Steatosi associata al virus dell’epatite C e steatosi metabolica. Patologie diverse o sovrapposte? Amedeo Lonardo, Paola Loria*, Luigi E. Adinolfi**, Augusto Andreana**, Giuseppe Ruggiero**, Nicola Carulli* Hepatic steatosis is the hallmark of nonalcoholic fatty liver disease (NAFLD), which is the consequence of multiple metabolic derangements among which insulin resistance plays a pivotal role. Steatosis is, also, a feature of hepatitis C virus (HCV) infection. However, in chronic hepatitis C, the prevalence of steatosis is 2.5-fold more elevated than that expected by a chance concurrence with NAFLD, suggesting that HCV may be implied in the development of steatosis. As observed in NAFLD, in patients infected with HCV genotype 1 steatosis is associated with an increased body mass index. On the other hand, in patients infected with genotype 3 the extent of steatosis strictly correlates with the viral load indicating that steatosis is mainly “virus-related”. Regardless of the “metabolic” or “viral” etiology, hepatic steatosis in HCV contributes to the progression of liver fibrosis, to the development of hepatocellular carcinoma and to an impaired response to interferon treatment. Features such as obesity, insulin resistance and type 2 diabetes mellitus are shared by NAFLD and HCV-associated steatosis. In addition, HCV infection, directly or through steatosis, favors the development of type 2 diabetes mellitus. Hyperlipidemia is an independent predictor of the development of NAFLD, but not of HCV-associated steatosis. Arterial hypertension is common in nonalcoholic steatohepatitis patients, and HCV infection has recently been acknowledged as an independent risk factor for atherosclerosis. The role of iron in the progression of both NAFLD and HCV-associated steatosis remains controversial while lipoperoxidation and oxidative stress are pathogenic mechanisms shared by both. Some metabolic risk factors may be shared by both HCV-associated steatosis and NAFLD although the disease progression and pathophysiological background may be different. Preliminary data suggest that the therapeutic options for NAFLD may also be useful to improve HCV-associated steatosis. (Ann Ital Med Int 2005; 20: 10-22) Key words: Hepatitis C virus; Hyperlipidemia; Insulin resistance; Iron; Nonalcoholic fatty liver disease; Steatosis; Type 2 diabetes mellitus. Introduzione tensione e aterosclerosi sono strettamente associati sia alla semplice steatosi che alla NASH. L’infezione cronica da virus dell’epatite C (HCV) è la più frequente nel mondo ed è la principale causa di carcinoma epatocellulare e di cirrosi in lista d’attesa per trapianto di fegato7. Diversamente da quanto osservato nell’infezione cronica da virus dell’epatite B e nelle epatopatie autoimmuni, l’infezione da HCV si associa a steatosi epatica in una percentuale significativamente più elevata di casi8-10 ed è in questi un importante cofattore di malattia che promuove la progressione del danno epatico11-13. La steatosi osservata in corso di infezione da HCV è considerata un’entità nosografica autonoma14,15. Insulino-resistenza, alterato metabolismo lipidico, lipoperossidazione, stress ossidativo e alterazioni mitocondriali sono meccanismi patogenetici che inducono il danno epatico e la sua progressione, sia nella NAFLD, che nell’infezione da HCV16-25. Dal versante clinico la NAFLD e l’infezione da HCV presentano le seguenti analogie: associazione a fenomeni autoimmuni26 e manifestazioni extraepatiche27-30; presenza di quadro istologico severo a L’acronimo “NAFLD” (nonalcoholic fatty liver diseaseepatopatia steatosica non alcolica), descrive lo spettro di patologia metabolica che va dalla steatosi non complicata alla steatoepatite non alcolica (nonalcoholic steatohepatitis-NASH) con o senza fibrosi e cirrosi. Inizialmente descritta come una malattia a decorso benigno di donne di mezza età con patologie associate all’obesità1, la NAFLD è oggi considerata la più frequente epatopatia, prevalente nei maschi anche giovani non obesi2,3. La NAFLD è un’epatopatia potenzialmente evolutiva verso fibrosi epatica, cirrosi e carcinoma epatocellulare4-6. Componenti della sindrome da insulino-resistenza quali diabete mellito di tipo 2 (DMT2), obesità, ipertrigliceridemia, iperU.O. di Medicina Interna e Gastroenterologia (Direttore: Dr. Enrico De Micheli), Ospedale Civile di Modena, *Medicina 3 (Direttore: Prof. Nicola Carulli), Dipartimento di Medicina e Specialità Mediche, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia **Divisione di Medicina Interna ed Epatologia (Direttore: Prof. Giuseppe Ruggiero), Seconda Università degli Studi di Napoli Cofinanziamento: MIUR anno 2002; protocollo 2002 062883001 e COFIN 2004 061213_001. © 2005 CEPI Srl 10 Amedeo Lonardo et al. Virus dell’epatite C fronte di normali valori di transaminasi31-33, recidiva dopo trapianto epatico7,34; rischio