DISPOSITIVI OPTOELETTRONICI

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DISPOSITIVI OPTOELETTRONICI
I componenti optoelettronici sono dispositivi che interagiscono con onde elettromagnetiche di
lunghezza d’onda compresa tra l’infrarosso e l’ultravioletto.
Un dispositivo optoelettronico è un fotoemettitore quando è in grado di convertire energia elettrica
in una radiazione luminosa.
Appartengono a questa categoria:
1. diodi LED
2. dispositivi a cristalli liquidi
Un dispositivo optoelettronico è un fotorivelatore quando l’onda elettromagnetica cioè la
radiazione luminosa ne modifica il comportamento elettrico.
Appartengono a questa categoria:
1.
2.
3.
4.
5.
fotoresistenze
fotodiodi
fototransistor e fotodarlington
celle fotovoltaiche
fototiristori
FOTOEMETTITORI
LED
LED è un acronimo per Light-Emitting Diode (diodo ad emissione di luce). Il primo LED è stato
sviluppato da Nick Holonyak Jr. (nato nel 1928) nel 1962.
Si parla di
VLED se la radiazione emessa cade nella spettro del visibile
( energia superiore a 1,8 eV dipende dal materiale utilizzato)
IRED se la radiazione emessa cade nella spettro dell’infrarosso
(comunicazione dati , sistemi di controllo)
Funzione fisica
Il dispositivo sfrutta le proprietà ottiche, di alcuni materiali semiconduttori, di produrre fotoni a
partire dalla ricombinazione di coppie elettrone-lacuna. Gli elettroni e le lacune vengono iniettati in
una zona di ricombinazione attraverso due regioni del diodo drogate con impurità di tipo diverso, e
cioè di tipo N per gli elettroni e P per le lacune. Il colore della radiazione emessa è definito dalla
distanza in energia tra i livelli energetici di elettroni e lacune e corrisponde tipicamente al valore
della banda proibita del semiconduttore in questione.
Quando un diodo LED viene polarizzato direttamente, gli elettroni e le lacune vengono iniettati
rispettivamente nelle zone P e N, dove si ricombinano con le cariche maggioritarie ivi presenti.
Quando un elettrone si ricombina con una lacuna passa dalla banda di conduzione a quella di
valenza emettendo l’energia acquistata precedentemente per andare in conduzione.
Se tale energia cade nella spettro del visibile noi vediamo la luce emessa.
Quanto più elevata è la corrente, tanto più alto è il ritmo di ricombinazione e quindi l’intensità della
radiazione emessa.
La lunghezza d’onda della radiazione emessa dipende quindi dal salto d’energia necessario per il
passaggio degli elettroni dalla banda di conduzione alla banda di valenza e dai livelli di drogaggio
dei materiali semiconduttori utilizzati.
A causa dello spessore ridotto del chip un ragionevole numero di questi fotoni può abbandonarlo ed
essere emesso come luce. Per aumentare l’efficienza di emissione il diodo viene rivestito con una
sostanza ( di solito una lente di resina epossidica) avente un opportuno indice di rifrazione.
I LED sono formati da GaAs (arseniuro di gallio), GaP (fosfuro di gallio), GaAsP (fosfuro arseniuro
di gallio), SiC (carburo di silicio) e GaInN (nitruro di gallio e indio). L'esatta scelta dei
semiconduttori determina la lunghezza d'onda dell'emissione di picco dei fotoni, l'efficienza nella
conversione elettro-ottica e quindi l'intensità luminosa in uscita.
