2 Il testo dell`Antico Testamento ebraico e i suoi testimoni


Il testo dell’Antico Testamento ebraico
e i suoi testimoni
di Paolo Merlo
Di nessuna opera letteraria classica possediamo l’originale, e lo stesso si
può dire della Bibbia . Il testo che noi leggiamo è il frutto del lavoro
compiuto sulla base degli esemplari di testo nella lingua originale giunti
fino a noi solo dopo un lungo processo di copiatura.
Non abbiamo quindi il testo originale della Bibbia, ma solo “testimoni” del testo biblico. Lo scritto originale dell’autore potrà essere solo ricostruito – congetturalmente – basandosi sull’analisi e la comparazione di tutti i testimoni del testo oggetto di studio, siano essi testimoni
diretti (tramandanti il testo nella lingua originale e di per se stesso) oppure indiretti (ad esempio citazioni e traduzioni).
.
Testimoni diretti
Il testo ebraico (e aramaico) dell’Antico Testamento divenuto standard
nelle edizioni a stampa dal  fino a oggi (cfr. infra, PAR. ..) è il cosiddetto “testo masoretico”. Esso però non è l’unico testimone testuale
dell’Antico Testamento. Qui di seguito presenteremo brevemente le varie famiglie di testimoni testuali.
... IL TESTO MASORETICO
Il testo masoretico (d’ora innanzi TM) si riferisce a una tradizione manoscritta assai uniforme, caratterizzata dal riprodurre, assieme al testo
ebraico dell’Antico Testamento, anche la masora, cioè un apparato di liste, informazioni e note per preservare la tradizionale scrittura e lettura
del testo stesso.
Il TM non è quindi un singolo testimone testuale, ma una famiglia di
codici o, meglio, un insieme di famiglie di codici. La tradizione masoretica è conosciuta da una serie di codici medievali che trasmettono con

L’ ANTICO TESTAMENTO
meticolosa cura un testo biblico che affonda le sue radici in una precedente tradizione testuale.
Per comprendere appieno questo sviluppo storico, è importante sapere che fino all’alto Medioevo, il testo ebraico dell’Antico Testamento
era costituito solamente da caratteri consonantici, senza alcuna notazione di punti vocalici. Tale modalità di scrittura non è affatto strana, ma è
resa possibile dalla caratteristica, propria delle lingue semitiche, di avere
radici semantiche a base consonantica. Dall’VIII secolo d.C. in poi  si iniziò a sentire la necessità di fissare – oltre ai segni consonantici – anche la
vocalizzazione, cioè la pronuncia, del testo consonantico. Al testo, fino a
quel momento trascritto solo con caratteri consonantici, si aggiunsero così una serie di segni (punti e linee) che servivano per fissare la pronuncia
vocalica. A tale scopo, si svilupparono nel corso del tempo diversi sistemi di vocalizzazione: babilonese, palestinese e tiberiense. Quest’ultimo
sistema, il più coerente e adatto allo scopo, finì per soppiantare gli altri
due precedenti e divenne l’unico accettato come autoritativo .
Il testo ebraico denominato “masoretico” tramanda quindi un testo
consonantico fissato già nei primi secoli dell’era cristiana, a cui si sono
aggiunti vari altri elementi durante il primo Medioevo, tra cui la vocalizzazione . La componente consonantica del TM è pertanto apportatrice di una tradizione ben più antica dei manoscritti del TM stesso. Nel momento in cui il testo consonantico divenne autoritativo e accettato da tutta la comunità ebraica, esso divenne stabile e non vi furono ammessi più
cambiamenti; ciò non significa però che prima di tale data il testo dei vari libri biblici fosse già unico e uniforme. Non solo, a volte si possono
presentare piccole divergenze della componente consonantica anche all’interno del TM. Tali varianti, interne alla tradizione ebraica e dovute
prevalentemente al processo di copia, sono spesso preservate proprio
nell’apparato delle note masoretiche .
La famiglia di masoreti a cui è stata attribuita la maggiore scrupolosità e precisione è quella di Aaron (figlio di Moshè) ben Asher, ultimo di
una famiglia di masoreti attivi a Tiberiade dalla seconda metà dell’VIII secolo fino alla prima metà del X secolo d.C.
Essendo stato accettato come il testo biblico ufficiale del giudaismo
fin dal II secolo d.C., il TM è testimoniato da numerosi manoscritti medievali molto simili tra loro. Il gran numero di manoscritti conosciuti
non è però di aiuto allo studio critico del testo, perché essi appartengono tutti alla medesima tradizione. Tra i più importanti manoscritti di tradizione tiberiense si possono ricordare i seguenti :
. il codice di Aleppo, scritto da Shelomo ben Buya‘a (solo le consonanti), con vocalizzazione e masora di Aaron (ben Moshè) ben Asher.
Datato circa nel  d.C., si sono conservati  fogli con circa tre quar
.
