Lo scambio colombiano Distribuzione pre-colombiana di organismi nativi con stretti legami con gli esseri umani Tipo di organismo Animali domestici Dal Vecchio Mondo al Nuovo Mondo •gatto (addomesticato) •cammello •volatili da cortile (pollo, oca, ecc.) •mucca •capra •ape da miele •cavallo •coniglio domestico •maiale (addomesticato) •piccione •pecora •baco da seta •bufalo domestico •asino •mulo Dal Nuovo Mondo al Vecchio Mondo Fauna americana transitata •cavia o porcellino d’India •anatra muschiata •tacchino •cincillà Fauna americana non transitata •armadillo •opossum •lama •alpaca •coyote FAUNA AMERICANA The coyote (Canis latrans), also known as the American jackal or the prairie wolf, is a species of canine found throughout North and Central America, ranging from Panama in the south, north through Mexico, the United States and Canada. It occurs as far north as Alaska and all but the northernmost portions of Canada. The name "coyote" is borrowed from Mexican Spanish coyote, ultimately derived from the Nahuatl word cóyotl. INCA Cibo e coltivazioni Si stima che gli Inca coltivassero circa settanta specie di prodotti agricoli. I principali erano: patate, patate dolci, mais, peperoncini (C. pubescens), cotone, pomodori, arachidi, una radice commestibile chiamata oca, e un cereale conosciuto con il nome di quinoa. Gli Inca coltivavano prodotti agricoli sulle coste più secche del Pacifico, in alto sugli altopiani delle Ande, e in basso nella Foresta Amazzonica. Nell'ambiente montagnoso andino, essi fecero un uso estensivo dei campi terrazzati che non solo permettevano loro di sfruttare il suolo montano ricco di minerali quando le altre popolazioni dovevano lasciarlo a riposo, ma sfruttavano anche i microclimi favorevoli alla coltivazione di una grande varietà di prodotti agricoli durante tutto l'anno. Gli attrezzi agricoli erano costituiti per la maggior parte da semplici bastoni per scavare. Gli Inca inoltre allevavano i lama e gli alpaca per la loro lana e la loro carne e per usarli come animali da trasporto, e catturavano le vigogne selvatiche per il loro ottimo pelo e i guanachi per la loro carne. Il sistema stradale inca era una delle chiavi del successo dell'agricoltura in quanto permetteva la distribuzione delle derrate alimentari su lunghe distanze. Gli Inca costruirono anche grandi depositi, che permettevano loro di vivere agiatamente anche durante gli anni in cui imperversava El Niño mentre le civiltà vicine pativano i morsi della fame. Alpaca domestica La dieta della classe comune era a base di cereali, principalmente di mais, ma si arricchiva anche di patate o di altri tuberi. La carne compariva raramente nella mensa dell'indiano sotto forma di porcellino d'India o di pesce, mentre quella dei camelidi era una rarità, così come quella dei prodotti della cacciagione. Secondo le stime di Louis Baudin (Il Perù degli Inca) le calorie assunte giornalmente raggiungevano le 3.400 soltanto in periodi particolarmente favorevoli. Il mais era anche usato per produrre la chicha, una bevanda fermentata di cui gli indigeni facevano largo uso in occasione di particolari festività. Tacchino (Meleagris gallopavo) L'anatra muschiata o anatra muta (Cairina moschata) è un uccello facente parte della famiglia degli Anatidi. Tali anatre erano diffuse esclusivamente nel Continente sudamericano, dal Paraguay fino alle Guiane, ma furono importate in Europa nel XVI secolo. The term "Muscovy" means "from the Moscow region", but these ducks are neither native there nor were they introduced there before they became known in Western Europe. It is not quite clear how the term came about; it very likely originated between 1550 and 1600, but did not become widespread until somewhat later. In one suggestion, it has been claimed that the Company of Merchant Adventurers to New Lands traded these ducks to Europe occasionally after 1550;[9] this chartered company became eventually known as the Muscovy Company or "Muscovite Company" so the ducks might thus have come to be called "Muscovite Ducks" or "Muscovy Ducks" in keeping with the common practice of attaching the importer's name to the products they sold.[9] But while the Muscovite Company initiated vigorous trade with Russia, they hardly, if at all, traded produce from the Americas; thus they are unlikely to have traded C. moschata to a significant extent. Alternatively – just as in the "turkey" bird (which is also from America), or the "guineafowl" (which are not limited to Guinea) – "Muscovy" might be simply a generic term for a hard-to-reach and exotic place, in reference to the singular appearance of these birds. This is evidenced by other names suggesting the species came from lands where it is not actually native, but from where much "outlandish" produce was imported at that time (see below). A more recent parallel is the "Persian" cat, which resembles cats from Greater Khorasan and Ankara, but was actually bred in England.Yet another view – not incompatible with either of those discussed above – connects the species with the Muisca, a Native American nation in today's Colombia. The duck is native to these lands too, and it is likely that it was kept by the Muisca as a domestic animal to some extent. It is conceivable that a term like "Muisca duck", hard to comprehend for the average European of those times, would be corrupted into something more familiar. The Miskito Indians of the Miskito Coast in Nicaragua and Honduras relied heavily on this domestic species. The ducks may have been named after this region. Il giaguaro (Panthera onca Linnaeus, 1758) è il più grosso felino americano; fra i felini solo il leone e la tigre sono ancora più pesanti. Il nome «giaguaro» deriva dal nome attribuito a questo animale dagli indios del Sudamerica: «Yaguar» o «Yaguara» ("colui che uccide con un balzo"); ma in tutta l'area di lingua spagnola in cui vive il giaguaro è chiamato «el tigre». Non si tratta di una tradizione errata come può sembrare: infatti, pur venendo spesso confuso con il leopardo dai non-esperti, il giaguaro per forma e ruolo ecologico è molto più simile alla tigre, tanto da esserne considerato l'equivalente americano. Giaguaro peruviano, detto Otorongo Guerriero Giaguaro Azteco (tlahuahuanque) impegnato nel combattimento sacrificale detto tlahuahuanaliztli o tlauauaniliztli in nahuatl. A sinistra la vittima sacrificale (dal Codice Magliabechiano) Anaconda Vive in un'area che comprende buona parte delle regioni tropicali ed equatoriali del Sud America a est della cordigliera delle Ande, in particolar modo nei bacini del Rio delle Amazzoni e del fiume Orinoco. Il caimano dagli occhiali o caimano comune (Caiman crocodilus Linnaeus, 1758) è un alligatoride lungo dai 2 ai 2,5 metri che vive nell'America centrale e nel Sud America settentrionale. È color oliva spento e ha un rilievo osseo davanti agli occhi. Il Bisonte americano (Bison bison (Linnaeus, 1758)) è un mammifero artiodattilo della famiglia dei Bovidi. Di questo mammifero vivono in Nord America due sottospecie: B. b. bison, il bisonte delle pianure centrali, e B. b. athabascae, il bisonte delle foreste dell'Alaska e del Canada nordoccidentale. I Dasipodidi (Dasypodidae Gray, 1821) sono una famiglia di mammiferi xenartri noti con il nome comune di armadilli. Tutte le specie sono originarie delle Americhe, dove vivono in diversi ambienti. La Cavia domestica (Cavia porcellus Pallas, 1776), o porcellino d'India (a volte anche detto maialino d'India), è un piccolo roditore originario dell'America del Sud. Usata inizialmente da Robert Koch e altri batteriologi, la cavia è diventata un sinonimo di "animale di laboratorio". La cavia è stata addomesticata per la prima volta intorno al 2000 a.C. da pastori delle tribù che vivevano sulle Ande, più o meno negli odierni Ecuador, Perù e Bolivia. Per le popolazioni locali, che si nutrivano prevalentemente di vegetali, essa rappresentava da una parte un animale domestico e dall'altra una fonte di cibo. Inoltre, si riteneva che le cavie avessero il potere di fare uscire gli spiriti maligni dalle persone malate, nel corso di tradizionali rituali di guarigione. A tutt'oggi l'allevamento delle cavie è molto diffuso tra le popolazioni rurali dei Paesi andini. Le cavie furono chiamate quwi nella lingua Quechua e cuy (plurale cuyes) in spagnolo. I commercianti olandesi e inglesi portarono le cavie in Europa, dove divennero rapidamente popolari come animali domestici esotici. L'origine del nome porcellino non è molto chiara. Alcuni credono che ciò sia dovuto al verso che le cavie fanno, molto simile a quello dei maiali. Si può anche pensare che il nome derivi dalla loro costituzione fisica, che li rende simili a dei maiali in miniatura: una testa molto grande in relazione al resto del corpo, un collo robusto, l'assenza di coda e la grande voracità. Nell'America Latina vengono anche serviti come pietanza, proprio come avviene per i maiali. Indipendentemente dall'effettiva somiglianza ad un piccolo maiale, tale suggestione mostra i suoi effetti nei termini comunemente usati in numerose lingue europee. Come per l'italiano porcellino d'India, infatti, esistono corrispettivi in francese (Cochon d'Inde, che letteralmente significa maiale d'India), portoghese (porquinho da Índia) e greco (indika xoiridia o ινδικά χοιρίδια). Si