batteriofagi e cosmidi Vettori di clonaggio 1953:James Watson e Francis Crick scoprono la struttura del DNA COME FACCIAMO A ISOLARE I GENI E A OTTENERNE LA SEQUENZA? LA TECNOLOGIA DEL DNA RICOMBINANTE Il materiale genetico (sia esso DNA genomico o cDNA) è composto da molte parti (sequenze) che prendono parte al funzionamento della cellula sia coinvolte nell’espressione di geni in proteine sia sconosciute. Per studiare al meglio queste sequenze è necessario isolarle ed aumentarne selettivamente la quantità. Ciò può essere fatto tramite il clonaggio del materiale genetico. TECNOLOGIA DEL DNA RICOMBINANTE Ha reso possibile il CLONAGGIO dei GENI permettendo di ISOLARE AMPLIFICARE SEQUENZIARE frammenti di DNA Perché manipolare i geni? 1) Per facilitare lo studio dell’espressione genica e della regolazione fisiologica; 2) per identificare il prodotto di un gene e/o per ottenerne la sovraespressione; 3) per studiare la relazione fra struttura e funzione delle proteine; 4) per identificare componenti cellulari che interagiscono con particolari sequenze di acidi nucleici o con particolari domini proteici Lo scopo del clonaggio E’ quello di isolare grandi quantità di geni specifici in forma pura. La strategia alla base consiste nel trasferimento del gene desiderato da un genoma grande e complesso ad uno piccolo e semplice. Fortunatamente, le nostre conoscenze di chimica e di enzimologia degli acidi nucleici ci permettono di tagliare e riunire molecole di DNA in vitro. Questo processo è noto come ricombinazione in vitro. Proprietà degli ospiti per il clonaggio Le caratteristiche ideali di un ospite per il clonaggio dei geni sono: • crescita rapida, • capacità di crescere in terreni di coltura poco costosi, • non patogenicità, • capacità di essere trasformato con DNA • stabilità in coltura. Gli ospiti più utili per il clonaggio sono microrganismi, come E. coli, Bacillus subtilis e Saccaromyces cerevisiae, che crescono facilmente e sono noti da un punto di vista genetico. I vettori di clonaggio I vettori di clonaggio sono generalmente costruiti per permettere l'introduzione di DNA esogeno a livello di un sito di restrizione in modo tale che non sia compromessa la sua replicazione. Enzimi di restrizione Le biotecnologie ricombinanti sono in grado di analizzare e manipolare il materiale genetico essenzialmente utilizzando una serie di specifiche attività enzimatiche con le quali si possono “tagliare” e “cucire” il DNA. Tra gli strumenti più utili a nostra disposizione si annoverano gli enzimi di restrizione, enzimi capaci di riconoscere sul DNA brevi sequenze bersaglio Si distinguono in tre classi: Enzimi di CLASSE I e III Enzimi di CLASSE II Portano le attività di restrizione e di metilazione nella stessa molecola e non sono utilizzati in biologia molecolare a causa della loro aspecificità di taglio. Portano le due attività su molecole distinte e sono caratterizzati da una elevata specificità di taglio. Centinaia di endonucleasi di tipo II sono correntemente utilizzate e commercializzate ENDONUCLEASI di RESTRIZIONE Sono enzimi che tagliano entrambi i filamenti della doppia elica del DNA in corrispondenza di specifiche sequenze. Riconoscono SEQUENZE PALINDROMICHE di 4 o 6 nucleotidi 5’-GAATTC-3’ 3’-CTTAAG-5’ Entrambe le catene hanno la stessa sequenza se lette in direzione 5’3’ Il numero di basi riconosciute è di importanza pratica perché determina la frequenza media di taglio e la dimensione media dei frammenti generati. E’ ovvio che un enzima che riconosce una sequenza di 4 basi taglierà più frequentemente di uno che ne riconosce 6. Una palindrome è una parola che si legge allo stesso modo sia da destra che da sinistra ...ENDONUCLEASI di RESTRIZIONE Possono lasciare estremità: TRONCHE (o blunt) se il taglio cade al centro della sequenza riconosciuta HpaI 5’-GTTAAC-3’ 3’-CAATTG-5’ 5’-GTT 3’-CAA AAC-3’ TTG-5’ SPORGENTI (o 5’/3’ protruding) dette anche ADESIVE (o sticky) se il taglio avviene a posizioni sfalsate sui due filamenti BamHI 5’-GGATCC-3’ 3’-CCTAGG-5’ 5’-G GATCC-3’ 3’-CCTAG G-5’ ...ENDONUCLEASI di RESTRIZIONE Se il vettore e il DNA che deve essere inserito sono tagliati con lo stesso enzima di restrizione che produce estremità “sticky”, la successiva unione di queste due molecole può essere favorita dall'appaiamento delle regioni a singolo filamento coesive. Inoltre estremità coesive diverse o estremità piatte possono essere congiunte mediante l'uso di enzimi, adattatori e di "linkers" (giunzioni) costituiti da DNA sintetico. Gli enzimi di restrizione furono scoperti intorno agli anni ‘50 e devono il loro nome al fenomeno della restrizione-modificazione controllata dalla cellula ospite. Si notò che talvolta l’introduzione in E.coli di DNA esogeno, proveniente da un diverso ceppo di E.coli, risultava nella sua rapida frammentazione in piccoli frammenti (restrizione). L’analisi di un DNA virale rivelatosi capace di resistere alla degradazione, rivelò, una decina di anni più tardi, la presenza di alcune basi metilate. Si