stefano tondini - Blog Pls2 Scienza del Suono

Anno scol. 2005/2006
Consonanza e dissonanza
Dall‟armonia dei Greci al “modo di comporre
con le dodici note” di Schönberg
Stefano Tondini
1. Scale musicali
Da un punto di vista fisico matematico ciò che determina la struttura di una scala musicale è il
rapporto fra le frequenze delle sue diverse note costituenti.
Nel sesto secolo a.C. , Pitagora propose la scala musicale diatonica, composta da sette note, basata
sui concetti emersi dalle esperienze di armonia fatte con il monocordo.
Note
do
Scala
Rapporto 1
Pitagorica con la
frequenza
di do
re
9/8
mi
81/64
fa
4/3
sol
3/2
la
27/16
si
243/128
do
2
L‟ottava è l‟intervallo tra il suono emesso dalla corda in assenza di ponticello e quello in cui il
ponticello è posto nel punto centrale della corda ( do – do un‟ottava sopra)
I greci definirono l’intervallo di ottava come quello di massima consonanza. In assenza di
ponticello la frequenza fondamentale alla quale vibra la corda è f1. Tale frequenza dipende dalla
lunghezza della corda e dalla velocità di propagazione delle onde nella corda.
La velocità di propagazione delle onde nella corda dipende dalla massa della corda per unità di
T
lunghezza e dalla tensione: v =
, T = tensione della corda , µ=M/L massa della corda per unità.

La frequenza è espressa dalla relazione: f1= v/(2L).
L
Se posizioniamo il ponticello a metà della corda e poi pizzichiamo la corda, il suono emesso ha una
frequenza che è il doppio della precedente. La parola ottava nasce dal fatto che nella scala diatonica,
andando da un do a quello consecutivo che ha appunto frequenza doppia, si contano otto note.
L /2 L/2
L/
Il secondo intervallo che i Greci giudicarono di grande importanza per l‟armonia, dopo l‟ottava, è
quello di quinta perfetta (do – sol) che corrisponde ad un rapporto fra le frequenze uguale a 3/2.
Nel monocordo il ponticello va posizionato a 2/3 della lunghezza della corda e viene pizzicato il
tratto più lungo.
(2/3)L
(1/3)L
Viene poi l‟intervallo di quarta perfetta (do – fa) con un rapporto fra le frequenze uguale a 4/3
che si ottiene posizionando il ponticello a 3/4 della lunghezza della corda e pizzicando il tratto più
lungo
(3/4)L
(1/4)L
Solo molti secoli più tardi ( secondo secolo d.C.), Tolomeo riconoscerà il valore degli intervalli di
terza maggiore (do-mi) con rapporto fra le frequenze uguale a 4/5
(4/5)L
(1/5)L
e l‟intervallo di sesta maggiore (do-la) con rapporto fra le frequenze 3/5.
(3/5)L
(2/5)L
Note
Scala
Pitagorica
Rapporto
con la
frequenza
di do
Scala
Rapporto
naturale (di con la
Tolomeo)
frequenza
di do
do
re
mi
1
9/8
1
9/8
fa
sol
la
si
do
81/64 4/3
3/2
27/16
243/128
2
5/4
3/2
5/3
15/8
2
4/3
Con i nuovi intervalli di Tolomeo, che i Greci chissà perché non avevano ritenuto abbastanza
armoniosi da meritare attenzione, si ottiene la scala naturale o di giusta intonazione nella quale le
note do-mi sol costituiscono l‟accordo triadico maggiore , autentico fondamento dell‟armonia nella
musica occidentale. Questa scala è detta anche dei rapporti semplici o scala zarliniana, per il fatto
che furono gli scritti di Zarlino, attorno alla metà del secolo XVI che ne valorizzarono l‟impiego.
E‟ interessante notare che le note che sembrano dare accordi consonanti corrispondono a frazioni tra
numeri interi, con risultati tanto più gradevoli quanto più i numeri sono piccoli. Ciò fece enunciare a
Pitagora la celebre frase: “I segreto dell‟armonia sta nel magico potere dei numeri”.
Gli schemi pitagorici furono usati soprattutto nella musica liturgica e il canto gregoriano ne è la più
conosciuta testimonianza. Nel 1324, da Avignone, papa Giovanni XXII emanava un editto in cui
disponeva che era consentito l‟uso soltanto di accordi di ottava, quinta e quarta, capaci di arricchire
la melodia ed accompagnare il semplice canto ecclesiastico.
