Cap.6 (6a)

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Capitolo 6
L'emissione X degli ammassi di
galassie
6.1 Sommario del capitolo.
In questo capitolo l'emissione X proveniente dagli ammassi di galassie
viene trattata diffusamente. Alla descrizione fenomenologica segue lo
studio delle proprietà dell'emissione X del plasma interammasso da un
punto di vista sia teorico che osservativo.
6.2 Vengono presentati gli ammassi di galassie come sorgenti nei raggi
X: dimensioni, luminosità, tipo di spettro energetico, temperature e
composizione chimica del plasma interammasso e valori tipici della sua
massa totale. Il contributo dell'emissione X degli ammassi di galassie al
fondo cielo a raggi X viene stimato dalla funzione di luminosità X degli
ammassi di galassie.
6.3 Si descrive la distribuzione spaziale dell'emissione X: sono
presentati i sistemi di classificazione degli ammassi di galassie nei raggi
X.
6.4 I varii tipi di ammassi di galassie che emettono nei raggi X sono
messi in relazione con le corrispondenti classificazioni nello spettro
visibile. Si presentano anche le correlazioni tra le proprietà ottiche e
quelle X degli ammassi di galassie.
6.5 Le condizioni di equilibrio coronale del gas interammasso vengono
spiegate in dettaglio: il fatto che il plasma può essere considerato
140
localmente composto da ioni ed elettroni all'equilibrio termodinamico
viene dimostrato calcolando i tempi di equipartizione tra protoni ed
elettroni e mostrando che essi sono molto più piccoli dell'intera vita
dell'ammasso di galassie.
6.6 Si descrive in dettaglio l'aspetto degli spettri energetici X da
ammassi di galassie. E' presentata la fisica dell'emissione X: la
Bremsstrahlung termica e l'emissione "libero - legato" per lo spettro
continuo, e le righe di di eccitazione termica al variare della temperatura.
Si studia come si ricava l'abbondanza del ferro.
6.7 I modelli idrostatici di distribuzione del gas interammasso sono
qui presentati. Assieme al modello di gas isotermo si discute il classico
"problema del Beta". Infine si presenta anche il modello di gas
politropico
in
equilibrio
idrostatico
nel
potenziale
gravitazionale
dell'ammasso.
6.8 In questo paragrafo sono trattati i "Cooling flows", flussi di gas in
raffreddamento verso il centro dell'ammasso.
6.9 La determinazione della misura della massa del gas e dell'intero
ammasso, materia oscura inclusa, a partire da misure spazialmente
risolte di temperatura e densità del gas si basa sui precedenti modelli, e
recentemente ha permesso di migliorare la conoscenza anche sulla
distribuzione della materia oscura dentro l'ammasso di galassie. In
questo paragrafo sono presentati alcuni risultati basati sulle missioni
spaziali Einstein, EXOSAT, ROSAT, BBXRT e Ginga.
141
X:
6.2 Introduzione sugli ammassi di galassie nei raggi
Nel 1966 fu rivelata emissione di raggi X da M87, la galassia ellittica
gigante che si trova al centro dell'ammasso della Vergine, il più vicino
alla Via Lattea.
In seguito, col satellite Uhuru (1970 - 1973), si è scoperto che a molti
ammassi di galassie, e non solo a singole galassie, sono associate
LX ≈ 10 43÷ 45 erg/s. La loro estensione
emissioni X diffuse dalle luminosità
varia tra 200 e 3000 Kpc. L'emissione X degli ammassi di galassie non è
variabile nel tempo.
Responsabile dell'emissione X degli ammassi di galassie è un plasma
caldissimo a
T ≈ 10 8 K , in esso sono presenti elementi pesanti in
abbondanza circa 1/3 di quella solare.
I contatori proporzionali a larga area di raccolta a bordo dei satelliti
Uhuru, HEAO 1, Ginga, l'ottica focalizzatrice dell'osservatorio Einstein, e
ultimamente di EXOSAT, ROSAT, BBXRT Asca e Beppo-SAX hanno
permesso di raccogliere fino ad oggi le informazioni sugli ammassi di
galassie negli X; nella tabella 6.1 sono mostrate tutte le missioni spaziali
per astronomia X (Bradt et al., 1992).
