LA DISTRIBUZIONE DI GAUSS-DIMOSTRAZIONE COMPLETA! di Leonardo Rubino [email protected] per www.fisicamente.net Giugno 1994 – Rev. 00 Agosto 2011 – Rev. 01 Indice: -Indice. Pag.1 -Introduzione. Pag.2 -Capitolo 1: Concetti introduttivi. Pag.3 Par. 1.1: Sulla Probabilità di un evento e dintorni. Pag.3 Par. 1.2: Prove ripetute. Pag.6 Par. 1.3: Richiami di calcolo combinatorio. Pag.7 Par. 1.4: La Distribuzione Multinomiale. Pag.8 Par. 1.5: La Distribuzione Ipergeometrica. Pag.8 Par. 1.6: La Distribuzione Normale di Gauss. Pag.9 Par. 1.7: Un segnale della Natura: la Gaussiana in Meccanica Quantistica. Pag.12 -Appendice 1: Come io vedo l’Universo (Unificazione Gravità Elettromagnetismo). Pag.14 Bibliografia. Pag.30 Introduzione. La statistica è probabilmente la scienza alla base di tutto l’Universo, in quanto la stessa meccanica quantistica si basa su di essa. Si veda, a tal proposito, il mio file al link: http://www.fisicamente.net/FISICA_2/quantizzazione_universo.pdf Nel presente file si vuole dare una rara dimostrazione della distribuzione di Gauss, visto che la quasi totalità dei testi disponibili (opinione di chi scrive) la enuncia soltanto, senza darne prova. Si dà poi una descrizione di quella che è la regola del tre sigma, molto usata in campo tecnico. Per ultimo, si è voluto sottolineare una particolarità della meccanica quantistica, dove l’imposizione del segno di eguaglianza nelle relazioni di indeterminazione di Heisenberg porta appunto ad una funzione d’onda gaussiana, che riduce appunto al minimo la situazione di incertezza quantistica. Si vuole poi qui fare una raccomandazione che vale comunque in qualsiasi ambito scientifico, ossia quella del non fidarsi ciecamente dell’intuizione, in campo statistico e probabilistico. E’ vero che, forse, 95 volte su 100 l’intuizione porta a conclusioni corrette, e chi scrive è un forte fruitore dell’intuizione, alla base della quale stanno tantissime scoperte scientifiche, ma è anche vero che, ogni tanto, l’intuizione inganna. A tal proposito, voglio riportare un caso inerente ad una trasmissione televisiva chiamata Let’s Make a Deal, in cui vi erano tre porte chiuse e dietro una di esse stava un premio; dopo che il concorrente sceglieva una delle tre porte, il conduttore andava ad aprire una delle due porte non scelte dal concorrente, per mostrare a quest’ultimo cosa vi è (o non vi è) dietro ad essa. Veniva ovviamente aperta una porta che non nascondeva il premio. A questo punto viene chiesto al concorrente se vuole ora tenere la porta da lui scelta originariamente o se vuole switchare (cambiare) con l’altra, tra le due non scelte, che è rimasta chiusa. A prima vista, affidandosi all’intuizione, sembrerebbe che cambiare porta non è necessariamente più conveniente che tenere quella già scelta, in quanto si tratta del banale caso di due porte ancora chiuse, dietro una delle quali vi è il premio, dunque si avrebbe ½ (il 50%) di probabilità di avere il premio sia che si tenga la porta attualmente selezionata che switchando sull’altra. Bene, questo è il classico caso in cui L’INTUIZIONE TRADISCE, in quanto l’ultimo ragionamento fatto è COMPLETAMENTE ERRATO! La scelta più conveniente è SEMPRE QUELLA DI ABBANDONARE LA PORTA PRECEDENTEMENTE SCELTA e di prendere l’altra! Vediamo perché: chiamiamo le tre porte A, B e C e supponiamo che tu, concorrente, abbia scelto la porta A; ora: 1-se il premio è dietro B, il conduttore ti aprirà la porta C e dunque, se tu passi a B vinci. 2-se invece il premio è dietro C, il conduttore aprirà e ti mostrerà B e, se tu cambi con C, pure vinci. 