Palazzo Lettimi Uno dei più prestigiosi palazzi del Rinascimento riminese, rappresenta ancora oggi una ferita aperta nella città dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Il Palazzo venne edificato nei primi anni del Cinquecento (1506) per volere del nobile Carlo Maschi, uomo di governo insignito di varie cariche pubbliche. In seguito il palazzo, di quattro piani, passò alla famiglia Marcheselli. Il 2 Marzo 1570, fu Carlo Marcheselli che commissionò la decorazione del salone del piano nobile, affidata ll pittore faentino Marco Marchetti, noto per aver lavorato a Palazzo Vecchio di Firenze.Tema delle pitture da eseguire nella sala nobile erano le gesta di Scipione l'Africano ai tempi della seconda guerra punica: alcune delle tavole a soffitto, salvate dai disastri della guerra, sono ora al Museo della Città. Nel 1770, Andrea Lettimi acquista il palazzo e lo restaura costruendo un ulteriore piano. L'edificio, che aveva ospitato i regnanti inglesi e Cristina di Svezia, entrò quindi in possesso della famiglia Lettimi. Andrea, il nuovo proprietario, restaurò la costruzione e la innalzò di un piano, collegandola all'attigua residenza. La famiglia Lettimi mantiene la proprietà del palazzo fino al 1902 quando Giovanni Lettimi, per testamento, lo dona al Comune di Rimini con il vincolo di farlo divenire sede del Liceo Musicale e che lo stesso fosse intitolato alla sua memoria. Nel 1903 il liceo, viene ubicato nel palazzo con una cerminonia che si svolge nella Sala Nobile. Durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, il palazzo viene distrutto quasi totalmente. Attualmente ne rimangono solo alcune rovine e il portale che, nelle formelle a bugna, unisce i simboli araldici della rosa quadripetala malatestiana ed il diamante dei Bentivoglio, in ricordo forse di un'unione matrimoniale fra le due famiglie vicine a Carlo Maschi. Cinquecenteschi anche il caratteristico muro a scarpa, raccordato alla parete da un cordolo in pietra, e le finestre, corniciate in pietra, sormontate dallo stemma della famiglia Maschi e da una coppia di delfini. Delle undici pitture presenti all'interno, solo sette sono state recuperate dalle macerie. Gli affreschi che decoravano le pareti dall sala, invece, sono andati completamenti distrutti. I frammenti superstiti degli affreschi del Salone del Piano Nobile raffiguranti le vicende di Scipione l'Africano durante la seconda guerra punica, realizzate da Marco Marchetti nella seconda metà del Cinquecento, dietro commissione di Carlo Maschi, sono oggi conservati nel Museo della città: • • • • • • • La conquista di Cartagine Il conferimento della corona ai soldati valorosi L'incendio di Orange La sconfitta di Asdrubale La sconfitta di Annone La condanna dei capi ribelli La continenza di Scipione Nonostante gli obblighi di leggi riguardanti la ricostruzione degli edifici distrutti dalla guerra, il Comune di Rimini, non si è mai preso l'impegno di iniziare i lavori di ripristino. Lo stato attuale di uno dei più bei palazzi di epoca rinascimentale di Rimini, è di completo abbandono. E' ancora visibile il portale, il muro a scarpa fissato alla parete con un cordolo in pietra e le finestre corniciate in pietra. Nel portale, sono visibili i simboli araldici della Rosa Quadripetala Malatestiana ed il Diamante dei Bentivoglio. Sopra le finestre, si può vedere lo stemma della Famiglia Maschi e una coppia di delfini. Si segnala, inoltre, il Giardino degli Aromi, realizzato fra i ruderi del palazzo, nel cortile interno. Rimini 150. Palazzo Lettimi Creato il 02 gennaio 2011 da Antonio_montanari Le bombe lo hanno scoperchiato. La città lo ha conservato come un rudere muto. Invece ha molto da raccontare. Come testimoniava la lapide dettata nel 1907 da Domenico Francolini, nel 1845 da palazzo Lettimi con il proprietario conte Andrea si muovono "gli audaci rivoltosi, preludenti l'italico risorgimento", guidati da Pietro Renzi. Protestano contro il potere "stolidamente dispotico". Tra 23 e 26 