Misurando l'emissione X di un campione statisticamente completo
(nell'ottico) oppure, alternativamente, selezionando tra le controparti
ottiche di un campione di sorgenti X statisticamente completo solo gli
ammassi di galassie, è stata ottenuta la funzione di luminosità N(>Lx)
degli ammassi di galassie, ovvero il numero di ammassi di galassie per
unità di volume con luminosità X maggiore di Lx. La funzione di
luminosità X è stata ben determinata, mentre la sua evoluzione con il
142
redshift è nota con molta incertezza (Colafrancesco et al., 1997).
L'evoluzione della luminosità X degli ammassi di galassie è negativa nel
senso che gli ammassi X più luminosi sono più numerosi all'epoca attuale
rispetto al passato (Fabian e Barcons, 1992). Un'integrazione del
contributo al fondo cosmico a raggi X da parte degli ammassi di galassie
nella banda energetica 4 - 12 KeV dà un risultato del 3%, che diventa del
10 - 12 % nella banda dei raggi X soffici; quest'ultimo valore può essere
maggiore se nel passato gli ammassi avevano "cooling flows" (§ 6.8) più
intensi (Fabian e Barcons, 1992).
6.3 Classificazioni degli ammassi di galassie in base
alle loro immagini nei raggi X.
A partire dalle prime immagini degli ammassi di galassie nei raggi X
fornite dal satellite Einstein Forman e Jones nel 1982 avevano proposto di
suddividere gli ammassi X in due classi: quelle degli ammassi X con
piccoli raggi del nocciolo e una galassia brillante in posizione centrale e
dominante (XD) e quelle con grandi raggi del nocciolo (dove la brillanza
superficiale X vale la metà del valore centrale) senza galassia brillante al
centro (nXD).
143
Nella tabella seguente sono riassunte le proprietà di queste due classi
(Sarazin,1988)
Irregolari
nXD
XD
L X ≤ 10 44 erg ⋅ s −1
L X ≤ 10 44 erg ⋅ s −1
T=1-4 KeV
T=1-4 KeV
>40% di Spirali.
Galassia centrale
Bassa densità
con alone X.
centrale di galassie.
>40 % di Spirali.
es. A1367
Bassa densità
centrale di galassie.
es. Virgo/M87
Regolari
L X ≥ 10 44 erg ⋅ s −1
L X ≥ 3 ⋅ 10 44 erg ⋅ s− 1
T > 6 KeV
T > 6 KeV
Senza cooling flow.
Con cooling flow
<20 % di Spirali.
verso la galassia
Alta densità
centrale.
centrale di galassie.
<20 % di Spirali.
es. Coma (A1656)
Bassa densità
centrale di galassie.
es. Perseus (A426)
Analisi successive più dettagliate hanno messo in luce il fatto che
molti casi in cui si riteneva che l'ammasso di galassie X avesse un raggio
del nocciolo grande corrispondevano a sistemi multipli in via di
mescolamento: la sovrapposizione delle brillanze superficiali negli X di
144
queste sottostrutture non poteva essere ben distinta con le immagini di
Einstein. I casi di Coma o di A2256 sono emblematici: ritenuti prototipi
degli ammassi nXD con grandi raggi del nocciolo, si sono rivelati sistemi
multipli in via di fusione.
L'emissione X dagli ammassi di galassie si presenta molto spesso
distribuita in sottostrutture.
E' stato verificato che la percentuale degli ammassi che presentano
sottostrutture è pressoché invariata se si considerano diversi intervalli di
luminosità X: questo permette di escludere la possibilità che gli ammassi
evolvendo verso una maggiore luminosità X cambino la loro percentuale
di
sottostrutture.
Questa
verifica
doveva
essere
fatta
poiché
le
sottostrutture sono più facili da osservare quando le sorgenti X sono più
luminose
(Jones
e
Forman,
1992).
Lo studio delle sottostrutture di un campione di 400 ammassi X con
redshift < 0.2, indici dello stato dinamico degli ammassi, ha suggerito a
Jones e Forman (1992) di cambiare il loro sistema di classificazione degli
ammassi X e di basarlo su queste caratteristiche.