3-se invece ancora il premio è dietro A, ossia dietro la porta da te originariamente scelta, il conduttore aprirà indifferentemente B o C e tu, se cambi perdi, mentre se tieni A, vinci. Potete facilmente verificare che il cambiare (switchare) porta conduce alla vittoria del premio in ben due casi su tre (1 e 2), mentre porta a perdere solo in uno su tre (caso 3). NON E’ DUNQUE VERO CHE TENERSI LA PORTA CHE GIA’ SI E’ SCELTA E’ INDIFFERENTE, ma bensì è sempre conveniente cambiare! Capitolo 1: Concetti introduttivi. Par. 1.1: Sulla Probabilità di un evento e dintorni. Se su n prove possibili un evento si può verificare favorevolmente k volte, si dice che la sua probabilità p è: p= k n ( 0 ≤ p ≤ 1 ); p=1 (100%) è l’evento certo, mentre p=0 è l’evento impossibile. La probabilità dell’evento contrario è q: q= n−k . n Ovviamente: p+q=1. Se si hanno più di due eventi, ossia m eventi, si può dire che: m ∑p i =1 i = 1. Esempio: nel lanciare un dado, qual è la probabilità che esca una certa faccia? q= k 1 = . n 6 La Frequenza di un evento. Se eseguiamo m prove e l’evento B si verifica mB volte, la frequenza dell’evento B è: m mB ; 0 ≤ν ≤ 1 e ∑ν i = 1 . m i =1 C’è una similitudine col concetto di probabilità. Il concetto di probabilità è di natura astratta (matematica), mentre quello di frequenza è di natura empirica (fisica). ν= La legge dei grandi numeri, o legge empirica del caso, o legge di G. Bernoulli: (questo è un postulato di natura sperimentale) Al crescere del numero delle prove, la frequenza di un evento tende a diventare uguale alla sua probabilità. In modo più volgare: con un gran numero di prove, la pratica tende alla teoria. La Probabilità totale: Se C si verifica quando si verifica uno qualsiasi dei k fenomeni B1, ,Bk, escludentisi a vicenda, e ciascuno con probabilità singole p1,….,pk, la probabilità di C è: k pC = ∑ pi i =1 Esempio: lancio un dado; qual è la probabilità che esca l’uno o il due? (basta che esca uno dei due) 2 pC = ∑ pi = i =1 1 1 1 + = . 6 6 3 La somma di probabilità è una probabilità maggiore. La Probabilità composta: Se C si verifica quando si verificano tutti gli eventi B1,B2,…..,Bk, ognuno di probabilità p1,…,pk, allora k pC = p1 ⋅ p2 ⋅ ...... pk = ∏ pi i =1 Esempio: lancio tre dadi; qual è la probabilità che esca il cinque su tutti e tre contemporaneamente? 3 pC = ∏ pi = i =1 111 1 = 6 6 6 216 Il prodotto di probabilità è una probabilità minore. Sul concetto di distribuzione: L’insieme di tutte le probabilità di tutti i valori che la variabile casuale x può assumere è detta la distribuzione delle probabilità di x. Valor medio di x: ∑x xˆ = n E, per una media pesata, ossia se ogni valore xi di x ha una probabilità sua pi: n xˆ = ∑ xi p i ì =1 Nel passaggio al continuo, non si hanno singoli valori discreti xi, ma infiniti valori, come quelli che x può assumere in un certo intervallo, e le sommatorie, notoriamente, diventano integrali: se dp è la probabilità che x sia compreso tra ξ e ξ + dξ , allora: dp = f (ξ )dξ , con f (ξ ) che è la densità di probabilità. Molto intuitivamente, la probabilità che x stia tra a e b è: b Pa ,b = ∫ f (ξ )dξ ; inoltre, per la definizione di probabilità massima: a ∫ X f (ξ )dξ = 1 , dove X è il campo di variabilità di x. La FUNZIONE DI DISTRIBUZIONE F(t) corrispondente ad f (ξ ) è: F (t ) = ∫ t b −∞ f (ξ )dξ , sicchè: Pa ,b = ∫ f (ξ )dξ = F (b) − F (a) . a Sui libri, F(t) è tabulata. Sempre nel caso del continuo, il valor medio di x è: xˆ = ∫ ξ ⋅ f (ξ )dξ (media di ξ pesata con i pesi proporzionali a f (ξ ) ) X E per il valor medio di una funzione g(x): n gˆ ( x) = ∑ g ( xi ) ⋅ pi (nel discreto) i =1 gˆ ( x ) = ∫ g (ξ ) ⋅ f (ξ )dξ (nel continuo) X Valor medio del quadrato (caso del discreto): n vm _ di _ x 2 = ∑ xi2 ⋅ pi i =1 Valor quadratico medio: vqm = vm _ di _ x 2 Lo scarto: ∆xi = s = xi − xˆ La varianza: essa è il valor medio dei quadrati degli scarti: n σ ( x 2 ) = ∑ ( xi − xˆ )2 ⋅ pi . i =1 Nel continuo, si ha: σ ( x 2 ) = ∫ (ξ − xˆ )2 ⋅ f (ξ )dξ X Una proprietà della varianza: σ ( x 2 ) = vm _ di _[( x − xˆ ) 2 ] = vm _ di _[ x 2 − 2 xxˆ + ( xˆ ) 2 ] = (vm _ di _ x 2 ) − 2 xˆxˆ + ( xˆ ) 2 = (vm _ di _ x 2 ) − ( xˆ ) 2 (1.1) Lo scarto quadratico medio: σ ( x ) = σ ( x 2 ) (è la radice della varianza) Par. 1.2: Prove ripetute. La Legge Binomiale di Bernoulli: esponiamola tramite un esempio: si lancia un dato 5 volte. Qual è la probabilità che esca due volte una data faccia? (p=1/6, q=5/6, n=5, k=2) n Pk = ( ) p k q n − k k n n! ( ( )= ) k k!(n − k )! (1.2) P2 = 5! 1 2 5 3 ( ) ( ) = 0,16075 = 16,075% 2!3! 6 6 Dimostrazione: Calcoliamo P0 (k=0, ossia l’evento non si verifica); l’evento contrario, che ha probabilità (1-p)=q si n presenta in tutte le n prove con probabilità (1-p)n=qn , dunque: P0 = q n = ( ) p 0 q n − 0 0 Calcoliamo ora P1, cioè l’evento si verifica nella r-esima prova con probabilità p1, mentre nelle (n1) prove rimanenti si verifica l’evento contrario con probabilità q(n-1) ; inoltre, r può essere scelto in n modi diversi; si ha: n P1 = np q n −1 = ( ) p 1q n −1 1 Calcoliamo ora P2, ossia quando l’evento si verifica nella r-esima e nella s-esima prova con probabilità p2, mentre gli eventi contrari hanno probabilità q(n-2); tuttavia, i due numeri r ed s n n(n − 1) possono essere scelti tra n numeri ed in modi diversi, cioè in ( ) modi diversi; infatti, il 2 2 primo lo scelgo in n modi, mentre per il secondo restano (n-1) modi ed essendo gli eventi indistinguibili, bisogna dividere per due, poiché uno varrebbe l’altro. Dunque: n(n − 1) 2 n − 2 n 2 n − 2 P2 = p q = ( )p q 2 2 Nel caso di Pk, la probabilita dell’evento favorevole è pk e quella dell’evento contrario è q(n-k) e le k n prove possono essere prese in ( ) combinazioni diverse, da cui l’asserto. k Valor medio di k: n kˆ = ∑ k ( ) p k q n − k = np k k =0 (si diano ad n dei valori diversi e si vedrà che questa equazione è sempre verificata) per dimostrarla, si tenga conto innanzitutto che la sommatoria può partire anche da k=1, in quanto per k=0 si ha un valore nullo, dunque omissibile. Inoltre, tenendo conto della espressione per il n n binomio di Newton per (a+b)n, si ha: (binomio di N.: ( p + q ) n = ∑ ( ) p k q n − k = ( p + 1 − p ) n = 1 ) k =0 k n n n(n − 1)! (n − 1)! pp k −1q n − k = np ∑ p k −1q n − k = np ( p + q )( n −1) = np ( k − 1 )! ( n − k )! ( k − 1 )! ( n − k )! k =1 k =1 n kˆ = ∑ Il valore più probabile di k è dunque np, o l’intero più vicino ad esso. n n n Inoltre, sempre per il binomio di Newton, si ha che: ∑ Pk = ∑ ( ) p k q n − k = 1 k =0 k =0 k varianza di k: n σ (k 2 ) = vm _ di _[(k − kˆ)]2 = vm _ di _[(k − np)]2 = ∑ (k − kˆ) 2 ⋅ Pk = npq ; k =0 infatti, n n n n! n! n! k 2 pk qn−k = ∑ [k (k − 1) + k ] p k q n − k = ∑ [k (k − 1)] pk qn−k + k!(n − k )! k = 0 k!( n − k )! k = 0 k!( n − k )! k =0 vm _ di _(k 2 ) = ∑ n + ∑k k =0 n! pk qn−k = k!(n − k )! (ora, nell’ultimo membro, la prima sommatoria può partire da k=2, mentre la seconda già la calcolammo, quindi:) (n − 2)! p k − 2 q n − k + np = n(n − 1) p 2 ( p + q ) n − 2 + np = n(n − 1) p 2 + np = k = 2 ( k − 2)!