origini e sviluppi del capitalismo: simmel e sombart

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ORIGINI E SVILUPPI DEL
CAPITALISMO: SIMMEL E
SOMBART
GIORGIO MORGANTI
ORIGINI E SVILUPPI DEL CAPITALISMO:
SIMMEL E SOMBART
In questo capitolo e nel successivo prenderemo in considerazione le
risposte che la sociologia economica ha fornito alla questione delle
origini, dei caratteri e dell’evoluzione del capitalismo. Ne vedremo
una prima formulazione in Simmel e quindi gli apporti più specifici e
articolati di Sombart e di Weber, i due autori che più contribuirono
all’affermazione della sociologia economica agli inizi del ‘900. Al di
là delle differenze tra questi studiosi, emergono alcuni elementi
comuni: l’insistenza sulle condizioni culturali e istituzionali che
influenzano il capitalismo, e l’attenzione per il ruolo
dell’imprenditorialità.
IL CAPITALISMO COME PROBLEMA
L’economia classica voleva studiare le leggi di funzionamento dell’economia
tenendo conto del quadro istituzionale capitalistico (proprietà privata dei
mezzi di produzione, lavoro salariato, ruolo del mercato, ruolo dello stato) ma
non ne indagava però le origini (ad eccezione di Smith) né si poneva i problema
delle spinte verso il cambiamento istituzionale che il funzionamento stesso
dell’economia capitalistica avrebbe potuto determinare.
Marx e gli storicisti tedeschi avanzarono con forza l’esigenza di storicizzare il
quadro istituzionale e cercarono di rispondere al problema delle origini e
dell’evoluzione del capitalismo. Oltre all’influenza dell’idealismo tedesco, gli
sviluppi stessi dell’economia (il suo diverso grado di maturazione a livello
territoriale, l’instabilità sociale e il conflitto di classe) spingevano a mettere in
discussione la visione dell’economia classica.
IL CAPITALISMO COME PROBLEMA
La rivoluzione marginalista separava nettamente il contesto
istituzionale dando un carattere normativo ed astorico all’indagine
economica che diventava una teoria della scelta razionale di
allocazione di risorse scarse.
È in questo quadro che si apre lo spazio analitico per una sociologia
economica autonoma che ha come fuoco l’interazione tra economia
e istituzioni. Vengono riprese le domande sulle origini e
sull’evoluzione del capitalismo come fenomeno storico, ma ad esse
viene data una risposta diversa da quella di Marx e degli storicisti.
IL CAPITALISMO COME PROBLEMA
Rispetto a Marx viene relativizzata l’influenza dei fenomeni
economici sulle istituzioni e viene messo in evidenza anche il
rapporto di causalità inverso: fattori culturali e politico-istituzionali
appaiono di particolare rilievo per spiegare
le
origini
dell’economia capitalistica. Tuttavia il passaggio dal capitalismo al
socialismo resta una questione storica aperta e dagli esiti non
scontati ed inoltre i caratteri dell’economia socialista vengono visti
in chiave di una maggiore burocratizzazione, piuttosto che in
termini di autogoverno dei produttori (come diceva Marx).
IL CAPITALISMO COME PROBLEMA
Gli storicisti influenzano molto la sociologia economica tedesca. Sombart,
Weber e Simmel si sono formati a tale scuola ma l’influenza delle variabili
istituzionali sull’economia, tipica degli storicisti, in loro si coniuga con
una maggiore consapevolezza teorica. I fondatori della sociologia
economica si distaccano dai loro maestri perché ritengono sia possibile
uno studio scientifico dei rapporti tra economia e società: uno studio che
non è rivolto alla formazione di leggi generali della società come quelle
ricercate dalla sociologia organicista e positivista, ma che si concretizzi in
modelli analitici di fenomeni storici come il capitalismo; ovvero in forme
di generalizzazione limitate nello spazio e nel tempo che si fondano sui
risultati dell’indagine storica e servono a loro volta a orientarla. Da
questo quadro discende dunque l’interesse delle sociologia economica
per il capitalismo come problema di ricerca.
LA “FILOSOFIA DEL DENARO” DI SIMMEL
Sembra che la Filosofia del denaro (1900) di Georg Simmel (1858 –
1918) sia stato il primo libro letto da Weber dopo la grave crisi
psichica che lo aveva afflitto negli anni a cavallo del secolo.
Nell’opera di Simmel sono già presenti
un
orientamento
metodologico e una serie di temi di ricerca che caratterizzeranno
anche i lavoro successivo di Weber e di Sombart. Nel 1909 i tre,
insieme a Tonnies, fondarono la Società Tedesca di Sociologia, da cui
però Simmel uscirà nel 1913 in quanto i suoi interessi si orienteranno
prevalentemente verso la filosofia.
Filosofia e sociologia economica
La Filosofia del denaro anticipa la maggior parte dei temi
che costituiscono il pensiero di Simmel e che solo in
parte sono riconducibili alla prospettiva sociologica.
Sarebbe una forzatura considerarla un’opera di sociologia
economica ma sarebbe comunque errato considerarla
soltanto un’opera di filosofia. L’obiettivo di Simmel è
quello di chiarire la genesi e i caratteri della società
moderna, e di valutare il senso, il significato ultimo che
essa assume per la vita degli uomini.