145
La seguente tabella (Jones e Forman, 1992) mostra questo sistema di
classificazione:
Classe Morfologica X
.
Esempio
Numero
%
L X media
(1043 erg ⋅ s 1 )
−
di casi
S: emissione
simmetrica
attorno ad un singolo
A401
120
56
29.3
"offset")
A2319
10
5
44.5
E: emissione di forma
A2256
31
14
30.8
A514
27
13
9.6
A98
13
6
22.1
picco
O: emissione a
simmetria
centrale con un picco
fuori centro (in
ellittica
C: emissione con
strutture multiple
("complesso")
D: emissione con due
picchi di uguale
intensità
146
P: emissione con un
picco
primario e un
secondario
meno intenso
A85
7
3
19.9
A2666
7
3
0.4
G: emissione da una
galassia
Si guardi anche la figura 6.1 in cui sono mostrati alcuni casi
particolari.
6.4 Principali correlazioni tra le proprietà X e le
proprietà nell'ottico degli ammassi di galassie.
Tutte le correlazioni tra proprietà ottiche e proprietà X confermano
che sia le galassie che il gas sono sottoposti allo stesso potenziale (Edge e
Stewart, 1991b).
La dispersione delle velocità delle galassie di un ammasso di galassie è
correlata con la luminosità bolometrica dalla seguente relazione, ottenuta
da Edge e Stewart (1991b) con un campione di 23 ammassi di galassie:
2.90 ± 0.19
LBol . = 10 36.60± 0.55 ⋅ σ vel
.
(r = 0.594) .
La dispersione di velocità è misurata in Km/s, la luminosità bolometrica
in erg/s.
Anche
la
temperatura
del
gas
dispersione delle velocità:
147
interammasso
è
correlata
alla
1.35 ± 0.27
T = 10 −3.22± 0.77 ⋅ σ vel
.
(r = 0.807 ) .
La temperatura qui è misurata in KeV.
La correlazione più forte trovata da Edge e Stewart (1991b) tra
proprietà ottiche e proprietà X è quella tra la frazione di galassie a
spirale e la luminosità bolometrica dell'ammasso.
0.35 ± 0.12
f spirali = 1015.06±0.50 ⋅ L−Bol
.
(r = -0.960) .
Questa correlazione, scoperta già da Bahcall nel 1977, indica una forte
connessione tra gas interammasso e tipo di galassie che si muovono al
suo interno. Edge e Stewart (1991b) ritengono che le spirali si
trasformino in S0 in seguito all'ablazione del loro gas durante il
passaggio nel nocciolo dell'ammasso. Infatti la pressione del gas
interammasso entro 1 Mpc dal centro è superiore anche di un ordine di
grandezza a quella del mezzo interstellare della Via Lattea che vale
10 4 cm − 3 K . Questa ipotesi resta comunque dibattuta (si confronti il
paragrafo 5.3.1).
Nella figura 6.2 si vede il grafico che mostra questa correlazione, mentre
nella 6.3 si vede questo stesso grafico sovrapposto all'andamento della
percentuale di Ellittiche E ed S0: la correlazione per questi due tipi di
galassie con la luminosità X è più blanda a causa della possibile
confusione tra le S0 e le E quando le prime sono viste di piatto (Van den
Bergh, 1990).
La luminosità nell'ottico della galassia più brillante dell'ammasso è
correlata con la temperatura del gas:
LGalassia più brillante = 1010.62± 0.29 ⋅ T 0.80±0.45 L
(r = 0.876) .
Di questa correlazione occorre tener conto per usare le galassie più
luminose di un ammasso come candele campione per misurare la
distanza dell'ammasso. Gli ammassi con due galassie brillanti non
148
seguono questa legge, come nel caso di A2142 e dell'ammasso di Coma,
per i quali si ritiene che le due galassie ellittiche giganti non si fondano
insieme o lo facciano lentamente (figura 6.4a).
La tabella 6.2 mostra la correlazione tra proprietà X e classificazione
morfologica nell'ottico di Bautz - Morgan (BM) e Rood - Sastry (RS):
benché il campione utilizzato sia relativamente piccolo (45 ammassi) c'è
una chiara tendenza degli ammassi BM tipo I ed RS tipo cD ad avere
grandi "cooling flows", mentre gli ammassi BM tipo III ed Rs tipi
Irregular e Flat sono più freddi e meno luminosi (Edge e Stewart, 1991b).
