ESCUALO CELEBRI BRANI DI PIAZZOLLA, MOLINELLI E BACALOV GIAMPAOLO BANDINI CHITARRA - CESARE CHIACCHIARETTA Un viaggio nei ritmi argentini, in primo luogo Piazzolla, ma anche Bacalov con il suo ormani notissino "Postino" attraverso il fascino e la magia dei suoi strumenti più rappresentativi: la chitarra e il bandoneon. Il duo Giampaolo Bandini-Cesare Chiacchiaretta, attivo dal 2002, si è subito affermato sulla scena internazionale con tournée e registrazioni radio/TV. CD 4814984 – DIGITALE / DECCA ESCUALO ASTOR PIAZZOLLA (1921-1992) 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Escualo Ave Maria Muerte Del ángel Milonga Del ángel Cadenza Bandoneon Escolaso Whisky Zita Chiquilín De Bachín 3.34 6.10 3.31 7.14 5.12 4.10 4.44 4.38 4.50 4.40 ROBERTO MOLINELLI (1963) 11 Milonga Para Astor 5.54 Stefano Cerrato, Francesco Cerrato, Anastasiya Petryshak, Federico Mazzucco, Federico Marchesano ASTOR PIAZZOLLA 12 Oblivion 13 Libertango 4.46 3.56 LUIS BACALOV (1933) 14 Il Postino 4.41 Francesco Cerrato, Stefano Cerrato GIAMPAOLO BANDINI GUITAR CESARE CHIACCHIARETTA BANDONEON Per informazioni: Giovanni Mazzucchelli – Universal Music Italia s.r.l. Tel 0280282106 cell 3351244468 email [email protected] BANDONEON Quando, nel 1985, Astor Piazzolla presentò al festival chitarristico di Liegi il suo Doppio Concerto per Bandoneón, chitarra e orchestra, non creò soltanto una stupenda opera musicale, tra le più significative nel suo catalogo, ma creò anche un inedito duo cameristico, implicito nella scrittura strumentale: quello appunto di chitarra e bandoneón, che iniziano il concerto con un lungo dialogo solistico che evidenzia le potenzialità timbriche del duo, uno degli insiemi più appropriati per la musica di Piazzolla. Chitarra e bandoneón comunicavano da sempre nel colorato mondo del tango: la chitarra, strumento gaucho per eccellenza, era costantemente presente nelle orchestre di tango, ben prima che giungesse il bandoneón. La chitarra inoltre faceva parte della vita di Astor (suo padre si dilettava di chitarra e fisarmonica), e se ne è servito nelle sue orchestrazioni per tutta la carriera, contando su musicisti come Horacio Malvicino, Oscar López Ruiz, Cacho Tirao (primo esecutore con Piazzolla del Doppio Concerto, sotto la direzione di Leo Brouwer) e molti altri. Lo strumento che aveva utilizzato era però prevalentemente la chitarra elettrica e i chitarristi citati, anche se eccezionalmente dotati di tecnica e musicalità, venivano dalla musica popolare o dal jazz. Verso la fine degli anni ’70 Piazzolla si avvicinò invece all’ambiente della chitarra classica e produsse – grazie alla collaborazione di artisti quali Sergio e Odair Assad, Roberto Aussel, Baltazar Benitez –, una serie di composizioni per lo strumento, sia a solo (i Cinco piezas, 1980), duo (Tango suite, 1984), flauto e chitarra (Histoire du tango, 1985), oltre al concerto e altri pezzi d’assieme. Il bandoneón è una delle più fortunate delle molte varianti della fisarmonica che proliferarono in Europa intorno al 1830 (un’altra, la Concertina, è legata a Giulio Regondi, tra i maggiori virtuosi della chitarra della seconda metà del XIX secolo, capace di prodursi su di essa con altrettanta maestria). Fu portato in Argentina a fine ’800 dagli immigrati europei e subito entrò negli ensemble di tango soppiantando la fisarmonica in ragione della voce maggiormente espressiva. Piazzolla (Mar del Plata, 1921 - Buenos Aires, 1992), nato da genitori di origine italiana, trascorse parte della fanciullezza a New York (19251937) dove familiarizzò col jazz, che si trovava nelle strade, e col tango, comune fra gli immigrati argentini, iniziando ad appena otto anni a suonare il bandoneón, su iniziativa del padre Vicente (Nonino). Oltre ad assorbire aire de tango nell’ambiente familiare e poi a Mar del Plata dove la famiglia si stabilì di ritorno dagli USA, a New York Astor ebbe un incontro folgorante: quello con Carlos Gardel, la massima star argentina, sinonimo del tango stesso, che accompagnò durante il soggiorno newyorkese in veste di piccolo tuttofare, ottenendo da Gardel, che lo aveva preso in simpatia, di poter