può supporre che l'indicazione geografica contenuta nel nome sia correlata all'errata idea che le regioni da cui gli animali provenissero appartenessero all'India e non ad un continente completamente diverso. Anche la nomenclatura binomiale della specie più comune di cavia richiama alla mente il maiale, dal momento che porcellus, in latino, significa piccolo maiale. La cavia in lingua tedesca è Meerschweinchen (lett. piccolo maiale di mare), probabilmente legato all'utilizzo dei marinai come fonte di carne fresca durante i viaggi dal Nuovo Mondo. In russo e in polacco si usano termini equivalenti, rispettivamente "morskaya svinka" (Морская свинка) e "świnka morska" (che significano, ancora una volta, piccoli maiali di mare). Nei paesi scandinavi si usa il termine marsvin, combinazione del latino mare e del germanico svin (maiale). Il termine comune nella lingua inglese è Guinea pig (letteralmente, maiale della Guinea), ripreso anche dal corrispettivo in lingua olandese guinees biggetje. L'origine del termine Guinea non è facilmente spiegabile. Una teoria lo associa ad una ipotetica tappa del processo di trasporto degli animali presso l'attuale Guinea, in Africa. Altri ritengono che non sia altro che la storpiatura della Guiana, presunta area di origine delle cavie.. Tra le lingue europee, in ogni caso, figurano anche termini che non si richiamano al maiale: in spagnolo si usa ad esempio il termine conejillo de Indias, letteralmente coniglietto delle Indie. Cincillà (Chinchilla), roditori originari del Sud America. I Didelfidi (Didelphidae) sono una famiglia di mammiferi marsupiali americani; unici rappresentanti dell'ordine dei Didelfimorfi. Le specie, arboricole e con coda prensile, sono chiamate comunemente opossum, o anche sariga. Ne esistono 75 specie, distribuite in 11 generi. Le più comuni sono l'opossum comune e l'opossum della Virginia. Sono animali domestici molto esigenti in quanto soffrono a essere tenuti in piccoli spazi ma soprattutto patiscono la luce. Possiamo trovare gli opossum nella zona compresa tra il sud degli Stati Uniti ed il nord dell'Argentina. OPOSSUM La maggior parte degli opossum sono arboricoli. Possiedono piedi prensili provvisti di robuste unghie. L'opossum è un predatore di rettili, uccelli e piccoli mammiferi. Si ciba tuttavia anche di foglie e frutti. Le femmine hanno un periodo di gestazione lungo dagli 8 ai 14 giorni. Successivamente i cuccioli vivono per più di 100 giorni nel marsupio della madre. OPOSSUM Tipo di organismo Piante domestiche Dal Vecchio Mondo al Nuovo Mondo •mandorla •vite euroasiatica •ulivo •mela •albicocca •carciofo •asparagi •banana •orzo •barbabietola •pepe nero •cavolo •cantalupo •carota •caffè •agrumi (arancia, limone, etc.) •cetriolo •melanzana •lino •aglio •canapa •kiwi •noce di cola •lattuga •mango •miglio •avena •gombo •oliva •cipolla •oppio •pesca •pisello •pera •pistacchio •ravanello •rabarbaro •riso •segale •soia •canna da zucchero •taro •tè •rapa •grano •noce (inglese) •anguria Dal Nuovo Mondo al Vecchio Mondo •amaranto (come grano) •avocado •fagiolo comune (pinto, lima, kidney, etc.) •lampone nero •peperone e peperoncino •mirtillo •anacardio •Chia (Salvia hispanica) •chicle (gomma naturale ricavata dal Manilkara chicle) •Chirimoya (Annona cherimola) •girasole •mirtillo palustre (specie mirtilli rossi di grandi dimensioni, o uva ursina) •coca •cacao •cotone (specie fibre lunghe) •guiava (comune) •mirtillo •Jicama (o Papata messicana) •mais •manioca (cassava, tapioca, yuca) •papaya •arachide •pecan •ananas •patata •zucca •quinoa •gomma •squash •fragola (varietà commerciali) •topinambur •patata americana •tabacco •pomodoro •vaniglia •zucchini •albero della gomma Dall’Europa alle Americhe 1. Arancio (Rutaceae); 2. Mela (Malus domestica); 3. Banana (Musa); 4. Mango (Mangifera); 5. Riso (Oryza sativa); 6. Frumento (Triticum spp.); 7. Caffè (Coffea); 8. Cipolla (Allium) Il gombo (Abelmoschus esculentus L.) è una specie appartenente alle Malvacee ed affine alla specie Abelmoschus moschatus e agli ibischi. È una pianta originaria dell'Africa tropicale e coltivata nei paesi caldi, è conosciuta anche come ocra od okra (in altre lingue gombeau, gombault, okro) e anche bāmiyā in Egitto ed in Etiopia. Fornisce frutti che sono consumati in Africa ma anche in India, mentre la sua radice ricca di mucillaggini è usata come emolliente in sostituzione dell'altea. I fusti del gombo e di molte malvacee sono macerati e lavorati per fornire una fibra tessile nota come fibra di gombo. Il gombo è assai usato nella cucina cajun. È presente anche nella cucina greca (bamies), bosniaca (bamije), in quella albanese (bamje), nella cucina brasiliana (quiabo), nella turca (bamya) ed in quella rumena (bame). Il melone di Cantalupo è una varietà di melone del gruppo cantaluopensis o cantalupio, di media grandezza, superficia liscia, polpa giallo-arancio, chiamato così perché originariamente portato da missionari asiatici al castello pontificio di Cantalupo, sui colli di Roma. The cantaloupe originated in India and Africa. Cantaloupes were originally cultivated by the Egyptians and later the Greeks and Romans. Cantaloupes were first introduced to North America by Christopher Columbus on his second voyage to the New World in 1494. Colocasia esculenta. Taro è il nome volgare di origine polinesiana della pianta Colocasia esculenta. Ha dei tuberi simili alla patata, ed è comunemente coltivata per ricavare, dai suoi rizomi, farina e amido. La taro rappresenta l'ingrediente base nell'alimentazione di molte popolazioni dell'Oceania, dell'Africa (cocoyam) e delle isole Hawaii (poï). Si può bollire o grigliare a fette. La sua coltivazione è diffusa in zone tropicali di tutti i continenti e rappresenta una base alimentare di particolare importanza per popolazioni sudamericane, africane o asiatiche. Tra i principali produttori si annoverano, nell'ordine, la Nigeria, il Ghana, la Cina, la Cambogia, la Costa d'Avorio e la Papua Nuova Guinea. Rimarcabili, in rapporto alle dimensioni delle superfici coltivabili, sono inoltre le produzioni delle isole del Pacifico, come le Hawaii e le Fiji, dove la taro ha costituito una pianta essenziale per la dieta degli indigeni per secoli. Dall’America in Europa (e nel mondo) Dall’alto a sinistra: 1. Mais (Zea mays) 2. Pomodoro (Solanum lycopersicum) 3. Patata (Solanum tuberosum) 4. Vaniglia (Vanilla) 5. Albero della gomma (Hevea brasiliensis) 6. Cacao (Theobroma cacao) 7. Tabacco (Nicotiana rustica) PATATA DOLCE, BATATA o PATATA AMERICANA : ha la forma e la consistenza simile alla patata, ma è dolce e con la polpa giallognola o arancio. Probabilmente è originaria del Centro America, Perù e Messico. Una curiosità: secondo la FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Alimentazione e l'Agricoltura) nel 2005 la Cina è stata il principale produttore mondiale di patata dolce. YUCCA : anche la sua origine è discussa. Alcuni sostengono che proviene dalla zona dello Yucatan (da cui deriva il termine yucca) in Messico. Altri discutono che il suo nome, sebbene sia maya, proviene da "joo'ka" che vuol dire dissotterrare una radice. PEPERONE: ci sono numerose varietà sia piccanti che non. Variano anche le dimensioni ed i colori (verde, rosso, giallo e arancio). Si pensa che sia originario del Messico e che fu introdotto in Europa da Cristoforo Colombo. ANANAS : è originaria dell'America del Sud, in particolare del sud del Brasile. Il nome ananas deriva dal guaraní, la lingua degli indigeni originari del Paraguay, del sud del Brasile e del nord-est dell'Argentina. Il nome piña è stato adottato in altri paesi per la sua somiglianza con le pigne dei pini. AVOCADO: è originario dell'America Centrale e del Messico dove gli è stato dato il nome nahuatl di ahuacatl. PAPAYA: E' considerata di origine americano, dell'America tropicale e, secondo alcuni autori, specificamente del Centroamerica (tra il Messico e il Costa Rica). Si è' sviluppata dopo nelle zone tropicali e subtropicali di tutto il mondo. La Patata messicana (Pachyrhizus erosus, (L.) Urban) o Jícama (in spagnolo) o Xicama (in nahauatl) è una pianta rampicante messicana della famiglia delle Fabaceae, conosciuta soprattutto per i suoi tuberi commestibili. Il sapore è dolce, assomiglia quello delle mele, di norma le radici sono mangiate crude, con sale, succo di limone o di limetta, insaporito spesso con peperoncino in polvere. La radice può anche essere cotta in zuppe, può essere tagliata a pezzetti, usata come componenti di macedonie o guarnita con salse, in alternativa alle patatine fritte. Tutto il resto della pianta è fortemente tossico per la presenza di una tossina, il rotenone, che è utilizzato come veleno per insetti e pesci. La pianta si è diffusa in Cina, e nel Sud-est asiatico. Nelle Filippine la Jicama è detta singkamas. In Indonesia, Jicama è conosciuta come bengkuang, ma la pianta è conosciuta solo in Giava e Sumatra, è usata soprattutto fresca nella "rujak" (una specie di insalata di frutta). La città di Padang nella Sumatra occidentale è detta "la città del bengkuang". La gente della regione deve pensare che la jicama sia una pianta originaria di Padang. A Padang infatti la pianta è coltivata dappertutto ed inizia far parte della locale cultura agricola. La guaiava, o guava, (spesso chiamata con il nome spagnolo