Nella figura 6.4b (da Tucker, 1998) è mostrata la correlazione tra
luminosità bolometrica e temperatura del gas.
6.5 La fisica del gas interammasso.
In questo paragrafo ci si occupa della densità della temperatura del
gas interammasso e della sua approssimazione a gas perfetto ( 6.5 ). Si
mostra come la temperatura elettronica e quella degli ioni (i protoni) sia
la stessa per cui il gas è in equilibrio termodinamico locale ( 6.5.1 ). Questa
condizione di equilibrio termodinamico locale è una delle condizioni che
il gas deve soddisfare nel limite coronale ( 6.5.2 ). Si tratta l'equilibrio di
ionizzazione
( 6.5.3 ),
conseguenza
del
verificarsi
delle
precedenti
condizioni.
Per i valori tipici delle densità e temperature del gas interammasso
l'equazione di stato dei gas perfetti descrive bene il comportamento del
gas. Infatti l'equazione caratteristica di un gas ideale rappresenta bene il
comportamento per alte temperature e basse pressioni (Fermi, 1936) e
queste ipotesi sono ben verificate se si considera che la densità numerica
di atomi per unità di volume è
n ≈ 10 −3 atomi ⋅ cm -3 e la temperatura,
149
uguale per ioni ed elettroni è T ≈ 10 8 K . Per le abbondanze di elementi
pesanti nel gas interammasso, a quelle temperature gli ioni sono per la
maggior parte costituiti da protoni.
Con questi valori di temperatura e densità il cammino libero medio
tra una collisione coulombiana ed un'altra, che è lo stesso per gli ioni (i
protoni) e per gli elettroni poiché la loro temperatura è uguale, è dato da
λe = λi ≈ 23 Kpc ⋅ (Tg 10 8 K ) ⋅ (n e 10 −3 cm −3 )
−1
2
(6.1)
(Spitzer, 1978): questo cammino libero medio è più breve delle
dimensioni tipiche di un ammasso di galassie (1 Mpc) perciò il gas
interammasso può essere trattato come un fluido collisionale che
soddisfa le equazioni dell'idrodinamica. Nel paragrafo 6.7 si mostra come
il
gas
interammasso
può
essere
descritto
dalle
sole
equazioni
dell'idrostatica, mentre qui di seguito si tratta in dettaglio l'argomento
dell'uguaglianza della temperatura cinetica degli elettroni e degli ioni.
6.5.1 Il gas in equilibrio termodinamico locale: i
tempi di equipartizione elettroni-elettroni, protoniprotoni, elettroni-protoni.
In prima approssimazione il tempo di equipartizione, ovvero del
raggiungimento della distribuzione maxwelliana delle velocità, di
particelle di ugual massa è proporzionale al rapporto tra cammino libero
medio delle particelle (dipendente dalla densità delle stesse) e velocità
media
delle
stesse
(che
si
può
approssimare
con
la
velocità
corrispondente a quella che sarà la temperatura di equilibrio).
Questa approssimazione (Sarazin, 1988) suppone che l'equilibrio
termodinamico venga raggiunto in un tempo tale per cui tutte le
particelle hanno avuto almeno un urto (gravitazionale o coulombiano, a
150
seconda della forza prevalente tra le due, che nel gas interammasso è
quella di Coulomb, dato che le masse in gioco sono piccolissime).
Esprimendo la velocità media in funzione della temperatura si ottiene
1
3
mv 2 = kT ,
(6.2)
2
2
3kT
da cui
v rms =
.
(6.3)
m
Il cammino libero medio è
λ=
1
nσ Coulomb
,
(6.4)
t equipartizione ∝ m .
per cui
Nel caso degli elettroni, utilizzando la formula (6.1), si ha che
t equipartizione elettroni
T
≈ 3.3 ⋅ 10 anni ⋅ elettroni
108 K
5
3
2
nelettroni
⋅
10 −3 cm −3
−1
,
(6.5)
mentre per i protoni
t equipartizione protoni = t equipartizione elettroni ⋅
mp
me
,
(6.6)
cioè un tempo 43 volte superiore.