Filosofia e sociologia economica
La società non è per lui un sistema, un organismo
costituito da varie parti tra loro funzionalmente collegate
(come invece dicevano i positivisti) ma è piuttosto
formata da un insieme di istituzioni che nascono
dall’interazione tra gli uomini e una volta consolidatesi
ne condizionano il comportamento. Simmel chiama tali
istituzioni forme pure e la sociologia deve studiare le
origini e i caratteri di tali forme ovvero dei modelli di
comportamento istituzionalizzati.
Filosofia e sociologia economica
Il denaro è una di queste istituzioni che condiziona sempre più
profondamente le relazioni tra gli uomini nella società moderna. Per
Simmel chiarire le origini e le conseguenze dell’uso del denaro,
ovvero dell’economia monetaria, è essenziale per comprendere la
società moderna. Per lui il capitalismo è una conseguenza
dell’economia monetaria (Weber noterà che tende ad identificare
troppo l’economia monetaria e il capitalismo). Ciononostante,
l’indagine sulle cause non economiche dell’economia monetaria e
sulle sue conseguenze sociali ha importanti e evidenti elementi
comuni con la sociologia del capitalismo sviluppata da Sombart e da
Weber.
Filosofia e sociologia economica
Dal punto di vista sostantivo emergono quattro aspetti simili che meritano di essere
segnalati:
1) l’insistenza sui presupposti culturali e istituzionali dell’economia monetaria e quindi
del capitalismo;
2)
il riconoscimento di alcuni soggetti (stranieri, ebrei) che in virtù della loro
condizione sociale di marginalità esercitano un ruolo primario per la diffusione
dell’economia monetaria;
3)
l’immagine delle conseguenze sociali dell’economia monetaria in termini di
crescente spersonalizzazione e razionalizzazione delle relazioni sociali e degli ambiti di
vita;
4) l’immagine del socialismo, in contrasto con quella di Marx, come ulteriore sviluppo
della razionalizzazione in direzione di una più accentuata burocratizzazione economica e
politica.
Le condizioni non economiche del
denaro
Anche se il ragionamento di Simmel procede in modo non
sistematico, possiamo dire che il capitalismo come sistema
economico presuppone l’accumulazione privata del capitale e a
sua volta il denaro deve diffondersi come strumento degli
scambi e deve allargarsi la cerchia dei soggetti coinvolti
nell’economia monetaria. Ma affinché il denaro possa svolgere la
sua funzione di propulsore delle attività economiche è
necessaria una condizione non economica fondamentale:
occorre che cresca la fiducia nel denaro come aspettativa che il
suo impiego possa sempre disporre di una contropartita in beni
concreti.
Le condizioni non economiche del
denaro
L’accumulazione
del
capitale
presuppone
dunque
un’accumulazione di fiducia e questa condizione culturale è a sua
volta sostenuta da fattori istituzionali: la legittimazione e
l’efficacia del potere politico e le garanzie fornite
dall’ordinamento giuridico. In questo senso il denaro diventa
un’istituzione pubblica.
Tuttavia, è da notare che tra l’economia monetaria da un lato e lo
stato centralizzato e il sistema giuridico, dall’altro, si stabilisce un
rapporto di interdipendenza. La prima cresce grazie ai secondi che
la garantiscono, ma questi a loro volta si rafforzano in relazione agli
effetti indotti dalla diffusione del denaro come mezzo di scambio.
Le condizioni non economiche del
denaro
Simmel sottolinea come l’economia monetaria sia stata un
potente fattore di dissoluzione dell’economia naturale basata
sull’autoconsumo. Lo stato moderno deve controllare la moneta
e può fare questo attraverso lo sviluppo della tassazione che
consentiva il mantenimento di una burocrazie e di un esercito
sottoposti al potere centrale. Questo contribuisce
all’indebolimento del vecchio ordinamento feudale rafforzando
l’economia monetaria e garantendo quindi lo sviluppo degli
scambi. Ma quali soggetti sono i protagonisti della diffusione
del denaro e degli scambi?
Le condizioni non economiche del
denaro
Sono soprattutto gli individui e i gruppi sociali esclusi dal
pieno godimento dei diritti vigenti in una determinata
società a dedicarsi più facilmente all’accumulazione di
denaro come strumento per il conseguimento di posizioni
sociali che non possono raggiungere con i mezzi tradizionali.
D’altra parte, nei riguardi di questi soggetti non valgono le
sanzioni sociali e giuridiche che spesso allontanano dall’uso
del denaro i membri di una società tradizionale (es. ostilità
della chiesa medievale nei riguardi dell’usura).
Le condizioni non economiche del
denaro
Gli esempi principali di questa condizione di marginalità sociale che
alimenta lo sviluppo di attività commerciali e finanziarie sono gli
stranieri e gli ebrei.
Stranieri e gruppi sociali esclusi introducono il fenomeno del denaro
e dell’economia monetaria nella società tradizionale preparando le
condizioni per lo sviluppo del capitalismo.
Ma è da notare che Simmel non si pone il problema specifico delle
origini dell’imprenditorialità capitalistica (che affronteranno
Sombart e Weber) ma è interessato a mettere in evidenza le
condizioni che consentono l’esercizio di tale attività, ovvero
l’accumulazione del capitale da un lato e la dissoluzione
dell’economia naturale dall’altro.