Gregorio XXII era sceso in campo per difendere la tradizioni perché in quei tempi la musica
profana cominciava ad assumere sempre più importanza ed in essa la musica polifonica cioè a più
voci. Nella polifonia venivano usati come perfettamente armoniosi anche gli accordi di terza
maggiore e di sesta maggiore già utilizzati da Tolomeo.
Le esigenze della musica polifonica portarono a modificare ( nel corso del XII secolo ) la scala
diatonica. La trasposizione di un brano da una tonalità, ad esempio di do, ad una superiore o
inferiore, richiede di aggiungere altre note. Nacque così la scala cromatica. In questa scala
compaiono in corrispondenza di una nota altre due note, una di frequenza minore (detta bemolle) e
una di frequenza maggiore (detta diesis). La determinazione della frequenza del diesis N # e del
bemolle Nb di una qualunque nota N mostra che questi toni intermedi hanno frequenza tale da
soddisfare la seguente relazione :
frequenza N #
frequenza N
25


b
frequenza N
24
frequenza N
Ma l‟aggiunta di nuove note se non è un problema per la voce o gli strumenti ad arco è veramente
un problema arduo per gli strumenti a note fisse a meno di non dotarli di un numero spropositato di
tasti. Inoltre persiste sempre la diversità di ampiezza fra i vari intervalli. Ciò significa che il
rapporto fra le frequenze di due note seguenti non è sempre equivalente. Di conseguenza l‟aggiunta
di queste nuove note non risolse la questione polifonica. Si rese necessaria dunque un‟ulteriore
modifica della scala musicale per poter raggiungere finalmente lo “sviluppo verticale” cioè la
sovrapposizione di più linee melodiche
Lo spagnolo Francisco Salinas , nel corso del XVI secolo, costruì uno strumento a tastiera dotato di
ventiquattro note per ottava, strumento che consentiva di suonare in un certo numero di tonalità ,
anche se non in tutte. Egli stesso, tuttavia si rese conto che una tastiera gigante non avrebbe risolto
il problema. Propose quindi di adottare una scala temperata, scala in cui le note fossero aggiustate a
valori che non corrispondevano alla massima consonanza, ma risolvevano in modo decisivo il
problema del cambio di tonalità. Molti musicisti del tempo, soprattutto i francesi ne rifiutarono a
lungo la validità. Johann Sebastian Bach si dimostrò di diverso avviso: ritenendo che la possibilità
di modulare da una tonalità all‟altra fosse una componente essenziale alla vitalità della musica e che
la simmetria e la regolarità nel susseguirsi delle note non fossero errori deprecabili, bensì garanzia
di ordine e trasparenza, egli accolse con pieno favore gli ultimi sviluppi in fatto di scale temperate,
che consentivano di spaziare su tutte le tonalità maggiori e minori. A riprova di ciò, compose il
primo e il secondo libro de il clavicembalo ben temperato, celeberrima raccolta di quarantotto
preludi e fughe, dove ogni pezzo è eseguito in una diversa tonalità della scala cromatica temperata
di modo maggiore e minore.
Dunque nella scala temperata fra due note che delimitano un tono, viene introdotta una sola nota
che è al tempo stesso, diesis della precedente e bemolle della seguente.
In questa scala gli intervalli fra due note successive sono sempre uguali e ciascuna ottava è
costituita da dodici note di frequenza tale da soddisfare la relazione seguente.
f
f
f2
 3  ....... 13  K
f1
f2
f 12
Poiché
f 13
2
f1
, si ha che: K 
12
2  1,05946
Ecco come si presenta l‟ottava di un pianoforte accordato secondo scala temperata. Questa
conformazione è dovuta al cosiddetto “temperamento equabile”, una modifica che ha portato a far
coincidere diesis e bemolle nello stesso tasto.
DO#
REb
DO
RE
RE#
MIb
MI
FA#
SOLb
FA
SOL#
LAb
SOL
LA
LA#
SIb
SI
Questa tabella propone un confronto tra frequenze dell‟ottava centrale, espresse in hertz, della scala
temperata, della scala naturale e della scala pitagorica.
T
261.6
293.7
329.6
347.6
392.0
440.0
493.9
N
264.0
297.0
330.0
349.2
396.0
440.0
495.0
P
260.7
293.3
329,9
352.0
391.1
440.0
494,9
2. Consonanza e dissonanza
Consonanza e dissonanza sono due termini che indicano, senza necessità di spiegazione, quando
l‟emissione simultanea di due suoni separati da un certo intervallo di frequenza produce in noi un
effetto gratificante o viceversa non gradevole o perfino fastidioso.