IL TESTO DELL’ ANTICO TESTAMENTO E I SUOI TESTIMONI
ti dell’Antico Testamento. Il Pentateuco e altri fogli sono andati perduti nell’incendio della sinagoga di Aleppo del . È considerato il più
fedele esemplare della scuola di ben Asher;
. il codice dei profeti del Cairo, datato / d.C. e annotato da Moshè ben Asher (?), contiene i Profeti anteriori e posteriori;
. il codice di Leningrado (San Pietroburgo, Evr. I Ba). Composto da
 fogli, datato - d.C., scritto al Cairo da Samuel ben Jacob e corretto sulla base di un manoscritto ben Asher, è il più antico manoscritto
completo della Bibbia ebraica. Questo codice è impiegato come base per
l’edizione scientifica della Bibbia ebraica oggi più usata (cfr. infra).
I manoscritti del TM sono alla base delle edizioni a stampa, da quella del  in Soncino ad opera di rabbi Joshua, alla cosiddetta seconda
Bibbia rabbinica, curata da Ja‘acob ben-Hayyim e stampata a Venezia
nel - dall’editore Bomberg, che divenne il testo standard alla base
di tutte le altre edizioni fino al , quando la terza edizione della Biblia
Hebraica curata da Rudolf Kittel sostituì il testo biblico di ben-Hayyim
con quello del codice di Leningrado . Il successo di questa seconda edizione della Bibbia rabbinica (la prima edizione del -, sempre dell’editore Bomberg, non era stata ben accolta poiché il curatore, Felix
Pratensis, era un convertito al cristianesimo) è probabilmente dovuto al
fatto che essa, oltre al testo biblico, conteneva anche la masora e i più famosi commenti rabbinici medievali.
Nel XVIII secolo videro la luce due importanti pubblicazioni: una
dell’inglese Benjamin Kennicott, negli anni - , che elencava – senza valutazioni – le varianti risultanti dalla collazione di  manoscritti
medievali ebraici e varie edizioni a stampa, più alcuni manoscritti del
Pentateuco samaritano; la seconda, del sacerdote Giovanni Bernardo De
Rossi, raccolse, in quattro volumi pubblicati a Parma nel - , una
selezione di varianti derivate dall’analisi di . manoscritti (compresi
quelli di Kennicott) e  edizioni a stampa. Pur offrendo molte informazioni sulle varianti testuali, queste due opere (soprattutto quella di
Kennicott) soffrono il limite di basarsi su materiale medievale appartenente alla tradizione masoretica, cioè a una sola tradizione testuale.
Solo nel XX secolo, con Rudolf Kittel, si progettò la pubblicazione di
una vera edizione critica (con testo eclettico) della Bibbia ebraica tenendo
presenti anche le altre tradizioni testuali. Purtroppo, per la difficoltà di
portare a compimento un tale progetto, nel  Kittel si rassegnò a pubblicare la prima edizione della Biblia Hebraica limitandosi a riprodurre il
testo di Ja‘acob ben-Hayyim, riportando in apparato una scelta di varianti presenti sia all’interno della tradizione masoretica, sia in altre tradizioni
testuali, accompagnandole a volte con varie proposte di correzioni testuali (si tratta così di un’edizione “diplomatica”). Quest’opera, con i contri
L’ ANTICO TESTAMENTO
buti di Alt, Eissfeldt e Kahle, fu poi completamente rivista in una terza edizione nel -; questa edizione sostituì il testo di ben-Hayyim con quello del codice di Leningrado I Ba. Negli anni - ne uscì una quarta
edizione, curata da Karl Elliger e Wilhelm Rudolph, detta Biblia Hebraica
Stuttgartensia (BHS), con correzioni al testo e un nuovo apparato.
Attualmente, vi sono tre grandi progetti di pubblicazione del testo
ebraico della Bibbia:
a) la quinta edizione della Biblia Hebraica (BHQ) , che riproduce nuovamente il testo del codice di Leningrado con la masora, ma ha un apparato critico completamente nuovo, che tiene conto anche di tutti i ritrovamenti di Qumran;
b) il progetto della Hebrew University Bible , che riproduce il testo del
codice di Aleppo con quattro diversi apparati critici: uno per le versioni, uno per Qumran, uno per i codici medievali, il quarto per le variazioni meramente ortografiche;
c) il progetto Oxford Hebrew Bible , che intende produrre un testo
eclettico dell’Antico Testamento con un apparato critico valutativo di
tutte le varianti testuali ritenute tali dal curatore del testo.
... IL PENTATEUCO SAMARITANO
Il Pentateuco samaritano contiene il testo della Tôrah ed è considerato
dalla comunità religiosa samaritana come l’unico corpus di Sacra Scrittura. Gli studiosi hanno molto discusso sulla data di creazione di questo
Pentateuco; l’ipotesi che attualmente gode la preferenza è quella di collocare la genesi del Pentateuco samaritano durante il II secolo a.C. ,
mentre in precedenza si sosteneva preferibilmente il IV secolo a.C., concordemente alla testimonianza di Flavio Giuseppe.
Il Pentateuco samaritano è scritto in lingua ebraica con caratteri arcaicizzanti. Mentre i manoscritti medievali non contengono alcuna vocalizzazione, solo di recente, e prevalentemente da studiosi moderni, è
stata registrata la vocalizzazione.