Guayaba) è il frutto commestibile prodotto dall'omonima pianta (Psidium guajava L.). Il luogo di origine della guava non è certo, ma si ritiene essere un'area compresa tra il Messico meridionale e l'America Centrale. È stata poi diffusa dall'uomo, dagli uccelli e da altri animali in tutte le aree temperato-calde dell'America tropicale e nelle Indie Occidentali (dal XVI secolo. La guava era già nota agli Aztechi, che la chiamavano Xalxocotl (prugna di sabbia); in tempi successivi le prime notizie storiche risalgono ai primi decenni del 1500 ad opera di Hernandez de Oviedo La quinoa (in spagnolo quínoa o quínua) (Chenopodium quinoa Willd.) è una pianta erbacea annuale della famiglia delle Chenopodiaceae, come gli spinaci o la barbabietola. Per il suo buon apporto proteico costituisce l'alimento base per le popolazioni andine. Gli Inca chiamano la quinoa «chisiya mama» che in quechua vuol dire «madre di tutti i semi». La quinoa, già venerata dagli Inca come pianta sacra, viene coltivata da oltre 5000 anni sugli altipiani pietrosi delle Ande ad altitudini comprese tra 3800 e 4200 metri. È una pianta resistente che non richiede particolari trattamenti. Produce una spiga ricca di semi rotondi, simili a quelli del miglio. Le migliori varietà crescono nei territori salmastri del Salar, nelle zone di Oruro e Potosí (Quínoa real). Ad effetto del ruolo quasi sacro che la quinoa aveva per le popolazioni andine, all'epoca della conquista spagnola si ebbe l'ovvio conflitto con la cultura cattolica che considera invece sacro il pane di frumento, e quindi il grano. La coltivazione della quinoa venne quindi combattuta e scoraggiata; solo in un secondo tempo, e fino ad oggi, apparve evidente che la quinoa risulta maggiormente adatta all'ambiente andino di quanto lo sia il grano. Per contro la specifica compatibilità e l'adattamento secolare della quinoa a quell'ambiente la rende poco compatibile con altri ambienti; (la rusticità sopra descritta può fuorviare), per cui la coltivazione di un prodotto altrimenti estremamente ricco è difficilmente esportabile in altri climi. L'Albero della gomma (Hevea brasiliensis (Willd. ex A. Juss.) Müll.Arg.), è una pianta appartenente alla famiglia delle Euphorbiaceae ed è il membro più importante del genere Hevea. Ha un'enorme importanza economica grazie al lattice che può essere raccolto da incisioni praticate sulla corteccia ed è la fonte primaria per la gomma naturale. L'albero comincia ad essere sfruttato a partire dai 5-6 anni d'età: vengono praticate delle incisioni ortogonali ai canali laticiferi in modo da non danneggiare la crescita dell'albero. Piante adulte forniscono una produzione maggiore. Il lattice viene raccolto in piccole ciotole legate al tronco. L'albero della gomma è nativo dell'Amazzonia. Nel XIX secolo il suo sfruttamento commerciale, legato alla scoperta, nel 1839, della metodica della vulcanizzazione, fece la fortuna delle città brasiliane di Manaus e Belém. A partire dal 1873 si susseguirono diversi tentativi di far crescere questa pianta al di fuori del Brasile. Dopo vari tentativi i botanici dei Royal Botanic Gardens di Kew riuscirono a far germinare una dozzina di semi. I germogli furono trasferiti in India per la coltivazione ma non attecchirono. Un secondo tentativo fu fatto con oltre 70.000 semi inviati a Kew nel 1875. Circa il 4% di essi germinarono, e nel 1876 circa 2000 germogli furono spediti a Ceylon e a Singapore. Questa volta il tentativo ebbe successo e l'albero della gomma ben presto si diffuse nella maggior parte delle colonie britanniche dell'Asia. Al giorno d'oggi piantagioni di Hevea brasiliensis sono presenti nel Sud-est asiatico e anche in alcuni paesi dell'Africa tropicale. I tentativi di coltivare la pianta in altre zone del Sud America non hanno dato risultati soddisfacenti. Il pecan (Carya illinoensis) è un albero della famiglia delle Juglandaceae coltivato principalmente nell'America del nord per la raccolta dei suoi frutti, le noci pecan. La specie è originaria della parte orientale degli Stati Uniti (sud degli stati dell'Illinois e dell'Iowa, del Kansas, del Missouri, dell'Oklahoma, del Texas e della Virginia. S'è però adattata e diffusa in tutta la parte settentrionale del continente americano. I grandi stati produttori sono: Texas, Georgia, Alabama, Louisiana e Oklahoma. Inoltre la pianta viene anche coltivata in Brasile, Australia e Israele. Nel 1906, il Governatore del Texas, James Stephen Hogg, ha eletto il Pecan quale albero simbolo dello stato. PATATA: sembra che la patata abbia le sue origini nella Cordigliera delle Ande peruviane, in particolare nel bacino del lago Titicaca. E' un tubero che si è diffuso rapidamente attraverso gli stessi popoli indigeni. Gli archeologi affermano che la sua origine risale a circa 13.000 anni fa. Quando gli europei arrivarono in America la coltivazione della patata era già diffusa. Il suo facile adattamento ai nuovi terreni fu la soluzione al problema della fame in molti popoli europei che la coltivarono immediatamente. Ci sono diverse varietà: viola, gialla e bianca, tra le altre. Il Topinambur (anche detto Carciofo di Gerusalemme) è una pianta perenne di origine americana, appartenente alla Famiglia delle Compositae. I tuberi sono meno nutritivi di quelli della patata e si conservano male una volta estratti da terra (contengono inulina anziché amido). The Jerusalem artichoke (Helianthus tuberosus), also called the sunroot, sunchoke, earth apple or topinambour, is a species of sunflower native to eastern North America, and found from Eastern Canada and Maine west to North Dakota, and south to northern Florida and Texas. It is also cultivated widely across the temperate zone for its tuber, which is used as a root vegetable. Ipomoea batatas La patata dolce, conosciuta anche come patata americana e meno comunemente come batata (Ipomoea batatas L.) è una specie appartenente alla famiglia delle Convolvulaceae, coltivata nelle regioni tropicali per i suoi rizotuberi commestibili, dolci e ricchi di amido. Nonostante il nome diffuso di patata dolce o americana, il rapporto con le patate comuni è minimo, in quanto queste ultime appartengono alla famiglia delle Solanaceae, come i pomodori. La specie è nativa delle aree tropicali delle Americhe dove la coltivazione era già praticata 5000 anni fa. Si diffuse in modo rapido in tutta la regione, Caraibi inclusi. Importata dopo la colonizzazione delle Americhe, si diffuse in Europa e anche in Asia, dove la sua presenza in Cina era documentata già nel tardo XVI secolo. Le patate dolci erano conosciute anche in Polinesia prima delle esplorazioni da occidente. Come esattamente la specie sia arrivata sino in Oceania è l'oggetto di un vivace dibattito che coinvolge osservazioni archeologiche, linguistiche e genetiche. L'Annona cherimola è una pianta originaria degli altipiani andini di Perù, Ecuador, Colombia e Bolivia, oggi diffusa anche in Cile, California,Florida, Africa del sud e in vari paesi del Mediterraneo. Il suo frutto nella terra d' origine è chiamato "chirimuya", da cui la traslitterazione italiana cirimoia, ma è volgarmente nota anche con l' appellattivo inglese "cherimoya" o erroneamente "anona" (che però indica anche il frutto di tutte le specie di genere Anona). Chicle = gomma naturale ricavata dal Manilkara chicle, una pianta tropicale sempreverde originaria del Centro America. Il nome viene da tziktli, parola usata nella lingua Nahuatl per indicare la gomma, e può essere tradotto come "cosa appiccicosa". Era ben conosciuto dagli Aztechi e dai Maya, e i primi esploratori Europei lo apprezzarono per il suo sapore delicato e per l'alto contenuto di zuccheri. La Manilkara zapota (L.), è una pianta della famiglia delle Sapotacee, che è coltivata per il chicle (ingrediente tradizionale del chewing-gum), estratto dal suo fusto, e per il suo frutto. Nelle terre di origine è nota come "zapotilla" (da cui deriva il nome italiano di sapodilla o sapotiglia), "chicozapote", "zapote chico", "korob", "muy", "muyozapot", nonché, in modo più generico, come "níspero" (che propriamente indica in spagnolo la nespola). La Manilkara sapota è un fruttifero originario dell'America centrale (particolarmente Messico, Guatemala e Indie Occidentali) dove è spontaneo nelle foreste. I coloni spagnoli ne portarono una varietà a Manila, da cui il nome Manilkara. Dalle Filippine, il frutto divenne popolare in tutto il Sud-Est asiatico. ZUCCA: secondo alcuni l'origine della zucca è in Perù, per altri in Mesoamerica (Messico e Centro America). Altri ancora in America del Nord. Per gli abitanti originari dell'America Latina ha avuto un ruolo importante nella dieta, insieme ai fagioli e al mais. La grande famiglia delle Cucurbitacee comprende circa 120 generi differenti e più di 900 specie. La maggior parte di queste varietà provengono dalle Americhe, ma anche da Asia ed Africa. Si crede abbia avuto origine in Nord America. Semi di piante della famiglia sono stati rinvenuti in Messico sin dal 7.000-5.500 a.C. Squashes generally refer to four species of the genus Cucurbita, also called marrows depending on variety or the nationality of the speaker. These species include C. maxima (hubbard squash, buttercup squash, some varieties of prize pumpkins, such as Big Max), C. mixta (cushaw squash), C. moschata (butternut squash), and C. pepo (most pumpkins, acorn squash, summer squash, zucchini).