L’INDUSTRIA MUSICALE
All'inizio del XX secolo la musica occidentale è scossa fin dalle fondamenta. Le avanguardie della
musica colta stanno radicalmente cambiando le regole della musica, ma il grande pubblico,
disorientato da novità che non può capire, si rifugia nel passato e ai concerti sono ancora i
compositori del ‘700 e dell’800 i più eseguiti.
Non solo, grazie alle invenzioni della radio e del fonografo, cambiano anche i modi e i tempi di
ascolto della musica stessa. La musica entra ora direttamente nelle case, ampliando soprattutto
il numero di chi apprezza strutture melodiche e armoniche semplici, di facile memorizzazione e
riproduzione strumentale. Del resto mai come in quel periodo era stato facile, per chi volesse
suonare, procurarsi uno strumento e imparare a usarlo.
Si era agli inizi delle comunicazioni di massa e dello sviluppo dei mass-media, il cui compito
principale era appunto quello di coinvolgere il maggior numero di ascoltatori possibile. Uno dei
veicoli più potenti per ottenere questo risultato era, ed è ancora oggi, la musica leggera e
commerciale. Su questi basi nasce e prospera una fiorente industria musicale, fatta di case
discografiche, case editrici, impresari, scopritori di talenti, promotori di eventi, pubblicitari e
musicisti le cui scelte sono spesso dettate più dagli affari che non dall’arte.
Fu così che in Occidente uno stile commerciale erose lentamente le differenze locali e nazionali.
Negli anni Venti e Trenta, compositori come George Gershwin cominciarono a produrre una
forma di jazz “bianco” che influenzò tanto il musical quanto la musica da ballo. Si imposero così
le big bands che fino alla fine degli anni ’40, recuperando pure lo stile latino-americano, furono
una vera miniera d’oro per l’industria musicale.
L’emergere della cultura giovanile nel secondo dopoguerra permise l’apertura e l’espansione di
un vasto mercato. Si sviluppò un nuovo genere dominante: il rock&roll, che combinava
elementi di altri due generi popolari, il country&western bianco e il rhythm and blues nero.
Negli anni Sessanta il gruppo inglese dei
Beatles creò un pop-rock che alle asperità
della protesta giovanile sostituiva melodie
cantabili e raffinate sonorità d’atmosfera.
Più orientata verso il blues e sicuramente
più aspra, invece, la musica dei Rolling
Stones.
Negli anni Settanta gruppi statunitensi e
britannici come i Deep Purple, i Doors, i
Pink Floyd utilizzarono il linguaggio del
rock in composizioni complesse ed
elaborate sotto il profilo armonico e
ritmico. Negli anni Ottanta cantanti come
Sting e Peter Gabriel hanno prodotto
musica che coniuga l’intrattenimento con
uno stile originale, sovente orientato alla
world music.
Sino agli anni Sessanta in Italia la musica leggera non diede vita a produzioni di grande valore
artistico; a parte qualche rara eccezione, essa presentava infatti contenuti di pura evasione con
un linguaggio musicale convenzionale e poco innovativo.
Tra la metà e la fine degli anni Sessanta prese avvio l’importante fenomeno dei cantautori,
autori di testi e musiche oltre che esecutori delle proprie canzoni. Con i cantautori la musica
leggera italiana affronta temi che la collegano a quella europea e americana: i sentimenti non
sono più trattati in chiave banale e consolatoria, ma anche nei loro aspetti problematici e
contraddittori, mentre appaiono spunti di protesta giovanile, critica sociale e impegno politico.