Manoscritti di questa tradizione furono riscoperti da studiosi europei a partire dal , quando Pietro della Valle ne acquisì uno a Damasco. Tutti i manoscritti samaritani conosciuti oggi sono medievali o moderni. Il più antico frammento, secondo Alan D. Crown, risale al IX secolo, ma la grande maggioranza è databile dal XII secolo in poi .
Il Pentateuco samaritano contiene molte lezioni tipiche della teologia
samaritana (ad esempio “Garizim” al posto di “Sion”); inoltre, questa tradizione talvolta ha avuto una maggiore libertà nell’accostarsi al testo, così
che è possibile trovarvi deliberate modificazioni al fine di armonizzare no
.
IL TESTO DELL’ ANTICO TESTAMENTO E I SUOI TESTIMONI
mi, cifre o passi paralleli. Anche l’ortografia e la morfologia vengono a volte appianate per evitare forme arcaiche, inusuali o ritenute scorrette.
Diverse di queste particolarità che, successivamente a un famoso studio di Wilhelm Gesenius del , avevano reso negativo il giudizio critico su tale tradizione, sono state però ritrovate in alcuni rotoli di Qumran
(cfr. infra, PAR. ..). Una tale concordanza tra alcuni rotoli di Qumran e
il Pentateuco samaritano contro le lezioni del TM è la dimostrazione dell’esistenza di una tradizione testuale antica, non imputabile solamente alla particolare teologia samaritana. Questo stadio del testo è denominato
usualmente “pre-samaritano” poiché, pur non condividendo gli sviluppi
tipici della teologia samaritana, è attestato in epoca anteriore a tutti i manoscritti samaritani conosciuti oggi . Detto in altre parole, i codici medievali del Pentateuco samaritano si sono basati su una tradizione testuale antica, documentata già prima dell’era volgare in testimoni testuali (alcuni rotoli del Mar Morto) non appartenenti alla comunità samaritana.
Attualmente esiste una sola edizione critica completa del Pentateuco
samaritano, quella del - a cura di August von Gall . Questa edizione è invero superata, sia perché von Gall non aveva a disposizione alcuni
manoscritti oggi noti, sia per l’eccessiva preferenza accordata dal curatore
al TM. Una più recente edizione del Pentateuco samaritano è quella di
Abraham Tal, che pubblica il testo basandosi su un manoscritto quasi completo datato  d.C. e corredandolo con rare note , mentre incompleto
rimane il tentativo di edizione critica di Luis-Fernando Girón Blanc .
... I ROTOLI DEL MAR MORTO
Dal  al  sono stati scoperti a Qumran, in undici grotte, circa 
manoscritti (frammentari) biblici ed extrabiblici. La straordinaria importanza della scoperta risiede soprattutto nel fatto che, per la prima volta, ci si è trovati di fronte a testimoni del testo biblico cronologicamente anteriori alla tradizione masoretica. I manoscritti biblici scoperti presso Qumran, a volte molto frammentari, appartengono a poco più di 
manoscritti diversi, a cui si devono aggiungere circa  documenti scoperti in altri siti, sempre nelle vicinanze del Mar Morto . Sono stati scoperti frammenti di tutti i libri della Bibbia ebraica eccetto Ester e Neemia (considerando Neemia separato da Esdra). I manoscritti di Qumran
possono essere stati scritti a Qumran stesso oppure esservi stati trasportati da altri luoghi; la maggior parte di essi è databile al I secolo a.C., ma
la loro datazione spazia dalla fine del III secolo a.C. al I d.C.
Praticamente tutti i manoscritti ritrovati sono ormai resi pubblici nei
 volumi dell’edizione ufficiale costituita dalla collana “Discoveries in
the Judean Desert” (Oxford  ss.).

L’ ANTICO TESTAMENTO
Alcuni rotoli biblici ritrovati a Qumran sono divenuti molto famosi,
come ad esempio QIsa: questo rotolo fu il primo manoscritto a essere
pubblicato () ed è databile al - a.C., contiene tutto il libro di
Isaia e riproduce un testo quasi del tutto simile a quello masoretico. Altri
rotoli, come ad esempio QGerb, si discostano dalla tradizione masoretica e concordano invece con la tradizione attestata nella versione dei LXX
(cfr. infra, PAR. ..). Inoltre, molti manoscritti presentano caratteristiche
proprie non riscontrabili nella tradizione masoretica, ad esempio un uso
abbondante di matres lectionis, una morfologia propria e un rapporto relativamente libero con il modello di testo, con la presenza di molteplici errori e correzioni. Quest’ultima categoria di manoscritti è convenzionalmente denominata come “rotoli della pratica scribale qumranica”.