epatocarcinogenetico35-37. L’interazione tra HCV e alcune caratteristiche dell’ospite (composizione corporea e malattie del metabolismo glicolipidico) aggrava la storia naturale della patologia epatica38-40. Inoltre la steatosi è un fattore di rischio per cirrosi e carcinoma epatocellulare in pazienti con infezione cronica da HCV11,12,38. Questa rassegna ha lo scopo di fornire al clinico gli elementi critici per una gestione razionale dell’epatopatia HCV positiva. A tal fine abbiamo cercato di individuare similitudini o sovrapposizioni tra le due condizioni steatosiche attraverso il sistematico confronto degli aspetti epidemiologici, patogenetici e clinici della NAFLD e della steatosi associata ad HCV. La prevalenza di soggetti anti-HCV positivi negli Stati Uniti è dell’1.8% pari a 3.9 milioni di americani affetti50. In Italia la prevalenza media di infezione da HCV aumenta con l’età ed è pari al 3.2% nella popolazione generale48, raggiunge l’8% in Italia centrale51 e il 25% in Italia meridionale52. I rapporti epidemiologici tra steatosi e HCV sono molto stretti. Infatti, in pazienti con NAFLD si rileva una prevalenza di infezione da HCV più elevata di quella della popolazione generale53 e, analogamente, in pazienti HCV positivi sottoposti a biopsia epatica, la prevalenza di steatosi oscilla tra il 30 e il 70%41. Considerata una prevalenza nella popolazione generale del 20% per la NAFLD e dell’1.8% per l’infezione da HCV, la frequenza di steatosi attesa nel corso di infezione da HCV, per effetto di coincidenza fortuita tra le due condizioni, dovrebbe essere dello 0.36%. Tale valore atteso è di 2.5 volte inferiore a quello osservato realmente, che corrisponde a circa lo 0.9%41. Metodo È stata condotta una ricerca computerizzata della letteratura (Medline), utilizzando le seguenti parole chiave: fatty liver, nonalcoholic fatty liver disease; nonalcoholic steatohepatitis; liver steatosis; chronic hepatitis; HCV; nonché sui dati personali degli autori. Esula dagli obiettivi della nostra rassegna l’idea di fornire linee guida terapeutiche. La scelta bibliografica ha tenuto conto del rigore scientifico e della rilevanza clinica anche potenziale dei vari studi citati. Della NAFLD e della steatosi associata ad HCV, sono stati valutati e discussi in dettaglio gli aspetti di similitudine e le differenze tra le due condizioni nell’ambito dell’epidemiologia; del ruolo patogenetico di fattori metabolici; dei meccanismi di danno tessutale; la possibile associazione con il rischio cardiovascolare e le aree di ricerca da coprire41. Commento. L’ipotesi che la steatosi in corso di infezione cronica da HCV sia dovuta alla coincidenza casuale con la NAFLD appare poco probabile. Ciò lascia ipotizzare un effetto steatogenico di HCV. Poiché la steatosi è un fattore di progressione della malattia da HCV, non si può escludere l’ipotesi che pazienti con HCV e steatosi abbiano un’aumentata probabilità di essere sottoposti a biopsia epatica. Fattori metabolici Insulino-resistenza/diabete mellito di tipo 2 Epatopatia steatosica non alcolica. Inizialmente considerata la risultante di un alterato metabolismo glucidico54 la NAFLD viene oggi associata pressoché universalmente ad insulino-resistenza, indipendentemente dalla presenza di obesità e ridotta tolleranza glicidica25,55-57. Ciò ha confermato che la NAFLD è la manifestazione d’organo della sindrome metabolica come sostenuto da vari autori simultaneamente nel 199956,58-63. Nella patogenesi della NAFLD l’iperinsulinismo (con o senza iperglicemia) promuove un’aumentata sintesi di trigliceridi e il loro accumulo intraepatocitario, sia attraverso un aumento della fornitura di substrato che attraverso un’inibizione della lipolisi. Quest’ultima può essere anche mediata da alterazioni mitocondriali19,64 e si ipotizza che il danno possa essere mediato dalla lipotossicità65. A fare da ponte tra la teoria della glico e della lipotossicità nella NAFLD66, sono state le scoperte che la distribuzione del grasso viscerale influenza sfavorevolmente la tolleranza glicidica67 Aspetti epidemiologici: prevalenza Epatopatia steatosica non alcolica La prevalenza della NAFLD nella popolazione generale non è esattamente conosciuta. Vari studi ecografici condotti in Asia ed Europa, che riportano una prevalenza di “steatosi epatica” dell’ordine del 20%, non distinguono, però, i soggetti con steatosi ad eziologia alcolica da quella non alcolica42-46. L’analisi dei dati ottenuti nell’ambito dell’NHANES III (National Health and Nutritional Evaluation Survey III) condotto negli Stati Uniti, suggerisce che dal 10 al 24% degli adulti nordamericani presentano una NAFLD2. Mentre in passato la steatosi era ritenuta sinonimo di eziologia alcolica, la letteratura recente ha evidenziato che l’obesità è un fattore patogenetico più importante dell’alcool nell’indurre steatosi, anche quando entrambi i fattori epatolesivi coesistono47,48 e anche nel paziente HCV positivo49. 