I CORS N O IeC ESAM COLLANA TIMONE 233/4 ELEMENTI DI STORIA CONTEMPORANEA Dal Congresso di Vienna ai giorni nostri SIMONE EDIZIONI GIURIDICHE ® Gruppo della Editoriale Esselibri - Simone Estratto pubblicazione Estratto della pubblicazione TUTTI I DIRITTI RISERVATI Vietata la riproduzione anche parziale Tutti i diritti di sfruttamento economico dell’opera appartengono alla Esselibri S.p.A. (art. 64, D.Lgs. 10-2-2005, n. 30) Di particolare interesse per i lettori di questo volume segnaliamo: 1/1 1/2 1/3 16/1 16/2 130/1 135 205 248 248/1 248/2 248/3 509/1 LX1 - Prepararsi per l’esame di diritto del Lavoro Compendio di diritto del Lavoro Schemi e schede di diritto del Lavoro Compendio di diritto della previdenza sociale Compendio di diritto del lavoro e della Previdenza sociale La riforma del welfare La riforma del Lavoro Diritti doveri e responsabilità degli impiegati dello Stato Elementi di diritto del Lavoro e Legislazione sociale Elementi di diritto del Lavoro Elementi di igiene e sicurezza del Lavoro Elementi di diritto del Lavoro privato o pubblico Codice del lavoro - Editio minor Lexikon di diritto del lavoro Il catalogo aggiornato è consultabile sul sito: www.simone.it ove è anche possibile scaricare alcune pagine saggio dei testi pubblicati Testo a cura di Luca Oliverio Finito di stampare nel mese di luglio 2008 dalla «Officina Grafica Iride» - Via Prov.le Arzano-Casandrino, VII Trav., 24 - Arzano (NA) per conto della Esselibri S.p.A. - Via F. Russo, 33/D - 80123 - Napoli Grafica di copertina a cura di Giuseppe Ragno Estratto della pubblicazione PREMESSA Questo manualetto si rivolge a tutti gli studenti, di diversi corsi di laurea, sia dell’indirizzo umanistico che giuridico-economico, che devono sostenere l’esame di storia contemporanea. Nella maggior parte dei curricula universitari l’esame di storia contemporanea consiste in un percorso monografico, che costituisce l’oggetto delle lezioni tenute dal docente durante l’anno accademico, e nella conoscenza di tutta la storia dell’Ottocento e del Novecento. Lo studio della vicende del mondo contemporaneo su di un testo universitario, oppure su un manuale dei licei, comporta tempi lunghi che mal si accordano con le esigenze degli studenti di superare gli esami previsti dal piano di studio in tempi ragionevoli. Questo Last minute, come tutti i volumi della collana, viene incontro alle difficoltà degli studenti di apprendere in tempi brevi una disciplina vasta e complessa come la storia degli ultimi due secoli. Pur essendo una sintesi, il testo non tralascia nulla di quanto necessario per comprendere cause ed effetti dei fatti politici ed economici e per tracciare le coordinate spaziali e temporali degli avvenimenti riportati. Un ulteriore sussidio per lo studio è offerto dai corredi didattici presenti all’interno del manualetto: glossari, cronologie, cartine geografiche e approfondimenti, composti questi ultimi in corpo tipografico ridotto per agevolare il ripasso. Estratto della pubblicazione CAPITOLO PRIMO L’ETÀ DELLA RESTAURAZIONE SOMMARIO: 1. Il ripristino dell’ancien régime. - 2. Il Congresso di Vienna. - 3. La Santa Alleanza e il concerto delle potenze. - 4. Il nuovo assetto dell’Europa. - 5. L’assetto dell’Italia. - 6. Le nazioni europee nei primi anni della Restaurazione. - 7. La situazione dell’Italia. - 8. Le società segrete. 1. IL RIPRISTINO DELL’ANCIEN RÉGIME Il periodo storico che va dal Congresso di Vienna (1814-15) alla rivoluzione di luglio in Francia (1830) è detto comunemente età della Restaurazione. Alcuni storici, tuttavia, prolungano l’età della Restaurazione almeno fino all’epoca delle rivoluzioni del 1848. Dopo l’abdicazione di Napoleone, quasi tutti i sovrani europei che erano stati spodestati dalle armate francesi, in applicazione del principio di legittimità sancito dal Congresso di Vienna, ritornano sui loro troni. Il rientro degli antichi sovrani non viene contestato dalle popolazioni, già troppo debilitate da oltre un ventennio di guerre. Una rinnovata alleanza fra trono e altare conduce ad abolire le numerose leggi anticlericali emanate nel periodo rivoluzionario e napoleonico e a ristabilire i tradizionali privilegi di nobili ed ecclesiastici. 2. IL CONGRESSO DI VIENNA Dopo la sconfitta di Napoleone a Lipsia e la partenza dell’ex imperatore per l’isola d’Elba, in Francia viene restaurata la monarchia borbonica nella persona dell’anziano e malato Luigi XVIII, fratello di Luigi XVI. Lo scopo di tutte le potenze vittoriose è quello di ritornare allo status quo ante, aspirazione di cui si fa portavoce il principe Klemens von Metternich, ministro dell’imperatore d’Austria, coadiuvato dal plenipotenziario francese Talleyrand. Metternich propone alle quattro potenze che si erano opposte vittoriosamente a Napoleone — Austria, Prussia, Russia e Inghilterra — di convocare a Vienna un congresso al quale avrebbero partecipato tutti gli Stati europei, 6 Capitolo Primo al fine di determinare un nuovo e più duraturo assetto del continente, e, attraverso un «concerto» delle grandi potenze, impedire per il futuro l’insorgere di conflitti di grande portata come quello insorto a seguito del ciclone napoleonico. Il Congresso di Vienna si apre il 4 ottobre del 1814 anche se viene temporaneamente sospeso durante i Cento giorni del ritorno di Napoleone. Infatti, nel febbraio del 1815 Bonaparte riesce a fuggire dall’isola d’Elba e in marzo approda in Francia impadronendosi, velocemente e senza colpo ferire, della capitale. Riesce a riorganizzare l’esercito, e si scontra in un’epica battaglia a Waterloo, dove viene definitivamente sconfitto da inglesi e prussiani (18 giugno 1815). Successivamente viene esiliato nella lontana isoletta atlantica di S. Elena, dove muore il 5 maggio del 1821. L’Atto finale del Congresso risale al 9 giugno 1815 e con esso si dichiara universalmente l’abolizione della tratta degli schiavi. Ad esso parteciparono tutti gli stati europei, ma le decisioni finali sono adottate dalle maggiori potenze vincitrici del conflitto contro Napoleone: Inghilterra, Russia, Austria e Prussia. Un ruolo notevole è svolto anche dalla Francia, che grazie all’abilità del rappresentante di Luigi XVIII, il visconte di Talleyrand, riesce a sfruttare a suo vantaggio i contrasti diplomatici sorti tra le potenze vincitrici, e