente europeo. Nell’ampio territorio alpino italiano vivono oltre 4 milioni di abitanti. Le aree montane sono costellate da migliaia di centri abitati, che svelano uno straordinario e fragile mosaico culturale. Purtroppo molte valli vivono una condizione di forte disagio e sono a rischio di spopolamento: un fenomeno che, se non verrà arginato, porterà alla scomparsa di molti elementi del paesaggio e dell'identità alpina. Contrastare lo spopolamento è una priorità per le politiche territoriali, come la lotta all’inquinamento e al degrado, poiché l’ambiente alpino si è evoluto per secoli in stretto rapporto con gli usi del suolo da parte delle comunità locali. Per il quinto anno Carovana delle Alpi di Legambiente percorrerà l'intero arco alpino del nostro Paese per sensibilizzare i cittadini, le forze economiche e le istituzioni a rendersi protagoniste della sfida della qualità ambientale. Per informazioni rivolgersi al sito di Legambiente www.legambiente.com Letteratura consultata Bocedi R.-Bracchi P.G. 2004: Evoluzione demografica del lupo (Canis lupus) in Italia: cause storiche del declino e della ripresa, nuove problematiche indotte e possibili soluzioni. Ann. Fac. Medic. Vet. di Parma (volume XXIV, 2004) Genovesi, P. 2002: Piano Nazionale per la conservazione del lupo (Canis lupus) – Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica “A. Ghigi” Boitani, L. 2003: Plan d’action pour la conservation du loup en Europe (Canis lupus) Editions du Conseil de l’Europe Breltenmoser U.- Breltenmoser Wurstel C. – Henryk O. – Kaphegyl T. – Kaphegyl Wallmann U. – Muller U. 2003: Plan d’action pour la conservation du lynx en Europe (Lynx linx) - Editions du Conseil de l’Europe Documenti tecnici, 1998: Il lupo elementi di biologia, gestione, ricerca. Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica “A. Ghigi” KORA, 2005: Documentazione Lupo KORA, 2005: Documentazione sulla Lince KORA; 1999: Documentazione sull’Orso Salvatori V. – Linnel J. 2005: Report on the conservation status and threats for wolf (Canis lupus) in Europe Swenson J. E. – Gerstl N. – Dahle B. – Zedresser A. 2000 : Action plan for the conservation of the Brown Bear ((Ursus arctos) in Europe - Editions du Conseil de l’Europe Siti consultati: www.minambiente.it www.wwf-si.ch www.wwf.it www.parcoadamellobrenta.tn.it www.appennino4p.it/lupo www.orso.provincia.tn.it