11 Ann Ital Med Int Vol 20, N 1 Gennaio-Marzo 2005 aumentando il rischio di NAFLD68-70 e che le alterazioni del metabolismo lipidico precedono l’insulino-resistenza71. Osservazione fondamentale alla teoria è stata che patologie umane opposte per fenotipo clinico, – quali le sindromi lipodistrofiche e l’obesità – e topi sottoposti a ingegneria genetica, hanno in comune insulino-resistenza e steatosi epatica71, la correlazione dei livelli glicemici con le variazioni dei livelli di trigliceridi epatici72-74 e il fatto che la riduzione di questi ultimi si associa a miglioramento dell’insulino-resistenza75-77. Gli acidi grassi liberi giocano un ruolo patogenetico fondamentale. Un aumento della loro concentrazione (anche nel range fisiologico) come accade in presenza di trigliceridi all’interno degli epatociti, causa insulino-resistenza a livello epatico innescando l’inibizione della captazione di glucosio, della sintesi di glicogeno e dell’ossidazione di glucosio. Ne risulta un’aumentata produzione di glucosio endogeno in relazione al grado di iperinsulinemia78,79, meccanismo patogenetico che è operante nella NAFLD55,80 nella quale l’iperinsulinemia e l’insulino-resistenza rappresentano una condizione primaria e non sono causati da una ridotta clearance epatica dell’insulina55,80. Una volta stabilitesi, l’iperglicemia e l’iperinsulinemia sovraregolano l’espressione del connective tissue growth factor, che è uno dei fattori che regolano la fibrosi epatica81 e ciò può, in parte, spiegare perché la comparsa di DMT2 aumenta il rischio di fibrosi nella NASH4,20. È ben noto tuttavia che, una volta instauratasi, la steatosi contribuisce a perpetuare l’iperinsulinismo/insulino-resistenza attraverso una ridotta clearance dell’insulina dal sangue portale82. Si stabilisce in questo modo un circolo vizioso, nel quale l’iperinsulinemia genera la steatosi, che a sua volta perpetua l’iperinsulinemia83. Questo meccanismo può spiegare l’insorgenza del DMT2 osservata in un numero significativamente elevato di pazienti giapponesi 10 anni dopo la diagnosi di steatosi epatica84. giora la sensibilità insulinica nel DMT288,89. Alcuni degli autori hanno recentemente dimostrato che l’insulinoresistenza è frequente nell’infezione cronica da HCV ed è indipendente dalla presenza di cirrosi, di DMT2 e dall’incremento dell’indice di massa corporea (BMI)97. Inoltre, esiste una stretta correlazione tra lo sviluppo di steatosi, l’insulino-resistenza e la progressione della fibrosi epatica. Concettualmente la steatosi rappresenta la più logica tappa intermedia istologica e metabolica di connessione tra infezione da HCV e DMT2. Sulla base di questa ipotesi teorica ci si attende di osservare una maggiore prevalenza di DMT2 tra i genotipi di HCV che sono più spesso associati a steatosi, cioè il genotipo 3 seguito dal 2a/c – che esercitano un effetto steatogenico diretto – e per ultimo dal genotipo 111,38,98. Per contro, i fattori associati ad una maggiore insorgenza di DMT2 sono l’età > 40 anni90 e il genotipo virale 2a87. Questi dati sembrano contraddire l’ipotesi che l’effetto diabetogeno dell’HCV genotipo 3 sia mediato dalla steatosi epatica, ma si deve tenere in conto che i soggetti infettati con il genotipo 3a hanno un’età media < 40 anni e sono significativamente più giovani di quelli infettati con il genotipo 2a/c11,99. L’età < 40 anni potrebbe di per sé spiegare la minor prevalenza di DMT2 nel genotipo 3a. Indipendentemente dal nesso patogenetico tra infezione da HCV e DMT2, NAFLD e diabete sono fattori di rischio per fibrosi avanzata in pazienti HCV positivi13,15. Commento. L’insulino-resistenza sembra essere un meccanismo patogenetico presente sia nella NAFLD che nell’epatite cronica C. L’ipotesi da verificare è che la steatosi possa – attraverso l’insulino-resistenza – essere il mediatore patogenetico tra infezione da HCV e insorgenza di DMT2. Obesità Epatopatia steatosica non alcolica. Obesità e sovrappeso sono fattori di rischio per steatosi e fibrosi epatica46 ed esiste una stretta associazione tra obesità viscerale e NAFLD in quanto l’obesità, particolarmente quella di tipo centrale70, rappresenta un marcatore antropometrico di insulino-resistenza. In accordo, le concentrazioni di insulina – espressione di insulino-resistenza – ma non il BMI, sono predittivi di NAFLD100. Virus dell’epatite C. L’associazione tra infezione cronica da HCV e DMT2 è stata osservata in varie aree geografiche85-91 anche se non tutti gli autori concordano92. Recentemente, in uno studio caso-controllo, che ha incluso 1084 soggetti, è stato riportato che i pazienti con infezione cronica da HCV hanno un rischio relativo di sviluppare DMT2 che è 11 volte più elevato dei soggetti HCV negativi93. Infezione da HCV ed età sono predittori indipendenti di DMT287 e l’infezione cronica da HCV genotipo 