LE “DIMORE FILOSOFALI” DELLA TUSCIA DEL XVI SECOLO Parte

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LE “DIMORE FILOSOFALI” DELLA TUSCIA DEL XVI SECOLO
Parte III: I dipinti ermetici della chiesa di Sant’Anna a Farnese
di Paolo Galiano©
La chiesa di Sant’Anna1, così rinominata nel 1603 dalla sua originale intitolazione a S. Maria della
Cavarella, il cui nome derivava da una tagliata etrusca che corre vicino alla chiesa, costituisce il più
completo esempio di come nella famiglia Farnese l’interesse per l’Ermetismo fosse profondo (e
probabilmente non solo per curiosità).
La chiesa sorge nell’angolo della Y che si viene a formare dall’incrocio di due vie provenienti dai
paesi del Ducato di Làtera che si uniscono per raggiungere Farnese a circa 500 mt. dall’abitato, e
con la facciata d’ingresso orientata verso sud. FIG. 1
La sua posizione, dovuta alla conformazione del luogo, forse non fu casuale, considerato il
significato della Y nel simbolismo (si pensi alla forma della lettera, la quale indica il passaggio
dalla duplicità alla unità, ma anche alla Y pitagorica, iniziale di Ygieia); la forma è quasi quella di
un cubo, misurando mt. 7,60 x 6,40, su cui un tetto diviso in quattro vele porta per mezzo di un
tamburo ottagonale alla piccola lanterna emisferica che costituiva l’unica fonte di luce originaria2.
Essa fu costruita non dal duca Mario Farnese ma dal comune del paese nel 1577 per i disegni di un
maestro muratore di nome Sallustio di Bernardino di Giovanni Angelo di Siena3, come risulta dai
documenti originari, ma non si può non rilevare il simbolismo architettonico nel passaggio dal cubo
(terra) all’emisfera della cupola (cielo) attraverso le quattro divisioni del tetto (i quattro Elementi) e
il tamburo ottagonale (otto è numero del compimento, i sette giorni della creazione biblica più il
giorno della Resurrezione).
Un elemento in apparenza incoerente è la cornice di una porta esterna presente sul lato est
dell’edificio FIG. 2: essa corrisponde all’interno ad un incavo della parete (presente anche sul lato
opposto) ma dal punto di vista funzionale, in apparenza, non vi era necessità di una porta laterale
per una costruzione così minuscola. Si potrebbe forse pensare ad una “falsa porta”, analoga a quella
1
Segnalo sia per la storia che per la descrizione di Sant’Anna RICCI Anton Maria Panico, un pittore emiliano alla
corte dei Farnese in Maremma e in particolare il cospicuo ed interessante lavoro di BARAGLIU Alle radici delle
simbologie alchemiche ed esoteriche di Sant’Anna, ambedue in GIANNARINI et al. Un insolito percorso tra arte ed
alchimia, pubblicato a cura dei Comuni di Farnese e di Ischia di Castro e della Fondazione Carivit, s.l. s. d.
2
Le due finestre che si aprono sulla facciata sud sono state aperte in un tempo successivo (comunicazione personale del
Dr Baragliu).
3
RICCI op. cit.
1
presente nelle tombe egiziane fin dalla I Dinastia, attraverso cui si realizzava il passaggio fra il
mondo umano e quello divino, questo ben si collegherebbe al probabile significato della parete est,
di cui si dirà più avanti.
Alla fine del ‘500 Mario Farnese diede incarico al pittore Antonio Maria Panico di affrescare la
chiesa con l’aiuto dello stuccatore Pompeo di Marco Antonio Pazzichelli4: il Panico, allievo o
comunque in rapporti con Annibale Carracci, altro pittore ermetico ben più conosciuto di lui, era al
servizio del Farnese almeno dal 1596, anno in cui affrescò la cappella del Rosario nella chiesa del
SS. Salvatore5, ed ha lasciato numerose opere nel Viterbese sia nei possedimenti di Mario che in
altri paesi della regione, opere nelle quali si ritrovano a volte tratti esoterici (come si è detto
parlando delle chiese di S. Maria delle Grazie e del SS. Salvatore a Farnese), ma è in Sant’Anna che
la sua espressione ermetica raggiunge l’acme.