a ottenere il ritorno dei Borboni in Francia. Talleyrand riesce a contenere le perdite territoriali del proprio paese e ad impedire che il ruolo di grande potenza internazionale della Francia scada d’importanza. I PRINCÌPI SANCITI DAL CONGRESSO Le decisioni che scaturiscono dai lavori congressuali risultano fondamentalmente ispirate a quattro principi: — il principio di legittimità, sostenuto da Talleyrand, in base al quale si deve tenere anzitutto conto dei diritti dei sovrani legittimi, cioè di quei monarchi che erano stati privati dei loro troni dalle armate rivoluzionarie o da quelle napoleoniche; — il principio dei compensi, in base al quale si deve garantire un adeguato compenso territoriale a quegli Stati che, per motivi politici, sono stati costretti a rinunciare a parti del loro territorio (sotto la pressione di Napoleone). I compensi non avrebbero dovuto alterare, però, l’equilibrio europeo; — il principio dell’equilibrio politico. Concepito solo per favorire le grandi potenze, mira, in particolare, a creare attorno alla Francia una serie di Estratto della pubblicazione L’età della restaurazione 7 Stati-cuscinetto al fine di frenarne eventuali nuove velleità espansionistiche; — il principio di solidarietà tra le grandi dinastie (esclusa la Gran Bretagna), in base al quale esse si impegnano a prestarsi reciproco soccorso nel caso di nuovi tentativi di sconvolgimento dell’assetto europeo concordato a Vienna. 3. LA SANTA ALLENZA E IL CONCERTO DELLE POTENZE La Santa Alleanza nasce nel settembre del 1815 per iniziativa dello zar Alessandro I e viene sottoscritta da Austria, Prussia e Russia. Non vi aderiscono, invece, l’Inghilterra, che considera l’accordo uno strumento messo in campo per accrescere l’influenza russa in Europa e lo Stato Pontificio. Papa Pio VII, infatti, piuttosto diffidente verso lo strano legame istituito tra un sovrano cattolico (l’imperatore austriaco), uno protestante (il re di Prussia) e uno ortodosso (lo zar), non siglò il documento. Anche se non ebbe conseguenze rilevanti sul quadro geo-politico, con la Santa Alleanza si affermò per la prima volta il principio di intervento in base al quale gli Stati aderenti si impegnavano a prestarsi vicendevolmente aiuto e ad intervenire per sedare qualsiasi sommossa che sconvolgesse l’assetto politico e territoriale stabilito dal Congresso viennese fosse minacciato. Maggiore influenza sulle vicende politiche europee di quegli anni ebbe piuttosto la Quadruplice Alleanza. Sottoscritta da Austria, Gran Bretagna, Russia e Prussia nel novembre del 1815, essa prevedeva che le quattro grandi potenze si riunissero regolarmente in congressi per dibattere i vari problemi dell’ordine europeo. Il primo di questi incontri avvenne ad Aquisgrana nel 1818 per valutare l’adempimento da parte francese delle condizioni imposte dal trattato di pace. Per descrivere l’assetto e il clima politico dell’Europa all’indomani del Congresso di Vienna, spesso si parla di concerto delle potenze, sottolineando, così, la consapevolezza maturata dalle maggiori potenze europee della necessità di istituire un sistema di rapporti internazionali in cui le stesse potenze, per conservare lo status quo, potessero intervenire in tutta Europa al fine di mantenere l’ordine europeo. Tale condizionamento si estendeva anche alla politica interna di ciascun paese: la sola adozione da parte di uno stato di istituzioni liberali, contrastanti con lo spirito conservatore che aveva animato il Congresso, doveva essere considerata una minaccia all’ordine restaurato. Estratto della pubblicazione 8 Capitolo Primo La sistemazione politica europea può essere così sommariamente descritta: — l’Austria controlla tutta l’Europa centro-orientale e parte dell’Italia; — la Russia è saldamente attestata ad Oriente ed aperta all’Occidente con l’acquisto della Polonia, la Bessarabia e la Finlandia. — l’Inghilterra, priva di interessi territoriali sul continente, è tuttavia interessata al mantenimento dello status quo, nonché alla difesa dei propri interessi economici e coloniali oltre oceano; — la Francia, nonostante il ridimensionamento territoriale, rimane comunque una forza militare, politica ed economica del nuovo ordine europeo. 4. IL NUOVO ASSETTO DELL’EUROPA L’Europa che esce dal Congresso di Vienna ricalca la sistemazione politica del continente negli anni precedenti il periodo napoleonico. Non mancano, però, dei cambiamenti: — l’Austria riacquista tutti gli antichi possedimenti (ad eccezione degli ex Paesi Bassi austriaci — l’attuale Belgio — che vengono ceduti all’Olanda) e anche il territorio della soppressa Repubblica di Venezia. L’imperatore d’Austria, inoltre, si vede attribuire la presidenza della Confederazione germanica (che, con un’ampia generalizzazione, si può dire che raccolga la lontana eredità del Sacro Romano Impero dichiarato decaduto da Napoleone), i cui membri, costituiti dagli Stati tedeschi, vengono ridotti da più di trecento a soli 39, attraverso un cospicuo accorpamento dei territori; — l’Inghilterra non avanza rivendicazioni territoriali in Europa, ad esclusione di Malta e delle isole Ionie, ma conserva le conquiste coloniali ottenute con le guerre napoleoniche (il Sud Africa e Ceylon, ex colonie olandesi); — la Prussia si ingrandisce a spese della Sassonia e di altri territori sulle rive del Reno (nuovo confine con la Francia); — la Russia ottiene gran parte della Polonia (che costituisce un regno autonomo in unione personale sotto lo zar, proclamatosi dinnanzi alla Dieta di Varsavia sovrano costituzionale del paese), nonché la Finlandia (ex possedimento svedese) e la Bessarabia (ex turca); — la Francia, ricostituita in regno sotto Luigi XVIII, ritorna, pressappoco, ai confini precedenti il 1789; L’età della restaurazione 9 — l’Olanda viene incorporata al Belgio e assume il nome di regno dei Paesi Bassi sotto la corona di Guglielmo d’Orange; — la Svezia perde la Finlandia ottiene in cambio la Norvegia (ex danese); — la Danimarca, il cui re è rimasto troppo a lungo fedele a Napoleone, perde la Norvegia, ma riceve la Pomerania già possedimento svedese; — la Svizzera viene riorganizzata in confederazione e gli altri Stati si impegnano a garantirne la neutralità. 