2a – che si associa anche ad altre manifestazioni extraepatiche30,94,95 – è significativamente associata alla comparsa di DMT2. Per contro, l’infezione da HCV genotipo 3 si associa a minore insulino-resistenza96. La presenza di HCV – anche in epatopatie precirrotiche – peg- Virus dell’epatite C. Come nella NAFLD, anche nell’infezione da HCV, è l’obesità viscerale piuttosto che la quantità di grasso corporeo totale che si associa a steatosi11. Mentre in pazienti con HCV genotipo 1 – e forse in quelli con genotipo 2a/c – la prevalenza di steatosi correla con il BMI, in pazienti infetti con genotipo 3 la steatosi è 12 Amedeo Lonardo et al. di entità più marcata e correla strettamente con i livelli di replicazione virale intraepatica e non con il BMI11,98,101. La steatosi associata al sovrappeso, al diabete o alla degenerazione balloniforme alla biopsia è un indice predittivo di progressione della fibrosi in pazienti HCV positivi13,102, particolarmente se infetti con il genotipo 3103 ed il grado di steatosi agisce sinergicamente con la carica virale nell’indurre necroinfiammazione e fibrosi104. Il peggioramento della steatosi, osservato alla seconda biopsia ripetuta dopo 48 mesi dalla prima, rappresenta l’unico fattore indipendente associato alla fibrosi in pazienti con epatite cronica C non trattati105. Steatosi e sovrappeso influenzano negativamente non solo l’evoluzione della fibrosi, ma anche la risposta ai farmaci antivirali che è ridotta in pazienti con steatosi e sovrappeso14,106. Dati preliminari indicano che la riduzione del sovrappeso possa migliorare la biochimica e l’istologia nonostante la persistenza del virus ed aumentare la risposta terapeutica all’interferone107,108. Analogo effetto antisteatosico si può osservare per effetto di una terapia antivirale seguita da risposta virologica sostenuta nell’infezione da HCV tipo 3109. deficit relativo di apolipoproteina B44,58,112. Al contrario, nell’ipobetalipoproteinemia familiare il deficit di livelli circolanti di apolipoproteina B (secondari a mutazioni nel gene dell’apolipoproteina B) è assoluto e la condizione si associa a marcata steatosi58,113,114. Per una normale capacità di esporto di trigliceridi da parte dell’epatocita è anche necessaria una normale attività della “microsomal transfer protein” (MTP) che catalizza l’assemblaggio e la secrezione di lipoproteine a bassissima densità. È di interesse, pertanto, che polimorfismi del gene MTP sono associati con surrogati biologici di steatoepatite in pazienti con DMT2115. Virus dell’epatite C. L’HCV interagisce con il metabolismo lipidico dell’ospite116,117. La colesterolemia nei pazienti con epatite cronica C, pur nel range normale, è inferiore a quella dei controlli sani e di pazienti con infezione cronica da virus dell’epatite B97,118. I livelli più bassi di colesterolo e trigliceridi si osservano in pazienti con infezione da HCV genotipo 397. L’HCV circola associato con le betalipoproteine (lipoproteine a bassa e bassissima densità) all’interno di particelle sferiche di 100 nm119 ed è stato proposto che l’HCV infetti gli epatociti proprio usando il recettore delle lipoproteine a bassa densità120. Modificazioni dei livelli di betalipoproteine possono teoricamente essere sfruttate per interferire con il tasso di infezione epatocitaria41. Evidenze sperimentali lascerebbero ipotizzare che proteine dell’HCV (core, NS5) possano indurre steatosi interferendo con l’assemblaggio delle lipoproteine a bassissima densità41 anche se non si possono escludere anche altri meccanismi steatogenetici. Nostri dati indicano che l’iperomocisteinemia sia in grado di indurre steatosi e possa svolgere un importante ruolo patogenetico nella steatosi associata ad HCV121. La steatosi da HCV (particolarmente in pazienti con infezione da genotipo 3) compare precocemente nelle fasi precirrotiche dell’infezione117 ed è associata ad ipobetalipoproteinemia che sembra essere virus-indotta116. Basse concentrazioni di apolipoproteina B si associano a steatosi, fibrosi ed alta carica di HCV-RNA117. Il trattamento efficace con interferone corregge parzialmente sia l’ipobetalipoproteinemia che la steatosi14,116. Commento. Sovrappeso e obesità sono fattori di rischio di sviluppo della NAFLD e di steatosi associata all’infezione da HCV ma il genotipo 3 induce una steatosi che è più grave ed è indipendente dall’incremento del peso corporeo. Steatosi e sovrappeso facilitano la progressione fibrotica dell’infezione da HCV e riducono la risposta alla terapia antivirale con interferone. Per converso, la riduzione del peso corporeo, pur non esplicando alcuna attività antivirale, migliora la biochimica e l’istologia epatica e la terapia antivirale efficace migliora anche la steatosi. Ciò indica che la steatosi è un cofattore dell’epatolesività dell’HCV. Dislipemia Epatopatia steatosica non alcolica. Livelli plasmatici di colesterolo, trigliceridi