scoprì, quindi, l’esistenza in E.coli di sistemi di restrizione/modificazione capaci di metilare specifiche basi e, contemporaneamente, di tagliare le stesse basi quando non metilate (Fig.1 e 2). Con questo sistema E.coli è capace di degradare DNA esogeno tagliandolo in specifici siti di riconoscimento. Gli stessi siti presenti sul DNA endogeno, tuttavia, non sono tagliati perché preventivamente metilati dal sistema di restrizione-metilazione 1 2 Gli enzimi di restrizione proteggono i batteri dall’introduzione di molecole di DNA esogeno Batteriofagi Batterio ceppo A Batterio lisato Batterio ceppo B Batterio vivo ...ENDONUCLEASI di RESTRIZIONE Nomenclatura La nomenclatura degli enzimi di restrizione si basa sul genere e sulla specie del batterio dal quale è stato isolato l’enzima di restrizione: per es. BamHI deriva da Bacillus amylofaciens, EcoRI da Escherichia coli, HindIII da Haemophilus influentiae etc. L‘utilizzo degli enzimi di restrizione é molto semplice. La maggior parte di essi funziona in semplici tamponi tra pH 7 e 8, generalmente a 37°C. Per definizione una unità di un enzima di restrizione è la quantità di enzima richiesta per digerire completatamente 1 µg di DNA substrato in un’ora. Tutti gli enzimi, in condizioni non ottimali, danno il cosiddetto "effetto star", che consiste nella capacità dell'enzima di "confondersi" riconoscendo e tagliando sequenze simili, ma non identiche a quella target. Per evitare l'effetto star è opportuno attenersi alle condizioni specificate dai fornitori, con particolare riferimento al glicerolo e alla quantità di enzima, che non devono essere mai in eccesso. Estrazione di frammenti di DNA da gel Dopo aver digerito un DNA con enzimi di restrizione ed averne separato i frammenti risultanti su gel di agarosio, il passo seguente di solito consiste nell’excidere dal gel, con un bisturi, specifiche bande corrispondenti a geni o porzioni di DNA di nostro interesse e purificarle da gel. Esistono molti sistemi per purificare bande da gel, tra cui: • • • • • • elettroeluizione colonne a scambio ionico gel-filtration ultrafiltrazioni agarosio a basso punto di fusione ecc. ecc. Ligazione Dopo aver tagliato (e isolato) specifici frammenti di DNA, il passo successivo di un clonaggio consiste nel “cucirli” tra loro in modo covalente. Nella maggior parte dei casi questo compito è affidato alle ligasi, enzimi che catalizzano la formazione di legami fosfodiesterici tra estremità 3'-OH e 5'-P di molecole di DNA adiacenti, uguali (ligazione intra-molecolare) o diverse (ligazione inter-molecolare). Catalizzano, inoltre la chiusura di interruzioni a singolo filamento (nicks) in molecole di DNA a doppio filamento. DNA LIGASI La DNA ligasi più utilizzata è quella codificata dal batteriofago T4, un enzima, ATPdipendente, ottenuto da cellule di E. coli infettate dal fago T4. Seppur a minor efficienza la T4 DNA ligasi è capace di ligare tra loro anche estremità piatte. Questo enzima richiede ATP come substrato. Nel primo passaggio della reazione la ligasi reagisce con l’ATP per formare un complesso covalente ligasi-AMP, il quale, a sua volta, reagisce con il fosfato al 5' su un lato del nick, trasferendo l’AMP al gruppo fosfato. Il passaggio finale è l’attacco ad opera del gruppo 3'OH che ripristina l’integrità dello scheletro zucchero-fosfato DNA LIGASI Le estremità “coesive”, che contengono cioè corti filamenti a singolo filamento complementari tra loro, che vengono generate da molti enzimi di restrizione, facilitano il compito della ligasi, perché le estremità tendono ad appaiarsi tra loro. In queste condizioni le ligazioni si effettuano generalmente tra 4 e 37°C, per un tempo variabile tra 1 e 24 ore. Se, invece, bisogna ligare estremità “blunt”, la ligazione è più difficile e si effettua a bassa temperatura e a più elevata concentrazione di enzima e di frammenti da ligare per favorire l’incontro delle molecole da ligare. Ottimizzazione della ligazione Per ottenere buoni risultati la ligazione deve essere accuratamente ottimizzata rispetto alla: • temperatura e al tempo di reazione • alla concentrazione totale del DNA • alla concentrazione dell’inserto e del vettore. Riguardo alla temperatura bisogna considerare che si contrappongono due aspetti opposti: 1. la stabilizzazione dell’appaiamento tra estremità coesive, ottimale a basse temperature, 2. l’attività enzimatica della ligasi, massima a 37°C. Come compromesso si utilizza spesso una temp. di 16°C per 12 ore. Per quanto riguarda la concentrazione è importante sia quella del DNA totale T, che quella dell’inserto I e del vettore V. In linea di massima, basse concentrazioni di DNA favoriscono le reazioni di primo ordine come la ricircolarizzazione del vettore, la cui velocità è linearmente proporzionale alla sua concentrazione. D’altra parte aumentare la concentrazione totale incrementando la concentrazione di vettore, peggiora la situazione, ma aumentare la concentrazione dell’inserto aumenta la probabilità di avere inserti circolarizzati o