Le conseguenze dell’economia monetaria
L’interesse prevalente di Simmel sembra però andare verso l’analisi
delle conseguenze dell’economia monetaria sulle relazioni sociali e
sullo stile di vita. Egli mette in luce l’ambivalenza del fenomeno che
presenta sia aspetti positivi che negativi.
Anzitutto il denaro favorisce la crescita della libertà individuale
rendendo sostituibili i rapporti sociali nella sfera dello scambio come
in quella della produzione. Nella sfera dello scambio è possibile
scegliere tra fornitori diversi e questo spersonalizza le relazioni tra chi
compra e chi vende e aumenta l’indipendenza reciproca di entrambi.
È anche possibile scegliere tra più oggetti diversi rompendo così la
ritualità delle forme di consumo tradizionali.
Le conseguenze dell’economia monetaria
Lo stesso avviene nella sfera della produzione, dove al rapporto di
dipendenza totale del servo della gleba nei riguardi del signore, o
dell’apprendista nei riguardi del maestro delle corporazioni medievali,
subentra uno specifico e determinato contratto di lavoro, che spersonalizza
il rapporto, lo lega al perseguimento di un obiettivo limitato che non include
la sfera extralavorativa, e soprattutto lo rende sostituibile da una parte e
dall’altra. Ma, se nell’economia naturale del Medioevo vi era l’obbligo di
protezione sociale dei subalterni da parte dei signori, in questa nuova
situazione invece le condizioni di remunerazione peggiorano, ma è il
prezzo della libertà (il lavoratore paga con l’insicurezza del salario il prezzo
della libertà). Secondo Simmel, la divisione del lavoro e la conseguente
gerarchia organizzativa sono un requisito indispensabile per lo sviluppo
economico.
Le conseguenze dell’economia monetaria
L’economia monetaria, e il capitalismo che ad essa è legato,
contribuiscono dunque ad ampliare la libertà individuale ed al formarsi
della dimensione della personalità individuale.
Simmel condivide molti elementi dell’ottimismo liberale tipico dell’economia
politica e anche della sociologia positivista inglese e francese, che aveva
studiato in gioventù, ma questa influenza si combina con quella che discende
da un certo pessimismo culturale tedesco che trova espressione nel pensiero
di Nietzsche, al quale Simmel si avvicinerà sempre più negli ultimi anni della
sua vita. Da qui discende l’insistenza sul tema degli aspetti costrittivi del
denaro come istituzione che, una volta consolidatasi, condiziona
profondamente le relazioni sociali.
Le conseguenze dell’economia monetaria
Il denaro aumenta la libertà individuale, ma da mezzo per
il raggiungimento di determinati scopi tende a trasformarsi in
fine esso stesso. L’economia monetaria viene a condizionare
sempre più il comportamento individuale con le sue esigenze,
ma gli uomini perdono il controllo sui fini ai quali il denaro piega
l’organizzazione sociale. La vita quotidiana è caratterizzata da
una perdita di qualità dei rapporti sociali, la libertà individuale
comporta una spersonalizzazione crescente dei rapporti. Si
diffondono la razionalizzazione e il calcolo in tutti gli ambiti di
vita.
Le conseguenze dell’economia monetaria
L’uso del tempo e dello spazio vengono sempre più piegati
alle esigenze dell’economia monetaria. Gli uomini
acquistano maggiore libertà individuale, ma si ritrovano
anche più soli e più incapaci di definire le loro mete
collettive. Più tardi Simmel, descrivendo la situazione degli
abitanti della metropoli, scriverà che “l’individuo è diventato
un semplice ingranaggio in un’enorme organizzazione di cose
e di poteri che strappano dalle sue mani ogni progresso, ogni
spiritualità”.
Capitalismo e socialismo
L’uso del tempo e dello spazio vengono sempre più piegati
alle esigenze dell’economia monetaria. Gli uomini
acquistano maggiore libertà individuale, ma si ritrovano
anche più soli e più incapaci di definire le loro mete
collettive. Più tardi Simmel, descrivendo la situazione degli
abitanti della metropoli, scriverà che “l’individuo è diventato
un semplice ingranaggio in un’enorme organizzazione di cose
e di poteri che strappano dalle sue mani ogni progresso, ogni
spiritualità”.
Capitalismo e socialismo
Simmel non vede nel socialismo una soluzione per queste
conseguenze dell’economia monetaria che permeano sempre più la
società moderna. L’eventuale successo del socialismo accentuerebbe
quelle caratteristiche costrittive che la razionalizzazione e la
calcolabilità dei rapporti sociali impongono agli uomini: la
centralizzazione assoluta dei mezzi di produzione nelle mani della
“società” significa inevitabilmente un socialismo di stato, ben
lontano da quegli ideali di nuova solidarietà che pure il socialismo
vorrebbe realizzare. Si è spesso insistito sul pessimismo storico di
questa posizione di Simmel.