Sebbene una classificazione dei manoscritti biblici ritrovati nel deserto giudaico abbia portato a risultati controversi, seguendo l’ipotesi di
Emanuel Tov , i testi biblici di Qumran possono essere raggruppati in
cinque categorie:
a) testi all’interno della tipica ortografia e pratica scribale di Qumran
( per cento);
b) testi “proto-masoretici”, cioè fondamentalmente in accordo con
quello che poi sarà il testo masoretico ( per cento);
c) testi “pre-samaritani”, cioè che riflettono le caratteristiche armonizzatrici tipiche del Pentateuco samaritano, pur senza l’ideologia samaritana ( per cento);
d) testi che somigliano o concordano con le lezioni della LXX ( per
cento);
e) testi non allineati a nessun gruppo o che concordano a volte con una
e a volte con un’altra tradizione ( per cento).
La coesistenza di una simile varietà testuale in un medesimo luogo è
particolarmente interessante poiché documenta una situazione di variabilità testuale nei secoli in cui visse la comunità di Qumran.
.
Testimoni indiretti 
... LA VERSIONE GRECA DEI LXX
La diaspora ebraica ad Alessandria ebbe ben presto la necessità di avere
le proprie Sacre Scritture in greco. Questa necessità non era certo avvertita dai greci (che solitamente non traducevano opere letterarie orientali), ma sorse dalle esigenze religiose e liturgiche degli ebrei. Essa fu pertanto una traduzione “giudaica”. Probabilmente, durante il regno di To
.
IL TESTO DELL’ ANTICO TESTAMENTO E I SUOI TESTIMONI
lomeo II Filadelfo (- a.C.) prese l’avvio questo progetto di traduzione. Il nome Settanta deriva dalla Lettera di Aristea, uno scritto pseudepigrafo con finalità apologetiche, secondo cui  esperti provenienti da
Gerusalemme tradussero la Tôrah in greco in  giorni con la successiva
acclamazione generale di tutta la comunità giudaica di Alessandria .
Oggi sappiamo però che la traduzione della Bibbia in greco, iniziata
con il Pentateuco nel III secolo a.C., proseguì per molti decenni, fino a includere tutti i libri del canone ebraico e anche oltre (alcuni libri contenuti
nel canone cristiano dell’Antico Testamento ci sono pervenuti solo in greco). Essa quindi non è l’opera di una sola persona, ma di diversi autori,
così che la traduzione dei LXX è in realtà una raccolta di molteplici traduzioni, talvolta diverse anche all’interno di uno stesso libro biblico.
Queste singole traduzioni originali sono state successivamente completamente riviste e “corrette” secondo un determinato scopo o pensiero teologico; tali revisioni sono denominate “recensioni” e sono state
realizzate nel corso dei secoli (a volte con intenzioni opposte) sia da autori cristiani sia da giudei che intendevano proporre un testo più vicino
all’originale ebraico.
Nonostante la sua complessa storia, la versione greca dei LXX rimane molto importante, poiché la traduzione originaria si basò su un testo
ebraico antecedente alla fissazione del TM, così che spesso, quando la
versione dei LXX differisce grandemente dal TM, non sta alterando il testo ebraico, ma sta solo seguendo un tipo testuale differente .
Le recensioni giudaiche della LXX ebbero per lo più lo scopo di adeguare il testo greco a quello ebraico rabbinico, divenuto nel frattempo
sempre più autoritativo. Esse sono le seguenti:
. Kaigè e Teodozione. Teodozione nel - d.C. eseguì una revisione
che ebbe grande diffusione. Essa intendeva avvicinarsi al testo ebraico, ma
senza arrivare al letteralismo. Oggi, con la scoperta del rotolo dei Profeti
in greco (presso Nahal Hever), che presenta le medesime caratteristiche
di Teodozione, sappiamo che questa recensione si basò su un gruppo di
testi che già alla fine del I secolo a.C. volevano revisionare la LXX (per principi letterari e non dottrinali). Questi testi sono stati chiamati “recensione kaigè” o “proto-Teodozione”. La scoperta della recensione kaigè ha
permesso di spiegare ad esempio perché l’Apocalisse sembra citare il libro di Daniele secondo Teodozione e non secondo la LXX.
. Aquila (circa - d.C.) utilizza per la sua revisione un testo proto-masoretico e la sua traduzione è estremamente letterale, cercando di
rendere in greco ogni parola e particella ebraica, fino al punto di rendere il greco sgrammaticato o con costruzioni prive di senso.
. Simmaco poco prima del  d.C. ci offre una revisione al contempo
letterale, ma anche stilisticamente accettabile in greco. Secondo Gerola
L’ ANTICO TESTAMENTO
mo, Simmaco trasmette il senso più che le parole ebraiche (Gerolamo fu
a volte influenzato dalle lezioni di Simmaco nella sua traduzione latina).