vettori con inserti multipli Fosfatasi alcalina In molti casi, pur ottimizzando la reazione di ligazione, non si riesce ad evitare una elevata frequenza di ricircolarizzazione del vettore, come, ad esempio, quando il vettore e l’inserto sono tagliati con lo stesso enzima di restrizione. P-5' AATTC HO-3' vettore inserto P-5' AATTC HO-3' 3'OH TTAAG -5'P vettore 3'OH TTAAG -5'P Una strategia per superare questo problema consiste nell’utilizzo di una fosfatasi, come ad esempio la fosfatasi alcalina (CIP), un enzima che rimuove il gruppo fosfato al 5‘. La defosforilazione del vettore con una fosfatasi impedisce la ricircolarizzazione del vettore, abbassando sensibilmente il background. P-5' AATTC HO-3' vettore fosfatasi 3'OH HO- AATTC HO-3' TTAAG -5'P vettore 3'OH TTAAG -OH Sebbene un vettore defosforilato non possa essere circolarizzato dalla ligasi, può essere ligato ad un inserto sfruttandone il suo fosfato al 5'. L’assenza di fosfati al 5' del vettore produrrà due nicks, uno per filamento. Queste interruzioni a singolo filamento, tuttavia non influenzeranno negativamente la stabilità del costrutto (vettore + inserto) e saranno riparate dai sistemi di riparo di E.coli subito dopo la trasformazione. P-5' AATTC HO-3' vettore HO- AATTC HO-3' 3'OH TTAAG -5'P inserto vettore 3'OH TTAAG -OH -OH -OH + ligasi vettore inserto vettore -OH -OH Trasformazione Un aspetto importante di tutte le tecniche di ingegneria genetica è rappresentato dalla introduzione del DNA ricombinante in una cellula ospite capace di replicarlo. La capacità di trasferire geni da un organismo ad un altro è alla base di tutte le tecniche di ingegneria genetica. L’efficienza di questo passaggio è cruciale per garantire il successo di qualunque clonaggio Recenti progressi nelle tecniche di trasferimento genico permettono oggi di trasferire ad alta efficenza, e in modo controllato materiale genico in altri organismi. L’introduzione di materiale genetico eterologo, cioè proveniente da un altro organismo, in una cellula viene generalmente definita trasformazione. Bisogna tener conto, tuttavia, che il termine “trasformazione” è piuttosto generico, indicando, per esempio anche la trasformazione di cellule normali in cellule tumorali. Trasformazione e trasfezione Generalmente per “trasformazione” s’intende il trasferimento di DNA in cellule batteriche, mentre per “trasfezione” il trasferimento genico mediato da batteriofagi o virus. I Batteriofagi I virus, più utilizzati come vettori, sono quelli batterici. Il Comitato Internazionale di tassonomia dei virus li ha classificati, in base alla loro morfologia, in 11 famiglie, andando da una morfologia estremamente semplice (Leviviridae) con capside icosaedrico con una sola proteina ed una RNA-polimerasi associata all’RNA; ad una molto complicata (Myoviridae) con capside icosaedrico legato, tramite un anello, ad una coda contrattile. I batteriofagi possono moltiplicarsi esclusivamente all’interno della cellula batterica ospite metabolicamente attiva e competente. Ospiti e vettori di clonaggio Virus Batteri (Batteriofagi) Colonie Placche di lisi I FAGI Il fago lambda () è il più conosciuto. I batteriofagi furono descritti per la prima volta intorno alla seconda decade del '900, come placche di lisi osservabili su popolazioni batteriche cresciute a confluenza su terreni solidi. A partire dalla scoperta iniziale sono stati isolati e caratterizzati numerosi batteriofagi, ciascuno con differenze genetiche e strutturali. Per esempio il fago l capace di integrarsi nel genoma batterico sfruttando delle integrasi virali, o il batteriofago µ, che si integra a caso nel cromosoma batterico sfruttando l'enzima transposasi. Il batteriofago , il fago di maggior interesse in Biologia molecolare, può utilizzare due stili di vita all'interno del batterio: il ciclo litico e il ciclo lisogeno Ciclo litico e lisogenico del fago Assemblaggio di un fago IMPACCHETTAMENTO del DNA VIRALE Estremità coesive Estremità coesive Sito cos All’interno della cellula, le estremità si appaiano originando una molecola di DNA circolare Il DNA virale a doppia elica entra nelle cellule batteriche durante l’infezione come molecola lineare Cicli ripetuti di replicazione con il meccanismo del cerchio rotante Concatameri di copie di DNA virale Il DNA viene inserito nelle teste del virus e tagliato a livello del sito cos • Il DNA codifica per le proteine della testa e della coda del virus Sono aggiunte le code Particella virale infettiva. I virus sono rilasciati per lisi delle cellule e possono infettare altre cellule batteriche. 