Assorbimento
Per quanto riguarda gli assorbimenti, questi sono maggiori nei LED comuni rispetto a quelli ad alta
luminosità, secondo la seguente tabella:
Tipologia LED Assorbimento (mA)
LED normali
20 - 40
LED flash
10 - 15
Forza Commerciale
La forza commerciale di questi dispositivi si basa sulla loro potenzialità di ottenere elevata
luminosità (quattro volte maggiore di quella delle lampade flourescenti e a filamento di tugsteno),
basso prezzo, elevata efficienza ed affidabilità (la durata di un LED è di molti ordini di grandezza
superiore a quella delle classiche sorgenti luminose, specie in condizioni di stress meccanici);
inoltre essi non richiedono circuiti di alimentazione complessi, possiedono alta velocità di
commutazione e la loro tecnologia di costruzione è compatibile con quella dei circuiti integrati al
silicio.
Caratteristiche tecniche
In molti casi i LED sono alimentati in continua con una resistenza in serie Rs per limitare la
corrente diretta al valore di lavoro, il quale può variare da 5-6 mA fino a 20 mA quando è richiesta
molta luce. Il valore della resistenza in serie Rs è calcolato mediante la legge di Ohm conoscendo la
corrente di lavoro richiesta If, la tensione di alimentazione Vs e la differenza di potenziale del LED
alla corrente di lavoro data, Vf.
La differenza di potenziale del LED Vf può essere stimata da quella data per una corrente di 20 mA
nel datasheet del prodotto. I LED devono essere fatti operare solo con tensione diretta e non devono
essere sottoposti a tensioni inverse che potrebbero danneggiarli.
In linea generale, quando non si possiede il datasheet specifico, si può considerare per i LED
consueti di diametro 5 mm una tensione Vf pari a circa 2 V ed una corrente di lavoro If prudenziale
di 10-15 mA, fino a 20 mA. Valori superiori di corrente sono in genere sopportati, ma non
assicurano un funzionamento duraturo.
Polarità e controllo di un LED
Il terminale più lungo di un diodo o di un led è l'anodo (+) in contrapposizione quindi al catodo,
terminale più breve. Le polarità vengono inoltre contraddistinte sull'involucro tramite un taglio: se
si guarda infatti il led dall'alto, si può notare come una piccola parte della circonferenza di base sia
smussata. In corrispondenza del taglio troviamo un reoforo che è collegato al catodo del dispositivo.
Generalmente ciò è visibile su led da 5mm o superiori. Nel caso dei led 3mm, si rende necessario
l'uso di un tester in quanto tale taglio (se presente) non è quasi visibile.
Colori
I LED convenzionali sono composti da vari materiali inorganici che producono i seguenti colori:
AlGaAs - rosso ed infrarosso
GaAlP - verde
GaAsP - rosso, rosso-arancione, arancione, e giallo
GaN - verde e blu
GaP - rosso, giallo e verde
ZnSe - blu
InGaN - blu-verde, blu
InGaAlP - rosso-arancione, arancione, giallo e verde
SiC come substrato - blu
Diamante (C) - ultravioletto
Silicio (Si) come substrato - blu (in sviluppo)
Zaffiro (Al2O3) come substrato - blu
Inoltre, la caduta di tensione dei LED è relazionata al colore della luce emessa, come riportato nella
seguente tabella:
Tipologia LED
Caduta di tensione Vi (volt cc)
Colore rosso
1,8
Colore verde
2,0
Colore giallo
1,9
Colore arancio
2,0
Flash blu/bianco 3,0
FOTO RIVELATORI
FOTORESISTENZEI
I fotoresistori sono rivelatori fotoconduttivi sono cioè dispositivi in grado di convertire la radiazione
incidente in un segnale elettrico.
Il fotoresistore è costituito sostanzialmente da pasticche di materiale semiconduttore composto di
tipo N (Cds o PbS solfuro di cadmio o di piombo) sinterizzato. Sulla superficie vengono realizzati
due elettrodi utilizzando tecniche interdigitate.
La radiazione luminosa incidente eccita gli elettroni che passano quindi in banda di conduzione
lasciando lacune in banda di valenza: questo fenomeno è detto effetto fotoelettrico interno. Le
coppie formate con la radiazione si aggiungono a quelle preesistenti, quindi aumenta la
conducibilità e diminuisce la resistenza.