La maggior parte della storia del testo della LXX si è però svolta in
ambito cristiano. Certamente la Bibbia greca è stata al centro di numerosissime copie in tutta la cristianità, così che è difficile seguirne lo sviluppo in famiglie. Tre sono gli autori cristiani che hanno operato una
propria recensione:
. Origene alla metà del III secolo d.C. conclude un’opera straordinaria capace di influenzare tutta la tradizione dopo di lui. Egli raccolse in
sei colonne parallele (Esapla) il testo ebraico a lui noto, la traslitterazione del testo ebraico in caratteri greci, Aquila, Simmaco, LXX, Teodozione. Una tale monumentale opera non fu mai più copiata per intero, ma si diffusero per lo più esemplari di testo greco corretto (cioè la
quinta colonna) con le note della Esapla. La Esapla completa poteva essere consultata a Cesarea (così testimonia Gerolamo), ma già dal VII secolo d.C. non si ha più alcuna notizia di essa . L’opera di Origene provocò nel corso del tempo confusioni e contaminazioni tra i vari testi, aggravate dal fatto che, col tempo, aumentarono gli errori nelle note. Il testo della LXX precedente a Origene non è a noi conoscibile se non attraverso i pochi codici sfuggiti all’influenza di Origene o cronologicamente precedenti a lui.
. Esichio, vescovo egiziano morto nel , della cui recensione si sa poco o nulla.
. Luciano, siro della scuola di Antiochia (rivale di quella di Alessandria), morto nel /. La recensione a lui attribuita è conservata in alcuni manoscritti e da citazioni di padri della Chiesa siriaci. La sua recensione contiene correzioni tardive post-esaplari, ma anche alcune lezioni antiche, forse basate su manoscritti pre-esaplari (“proto-lucianei”).
È importante tenere presente inoltre che i manoscritti della LXX divennero ben presto le “Bibbie dei cristiani” e furono copiati, assieme ai
libri del Nuovo Testamento, indipendentemente dal testo ebraico.
Possediamo molti testimoni del testo della LXX, sia completi che frammentari. I più antichi sono frammenti a partire dal II secolo a.C., ritrovati
nel deserto del Mar Morto e in Egitto, mentre i manoscritti completi più
importanti sono il codice Vaticano (IV secolo, Biblioteca Vaticana) e il codice Sinaitico (IV secolo, British Museum), che presentano un testo prevalentemente privo di influenze recensionali. Inoltre, il codice Alessandrino (V secolo, British Museum), che offre un testo già post-esaplare.
Una grande e completa edizione critica della LXX è attualmente in fase di completamento , mentre l’usuale edizione completa è una revisione di quella curata da Alfred Rahlfs nel  sulla base dei tre succitati
manoscritti .

.
IL TESTO DELL’ ANTICO TESTAMENTO E I SUOI TESTIMONI
... LE VERSIONI ARAMAICHE O TARGUMIM
La lingua aramaica si diffuse in Palestina durante l’epoca persiana; iniziarono così a essere preparate traduzioni aramaiche della Bibbia, anche
per l’uso sinagogale. La caratteristica principale di queste traduzioni, nonostante sia difficile generalizzare, era il loro carattere di parafrasi.
Non è ancora definita la questione dell’origine dei targumim, anche
per la differenza tra i vari singoli targum. In ogni modo, alcuni di essi devono necessariamente tramandare antiche tradizioni, visto che a Qumran sono stati trovati frammenti di un targum a Giobbe (QtgJob) e al
Levitico (QtgLev).
Da molteplici fonti medievali possediamo vari targumim . Il più importante è il targum Onqelos al Pentateuco, targum ufficiale di Babilonia, composto, secondo la tradizione rabbinica, dal proselito Onqelos
(Aquila). Questo targum è stato tramandato in una forma molto stabile
– possedeva una propria masora – ed era considerato particolarmente
autorevole.
Alcuni manoscritti documentano i targumim palestinesi del Pentateuco: il targum Neophyti , il targum Pseudo-Jonatan (che appare essere il più parafrastico dei targumim palestinesi), frammenti provenienti
dalla genizah del Cairo, e il cosiddetto targum frammentario. A questi si
possono aggiungere alcuni passi derivati dal Talmud palestinese e conservati in altre opere.
Oltre a detti targumim al Pentateuco, possediamo il targum Jonatan
ai Profeti anteriori e posteriori, particolarmente stimato a Babilonia e
corrispondente a quello che era il targum Onqelos riguardo al Pentateuco. Vi sono infine anche alcuni targumim agli altri scritti che possiedono una minore stabilità testuale.
I testi targumici, contenenti a volte anche lunghe parafrasi, seguono
principalmente il testo ebraico della tradizione masoretica, anche se in
rari casi contengono lezioni che si discostano dal TM. La difficoltà di utilizzare queste traduzioni aramaiche per la ricostruzione del testo biblico
risiede principalmente nel fatto che l’intenzione dei traduttori era anche
quella di interpretare, spiegare e rendere “attuale” la Scrittura.
... LA “PESHITTA”
Il nome vuole dire “semplice”. Per quanto riguarda l’Antico Testamento, si tratta della traduzione del testo ebraico direttamente in siriaco (da
non confondere con la traduzione siro-esaplare, compiuta sulla quinta
colonna della Esapla di Origene). Si ritiene che la traduzione dell’Anti
L’ ANTICO TESTAMENTO
co Testamento in siriaco sia stata compiuta da vari traduttori all’incirca
nel  d.C. In ogni modo, l’unità del processo di traduzione così come
il luogo, la data e soprattutto l’identità di chi abbia eseguito tale traduzione sono oggetto di dibattito .