5. L’ASSETTO DELL’ITALIA A) Il quadro geografico L’Italia, dopo il 1815 ritorna, sostanzialmente, sotto le precedenti dinastie: — il Lombardo-Veneto (con Venezia) torna all’Austria e viene amministrato da un viceré; — il regno di Sardegna è assegnato a Vittorio Emanuele I di Savoia e acquisisce – in funzione anti-francese – i territori dell’ex repubblica di Genova; — il granducato di Toscana è assegnato a Ferdinando III d’Asburgo-Lorena; — il ducato di Parma, Piacenza e Guastalla è attribuito in vitalizio alla moglie di Napoleone, Maria Luisa d’Austria; — il ducato di Modena e Reggio è assegnato a Francesco IV d’Este; — la repubblica di San Marino vede riconosciuta la sua secolare indipendenza; — lo Stato Pontificio rimane sotto il controllo del papato (con Pio VII); — il regno delle due Sicilie (ex regno di Napoli) continua a essere retto da un Borbone, Ferdinando I (già re di Napoli con il nome di Ferdinando IV e re di Sicilia con quello di Ferdinando III). A proposito di quest’ultimo regno, va ricordato che Gioacchino Murat, pur essendo diventato re di Napoli nel 1808 grazie a Napoleone, cinque anni più tardi scelse di non seguire l’imperatore francese nella guerra alla sesta coalizione, stringendo, invece, un accordo con l’Austria per conservare il regno. Tale situazione causò un comprensibile imbarazzo tra le potenze riunite a Vienna, dal momento che Murat aveva sì tradito Napoleone, ma restava al potere senza restituire il trono al legittimo sovrano borbone. A togliere le potenze europee dall’imbarazzo, ci pensò lo stesso Murat quando, nel 1815 durante i Cento giorni del Bonaparte, cambiò di nuovo bandiera per riavvicinarsi a Napoleone. La sconfitta dell’imperatore segnò anche la fine politica di Murat che, dopo la sua cattura, venne fucilato. Estratto della pubblicazione 10 Capitolo Primo B) Conclusioni Pur essendo gli storici generalmente concordi nel riconoscere il carattere conservatore e antiliberale del Congresso di Vienna, soprattutto per quanto riguarda il tentativo di ripristinare l’ancien régime senza tener conto né del nuovo ruolo assunto dalla borghesia con la rivoluzione francese né delle aspirazioni nazionali dei popoli, le correnti storiografiche più recenti, tendono a rivalutare gli sforzi compiuti nel tentativo di armonizzare i vecchi ordinamenti con le nuove istanze politiche, sociali e giuridiche. Questo aspetto è particolarmente evidente nel campo della legislazione civilistica, se si tiene conto del fatto che vennero conservate molte delle disposizioni entrate in vigore sotto il dominio di Napoleone che garantivano la tutela di principi di libertà ed eguaglianza e difendevano il diritto di proprietà borghese contro l’invadenza dei pubblici poteri. Bisogna sottolineare, inoltre, che l’assetto europeo stabilito al Congresso di Vienna, fu assai duraturo e determinò un secolo di pace nei rapporti tra gli Stati europei. I conflitti che si verificarono nel periodo precedente la prima guerra mondiale non assunsero, infatti, portata generale, né provocarono sconvolgimenti politici, sociali e territoriali così drastici come quelli dell’età napoleonica. D’altro canto, però, il carattere conservatore delle decisioni prese dall’assemblea congressuale e la sostanziale posizione antistorica delle monarchie restaurate rappresentarono comunque un elemento di notevole instabilità nei rapporti tra i sovrani e il popolo in quanto, la rivoluzione francese e Napoleone avevano permesso di vivere un’esperienza politica molto più avanzata, nell’ambito della quale aveva fatto capolino persino il principio democratico della sovranità del popolo e si erano affermati i principi del rispetto della libertà e della dignità di ogni individuo, che male si conciliavano con il ritorno agli antichi privilegi. Per tali motivi sarebbero in seguito scoppiati violenti moti rivoluzionari soprattutto dove più forti erano le rivendicazioni nazionali e le aspirazioni a sistemi politici più consoni alle esigenze dei nuovi tempi. 6. LE NAZIONI EUROPEE NEI PRIMI ANNI DELLA RESTAURAZIONE A) L’Europa Centrorientale In Francia Luigi XVIII svolge un’azione moderatrice: non revoca le confische rivoluzionarie ai danni della nobiltà e del clero (ma compensa i Estratto della pubblicazione L’età della restaurazione 11 nobili delle confische a suo tempo subite), né abroga il Codice napoleonico. Il re rimane, in teoria, sovrano assoluto e la Carta costituzionale, in quanto «concessa» (octroyée) da lui stesso, resta in linea di principio sempre abrogata; in pratica, però, viene istituita una Camera rappresentativa, eletta da un corpo elettorale ristretto ai soli ceti borghesi. Il regime di Luigi XVIII si scontra costantemente con le spinte fortemente restauratrici dei cosiddetti Ultra che, sostenitori della monarchia più del re stesso, in occasione delle elezioni indette dopo la seconda definitiva sconfitta di Napoleone, scatenano un’ondata di persecuzioni e di terrore (il cosiddetto terrore bianco) che consente loro di conquistare un’ampia maggioranza in parlamento. Il sovrano, però, per scongiurare altri moti rivoluzionari, successivamente scioglie le Camere e riesce a far eleggere un parlamento più moderato. In Austria la Restaurazione assume le forme della repressione più aspra. Metternich si serve dell’apparato burocratico e poliziesco per ripristinare l’autorità assoluta dell’imperatore e schiacciare ogni velleità autonomistica delle diverse etnie dell’impero. Nella Confederazione germanica e in Prussia vengono aboliti tutti gli ordinamenti costituzionali introdotti precedentemente sui modelli francesi. Nello Stato zarista, sebbene il misticismo di Alessandro I alimenti diverse speranze in una politica di riforme, soprattutto dopo la concessione di una modesta autonomia alla Polonia, si ritorna in breve ai metodi dispotici. Alessandro I, infatti, figura tra i principali sostenitori della politica di intervento contro i successivi moti rivoluzionari scoppiati in Europa. B) La Gran Bretagna Tra il 1815 e il 1830 l’Inghilterra è governata dal partito dei tories, di stampo conservatore e composto prevalentemente da rappresentanti dell’aristocrazia terriera. L’altro maggiore partito, quello dei whigs, aveva in realtà la stessa base sociale, per cui soltanto tradizioni politiche differenti lo rendevano più aperto ad istanze liberali. Le esigenze di rinnovamento di una nazione che stava