IL CONTRATTO DI SERVIZIO I rapporti intercorrenti tra gli enti locali, da una parte, e le società di erogazione del servizio e le società di gestione delle reti e degli impianti, dall’altra, sono regolati da Contratti di servizio. Il Contratto è, quindi, la chiave di lettura di un affidamento, il paradigma dell’efficienza della gestione del servizio; da ciò deriva il crescente interesse per tale strumento. Dalle clausole di questo accordo emergono il tipo di controllo che un ente locale intende esercitare sulla gestione, le modalità di verifica dei risultati, gli obiettivi e la durata della gestione, i costi dei singoli servizi e i livelli di qualità a cui è tenuto l’affidatario. Sulla natura giuridica, in dottrina è stato ampiamente affrontato il problema della qualificazione pubblicistica che possa derivare al Contratto per via della natura di una delle parti contraenti o, persino, per le finalità di interesse generale che si intendono conseguire mediante la gestione regolata dal Contratto stesso. Il Contratto di servizio è generalmente ritenuto un contratto privatistico, che l’amministrazione pubblica può concludere in virtù della capacità, appunto, di diritto privato che le è tradizionalmente riconosciuta. Gli aspetti pubblicistici “[…] concernenti soprattutto la [fase di] formazione, […] necessari per dare <<evidenza>> al motivo di interesse pubblico”1, sebbene impediscano di poterlo considerare integralmente privatistico, non ne mutano la natura giuridica, da privata a pubblica. In questo contesto, peraltro, vale la pena di precisare la diversa funzione che il Contratto di servizio svolge in ambito interno rispetto a quello comunitario, poiché la medesima terminologia individua due strumenti giuridici diversi. Infatti, mentre il diritto comunitario considera il Contratto di servizio come il mezzo mediante il quale un’amministrazione acquista sul mercato quelle prestazioni che ritiene di interesse generale, il diritto interno lo considera uno strumento di regolazione delle attività di servizio pubblico. In ambito italiano, il Contratto di servizio è stato disciplinato per la prima volta in via generale, con riguardo ai servizi pubblici locali, dal Decreto Legge 26/1995 che ribadiva l’obbligo previsto dalla Legge 142/1990 di iscrivere le Aziende Speciali nel Registro delle imprese: al fine di consentire all’ente locale di esercitare la vigilanza e di verificare i risultati delle Aziende Speciali, il Decreto disponeva che le Aziende stesse fossero dotate anche del piano programma, ovvero di quell’atto “comprendente un Contratto di servizio che disciplini i rapporti tra ente locale ed Azienda Speciale”. Non può considerarsi casuale che il Al riguardo, chiara e puntuale è l’esposizione di C. Marzuoli, Il Contratto di servizio in materia radiotelevisiva: un contratto autentico?, in Il diritto delle radiodiffusioni e delle telecomunicazioni, 2000, n. 3, pag. 753 ss. 1 perentorio richiamo all’iscrizione delle Aziende Speciali e l’introduzione del Contratto di servizio siano contenuti nel medesimo articolo del D. L. 26/1995: il Contratto di servizio ha rappresentato una sorta di compensazione per la maggiore autonomia derivante alle Aziende dall’iscrizione in Camera di Commercio. In altri termini, con il Contratto il legame di strumentalità tra Azienda Speciale ed ente locale muta in un rapporto di tipo negoziale e, di conseguenza, l’attenzione dell’ente locale si sposta dal controllo formale sugli atti delle gestioni al controllo sostanziale dell’erogazione del servizio. In seguito, l’articolo 5 del D.P.R. 533/1996 ha previsto che i rapporti tra l’ente locale e la società a maggioranza privata affidataria del servizio venissero regolati da specifici accordi contrattuali; per la precisione, riferendosi a tali accordi, il Legislatore usava il termine “convenzione”, ma la differenza appare soltanto formale. A partire dalla metà degli anni novanta, il Contratto di servizio, al di là delle varie denominazioni, diventa un’irrinunciabile componente del sistema dei servizi pubblici locali. La riforma dell’articolo 35 ne ha confermato la validità, identificandolo come il migliore strumento esistente per regolare le dinamiche di un affidamento;2 prevedeva che i parametri di qualità, sicurezza e sviluppo del servizio, considerati per l’aggiudicazione dell’eventuale gara, fossero contenuti anche nei Contratti. Recentemente, tuttavia, la sentenza della Corte Costituzionale 272/2004 ha stabilito la competenza delle Regioni e degli enti locali sull’individuazione dei contenuti specifici dei Contratti. L’attuale normativa, quindi, si limita a disporre che i Contratti -allegati ai capitolati in caso di affidamento concorsuale- debbano individuare i livelli dei servizi che la società affidataria è tenuta a garantire e i relativi strumenti di verifica da parte dell’ente locale.3 Ciò consente, peraltro, la più ampia autonomia agli enti locali nella definizione delle modalità di controllo e di regolazione delle attività di servizio pubblico per corrispondere alle esigenze della collettività amministrata, che gli enti locali naturaliter conoscono meglio di qualunque altro soggetto istituzionale a loro sovraordinato. 2 Cfr. Legge n. 448, 28 dicembre 2001, articolo 35, comma 1. Peraltro, il medesimo intento, anche se con una disciplina formalmente diversa, veniva perseguito già dall’articolo 114-ter, comma 5, del D.D.L. C-7042 (cosiddetto Vigneri). 3 D. Lgs. n. 267, 18 agosto 2000, articolo 113, comma 11.