settembre formano un governo provvisorio, poi si sciolgono fuggendo per mare o riparando in Toscana (dove sono arrestati), all'arrivo degli svizzeri pontifici. Il loro moto è reso celebre da "Gli ultimi casi di Romagna" di Massimo D'Azeglio. Domenico Francolini (1850-1926) è un borghese prima repubblicano, poi socialista ed infine anarchico. Abita lì con la moglie, donna Costanza Lettimi (1856-1913). Amico di Giovanni Pascoli, nel 1878 sul "Nettuno" gli pubblica una lirica scandalosa, "La morte del ricco", che finisce con la condanna: "che muoia disperato". Francolini lo ha conosciuto tra novembre 1871 ed estate 1872, mentre Zvanì in misere condizioni economiche e con la testa piena di pensieri ribelli frequentava la seconda classe del liceo comunale a palazzo Gambalunga. Da dove Francolini, che aveva cinque anni di più, era appena uscito. Gaetano Bresci (1869-1901), l'anarchico giunto dall'America, si esercita nel cortile di palazzo Lettimi prima di recarsi a Monza per regolare il 29 luglio 1900 i conti con Umberto I. Ospitato nel borgo San Giuliano dall'oste Caio Zanni (1851-1913), Bresci usa la rivoltella portata da Paterson (New Jersey) sotto gli occhi di Francolini. Zanni, noto alle autorità come anarchico, è arrestato dopo il regicidio e trasferito al carcere di San Nicola di Tremiti. Con Bresci era la sua compagna Teresa Brugnoli, che a Paterson ha lasciato una figlia diciassettenne. Gennaio 1943, al secondo piano di palazzo Lettimi risiede Guido Nozzoli, classe 1918. Lo arrestano a Bologna sotto le armi, per "attività politica contraria al regime" mediante volantini intitolati "Non credere, non obbedire, non combattere", e per il possesso di libri esteri proibiti ma venduti sulle bancarelle. Con lui finisce dentro Gino Pagliarani, l'autore dei volantini. Nel 1944 Nozzoli riesce a salvare San Marino dal bombardamento a tappeto preparato dagli alleati. Dopo la liberazione di Rimini, sale sulle macerie di casa. Anche la statuina di sant'Antonio, un ex voto per il terremoto del '16, è stata mutilata dalle bombe. (1. Continua) Antonio Montanari RIMINI 150 RIMINI Palazzo Lettimi, una ferita che fa ancora male RIMINI - Notizie Storia Borgo ad zìtà - mer 28 mag 2008 di Luca Vici [{Era la residenza nobiliare più importante della città} Distrutto dalla guerra attende ancora un restauro Intanto sta per partire una campagna di scavi archeologici] Tra le maggiori perdite che la seconda guerra mondiale ha arrecato al patrimonio storico artistico della nostra città (oltre l’82% degli edifici venne distrutto o gravemente danneggiato) c’è sicuramente Palazzo Lettimi, che costituiva uno dei pochissimi palazzi nobili di epoca rinascimentale di Rimini. E’ bene ricordare che l’odierna Via Tempio Malatestiano, prima delle distruzioni belliche, era costituita da edifici di grande valore storico, come il Vescovado, detto anche Palazzo del Cimiero, sulla cui area oggi sorge Palazzo Fabbri, e il palazzo Diotallevi, ancora oggi visibile sebbene restaurato dopo il danni che anch’esso subì durante la guerra. Il vuoto che ha lasciato la distruzione di palazzo Lettimi non è solo visiva - un esempio purtroppo tangibile della barbaria della guerra - ma è anche culturale: la storia del palazzo costituisce infatti una pagina importante delle vicende riminesi che con la scomparsa dell’edificio vanno recuperate dalle nebbie della storia. [{Un progetto di Bramante?