Il tempo di equipartizione tra protoni ed elettroni lo si ricava
seguendo un metodo diverso (Spitzer, 1968). Si suppone di avere delle
particelle di campo la cui funzione di distribuzione di velocità sia una
maxwelliana, cioè il risultato di un rilassamento collisionale completo:
sia u il modulo della velocità delle particelle di campo
m
l3
f (u )du = 3 2 exp − l 2 u 2 du x du y du z , con l 2 = c ;
2kT
π
(
)
(6.7)
la massa delle particelle di campo è indicata con il pedice "c" e la
temperatura è quella di equilibrio termodinamico tra le particelle di
campo; in questo campo di particelle, che possono essere gli elettroni nel
caso del plasma interammasso a causa del loro tempo di equipartizione
151
più rapido di quello dei protoni, sono inviate delle particelle "test" (i
protoni) di massa differente.
In ogni incontro con una particella di campo la particella test subisce
uno scambio di momento: il momento disponibile per collisione,
calcolato nel sistema del centro di massa delle due particelle collidenti è
mc mtest
r
r r
r
m r u , dove u = w test − w campo , ed mr =
(6.8)
mc + mtest
è la massa ridotta. Lo scambio medio di momento in ogni secondo per
una particella test lo si ottiene moltiplicando la probabilità di avere un
urto in un secondo per il momento disponibile per collisione:
mtest ⋅ < ∆wtest >= − mr ⋅ u ⋅ nc ⋅ u ⋅ σ (u ) ,
σ (u ) è la sezione d'urto coulombiana ed n c la densità delle particelle di
campo, mediando su tutte le direzioni si ottiene lo scambio medio di
momento al secondo per particella:
mtest ⋅ < ∆wtest > = mtest ⋅ < ∆wtest >= − mr ⋅ nc ⋅ u ⋅ u ⋅ σ (u ) ;
l'ultimo membro diventa
− mr ⋅ nc ⋅ < u ⋅ σ (u ) > ⋅ < u > ,
e poiché la media delle velocità di campo è nulla
< u >=< wtest − wcampo >=< wtest > − < wcampo >=< wtest >
si ottiene
< ∆wtest >= − nc ⋅
mr
⋅ < u ⋅ σ (u ) > ⋅ < wtest > .
mtest
Si esplicita, infine, l'espressione della massa ridotta trascurando la massa
della particella di campo al denominatore (che nel caso di elettroni e
protoni è 1/1836 di quella delle particelle test,
~ − n ⋅ mcampo ⋅ < u ⋅ σ (u ) > ⋅ < w > .
< ∆wtest >=
test
c
mtest
(6.9)
Si vede come la variazione di velocità delle particelle test, mediata in un
152
secondo e per tutte le direzioni delle particelle test, sia dipendente solo
dalla velocità delle particelle test stesse e non dalla velocità delle
particelle di campo.
Definendo come tempo di equipartizione tra particelle di campo e
particelle test il tempo in capo al quale il vettore variazione di velocità
della particella test è diventato comparabile in modulo con quello della
velocità iniziale della particella test si ha:
t equipartizione ⋅ < ∆wtest > t in un secondo = wt ,
(6.10)
e tenendo conto della relazione precedente tra la variazione della
velocità e la velocità della particella test si ha
λcampo
m
m
1
t equipartizione (mtest , mcampo ) ≈ test ⋅
≈ test ⋅
=
mcampo nc ⋅ < uσ (u ) > mcampo nc ⋅ < wcampo >
m
= test ⋅ t equipartizione (mcampo , mcampo )
mcampo
Nell'ottenere
questa formula sono
(6.11)
state fatte le approssimazioni
suindicate sulla massa ridotta e ai vettori velocità e differenza di velocità
acquisita in un secondo dalla particella test sono stati sostituiti i
rispettivi valori medii in un secondo, inoltre nel penultimo passaggio la
velocità relativa tra particella test e particella di campo è stata sostituita
con la velocità delle particelle di campo, molto più veloci nel caso esse
siano elettroni rispetto ai protoni (particelle test) a parità di temperatura.
