Patologia generale – Prof. Ezio Laconi Lezione 26 – 1/12/12 – parte 1 Michela Pinna Abbiamo visto quali sono i fattori di rischio per la patologia neoplastica e quali sono gli strumenti per individuarli, adesso ritorniamo a parlare dell'eziologia. La molecola che riteniamo essere un bersaglio critico per i cancerogeni è il DNA; non è certamente l'unico, ma riteniamo che sia quello più importante per il particolare tipo di turn over della molecola. Si possono verificare diverse situazioni: se il danno inflitto al DNA non è eccessivo, allora la molecola potrà essere riparata, viceversa se il danno è troppo grande sarà difficilmente recuperabile; ancora può succedere che la cellula non ripari il danno in tempo utile: in questo caso l'alterazione rischia di essere trascinata e trasmessa alle generazioni successive. Qual'è la correlazione tra danno al DNA e neoplasie? Diciamo che ormai non abbiamo più dubbi sul fatto che questa molecola sia coinvolta, anche se il come e il perché pone tutta un'altra serie di questioni, alcune delle quali non sono ancora risolte. La prima cosa che dobbiamo dire è che il danno al DNA non è solo di origine esogena: noi abbiamo molti processi cellulari che possono essere associati a danno al DNA, o per lo meno ad alterazioni. La parola “danno” ha una connotazione negativa, quindi è meglio usare la parola alterazione in quanto non è detto che dal punto di vista biologico tutte le modificazioni del DNA siano negative: l'evoluzione è avvenuta proprio perché ci sono state alterazioni dell'informazione genetica che via via si sono accumulate e hanno permesso la comparsa di nuove specie. Senza queste alterazioni quindi non ci sarebbe stata evoluzione. La problematica legata alle alterazioni a carico del DNA è contenuta nel fatto che non possono essere troppe, ma non possono essere neanche troppo poche. La vita sulla terra si è giocata e si continua a giocare su un equilibrio compatibile tra meccanismi di alterazione (di induzione di variazione dell'informazione genetica, che portano quindi all'evoluzione) e meccanismi che stabilizzano l'informazione genetica (i quali garantiscono che i processi fondamentali della vita possano aver luogo). L'alterazione del DNA è quindi un meccanismo “fisiologico”, normale, è parte integrante di come la vita si è sviluppata. È chiaro che un sistema troppo destabilizzato dal punto di vista della continuità dell'informazione genetica rischia di estinguersi, ma è vero anche che un sistema troppo stabile rischia di non evolversi. Il fatto che sia un processo normale non significa che sia sempre senza conseguenze. Per quanto riguarda gli agenti che provocano danno, abbiamo detto che sono: agenti ambientali: come i raggi UV e gli agenti chimici in particolare prodotti metabolici: come i ROS (generati anche durante i normali processi infiammatori) che possono alterare diversi tipi di molecole biologiche, tra cui il DNA: abbiamo sviluppato contro questo rischio molte difese, come ad es. molecole antiossidanti o enzimi come la glutatione perossidasi l'idrolisi spontanea dei nucleotidi: si vengono a creare dei siti apurinici e apirimidinici la deaminazione delle basi, per cui avremo: dalla citidina l'uracile, dall'adenina l'ipoxantina, dalla guanina la xantina e dalla 5 metilcitosina la timina. Alcuni di questi processi avvengono continuamente: è sempre presente l'esposizione ai raggi UV (non è che possiamo proteggerci più di tanto da queste radiazioni), o un minimo di insulto da parte delle sostanze chimiche e dai prodotti metabolici; anche l'idrolisi dei nucleotidi e la deaminazione delle basi azotate sono processi continui. Esiste per questo motivo un continuo monitoraggio dell'informazione genetica, per assicurarne l'integrità, e ci sono dei complessi (gli enzimi di riparo) che intervengono per ripristinarla nei casi in cui è alterata. Le conseguenze del danno al DNA possono