Il ricchissimo simbolismo delle pitture e degli stucchi lascia perplessi sulla loro significazione, ma
d’altronde si sa che ogni opera ermetica segue un suo proprio linguaggio, a volte anche in apparente
contrasto con testi ed illustrazioni sullo stesso argomento, per cui è necessario di volta in volta
cercare la chiave di lettura della singola opera in studio. Nel caso di Sant’Anna si è sempre indicato
il significato della singola figura ma non si è mai cercato di leggere nel suo insieme l’apparato
pittorico. Leggere, perché ritengo che le quattro pareti della chiesa altro non siano che le pagine di
un libro di Ermetismo scritto in forma figurata per lasciare un preciso messaggio che deve essere
decodificato da coloro che ne hanno la capacità.
Gli affreschi del Panico coprono le quattro vele in cui è diviso il soffitto di Sant’Anna, mentre le
pareti sono state lasciate spoglie e appena decorate da cornici di stucchi, tranne quella di fondo
FIG. 3, dove si trova la quattrocentesca immagine della Madonna della Cavarella accompagnata da
due affreschi del Panico, a sinistra S. Giovanni Battista e a destra S. Francesco, con due piccoli
dipinti monocromi, sopra il primo il Battesimo del Giordano, sopra il secondo Francesco che riceve
le stigmate. Le immagini principali delle quattro vele sono dedicate a Maria, o meglio tre di esse
4
Che costui fosse in rapporto con il Duca Mario lo conferma un documento del dicembre del 1605 in cui sono nominati
i maestri Pompeo Pazzichelli e Alessandro Faziolo perché pagati dal Farnese per la stima di una casa, che doveva essere
demolita per far posto agli ampliamenti del palazzo ducale in direzione della contrada di Piazza (in OLIMPIERI La
tipologia del `Palazzo` nella Viterbo del Quattrocento: alcuni esempi per spiegarne le caratteristiche e l'evoluzione tra
14° e 15° secolo, tesi di laurea, 2007, pagg. 55-56 e pag. 62).
5
SCHLEIER Panico, Gentileschi, and Lanfranco at San Salvatore in Farnese, in «The Art Bulletin», pag.172. La data
in cui lavorò a Sant’Anna non è conosciuta.
2
sono certamente storie della vita della Madonna (la Nascita, la Morte o Dormitio, l’Assunzione6)
ma la quarta è argomento di discussione per la scena rappresentata, come si vedrà più avanti, e per
tale motivo l’ho denominata come “Scena X”. Parte degli affreschi sono andati perduti per il
trascorrere del tempo e per l’incuria dell’uomo e, non ostante un parziale restauro del 2000, solo in
parte sono ancora leggibili.
Considerato il grande numero di pitture e di stucchi che decorano le vele e che non possono essere
tutti pubblicati nell’àmbito di un articolo, si dà una breve descrizione di essi, rimandando per una
più esatta comprensione della loro disposizione alle foto delle figure da FIG. 4 a FIG. 7. Come si
nota, ogni vela è composta da sei riquadri di forma e grandezza diversa, e negli interspazi tra di essi
sono presenti piccole figure disposte in orizzontale e in verticale:
1) La Natività della Vergine, a sud sopra la porta d’ingresso, presenta ai lati le figure della
Giustizia, con una bilancia e la mano destra poggiata su di un’ara, e della Fortezza,
raffigurata nell’atto di rinsaldare due pezzi di una colonna; negli spazi verticali lungo i
contorni della scena si vedono sotto due nani, uno dei quali cerca di prendere una coratella
di animale mentre l'altro è aggredito dalle gru, e più in alto due putti intenti a mingere
(simbolo che si ritrova anche nella Villa Farnese di Caprarola) e con la loro urina fanno
muovere le pale di due mulini, al di sopra della Natività due tritoni offrono ai maiali vassoi
di perle ai lati di un ovale nel quale è dipinto un ponte. Gli affreschi situati ai lati della vela
non sono più leggibili.