[1] In North America, squash is loosely grouped into summer squash or winter squash, depending on whether they are harvested as immature fruit (summer squash) or mature fruit (autumn squash or winter squash). Gourds are from the same family as squashes. Well known types of squash include the pumpkin and zucchini. Giant squash are derived from Cucurbita maxima and are routinely grown to weights nearing those of giant pumpkins. For more details, refer to list of gourds and squashes. Squash (Cucurbita pepo ) An assortment of winter squashes, such as Turban, Sweet Dumpling, Carnival, Gold Acorn, Delicata, Buttercup, Golden Nugget etc. The zucchini or courgette is a summer squash which often grows to nearly a meter in length, but which is usually harvested at half that size or less. It is a hybrid of the cucumber. Along with certain other squashes, it belongs to the species Cucurbita pepo. Zucchini can be dark or light green. A related hybrid, the golden zucchini is a deep yellow or orange color. In a culinary context, the zucchini is treated as a vegetable, which means it is usually cooked and presented as a savory dish or accompaniment. Botanically, however, the zucchini is an immature fruit, being the swollen ovary of the zucchini flower. Zucchini, like all squash, has its ancestry in the Americas. However, the varieties of squash typically called "zucchini" were developed in Italy, many generations after their introduction from the "New World". MAIS: Usata come elemento base nell'alimentazione dei Maya e degli Aztechi del Messico e del Centro America e degli Inca che dominarono lungo la Cordigliera delle Ande, molti pensano che ha realmente la sua origine in Mesoamerica... Il mais selvatico si conosce da 7.000 anni ma si trattava di una pianta la cui pannocchia (mazurca, choclo, elote o jojote in spagnolo) era piccola appena 3 o 4 cm di lunghezza, con solo 8 o 10 chicchi. La selezione delle piante migliori da parte degli agricoltori ha fatto sì che il mais raggiungesse le dimensioni attuali. Ci sono molte varietà: bianco, giallo e viola. Alcune con chicchi giganti, altri minuscoli. Il "pop corn", reso popolare dagli statunitensi con questa parola, ma conosciuto in Latinoamerica con diversi termini come palomitas de maíz, pochoclo, crispetas, poporopo, rosetas de maíz, pipocas, pochoclo, pororó , già si mangiava in epoche preincaiche, poiché sono stati trovati in alcune sepolture. Gli Aztechi li vendevano per la strada e li chiamavano momochli in lingua nahuatl (l'idioma degli Aztechi).. POMODORO : anche l'origine del pomodoro è discussa. Il nome sicuramente deriva dalla parola nahuatl "tomatl", per questo si pensa che la pianta sia originaria del Messico. Tuttavia alcuni credono che la sua origine si trovi nella parte meridionale delle Ande, dalla Colombia al Cile. I conquistatori non la introdussero subito nella loro dieta perché la considerarono velenosa. Solo dopo molto tempo la inserirono nella loro cucina. Alcune varietà che arrivarono in Europa erano gialle e per questo, sembra, gli italiani li battezzarono "pomi d'oro" (mela d'oro, pomodoro). FAGIOLI : gli antichi abitanti dell'America sapevano come mantenere l'equilibrio ecologico del loro ambiente anche se non conoscevano il significato di nessuna di queste parole. La coltivazione dei fagioli, in effetti, si alternava nello stesso campo con quella del mais, perché questo assorbe il nitrogeno della terra e i fagioli lo forniscono, permettendo così il riposo dei campi. Inoltre i fagioli erano una fonte primaria di proteine. Per alcune culture indigene latinoamericane erano così importanti che si diceva che il fagiolo aveva un'anima e la si chiamava "il signore del fagiolo". Esistono numerose varietà In seguito alla scoperta dell’America arrivò da quel continente il “phaseolus vulgaris”. Ebbero una diffusione relativamente rapida grazie al fatto che la gente era già abituata alle fave, ai lupini, e appunto al “fagiolo dorico”. Dopo che Colombo li scoprì a Cuba nel suo secondo viaggio, già nei primi anni del ‘500 li troviamo in Veneto, Francia e Germania sud occidentale. I primi documenti attestanti la presenza del fagiolo americano risalgono al 1528, quando il canonico Pietro Valeriano ne piantò alcuni semi ricevuti da papa Clemente VII. All’inizio i “fagioli di Lima” o “cannellini” o “fagioli di Spagna, furono considerati una merce preziosa da scambiarsi come dono fra i potenti. Alcuni testi li elencano nei regali di nozze offerti da Alessandro de' Medici alla sorella Caterina Ad ulteriore testimonianza di quanto fossero preziosi e ricercati i fagioli, ricordiamo la loro presenza nei ricettari del Messisbugo (assieme ai fagiolini), dello Scappi, e nel menù di un banchetto papale offerto nel 1570. Le specie di fagioli americani sono il fagiolo di Lima e il fagiolo comune. Di quest'ultimo l'uomo ha creato centinaia di varietà. Oggigiorno in certi mercati messicani si possono acquistare fino a 25 varietà diverse di fagioli. Dal Messico del sud ovest la pianta dei fagiolo si è diffusa gradatamente a nord e a sud. In Perù si affermò il cosiddetto fagiolo di Lima che fu addomesticato molto più tardi del fagiolo comune. Il fagiolo di Lima fu introdotto in Africa con la tratta degli schiavi. Gli Spagnoli lo portarono pure nelle Filippine, in Asia e in Brasile. Il peperone (Capsicum annum) è un ortaggio appartenente alla famiglia delle Solanaceae, originario della zona americana meridionale (Brasile) e importato in Europa solo verso la metà del 1500. La pianta del peperone è un arbusto dalle foglie verdi e lucide; ha anche singoli fiori bianchi. Peperoncino Capsicum L. è un genere di piante della famiglia delle Solanaceae, originario delle Americhe ma attualmente coltivato in tutto il mondo. Oltre al noto peperone, il genere comprende varie specie di peperoncini piccanti, ornamentali e dolci. Secondo alcuni, il nome latino "Capsicum" deriva da "capsa", che significa scatola, e deve il nome alla particolare forma del frutto (una bacca) che ricorda proprio una scatola con dentro i semi. Altri invece lo fanno derivare dal greco kapto che significa mordere, con evidente riferimento al piccante che "morde" la lingua quando si mangia. Il peperoncino piccante era usato come alimento fin da tempi antichissimi. Dalla testimonianza di reperti archeologici sappiamo che già nel 5500 a.C. era conosciuto in Messico, presente in quelle zone come pianta coltivata, ed era la sola spezia usata dagli indiani del Perù e del Messico. In Europa il peperoncino giunse grazie a Cristoforo Colombo che lo portò dalle Americhe col suo secondo viaggio, nel 1493. Poiché Colombo sbarcò in un'isola caraibica, molto probabilmente la specie da lui incontrata fu il Capsicum chinense, delle varietà Scotch Bonnet o Habanero, le più diffuse nelle isole. Introdotto quindi in Europa dagli spagnoli, ebbe un immediato successo, ma i guadagni che la Spagna si aspettava dal commercio di tale frutto (come accadeva con altre spezie orientali) furono deludenti, poiché il peperoncino si acclimatò benissimo nel vecchio continente, diffondendosi in tutte le regioni meridionali, in Africa ed in Asia, e venne così adottato come spezia anche da quella parte della popolazione che non poteva permettersi l'acquisto di cannella, noce moscata, ecc. Il frutto venne chiamato peperone a causa della somiglianza nel gusto (sebbene non nell'aspetto), con il pepe, Piper in latino. Il nome con il quale era chiamato nel nuovo mondo in lingua nahuatl era chilli o xilli (leggi cìlli o scìlli), e tale è rimasto sostanzialmente nello spagnolo del Messico e dell'America Centrale (chile) e nella lingua inglese (chili) e pure in alcuni nomi di varietà, come il chiltepin (C. annuum var. aviculare), derivato dal nauhatl chilitecpintl o peperoncino pulce, per le dimensioni e il gusto ferocemente piccante. Il chiltepin è ritenuto l'antenato di tutte le altre specie. Nei paesi del Sudamerica di lingua spagnola e portoghese, invece, viene comunemente chiamato ají, modernizzazione dell'antillano asci. La parola in lingua quechua per i peperoncini è uchu, come nel nome usato per il rocoto dagli Inca: rócot uchu, peperoncino spesso, polposo. Agave: Comprende numerose specie originarie delle zone desertiche dell'America. La maggior parte di queste piante fioriscono una sola volta, tra i 10 e i 30 anni di vita. La tradizione della sua coltivazione è molto antica in Messico, e veniva venerata come pianta regalo degli Dei per tutto quello che era possibile ottenere da questa. La pianta dell’Agave, oltre ad essere apprezzata come pianta ornamentale, ha molteplici altri usi: dalle foglie, ricche di fibre, si ottiene una fibra tessile che serve per produrre corde e reti, gli aculei vengono utilizzati come aghi da cucire, dalle radici si ricavano medicamenti, mentre la polpa è materia prima per i cosmetici. Dall’Agave vengono inoltre prodotte alcune bevande famose come il Pulque, il Mezcal e la Tequila. (D. T.) Opuntia (Fico d'India): Il genere Opuntia comprende più di 300 specie originarie delle zone desertiche dell'America ed in particolare del Messico.Sono piante perenni spinose. I fiori sono molto appariscenti e di diversi colori. I frutti sono delle bacche commestibili (il classico Fico