Capitalismo e socialismo
Egli non credeva nella ricetta del socialismo. La separazione dei lavoratori dai
mezzi di produzione e la proprietà privata erano per lui un requisito dello
sviluppo economico. Anche se non fu mai coinvolto, a differenza di Weber, in
problemi di politica attiva, Simmel auspicava un cambiamento del capitalismo
soprattutto in due direzioni:
le istituzioni dell’economia capitalistica avrebbero potuto trovare
maggiore legittimazione quanto più si fossero fondate su motivi tecnicofunzionali, cioè sulla valorizzazione delle competenze e dei meriti nel
selezionare i soggetti chiamati a ruoli sovraordinati e subordinati, e non
avessero invece alimentato stabili e ingiustificate disuguaglianze sociali (questa
posizione è vicina a quella di Durkheim ed è anche compatibile con un
socialismo che non si ponga come alternativa alla proprietà privata e al mercato);
Capitalismo e socialismo
la legittimazione del capitalismo può essere rafforzata dalla capacità di
ridurre quella che egli chiama “l’umana tragedia della concorrenza” in due
modi: attraverso uno sviluppo tecnico finalizzato a mettere a disposizione
nuove risorse della natura per ridurre la concorrenza tra gli uomini per
l’acquisizione di beni scarsi ed attraverso la crescita di beni collettivi la cui
fruibilità da parte di alcuni non vada a scapito di altri.
“IL CAPITALISMO MODERNO” DI
SOMBART
Simmel ricorse alla sociologia della vita economica con l’intento più
ampio di tipo filosofico della ricerca sulla condizione dell’uomo nella
società moderna mentre Sombart (1863 – 1941) ha invece l’obiettivo
della costruzione consapevole di una sociologia economica.
Nella sua opera Il capitalismo moderno (ed. 1902, 1916, 1927) egli
sottolinea come la sua prospettiva di analisi si pone come compito
l’inserimento della vita economica stessa nel grande contesto
dell’esistenza sociale dell’uomo. Ma per svolgere questo compito egli
ritiene necessario che venga superata la contrapposizione tra
economia politica neoclassica (scuola astratto-teorica) e storicismo
(scuola empirico-storica).
“IL CAPITALISMO MODERNO” DI
SOMBART
La nuova “scienza sociale della vita economica” ha l’obiettivo teorico
di contribuire alla spiegazione scientifica dei fenomeni economici in
un quadro storico ben definito. Essa si distingue sia dall’economia
politica (che adotta una teoria dell’azione utilitaristica sviluppando
modelli analitici astratti del funzionamento dell’economia) che
dagli storicisti (che sviluppano una spiegazione dei fenomeni
economici che tiene molto più in conto i fattori culturali e istituzionali
ma essendo ostili alle generalizzazioni teoriche).
Sombart si pone il seguente interrogativo: “quali sono i fenomeni
economici che conducono alla nascita del capitalismo moderno che
sono comuni a tutti i popoli europei?
“IL CAPITALISMO MODERNO” DI
SOMBART
Solo l’accertamento di questi nessi generali può consentire un’indagine
storica più proficua sulle particolarità dei singoli capitalismi nazionali che
interessano gli storici. La sociologia economica è quindi collegata alla
storia, perché si serve delle sue indagini per formulare generalizzazioni
teoriche, che a loro volta possono poi orientare la ricerca storica e la
verifica empirica. Ma tutto ciò richiede appunto che le generalizzazioni
teoriche siano storicamente delimitate. In questo senso per Sombart non
c’è storia senza teoria.
Per mettere a fuoco in che modo la società influenza con le sue
istituzioni il comportamento economico è necessario però apprestare
degli strumenti analitici adeguati.
Elementi di sociologia economica
Per Sombart l’economia è l’attività umana volta alla ricerca dei mezzi
di sussistenza. L’uomo deve provvedere al soddisfacimento dei suoi
bisogni con prodotti che ricava dalla natura attraverso il lavoro. i suoi
bisogni variano nel tempo e accanto a quelli relativi alla
sopravvivenza fisica si aggiungono nel corso dello sviluppo storico
nuovi bisogni culturali. Ma in ogni caso, per far fronte a queste
esigenze, è sempre necessario produrre dei beni e dei servizi che
vengono distribuiti e consumati secondo alcune regole condivise.
Questa attività economica è stata sempre esercitata dagli uomini
anche se in forme diverse da tempo a tempo e da luogo a luogo.
Elementi di sociologia economica
Questa è una concezione dell’economia diversa rispetto a quella
adottata dall’economia neoclassica (l’economia come allocazione di
risorse scarse applicabili a usi alternativi da parte di soggetti orientati
a massimizzare le loro utilità) che non può spiegare le economia
primitive o quelle precapitalistiche.
La definizione di Sombart permette invece di cogliere meglio i tratti
differenti nello spazio e nel tempo che caratterizzano il
comportamento economico e l’organizzazione delle attività volte alla
sussistenza dell’uomo.
A questo proposito è necessario guardare a tre aspetti:
Elementi di sociologia economica
a) la mentalità economica o spirito economico = l’insieme dei
valori e delle norme che orientano il comportamento degli
individui che partecipano all’attività economica, cioè i soggetti
economici;
b) l’organizzazione economica = il complesso di norme formali ed
informali che nell’ambito di una determinata società regolano
l’esercizio delle attività economiche da parte dei soggetti;
c) la tecnica = le conoscenze tecniche e i procedimenti utilizzati dai
soggetti per produrre beni e servizi e soddisfare i loro bisogni.
Elementi di sociologia economica
Questi tre aspetti variano nello spazio e nel tempo e consentono di
individuare un sistema economico. il concetto di sistema economico
consente di gettare un ponte tra economia e società; permette di
valutare in che modo la società influenza storicamente
l’organizzazione economica attraverso le motivazioni dei soggetti, le
istituzioni regolative e quelle che riguardano la produzione e l’uso
delle conoscenze scientifiche e tecnologiche. Nel concetto di sistema
economico si riassume per Sombart il carattere tipicamente storico
della vita economica.