2) La Dormitio di Maria è posta ad ovest nella vela alla sinistra dell’ingresso: nei riquadri ai
lati di essa vi sono a sinistra un tempietto circolare coperto da cupola e preceduto da un
puteale, con la vista di un paese sul fondo, forse con una guglia tra i tetti del paesaggio FIG.
8, a destra una fontana a base esagonale, dipinta in un viale alberato ornato di viti, gigli e
rose rosse, e posta su di un triplice gradino forse ottagonale, costituita da un primo bacile
con quattro prigioni che reggono un secondo bacile sormontato da una statua di divinità
maschile FIG. 9 (tempietto e fontana, come detto, si ritrovano nella chiesa di S. Maria delle
Grazie e in quella del SS. Salvatore); negli spazi tra questi tre affreschi due scene particolari
le accompagnano: a sinistra la figura di un diavolo vestito da monaco all’interno di un
cappio di corda sotto di cui sono dipinti strumenti da maniscalco e a destra un putto
accovacciato, come dormiente, circondato da un Ouroboros, sotto al quale, collegati da un
6
Il dogma dell’Assunzione verrà formulato solo quattro secoli più tardi nel 1950 da Pio XII, mentre nel XVI secolo era
oggetto di una disputa così vivace che il papa dovette emettere un suo Breve per attenuare i toni della controversia che
si era scatenata tra i Domenicani, contrari al concetto dell’Assunzione, e i Francescani, favorevoli ad essa.
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filo rosso (il sangue dell’Ouroboros?) sono rappresentati gli strumenti del pittore. Le figure
in alto sulla linea orizzontale a partire dalla sinistra rappresentano sopra il tempio un
ippocampo che regge due anelli attraversati da un nastro (il resto è scomparso), una
medaglia con profilo maschile rivolto verso l’esterno della vela all’incrocio degli spazi tra i
dipinti principali a cui corrisponde sul lato opposto una medaglia con una biga, sopra la
Dormitio un corvo e un cane ripetuti al lato opposto di un ovale con un paesaggio (?), sopra
la fontana un pipistrello tra due ippocampi che reggono i due anelli di cui si è detto. Nel
riquadro sopra la Dormitio si trova un giglio in stucco ornato con rami di accanto che
terminano a sinistra con foglie di quercia (?) e a destra con una rosa a cinque petali, negli
interspazi si vedono in alto un paiolo da cui esce fumo scuro a sinistra e un paiolo da cui
escono api a destra. I riquadri più esterni sono decorati con un trompe l’oeil costituito da una
grata di ferro dietro la quale si vede una lastra di vetro con sette rotondi.
3) L’Assunzione, a nord sulla vela di fronte alla Natività e sopra l’altar maggiore con il dipinto
della Madonna della Cavarella, è accompagnata dalla Carità, che ha un bimbo in braccio ed
un secondo che si tiene alla sua veste, e dalla Fede, che porta una grande croce; negli spazi
tra i tre riquadri vi sono ai due lati un albero della cuccagna su cui si arrampicano alcuni
putti, i cui premi sono rappresentati da dischi aurei tenuti da nastri rossi, a sinistra
sormontato da un cigno e a destra da un gallo (?), mente, proseguendo in alto in linea
verticale, ai lati di uno stucco raffigurante una scilla con rami d’acanto che terminano con
rose a sei e a sette petali, altri due putti, l’uno assiso su una sfera e l'altro su di una tartaruga,
cucinano alla fiamma di una candele un pesce ed una rana appesi alla lenza. Sopra il dipinto
centrale in linea orizzontale da sinistra si vedono tre cigni, una medaglia con un profilo
rivolto al centro della vela, due coppie di putti che tormentano da un lato un vitello,
versandogli acqua sulla testa, e dall’altro una capra, gonfiandola dall’ano con un mantice;
l’estremità di destra è illeggibile, come tutto i contorno della vela, tranne per il punto più
alto in cui si distinguono a sinistra un teschio forse equino e a destra un teschio umano.