La conducibilità addizionale è detta fotoconduttività, mentre la conducibilità allo stato di
equilibrio, in assenza di luce, è detta dark conductivity ( solo agitazione termica).
I vantaggi sono:
- sono robuste ed economiche
- hanno una buona sensibilità
- offrono valori di resistenza che vanno dal M ( condizione di buio) alle decine ( massima
luminosità)
- vengono alimentate sia in continua che in alternata
I difetti sono:
- i tempi di vita e di decadimento delle cariche in eccesso sono elevati: una fotoresistenza che
viene oscurata dopo essere stata illuminata può impiegare anche qualche secondo prima di
ritornare al valore di dark conductivity.
- lavorano meglio a temperature relativamente basse
- limitatissima banda passante a causa dell’alto tempo di ricombinazione delle copie elettronelacuna quindi non è adatto nelle applicazioni dove è richiesta un'elevata velocità di
commutazione.
FOTODIODI
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I fotodiodi sono comuni diodi a giunzione PN, costruiti in modo che la piastrina di semiconduttore
possa essere raggiunta dalla radiazione. Per questo motivo hanno spesso un rivestimento plastico
trasparente e una lente per concentrare la radiazione sulla giunzione.
La radiazione luminosa incidente incrementa la generazione di coppie elettrone-lacuna, quindi
aumenta il numero di portatori minoritari: agisce da iniettore di portatori minoritari.
In assenza di luce il fotodiodo si comporta come un comune diodo e presenta la stessa caratteristica
I/V, che passa per l'origine. In polarizzazione inversa passa una debole corrente inversa, dovuta alla
presenza di cariche minoritarie di origine termica, che nel fotodiodo viene chiamata corrente di
buio o dark current (0,01 0,1 A fotodiodi al Si).
Una radiazione luminosa provoca un aumento dei portatori minoritari, aumenta la corrente inversa e
la caratteristica I/V trasla verso il basso.
Voc
Isc
Il foto diodo presenta nel III e nel IV quadrante due diversi modi di funzionamento.
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2
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III quadrante: il fotodiodo è un fotoconduttore
R
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2
In questo quadrante il fotodiodo è polarizzato inversamente e, se è sottoposto a radiazione, la
corrente che scorre è prevalentemente fotocorrente, quindi dipende linearmente dal flusso luminoso
incidente. Una delle applicazioni tipiche è quella di interruttore comandato dalla luce.
Al contrario delle fotoresistenze, i fotodiodi hanno tempi di risposta piuttosto brevi (100psec).
Questo lo si ottiene sfruttando strutture particolari: volumi piccoli con zone di svuotamento larghe
(CT basse), la zona di svuotamento dove si producono i portatori responsabili della fotocorrente
deve essere molto vicina alla superficie illuminata in modo che la radiazione sia più efficace.
Generalmente i fotodiodi sono realizzati con una struttura PIN.
Applicazioni:
Il fotodiodo viene utilizzato nelle apparecchiature di misura di intensità luminosa e come sensore
nei circuiti di controllo della luminosità.
CELLE FOTOVOLTAICHE:
Nel IV quadrante: il fotodiodo è un dispositivo fotovoltaico
Nel IV quadrante il fotodiodo viene utilizzato per convertire l'energia luminosa assorbita in energia
elettrica.
In assenza di illuminazione i valori limite del IV quadrante sono la corrente di corto (Isc),
corrispondente a polarizzazione nulla, e la tensione a circuito aperto detta tensione a vuoto (Voc);
la tensione che appare ai capi di un fotodiodo a circuito aperto, ad una data intensità della
radiazione incidente, viene definita f.e.m. fotovoltaica (0,35 0,5V per fotodiodi al Si).