partecipare in un piccolissimo ruolo in un suo film (El día que me quieras, 1935). Anche il precoce incontro col mondo del cinema si rivelerà fonte di notevoli sviluppi futuri. Solo il fato, e l’ostinato diniego di Vicente, fece sì che Astor non seguisse Gardel, che l’avrebbe voluto con sé in quello che sarebbe stato il suo ultimo viaggio, in Colombia, in cui trovò la morte in un incidente aereo pochi mesi dopo, con l’intero staff al seguito. Piazzolla ebbe studi musicali irregolari, molti maestri che venivano dalla musica popolare, ma anche taluni importanti: spicca l’apprendistato col compositore classico Alberto Ginastera, con cui studiò quasi sei anni a partire dal 1943. La vera scuola per Piazzolla furono però i night club di Buenos Aires, in cui si era trasferito nel ’39, dove dominavano i grandi interpreti e i primi innovatori del tango, fra i quali e dei più quotati, l’orchestra di Aníbal Troilo in cui Piazzolla fu accolto, iniziando a farsi rapidamente strada. Eccezionale arrangiatore, dote che gli fu subito riconosciuta, Piazzolla cominciò a introdurre nel suo stile elementi provenienti dalla musica colta e dal jazz: contrappunto, armonie dissonanti, ritmi inusitati nella squadrata regolarità della danza. Troppe innovazioni perché restasse nel gruppo di Troilo. Fondò quindi il primo dei numerosi ensemble che costellarono la sua attività di compositore ed esecutore, ma la sua Orquesta Típica non ebbe inizialmente il favore del pubblico, poiché Piazzolla concepiva ormai il tango come musica da ascoltare e non necessariamente da ballare, attirandosi così l’ira dei tradizionalisti. Venne perciò il momento in cui, grazie a una borsa di studio del governo francese, raggiunse Nadia Boulanger a Parigi, nel 1954, per completare la propria formazione di musicista ‘classico’, ma fu proprio allora che acquisì la consapevolezza di avere una già definita personalità musicale, riuscendo finalmente a conciliare il conflitto che sentiva in sé tra musica colta e tango. Liberato da tale fardello psicologico e creativo, nacque il Piazzolla che conosciamo, quello del nuevo tango, geniale contaminatore di generi, alternativamente esprimendosi attraverso diversi gruppi strumentali (dove la chitarra non mancò mai), in alcune fasi anche declinanti al rock e alla musica elettronica. Non si distaccò dalla musica popolare, non disdegnando neanche il genere più semplice, la canzone, ma non smise mai di considerarsi un compositore classico. La fama andò crescendo internazionalmente (molto stretto il legame con l’Italia, dove risiedette a lungo) e divenne famoso anche presso il grande pubblico – con pezzi come Adíos Nonino (1960), Balada para un loco (1969) e, soprattutto, Libertango (1974) –, attivando collaborazioni prestigiose con grandi jazzisti e coltivando una rilevante attività di compositore di musiche per il cinema. Solo nell’ultima parte della vita però ricevette gli apprezzamenti che probabilmente più cercava, quelli cioè provenienti dal mondo della musica colta. I primi a credere nel valore assoluto della musica di Piazzolla e a proporla nei loro recital furono Daniel Baremboim, Gidon Kremer, il Kronos Quartet, Yo-Yo Ma, Mstislav Rostropovich… fino all’attuale straripante presenza nei programmi da concerto di tutto il mondo. Piazzolla ha lasciato un catalogo di circa tremila pezzi, ancora da ordinarsi compiutamente, che oggi vengono suonati in infinite combinazioni strumentali. Del resto Piazzolla stesso realizzava continuamente nuove versioni-arrangiamenti delle proprie composizioni (si contano almeno venti versioni d’autore di Adíos Nonino) e anzi il suo talento d’arrangiatore – ma più appropriato sarebbe dire ‘orchestratore’ – era una delle doti per cui era maggiormente richiesto agli inizi della carriera. Per informazioni: Giovanni Mazzucchelli – Universal Music Italia s.r.l. Tel 0280282106 cell 3351244468 email [email protected] C’è una ragione per cui la musica del grande Argentino riesce così bene con diverse orchestrazioni. È noto come lo stile di Piazzolla risenta della contaminazione di molteplici influssi: dal jazz al rock progressivo, dalla più schietta salon music