4) La quarta vela, a destra dell’ingresso e rivolta ad est, non sembra avere nulla a che fare con
la vita della Vergine, per cui l’ho chiamata “Scena X”: al centro una giovane, che indica con
la mano destra un uomo e una donna che apparecchiano una mensa, e due uomini, dei quali
l’uno segna il numero tre con la mano destra mentre l’altro sembra invitarle la giovane ad
entrare nella casa posta alla destra della scena, dove un uomo e una donna sono forse in
preghiera davanti ad un tavolo su cui ardono due lumi, mentre sulla porta una figura
femminile offre da mangiare a due personaggi, i quali sembrano avere una testa mostruosa.
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La rappresentazione della “Scena X” è accompagnata a sinistra da un torrione circolare a tre
piani sormontato da una punta a piramide che si erge sulla riva del mare e a destra da un
paesaggio raffigurante un fondovalle e le case di un paese. Negli interspazi in verticale vi
sono un obelisco, sul quale sale una chiocciola, innalzato su sfere e con una palla aurea e
fumante, come se fosse accesa, sulla cima, sul lato opposto una statua plurimaste (Diana
efesina?) che nasce da una palma; in linea orizzontale a partire da sinistra si vedono una
farfalla tra due ippocampi con la figura dei due anelli di cui si è detto, di nuovo una
medaglia con profilo maschile rivolto al centro della vela, un paesaggio (?) in un ovale tra
due tritoni che tirano la coda di due capre, una seconda medaglia con le tre Grazie (presenti
anche a Caprarola), infine due ippocampi con una farfalla (o un uccello ad ali spiegate?) in
mezzo. Nella linea superiore uno stucco con il giglio a rami d’acanto è accompagnato da un
lato dal trompe l’oeil a grata già descritto (dall’altro lato la figura è illeggibile ma
probabilmente era eguale): tra i tre riquadri sono dipinte due statue, nude a differenza di
quelle della parete di fronte, che sono paludate con una sorta di toga, sopra le quali sono due
bracieri accesi con fiamme vivaci che si innalzano verso l’alto.
I dipinti affrescati nelle quattro vele tra gli stucchi che incorniciano le scene della vita della Vergine
precisano il riscontro delle quattro fasi dell’Opera implicite negli episodi dei quadri centrali.
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A Sud si trova la porta di accesso e corrisponde all’ingresso dell’adepto nella Via ermetica
che trova corrispondenza nella scena della Nascita della Vergine. Solo chi è degno (i tritoni
che danno le perle ai porci) può entrare (il ponte sopra la Natività). La Natività della
Vergine è inquadrata tra le figure della Giustizia e della Fortezza: è necessaria la Giustizia
nell’equilibrare le operazioni (bilancia) perché siano indirizzate al sacro (altare) e la
Fortezza per riunire ciò che è “spezzato”, le componenti psico-animiche di colui che
intraprende la Via (colonna spezzata da ricomporre). Bisogna essere purificati con l’“urina
del bambino” che è anche simbolo del Fuoco (pseudoetimologia da ur = fuoco), mezzo e
fine dell’Opera (mulino che gira con l’urina).