La presenza della f.e.m. fotovoltaica si può spiegare in questo modo: in una giunzione PN a circuito
aperto, non illuminata, la barriera di potenziale si assesta ad una certa altezza definita dall'equilibrio
delle due correnti di cariche minoritarie e maggioritarie. Se la giunzione viene investita dalla luce,
si generano portatori minoritari in più che passano attraverso la barriera e aumentano il valore della
corrente inversa. Poiché in condizioni di circuito aperto la corrente totale deve essere =0, questo
vuol dire che la corrente dei portatori maggioritari deve aumentare della stessa quantità di cui
aumenta quella dei portatori minoritari. Ma questo aumento è possibile solo se diminuisce l'intensità
del campo elettrico a cavallo della giunzione.
In seguito quindi alla radiazione luminosa, l'altezza della barriera di potenziale si abbassa e ai capi
del fotodiodo appare una tensione esattamente uguale all'abbassamento subito dalla barriera di
potenziale (f.e.m. fotovoltaica).
Una cella fotovoltaica si ottiene ponendo direttamente in serie una R ai capi di un fotodiodo;
estrapolando I e V dalla retta di carico si può calcolare la potenza e determinare il valore ottimale di
R in modo da ottenere la potenza massima in uscita per una data illuminazione.
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FOTOTRANSISTOR
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I fototransistor hanno la stessa funzione dei fotodiodi ma presentano una sensibilità più elevata. A
parità di illuminazione si può ottenere una corrente 100 volte più elevata di quella di un fotodiodo.
Trovano quindi larga applicazione dove devono essere rilevate variazioni di intensità luminosa assai
piccole.
Si presentano come transistor incapsulati in contenitori provvisti di una lente che permetta alla
radiazione incidente di agire sulla giunzione collettore-base. Per ottenere la massima sensibilità è
necessario infatti che l'area illuminata sia vicina alla giunzione.
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La connessione della base è a circuito aperto, cioè la base è fluttuante e il
dispositivo si presenta a due terminali.
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In assenza di radiazione incidente
Ic = ( +1) Icbo
Quando la giunzione base-collettore viene illuminata, si generano coppie elettrone-lacuna che
contribuiscono ad una fotocorrente di portatori minoritari che si aggiunge alla precedente Icbo .
Ic = ( +1) (Icbo+ IL)
Quindi la fotocorrente del diodo viene amplificata del guadagno hFE del fototransistor.
In alcune applicazioni la base non viene lasciata aperta, ma fra base ed emettitore viene connesso un
resistore di valore piuttosto grande; questo produce una migliore stabilità termica e migliora il
rapporto luce-buio.
FOTOACCOPPIATORE
La combinazione in uno stesso contenitore di un fotoemettitore (di solito diodo LED) e di un
fotorivelatore ha permesso la realizzazione dei fotoaccoppiatori.
La sorgente di luce è generalmente un diodo LED e il fotorivelatore può essere un fotodiodo, un
fototransistor, un fotodarlington.
Ovviamente le caratteristiche spettrali dell'elemento fotoemittente devono essere uguali a quelle
dell'elemento fotoricevente, in modo da avere la massima efficienza e sensibilità.
La principale funzione circuitale di un opto isolatore è quella di disaccoppiare un segnale in
ingresso rispetto a quello che deve elaborarlo e viceversa. Il parametro che permette di valutare la
capacità di isolamento dell'optoisolatore è la tensione di isolamento.
In figura è rappresentato un fotoaccoppiatore che vede un diodo LED e un fotodiodo realizzati su
due chip diversi ma agglomerati in uno stesso contenitore; si presenta come un quadripolo con un
elevato grado di isolamento elettrico tra circuito di ingresso e di uscita, garantito dalla presenza del
vetro. Il vetro permette anche alla luce di essere assorbita dal fotorivelatore.
I fotoaccoppiatori a fototiristori sono formati da un diodo emittente a infrarossi e da un tiristore
sensibile alla radiazione luminosa. Il fototriac in condizioni di buio è spento. In stato ON può essere
percorso da basse correnti, per cui in genere viene utilizzato per pilotare gate di TRIAC che hanno
prestazioni superiori (relè a stato solido).
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