alla musica tradizionale ebraica (Klezmer), fino ai più disparati spunti derivati da compositori come Bartòk o Stravinsky. Penso tuttavia che la chiave intepretativa più utile a penetrare la musica di Piazzolla sia data dalla musica barocca e la sua estetica. La musica di Bach, che la leggenda vuole che il piccolo Astor ascoltasse, ancora a New York, dietro la porta del vicino di casa – il pianista ungherese Béla Wilda, suo primo vero insegnante, allievo di Rachmaninov –, deve aver lasciato un indelebile imprinting, almeno quanto il breve sodalizio con Carlos Gardel. Oltre all’approccio artigianale alla composizione, alla forte presenza di contrappunto e fuga, al ricorso a forme fisse che producono strutture rigorosamente simmetriche e chiuse, l’affinità con la musica barocca sta nella regolare pulsione ritmica e nell’altrettanto costante pulsione armonica realizzata attraverso l’uso esasperato della progressione. Inoltre, Piazzolla scriveva preferibilmente suite, cioè insiemi di danze legate da sottili richiami intertestuali, prediligeva il modo minore e una forma di variazione melodica improvvisata sicuramente jazzistica, ma baroccamente intesa come variazione tematica in diminuzione. La struttura più tipica dei suoi tanghi e milonghe (ABA) prevede un’alternanza di tempi (allegro-adagio-allegro) che ricorda la forma del concerto barocco. Come per Bach, la musica di Piazzolla funziona in trascrizione per diversi organici perché possiede un’universalità che consente di trasportarne intatti i valori musicali. Tutto ciò si può vedere già nelle composizioni più antiche presenti nella raccolta: la Muerte del Angel e la Milonga del Angel, entrambe provenienti dalla suite (Introduccion, Milonga e Muerte, cui nel 1965 aggiunse la Resurrection del Angel) che Piazzolla trasse dalle musiche di scena scritte per l’opera, in tre atti, El tango del Angel di Alberto Rodriguez Muñoz, del 1962. La tesa melodia della struggente Milonga la rende probabilmente con Oblivion fra i più bei tempi lenti scritti da Piazzolla. La fuga a tre voci che caratterizza la Muerte del Angel (la piece teatrale di Muñoz descriveva l’arrivo a Buenos Aires di un angelo che nel tentativo di salvare delle anime soccombeva in una furiosa lotta al coltello) è invece uno dei più efficaci esempi del contrappunto di Piazzolla: si noti in specie l’uso del basso ostinato ritmicamente contrastante col soggetto di fuga e il controllato accumulo di dissonanze che conduce all’esito finale. Anche Chiquilin de Bachin è frutto di una collaborazione letteraria. È una canzone del 1968 in tempo di valzer su testo di Horacio Ferrer, il poeta che firma da librettista nello stesso anno Maria de Buenos Aires, l’unica opera di Piazzolla. Chiquilin sta per niño, fanciullino, in dialetto lunfardo, il dialetto di Buenos Aires ricco di differenti idiomi introdotti dagli immigrati, come l’italiano, e che, essendo parlato nei bassifondi, aveva una stretta attinenza con tango e tangueri. Bachin era invece il ristorante frequentato abitualmente da Piazzolla e Ferrer, dove un chiquilin vendeva fiori agli avventori. Il bambino è davvero esistito, e a lui è dedicata la canzone, molto malinconica. La collaborazione con Ferrer ne avrebbe prodotte altre, come la Balada para un loco nel 1969. I pezzi degli anni ’70 si distinguono per una forte caratterizzazione ritmica, ancora più esasperata di quanto consueto per Piazzolla e i gruppi allestiti in quel decennio comprendevano sempre batteria e percussioni. La Suite troileana è del 1975, (Cadenza-Bandoneón, Escolaso, Whisky, Zita) ed è un sincero omaggio al grande maestro di bandoneón, Aníbal Pichuco Troilo, morto quello stesso anno. Per quanto Piazzolla si fosse staccato dall’orchestra di Troilo, che aveva rappresentato il primo impegno professionale veramente importante, i due erano rimasti amici ed erano tornati a collaborare successivamente. I quattro movimenti tratteggiano un ritratto di Aníbal attraverso le sue passioni e stabiliscono nell’ordine quella che doveva essere una gerarchia di affezione e importanza. Infatti, al primo posto, e non potrebbe essere altrimenti, troviamo