d'India) e anche le pale più giovani vengono consumate sia come legumi sia per preparare altre pietanze. Dalla polpa, trattata in diverse maniere, si ottengono diversi prodotti: il "Queso de tuna" (mostarda), il "Colonche" (bevanda alcolica), la "melchoca" (marmellata) e il "Miel de tuna" (sciroppo). COCA: Erythroxylon coca, fam. Erythroxylaceae; è un arbusto o piccolo albero del sud America, che cresce in altura. Le foglie essiccate costituiscono la droga, che nelle località andine rappresenta un droga sociale. La masticazione della droga determina uno stato di eccitazione e un'anestesia della parete della mucosa orale, esofagea e gastrica, che riduce il senso della fame e della sete. Dalle foglie di coca si estrae il principio attivo, la cocaina, un alcaloide con proprietà anestetiche; fino a pochi decenni fa veniva impiegato dai dentisti come anestetico locale. Nella nostra cultura la coca ha assunto l'aspetto di droga d'abuso a scopo stupefacente. La pianta di coca ha una stretta relazione culturale-religiosa con le popolazioni andine da tempo immemorabile. Sono state ritrovate decorazioni raffiguranti la foglia di coca nelle ceramiche pre-incaiche, risalenti addirittura a 5000 anni prima di Cristo. Da sempre la coca è stata considerata una pianta sacra, capace di realizzare una connessione tra le divinità extraterrene e le popolazioni che abitavano gli altipiani della catena andina, dove attualmente si estendono parte della Colombia, Ecuador, Perù, Bolivia e nord del Cile. Dovuta alla sua caratteristica religiosa e sacra, la pianta di coca rappresentava un simbolo di prestigio tra le comunità indigene, considerata oggetto di scambio pregiato, fino ad essere considerata una “quasi moneta” durante l’Impero Inca. Quando i conquistadores arrivarono nei territori dominati dalla civiltà incaica, scoprirono in breve tempo le virtù e le potenzialità di tale pianta, senza però vederne di buon occhio il consumo da parte della popolazione locale. Questo rifiuto da parte degli spagnoli verso il riconoscimento di una tradizione ancestrale, ha portato progressivamente ad un divieto assoluto del consumo di questa pianta sacra, affiancato dalla posizione intransigente della Chiesa, che addirittura la classificò come una pianta “demoniaca”; determinandone il declino. I rituali ancestrali, direttamente riconducibili all’uso delle foglie di coca, venivano messi al bando dagli emissari del Papa, che cercavano di estirpare le antiche credenze, a favore della cristianizzazione di tutto il territorio Inca. Tale processo non fu di facile esecuzione, in quanto la pianta non era considerata solamente oggetto di scambio e sacra, ma principalemente rientrava in maniera determinante nelle abitudini alimentari degli Indios, costituendo uno dei cibi principali nella dieta andina. Intorno al 1540 si passa quindi dal considerare la coca come una pianta divina per la cultura Inca, ad una pianta “satanica” per la Chiesa cattolica. Questa inversione nella visione concettuale della pianta di coca, dovuto inevitabilmente ad uno scontro di civiltà, ha innescato un dibattito non ancora concluso, attualmente a livello internazionale, che ha radici soprattutto nella visione distorta che nel tempo la coca ha subito, e che continua purtroppo a subire. Prima di tutto bisogna fare un pò di chiarezza su cosa è effettivamente la coca, e quali caratteristiche possiede per essere considerata, da tempo immemorabile, come una pianta “sacra”. Diverse ricerche condotte in America latina e negli Stati uniti (Università di Harvard) sono concordi nello stabilire che la foglia di coca possiede forti capacità nutrizionali. Difatti è ricca di vitamine, proteine, calcio e minerali tali da poter soddisfare le richieste nutritive giornaliere di una persona adulta con la masticazione di circa 200 grammi di foglie. Combatte il mal d’altitudine, accentua l’attenzione e la concentrazione, è uno stimolante naturale e contiene fluoro, il che aiuta a mantenere una dentatura bianca ed integra; esattamente come si è stupefacentemente ritrovato nelle numerose mummie di età incaica in Perù. Che relazione ha una pianta dalle proprietà così strabilianti con la droga, la cocaina, e quindi il narcotraffico a livello internazionale? La pianta di coca possiede quattordici alcaloidi quasi tutti sintetizzati in laboratorio ed utillizzati correntemente nell’industria farmaceutica per svariati usi. Uno di essi è appunto la cocaina, isolata nel 1860 dal chimico tedesco Albert Niemann e usata come anestetico intorno al 1884. Gli effetti “collaterali” della cocaina, come eccitazione, perdita di fame e sonno, esaltazione degli stati d’animo nonchè la dipendenza; l’hanno elevata negli anni a livello internazionale come una droga “moderna”, soppiantando la obsoleta eroina consumata principalmente nella decade degli anni ’80. La cocaina si ricava dalla macerazione delle foglie di coca con sostanze altamente tossiche per l’organismo, producendo effetti devastanti a lungo termine nel corpo umano. Il narcotraffico legato appunto alla sua produzione, ha generato un serissimo problema a livello locale nelle aree dove si produce la pianta di coca per uso terapeutico ed alimentare. CHINA: gen. Cinchona; albero tipico delle Ande. Ne esistono diverse specie: officinalis, succirubra, ledgeriana... La parte impiegata è la corteccia da cui si estraggono numerosi alcaloidi, che rappresentano il chinino, il farmaco antimalarico per eccellenza delle popolazioni che non accedono ai moderni farmaci tecnologici. Il chinino costituisce il fitocomplesso della droga, mentre il principio attivo dei farmaci antimalarici è la chinina, uno dei tanti alcaloidi contenuti nel chinino. Alcuni plasmodi della malaria hanno sviluppato una notevole resistenza al principio attivo chinina, motivo per cui i farmaci antimalarici risultano inefficaci. Da ciò si spiega un ritorno all'utilizzo della fonte come fitocomplesso, al quale il plasmodio della malaria è ancora suscettibile. L'azione antimalarica esercitata dal fitocomplesso, chinino, è il risultato dell'azione di più princìpi attivi, che agiscono sinergicamente a determinare lo stesso affetto farmacologico. Il plasmodio non è resistente al fitocomplesso, perché esso svolge un'azione antimalarica qualitativamente diversa rispetto a quella del principio attivo chinina: gli alcaloidi che costituiscono il fitocomplesso chinino possiedono un'azione analoga a quella del p.a. Chinina, ma la espletano in modo diverso. Cinchona è un genere di piante arboree delle Ande, famiglia delle Rubiaceae, comprendenti specie conosciute col nome di china, con proprietà attribuite agli alcaloidi presenti nella corteccia. Il nome della pianta affonda le sue origini nella leggenda: secondo quanto scritto da Sebastiano Marelli, infatti, pare che nel XVII secolo la moglie del viceré del Perù, Luis Jerónimo de Cabrera, la contessa Ana de Osorio Chinton fosse stata curata dalla febbre intermittente dalla quale era affetta proprio grazie al ricorso ai rimedi tradizionali indigeni. Sempre secondo questa tradizione, la contessa, per ringraziare della guarigione dispose la cura dei poveri di Lima e fece pubblicità del suo caso anche in Spagna. Nel 1933 fu ritrovato il diario ufficiale del viceré de Cabrera. In questo diario vengono contraddette molte delle cose scritte da Bado. Si dice che Ana de Osorio, prima contessa di Chinchón, morì in Spagna almeno tre anni prima che il marito fosse nominato viceré del Perù. Fu la seconda moglie, Francisca Henríquez de Ribera, che accompagnò il conte nelle Americhe, dove godette di ottima salute. Lo stesso conte si ammalò più volte di febbre, ma non fu mai curato con bacche. La seconda moglie, poi, non tornò mai in Spagna. Morì nel porto di Cartagena durante il viaggio di ritorno. Alla luce di queste rivelazioni, tutti i racconti di Bado ricevono poca considerazione dagli storici. Linneo, in onore della Chincon, diede il nome di Cinchona alla famiglia cui appartiene l’albero della china. CURARO In 1596 Sir Walter Raleigh mentioned the arrow poison in his book Discovery of the Large, Rich, and Beautiful Empire of Guiana (now Guyana), though it is possible that the poison he described was not curare at all. In 1780, Abbe Felix Fontana discovered that it acted on the capability of voluntary muscles rather than on nerves and the heart. In 1800, Alexander von Humboldt gave the first western account of how the toxin was prepared from plants by Orinoco River natives. During 1811-1812 Sir Benjamin Collins Brody (1783– 1862) experimented with curare.