}] Il palazzo venne costruito nei primi anni del secolo XVI dall’uomo di governo e magistrato Carlo Maschi su progetto, secondo un’ipotesi dello storico riminese Tonini, di Donato Bramante. In un atto del 24 dicembre 1513 il palazzo era descritto come: “non ancora finito”; per completarlo fu dato incarico a “Francesco muratore del fu Giovanni de Carpo”, identificato in un antenato di Alessandro Gambalunga. In precedenza un simile incarico non era stato rispettato dal maestro Gabriele o Giuliano da Montale, ingaggiato nel 20 maggio dello stesso anno. Del 25 agosto 1513 è invece un atto che commissiona ad Achille Pirotti de Pirottis, un falegname di Sassocorvaro, la costruzione del cornicione in legno della facciata. Il palazzo, composto da quattro piani, doveva essere molto alto per l’epoca, in una città dove raramente le case private superavano i due piani, sovrastati dalle moli degli edifici religiosi e dai palazzi pubblici dell’allora Piazza della Fontana (oggi Cavour). Alla morte del Maschi, il palazzo fu ereditato da un’altra antica famiglia, quella dei Marcheselli (la Cronica di Giovanni Antonio Rigazzi, scritta nel 1557, la cita fra i 17 nobili casati riminesi attestati prima del 1200). Carlo Marcheselli, nel 1570, commissionò all’artista faentino Marco Marchetti (1526-1588), la decorazione del soffitto del salone nobile con la raffigurazione delle imprese di Scipione in Spagna durante la seconda guerra punica, oltre al fregio in una lunga striscia sotto il soffitto: per questa impresa l’artista faentino, già collaboratore di Vasari e noto per aver lavorato al Palazzo Vecchio di Firenze, ricevette un compenso di 110 scudi d’oro. Mentre il fregio è andato completamente perduto a causa delle bombe del 1944, sono state salvate dalle macerie sette delle undici storie di Scipione, oggi conservate nel Museo della Città, che ci mostrano il manierismo tosco-romano del Marchetti. [{Ospitò sovrani e fu covo di rivoltosi}] Insieme a questi affreschi, dell’edificio cinquecentesco restano alcuni elementi interessanti: il muro a scarpa raccordato alla parete da un cordolo in pietra, oltre alle belle formelle a bugna del portale, alcune in condizioni di conservazione assai precaria, che ci mostrano i simboli uniti delle famiglie Bentivoglio (diamante) e Malatesta (rosa), vicine a quella di Carlo Maschi, forse a ricordo di una unione matrimoniale; ed infine lo stemma della famiglia Maschi, ancora oggi visibile sopra le cornici in pietra delle finestre, sormontato da una coppia di delfini. Il palazzo ospitò personaggi importanti durante la sua storia, tra cui i regnanti inglesi e Cristina di Svezia. Come riferisce Tonini, da qui uscirono anche le prime schiere di rivoltosi durante i moti del 1845. Dopo diversi passaggi di proprietà, nel 1770 il palazzo venne acquisito da Andrea Lettimi, che nel 1783 lo restaurò innalzandolo di un piano e collegandolo alla residenza attigua. Dal 1902 diventò, per lascito testamentario, di proprietà comunale, con il vincolo che divenisse sede del Liceo Musicale con intitolazione a Giovanni Lettimi: con solenne cerimonia nel salone nobile, il liceo si insediò nell’edificio l’anno successivo. [{La salvezza dall’Università?}] Oggi lo stato di conservazione del palazzo è perfino peggiorato, se confrontato ai danni, seppur molto seri, che gli aveva inferto la guerra. Mentre è assai recente l’apertura degli spazi interni attraverso il portale cinquecentesco, in un’area “verde” inserita tra le rovine, romanticamente ribattezzata Giardino degli Aromi. Tra queste ruderi si trovano anche quelli del teatro romano – secondo alcuni, la parte riservata ai lupanari giacerebbe proprio sotto il palazzo - monumento che si intende indagare archeologicamente, e per il quale dovrebbe iniziare a breve una campagna di scavi proprio all’interno del Giardino. Da qualche anno si è fatta strada l’ipotesi che l’Università si faccia carico della ricostruzione dell’edificio, per ospitare una propria sede: sarebbe questo un modo per sanare una ferita aperta nel nostro centro storico, che ad oltre 60 anni dalla distruzione, deve trovare un rinnovato decoro architettonico, per risarcire in qualche modo il centro storico di una città come la nostra che oltre ai danni gravi della seconda guerra mondiale, ha subito quelli gravissimi di una ricostruzione scellerata e frettolosa ma anche dell’abbandono di alcuni gli edifici che attendono un degno restauro. Teatro Galli in testa. {Fonti: Tonini, Guida illustrata; Piergiogio Pasini, Museo della Città; Giovanni Rimondini, Storia illustrata di Rimini III}