Vediamo come le tre dimensioni possono aiutarci a distinguere tra
l’economia precapitalistica e quella capitalistica.
Precapitalistica
Capitalistica
Spirito economico Soddisfacimento dei bisogni naturali Fabbisogno di tipo acquisitivo cioè ricerca di
e culturali
maggiori guadagni monetari
Spirito tradizionalistico (obbedienza Spirito razionalistico (ricerca sistematica di mezzi
Organizzazione
a regole tramandate)
più adeguati allo scopo)
Mentalità di tipo solidaristico
Mentalità di tipo individualistico
Carattere
economica
vincolato
dell’attività Ampia sfera di libertà economica riconosciuta
(es.
ordinamento giuridicamente (proprietà privata o pubblica dei
corporativo nella società medievale)
mezzi di produzione)
Orientamento della produzione al Orientamento allo scambio attraverso il mercato
consumo
Tecnica
Piccola impresa familiare
Grandi imprese con forza lavoro salariata
Basata su conoscenze tramandate e Basata sulla conoscenza scientifica
accettate passivamente
Elementi di sociologia economica
Si può così arrivare ad una definizione dell’economia capitalistica: sistema
economico caratterizzato da una mentalità acquisitiva, razionalistica e
individualistica, che si esercita nell’ambito di un’organizzazione economica
libera, basata sulla proprietà privata dei mezzi di produzione e su aziende che
producono beni per il mercato utilizzando lavoro salariato.
Per ogni sistema si possono inoltre individuare tre periodi: gli albori, la maturità
e il tramonto. Nel primo periodo un sistema convive con altri. Per Sombart il
capitalismo ha le seguenti tre fasi: primo capitalismo fino alla fine del1700;
capitalismo maturo fino alla fine della prima guerra mondiale; tramonto a causa
dell’emergere di elementi di maggiore organizzazione, che portano ad
un’attenuazione degli originari caratteri capitalistici dell’economia.
Le origini del capitalismo
Come si passa da un sistema economico a un altro?
Sombart cerca di rispondere con chiarezza prendendo le distanze da
Marx e dallo storicismo ma il suo schema non si riferisce al
mutamento economico in generale bensì alla nascita del primo
capitalismo e alla sua evoluzione verso il capitalismo maturo.
Non é possibile analizzare lo sviluppo capitalistico ricorrendo al
generico concetto di cultura di un popolo, come facevano gli
storicisti, senza prendere in considerazione le motivazioni specifiche
che guidano i soggetti economici, in particolare gli imprenditori.
Le origini del capitalismo
Le forze motrici dello sviluppo vanno cercate in quei soggetti che
all’interno del vecchio sistema precapitalistico si fanno portatori di
una nuova mentalità economica e introducono quindi dei
cambiamenti nel modo in cui vengono combinati i fattori produttivi
e viene organizzata l’economia. Sono gli imprenditori le forze
motrici del cambiamento. Il loro comportamento è certo influenzato
dalle istituzioni vigenti in una determinata società (stato,
ordinamento giuridico, religione, cultura prevalente, conoscenze
scientifiche e tecniche), tuttavia una volta che sotto l’influsso di
questi fattori si forma un nuovo spirito economico, essi introducono
importanti innovazioni.
Le origini del capitalismo
Dapprima esse sono limitate ma quando esse si diffondono riescono
a cambiare le istituzioni.
Ma come si forma l’imprenditorialità?
Dobbiamo definire meglio le caratteristiche dello spirito economico
capitalistico e verificare quali condizioni sociali favoriscano la
diffusione di un’imprenditorialità animata da tale spirito.
Le origini del capitalismo
• Lo spirito capitalistico
Per Sombart lo spirito capitalistico è quello stato d’animo risultante dalla
fusione tra lo spirito imprenditoriale e lo spirito borghese. Lo spirito
d’intrapresa è aspirazione al potere intesa come volontà di affermazione e
di riconoscimento sociale che spinge gli uomini a rompere la tradizione e a
cercare nuove strade. Esso permea l’uomo occidentale. Certo le sue origini sono
legate alla storia religiosa dell’Occidente, al cristianesimo, ma subisce una
progressiva laicizzazione. Questo processo si manifesta prima nella sfera
politica, con la costruzione dello stato moderno, poi nella sfera economica (la
ricerca di guadagno non è più limitata, come in passato, alla conquista,
all’avventura, alla ricerca di metalli preziosi, ma si esercita in modo sistematico).
Le origini del capitalismo
A questo punto si forma una prima componente di imprenditorialità
che si può definire politica (principi, funzionari dello stato, signori
fondiari). Affinché si possa compiere pienamente il sistema economico
capitalistico è necessario che lo spirito di intrapresa si fonda con quello
borghese. Per Sombart le origini di questi tratti culturali sono
strettamente collegati alla matrice religiosa cristiana (cattolica,
protestante ma anche ebraica) e prendono forma soprattutto nelle città
europee dove si sviluppano i mercanti e gli artigiani. In questo ambiente
si forma l’imprenditorialità borghese, fatta di tutti quelli che vengono dal
basso, che si affiancherà dapprima all’imprenditorialità di origine politica
e poi si affermerà fino a dominare l’organizzazione della vita
economica nel corso dell’Ottocento, nell’epoca del capitalismo maturo.