[6] He was the first to show that curare does not kill the animal and the recovery is complete if the animal’s respiration is maintained artificially. In 1825 Charles Waterton described a classical experiment in which he kept a curarized female donkey alive by artificial respiration with a bellows through a tracheostomy. Waterton is also credited with bringing curare to Europe. Robert Hermann Schomburgk, who was a trained botanist, identified the vine as one of the Strychnos genus and gave it the now accepted name Strychnos toxifera. Strychnos toxifera (Koehler 1887) Nel XVI secolo gli esploratori occidentali osservarono gli indigeni delle zone del Perù, Brasile, Ecuador e Colombia usare un veleno da freccia chiamato Curari o Woorari (che in lingua locale significa appunto veleno), in grado di uccidere animali e uomini in pochi minuti, anche solo dopo una ferita superficiale. Il veleno può essere usato per la caccia perché, mortale quando penetra direttamente nel torrente ematico, viene degradato facilmente dai succhi gastrici. Le prime notizie di questa sostanza in Europa si hanno nel 1516 e sono contenute in alcune lettere a Giovanni de' Medici da parte di Pietro Martire d'Anghiera. Fu portato per la prima volta in Europa da Charles Marie de La Condamine nel 1736. È solo nel XIX secolo che la preparazione del curaro fu descritta in maniera dettagliata ed esatta, da parte dei grandi esploratori Alexander von Humboldt e Aimé Bonpland. Il curaro viene preparato a partire da chondrodendron tomentosum, abuta e curarea (tutte liane), mescolate a volte con strychnos. Le cortecce vengono grattate e poste in una foglia messa a guisa di imbuto, appesa a due lance. Acqua fredda viene versata nell'imbuto e fatta percolare, il liquido scuro gocciola e viene raccolto in un recipiente di ceramica. Il liquido raccolto viene portato all’ebollizione varie volte per farlo schiumare, fino a che non si addensa lentamente. Il liquido viene raffreddato e quindi scaldato un'ultima volta, fino a che non si forma uno strato vischioso che viene rimosso. Le punte delle frecce vengono bagnate nel liquido ed essiccate al fuoco. Gli indigeni parlavano di curaro "un albero" e "curaro tre alberi" per distinguere il curaro potente (una scimmia avvelenata può solo compiere un balzo da un albero ed un altro) e quello meno potente (la scimmia può saltare fino a tre alberi)[senza fonte]. Ciò che più colpisce di questa preparazione è il fatto che i popoli cacciatori fossero riusciti a capire l’efficacia del veleno attraverso le lesioni ma non per ingestione, capendo che era possibile utilizzarlo per la caccia. Nel 1820 Charles Waterton comprese il meccanismo d'azione del curaro: sperimentò infatti il veleno su una mula che finì in morte apparente per poi venire rianimata grazie alla ventilazione forzata. La pianta agisce quindi sulla respirazione, bloccandola e provocando la morte per asfissia. Nel 1844 il grande fisiologo francese Claude Bernard conferma che il curaro agisce bloccando la trasmissione nervosa alla muscolatura. Negli anni venti del Novecento uno studioso americano, Richard Gill, spese molti anni con gli indigeni ecuadoriani e studiò attentamente la preparazione del curaro. Nel 1938 ritornò negli USA con qualche chilo di curaro e cercò di interessare le case farmaceutiche ad una sostanza che credeva molto promettente. Nel frattempo infatti il chimico King, nel 1935, era riuscito ad isolare il principio attivo del curaro. Dato che non possedeva alcun campione di curaro, King aveva dovuto utilizzare per le sue analisi il campione originale di Spruce conservato ad Harvard. Dato che il campione era conservato in un tubo, la molecola si chiamò tubocurarina (la struttura proposta da King risultò poi errata, ma la molecola era stata isolata). Gill non riuscì a trovare appoggi se non anni dopo, e solo nel 1941 iniziarono i primi esperimenti sugli animali. La tubocurarina venne aggiunta agli anestetici per le operazioni chirurgiche, ma gli animali morirono di asfissia. Nel 1942 Harold Griffith e Edin Johnson capirono che all'utilizzo della molecola deveva sempre essere associata la ventilazione forzata e nello stesso anno compirono molte operazioni su esseri umani. Mirtillo gigante americano Vaccinium corymbosum: spontaneo nel Nord America, è una pianta alta 1-4 m, a foglia caduca, con fiori bianchi o rosati; le bacche riunite in grappoli, sono di colore nero-azzurro, profumate; molto resistente al freddo (fino a -30°C). The beach strawberry, Chilean strawberry, or coastal strawberry (Fragaria chiloensis) is one of two species of strawberry that were hybridized to create the modern garden strawberry (F. × ananassa). It is noted for its large berries. Its natural range is the Pacific Ocean coasts of North and South America, and also Hawaii. Migratory birds are thought to have dispersed F. chiloensis from the Pacific coast of North America to the mountains of Hawaii, Chile, and Argentina. Tabacco essiccato La Nicotiana L. è un genere di erbe e arbusti della famiglia dei Solanum (Solanaceae), provenienti principalmente dal Nord e Sud America, dall'Australia, dal Sud Africa occidentale e dal Pacifico meridionale. Varie specie di Nicotiana, comunemente indicato come "pianta di tabacco", sono infatti coltivati e cresciuti per produrre tabacco. Di tutte le specie di Nicotiana, la più comune e sfruttata per la produzione di foglie di tabacco per le sigarette è la Nicotiana tabacum. Il genere è così chiamato in onore di Jean Nicot, ambasciatore francese in Portogallo, che nel 1559 fece pervenire un esemplare della pianta, considerandola una medicina, alla corte di Caterina de' Medici. Bougainville: E' originaria delle zone tropicali e subtropicali dell'America Meridionale, in particolare del Brasile. La pianta fu scoperta nella seconda metà del '700 dal botanico francese Pierre Bouli il quale, imbarcato su una fregata in missione esplorativa, dedicò la sua scoperta al capitano della nave, Louis Antoine de Bouganville. Il genere comprende 18 specie di piante a cespuglio e rampicanti molto decorativi. I fiori, piccoli bianco giallastri, sono circondati da brattee vivacemente colorate di bianco, giallo, arancio, rosa, rosso o viola. Il girasole è originario delle Americhe (dal ricco regno del Perù) dove fu coltivato fin dal 1000 a.C. Francisco Pizarro scoprì che gli Incas consideravano il girasole l'immagine del loro dio del sole. All'inizio del XVI secolo furono portati in Europa sia riproduzioni in oro del fiore, sia semi dello stesso. Heliantus è invece il nome greco del girasole. Araucaria Il nome del genere deriva dagli Araucani (Araucanos), tribù indigena del Cile, la regione originaria dell'A. araucana. Sequoia CACAO: si crede che la pianta sia originaria dell'Amazzonia e che in seguito sia arrivata in America Centrale e in Messico. Alcune culture originarie di questa regione come gli Olmechi ed i Maya, lo consideravano "l'alimento degli dei". I semi di cacao erano utilizzati come moneta dagli Aztechi, i quali inoltre lo utilizzavano come bibita. Cristoforo Colombo ha scoperto il cacao in America, ma la pianta fu ben accolta in Europa solo alcuni anni dopo. Gli europei gli aggiunsero lo zucchero e lo riscaldarono per migliorarne il sapore. Cibo, cultura, religione Centeotl dio del mais atzeco Nella mitologia azteca, Xochipilli ("principe dei fiori") era il dio dell'amore, dei giochi, della bellezza, della danza, dei fiori, del mais e della musica. Sua moglie era Mayahuel e sua sorella gemella Xochiquetzal. Essendo considerato uno degli dei responsabili della fertilità e del raccolto, è stato associato a Tlaloc, dio della pioggia ed a Centeotl, dio del mais. A lui viene fatto riferimento anche come Macuilxochitl, che significa "cinque fiori". (Xochi deriva dal termine nahuatl 'xochitl', cioè 'fiore', mentre 'pilli' significa 'principe' o 'bambino') Raffigurazione di Xochipilli nel Codex Borgia (XV sec.) Verso la metà del 1800, una statua azteca raffigurante Xochipilli, fatta risalire al XVI secolo, fu portata alla luce nei pressi delle pendici del vulcano Popocatepetl, vicino a Tlamanalco. La statua rappresenta una figura seduta su un piedistallo a forma di tempio. Sia la statua che il piedistallo sono ricoperti da incisioni che rappresentano fiori sacri, dalle proprietà psicoattive, come funghi (Psilocybe aztecorum), tabacco (Nicotiana tabacum), convolvolo (Turbina corymbosa), sinicuichi (Heimia salicifolia), forse cacahuaxochitl (Quararibea funebris) ed altri fiori non identificati. La figura è seduta sul piedistallo a gambe incrociate, la testa leggermente sollevata, gli occhi aperti, la mascella inferiore protesa e la bocca semiaperta. La statua si trova attualmente nel Museo Nacional de Antropologia del Messico. Wasson, Schultes e Hofmann sono arrivati alle conclusioni che Xochipilli rappresenti una figura in preda all'estasi. La posizione e l'espressione del corpo, uniti ad una evidente rappresentazione di piante allucinogene risaputamente usate dagli Aztechi nelle cerimonie sacre, avvalorerebbero questa interpretazione. L'elemento base della cucina azteca era il mais (granoturco), un tipo di coltivazione molto importante nella società azteca che giocò un ruolo importante anche nella mitologia. Come il frumento in Europa, o il riso in buona parte dell'Asia orientale, il mais rappresentava l'alimento senza il quale un pasto non si poteva definire tale. Esistevano numerose varianti per colore, aspetto, dimensione e qualità, e veniva consumato sotto forma di tortilla, tamal e atole (tamalli e atolli in nahuatl). Le altre costanti del cibo azteco erano sale e peperoncino, e la definizione base di digiuno azteco era quella di astenersi da questi due elementi. Altri ingredienti molto usati erano i fagioli e la varietà locale dei semi di amaranto e della chía (Salvia hispanica). La combinazione di mais ed altri alimenti base forniva all'azteco medio una dieta completa senza carenza di vitamine o minerali. Per la preparazione delle tortilla e di altri piatti si usava (e si usa tuttora) il nixtamal, un tipo di mais cotto in