e apolipoproteina B sono predittori indipendenti di steatosi epatica valutata ecograficamente44. Nostri dati mostrano che i livelli sierici di colesterolo in pazienti con NASH sono simili, mentre i livelli dei trigliceridi sono significativamente più elevati di quelli osservati nei controlli sani97. In accordo è l’osservazione che la prevalenza media di NAFLD in pazienti iperlipidemici (50%) è meno frequente nell’ipercolesterolemia ma più frequente nell’ipertrigliceridemia grave e nell’iperlipidemia mista110. Nella NASH il decremento dell’apolipoproteina AI e l’aumento delle lipoproteine a bassa densità e della lipoproteina (a) correlano con lo sviluppo di fibrosi111. Nella NAFLD a fronte di livelli sierici di apolipoproteina B normali o elevati è presente un Commento. La ridotta capacità di esportare i trigliceridi dall’epatocita attraverso la sintesi di apolipoproteina B (e probabilmente di MTP) sembra caratterizzare la patogenesi sia della NAFLD che della steatosi associata ad HCV. L’eradicazione di HCV con terapia antivirale riduce la steatosi probabilmente correggendo le anomalie virusindotte dell’esporto dei lipidi dall’epatocita nel torrente circolatorio. 13 Ann Ital Med Int Vol 20, N 1 Gennaio-Marzo 2005 Sovraccarico marziale Malattie cardiovascolari Epatopatia steatosica non alcolica. La relazione patogenetica tra mutazioni del gene HFE, iperferritinemia, sovraccarico marziale epatico e NAFLD, a lungo controversa4,54,83,100 è stata risolta in due studi recenti che confermano l’importanza dell’insulino-resistenza (ma non delle mutazioni del gene HFE) nel determinismo della fibrosi nella NAFLD122,123. L’iperferritinemia rimane però un marcatore utile per individuare pazienti da sottoporre a biopsia epatica122. Dal punto di vista terapeutico, tuttavia, la salassoterapia riduce i livelli di transaminasi e di insulino-resistenza in circa il 50% dei soggetti con NAFLD124,125. Questi risultati, di potenziale rilievo clinico, non possono essere estrapolati alla comprensione della patogenesi della NAFLD, poiché la ferro-deplezione può esplicare i suoi effetti attraverso un’azione ampia ed aspecifica sulla flogosi126. Epatopatia steatosica non alcolica. L’ipotesi patogenetica basata sull’insulino-resistenza consente di prevedere che l’ipertensione arteriosa debba essere molto frequente in soggetti con NAFLD e viceversa che soggetti ipertesi presentino frequentemente steatosi epatica. Ciò è stato ampiamente confermato in letteratura133-135. Meno prevedibile è l’osservazione che l’ipertensione arteriosa, in soggetti obesi, predice la presenza di fibrosi nella NAFLD136. Si può ipotizzare che la steatosi epatica, che costituisce un legame tra insulino-resistenza, obesità e dislipidemia da un lato e aterosclerosi e malattie cardiovascolari dall’altro, possa giocare un ruolo centrale mantenendo o aggravando le condizioni patogene implicate nell’aumento del rischio cardiovascolare137. Non vi sono dati probanti per un’associazione diretta tra NAFLD e danno vascolare, ma uno studio giapponese ha riportato che la prevalenza di steatosi epatica è significativamente più elevata tra soggetti sedentari che, come atteso, presentano anche un profilo metabolico di maggior rischio aterogeno69. Sotto il profilo concettuale, la sindrome metabolica della quale la NAFLD è la manifestazione epatica, rappresenta una condizione di flogosi subclinica che è stata associata ad accelerata aterogenesi nella sindrome metabolica9,138. Virus dell’epatite C. Il ruolo del ferro e delle mutazioni del gene HFE come cofattore di morbidità nell’epatite virale cronica è stato recentemente sottoposto a revisione127. Dal punto di vista biologico il ferro promuove la replica dell’HCV in vitro128. Nella patologia da HCV, gli aumentati livelli sierici di ferro riflettono la necrosi epatica e non l’aumentato deposito epatico129,130 e l’entità della steatosi associata ad HCV non correla con la quantità di ferro contenuto nel fegato118. Tuttavia una risposta terapeutica all’interferone riduce l’accumulo marziale epatico nell’epatite cronica da HCV131. Benché la presenza di mutazioni del gene HFE possa accelerare l’evoluzione fibrocirrotica dell’infezione da HCV127, l’esperienza di alcuni degli autori e della letteratura non evidenzia una correlazione diretta tra ferro, entità della steatosi e carica virale11,13,38. Come nella NAFLD la ferro-deplezione è in grado di migliorare l’attività necroinfiammatoria, ridurre le transaminasi e la progressione della fibrosi e di aumentare la risposta all’interferone127. Non vi sono dati disponibili in merito all’efficacia della salassoterapia sulla steatosi associata all’infezione da HCV. L’effetto di un accumulo marziale sull’epatopatia da HCV può essere mediato da alterazioni del metabolismo glucidico. Infatti, l’iperferritinemia è risultata associata all’insulino-resistenza132, che è un importante