Dissonante: suono teso, aspro, stridente e non rilassato
Consonante: suono dolce morbido riposante
Ma il problema della consonanza e dissonanza non è liquidabile in poche righe e si manifesta in
modo più evidente ad un orecchio non troppo educato piuttosto che a quello di un intenditore che
abbia frequentato ogni genere di musica, in particolare quella del XX secolo dove l‟uso della
dissonanza e intensamente praticato.
E‟ interessante notare come già Galileo (1564-1642)aveva affrontato questo argomento e sulla base
dello studio della forma ( lunghezza e sezione) delle corde musicali e sulla base di una interessante
interpretazione fisiologica dell‟accordo consonante affermava:
“Consonanti e con diletto ricevute saranno quelle coppie di suoni che verranno a percuotere con
qualche ordine sopra „l timpano; il qual ordine ricerca, prima, che le percosse fatte dentro all‟istesso
tempo siano commensurabili di numero, acciò che la cartilagine del timpano non abbia a star in
perpetuo tormento d‟inflettersi in due diverse maniere per acconsentire e ubbidire alla sempre
discordi battiture”.
Ipertoni o armonici
Quando una corda viene fatta vibrare difficilmente in essa viene prodotto un unico modo di
vibrazione ma per le sue proprietà di risonanza vibra fortemente per quelle lunghezze d‟onda che è
capace di accogliere esattamente. In sostanza la corda vibra simultaneamente per parecchie delle
sue frequenze di risonanza e quindi anche l‟onda emessa dalla corda sarà molto complessa e sarà
costituita da queste stesse frequenze. Questa onda può essere scomposta nelle sue componenti per
mezzo dell‟analisi di Fourier: infatti esiste un teorema che dice che ogni funzione periodica può
essere considerata come una somma con opportuni coefficienti di singole onde sinusoidali.
Perciò l‟analisi di Fourier ci permette di risalire da un‟onda sonora agli effettivi modi di vibrare
della sorgente. Anche il nostro orecchio si può dire che “fa un‟analisi di Fourier” del suono che lo
raggiunge e questo avviene nella coclea. Infatti questo organo del nostro orecchio ha delle zone che
sono più sensibili a determinate frequenze che ad altre e dunque un‟onda complessa
(sovrapposizione di più armonici) stimolerà varie parti della coclea e dunque il suono ad essa
corrispondente sarà percepito in maniera diversa a seconda degli armonici contenuti.
Secondo Helmoltz (1821-1894) un intervallo (cioè un insieme di due note) è consonante quando le
note che lo costituiscono hanno in comune uno o più armonici. Maggiore è il numero degli armonici
in comune maggiore è la consonanza. Sulla base di questa teoria si può dimostrare che gli intervalli
consonanti sono nell‟ordine: l‟ottava, la quinta, la quarta, la terza, la sesta mentre gli intervalli
dissonanti sono la seconda e la settima.
Helmoltz attribuì in massima parte l‟origine delle dissonanze tra note suonate contemporaneamente
all‟eventuale insorgenza di battimenti fra le parziali (gli iperoni o gli armonici).
Per analizzare questo aspetto si può fare un esperimento utilizzando due generatori di suono
armonico puro. Si tiene fissa una delle due frequenze ad esempio f° e si fa variare l‟altra f1verso il
basso e poi verso l‟alto. Il suono risultante dalla sovrapposizione delle due frequenze cambia
notevolmente carattere man mano che partendo dal centro della banda ci si allontana nelle due
direzioni. Dolce e vellutato quando le due onde differiscono poco dall‟unisono , il suono si
trasforma in qualcosa di aspro e rumoroso man mano che le frequenze si separano. I battimenti
inizialmente lenti, si infittiscono divenendo meno tollerabili e conferendo al suono un carattere
stridente. Il massimo di questo effetto si ha a circa un quarto della larghezza della banda critica.
Oltre un certo valore della differenza f1- f° i battimenti diventano così rapidi che non possono essere
colti dall‟orecchio: il suono si ammorbidisce e le note sono chiaramente separate con caratteristiche
gradevoli.
Rameau(1683-1764) pubblica nel 1722 il “Trattato sull‟armonia” che affronta in maniera completa
le regole dell‟armonia. Uno dei concetti base su cui insiste è la presenza negli accordi del basso
fondamentale.