Le origini del capitalismo
A questo punto si forma una prima componente di imprenditorialità
che si può definire politica (principi, funzionari dello stato, signori
fondiari). Affinché si possa compiere pienamente il sistema economico
capitalistico è necessario che lo spirito di intrapresa si fonda con quello
borghese. Per Sombart le origini di questi tratti culturali sono
strettamente collegati alla matrice religiosa cristiana (cattolica,
protestante ma anche ebraica) e prendono forma soprattutto nelle città
europee dove si sviluppano i mercanti e gli artigiani. In questo ambiente
si forma l’imprenditorialità borghese, fatta di tutti quelli che vengono dal
basso, che si affiancherà dapprima all’imprenditorialità di origine politica
e poi si affermerà fino a dominare l’organizzazione della vita
economica nel corso dell’Ottocento, nell’epoca del capitalismo maturo.
Le origini del capitalismo
A questo punto si forma una prima componente di imprenditorialità
che si può definire politica (principi, funzionari dello stato, signori
fondiari). Affinché si possa compiere pienamente il sistema economico
capitalistico è necessario che lo spirito di intrapresa si fonda con quello
borghese. Per Sombart le origini di questi tratti culturali sono
strettamente collegati alla matrice religiosa cristiana (cattolica,
protestante ma anche ebraica) e prendono forma soprattutto nelle città
europee dove si sviluppano i mercanti e gli artigiani. In questo ambiente
si forma l’imprenditorialità borghese, fatta di tutti quelli che vengono dal
basso, che si affiancherà dapprima all’imprenditorialità di origine politica
e poi si affermerà fino a dominare l’organizzazione della vita
economica nel corso dell’Ottocento, nell’epoca del capitalismo maturo.
Le origini del capitalismo
• La formazione dell’imprenditorialità
L’imprenditorialità borghese costituisce dunque la
componente in cui si esplica più pienamente
l’imprenditorialità capitalistica. Ma non basta per Sombart
la componente cristiana e l’ambiente urbano per spiegare
le condizioni della sua formazione. Accanto a questi fattori
occorre considerare quali gruppi sociali abbiano contribuito
ad alimentare maggiormente l’imprenditorialità borghese:
Le origini del capitalismo
gli eretici sono coloro che non appartengono alla chiesa di stato e che finiscono per
avere formalmente o di fatto uno status di semicittadini. Essendo esclusi dalla partecipazione
alla vita pubblica, gli eretici non potevano che estrinsecare tutta la loro forza vitale
nell’economia. Soltanto questa offriva loro la possibilità di procurarsi quella posizione di rilievo
nella comunità che lo stato negava loro;
gli stranieri sono coloro che sono più intraprendenti perché scelgono di partire per mete
incerte, inoltre trovandosi in un nuovo paese sono più portati a rompere con le vecchie
abitudini ed infine le loro possibilità di mobilità sociale sono molto limitate in settori diversi
dall’attività economica (per loro non c’è né passato né presente per cui rimane soltanto il
guadagno futuro);
gli ebrei hanno dato un contributo particolarmente rilevante allo sviluppo capitalistico,
specie attraverso l’imprenditorialità commerciale e creditizia. Essi sono stranieri nei vari
paesi del mondo e cercano di mantenere legami internazionali nell’ambito della comunità
ebraica.
Le origini del capitalismo
• Il modello dello sviluppo capitalistico
La mentalità capitalistica si afferma in stretta interdipendenza con un
complesso di fattori istituzionali che contribuiscono alla sua formazione e ne
sono a loro volta condizionati. Per Sombart gli imprenditori sono l’elemento
catalizzante, coloro che hanno fatto scoccare la scintilla dello sviluppo
capitalistico.
Per Sombart lo stato da un contributo cruciale. Lo stato moderno esprime
originariamente lo spirito di intrapresa occidentale e stimola lo sviluppo tecnico
che è essenziale per aumentare l’efficienza militare e quindi il suo
rafforzamento. Esso cerca di accrescere la disponibilità di metalli preziosi che
aumentano le risorse della finanza pubblica e quindi la potenza militare.
Le origini del capitalismo
Lo stato dà un contributo decisivo all’imprenditorialità con il
mercantilismo e l’imprenditorialità politica, ma decisivo è l’incontro
tra spirito di intrapresa e spirito borghese, che si manifesta
nell’imprenditorialità dal basso, più specificamente capitalistica. Lo
spirito borghese ha un’origine indipendente dallo stato. Si forma
infatti sotto l’influenza culturale della religione cristiana e
nell’ambiente particolare delle città europee, segnate dall’esperienza
dei comuni. Lo stato inoltre contribuisce a creare quelle condizioni di
esclusione dalla cittadinanza che rendono eretici, stranieri ed ebrei
più sensibili di altri gruppi sociali alla formazione della mentalità
capitalistica, in particolare dello spirito borghese.
Le origini del capitalismo
Una volta che l’imprenditorialità borghese ha fatto scoccare la
scintilla dello sviluppo capitalistico, si determina un vasto processo
di dissolvimento degli antichi ordinamenti economici (delle forme
tradizionali di economia agricola, del lavoro a domicilio nelle
campagne e dell’artigianato). Si determina così un processo di
proletarizzazione del lavoro agricolo che libera forza lavoro per la
nascente industria moderna.