5’ Lambda utilizzato come vettore di clonaggio per la ricombinazione in vitro. E` un vettore particolarmente utile poiché: 1. è ben conosciuto da un punto di vista molecolare, 2. può contenere quantità di DNA più elevate della maggior parte dei plasmidi, 3. il DNA può essere efficientemente impacchettato nelle particelle fagiche in vitro, 4. può essere utilizzato per infettare opportune cellule ospiti (trasfezione), processo molto più efficiente della trasformazione. Mappa genetica di Il fago lambda ha una mappa genetica complessa ed un elevato numero di geni. Tuttavia, la regione centrale del genoma di lambda, compresa tra i geni J ed N, non è essenziale e può essere sostituita con DNA esogeno. Mappa genetica del fago La mappa genetica del fago l comprende circa 40 geni che possono essere suddivisi in tre gruppi funzionali: 1. La parte sinistra, comprendente i geni da A a J, codifica per proteine strutturali della testa e della coda. 2. La parte centrale, contiene geni responsabili per la lisogenia, cioé il processo che porta all'integrazione del DNA virale ed altri processi ricombinativi. Gran parte di questa regione non é essenziale per la crescita litica e può essere eliminata per la costruzione di vettori. 3. La parte destra contiene geni coinvolti nella replicazione del DNA e nel ciclo litico. Struttura generale dei vettori La regione tra i geni J e N del genoma di l, come dicevamo, non è essenziale per la crescita litica. In linea di principio, un vettore privo di questa regione potrebbe contenere circa14500 bp di DNA estraneo, che ricostituirebbero la lunghezza originale del genoma di l. Sappiamo, però, che nella testa del fago può trovare posto fino al 105% della lunghezza del suo DNA (cioè 51 Kb) e, inoltre, esistono nei bracci di l altre regioni non essenziali che possono essere rimosse. Considerando tutto questo si ottiene un valore massimo di circa 22 Kb di DNA estraneo inseribile. Esiste anche un limite inferiore, pari al 75% del genoma di , pari a circa 37 Kb, al di sotto il DNA non viene impaccato e il non è vitale. Vettori derivati dal fago lambda Il fago lambda "wild-type" non è un vettore di clonaggio adeguato poiché possiede molti siti per enzimi di restrizione. Per superare questo inconveniente sono stati costruiti fagi lambda modificati utilizzabili per il clonaggio. In un gruppo di fagi lambda modificati, chiamati fagi "Charon' (Caronte), i siti di restrizione indesiderati sono stati rimossi attraverso mutazioni puntiformi, delezioni o sostituzioni. I vettori derivati da l inoltre sono stati ridotti in dimensione rispetto al wild type, eliminando la maggior parte delle sequenze non necessarie al ciclo litico. Vettori derivati dal fago lambda I più importanti vettori fagici sono quelli derivati dal fago l. Esistono due tipi di vettori derivati dal fago l * I vettori d'inserzione * I vettori di sostituzione • I vettori che contengono un sito di restrizione unico (x) per l'inserzione di DNA estraneo sono chiamati vettori d'inserzione. Questi vettori sono più facili da utilizzare e possono accettare inserti di dimensioni da 8 fino a 10-12 Kb. Sono generalmente utilizzati per costruire librerie di cDNA. • I vettori con due siti di taglio, in cui la parte centrale del DNA (frammento stuffer) può essere rimossa e sostituita con un frammento di DNA estraneo, sono chiamati vettori di sostituzione. Sono particolarmente utili quando deve essere clonato un frammento di DNA di grosse dimensioni. Possono accettare inserti da 10 a 22 Kb e sono in genere utilizzati per costruire librerie genomiche. Vettori derivati dal fago lambda Entrambi i vettori presentano mutazioni per sostituzione. Uno dei geni inseriti per sostituzione è quello della galattosidasi. Quando il vettore si replica in un ceppo di Escherichia coli incapace di utilizzare il lattosio (Lac-), la -galattosidasi viene sintetizzata dal gene portato dal fago e la presenza di placche Lac+ (lattosio positive) può essere evidenziata in piastra mediante l'impiego di un indicatore che cambia colore in funzione dell'espressione o meno della galattosidasi. Se un gene esogeno viene inserito nel gene per la galattosidasi, il carattere Lac+ viene perso. In queste condizioni le placche Lac- possono essere facilmente identificate come placche bianche in mezzo ad una miriade di placche colorate. l gt10 E’ un buon esempio di vettore d'inserzione. Il sito EcoRI è posizionato in mezzo al gene cI. Un inserzione al suo interno, dunque distruggerà l’integrità strutturale del repressore e il fago non sarà più in grado di entrare nel ciclo lisogeno. Quindi i fagi senza inserzioni daranno placche torbide ( miscela di fagi lisogeni e litici) mentre i fagi con l’inserzione daranno placche chiare (placche litiche). La distinzione può essere resa ancora più evidente usando E.coli recanti la mutazione hfl ( high frequency of lisogeny), in cui tutti fagi conteneti il solo vettore non produrranno affatto placche. 0 10 20 30 40 50 Kb cI gt10 braccio sinistro 32,7 Kb braccio destro 10,6 Kb EcoRI lacZ Charon16A braccio destro 21,9 Kb braccio sinistro 19.9 Kb EcoRI Stuffer EMBL4 braccio sinistro 19.9 Kb SalI, BamHI, EcoRI braccio destro 8,8 Kb SalI, BamHI, EcoRI SalI Stuffer Charon40 braccio destro 9,6Kb braccio sinistro 19.2Kb polilinker polilinker Clonaggio con lambda Il clonaggio con i vettori derivati da lambda prevede i seguenti passaggi: 1. Isolamento del vettore da particelle fagiche e sua digestione con l`enzima di restrizione appropriato. 