attraversando profondi mutamenti sia sociali sia economici erano invece interpretate dai radicali. Essi, però, non avevano, in questo periodo, una voce forte in parlamento ed erano considerati pericolosi demagoghi da entrambi gli schieramenti maggiori. Come altri paesi europei, anche l’Inghilterrra è percorsa da una ventata repressiva, al punto che, per fronteggiare le lotte operaie (inasprite dalla Estratto della pubblicazione 12 Capitolo Primo grave carestia che colpisce in quegli anni l’Europa), viene sospeso nel 1816 l’Habeas corpus Act, l’antica legge anglosassone in base alla quale l’autorità di polizia era tenuta, entro breve tempo, a portare dinanzi all’autorità giudiziaria le persone arrestate, comunicando i motivi dell’arresto, in modo da scongiurare qualsiasi forma di detenzione arbitraria. Con l’avvento al potere dei tories, di tendenze più liberali, l’Habeas corpus viene ripristinato e l’Inghilterra prende le distanze dalle politiche repressive degli Stati della Santa Alleanza. 7. LA SITUAZIONE DELL’ITALIA Dopo i moti del 1820-21, la Restaurazione viene condotta con particolare severità, non soltanto nei domini austriaci diretti (Lombardo-Veneto, legazioni di Ferrara e Ravenna, ducato di Parma e Piacenza), ma anche nel resto della penisola, nella quale alcuni Stati sono governati da dinastie legate strettamente all’Austria (il ducato di Modena e Reggio e il più liberale granducato di Toscana). Nel regno di Sardegna vengono cancellate le innovazioni introdotte nel periodo napoleonico ed è ristabilito il potere ecclesiastico. Lo Stato Pontificio continua ad essere dominato dai principi romani, grandi proprietari di terre, gestite con sistemi di stampo feudale. Nel Regno delle due Sicilie, ad una feroce persecuzione poliziesca scatenata da Ferdinando I segue, dopo qualche anno, una politica più moderata condotta dal primo ministro, Luigi de’ Medici. 8. LE SOCIETÀ SEGRETE Nelle monarchie restaurate il sistema repressivo della Santa Alleanza non permette alcuna forma di dissenso e vieta ogni tipo di organizzazione politica in grado di mettere in pericolo l’ordine e l’autorità costituita. Per tale motivo gli oppositori del regime politico si riuniscono in società segrete (o sette). I motivi ispiratori e gli obiettivi di tali gruppi sono assai vari. Tuttavia, le società segrete sono accomunante dalla particolare importanza attribuita al problema nazionale e dall’insofferenza nei confronti della dominazione straniera. Esse sono, inoltre, espressione di una comune base sociale, quella della piccola e media borghesia della campagna e della città, le cui aspirazioni L’età della restaurazione 13 di affermazione sociale, mortificate dai regimi restaurati, erano state in parte realizzate da Napoleone che, tra l’altro, premiando talento e capacità, aveva aperto a tutti i cittadini la possibilità di fare carriera. Gli affiliati delle sette sono soprattutto giovani borghesi e militari, ma non manca qualche nobile più aperto alle nuove problematiche. La più importante società segreta italiana, diffusa anche in Francia, è la Carboneria, così denominata perché deriva i propri rituali e le cerimonie di iniziazione dal mestiere dei carbonari. Segue la Giovine Italia, fondata da Giuseppe Mazzini che, pur tenendo segreti i nomi degli adepti, proclama apertamente il suo fine primario: liberare l’Italia dal giogo straniero. Per garantire la sicurezza dei membri ed evitare così delazioni e arresti di massa, tutta l’organizzazione carbonara è improntata alla massima segretezza. Chi aderisce alla setta non soltanto non conosce i nomi dei capi e, spesso, neanche quelli degli altri membri, ma neppure la loro linea di condotta politica. Ciò fa sì che arrivino a confluire nella Carboneria esponenti di opposte fedi politiche. Le sette segrete hanno un ruolo predominante nello scoppio dei moti del 1820-21 e del 1830-31; esse falliscono, tuttavia, il loro obbiettivo, sia per la mancanza di un organico programma politico che per l’inesistenza di un saldo apparato organizzativo. Il fallimento dei moti carbonari segna una battuta d’arresto nel fenomeno delle associazioni segrete, mentre, contemporaneamente, si vanno sviluppando nuove forme di attività politica. Glossario Ultra: nella Francia della restaurazione, fazione ultrareazionaria che intendeva ripristinare le istituzioni monarchiche senza nessuna concessione alle nuove istanze sociali e politiche che andavano emergendo. Cronologia 1814: Apertura del Congresso di Vienna (4 ottobre). 1815: Cento giorni di Napoleone (20 marzo-8 luglio). Nascita della Santa Alleanza (settembre). Nascita della Quadruplice Alleanza (novembre). 1816: Sospensione dell’Habeas corpus Act in Inghilterra. 1821: Morte di Napoleone (5 maggio). CAPITOLO SECONDO I MOTI DEL 1820-21 E DEL 1830-31 SOMMARIO: 1. Le insurrezioni del 1820-21 in Europa. - 2. Le rivolte del 1820-21 in America latina. - 3. I moti del 1820-21 in Italia. - 4. La diplomazia dei congressi e la repressione delle insurrezioni. - 5. Il moto decabrista in Russia e la lotta per l’indipendenza della Grecia. - 6. I moti del 1830-31 in Europa. - 7. Le insurrezioni nell’Italia centrale. - 8. Il panorama internazionale dopo il 1831. 1. LE INSURREZIONI DEL 1820-21 IN EUROPA A) Le cause Le cause della crescente opposizione popolare nei confronti dell’ancien régime vanno ricercate in un complesso di fenomeni storici che maturano all’inizio dell’Ottocento sotto la spinta degli ideali romantici e patriottici. Dopo la fine delle guerre napoleoniche e il Congresso di Vienna, quasi tutti gli Stati europei conoscono un periodo di gravi difficoltà economiche, con forti oscillazioni dei prezzi e una spaventosa carestia che fa molte vittime tra il 1816 e il 1818. La crisi che ne deriva interessa anche il settore industriale inglese per l’impossibilità dei mercati, interno ed estero, di assorbire la produzione delle manifatture tessili, fiore all’occhiello della nascente industrializzazione britannica. Al malcontento delle classi borghesi si unisce anche quello dei militari che, avendo goduto di grande prestigio durante l’età napoleonica, si sentono, ora, ingiustamente messi in disparte. Gli intellettuali, già sostenitori delle idee libertarie dell’illuminismo, sono a loro volta influenzati dagli ideali del romanticismo, in primo luogo