fattore patogenetico di danno epatico40. Virus dell’epatite C. Non sono disponibili dati concernenti prevalenza e significato dell’ipertensione arteriosa in epatopazienti HCV positivi. L’associazione tra infezione da HCV e il rischio di malattia aterosclerotica è stata valutata in una casistica giapponese di 4784 soggetti. Sorprendentemente, la sieropositività per HCV è risultata associata con la placca dell’arteria carotide e con l’ispessimento di intima e media, che era indipendente da altri fattori di rischio per aterosclerosi139. Questo studio non ha valutato il ruolo della steatosi e della vasculite indotte da HCV, e il ruolo dei diversi genotipi nello sviluppo di lesioni vascolari. Recenti nostre osservazioni, che la steatosi associata ad HCV correla con i livelli di omocisteinemia, che è un importante fattore di rischio di aterosclerosi, potrebbero spiegare l’associazione tra HCV ed aterosclerosi121. In via teorica, l’HCV potrebbe contribuire all’accelerata eterogenesi in quanto stimolo alla flogosi cronica. Commento. L’importanza patogenetica “primaria” del ferro, esclusa nella NAFLD, non è ancora accertata in maniera definitiva nella steatosi associata ad HCV. I meccanismi di danno ferro-dipendenti potrebbero essere mediati da insulino-resistenza e lipoperossidazione. Le prospettive terapeutiche ferro-depletive conservano il loro interesse in entrambe le patologie. Commento. Esistono presupposti teorici ed evidenze preliminari che la NALFD e la steatosi osservata in corso di infezione da HCV possano associarsi a danno vascolare. Pertanto, appare necessario che futuri studi definiscano questo importante aspetto. 14 Amedeo Lonardo et al. Meccanismi molecolari di danno tessutale: stress ossidativo saminasi, del “bright liver” ecografico e/o dell’istologia59,108,148-151. Pazienti con NASH dovrebbero essere incoraggiati a evitare alcool e farmaci epatotossici, ad assumere diete povere in grassi saturi e colesterolo e ricche in grassi polinsaturi, fibre e vitamine antiossidanti152,153. Pochi dati di farmacoterapia si fondano su studi controllati. La betaina, un antiossidante, ha indotto un miglioramento delle transaminasi e dell’istologia epatica in uno studio su 10 pazienti con NASH154. Uno studio più ampio, in cui la betaina è stata associata a dietanolamina glicuronato e nicotinamide ascorbato, ha mostrato un’efficacia nel ridurre alanina aminotransferasi, aspartato aminotransferasi e gamma-glutamiltranspeptidasi rispetto al placebo155. Benché in uno studio pilota l’acido ursodeossicolico abbia migliorato i livelli delle transaminasi e il grado di steatosi epatica nella NAFLD dell’adulto156 il farmaco è risultato inefficace in bambini obesi157 e in un trial randomizzato effettuato su 126 adulti trattati per 2 anni158. Uno studio preliminare suggerisce però che l’acido ursodeossicolico potrebbe essere efficace nel paziente non obeso159. L’effetto terapeutico di un altro antiossidante, la vitamina E, è stato valutato in due studi su un piccolo numero di pazienti con NASH: il trattamento ha determinato la normalizzazione delle transaminasi nei bambini160 ed un miglioramento anche istologico negli adulti161. Tuttavia, uno studio in cui una dieta ipolipidica + esercizio aerobico veniva confrontato con lo stesso regime + vitamina E ha concluso che la vitamina E non forniva alcun beneficio aggiuntivo162. Studi preliminari hanno evidenziato che farmaci “insulin sensitizers”, con diverso meccanismo d’azione quali la metformina163,164, il troglitazone, poi ritirato dal commercio per epatotossicità165, il rosiglitazione166 il pioglitazone167 migliorano il quadro clinico, biochimico ed istologico della NAFLD. Tuttavia esistono dubbi in merito alla reale capacità da parte di questi farmaci (in particolare della metformina) di indurre un duraturo miglioramento dell’enzimologia epatica e della sensibilità insulinica164. Un trial recente ha dimostrato l’efficacia terapeutica del probucolo nella NAFLD168, mentre l’orlistat è stato impiegato con successo in uno studio non controllato169. Epatopatia steatosica non alcolica Gli esatti meccanismi fisiopatologici che inducono la steatoepatite non sono completamente conosciuti. L’incremento del contenuto epatico di grassi è in grado di attivare un processo di lipoperossidazione140. Questa e i suoi prodotti terminali inducono attivazione delle cellule stellate epatiche, attività chemiotattica dei neutrofili e produzione di citochine proinfiammatorie attraverso l’attivazione del fattore nucleare κB4,54. In pazienti con NAFLD vi sono un incremento della betaossidazione dei grassi ed uno stress ossidativo epatico19. Inoltre, pazienti con NASH presentano delle alterazioni strutturali dei mitocondri che non sono presenti nella semplice steatosi19. Cosi è verosimile che il danno ossidativo, attraverso la lipoperossidazione, possa essere un importante meccanismo mediante