Vediamo che per differenza si genera un do a frequenza 1/2, e un do due ottave sotto a frequenza
1/4: questa subtonica è il basso fondamentale. Il basso fondamentale è una specie di “denominatore
comune” delle tre frequenze che compongono la corda.
Rameau si trova così a fondare il suo concetto di armonia nelle leggi “naturali” che governano la
produzione e la ricezione del suono: è la Natura a fornire le basi per lo sviluppo della Cultura e del
Gusto. Tra ragione e sentimento, tra intelletto e sensibilità, tra natura e legge matematica non c‟è
nessun contrasto, ma esiste di fatto e soprattutto di diritto un perfetto accordo: la musica non è
sufficiente sentirla ma bisogna anche renderla intelligibile nelle leggi eterne che reggono la sua
costruzione. La musica è una scienza che deve avere delle regole stabilite, queste regole devono
derivare da un principio evidente e questo principio non può rivelarsi senza l‟aiuto della
matematica.
3. “Povertà” del vocabolario armonico classico?
altre armonie? Disarmonie?
Nell‟ottocento assistiamo ad un passaggio dall‟oggettività artigianale del settecento alla soggettività
spirituale dei Romantici, con l‟introduzione dell‟elemento irrazionale - psicologico nel campo
razionale - matematico del linguaggio musicale.
Si apre il torrente romantico che inizia con Beethoven e straripa con Wagner.
Wagner (1813- 1883) introduce attraverso il cromatismo il germe della dissoluzione tonale nella
tradizione musicale europea, ponendosi come precursore del processo che sarebbe culminato nella
nuova scuola viennese. Il cromatismo in musica consiste nel frequente uso di alterazioni della scala
diatonica introducendo l‟intervallo cromatico. L‟insistente uso di questa tecnica compositiva in
Wagner pone le premesse per uno scardinamento del sistema tonale, conducendo al superamento
delle strutture gerarchiche in esso implicite e a una parità tra i dodici suoni della scala cromatica.
I musicisti che si mossero nell‟orbita di Wagner sembravano brancolare in un vicolo cieco.
Naturalmente il frantumarsi del campo tonale comportava anche la revisione dei valori stessi e
delle norme che la musica aveva sino allora affermate come visione della vita in tutte le sue
implicazioni spirituali e sociali.
Arnold Schönberg rompe le regole dell‟armonia tradizionale, introducendo nuove sovrapposizioni
di suoni affermando che “non esistono suoni estranei all‟armonia, poiché l‟armonia è formata da
qualsiasi sonorità simultanea di più suoni. (…) Non vi sono limiti alle possibilità dell‟armonia”, ci
sono solo incontri di suoni che possono essere più o meno “duri” da ascoltare. (“Manuale di
armonia”, 1911).
Egli introduce una scala di 12 note (su una tastiera è costituita dai sette tasti bianchi più i cinque
neri), ed elimina la gerarchia tra le note: ogni nota, ogni accordo o sovrapposizione di suoni è
uguale ad una altro e la melodia nasce dall‟accostamento dei singoli suoni per le loro qualità
indipendenti dal rapporto in cui i suoni stanno tra di loro. Ne risulta così un metodo di
composizione antilogico e antinarrativo.
Il percorso musicale parte dalla Verklärte Nacht scritta nel 1899 satura di cromatismo, passa alla
dissoluzione del campo tonale con la Kammersynphonie del 1906 e infine raggiunge la sua fase
acuta con l‟astrattismo dei Sechs kleine Klavierstücke del 1911, dove Schönberg si arresta come
smarrito ed inizia con le successive opere la ricerca di una struttura organica del mondo atonale che
lo porterà infine alla cosciente individuazione del metodo dodecafonico a partire dalla Suite op 25
per pianoforte del 1924.
Con questa teoria Schönberg mette ordine nella totale libertà dell‟atonalità.
La melodia è composta da una serie: le 12 note della scala vengono ripetute in ordine casuale, ma
una nota non può essere suonata nuovamente prima che non si siano sentite le altre 11.
Questa successione di 12 note viene chiamata serie originale;
ad essa si fa seguire
- una serie retrograda: partendo dall‟ultimo suono della serie basilare si raggiunge il
primo suono mantenendo invariato il ritmo e gli intervalli;
-
una serie inversa o contraria: simmetrica all‟originale ma la direzione melodica si
sposta per moto contrario, rispettando ritmo e intervalli;
una serie inversa della retrograda: partendo dall‟ultimo suono della serie inversa o
contraria si raggiunge il primo suono mantenendo invariato il ritmo e gli intervalli;
Theodor W. Adorno nell‟opera – Filosofia della musica moderna – individua nel binomio
Schönberg - Strawinsky l‟essenza della musica moderna.