2. Unione dei due frammenti di lambda con il frammento di DNA esogeno mediante DNA ligasi. Le condizioni scelte permettono la formazione di molecole di DNA di lunghezza tale da poter essere inserito nella particella fagica mediante impacchettamento. 3. Impacchettamento del DNA mediante aggiunta di estratti cellulari contenenti le proteine della testa e della coda che permettono la formazione di particelle fagiche vitali. 4. Infezione di E. coli e isolamento dei cloni fagici mediante replica delle placche in un ceppo ospite (recupero del DNA clonato dalle placche). 5. Controllo della presenza del frammento di DNA desiderato nei fagi ricombinanti, mediante tecniche di ibridazione o osservazione delle caratteristiche genetiche. DNA VIRALE come VETTORE DI CLONAGGIO Eliminazione del DNA non essenziale DNA virale Regione non essenziale (circa 20 Kb) DNA ricombinante DNA da clonare Assemblaggio in vitro delle particelle virali Teste e code del virus Il DNA virale entra nelle cellule, viene replicato e dirige la sintesi delle proteine virali. La lisi delle cellule rilascia le nuove particelle virali assemblate Infezione dei batteri Recupero delle particelle virali e isolamento del DNA clonato Infezione dei batteri La replicazione e la crescita del fago l avviene su capsule di Petri. Il fago viene mescolato con cellule di E.coli in una soluzione di top agar e la soluzione viene versata sulla superficie di una piastra di coltura ed incubata a 37°C. La crescita di l produce la lisi delle cellule batteriche e viene visualizzata come placche di lisi. La selezione dei ricombinanti La selezione dei ricombinanti è più semplice con i vettori derivati da lambda (es. "Charon" 4A) rispetto ai plasmidi, poiché: (1) L'efficienza di trasferimento nella cellula del DNA ricombinante mediata da lambda è molto alta (2) I frammenti di lambda che non hanno ricevuto DNA esogeno sono troppo piccoli per essere incorporati nelle particelle fagiche L’infezione dei batteri con il fago è circa 103 volte più efficiente della trasformazione con un plasmide Limiti di Sebbene lambda sia un utile vettore di clonaggio ci sono dei limiti nella quantità di DNA che può essere inserita. La vitalità delle particelle fagiche è bassa se il DNA è più lungo del 105 percento del genoma normale di lambda ed inoltre alcuni geni non possono essere eliminati senza che il vettore perda la sua capacità di replicarsi. Quindi frammenti di DNA di grosse dimensioni (più di 20 chilobasi) non possono essere efficientemente clonati. Vettori per il sequenziamento del DNA: i fagi M13 M13 è un batteriofago filamentoso con un genoma di DNA circolare a singolo filamento. Si replica senza uccidere il suo ospite. Le particelle mature di M13 vengono rilasciate dalla cellula ospite attraverso un processo di gemmazione, ed è possibile ottenere colture cronicamente infettate che possono fornire DNA fagico. Un`importante caratteristica del fago M13 è quella di contenere DNA a singolo filamento. Per sequenziare il DNA utilizzando la metodica di Sanger, è necessario disporre di DNA a singolo filamento e il DNA clonato nel fago M13 fornisce una fonte di DNA di questo tipo. Inoltre, il DNA a singolo filamento è molto utile come sonda per individuare altre sequenze di DNA, come in esperimenti di ibridazione dopo trasferimento tipo Southern, ed M13 permette di produrre facilmente sonde a singolo filamento. La maggior parte del genoma del fago M13 "wíldtype" contiene l'informazione genetica essenziale per la replicazione virale. Esiste tuttavia una piccola regione, denominata sequenza intergenica, che può essere utilizzata come sito di clonaggio. Il fago M13 Nel corso dell’ infezione fagica, che non porta a morte gli ospiti batterici, passa attraverso un intermedio a doppio filamento (RF): la forma replicativa presente nelle cellule ospiti. La capacità di questo fago di non causare la morte del batterio ma specialmente la capacità di passare da una forma a doppio filamento (RF) ad una a singolo filamento (+) ha sviluppato forte interesse per questo batteriofago che ha portato allo sviluppo di una famiglia di vettori derivati da M13 e caratterizzati dalla proprietà di poter accumulare grandi quantità di DNA a singolo filamento. Vettori M13 Il fago M13mp18 è un derivato di M13 nel quale la regione intergenica è stata modificata per facilitare il clonaggio. Il vettore M13mp18 Una modificazione consiste nell'introduzione del gene lacZ, che in E. coli codifica l'enzima -galattosidasi. Quindi, le cellule infettate con M13mp18 possono essere facilmente identificate grazie al colore che assumono in piastre con un indicatore. Nel gene lacZ è stato inserito un polylinker di 54 paia di basi. Questo frammento contiene diversi siti di restrizione unici nel fago M13 e può quindi essere utilizzato per il clonaggio. Il polylinker è inserito all'inizio della regione codificante il gene lacZ. Questa piccola regione è in fase e i 18 aminoacidi aggiunti non alterano l'attività dell'enzima