Nel tempo lo sviluppo capitalistico contribuisce al mutamento
dell’ordinamento giuridico e delle politiche statali.
Le origini del capitalismo
Nella fase di passaggio dall’economia precapitalistica a quella
del primo capitalismo il mercantilismo e la regolazione politica
giocano un ruolo rilevante. Nella fase successiva, con l’affermarsi
dell’imprenditorialità capitalistica, aumentano le spinte per un
orientamento più liberista dello stato in economia e per il
riconoscimento di un’ampia sfera di libertà economica in cui si
possono ora muovere le imprese. La sicurezza del processo
economico si accresce grazie all’azione repressiva dello stato per i
traffici illeciti e per l’introduzione di un sistema monetario che
facilita gli scambi. Si afferma così nel XIX secolo il capitalismo
maturo.
Il capitalismo maturo
La fase di piena maturità del capitalismo si conclude con la
prima guerra mondiale ed i cambiamenti che avvengono al suo
interno sono tutti da ricollegare al processo di crescente
razionalizzazione che investe la vita economica.
Possiamo valutare gli effetti della razionalizzazione considerando le
diverse componenti del sistema economico.
Il capitalismo maturo
• Lo spirito capitalistico
La mentalità imprenditoriale è caratterizzata da una
trasformazione ideologica che porta alla secolarizzazione
dello spirito capitalistico. La fede è ormai soltanto una
questione della domenica mattina, al suo posto si afferma
un concetto moderno borghese-capitalistico del dovere che
porta a valutare l’impegno nel lavoro e il rendimento come
fonte primaria del benessere economico e del
riconoscimento sociale.
Il capitalismo maturo
Si ha inoltre una maggiore specializzazione della funzione
imprenditoriale che consente di delegare a altri dipendenti
una serie di compiti prima poco differenziati, e permette
quindi all’imprenditore di concentrare il suo impegno in
alcune funzioni di direzione strategica. Si assiste ad
una deconcretizzazione dell’attività imprenditoriale (per le
origini del capitalismo erano più importanti le componenti
normative mentre adesso prevalgono quelle cognitive,
esempio conoscere come muoversi nel mercato finanziario).
Il capitalismo maturo
Si afferma pure una democratizzazione dell’imprenditorialità in quanto è più
facile accedere al ruolo di imprenditore da tutti i gruppi sociali.
Vanno considerati anche alcuni stimoli negativi che spingono a un maggior
impegno per far fronte a nuovi ostacoli che sono l’inasprimento della
concorrenza sul mercato dei beni ed il rafforzamento del movimento operaio
che condiziona il mercato del lavoro.
Sombart sottolinea i positivi contributi che ne possono discendere dal punto di
vista dinamico per lo sviluppo economico. Con le rivendicazioni sindacali e
politiche del movimento operaio, non solo migliora l’integrazione sociale dei
lavoratori, ma gli imprenditori sono spinti a innovare continuamente per
aumentare la produttività e compensare così i maggior costi del lavoro.
Il capitalismo maturo
• L’organizzazione del sistema economico
Il rafforzamento dell’imprenditorialità capitalistica spinge sia
indirettamente, sul piano politico, che direttamente su quello economico,
verso una maggiore razionalizzazione dei meccanismi regolativi, in modo
da aumentare le possibilità di profitto delle imprese:
razionalizzazione dell’ordinamento giuridico e intervento dello
stato in campo economico: si tratta del passaggio dalla fase
mercantilista
a
quella
liberale
sostenuto dalla
borghesia
imprenditoriale in crescita. Avviene la separazione tra diritto pubblico e
privato, protezione giurisdizionale dei contratti, introduzione di un sistema
monetario razionale;
Il capitalismo maturo
razionalizzazione del lavoro: abbiamo già visto come lo
sviluppo capitalistico, disgregando l’organizzazione economica
tradizionale delle campagne e quella dell’artigianato urbano, crei
un’offerta di lavoro crescente, che attraverso le migrazioni e
l’urbanizzazione alimenta le imprese industriali. Sombart crede che
l’esodo verso le città sia favorito anche per l’attrazione per la libertà
individuale e per lo stile di vita urbano che la grande città offre dei
contratti, introduzione di un sistema monetario razionale;
Il capitalismo maturo
Occorreva però adattare i lavoratori dal punto di vista culturale e
professionale (cioè delle competenze tecniche) al lavoro di fabbrica.
Sombart riteneva (in dissenso con Weber) che la religione protestante
abbia influenzato maggiormente gli operai rispetto agli imprenditori
nell’alimentare in loro l’impegno nel lavoro e la disciplina. Bisogna dire
che si trattava di una fascia ristretta di operai presenti in pochi paesi e
che l’influenza delle idee religiose, nel tempo, si era ridotta sia per
i lavoratori che per gli imprenditori. Siccome la disponibilità di
operai qualificati era limitata e rendeva più elevato il costo del lavoro si
decise di mutare radicalmente l’intero processo lavorativo adattando la
maggior parte delle operazioni e delle mansioni alla capacità della
grande massa.