l’indipendenza dei popoli oppressi e l’unità nazionale. Le società segrete si propongono di instaurare dei regimi costituzionali, ma l’ eterogeneità degli orientamenti politici presenti nei vari gruppi di cospiratori non impedisce che l’attività delle sette e l’agitazione politica liberale risultino, soprattutto inizialmente, condotte in modo unitario. Estratto della pubblicazione I moti del 1820-21 e del 1830-31 15 B) Il quadro dei singoli Paesi europei Tuttavia, le condizioni per concrete iniziative rivoluzionarie non esistono ovunque. Nel territorio della Germania non ancora unificato, ad esempio, l’azione preventiva dei singoli sovrani consente di esercitare una decisa pressione reazionaria che stronca ogni minaccia sovversiva. In Francia, come detto, la situazione è aggravata della maggioranza conservatrice ultrarealista che nel febbraio del 1820, a seguito dell’assassinio dell’erede al trono, duca di Berry, si aggiudica una significativa vittoria elettorale nelle elezioni tenutesi nello stesso anno. Il governo reazionario, formatosi all’indomani dei moti del 1820-21, sarà profondamente influenzato dalla paura scatenata nei conservatori dalle sollevazioni popolari. In Inghilterra la crisi sociale che si manifesta tra il secondo e terzo decennio dell’Ottocento scaturisce dal fatto che le istituzioni politiche non rispecchiano ancora i profondi cambiamenti sociali ed economici provocati dall’industrializzazione; la maggioranza di governo conservatrice reagì imponendo severe limitazioni alla libertà di riunione e stampa dei cittadini (Six Acts, 1819), sopprimendo l’Habeas corpus e costringendo alla clandestinità i sindacati. Uno dei temi più aspramente dibattuti era la riforma della legge elettorale. Sulla base del sistema vigente di carattere censitario, infatti, avevano possibilità di essere rappresentati quasi esclusivamente gli interessi della grande e media proprietà terriera ed era fortemente limitata, o addirittura negata, la rappresentanza alle città nate intorno ai grandi complessi industriali. Anche in Spagna la Restaurazione provoca un diffuso malcontento. Tornato sul trono nel 1814, Ferdinando VII di Borbone aveva immediatamente revocato la Costituzione di Cadice approvata nel 1812 dal movimento indipendentista riunito nelle Cortes (Parlamento). Il movimento indipendentista era nato nel 1808 a seguito della conquista della Spagna da parte dell’impero di Napoleone. La guerra di indipendenza, cui il popolo spagnolo aveva dato vita, si era protratta fino al 1814, anno in cui, grazie all’intervento britannico, Napoleone viene definitivamente sconfitto e Ferdinando IV può rientrare in patria. Nel quadro di questi sconvolgimenti, l’approvazione della Costituzione nel 1812 aveva rappresentato un importante strumento nella lotta al dispotismo napoleonico. 16 Capitolo Secondo Tale Costituzione, inaugurando un sistema elettivo monocamerale, afferma per primo il principio della sovranità popolare e sancisce la fine del sistema dei privilegi dei nobili e del clero. Il potere legislativo, infatti, viene affidato a un’unica Camera eletta a suffragio universale, a differenza delle altre Costituzioni «concesse» dal sovrano, che prevedono, invece, la presenza di una Camera (Senato) non elettiva, di nomina regia. La notevole crisi finanziaria causata dalla perdita delle entrate delle colonie d’America, che durante la dominazione francese si erano ribellate alla madrepatria, inasprisce ulteriormente il malcontento popolare nei confronti della monarchia. Di questo malcontento si fanno interpreti le forze armate, nei cui ranghi le società segrete avevano molti adepti. Per riportare le colonie d’America sotto la sovranità spagnola, si decide di inviare una spedizione militare e di concentrare delle truppe a Cadice in attesa dell’imbarco. I soldati mobilitati per la partenza, però, sotto la guida di alcuni ufficiali affiliati a sette segrete (Riego e Quiroga), si ribellano il 1° gennaio 1820, dando il via a una serie di insurrezioni che coinvolgono anche altre guarnigioni, cui si uniscono le forze liberali che chiedono il ripristino della Costituzione del 1812. L’agitazione si estende con tale rapidità che Ferdinando VII è costretto a ripristinare la Costituzione e a convocare le Cortes. Il sistema nato dalla rivoluzione, però, è ben presto indebolito dall’instabilità del parlamento, dai complotti della nobiltà e del clero e, soprattutto, dai conflitti sorti tra moderati e radicali. Questi ultimi, in particolare, chiedono una riforma agraria che distribuisca ai contadini la terra dei latifondi. In questa situazione di forte instabilità politica, le colonie dell’America latina approfittano delle difficoltà che investono la madrepatria per dichiarare la propria indipendenza. 2. LE RIVOLTE DEL 1820-21 IN AMERICA LATINA Prima ancora che in Europa, la spinta a modificare l’assetto politico deciso al Congresso di Vienna viene avvertita in America latina, dove nascono movimenti di liberazione nazionale (1816-25) per abbattere il dominio coloniale. In realtà, nelle colonie spagnole e portoghesi dell’America centrale e meridionale la rivoluzione è ormai in atto da un decennio, da quando l’occupazione napoleonica della Spagna ha allentato i vincoli fra le colonie e la madrepatria, consentendo di diffondere anche nelle colonie i principi libertari della rivoluzione francese e le aspirazioni indipendentiste di quella americana. Estratto della pubblicazione I moti del 1820-21 e del 1830-31 17 Il potere economico nelle colonie è prevalentemente nelle mani dei creoli, diretti discendenti dei primi colonizzatori europei) che possiedono miniere e piantagioni e controllano i commerci. Gli indios (gli abitanti originari della regione) e i meticci (nati dall’incrocio tra bianchi e indios) sono in posizione subordinata. Il potere politico è affidato, invece, ai funzionari inviati dalla Spagna che tutelano gli interessi della madrepatria a scapito di quelli dei creoli. La Spagna, infatti, è interessata anzitutto a mantenere il monopolio commerciale con le colonie, ma si preoccupa anche di tutelare almeno i diritti elementari di indios e meticci contro lo sfruttamento indiscriminato dei coloni creoli. Questi ultimi, invece, oltre a sfruttare il più possibile la manodopera e ad opporsi al monopolio, richiedono