codificato dal gene. Tuttavia, l'inserimento di DNA nel polylinker durante il clonaggio inattiva il gene. I fagi che contengono DNA esogeno formano placche non colorate e quindi risulta molto semplice identificare i cloni. Viene utilizzata una strategia simile anche nei vettori di clonaggio di lambda per permettere l'identificazione di cellule contenenti il DNA clonato. Selezione dei ricombinanti M13mp18 su (terreno con Xgal + IPTG) Placche blu (LacZ+) M13 ricombinanti PLACCHE BIANCHE M13 non ricombinanti PLACCHE BLU Il DNA viene isolato dalle placche chiare. Le placche blu NON contengono l’inserto. Placche bianche (LacZ-) Come sono utilizzati i vettori M13 per il clonaggio? La forma replicativa a doppia elica di DNA (RF) viene isolata dalla cellula infettata e trattata con un enzima di restrizione. Il DNA da clonare, a doppia elica, viene trattato con lo stesso enzima di restrizione. Dopo la ligazione si ottengono molecole di M13 a doppia elica contenenti il DNA esogeno. Quando, mediante trasformazione, queste molecole vengono introdotte nella cellula, si replicano e danno origine a particelle fagiche mature contenenti molecole di DNA a singolo filamento. Solo un filamento di DNA viene impacchettato nel fago maturo. Quale delle due eliche di DNA esogeno è contenuta nel fago maturo, dipende dall'orientamento con il quale è avvenuto l'inserimento del filamento. E’ possibile il clonaggio di entrambi i filamenti di DNA poiché le molecole di DNA esogeno possono inserirsi (in fagi diversi) in entrambi gli orientamenti. Utilizzo dei vettori M13 Si usa M13 come vettore quando si vuole ottenere il DNA di interesse sotto forma di singolo filamento: - DNA per il sequenziamento del DNA di interesse - DNA per mutagenesi sito-specifica - DNA per la preparazione di sonde radioattive a singolo filamento N.B. I fagi derivati da M13 si rivelano estremamente utili per il sequenziamento di molecole, anche piuttosto lunghe, di DNA esogeno. (In questo modo è stata determinata la sequenza del DNA del batteriofago lambda di 48.514 basi). Subclonaggio nella RF di M13 1) A differenza di , non esiste limitazione alla dimensione del DNA esogeno clonabile in M13. Siccome non ha vincoli di impaccamanto riguardo le dimensioni, permette il clonaggio di frammenti più grandi. 2) Il DNA esogeno clonato è instabile. M13 non viene utilizzato per il clonaggio iniziale di un gene. Fagemidi I fagemidi, noti anche come fasmidi, sono dei vettori fagici che contengono oltre ai normali siti cos, sequenze in cis riconosciute dall’apparato di replicazione del fago f1, grazie alle quali, in presenza di un fago helper e di un estratto di packaging, è possibile excidere facilmente l'inserto clonato e subclonarlo in un vettore plasmidico, più maneggevole. Per esempio per sequenziarlo (per assicurarci di aver clonato un gene per intero) e manipolarlo opportunamente. Zap II Un esempio di fagemide è rappresentato da Zap II. Il vettore lambda ZAP II ricombinante può essere utilizzato per infettare i batteri in presenza di un fago helper filamentoso. Lamba ZAP II, infatti, è un vettore d'inserzione contenente due sequenze cis necessarie e sufficienti per essere replicate dalle proteine di replicazione, trans-agenti, del fago filamentoso f1. In presenza di un fago helper difettivo (incapace di replicare il proprio DNA ma in grado di replicare efficientemente il DNA di lambda ZAP II incluso tra l'iniziatore ("I") ed il terminatore ("T"). Il trascritto corrispondente contiene un origine di replicazione per f1, un marcatore selezionabile , eventualmente, l'inserto clonato. In presenza del fago helper questo filamento a singola elica, circolarizza, si trasforma in doppia elica e penetra nelle cellule batteriche ( utilizzando l'apparato del"pilus"). I batteri che contengono questo "phagemid" possono essere selezionati per la loro resistenza all'ampicillina. Vettori Fagmidici Cosmidi Un cosmide è un vettore che utilizza specifici geni di lambda. I cosmidi sono vettori plasmidici in cui sono stati inseriti i siti cos (estremità coesive) del genoma di lambda. Questi siti sono richiesti per impacchettare il DNA nel virione di lambda. I plasmidi modificati possono essere impacchettati in vitro nel virione lambda, e le particelle fagiche utilizzate per infettare Escherichia coli. Quindi, utilizzando i cosmidi, non è richiesta la trasformazione di E. coli, processo poco efficiente. Cosmidi Uno dei maggiori vantaggi forniti dai cosmidi è dato dalla possibilità di clonare grossi frammenti di DNA. In queste condizioni sono sufficienti pochi cloni perché l'intero elemento genetico possa essere rappresentato. Questo è utile soprattutto per il clonaggio di geni cromosomali di eucarioti dove sono presenti grandi quantità di DNA. Un altro vantaggio dei cosmidi è dato dal fatto che il DNA può essere immagazzinato in una particella fagica invece che in un plasmide. Le particelle fagiche sono molto più stabili di un plasmide e il DNA ricombinante può essere mantenuto per lunghi periodi