Il capitalismo maturo
Si avvia la decomposizione del lavoro cioè la scomposizione di
mansioni complesse in compiti più elementari che vengono assegnati
ad operai non qualificati. Si arriva alla catena di montaggio ed alla
subordinazione del lavoratore alla macchina (come aveva già
denunciato Marx). Tutto ciò venne praticato sotto il nome di
taylorismo;
Il capitalismo maturo
razionalizzazione dell’azienda: formulazione di una serie di
prescrizioni, regole di carattere generale, alle quali le imprese tendono
a conformarsi per adeguare la loro struttura all’obiettivo di una
maggiore redditività. Avviene una spersonalizzazione dell’azienda in
quanto l’azienda tende a organizzarsi come una burocrazia, con una
precisa gerarchia dei ruoli e con precise procedure di rapporto tra i
vari livelli e le diverse competenze dell’azienda. Un altro aspetto è
costituito dalla condensazione aziendale cioè la crescente
concentrazione di macchine e uomini all’interno dell’azienda per
aumentare la capacità di produzione (sfruttamento intensivo degli
strumenti, economie di scala, produzione di beni di massa);
Il capitalismo maturo
razionalizzazione del consumo: lo sviluppo economico porta ad una
uniformazione dei bisogni dovuta all’aumento delle comunicazioni, alla
crescita della popolazione urbana che migliora le proprie possibilità di consumo,
all’affermazione dei grossi centri di consumo unitari (esercito, ospedali,
manicomi, prigioni, grandi aziende, ecc.). Ma la tendenza all’uniformità dei
bisogni è anche dovuta allo strumento della moda che viene stimolato dalle
grandi aziende. La moda, prima limitata a gruppi sociali ristretti della classe
alta, tende a generalizzarsi e a diffondersi più rapidamente nelle nuove
condizioni di vita legate all’urbanesimo. L’industria, influenzando l’andamento
della moda, può accelerare il ritmo di introduzione di nuovi prodotti
(sfruttando anche le nuove opportunità offerte dalla tecnica) creando un
mercato di massa.
Il capitalismo maturo
Si producono beni di qualità inferiore che imitano i modelli
d’élite imposti dalla moda e richiesti ora da un largo
pubblico di consumatori. Con la maggiore uniformazione
dei bisogni e la crescita di un mercato di massa
standardizzato
la
razionalizzazione
capitalistica
dell’economia si estende e si consolida. Le grandi
aziende burocratizzate dominano la scena del capitalismo
maturo. Questo sistema economico raggiunge il culmine del
suo sviluppo.
Il futuro del capitalismo
Per Sombart, nella razionalizzazione che si afferma nel capitalismo
maturo sono però già insiti alcuni germi che porteranno al declino di
questo sistema economico. Essi cominciano a manifestarsi nel periodo
successivo alla prima guerra mondiale che Sombart chiama tardo
capitalismo.
Per Sombart lo sviluppo tecnico e l’aumento del capitale fisso non
comportano una caduta del saggio di profitto e una crescente
disoccupazione, come per Marx. L’introduzione di nuove tecniche
aumenta la produttività e, se i salari non crescono più di quest’ultima,
consente di aumentare i profitti e di destinarli a nuovi investimenti che
possono compensare e assorbire la disoccupazione creata dalla
maggiore meccanizzazione.
Il futuro del capitalismo
Questi implicano un ritorno a un maggior intervento dello stato
nell’economica, un maggior peso del settore cooperativo e forme
più estese di regolazione politica dell’economia, sia dirette
(attraverso l’intervento pubblico e la legislazione), sia indirette
(attraverso un ruolo più rilevante della contrattazione sindacale delle
condizioni di lavoro). si va insomma verso un capitalismo stabilizzato
e regolato. Per Sombart le differenze tra questo tipo di sistema
economico e un socialismo tecnicizzato e razionalizzato sono molto
ridotte. Egli, come Simmel, Weber e Schumpeter, ritiene che il
processo prevalente sia quello della razionalizzazione e della
burocratizzazione.
Il futuro del capitalismo
Il socialismo potrebbe solo accentuare queste tendenze, piuttosto
che sopprimerle secondo l’ideale dell’autogoverno dei produttori e
del deperimento delle strutture statali.
Il sistema economico capitalistico si indebolisce anzitutto dal suo
interno stesso. La mentalità economica vede un attenuarsi dello
spirito di intrapresa e delle sue energie vitali e irrazionali a spese
della componente costituita dal razionalismo (dallo
spirito
borghese). Nella grande impresa organizzata scientificamente si
ha una tendenza generale alla graduale decadenza della mentalità
imprenditoriale.
Il futuro del capitalismo
D’altra parte, l’organizzazione del sistema economico capitalistico è
caratterizzata da crescenti restrizioni alla libera ricerca del massimo
profitto. Queste possono essere autoimposte (es. per conseguire
maggiore stabilità si formano cartelli, grandi concentrazioni
finanziarie, nate per controllare meglio i mercati o le associazioni di
rappresentanza degli interessi collettivi) oppure imposte dall’esterno
(legislazione sociale e del lavoro, controlli sui prezzi o sulle modalità
del processo produttivo, azione dei sindacati per controllare il
salario). Tutto questo portava rigidità nel sistema.
Il futuro del capitalismo
Scrivendo alla vigilia della grande crisi degli anni ’30, Sombart
intuisce chiaramente il rilievo che la nuova politica economica
(quella keynesiana) avrebbe avuto per lo sviluppo capitalistico.
Essa mirava infatti a stabilizzare l’economia sostenendo la domanda
di beni con la spesa pubblica e con il controllo politico del credito.
L’analisi di Sombart si conclude dunque con una previsione
straordinariamente lucida del futuro del capitalismo.
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