Il più antico manoscritto datato (frammentario) della Peshitta è un palinsesto del / d.C., mentre il più antico manoscritto contenente tutti i libri canonici dell’Antico Testamento (eccetto Tobia) è il cosiddetto codex Ambrosianus, conservato a Milano e databile al VII secolo d.C. Proprio
sulla base di quest’ultimo manoscritto, si sta pubblicando un’edizione critica della Peshitta sotto l’egida del Peshitta Institute di Leiden .
Il testo di questa traduzione è stato conservato dalle Chiese di lingua
siriaca: quella nestoriana (o “orientale”), quella giacobita (o “siro-ortodossa”, monofisita), e quella maronita del Libano, oltre a una serie di altre comunità dalla storia abbastanza complessa. Solo a partire dal XVII
secolo il testo della Peshitta iniziò a circolare tra gli studiosi europei.
Il testo della Peshitta è abbastanza fedele alla tradizione masoretica
e contiene meno varianti della LXX. In conseguenza della sua posteriore
data di origine, la Peshitta possiede minore importanza per la critica testuale dell’Antico Testamento rispetto alla LXX, anche se non è da escludere che in alcuni casi essa possa testimoniare lezioni ebraiche non documentate altrimenti.
... LE TRADUZIONI LATINE E LA VULGATA
Nonostante la lingua culturale del cristianesimo delle origini fosse il greco, dopo la metà del II secolo d.C. iniziarono le prime traduzioni del testo biblico in latino, principalmente in Africa settentrionale e nella Gallia meridionale. Le citazioni latine di Tertulliano documentano una varietà testuale che non palesa l’esistenza di un’unica traduzione latina
mentre autori successivi, come Cipriano e Agostino, testimoniano una
maggiore uniformità di citazione.
L’insieme di queste prime traduzioni latine, a volte difformi tra loro,
è stato denominato con il titolo di Vetus Latina . La Vetus Latina è stata ricomposta principalmente tramite citazioni patristiche e lezioni marginali di manoscritti della Vulgata (cfr. infra); non si deve quindi pensare a un’unica opera di traduzione completa e autoritativa della Bibbia.
La Vetus Latina, nonostante per molti libri si basi prevalentemente su
una precedente traduzione greca, risulta molto rilevante per la storia testuale di Ester e Maccabei .
La diffusione del cristianesimo generò una gran varietà di copie e revisioni delle traduzioni latine, così che si sentì la necessità di arrivare a

.
IL TESTO DELL’ ANTICO TESTAMENTO E I SUOI TESTIMONI
una recensione autorevole. Gerolamo, dopo aver revisionato il Nuovo
Testamento, fra il  e il  d.C. preparò una nuova revisione anche
dell’Antico Testamento. Questa sua traduzione, a causa dell’ampia diffusione, venne chiamata Vulgata .
Gerolamo, che a Betlemme aveva avuto ottimi insegnanti di ebraico,
revisionò la precedente traduzione latina dell’Antico Testamento guidato dal principio di priorità del testo ebraico (hebraica veritas), ma senza
un piano preciso. In questa sua pregevole revisione sono così presenti influssi e contaminazioni di tre lingue: latino (della Vetus Latina), greco
(della Esapla), ebraico (secondo i codici a lui accessibili). Nella Vulgata
sono presenti così sia septuaginismi che ebraismi che rendono questa
traduzione apprezzabile anche da un punto di vista critico-testuale. La
versione della Vulgata non soppiantò però completamente la Vetus Latina e quest’ultima venne usata ancora fino al IX secolo d.C. Dato questo
periodo di “doppia circolazione”, si avrà una successiva contaminazione fra le due traduzioni.
.
Origine del testo ebraico
Attraverso lo studio e il confronto delle varie tradizioni testuali, gli studiosi hanno ipotizzato (in diversi modi) lo sviluppo storico del testo
ebraico della Bibbia. Ovviamente, dopo le scoperte di Qumran, molte
teorie hanno dovuto subire delle modifiche; fino al , infatti, ci si basava principalmente su tre tradizioni: il TM, la LXX e il Pentateuco samaritano; in questo modo si identificavano spesso tre testi ebraici: palestinese (TM), alessandrino (LXX) e samaritano (anche per l’influenza delle
rispettive comunità religiose ebraica, cristiana, samaritana).
La realtà dei testi di Qumran non supporta tale tripartizione, ma testimonia piuttosto l’esistenza di una varietà di edizioni riguardo a molteplici libri, tutti in un qualche modo correlati con la Palestina. A questo punto, bisogna tenere presente che parlando di “testo originale” (la
cui esistenza è accettata dalla maggior parte degli studiosi, ma non da
tutti) non si vuole entrare nel merito del problema sulla genesi letteraria, a volte secolare, dei singoli libri biblici, né si intende sostenere l’esistenza di un’unica raccolta di libri autoritativi.