garanzie politiche più concrete per il mantenimento del proprio predominio economico e sociale. A) I moti interdipendenti dell’America latina Il contrasto tra potere politico e potere economico sarà uno dei fattori determinanti nello scoppio dei moti indipendentisti nelle colonie dell’America latina. Sotto la guida di capi rivoluzionari come Francisco Miranda (17561816), Simón Bolivar (1783-1830) e José de San Martin (1778-1850), nascono in diversi paesi eserciti rivoluzionari che rappresentano l’elemento decisivo nella guerra di liberazione. La Restaurazione in Spagna fa segnare al movimento indipendentista solo una breve battuta di arresto e ben presto le rivolte riprendono in Argentina diffondendosi in tutta l’America latina con esito vittorioso. Tra il 1816 e il 1825 raggiungono l’indipendenza l’Argentina (nel 1816), dalla quale si staccano gli attuali Stati del Paraguay e dell’Uruguay; il Cile (1818); la Repubblica colombiana (1819), che comprende gli odierni Venezuela, Colombia ed Ecuador; il Perù (1821) e la Bolivia (1825). Anche in America centrale vari territori si proclamano indipendenti dalla Spagna (1821) riunendosi in una confederazione (Guatemala, Salvador, Honduras, Nicaragua e Costarica), mentre, più a nord, si proclama indipendente anche il Messico (1821). Il Brasile, invece, si distacca pacificamente dal Portogallo, dove don Pedro, figlio del re portoghese Giovanni VI e reggente del paese, viene proclamato imperatore costituzionale nel 1822. Il successo delle rivoluzioni indipendentiste è favorito in particolare dall’atteggiamento di Gran Bretagna e Stati Uniti che si oppongono ai progetti di restaurazione in America (incoraggiati, invece, da Spagna, Francia e Russia). La Gran Bretagna è interessata soprattutto a rompere il monopolio ispano-portoghese per commerciare liberamente con i paesi dell’America latina. Estratto della pubblicazione 18 Capitolo Secondo B) Gli Stati Uniti e la Dottrina Monroe Gli Stati Uniti, oltre alla simpatia per le nuove repubbliche, manifestano anche l’intenzione di sfruttare le possibilità politico-economiche che la crisi del sistema coloniale spagnolo può offrire, acquistando la Florida dalla Spagna nel 1819 e impadronendosi di vari territori messicani (Texas, Nuovo Messico, Arizona e California) e, comunque, a divenire il Paese-guida del nuovo continente. Al 1823, risale, infatti, l’enunciazione della cosiddetta Dottrina Monroe (presentata dal presidente statunitense James Monroe al Congresso), nella quale si afferma il principio «L’America agli americani» secondo cui gli Stati Uniti, come non sarebbero mai intervenuti militarmente in Europa in una guerra che avesse interessato unicamente gli Stati europei, così non avrebbero tollerato alcun intervento europeo sul territorio americano contro Stati ormai sovrani. D’altra parte sia la Gran Bretagna sia gli Stati Uniti si adoperano per contrastare la nascita di una confederazione tra i paesi di recente indipendenza, ritenendo più conveniente intrattenere relazioni con più Stati piccoli e divisi, piuttosto che con una confederazione che i rivoluzionari avrebbero voluto creare proprio sul modello di quella statunitense. Uno dei principali fautori del progetto confederativo è Simón Bolivar detto il Liberatore, che tenta di realizzare l’unione degli Stati sudamericani. Tuttavia, i contrastanti interessi economici e la mancanza di ideali politici unitari rendono estremamente ardui gli sforzi di chi crede nella realizzazione della confederazione. Il progetto confederativo, dunque, fallisce e si scatenano forti rivalità all’interno degli stessi gruppi dirigenti degli Stati latino-americani. L’America meridionale è successivamente caratterizzata da una costante instabilità politica, destinata a sfociare in ripetuti pronunciamenti (cioè insurrezioni militari). Continua inoltre a persistere, sempre più drammatico, lo squilibrio tra la classe dei ricchi proprietari e la massa dei lavoratori della terra (campesinos) che vivono ai limiti della sopravvivenza. 3. I MOTI DEL 1820-21 IN ITALIA A) Nel Regno delle due Sicilie In Italia le prime rivolte scoppiano nel Regno delle due Sicilie e, come già in Spagna, l’iniziativa parte da ufficiali dell’esercito. Le condizioni del regno erano rese intollerabili, oltre che dagli eccessi della Restaurazione e dalla crisi agraria di quegli anni, da una politica doganale subordinata agli interessi delle grandi potenze. Estratto della pubblicazione I moti del 1820-21 e del 1830-31 19 Il 2 luglio del 1820 due giovani ufficiali di cavalleria Silvati e Morelli, ispirati dal sacerdote Minichini, tutti affiliati alla Carboneria, sollevano alla rivolta una guarnigione di cavalleria di stanza a Nola e muovono verso Avellino reclamando una costituzione simile a quella spagnola del 1812. La sommossa si allarga rapidamente e ben presto altri ufficiali che avevano servito sotto Murat si uniscono alla lotta. Il più celebre fra questi è il generale Guglielmo Pepe, che si mette a capo degli insorti. Il re Ferdinando I (già Ferdinando IV), costretto dagli eventi, promulga la Costituzione e ad essa giura fedeltà il 13 luglio 1820. Anche in Sicilia, a Palermo, verso la metà di luglio scoppia una rivoluzione che assume, però, una connotazione di stampo indipendentista e aumenta le difficoltà per il governo costituzionale napoletano. Ostile sia alle tendenze separatiste che alle eventuali richieste di una limitata autonomia per la Sicilia, lo stesso esecutivo partenopeo invia nell’isola prima il generale Florestano Papa, fratello di Guglielmo, poi Pietro Colletta, che riesce a stroncare la rivolta. I moti che scoppiano nel Regno delle Due Sicilie sono caratterizzati da una serie di elementi di conflittualità che ne minano sin dall’inizio le possibilità di successo. Il movimento separatista siciliano può essere considerato uno di tali elementi, a cui si aggiunge la forte differenza di vedute che separava i rivoluzionari dagli ex funzionari murattiani, con i quali i carbonari si alleano perché li ritengono molto preparati nell’amministrazione dello stato. La frattura era piuttosto profonda: i primi, infatti, liberal-democratici, chiedevano riforme incisive ed immediate, propugnando una rigida restrizione dei poteri regi, mentre gli ex murattiani, contrari a drastiche svolte in senso democratico, auspicavano un governo moderatamente costituzionale o una sorta di assolutismo illuminato aperto alla collaborazione con la borghesia. Nel frattempo si viene affermando anche la borghesia agraria, un ceto economicamente agiato che trae la propria ricchezza dalle campagne. Proprio nelle campagne il governo napoletano si dimostra particolarmente cauto, assumendo un atteggiamento non repressivo quando alcune terre sono occupate dai braccianti. Ciò contribuisce ad evitare il pericolo di violente rivolte contadine, come si erano verificate nel periodo dell’occupazione francese. B) Nel Lombardo-Veneto Le rivoluzioni in Spagna e a Napoli danno coraggio anche ai liberali lombardi che cercano di organizzare un movimento di opposizione all’Austria e di ottenere una Costituzione. 