Come si vede il tempo dopo il quale elettroni e protoni raggiungono
l'equilibrio termodinamico tra loro, cioè la stessa temperatura, è 1836
volte il tempo impiegato dagli elettroni a termalizzarsi, oppure 43 volte il
tempo impiegato dai protoni a termalizzarsi tra loro.
Comunque questo tempo di equipartizione calcolato per i valori di
temperatura e densità risulta dell'ordine di 1/100 del tempo di vita
dell'ammasso di galassie, per cui è ragionevole supporre che localmente
153
il gas sia sempre in equilibrio termodinamico ad un particolare valore
della temperatura. Le particelle libere del gas hanno una distribuzione
delle velocità data dalla funzione di distribuzione di Maxwell-Boltzmann
ad un'unica temperatura cinetica di equilibrio (localmente, perché
globalmente la temperatura può variare, restando però sempre la stessa
sia per gli elettroni che per gli ioni).
6.5.2
Le condizioni di limite coronale del gas
interammasso.
Ai bassi valori di densità del gas interammasso i processi di
eccitazione
e
ionizzazione
collisionale
sono
molto
più lenti dei
decadimenti radiativi, perché gli eventi sono molto rari, per questo
motivo ogni processo di eccitazione o ionizzazione lo si può considerare
come partente dallo stato fondamentale dello ione.
Le interazioni a tre corpi (o più), proporzionali al cubo (o ad una
potenza maggiore) della densità, sono trascurabili per i valori bassi della
densità stessa. Le transizioni radiative stimolate risultano irrilevanti a
causa del fatto che il campo di radiazione è estremamente "diluito".
Queste condizioni unite a quella di equilibrio termodinamico locale
sono dette condizioni di limite coronale perché si verificano anche nelle
corone stellari dove si trova un plasma in condizioni fisiche analoghe a
quelle del gas interammasso.
154
6.5.3
Equilibrio
interammasso.
di
ionizzazione
del
gas
Poiché i tempi scala di ionizzazione e di ricombinazione sono molto
minori dell'età dell'ammasso di galassie, o di ogni altro tempo scala
idrodinamico (paragrafo 6.7) il plasma è anche in equilibrio di
ionizzazione, ovvero tanti ioni nello stato di ionizzazione iesimo se ne
allontanano o per ulteriore ionizzazione o per ricombinazione con un
elettrone, quanti se ne creano in quello stesso stato provenendo da una
ionizzazione di uno stato meno ionizzato o da una ricombinazione di uno
stato
[C (X
più
i
) (
)]
ionizzato
con
( ) [(
)]
(
un
) [(
)]
elettrone.
(
, Tg + R X i −1 , Tg ⋅ ne ⋅ n X i = C X i −1 , Tg ⋅ ne ⋅ n X i −1 + R X i , Tg ⋅ ne ⋅ n X i +1
)
(6.12),
dove i coefficienti C sono i tassi di ionizzazione collisionale per
l'elemento X ionizzato i o i-1 volte , i coefficienti R sono i tassi di
ricombinazione per l'elemento X ionizzato i o i+1 volte e T è la
temperatura del gas che è anche quella degli elettroni.
L'equilibrio di ionizzazione non dipende dalla densità elettronica, ma
solo dalla temperatura. In generale ogni frazione di ionizzazione, la
percentuale di ioni in un certo stato di ionizzazione iesimo rispetto al
totale degli ioni, raggiunge il massimo valore ad una temperatura
cinetica corrispondente ad un'energia che è una frazione del suo
potenziale di ionizzazione, perciò a Tg ≈ 10 8 K il ferro è totalmente
ionizzato oppure con uno o due elettroni residui, mentre l'idrogeno e
l'elio sono totalmente ionizzati.
La maggior parte degli elettroni e degli ioni del plasma provengono dagli
atomi di idrogeno ed elio, totalmente ionizzati alle temperature tipiche
155
del gas interammasso. Dato che gli elementi più pesanti sono presenti in
abbondanze relative molto minori la densità elettronica si considera
indipendente dallo stato di ionizzazione dei varii elementi pesanti ed è
data da:
n e = 1. 21 ⋅ n p ,
(6.13)
dove n p è la densità dell'idrogeno.
156
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