essere distinte in acute e croniche. Le conseguenze acute sono: l'arresto delle sintesi macromolecolari il blocco della trascrizione l'induzione dei sistemi di riparo. Si tratta di meccanismi molto complessi, presenti anche negli organismi più semplici. NB: Gli agenti che bloccano il ciclo cellulare (come molti farmaci che usiamo per la terapia antineoplastica) bloccano la sintesi del DNA non direttamente, ma inducendo danno al DNA: la presenza di questo danno funge da segnale per la cellula e la induce a bloccare il suo ciclo. La differenza non è da poco: è la cellula che blocca il ciclo cellulare, non l'agente. L'agente anche in questo caso induce un processo: se una cellula è normale, in presenza di danno al DNA, blocca le sue sintesi macromolecolari e il ciclo cellulare. È importante il fatto che questo processo sia iniziato dalla cellula e non dall'agente lesivo; è una scelta della cellula. Bisogna prendere atto che le cellule fanno delle scelte, anche le cellule più semplici come quelle batteriche: se le si mette vicino a una fonte di nutrimento, queste si muoveranno verso la fonte di nutrimento e non dall'altra parte. È un meccanismo attivo in quanto, in presenza di danno al DNA, le cellule optano per bloccare la sintesi macromolecolare con meccanismi biochimici e molecolari: percepiscono il danno, si fermano e lo riparano, solo dopo riprendono il ciclo cellulare e i processi di routine. Però per fare questo hanno bisogno che tutti i meccanismi che trasducono il segnale danno del DNA → blocco del ciclo cellulare siano integri. Se c'è qualche problema a livello della mediazione di questi messaggi, non è detto che la cellula si fermi anche in presenza di danno. Questo è uno dei meccanismi che può portare all'evoluzione neoplastica: in presenza di alterazione al DNA, in queste cellule avremo una mancata o alterata percezione dei messaggi che le indurrebbero a fermare il ciclo cellulare e la sintesi. D'altra parte abbiamo già parlato dei soggetti con xeroderma pigmentoso e abbiamo detto che mancano di alcuni sistemi di riparo (che fanno parte di questa catena): avremo un perpetuarsi del danno al DNA (in quanto non viene riparato) e le cellule, a un certo punto, potrebbero preferire non percepire più questo danno e procedere comunque col ciclo. Le conseguenze croniche sono: la mutagenesi la cancerogenesi. Questa sequenza di eventi è importante. I SISTEMI DI RIPARO NB: Sui sistemi di riparo non si sofferma nella descrizione specifica, fa solo un rapido cenno perché “sono estremamente complessi e si andrebbe oltre lo scopo di queste lezioni”. Esistono diversi sistemi di riparo, a seconda del tipo di danno: BER (base excision repair), viene attivato: in presenza di U nel DNA (non è una base normale del DNA, è prodotto dalla deaminazione della C): il sistema BER si occupa di sostituirlo in presenza di siti apurinici o apirimidinici (senza base quindi) in presenza di 8-oxiguanina, un'alterazione frequente anche a seguito di meccanismi ossidativi (i.e. i ROS prodotti dal metabolismo normale delle cellule); questo è un metabolita che si può ricercare nelle urine come segnale di danno al DNA: a seconda dei suoi livelli si può stabilire se il danno al DNA di quell'individuo è a livelli normali o più elevati in presenza di single strand break, ovvero di rottura di una singola catena del DNA (esistono anche degli agenti lesivi capaci di rompere entrambi gli strand, in quel caso si parlerà di double strand break, e ci sarà un altro sistema di riparo) NER (nucleotide excision repair), ripara lesioni come: dimeri di pirimidina, indotte ad esempio dai raggi UV (gli individui che hanno lo xeroderma pigmentoso non riesco a eliminare questo tipo di lesioni perchè hanno questo sistema difettoso) addotti bulky (voluminosi): sono addotti tra il DNA e molecole voluminose come l'aflatossina, o alcuni idrocarburi aromatici policiclici [esistono anche degli addotti “piccoli” come ad esempio i prodotti di metilazione o di etilazione del DNA, eliminati da altri sistemi di riparo; il fatto che siano “più piccoli” degli addotti bulky non significa però che non abbiano conseguenze di alcun tipo] Esistono poi degli enzimi, delle metiltransferasi, che permettono l'eliminazione dei gruppi alchilici legati al DNA; questo però è un sistema di riparo molto dispendioso in quanto viene spesa una molecola enzimatica per ogni gruppo alchilico che viene riparato: l'enzima può catalizzare una sola reazione. Ad esempio: se c'è una base metilata interverrà la metiltransferasi, la quale si carica il gruppo metilico e corregge il danno; da quel momento non si potrà più utilizzare quella particolare molecola enzimatica e bisognerà produrne di nuove per correggere gli altri danni simili Riparo per ricombinazione: quando il DNA è estesamente danneggiato si fa ricorso allo strand omologo dell'altro cromosoma come template/stampo per risintetizzare la parte di DNA che manca. In questo caso il danno è stato talmente esteso che per ripristinare la sua integrità si fa ricorso a un meccanismo di ricombinazione. Questo meccanismo di riparo è, in parte, lo stesso che viene messo in atto dai linfociti quando sintetizzano i loro recettori (B e T). Esistono dei deficit dei meccanismi di riparo che sono associati anche a deficit della risposta immunitaria. Mismatch repair: è il meccanismo di riparo delle basi disappaiate. L'appaiamento errato può avvenire quando la base è alterata (quindi si appaia con un corrispettivo sbagliato), ma anche durante la replica normale del DNA (con basi normali e non alterate quindi). Abbiamo già parlato della ribonucleotide reduttasi, l'enzima che costruisce i deossiribonucleotidi: questo enzima ha un meccanismo di regolazione interessante in quanto fa in modo che i deossiribonucleotidi vengano sintetizzati in quantità equimolari in una cellula che sta replicando il DNA (questo perché mediamente ogni tipo di nucleotide è ugualmente rappresentato in percentuale). Se però non si ha più un pool di nucleotidi in cui sono tutti presenti nelle stesse percentuali, allora ci possono essere inserzioni di basi errate, quindi disappaiamento. A questo punto interverranno i sistemi di riparo: toglieranno la base errata e inseriranno la corretta. È evidente che c'è qualcosa che può non andare per il verso giusto nonostante i sistemi di riparo: questi meccanismi non sono perfetti al 100%, fanno qualche errore anche in condizione normale. Oggi abbiamo i mezzi per valutare la variabilità genetica tra cellule, possiamo sequenziarne il genoma: quando lo si fa nelle cellule di un dato tessuto normale, si scopre che queste presentano una certa eterogeneità; in sostanza nonostante facciano parte dello stesso tessuto non sono tutte precisamente uguali. Ad ogni replicazione cellulare, viene fatto qualche piccolo “errore” (che come già detto è un meccanismo normale di induzione di variazione dell'informazione genetica): è vero che le due cellule figlie avranno la stessa informazione genetica, ma ci saranno comunque piccole variazioni. Del resto, considerando la quantità enorme di basi che si stanno replicando, è anche normale che “venga fuori” qualche variazione; ovviamente l'eterogeneità di cui si parla in questo momento non ha niente a che fare con quella dei tessuti neoplastici. Sempre nella stessa slide vengono ribadite le conseguenze di queste alterazioni: il blocco transitorio del ciclo cellulare: una volta ripristinata l'integrità del genoma, viene ripreso contemporanea inibizione della trascrizione, della replicazione e della segregazione dei cromosomi È stato inoltre concettualizzato che, se questo danno viene percepito dalla cellula come irreparabile (perché ad es troppo esteso), la cellula opta per l'induzione dei meccanismi che portano alla morte cellulare. Com'è