Seguendo la teoria di Emanuel Tov, possiamo descrivere – in modo
schematico – lo sviluppo del testo ebraico della Bibbia come segue. Lo
sviluppo letterario dei vari libri terminò in date diverse a seconda dei libri stessi. È possibile che anche successivamente all’acquisizione di una

L’ ANTICO TESTAMENTO
sufficiente autorità da parte di un libro esso sia stato tramandato in maniera diversa, così che si generarono diversi testi primitivi (simili) di ciascun libro (si pensi ad esempio al testo più breve del libro di Geremia
attestato nella LXX). Questi testi primitivi furono trasmessi così com’erano all’interno delle singole comunità e dovettero subire, presumibilmente, anche i cambiamenti dovuti all’atteggiamento che i copisti prestarono nei riguardi del loro modello (approccio fedele o libero). È possibile che, in tempi diversi, si siano compiute recensioni di tali testi per
sostituire i testi discordanti; alcune di queste recensioni probabilmente
hanno acquisito autorità. Queste nuove edizioni, ora accettate come autoritative, non riuscirono però a sradicare tutti i precedenti manoscritti,
così che tali precedenti manoscritti furono nuovamente copiati e/o tradotti (LXX). Questo processo avvenne per stadi e in modi diversi per ogni
singolo libro, con le complicazioni degli errori o dei cambiamenti che il
normale processo di copia porta sempre con sé. Questo è lo stadio della trasmissione testuale documentato dai testi di Qumran, dove circolavano testi di tradizioni diverse. Si tenga però presente che non tutti i libri della Bibbia presentano una medesima varietà testuale: per alcuni essa è più accentuata, per altri meno.
Questo periodo di pluralità testuale ebbe termine verso la fine del I
secolo d.C. o l’inizio del II per motivazioni prevalentemente religiose e
politiche. La tradizione attestata dal TM fu accettata e fissata dal rabbinismo, unico gruppo religioso ebraico che sopravvisse con le sue antiche
tradizioni alla dominazione romana, mentre la tradizione attestata dalla
versione dei LXX fu accettata dai cristiani e rifiutata dagli ebrei.
Note
. Quando si parla di “testo originale” o “primitivo” (Urtext), si intende la forma primitiva del testo divenuto stabile (e quindi autoritativo), non l’evoluzione letteraria del testo in sé. Quest’ultima evoluzione concerne lo sviluppo patito dal testo stesso prima di
divenire il libro che noi conosciamo (si pensi ad esempio al libro di Isaia). Tali trasformazioni e ampliamenti concernono prevalentemente la critica letteraria.
. Non c’è sicurezza in merito alla prima apparizione di testi vocalizzati. Si presume
un periodo intorno al - d.C. Cfr. B. Chiesa, The Emergence of Hebrew Biblical
Pointing: The Indirect Sources, Peter Lang, Frankfurt am Main .
. Solo in epoca moderna furono riscoperti manoscritti (frammentari) con vocalizzazioni diverse da quella tiberiense, in Yemen e poi soprattutto nel  all’interno della
genizah della sinagoga del Cairo; cfr. P. Kahle, The Cairo Geniza, Blackwell, Oxford .
. Per precisione, si dovrebbe parlare di “testo masoretico” in senso stretto solo in
riferimento al testo medievale comprendente tutto l’apparato masoretico e indicare il solo testo consonantico come testo “proto-masoretico”.
. Note all’interno del testo tramandato che preservano divergenze nel testo consonantico più antiche dei masoreti stessi sono, ad esempio, il cosiddetto ketîv-qerê, i sebirin

.
IL TESTO DELL’ ANTICO TESTAMENTO E I SUOI TESTIMONI
o i tiqqunê ha-soferîm. In generale sull’apparato delle note e dei segni masoretici cfr. J.
Yeivin, Introduction to the Tiberian Masorah, Society of Biblical Literature, Missoula .
. Informazioni e descrizioni dei manoscritti in C. Sirat, M. Beit-Arié, M. Glatzer,
Codices hebraicis litteris exarati quo tempore scripti fuerint exhibentes, vol. I, Jusqu’à ,
Brepols, Turnhout .
. Sulla storia della critica testuale vetero-testamentaria cfr. D. Barthélemy, Critique
textuelle de l’Ancien Testament, vol. I, Éditions Universitaires, Fribourg , pp. *-*;
B. Ognibeni, Il problema ecdotico dell’Antico Testamento ebraico, in “Ricerche storico-bibliche”, , , pp. -; B. Chiesa, Filologia storica della Bibbia ebraica,  voll., Paideia, Brescia .
. B. Kennicott, Vetus Testamentum Hebraicum, cum variis lectionibus,  voll., Clarendon Press, Oxford -.
. G. B. De Rossi, Variae lectiones Veteris Testamenti ex immensa mss. editorumq. codicum congerie haustae et ad Samar. textum, ad vetustiss. versiones, ad accuratiores Sacrae
Criticae fontes ac leges examinatae,  voll., ex Regio Typographeo, Parma -.
. Dal  sono stati pubblicati i libri di Rut, Cantico dei cantici, Qohelet, Lamentazioni, Ester, Esdra, Neemia e Deuteronomio.
. Finora sono stati pubblicati i libri di Isaia (), Geremia () ed Ezechiele
().