Bandoneòn, composto da una lunga cadenza e un incisivo fugato; segue, nella sequenza originale, Zita, il nome della moglie di Troilo; vengono poi Whisky e infine il gioco d’azzardo (Escolaso). Il tono dominante nella suite è arguto e non triste, per quanto non manchino momenti meditativi: un omaggio che Troilo avrebbe sicuramente gradito e una delle suite più coerentemente ispirate di Piazzolla. Alla stessa temperie appartengono anche il celeberrimo Libertango (1974), scritto in Italia, ed Escualo, il pezzo-capolavoro che intitola questo disco. In Libertango la figurazione di accompagnamento con l’ossessiva ripetizione assurge a livello tematico, come spesso accade in Piazzolla, ma il compositore riesce a sovrapporvi nel ritornello una delle più belle melodie spianate che abbia scritto. Il pezzo fu subito preda di cantanti e arrangiatori (molto nota la versione di Grace Jones) che contribuirono a renderlo una hit internazionale, ormai fra gli evergreen. Escualo (del 1978) sta per pescecane, e nell’album omonimo in cui fu pubblicato tutti i titoli dei pezzi erano ispirati alla pesca di squali che Astor Piazzolla praticava per hobby con grande piacere a Punta del Este, in Uruguay. È un altro dei brani più celebri e non a caso: vi si tocca un vertice assoluto in quanto ad alternanza di ritmi, ma retti da un battito costante. Per questo, agli esecutori è richiesta una disciplina assoluta nel sostenere il tempo incalzante, che ricorda la condotta da tenersi per eseguire il presto di un tempo di suite bachiana. Gli anni ’80 sono stati un momento di straordinaria ispirazione per Piazzolla, che ha prodotto alcune delle più belle opere, cui appartengono certamente gli elegiaci Ave Maria e Oblivion, entrambi espunti dalla colonna sonora del film Enrico IV di Marco Bellocchio, del 1984, su soggetto di Pirandello. Nella destinazione originaria l’Ave Maria s’intitolava Tanti anni prima, ed era pensata per oboe e pianoforte, ma ora si è universalmente affermata con questa veste. Risente, tanto quanto Oblivion, dello stato di grazia d’un artista ormai maturo, capace di sostenere archi melodici infiniti in modo non scontato. La scelta del titolo Oblivion ha a che fare col soggetto del film – un attore in veste di Enrico IV che, caduto da cavallo, perde la memoria e crede d’essere veramente l’imperatore inginocchiatosi davanti a Matilde di Canossa, sostenuto nella Per informazioni: Giovanni Mazzucchelli – Universal Music Italia s.r.l. Tel 0280282106 cell 3351244468 email [email protected] finzione dai parenti fino alle rivelazioni finali, in perfetto stile pirandelliano –, e la natura ipnotica del tema, con la nota iniziale del bandoneón che emerge in crescendo, lunghissima, su degli arpeggi estranianti della chitarra, è una delle più suggestive trasposizioni musicali di un concetto astratto (la perdita della memoria), per una melodia divenuta però indimenticabile. Fa da appendice alla silloge piazzolliana la Milonga para Astor di Roberto Molinelli (Ancona, 1963) violista e compositore, che ha dedicato questo intenso omaggio a Piazzolla nel 1988, fatto al Maestro ancora vivente, cogliendone lo stile in modo personale, quando la musica del grande argentino s’era appena affacciata sulla ribalta dei palcoscenici della musica classica, pensandolo in origine per viola, violino e archi. La presente versione è stata fatta per il duo Bandini-Chiacchiaretta. Il pezzo è bipartito e preceduto da una breve introduzione preludiante. Chitarra e bandoneón si alternano nel sostenere i temi, ma l’esposizione nel finale del tema principale è lasciata agli archi, che si effondono nella bella e nostalgica melodia della Milonga, gravida di presagio, visto che di lì a poco Piazzolla ci avrebbe lasciato. A un epilogo ancor più tragico è collegato il film Il Postino di Michael Radford (1994, che ha visto la scomparsa del protagonista, Massimo Troisi, a fine produzione), per il quale Luis Enrique Bacalov (San Martin- Buenos Aires, 1933) ha scritto le musiche. Bacalov condivide molti tratti con Piazzolla, oltre alle comuni origini, in particolare per le numerosissime colonne sonore e la contiguità con la