di tempo (genoteca). VETTORI COSMIDICI Sito cos Gene per la resistenza all’antibiotico ori DNA da clonare Sito di restrizione Taglio del plasmide e del DNA da clonare con lo stesso enzima di restrizione Ligasi (i frammenti sono inseriti a caso fra due cosmidi) Impacchettamento in vitro solo se la distanza fra i due siti cos è compresa fra 37 e 52 Kb Infezione di E. coli con i fagi e selezione delle colonie resistenti all’antibiotico Batterio Il DNA ricircolarizza attraverso i siti cos e viene replicato all’interno del batterio come un plasmide Libreria genomica Collezione di cloni che include tutto il DNA genomico di una certa specie (es. il genoma umano aploide contiene circa 3x109 coppie di basi, che possono essere contenute in circa 1.5x105 (150,000) cloni di 20 kb ciascuno) Costruzione di una libreria genomica o genoteca: Porzione di DNA genomico Digerire con enzima di restrizione Inserire nel vettore Molecole di DNA ricombinante risultanti Frammenti di DNA di dimensioni adatte per la costruzione di una banca genomica Il DNA genomico di un gene contiene gli introni Per clonare solo la regione codificante devo partire dall’mRNA COSTRUZIONE BIBLIOTECHE di cDNA PROCEDURA: AAA AAAA Isolamento RNA messaggero Sintesi DNA complementare AAA AAAA AAA AAAA AAA AAA Trascrittasi inversa Clonaggio in un vettore Questo tipo di biblioteche sono particolarmente utili per l’espressione dei geni tessuto-specifici. Costruzione di una libreria di cDNA Cellule derivate da uno specifico tessuto o stadio dello sviluppo 1) Lisi delle cell. 2) Estrazione RNA 3) Purificaz mRNA mRNA Trascrittasi inversa Eteroduplex RNA/DNA cDNA singolo filamento cDNA doppio filamento Aggiunta di linkers con il sito di EcoRI Digestione con EcoRI Ligasi nel vettore e piastratura singoli cloni Costruzione di librerie genomiche utilizzando il fago l come vettore Costruzione librerie con vettori fagici Identificazione del clone corretto Un punto cruciale nella tecnologia del DNA ricombinante, è l'identificazione del clone corretto nella miscela di cloni che si è formata. Il DNA utilizzato per il clonaggio contiene in genere molti geni, dei quali solo uno o pochi possono essere i geni di interesse. Abbiamo visto come sia possibile selezionare l'ospite contenente il vettore basandoci sulla presenza di un marcatore, come la resistenza ad un antibiotico, portato dal plasmide, in modo che solo queste cellule formeranno colonie. Nel caso di cellule contenenti un vettore virale è possibile osservare semplicemente la formazione di placche. Abbiamo anche visto come le colonie o le placche possano essere analizzate per isolare quelle che presentano all'interno del plasmide un inserto di DNA esogeno, osservando l'inattivazione di un gene del vettore, quale la resistenza ad un antibiotico, nel caso di un plasmide o della -galattosidasi, nel caso di un virus. Tuttavia, diventa poi necessario selezionare il clone che contiene il gene di interesse. Colony PCR 2.Si avvia una reazione di PCR per ogni clone che si vuole analizzare, risospendendo nella mix di PCR una parte della colonia. Si utilizza una coppia di primers specifica per l’inserto clonato 1.I cloni trasformanti possono contenere il solo vettore o il vettore più l’inserto M 1 2 3 4 5 - + I cloni 1, 2, 3 e 4 contengono l’inserto. Il clone 5 contiene solo il vettore. “-” e “+” sono controlli negativo e positivo Ibridazione con sonde di DNA Nel caso più semplice, è a nostra conoscenza la sequenza del gene. Dopo aver piastrato la library ad alta densità su ogni piastra si applica un filtro di nitrocellulosa. Dopo aver fatto adsorbire i fagi al filtro, questo viene rimosso e trattato in modo simile a quanto descritto per l’ibridazione su colonia, in modo da fissare sul filtro il DNA fagico in forma denaturata. Dopo aver saturato la membrana, questa viene fatta ibridare con una sonda, complementare al gene in analisi, che è stata preventivamente marcato con 32P . Dopo un incubazione, opportunamente lunga, il filtro viene lavato con soluzioni a più alta stringenza ed esposto ad autoradiografia. Dopo aver, infine, identificato il/i cloni positivi, si procede ad uno screening secondario. E’ anche possibile utilizzare come sonda un oligo opportunamente sintetizzato. Se non conosciamo la sequenza del gene, ma è nota quella di un gene omologo, è possibile fare una sonda eterologa, sia come DNA che come oligo, e effettuare ibridazioni a bassa stringenza. Screening di una genoteca, ossia come trovare un ago in un pagliaio Screening di una genoteca, ossia come trovare un ago in un pagliaio Screening di una genoteca, ossia come trovare un ago in un pagliaio Tecniche immunologiche E` possibile utilizzare un anticorpo come reagente specifico nei confronti della proteina di interesse. La proteina di interesse è l'antigene e viene utilizzata per produrre un anticorpo in un animale da laboratorio. Poiché l'anticorpo si combina specificamente con l'antigene, se l'antigene è presente in una o più colonie della piastra può essere localizzato