soluzioni alcaline, con valori nutritivi molto elevati. Acqua, atole e pulque (il succo fermentato dell'agave salmiana) erano le bevande più comuni, ed esistevano molte bevande alcoliche ottenute fermentando il miele, il succo di diverse cactacee e vari frutti. Il ceto alto non beveva pulque, considerata la bevanda del popolo, preferendo bevande ottenute dalla lavorazione del cacao. Si trattava di uno dei maggiori lussi; era la bevanda di re, guerrieri e nobili, e veniva insaporita con peperoncino, miele ed un'infinita lista di spezie ed erbe. La dieta azteca comprendeva un'incredibile varietà di animali; tacchini ed altro pollame, geomidi, iguana, axolotl (un genere di salamandra d'acqua), gamberi, pesci e molti insetti, larve ed uova di insetti. Mangiavano anche molti funghi, tra cui il huitlacoche (Ustilago maydis), parassita del granturco . Le cucurbitacee erano molto popolari e venivano cucinate in molti modi: se ne mangiavano i semi, fresche, essiccate o arrostite. I pomodori, molto differenti dalle varietà coltivate oggi, erano consumati sotto forma di salse mischiati con peperoncini o come ripieno del tamal. Uomini aztechi che si dividono un pasto. Immagine tratta dal Codice fiorentino (tardo XVI secolo). Uomini aztechi ad un banchetto. Codice fiorentino, tardo XVI secolo Silos di conservazione del mais. Codice fiorentino (XVI sec.) Una donna azteca soffia sul mais prima di metterlo in padella. Codice fiorentino, tardo XVI secolo La cucina atzeca Molte fonti parlano di due pasti al giorno, nonostante esista un racconto di lavoratori che ne consumavano tre: il primo all'alba, il secondo verso le 9 del mattino ed il terzo alle 3 del pomeriggio.[1] Questa abitudine e' in linea con gli usi europei del tempo, ma non e' chiaro se il consumo di atole, la bibita di mais, fosse da considerarsi un pasto o meno. L'assunzione di atole in quantità forniva le stesse calorie di molte tortilla, e veniva mangiato quotidianamente da buona parte della popolazione. Banchetti Esistono molti racconti che narrano di feste e banchetti aztechi, e delle cerimonie che li circondavano. Prima di un pasto i servitori offrivano tubi di tabacco profumato e, a volte, anche fiori con cui gli ospiti potevano sfregarsi testa, mani e collo. Prima di iniziare a pranzare ogni ospite doveva lasciar cadere a terra un po' di cibo, quale offerta al dio Tlaltecuhtli. Dato che le abilità militari erano elogiate tra gli aztechi, i modi a tavola rispecchiavano le movenze dei guerrieri. Il passaggio del tabacco avveniva dalla mano sinistra del servo alla destra dell'ospite, mentre il piattino che lo accompagnava passava dalla destra alla sinistra. Questo gesto imitava il modo in cui un guerriero riceveva i dardi dell'atlatl e lo scudo. I nomi venivano chiamati in modo diverso a seconda di come venivano passati; i "fiori spada" passavano dalla sinistra del servo alla destra dell'ospite, mentre i "fiori scudo" facevano il passaggio inverso. Durante il pranzo gli ospiti tenevano la propria scodella piena di salsa davanti alla mano destra, e le tortilla o i tamal (serviti da un cesto) davanti alla sinistra. Il pasto si concludeva quando veniva servito il cioccolato in coppe ricavate da zucche svuotate e con un bastoncino per agitarlo. Uomini e donne erano separati durante il banchetto e, nonostante le fonti non siano totalmente chiare, sembra che solo gli uomini bevessero il cioccolato. Più probabilmente le donne bevevano posolli (una bibita di mais) o un qualche genere di pulque. I padroni di casa più benestanti spesso ricevevano gli ospiti in stanze attorno ad una corte simile ai caravanserragli centro-europei (o han in turco), ed i veterani militari partecipavano alle danze. Le feste iniziavano a mezzanotte, e qualcuno beveva cioccolato mangiando funghi allucinogeni per poi raccontare agli altri ospiti delle loro visioni. Poco prima dell'alba si iniziava a cantare, e le offerte venivano bruciate e sepolte nella corte per garantire fortuna ai figli del padrone di casa. All'alba i restanti fiori, il tabacco ed il cibo venivano consegnati all'ospite più vecchio e povero, o ai servi. Come per tutti gli altri aspetti della vita gli aztechi enfatizzavano la natura duale delle cose, e verso la fine del banchetto al padrone veniva severamente ricordato dai più anziani il fatto di essere mortale, e che non avrebbe dovuto farsi sopraffare dalla superbia. Preparazione del cibo La principale tecnica di cucina consisteva nel bollire o cuocere a vapore in pentole a due manici o in giare chiamate xoctli in lingua nahuatl, termine tradotto nello spagnolo olla. La olla veniva riempita con cibo e scaldata sopra al fuoco. poteva anche essere usata per cuocere a vapore o versandovi poca acqua in cui i tamale avvolti in cartocci di mais venivano adagiati sopra ad una leggera struttura di ramoscelli al centro della pentola.[3] In molte fonti degli storici spagnoli si fa riferimento alla frittura, ma l'unica spiegazione dettagliata sembra parlare di un qualche genere di sciroppo, non di cottura nel grasso. Questa ipotesi e' confermata dalla mancanza di prove su larga scala riguardo all'estrazione di olio dai vegetali, e dal fatto che non e' stato ritrovato dagli archeologi vasellame adatto alla frittura.[4] Tortilla, tamal, casseruole e le salse che li accompagnavano rappresentavano i piatti più comuni. Peperoncini e sale erano inseriti ovunque, e molti pasti erano composti solo da tortilla intinte nella salsa di peperoncino, preparata pestandolo in un mortaio con poca acqua. L'impasto di mais poteva venire usato per racchiudere la carne, a volte interi tacchini, prima di cucinarla. In molte città azteche si trovavano commercianti che vendevano per strada cibo di ogni genere, servendo ricchi e poveri. Si poteva anche comprare qualsiasi tipo immaginabile di atolli, per dissetarsi o per un pasto veloce. Bevande Molte bevande alcoliche venivano fatte tramite la fermentazione di mais, miele, ananas, frutti del cactus ed altre piante. La più comune era l'octli, elaborata dall'aguamiel, il succo dell'agave salmiana. Oggi questa bevanda è nota come pulque. Veniva bevuta da tutte le classi sociali, nonostante alcuni nobili si vantassero di non assumere questa bevanda del popolo. Il bere era tollerato anche da parte dei bambini in alcune occasioni, ma non bisognava ubriacarsi. Le pene erano molto rigide, ed erano ancora più severe se applicate al ceto alto. La prima trasgressione di un uomo comune sarebbe stata punita distruggendone la casa e mandandolo a vivere nei campi come un animale. Generalmente i nobili non avevano una seconda occasione, e potevano essere giustiziati per aver ecceduto con l'alcool. Sembra fosse più tollerato che a bere fossero gli anziani, nonostante le fonti divergano sull'età esatta.[10] Queste pene non evitavano il fatto che a volte i nobili diventassero alcolizzati, finendo i loro giorni in povertà e prematuramente. Un informatore di Sahagún narrò la crudele storia di un ex-tlacateccatl (generale) e comandante di oltre 8000 uomini: « Si bevve tutta la sua terra; la vendette tutta. [...] Tlacateccatl, un guerriero valoroso, un grande guerriero, ed un grande nobile, in un determinato momento, da qualche parte sulla strada per cui viaggiava, cadde, ubriaco, rotolandosi nei propri escrementi » (Coe, 85) Atole L'atole (atolli in nahuatl), bibita di mais, forniva buona parte del fabbisogno calorico giornaliero. La ricetta base per la preparazione dell'atolli era di otto parti di acqua e sei di nixtamal che andava mescolato fino a sciogliersi. L'amalgama veniva poi bollita per farla inspessire. Esistono molte varianti di atolli: con un decimo di sciroppo di agave si faceva il nequatolli; aggiungendo peperoncino frullato con sale e pomodoro si faceva l'iztac atolli; lasciando riposare il nixtamal per 4-5 giorni per poi aggiungerne altro fresco con peperoncino e sale si preparava lo xocoatolli. Fagioli, tortilla cotta al forno, mais tostato, chía, amaranto e miele venivano mescolati per creare il pinolli. Il mais tostato e ridotto in polvere era molto usato dai viaggiatori, soprattutto commercianti, che, mescolandolo con acqua, potevano ottenere pasti istantanei lungo la strada , una specie di cibo liofilizzato. Cacao Il cacao aveva un grandissimo valore simbolico. Si tratta di un lusso raro, essendo un prodotto che andava importato non crescendo sul suolo dell'impero azteco. Non esistono descrizioni dettagliate di come si preparasse il cacao solido, ma vi sono molte allusioni al fatto che venisse mangiato in questa forma. I chicchi di cacao erano tra le più preziose derrate, e potevano venire usati come forma di pagamento, nonostante gli venisse riconosciuto un valore basso; 80-100 chicchi permettevano di acquistare un piccolo mantello e una canoa piena di acqua fresca se si abitava nella parte salata dei laghi che circondavano Tenochtitlán. Proprio per questo i chicchi venivano spesso contraffatti riempiendo i gusci vuoti con sporcizia o fango. Il cacao veniva spesso bevuto sotto forma di xocoatl ("acqua amara", termine da cui deriva la parola cioccolato) e rappresentava la bevanda di guerrieri e nobili. Era considerata un tale inebriante da dover essere bevuto con grande solennità e serietà, tanto da venire descritta dallo storico spagnolo Sahagún come "da non bere con leggerezza". Il