20 Capitolo Secondo Il musicista Pietro Maroncelli cerca di istituire una vendita carbonara a Milano, ma viene scoperto nel 1821, arrestato e condannato a morte insieme allo scrittore Silvio Pellico. La pena è poi commutata in dieci anni di carcere duro da scontare nella fortezza dello Spielberg a Brnö in Moravia. La dura esperienza del carcere, che si conclude con la grazia imperiale e il ritorno in patria nel 1830, viene raccontata da Pellico ne «Le mie prigioni», opera letteraria di grande popolarità, che esercita notevole influenza ideologica sul movimento risorgimentale. Fallisce anche la cospirazione ispirata da Federico Confalonieri della setta dei Federati che si propone di unire Lombardo-Veneto e Piemonte sotto la monarchia sabauda (da trasformare in monarchia costituzionale). C) In Piemonte In Piemonte i liberali organizzano un piano che si propone come obiettivo la promulgazione di una Costituzione e, contemporaneamente, l’intervento dell’esercito piemontese in Lombardia a sostegno di una progettata rivoluzione antiaustriaca. Il 10 marzo 1821 la guarnigione di Alessandria insorge e le agitazioni si estendono ben presto alle altre province piemontesi. Il re Vittorio Emanuele I preferisce abdicare in favore del fratello Carlo Felice piuttosto che concedere la Costituzione. Poiché Carlo Felice è temporaneamente assente, si decide di affidare la reggenza al giovane aspirante erede al trono, Carlo Alberto, principe di Carignano (ramo cadetto dei Savoia). Alcuni tra i più importanti liberali piemontesi, il conte Santorre di Santarosa e il conte Cesare Balbo, avevano già preso contatti in precedenza con Carlo Alberto, che assunse il preciso impegno di concedere, previa approvazione del re, una Costituzione sul modello spagnolo (13 marzo 1821). Carlo Felice, però, sconfessa l’operato del nipote e ingiunge al giovane principe di recarsi a Novara, dove sono accasermate le truppe rimaste fedeli alla monarchia. Carlo Alberto sembra allora schierarsi al fianco dei rivoluzionari per organizzare la resistenza. Contemporaneamente, però, si adopera per la controrivoluzione, tant’è vero che all’improvviso fugge a Novara per raggiungere lo zio Carlo Felice, allontanandosi dai liberali che aveva appoggiato, e guadagnandosi per tale atteggiamento il soprannome di Re tentenna. Estratto della pubblicazione I moti del 1820-21 e del 1830-31 21 4. LA DIPLOMAZIA DEI CONGRESSI E LA REPRESSIONE DELLE INSURREZIONI A) I singoli Congressi Scoppiati i moti, il meccanismo repressivo deciso dalla Santa Alleanza scatta in tempi brevi inaugurando il «concerto europeo» che non perde tempo per riunirsi. Così, già nel novembre del 1820, Metternich convoca le grandi potenze al Congresso di Troppau, nel corso del quale cerca di imporre un principio che le autorizzi ad intervenire negli Stati dove erano state introdotte delle riforme rivoluzionarie, ma Francia e Inghilterra rifiutano di aderirvi. Nel gennaio del 1821, Metternich convoca allora il Congresso di Lubiana, al quale viene invitato anche il re delle due Sicilie, che chiede l’intervento degli austriaci per ristabilire l’ordine a Napoli. Alla fine di marzo del 1821, gli austriaci entrano nel capoluogo partenopeo senza trovare un’efficace resistenza. Il parlamento costituzionale si scioglie e viene restaurato l’assolutismo borbonico. Anche Carlo Felice chiede l’aiuto austriaco per ristabilire l’ordine nel Regno di Sardegna. La resistenza del governo provvisorio non riesce a fermare le armate austriache e il re sabaudo, rientrato nella capitale, dà vita a una violenta reazione. Dal 9 al 14 ottobre 1822, la Santa Alleanza convoca il Congresso di Verona, al quale partecipano le maggiori potenze europee. A Verona le armate francesi si assumono il compito di abbattere il regime costituzionale spagnolo diventato un pericoloso esempio per tutti i movimenti rivoluzionari in Europa. Il 31 agosto 1823, assediata dalle truppe francesi, cade la fortezza spagnola del Trocadero. Il re di Spagna, Ferdinando VII scatena una sanguinosa reazione e numerose sono le impiccagioni e i linciaggi a danno dei rivoltosi. B) Il fallimento dei moti In definitiva, va detto che il fallimento dei moti del 1820-21 è dovuto, in parte, alla mancanza di pianificazione che li accompagna e alla loro matrice regionale. Inoltre, come scrive Villari, «al costituzionalismo non si era accompagnata un’adeguata consapevolezza dei problemi economici, sociali e politici che dovevano essere affrontati. Era mancata, infine, la possibilità di trasformare in adesione l’attesa delle masse [...] e mobilitarle nella resistenza e nella guerra contro lo straniero». 22 Capitolo Secondo In conseguenza dei moti in Italia si rafforza ancora di più il predominio austriaco, sia direttamente (nei territori governati dall’Austria) che indirettamente (con il sistema di alleanze che legano i diversi Stati della penisola all’impero austriaco). Le rivoluzioni del 1820-21 mostrano comunque l’impotenza degli Stati e dei regimi assolutistici nel far fronte, da soli, alle rivendicazioni libertarie dei popoli soggiogati. Anche in Francia si affermano le forze più reazionarie, mentre Austria, Prussia e Russia, che assumono il ruolo di «gendarmi d’Europa», si incaricano di garantire il mantenimento dell’assetto idealizzato dal Congresso di Vienna. 