-
L’OVEST è l’Opera al Nero, le possibilità che si presentano di seguire una via errata o
corretta, e coincide con la Morte di Maria, figura della morte iniziatica, perché bisogna
morire per poter rinascere. I disegni si dividono in due settori, l’uno a sinistra, verso la porta
d’ingresso, e l’altro a destra, verso il Nord. A sinistra si trovano gli avvertimenti sulla
possibilità di intraprendere la Via nel modo errato, come “bruciatori di carbone”: chi si
volge dall’altra parte (medaglia con profilo rivolto all’esterno) rischia di praticare false
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operazioni (diavolo e paiolo da cui fuoriesce il fumo). Il Tempio rotondo è un tempio
funerario (come la tomba di Cecilia Metella a Roma o di Teodorico a Ravenna o di San
Galgano a Montesiepi) con un pozzo simbolo del collegamento con il “profondo” e in
lontananza la “città” da raggiungere.
È necessario operare sulla materia (l’ouroboros) per mezzo del silenzio e della
concentrazione (putto dormiente): allora l’operazione si può realizzare (paiolo con api) e
inizia il cammino (biga). Chi prosegue sulla Via giunge all’Acqua di Vita (fontana).
Gli animali sono connessi alla fase notturna (pipistrello, corvo, cane) e all’umidità da cui
liberarsi (ippocampo). Le due statue sono immobili, quella di sinistra è fuori centro e porta
una lancia (Minerva?), quella di destra ha le braccia verso il basso, e ambedue sono chiuse
in un paludamento che impedisce i movimenti.
-
Il Nord, con riferimento forse alla Stella Polare, è la fase dell’Opera al Bianco in cui
l’iniziato, superata la fase distruttiva necessaria per trovare la propria unità centrale, può
passare alla conoscenza del “Cielo”, raffigurato nell’Assunzione della Vergine. Portare a
compimento la dealbazione con la Carità che è fuoco che brucia (figura simile al San
Cristoforo portatore del Cristo) e con la Fede che dà la conoscenza dei Quattro Elementi
(croce), ambedue sotto un serto di frutti che segnano il compimento dell’Opera. Ora si può
salire sull’albero per raccogliere i pomi d’oro delle Esperidi con la concentrazione verso il
cuore dell’operazione (medaglia con profilo rivolto al centro)
Sopra l’Assunzione la Città è in primo piano e non più lontana come prima. I putti agiscono
alimentando (mantice) e raffreddando (catino d’acqua) il Fuoco per controllarlo, con
un’opera di estrazione dall’elemento Acqua delle forme contenute in essa (pesce e rana), da
farsi con un fuoco leggero di candela. Il teschio equino e il teschio umano sono simboli della
Materia prima che residua (caput mortuum).
-
L’est, il punto cardinale corrispondente alla nascita del Sole, è l’Opera al Rosso, il
compimento del lavoro ermetico con lo sviluppo del Fuoco interiore che nasce dalla fusione
dei tre elementi alchemici, Sale Zolfo e Mercurio, affrescati nel dipinto misterioso sotto le
forme di una donna e di due uomini e ora riuniti per mezzo del lavoro svolto con l’athanor a
tre piani sormontati dalla piramide che sovrasta l’Acqua. La medaglia ha il viso rivolto
verso il centro e sono presenti le Tre Grazie.
La Fase al Rosso è segnata da simboli del Fuoco: l’obelisco (o forse una piramide) con la
sfera di fuoco sulla sommità, e i bracieri fiammeggianti, non più Fuoco di candela, che si ha
la capacità di padroneggiare (tritone che tira la capra per la coda). Simboli della
6
realizzazione sono la farfalla (crisalide uscita dal bozzolo) e le due statue in “movimento” e
con le gambe libere (le due di fronte hanno atteggiamento statico).
Questa possibile lettura del “libro ermetico” di Sant’Anna rappresenta, come è scritto nel titolo
dell’articolo, una “nota preliminare”, pertanto soggetta a cambiamenti e revisioni: lavoro lungo e
complesso, che troverà il suo completamento in un testo a stampa che spero presto si possa
pubblicare.
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