il quale la steatosi di per sé contribuisce a perpetuare la flogosi epatica cronica. Virus dell’epatite C Il grado di danno ossidativo del DNA correla con la steatosi in pazienti con epatite cronica C141. Inoltre, la perossidazione lipidica sembra correlare con la fibrosi epatica in soggetti con epatite C. Tali dati suggeriscono un ruolo patogenetico della lipoperossidazione nella progressione del danno epatico nella steatosi da HCV. Recentemente è stato dimostrato che proteine strutturali e non strutturali di HCV possono causare uno stress ossidativo e steatosi in assenza di flogosi e alterazioni mitocondriali contribuendo a spiegare, tra l’altro, il potenziale carcinogenetico di HCV142,143. Commento. Dati preliminari sembrano indicare che la lipoperossidazione, lo stress ossidativo, il danno mitocondriale e l’induzione di citochine proinfiammatorie sono meccanismi patogenetici di induzione di danno comuni alla NAFLD e alla steatosi associata ad HCV. Ulteriori studi sono necessari per definire tale interazione. Virus dell’epatite C Approccio terapeutico presente La terapia con interferone-ribavirina dell’epatite cronica C può essere migliorata da terapie adiuvanti. È stato suggerito (e la nostra esperienza sembra confermarlo) che, in pazienti con epatite cronica C associata ad obesità e steatosi, una dieta che ripristini un normale peso corporeo possa far migliorare il quadro clinico e la risposta terapeutica all’interferone11,108. Anche in pazienti non responsivi all’interferone, alla diminuzione del peso corporeo si è associata riduzione dei livelli sierici di transaminasi, dell’insulino- Epatopatia steatosica non alcolica La terapia ottimale della NAFLD non è stata ancora standardizzata. Capisaldi terapeutici sono l’intervento dietetico e la correzione delle condizioni associate24,25,144-147. Infatti l’esercizio fisico, il calo ponderale, anche modesto ma sostenuto nel tempo, il controllo del DMT2 e dell’iperlipidemia inducono, in un’elevata percentuale di pazienti, un miglioramento e/o una normalizzazione delle tran- 15 Ann Ital Med Int Vol 20, N 1 Gennaio-Marzo 2005 resistenza e soprattutto della steatosi e della fibrosi epatica107. Diversi studi hanno dimostrato che l’acido ursodeossicolico, da solo o in combinazione con l’interferone, può migliorare l’epatite cronica C170,171. Due studi escludono un guadagno terapeutico dell’associazione vitamina E-interferone172,173 ma un terzo lavoro riporta dati favorevoli nel sottogruppo di pazienti con ipertransaminasemia > 70 U/L174. Dati contrastanti sono stati prodotti sull’utilità dell’acetilcisteina associata all’interferone175-177. Non ci sono ancora studi che esplorino il ruolo terapeutico di farmaci “insulin sensitizers” in pazienti con steatosi associata ad HCV. nell’animale suggeriscono la potenziale utilità di ferro-deplezione178-181, adiponectina182, nitrossido183, anticorpi anti-fattore di necrosi tumorale-alfa184,185 o salicilati186,187. Il trattamento della NAFLD e dell’epatite cronica C decorrente con steatosi non sono ancora ottimizzati. In considerazione del ruolo svolto dalla steatosi nella progressione del danno epatico da HCV, delle somiglianze patogenetiche nella steatosi virale e in quella metabolica e dei risultati di studi pilota è possibile ipotizzare nuovi scenari terapeutici che dovranno essere validati in trial controllati. Considerazioni conclusive Le discrepanze esistenti nei risultati di alcuni degli studi disponibili sulla steatosi in corso di infezione da HCV possono essere riconciliate sulla base di differenze casistiche e metodologiche188. Così, variabile è il ruolo eziologico di differenze genetiche e dietetiche, dell’abuso alcolico e della sovrapposizione di più patologie (tipicamente diabete e dislipidemie). Inoltre, pazienti statunitensi ed australiani hanno un BMI più elevato e minor prevalenza di HCV genotipo 3. Infine l’elevata correlazione tra BMI e steatosi fa in modo che alcune volte l’una ed altre volte l’altra delle due variabili risultino statisticamente associate allo sviluppo di fibrosi ed alla mancata risposta terapeutica, anche se in linea teorica è possibile che l’effetto deleterio della steatosi sulla terapia sia indipendente da quello della steatosi189. Pur con queste limitazioni di pazienti e di metodi, alcune conclusioni di interesse clinico possono essere raggiunte. La steatosi associata all’infezione cronica da HCV è un’entità nosografica autonoma gravata da un peggiore decorso della malattia. L’HCV (e specialmente il genotipo 3) sembra svolgere un effetto steatogenico diretto, giustificando l’introduzione del concetto di “steatosi virale” che affianca la “steatosi metabolica” che caratterizza la NAFLD (e verosimilmente le steatosi osservate in corso da infezioni con HCV genotipi “non 3”). Le alterazioni biochimiche che sono più a valle del processo steatogenico e di danno tessutale flogistico-fibrotico