5. IL MOTO DECABRISTA IN RUSSIA E LA LOTTA PER L’INDIPENDENZA DELLA GRECIA A) La prima rivoluzione Russa L’esperienza rivoluzionaria francese fa proseliti anche all’interno dell’esercito russo, dove il colonnello Pavel Ivanovič Pestel organizza una società segreta, la Società del Sud, che auspica l’abbattimento dell’autocrazia zarista, la concessione di una Costituzione, la distribuzione delle terre e la liberazione dei contadini, ancora soggetti alla servitù della gleba. In occasione della morte dello zar Alessandro I, la Società del Sud tenta di sollevare una rivolta dell’esercito nel dicembre del 1825 (dal nome russo per il mese di dicembre deriva l’appellativo di «decabristi» dato ai congiurati). Il nuovo zar, Nicola I, reprime nel sangue la ribellione. B) L’indipendenza della Grecia e la questione d’Oriente Parallelamente agli avvenimenti russi, si svolgono le vicende relative alla lotta per l’indipendenza della Grecia. Lo Stato ellenico fa parte dell’impero ottomano alla cui dominazione è assoggettata con grande insofferenza. Alcuni patrioti, già nel 1814, fondano una società segreta, l’Eteria, con l’appoggio dei commercianti greci di Costantinopoli (detti Fanarioti, dal nome del quartiere dove abitano, il Fanarion) e della Chiesa ortodossa. Nel marzo del 1821, viene anche lanciato un appello alla lotta per l’indipendenza greca, la quale si inserisce nella più ampia e delicata questione d’Oriente, ovvero in quel complesso gioco diplomatico e militare delle Estratto della pubblicazione I moti del 1820-21 e del 1830-31 23 maggiori potenze europee interessate ad aumentare la loro influenza sui Balcani a spese del decadente impero turco. L’impero della Sublime Porta, infatti, è in crisi già dal XVIII secolo e le potenze europee, desiderose di estendere il proprio dominio sui possedimenti del sultano, sono anche preoccupate della possibilità che del disfacimento dell’impero ottomano possa avvantaggiarsi solamente uno Stato, a discapito degli altri, compromettendo, così, l’equilibrio europeo nei Balcani. L’impero turco è, all’inizio del XIX secolo, ancora molto vasto e si estende, oltre che nei Balcani, anche in buona parte del mediterraneo orientale, dalla Siria, all’Egitto all’Algeria. In realtà, il potere del sultano è quasi esclusivamente formale, in quanto i califfi delle province nelle quali l’impero è diviso, pur dichiarandosi vassalli del sultano, sono di fatto completamente indipendenti dalla madrepatria. Sia la Russia che l’Austria intendono espandersi nei Balcani, approfittando della debolezza turca e dello scontento delle popolazioni balcaniche, quasi tutte di religione cristiano-ortodossa, le quali anche per motivi religiosi vogliono sottrarsi alla dominazione islamica. La Russia, in particolare, mira ad acquisire uno sbocco sul Mediterraneo. Per impedire un drastico mutamento dello status quo, i cui esiti sarebbero stati incerti, Francia e Inghilterra danno vita ad una intesa (éntente cordiale) ed intervengono a più riprese nella zona, esercitando un’influenza moderatrice soprattutto sulle aspirazioni di espansione della Russia. Nella prima metà del 1821 fallisce un tentativo di sollevazione nelle province turche della Morea e dell’area danubiana. I ribelli, però, formano un governo provvisorio: il 1° gennaio del 1822 proclamano l’indipendenza della Grecia e rivolgono un appello all’Europa cristiana per ricevere aiuto, incontrando la solidarietà dei patrioti europei e di molti uomini di cultura che vedono negli insorti anche gli eredi della Grecia classica, antica culla della civiltà occidentale. In nome di un ideale di solidarietà per il popolo greco giungono in Grecia numerosi patrioti europei a combattere per l’indipendenza ellenica, tra i quali Lord Byron (ucciso a Missolungi) e Santorre di Santarosa. L’intervento anglo-franco-russo a sostegno della Grecia porta poi a una vera e propria guerra con la Turchia, la cui flotta viene distrutta in uno scontro navale nella baia di Navarino (1827). Con il trattato di Adrianopoli del 1829 viene sancita la fine della guerra e dichiarata l’autonomia della Grecia (che ricopriva solo una parte degli attuali confini) sotto il protettorato di Francia, Gran Bretagna e Russia. L’anno successivo la Conferenza di Londra istituisce il regno indipendente di Gre- 24 Capitolo Secondo cia (in realtà sottoposto, per molti versi, ad una sorta di tutela anglo-russa) affidando la corona al Sovrano Ottone di Baviera. 6. I MOTI DEL 1830-31 IN EUROPA Le aspirazioni libertarie che erano state soffocate nel 1820-21 riesplodono con violenza dieci anni dopo, ma questa volta in alcuni Stati europei determinando il definitivo abbattimento delle forze dell’ancien régime. Con i moti del 1830-31, in genere, gli storici considerano conclusa l’età della Restaurazione. A) Caduta di Carlo X in Francia e ascesa di Luigi Filippo d’Orleans Nel 1824, alla morte di Luigi XVIII, sale al trono di Francia uno dei più convinti fautori della Restaurazione, Carlo X, il quale tenta di ridimensionare ulteriormente le libertà costituzionali. Il nuovo re espelle dall’esercito molti generali che hanno servito sotto Napoleone, indennizza gli aristocratici ai quali sono stati confiscati beni durante la rivoluzione, decreta la pena di morte per chi abbia compiuto atti sacrileghi contro la religione cattolica e restituisce alla Chiesa il controllo delle scuole e dell’educazione. L’opposizione borghese si organizza in numerose sette segrete, alcune delle quali di ispirazione bonapartista. Le elezioni del 1827 danno la maggioranza ai moderati; ciò nonostante, Carlo X affida il governo a un convinto sostenitore della Restaurazione, il principe di Polignac, e intanto, per distogliere la popolazione dai problemi interni, inaugura una campagna di conquista coloniale in Algeria. Anche alle elezioni del 1830 si afferma una maggioranza moderata, ma Carlo X, malgrado ciò, inasprisce la sua politica repressiva: il 25 luglio viene sospesa la Costituzione e soppressa la libertà di stampa; contemporaneamente, si provvede a sciogliere il Parlamento e a indire nuove elezioni. Immediatamente la popolazione parigina insorge e, dopo tre giornate di lotta (les trois glorieuses), il re si vede costretto a fuggire. La monarchia viene abbattuta con facilità perché Carlo X, nell’intento di restaurare l’ancien régime, non ha fatto che accrescere il numero dei suoi oppositori. Il parlamento dichiara decaduta la dinastia borbonica e proclama re Luigi Filippo d’Orléans. Estratto della pubblicazione