Infatti la natura della musica moderna si trova impressa unicamente in questi due estremi (ciò
naturalmente non implica necessariamente un giudizio sul valore e neppure sul peso rappresentativo
degli altri compositori che stanno nel mezzo - es. Bela Bartòk).
Agli inizi della loro attività creativa questi due compositori non si differenziano per l‟impatto che
suscitano nel pubblico. La loro musica non solo crea sconcerto ma è angosciosa e sconvolta nel suo
interno. Sin dall‟inizio tuttavia si delinea una opposta tendenza: mentre Schönberg rimane sino
all‟ultimo estraneo all‟alienazione, giungendo attraverso la dialettica della solitudine a concepire la
solitudine come stile, Strawinsky ne diventa invece la personificazione e la sua autenticità
consiste proprio in questa sua qualità pregnante di interprete dell‟alienazione stessa. Arnold
Schönberg spinge alle estreme conseguenze la crisi stessa del Romanticismo; Igor Strawinsky vi
reagisce, proponendo infine un ritorno all‟oggettività preromantica.
Si delineano così due tendenze divergenti.
La prima passa attraverso l‟esperienza espressionista: per Schönberg il campo tonale è un prodotto
esclusivo dell‟arte e non un dono della natura, Strawinsky invece ne afferma l‟universlità e quindi la
sua conformazione assoluta alla percezione sensibile dell‟udito.
Schönberg s‟inserisce nella storia della musica come un continuatore, non come un rivoluzionario.
Adorno parla di progresso non di rivoluzione: l‟unico momento veramente sovvertitore in lui è il
mutamento di funzione dell‟espressione musicale.
L‟essenza della musica non si fonda sul diritto naturale; per questo la psicologia fallisce nei
confronti della musica quando vuole fissare modelli e schemi invariabili.
Il materiale musicale non sta dunque di fronte al compositore nella sua pretesa natura ontologica,
bensì come il risultato di differenti dimensioni storiche che si sono sovrapposte, via via, entro un
determinato campo di esperienza.
E‟ evidente che la posizione del musicista è oggi differente da quella che il Romanticismo aveva
teorizzato: egli non è affatto il libero Creatore che dai mezzi indifferenziati e infiniti del materiale
musicale inventa ogni volta l‟opera d‟arte. Se vuol essere in un presente che guardi al futuro e non
verso un passato prossimo che si atteggia a presente, ogni sua scelta deve essere oggettiva cioè
libera da influenze esterne. Solo attraverso questa radicale oggettività della scelta, egli può divenire
spontaneo, immediato, e finalmente “soggettivo”. Se la scelta risulta ormai impossibile entro il
campo cristallizzato dell‟esperienza “tonale”, bisogna spezzare tale campo e ricomporne un altro
nel futuro. Ma questo è proprio quello che la società industrializzata respinge. La produzione in
serie e la cultura di massa chiedono alla musica quell‟efficacia collettiva che essa ha invece
spezzato sotto la spinta della propria coerenza oggettiva.
Il punto centrale del problema sta però nel passaggio dalla nuova organizzazione musicale alla
soggettività autonoma. Non basta rinnovare una tecnica nella sua totalità per ritrovare le dimensioni
dell‟arte; questo è il pericolo che Adorno vede negli epigoni della dodecafonia, che sembra a sua
volta entrare anch‟essa nel processo dell‟alienazione e perciò dell‟invecchiamento.
Il musicista moderno si trova in una situazione paralizzante: andare oltre nella direzione indicata da
Schönberg diventerebbe una impresa disperata, poiché oggi nessun artista è di per sé in grado di
eliminare la contraddizione fra arte svincolata e società vincolata. Oggi al compositore rimane la
scelta fra il fare il sordo, andando avanti come se la musica fosse ancora musica, oppure esercitare il
livellamento a modo proprio riducendo la musica a uno stato normale, restando possibilmente
fedele alla qualità; ovvero opporsi alla tendenza comune dandosi al partito estremo, con la
prospettiva, ciononostante di lasciarsi di nuovo trascinare entro la corrente ed essere livellato o di
avvizzire nella sua originalità.
La musica rimane pur sempre per Adorno il linguaggio più elevato ed universale della relazione
umana: “als das einer sich entfaltenden “ cioè quale rivelazione di una verità che rende possibile la
comunicazione spirituale più immediata fra gli uomini.