cioccolato poteva venir preparato in molti modi, e molti di questi comprendevano il fatto di miscelare acqua calda o tiepida con chicchi tostati e pestati, mais e molte spezie quali peperoncino, miele, vaniglia ed altre spezie. Gli ingredienti venivano miscelati e battuti con un pestello o aerati facendo saltare il cioccolato da un piatto ad un altro. Se il cacao era di alta qualità il procedimento creava molta schiuma. La schiuma poteva essere messa da parte, e la bevanda di nuovo scossa per produrre altra schiuma da mettere sulla bevanda prima di servirla. Pittura dal Codice Mendoza che raffigura un'anziana azteca che beve pulque La spirulina (Arthrospira) poteva essere raccolta sulla superficie dei laghi con reti o pale, per poi venir essiccata sotto forma di torte che venivano mangiate con tortilla o come condimento. Spirulina was a food source for the Aztecs and other Mesoamericans until the 16th century; its harvesting from Lake Texcoco and subsequent sale as cakes is described by one of Cortés' soldiers. The Aztecs called it "techuitlatl". Alimenti La spirulina poteva essere raccolta sulla superficie dei laghi con reti o pale, per poi venir essiccata sotto forma di torte che venivano mangiate con tortilla o come condimento Tra i principali cibi aztechi c'erano mais, fagioli e cucurbitacee cui venivano spesso accompagnati peperoncini e pomodori, tutti ingredienti tipici della dieta messicana del tempo. Gli aztechi raccoglievano cambarellus montezumae, un tipo di gambero piccolo e molto diffuso nel lago Texcoco, cosi' come l'alga spirulina cucinata sotto forma di torta ricca di flavonoidi. Nonostante la dieta azteca fosse per buona parte vegetariana gli aztechi consumavano anche insetti quali grilli (chapulines), Aegiale hesperiaris, formiche, larve, ecc. Gli insetti avevano un contenuto proteico maggiore della carne, ed anche oggi sono considerati una prelibatezza in alcune parti del Messico. Cereali Una donna azteca soffia sul mais prima di metterlo in padella, in modo che non temesse il fuoco. Codice fiorentino, tardo XVI secolo Il mais era il cibo principale per gli Aztechi. Veniva consumato ad ogni pasto da tutte le classi sociali, ed aveva un ruolo fondamentale anche in mitologia. Gli Aztechi descrissero ai primi europei il mais come "prezioso, nostra carne, nostre ossa".[7] Ne esistevano molte varietà e dimensioni, forme e colori; giallo, rossiccio, bianco striato di altri colori, nero, con o senza macchie ed una variante con la buccia blu considerata molto preziosa. Oltre a queste vi erano molte varianti regionali, ma poche di loro sono state descritte. Il mais veniva riverito tanto che le donne gli soffiavano sopra prima di metterlo in padella, in modo da non fargli temere il fuoco, ed ogni chicco caduto per terra veniva raccolto, e non andava perso. Uno degli informatori aztechi dello storico e missionario francescano spagnolo Bernardino de Sahagún ne spiegò l'uso nel seguente modo: « Il nostro nutrimento soffre, e piange. Se non lo dovessimo raccogliere, ci accuserebbe prima del nostro Signore. Direbbe: O nostro Signore, questo vassallo non mi raccolse dopo che caddi a terra. Puniscilo. O vi faremo morire di fame » (Coe, 88[8]) Un processo chiamato nixtamalización veniva usato in tutte le Americhe in cui si coltivava il mais. Si tratta di un termine composto dalle parole nahuatl nextli ("cenere") e tamalli ("avvolto"), e si tratta di un processo usato tuttora. I chicchi di mais essiccati vengono inzuppati e cotti in una soluzione alcalina, solitamente a base di idrossido di calcio. Questo ammorbidisce il pericarpo, la parte esterna del chicco, rendendo più semplice la macinatura. Il processo trasforma il mais da semplice fonte di glucidi in un impasto nutrizionalmente più completo; ne aumenta calcio, ferro, rame e zinco, aggiunti grazie alla soluzione alcalina o al vasellame usato nel processo, oltre a niacina, riboflavina ed altre proteine già presenti nel granturco, che il processo rende digeribili anche agli esseri umani, riducendo il rischio di ammalarsi di pellagra. Lo sviluppo di alcune micotossine è un altro dei lati positivi del procedimento. Lasciando fermentare il nixtamal si produce un'ulteriore aumento del valore nutritivo con l'aggiunta di amminoacidi quali lisina e triptofano. Fagioli, verdure, frutta, chili e nixtamal erano in grado di fornire una dieta nutrizionalmente soddisfacente senza bisogno di proteine animali. Tamal Il Tamalli, in nahuatl, che significa "avvolto", è preparato con un impasto di mais cotto e avvolto in foglie di pannocchia, o anche di banano, agave e avocado. Può essere farcito in diversissimi modi dolci o salati, con carne, verdure, peperoncini, frutta, salse, ecc. I tamales sono descritti da fra' Bernardino de Sahagún nella Storia generale delle cose della Nuova Spagna. Spezie Molte erbe e spezie erano disponibili agli Aztechi per il condimento dei cibi. Tra i principali c'era il peperoncino, disponibile in molte specie, alcune selvatiche altre coltivate. I vari tipi differivano per il grado di piccantezza che dipendeva dalla quantità di capsaicina presente. I peperoncini venivano spesso essiccati e pestati per la conservazione e l'uso in cucina, a volte arrostiti per variarne il gusto. Il sapore dipendeva dalla specie, passando dal dolce al fruttato, dall'affumicato al molto piccante. Le specie di piante indigene usate nel condimento producevano sapori simili alle spezie del Vecchio Mondo, spesso più semplici da recuperare dopo la conquista spagnola. Il cilantro forniva un sapore più forte del corrispondente europeo, e le sue foglie erano più semplici da essiccare. Anche l'origano e l'anice messicani ricordavano i paralleli europei, mentre il pimento aveva una sapore a metà tra noce moscata, chiodi di garofano e cannella. Il gusto della cannella era più morbido e delicato. Prima dell'arrivo della cipolla e dell'aglio, si usavano piante simili tipo l'aglio di Kunth ad altre specie del genere Allium. Tra gli altri sapori si ricordano mezquite (pianta del genere Prosopis), vaniglia, bixa orellana, chenopodio (Dysphania ambrosioides), hoja santa (Piper auritum), foglie di avocado e molte altre piante indigene. Dieta Gli Aztechi ponevano l'accento sulla moderazione in ogni aspetto della vita. Scrittori e storici europei erano spesso stupiti dal modo in cui percepivano un'esemplare frugalità, semplicità e moderazione. Juan de Palafox y Mendoza, vescovo di Puebla e viceré della Nuova Spagna nel 1640, scrisse: « Li ho visti mangiare con grande riflessione, silenzio e modestia, in modo che uno sapesse che la pazienza mostrata sempre si applicava anche al cibo, e non si permettevano di diventare frettolosi per la fame o per la fretta di saziarsi » (Coe, 83) Digiuno Il significato principale del digiuno azteco era quello di astenersi dall'uso di sale e peperoncino, e tutti i membri della società praticavano il digiuno con una qualche intensità. Non esistevano eccezioni al digiuno, cosa che stupì i primi europei che entrarono in contatto con loro. Essendo il digiuno già comune in Europa, esistevano eccezioni permanenti per le donne e per i bambini, i malati, i deboli ed i vecchi. Prima della cerimonia del Nuovo Fuoco, che cadeva ogni 52 anni, alcuni sacerdoti digiunavano per un intero anno; gli altri sacerdoti per 80 giorni, ed i nobili per 8. Anche il popolo partecipava al digiuno, ma in modo meno rigoroso. A Tehuacan c'era un gruppo di digiunanti permanenti. Oltre ai vari rigori ascetici come il sonno su un cuscino di pietra, digiunavano per periodi di quattro anni mangiando solo un tortilla di 50 grammi al giorno. L'unica tregua era ogni 20 giorni, quando gli si permetteva di mangiare tutto quello che volevano. Anche dai re come Montezuma ci si aspettava la diminuzione dei lussi e l'abbassamento del tenore di vita, e lo facevano con molta convinzione e sforzi. Durante il digiuno dovevano astenersi dal sesso con le donne e dovevano mangiare solo torte di michihuauhtli e semi di amaranto o chenopodio. Anche il cioccolato dei signori era sostituito da acqua mista a farina di fagioli. Questa usanza era in contrasto con i fasti molti nobili europei e degli uomini del clero che, nonostante l'obbligo religioso di sostituire la carne con il pesce, non rinunciavano ai lussi. Cannibalismo Gli Aztechi praticavano un cannibalismo rituale. Le vittime, solitamente prigionieri di guerra, venivano sacrificate sopra a templi o piramidi estraendone il cuore. I corpi venivano poi buttati di sotto dove venivano smembrati. I pezzi erano quindi distribuiti alla classe superiore, composta per buona parte da guerrieri e sacerdoti. La carne veniva consumata sotto forma di stufato insaporito con il sale e mangiato con tortilla di mais, ma senza l'onnipresente chili. Alla fine del 1970 l'antropologo Michael Harner ipotizzò che gli Aztechi facevano ricorso a cannibalismo in grande scala, utilizzandolo per assumere le proteine di cui la loro dieta era carente. Questa idea prese piede tra alcuni studiosi, ma si dimostrò che era basata su ipotesi infondate circa gli usi alimentari, l'agricoltura e la demografia, rendendolo uno scenario altamente improbabile. Riti cannibalici nel Brasile del 1557, secondo le narrazioni di Hans Staden. Rituale Azteco di sacrificio umano (folio 70r del Codice Magliabechiano (XVI sec.)