osservando il legame all'anticorpo. Poiché nelle colonie è presente solo una piccola quantità di proteina (antigene) che lega solo una piccola quantità di anticorpo, è necessario disporre di un metodo di identificazione dell'anticorpo legato estremamente sensibile. In pratica viene utilizzato un sistema radioattivo che permette di evidenziare l'anticorpo legato tramite autoradiografia, usando lastre per raggi X. Tecniche immunologiche La procedura di "replica plating" viene utilizzata per riprodurre su un filtro, sul quale verranno effettuate poi tutte le manipolazioni, una copia della piastra madre. Le colonie duplicate vengono parzialmente lisate per permettere il rilascio della proteina (antigene) di interesse. Si procede poi all'aggiunta dell'anticorpo e si lascia avvenire la reazione antigene-anticorpo. Dopo il lavaggio dell'anticorpo non legato, si procede all'aggiunta dell'agente radioattivo che è specifico per l'anticorpo. Infine si pone sopra il filtro una lastra autoradiografica e si espone. Se è presente una colonia radioattiva si osserverà sulla lastra, dopo il suo sviluppo, una piccola macchia. La localizzazione sulla lastra di questo segnale corrisponde sulla piastra madre alla colonia che produce la proteina. Questa colonia può quindi essere prelevata dalla piastra madre e messa in coltura. Analisi dei cloni ottenuti 1. Una volta che le colonie o placche siano state identificate, possono venire inoculate in terreno nutritivo liquido per aumentare il numero dei plasmidi o fagi contenenti il vettore e quindi la quantita’ di DNA ricombinante 2. Successivamente si estrae il DNA del vettore, che contiene il nostro DNA ricombinante di interesse 3. Analisi con enzimi di restrizione 4. Sequenziamento 5. Sottoclonaggio Altri agenti infettivi studiati dai virologi Viroidi: piccoli RNA circolari (200-400 nt), sprovvisti di capside ed envelope. Sono associati ad alcune malattie delle piante. Sono infettivi e parassiti intracellulari obbligati Virusoidi: virus satelliti, RNA simile ai viroidi, ma più grande (circa 1000 nt). Dipendono dalla presenza di altri virus per la moltiplicazione (da qui satelliti). Presenti negli animali e nelle piante, Associati a malattie (virus dell’epatite delta) Prioni: consistono di un singolo tipo di proteina, privi di acido nucleico. Il prione e il gene che lo codifica anche nelle cellule normali non infettate. Sono associati a malattie infettive (particolari encefalopatie) ENZIMOLOGIA DEL DNA RICOMBINANTE FOSFATASI ALCALINA È una fosfomonoesterasi, in grado di togliere il fosfato da un nick in condizioni di leggera denaturazione. Togliendo il P, lascia un OH. Si tratta di una reazione rapida che avviene a temperatura ambiente. Uso: Per rimuovere il P dopo il taglio con endonucleasi, così poi uso una chinasi con P* per fare sonde. Per impedire la self ligation del plasmide (la sua chiusura). CHINASI La più usata è quella di T4. Attacca un P in 5'-OH di RNA o DNA sia ss che ds, con specificità diverse! Richiede ATP e MG++ e può dare due reazioni. •Forward reaction: è una normale fosforilazione al 5'-OH. Usando 32P-γ-ATP* ottengo un polinucleotide marcato al 5'. •Exchange reaction: in eccesso di ADP trasferisce dapprima il fosfato in 5' sull'ADP, e poi fosforila usando ATP il 5'-OH. In genere il 5' protruding è più facilmente attaccato del 3'. Uso: . sequenziamento chimico del DNA . marcatura del DNA • • • • LIGASI Riforma il legame fosfodiesterico di un filamento nickato o di estremità compatibili (3' o 5' protruding, blunt). Ci sono diverse ligasi. Quella di E.coli (cofattore NAD) non si usa anche perché non agisce sulle blunt ends. Viene usata la ligasi del fago T4 che richiede ATP e Mg++. La richiesta di uno ione bivalente mi permette di fermare la reazione ligasica aggiungendo alla miscela di ligazione un chelante (EDTA). Lavora sia su blunt che su protruding, ma con efficienza diversa: Km protruding = 0.6 uM Km blunt = 50.0 uM Per aumentare l'efficienza di ligazione (soprattutto blunt ends) posso – – – • • • • aggiungere PEG che sottraendo molecole di H2O favorisce legami inter-intra molecolari. aggiungere Co++. si lavora a temp. più basse dell'optimum (25-37 °C) per minimizzare i moti convettivi e rendere più efficaci gli urti intermolecolari. Meccanismo d'azione della ligasi. L'enzima attivato lega sull'NH2 del estremità amminoterminale un AMP che viene trasferito al gruppo fosfato in 5' attivandolo e rendendolo suscettibile di attacco nucleofilo da parte del 3'-OH. Attacco che avviene con liberazione di AMP e formazione del legame transestere. Un plasmide aperto con estremità compatibili (un taglio in un sito di restrizione unico per esempio) e suscettibile di self ligation che abbassa la percentuale di plasmidi ricombinanti utili ai fini del clonaggio. Per prevenire il problema si usa la fosfatasi alcalina che defosforila... come sappiam già. La ligasi è utilizzata anche per attaccare linker portanti siti di restrizione utili al clonaggio a inserti di DNA con blunt ends.