sono ampiamente condivise da NAFLD e steatosi da HCV. Ciò implica che – in via teorica – trattamenti efficaci nella NAFLD possono essere potenziali terapie adiuvanti dell’epatite cronica C decorrente con steatosi sia come terapia di scelta, che nei pazienti non responsivi alla terapia antivirale combinata con interferone e ribavirina. Dati preliminari conforterebbero l’utilità di questo approccio, ma sono necessari studi più mirati. Approccio terapeutico futuro Nella tabella I107,108,170-181 sono riportati alcuni possibili approcci innovativi che, mutuati dalle più moderne concezioni patogenetiche della NAFLD, potrebbero teoricamente contribuire a migliorare la risposta terapeutica dell’epatite cronica C anche nei soggetti non responsivi al trattamento con interferone e ribavirina. Alcuni di questi presidi terapeutici sono già stati studiati nella NAFLD59,148-152,154-169 o nell’infezione da HCV non responsiva a interferone e/o associata a steatosi107,170-177. Alcuni dati ampiamente preliminari ottenuti nell’uomo o TABELLA I. Possibili scenari nel futuro della terapia della steatosi associata al virus dell’epatite C*. Raggiungimento e mantenimento del peso ideale Misure dietetiche107,108 che considerino lo stato di insulino-resistenza (riduzione dei grassi e del ferro) e le esigenze metaboliche correlate alla patologia (vitamine complesso B, folati, vitamina K) Incremento dell’attività fisica Misure atte a migliorare la sensibilità insulinica Alimentari Farmacologiche Metformina, tiazolidinedionici (rosiglitazione, pioglitazione) salicilati, leptina, adiponectina, anticorpo anti-TNF-alfa, salassoterapia178-181 Antiossidanti Vitamina E (?)172-174 Betaina N-acetilcisteina (?)175-177 Altre terapie Acido ursodeossicolico170,171 Farmaci ipolipidemizzanti Nitrossido Probiotici Anticorpo anti-TNF-alfa Ormone della crescita TNF = fattore di necrosi tumorale. * in tabella sono citate solo le voci bibliografiche relative a studi eseguiti in soggetti con epatite cronica da virus dell’epatite C. Gli altri potenziali approcci sono stati mutuati per estrapolazione teorica dalla patogenesi o dalla terapia dell’epatopatia steatosica non alcolica. Riassunto La steatosi epatica è il contrassegno delle epatopatie steatosiche non alcoliche (nonalcoholic fatty liver disease- 16 Amedeo Lonardo et al. NAFLD) che rappresenta la conseguenza di alterazioni metaboliche multiple nell’ambito delle quali l’insulino-resistenza svolge un ruolo fondamentale. La steatosi è anche un aspetto caratterizzante l’infezione da virus dell’epatite C (HCV). Il fatto che la prevalenza di steatosi nell’epatite cronica C sia 2.5 volte più elevata di quanto atteso per una coincidenza casuale con la NAFLD suggerisce che l’HCV possa essere implicato nello sviluppo della steatosi. Come osservato nella NAFLD, in pazienti infettati con HCV di genotipo 1 la steatosi si associa con elevato indice di massa corporea. Al contrario, in pazienti infettati con genotipo 3, l’entità della steatosi correla con la carica virale indicando che essa è principalmente “virus-correlata”. Sia nell’eziologia “metabolica” che in quella “virale” la steatosi epatica nell’infezione da HCV contribuisce alla progressione della fibrosi epatica, al carcinoma epatocellulare e influenza negativamente la risposta al trattamento con interferone. Obesità, insulino-resistenza e diabete mellito di tipo 2 sono condivisi dalla NAFLD e dalla steatosi associata all’HCV. Inoltre l’infezione da HCV favorisce lo sviluppo di diabete mellito di tipo 2 direttamente o attraverso la steatosi. L’iperlipidemia è un predittore indipendente di NAFLD ma non di steatosi associata ad HCV. L’ipertensione arteriosa è frequente in soggetti con steatoepatite non alcolica e l’infezione da HCV è stata recentemente riconosciuta come un fattore di rischio indipendente per l’aterosclerosi. Mentre rimane controverso il ruolo del ferro nella progressione sia della NAFLD che della steatosi associata ad HCV, lipoperossidazione e stress ossidativo sono meccanismi patogenetici comuni ad entrambe le condizioni. In conclusione, alcuni fattori di rischio metabolico sono in comune ad entrambe le forme di steatosi mentre la progressione della malattia e la fisiopatologia generale sono diverse. Dati preliminari suggeriscono che le opzioni terapeutiche per la NAFLD possano essere utili a migliorare la steatosi associata ad HCV. 006. Contos MJ, Sanyal AJ. The clinicopathologic spectrum and management of nonalcoholic fatty liver disease. Adv Anat Pathol 2002; 9: 37-51. Parole chiave: Diabete mellito di tipo 2; Ferro; Insulinoresistenza; Iperlipidemia; Obesità; Sindromi steatosiche non alcoliche; Steatosi; Virus dell’epatite C. 021. Pessayre D, Berson A, Fromenty B, Mansouri A. Mitochondria in steatohepatitis. Semin Liver Dis 2001; 21: 57-69. 007. Lauer GM, Walker BD. 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