. Nessun libro finora è stato pubblicato; esempi e informazioni in http://ohb.
berkeley.edu.
. E. Eshel, H. Eshel, Dating the Samaritan Pentateuch’s Compilation in Light of the
Qumran Biblical Scrolls, in S. M. Paul et al. (eds.), Emanuel: Studies in Hebrew Bible, Septuagint and Dead Sea Scrolls in Honor of Emanuel Tov, Brill, Leiden , pp. -.
. Sui manoscritti del Pentateuco samaritano cfr. in generale R. T. Anderson, Samaritan Pentateuch: General Account, in A. D. Crown (ed.), The Samaritans, Mohr-Siebeck,
Tübingen , pp. -.
. Ad esempio, il rotolo QpaleoEsm espande il testo di Esodo con pezzi tratti dal
Deuteronomio esattamente come il Pentateuco samaritano, ma non cita mai la santità del
monte Garizim. Cfr. J. Sanderson, The Contributions of QpaleoExodm to Textual Criticism, in “Revue de Qumran”, , , pp. -.
. A. von Gall (hrsg.), Der hebräische Pentateuch der Samaritaner, Töpelmann,
Giessen -.
. A. Tal (ed.), The Samaritan Pentateuch, Edited according to MS  (C) of the
Shekhem Synagogue, Tel Aviv University Press, Tel Aviv .
. L.-F. Girón Blanc, Pentateuco hebreo-samaritano: Genesis. Edición crítica sobre la
base de Manuscritos inéditos, Consejo Superior de Investigaciones Científicas, Madrid .
. Per questi dati cfr. E. Tov, A Categorized List of All the “Biblical Texts” Found in
the Judean Desert, in “Dead Sea Discoveries”, , , pp. -.
. Cfr. Id., Die biblischen Handschriften aus der Wüste Juda. Eine neue Synthese, in
U. Dahmen, A. Lange, H. Lichtenberer (hrsg.), Die Textfunde vom Toten Meer und der
Text der Hebräischen Bibel, Neukirchener-Verlag, Neukirchen-Vluyn , pp. -.
. Ovviamente il senso di testimoni “indiretti” si riferisce ai libri scritti originalmente in ebraico (la grande maggioranza), non ai pochi libri scritti originalmente in greco o aramaico (ad esempio Sapienza, Tobia).
. Solo successivamente si aggiunsero ulteriori elementi leggendari sulla traduzione, come quello che i traduttori furono isolati e le versioni, una volta confrontate, risultarono identiche (così già Ireneo).
. I manoscritti di Qumran che concordano con la LXX hanno dimostrato definitivamente tale situazione testuale.
. Solo nel  il cardinale Mercati scoprì, in un palinsesto della Biblioteca Ambrosiana, frammenti di una copia abbreviata della Esapla contenenti cinque colonne di
diversi Salmi. Per un’edizione dei frammenti della Esapla cfr. F. Field (ed.), Origenis

L’ ANTICO TESTAMENTO
Hexaplorom quae supersunt sive veterum interpretum graecorum in totum Vetus Testamentum fragmenta,  voll., Oxford University Press, Oxford .
. Septuaginta: Vetus Testamentum Graecum. Auctoritate Academiae Scientiarum
Gottingensis editum, Vandenhoeck & Ruprecht, Göttingen  ss.
. A. Rahlfs (hrsg.), Septuaginta, id est Vetus Testamentum graece iusta LXX interpretes, nuova ed., hrsg. von R. Hanhart, Deutsche Bibelgesellschaft, Stuttgart .
. L’edizione critica più completa è quella curata da A. Sperber, The Bible in Aramaic Based on Old Manuscripts and Printed Texts,  voll., Brill, Leiden -. Per altre
edizioni critiche di singoli targumi cfr. le indicazioni fornite in R. Le Déaut, J. Robert,
Targum, in Supplément au Dictionnaire de la Bible, vol. XIII, Letouzey & Ané, Paris ,
coll. *-*.
. Secondo alcuni si tratterebbe di una traduzione cristiana o di giudeo-cristiani,
mentre altri sostengono un’origine giudaica della traduzione. Recentemente M. P. Weitzman ha sostenuto che la traduzione sia stata eseguita da una comunità giudaica separata
dal giudaismo rabbinico.
. The Peshi†ta Institute, The Old Testament in Syriac According to the Peshi†ta Version, Brill, Leiden  ss.
. L’edizione critica completa della Vetus Latina rimane ancora quella di P. Sabatier,
Bibliorum sacrorum latinae versiones antiquae, seu Vetus Italica, apud Reginaldum Florentain, Remis -, mentre la nuova grande edizione critica (Vetus Latina. Die Reste
der altlateinischen Bibel nach Petrus Sabatier neu gesammelt und herausgegeben von der
Erzabtei Beuron, Herder, Freiburg i. B.) rimane ancora arretrata per l’Antico Testamento.
. Cfr. infra, par. ...
. L’edizione critica della Vulgata è stata curata dall’abbazia di San Gerolamo in Roma in  volumi (Libreria editrice vaticana, Città del Vaticano -).
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