musica popolare e la canzone. Questa è la più celebre delle sue musiche per film, che gli è valsa l’Oscar nel 1996. Stefano Campagnolo *** Il duo Giampaolo Bandini-Cesare Chiacchiaretta, chitarra e bandoneon, si forma nel 2002 con il preciso intento di proporre la musica argentina attraverso il fascino e la magia dei suoi strumenti più rappresentativi. Da subito il duo diviene un importante punto di riferimento nel panorama concertistico internazionale per la loro grande forza comunicativa unita ad uno straordinario carisma. Invitato dai più importanti festival e teatri del mondo, il duo ha effettuato tournèe in più di cinquanta paesi, tra cui Argentina, Messico, Corea, Romania, Cina, Polonia, Ucraina, Austria, Moldavia, Germania, Spagna, India, Svizzera, Francia, Grecia, Lituania, Belgio, Olanda, Croazia, Russia, Bosnia, Slovenia, Serbia, Turchia, Repubblica Ceca, Ungheria, Cipro, Lussemburgo, Usa, Canada, India, riscuotendo ovunque straordinari consensi di critica e di pubblico. Il duo ha avuto il privilegio di suonare il Double Concerto “Hommage a Liegi” di Astor Piazzolla sotto la direzione del M° Leo Brouwer presso l’Auditorium Paganini di Parma e per l’Unione Musicale di Torino con la celebre orchestra da camera “I Virtuosi di Mosca” diretta da Pavel Berman. Nel 2005 il duo debutta nella prestigiosa Sala Grande della Filarmonica di San Pietroburgo, ottenendo un tale successo da essere rinvitato da allora quasi ogni anno. Sono spesso invitati a tenere concerti come solisti con orchestre quali la Filarmonica di Baden-Baden (Germania), I Solisti di Brno (Rep.Ceca), la Camerata di Queretaro e l’Orchestra “Silvestre Revueltas” (Messico), la “Round Top Chamber Orchestra” (Usa), la Brazos Valley Simphony (Usa), la Asian-European Simphony Orchestra (Corea), l'Orchestra della Filarmonica di Kiev, la "Anima Chamber Orchestra" (Ungheria), e molte altre. Nel 2004 al duo Bandini-Chiacchiaretta viene assegnato il XV Premio “Beniamino Joppolo” Città di Patti (Messina) per gli alti meriti artistici raggiunti in campo musicale. Importanti compositori hanno scritto al duo BandiniChiacchiaretta opere originali, tra i quali Daniel Binelli, Fernando Tavolaro e Maximo Diego Pujol che ha dedicato loro il Doppio Concerto per chitarra, bandoneon e orchestra “Luminosa Buenos Aires” (2009) registrato per l’etichetta Concerto. La loro peculiarità di vivere la musica in modo totalitario e senza confini li ha portati a collaborare, sia solisticamente che in duo, con artisti del calibro di Arnoldo Foa’, Elio delle Storie Tese, Amanda Sandrelli, Nando Gazzolo, Dario Vergassola, Monica Guerritore, Enzo Iacchetti e musicisti quali Salvatore Accardo, Avi Avital, Fernando Suarez Paz, Michele Pertusi, Corrado Giuffredi, Danilo Rossi, Massimo Quarta, Enrico Bronzi, Franca Masu, Maria Estela Monti, Enrico Fagone e molti altri. Il duo ha effettuato registrazioni radiofoniche e televisive per le più importanti emittenti italiane ed estere. Un loro concerto a Bruxelles e’ stato trasmesso via satellite in più di venti paesi. Nel 2013, nell'ambito di una lunga tournée russa, Bandini e Chiacchiaretta hanno debuttato con grande successo presso la Sala Tchaikovsky di Mosca. Nello stesso anno hanno tenuto un importante concerto per la Guitar Foundation of America (GFA) in South Carolina (la più conosciuta convention chitarristica del mondo). Nel 2017, la stagione del loro quindicesimo anniversario, è previsto il loro debutto discografico per la DECCA CLASSIC, i debutti concertistici a Berlino, Budapest, Toronto, il ritorno alla Filarmonica di San Pietroburgo, oltre a tour e concerti in Messico, Usa, Cina, Canada, Ungheria, Germania, Corea, Repubblica Slovacca, Polonia, Austria, ecc. In qualità di docenti oltre ad essere invitati dalle più rinomate Accademie e Università del mondo, insegnano regolarmente negli Istituti di Alta Formazione “Luigi Boccherini” di Lucca e “Umberto Giordano” di Foggia. Giampaolo Bandini suona una chitarra di Denis Tolz, ed è un'artista endorser D'Addario. Per informazioni: Giovanni Mazzucchelli – Universal Music Italia s.r.l. Tel 0280282106 cell 3351244468 email [email protected]