che la cellula percepisce che il danno non è più riparabile? Qual'è la soglia di danno, oltre la quale la cellula non può più mettere in atto meccanismi di riparo e opta per l'apoptosi? La verità è che non sappiamo ancora come questo succeda. C'è un'altra variabile poi che interviene nella regolazione di questi processi: la senescenza cellulare. La senescenza è un blocco replicativo non transitorio ma irreversibile (o così si pensa); si attua quando nella cellula ci sono 2 stimoli contrapposti: da una parte c'è lo stimolo al blocco (dovuto ad esempio al danno al DNA), dall'altra c'è la spinta a proliferare e a crescere. La contrapposizione di questi due stimoli genera il fenotipo “senescente”. Queste cellule non sono esclusive dei tessuti vecchi o invecchiati dal punto di vista fisiologico, ma sono presenti anche nei tessuti giovani quando si verificano queste condizioni. Comunque non si conosce ancora cosa faccia decidere alla cellula per quale percorso optare. È comunque possibile che ci siano delle considerazioni quantitative da parte della cellula (quanto è il danno? È riparabile?) ma come la cellula misuri questo lo ignoriamo completamente. L'altra conseguenza è che la cellula erediti delle alterazioni, che chiamiamo mutazioni e aberrazioni cromosomiche: sono alterazioni strutturali del genoma. Nelle due slide successive (36 e 37, file: neoplasie 2) ci sono alcuni esempi di intervento dei meccanismi di riparo nella rottura a doppia catena (tra cui il sistema NHEJ), però dice che non gli interessano tutti questi dettagli! Questo a lato è uno schema riassuntivo che illustra quanto già discusso: se il danno (endogeno ed esogeno) può essere riparato, in quel caso viene ripristinata l'integrità del genoma, ma se queste mutazioni avvengono nei geni per gli enzimi e le proteine coinvolte nella trasduzione del segnale che media la percezione del danno al DNA (provocando alterazioni in questi meccanismi) ecco che quella cellula è soggetta potenzialmente ad instabilità genomica. L'instabilità genomica non vuol dire necessariamente neoplasia: il più delle volte vorrà dire che quella cellula rischia di non essere più vitale, in quanto l'informazione genetica si destabilizza talmente tanto che alla cellula non rimangono più neanche quei pezzi di informazione essenziali per la sopravvivenza stessa. Il risultato più probabile sarà quindi o la morte cellulare o la senescenza. Ci possono essere però delle situazioni in cui emerge un fenotipo francamente neoplastico, e quindi inizia il lungo percorso verso la cancerogenesi. Quando parliamo di individui con lo xeroderma pigmentoso (che quindi non sono in grado di riparare le lesioni indotte dai raggi UV) o quando abbiamo individui in cui ci sono dei difetti genetici a carico degli enzimi e delle proteine che trasducono il messaggio di danno, è chiaro che tutte le cellule di quell'individuo avranno dei problemi nel gestire il danno al DNA. Esistono sindromi dove si ha un deficit proprio in questi enzimi e questo predispone ad un'elevata incidenza di neoplasie, come ad es. la poliposi familiare multipla (in cui sono difettosi i sistemi di riparo del mismatch). Anche in questi casi questi sistemi saranno difettosi in tutte le cellule, e non solo in una o in un gruppo. Questo vuol dire che i tessuti di questi individui hanno un'instabilità genetica di fondo e anche qui vale il concetto che la destabilizzazione ha delle conseguenze prevalentemente di tipo negativo dal punto di vista della funzionalità della cellula. Saremo quindi di fronte a tessuti che dal punto di vista funzionale sono più in difetto che in eccesso. Il processo neoplastico lo dobbiamo interpretare in maniera complessiva, non dal punto di vista della singola cellula che, avendo subìto delle alterazioni, ha acquisito il fenotipo neoplastico. Vedremo poi come quello che succede in tutto il contesto può essere importante.