4. Esperimento
Durante un incontro del progetto lauree scientifiche abbiamo fatto un piccolo test d'ascolto,
relativamente ai concetti di consonanza e dissonanza,
L'esperimento è consistito in:
1. ascolto di 10 intervalli, ovvero di coppie di suoni suonati uno di seguito all'altro;
2. ascolto di 10 bicordi, ovvero di coppie di suoni suonati stavolta contemporaneamente.
•
•
•
Ad ogni abbinamento di suoni proposto, si doveva dare un giudizio di gradevolezza (mi
piace “per niente”, “poco”, “abbastanza”, “molto”).
le coppie di suoni del punto 2 sono le stesse del punto 1, solo che nel secondo caso sono
state suonate assieme.
( n° di ascoltatori = 12)
I risultati sono riportati nei seguenti istogrammi.
Analisi dei risultati:
L'ottava: l'intervallo di ottava appare estremamente gradito, ma non riceve altrettanto onore se
suonato come bicordo. Come mai? Una spiegazione potrebbe essere che l'elevata consonanza lo fa
risultare un intervallo “povero”, dato che non “aggiunge” nulla di nuovo, a livello timbrico, al
suono di partenza. Infatti tutti le armoniche del secondo suono (un'ottava sopra al primo, quindi a
frequenza doppia) sono presenti nel timbro del primo suono (sono le sue armoniche pari).
• Una conferma importante la riceve l'intervallo di quinta: considerato da sempre l'intervallo
più piacevole per l'orecchio umano, la V (corrispondente a un rapporto di frequenza di circa 3/2) è
quello che, nel nostro piccolo campione, ha raggiunto il maggior numero di preferenze.
Stupisce un po' il fatto che abbia ottenuto invece risultati deludenti come bicordo.
• Il bicordo più amato è invece la terza (corrispondente a un rapporto in frequenza di 5/4 nella scala
naturale), ed ha un elevato gradimento anche nel test degli intervalli. Questo fatto non deve stupire:
la terza è uno degli intervalli principali per la musica occidentale, ed è uno di quegli abbinamenti
che il nostro orecchio apprezza “naturalmente”.
• Molto bello è il risultato sull'intervallo di II: a parte qualche raro caso, è risultato il meno gradito
nel test sui bicordi. Anche qui, una bella conferma alle teorie sulla “banda critica” per i fenomeni di
consonanza e dissonanza. Il fatto che sia piaciuto come intervallo, senz‟altro è legato alla
naturalezza della sequenza di due toni (sarebbe grave il contrario: le scale risulterebbero
fastidiose...!).
• Non molto apprezzati gli intervalli di VI e VII. In prima analisi, si potrebbe pensare che diano
l'idea di essere rispettivamente una V e un'ottava sbagliate, nel senso che V e VIII sono gli intervalli
che l'orecchio predilige, e che in un certo senso “si aspetta”, quindi questi intervalli “vicini” a quelli
di massima consonanza potrebbero essere interpretati come degli “errori”. Tali intervalli (VI e VII)
piacciono poco anche suonati come bicordi.
• Se le coppie di suoni di V e VI vengono “aumentate” (cioè se aggiungiamo un semitono
all'intervallo che separa le due note), aumenta anche il gradimento come bicordi, mentre come
intervalli non sembrano dare risultati facilmente interpretabili, in particolare l'intervallo V+ crea
giudizi estremamente variegati.
Al di là delle analisi tuttavia, ad un certo punto entra in gioco la soggettività e soprattutto la cultura
musicale:una persona musicalmente preparata, apprezza infatti anche intervalli che a un orecchio
meno educato possono apparire dissonanti.
Interessante è pure l‟analisi di alcuni esperimenti che suggeriscono l‟esistenza di una connessione
tra i meccanismi psicofisici del funzionamento del nostro sistema uditivo e la naturale indiscussa
preferenza che accordiamo all‟armonia basata sulle consonanze classiche:
Esperimenti di riferimento:
1975 Borchgrevink – Oslo prove di consonanza su 34 cavie
1996 Zentner – Ginevra prove di consonanza su 32 neonati
Andrea Frova – Fisica nella musica (Zanichelli) pag. 204
Bibliografia
Andrea Frova – Fisica nella Musica – Zanichelli
Arnold Schönberg – Manuale di Armonia – Il Saggiatore
Pietro Righini – L‟Acustica per il Musicista – Zanibon
Theodor W. Adorno – Filosofia della Musica Moderna - Einaudi