( n − k )! n = n(n − 1) p 2 ∑ = n 2 p 2 − np 2 + np = vm _ di _(k 2 ) e dunque, considerando che, per la (1.1): σ (k 2 ) = vm _ di _[(k − kˆ) 2 ] = (vm _ di _ k 2 ) − (kˆ)2 , discende che: σ ( k 2 ) = (vm _ di _ k 2 ) − (kˆ) 2 = (n 2 p 2 − np 2 + np ) − n 2 p 2 = np(1 − p) = nqp La radice di tale quantità sarà ovviamente lo scarto quadratico medio di k: σ (k ) = σ (k 2 ) = nqp . Par. 1.3: Richiami di calcolo combinatorio. combinazione di n elementi presi a gruppi di k: per quanto detto all’inizio di pagina 6 sul modo di scegliere due numeri r ed s tra n, si aveva che tali n modi erano ( ) . 2 Dunque, la combinazione di n elementi presi a gruppi di k è: n Cn , k = ( ) k Ora, se i gruppi di k elementi possono differire anche per l’ordine nel quale compaiono, si parla di “disposizione” di n elementi a gruppi di k: Dn, k = k!Cn , k Infatti, riguardo le diverse disposizioni di k elementi, è noto che con k colori si possono fare k! bandiere, da cui la “permutazione” di n elementi presi a gruppi di n: Pn, n = Dn, n = n! = n! 0! Par. 1.4: La Distribuzione Multinomiale. Se si eseguono n prove e si vuole che l’evento 1, con probabilità p1, si verifichi k1 volte, l’evento 2, con probabilità p2, si verifichi k2 volte e l’evento n, con probabilità pn, si verifichi kn volte, la probabilità che ciò accada è: P( k1 , k 2 ,..., k n ) = n! p1k1 p2k 2 ... pnk n k1!k2 !...k n! Esempio: si ha una scatola con 50 palline, 20 bianche, 10 rosse, 5 nere e 15 gialle; calcolare la probabilità P che estraendo 10 palline, queste siano 3R, 2B, 4N e 1G (dopo ogni estrazione, la pallina viene rimessa nella scatola): P(3R , 2 B , 4 N ,1G ) = 10! 1 2 1 3 ( )3 ( ) 2 ( ) 4 ( )1 3!⋅2!⋅4!⋅1! 5 5 10 10 Par. 1.5: La Distribuzione Ipergeometrica. Se da una scatola con N palline, di cui k rosse, si esegue un’estrazione di x palline ( x ≤ k ) ed ogni pallina estratta non viene riposta nella scatola, bisogna abbandonare la Legge di Bernoulli e ricorrere alla distribuzione ipergeometrica; la possibilità di estrarre in sequenza x palline rosse ed (n-x) palline di altro colore è ovviamente (il prodotto di tutte le probabilità delle estrazioni): P' ( x) = = k k −1 k − ( x − 1) N − k N − k − 1 N − k − (n − x − 1) ⋅ ...... ⋅ ⋅ ⋅ = N N −1 N − ( x − 1) N − x N − x − 1 N − (n − 1) k! ( N − n)! ( N − k )! k! ( N − n)! ( N − k )! ⋅ ...... = ⋅ ⋅ ; (k − x )! N! ( N − k − n + x)! N ! (k − x )! ( N − k − n + x)! il numero complessivo di queste sequenze di palline è il numero di combinazioni di n oggetti a x a x: n n! C (n, x ) = ( ) = , dunque, la probabilità totale di avere x palline rosse è: x x!(n − x)! P( x ) = C (n, x) P' ( x) = C (k , x )C ( N − k , n − x) (legge ipergeometrica) C ( N , n) con: k=n. di palline rosse n=n. di estrazioni N=n. totale di palline x=n. di palline rosse che si vogliono estrarre (variabile ipergeometrica) Par. 1.6: La Distribuzione Normale di Gauss. Essa è una approssimazione della distribuzione di Bernoulli (1.2) quando il n. di prove tende ad infinito. Riportiamo qui l’espressione della distribuzione di Bernoulli: n n! Pk = ( ) p k q n − k = pk qn−k (1.3) k (n − k )!k! e riportiamo qui anche una espressione per l’approssimazione del fattoriale di un numero, detta Formula di Stirling: x!≈ ( 2π ) x x+ 1 2 −x e ecco una dimostrazione della Formula di Stirling: consideriamo l’espressione ln x! ; per essa, se x è un intero, possiamo scrivere che: x x 1 1 ln x!= ln 1 + ln 2 + ... + ln( x − 1) + ln x = ∑ ln x = ∑ ln x ⋅ (∆x ) , con (∆x) = 1 , in quanto, parlandosi di un intero, si hanno salti di una unità. Ora, per x molto grande, (∆x) = 1 sarà piccolo rispetto ad x stesso e dunque (∆x ) sarà considerabile come un dx e la sommatoria diverrà un integrale: x ln x!= ∫ ln x ⋅ dx = x ln x − x + 1 , ossia: 1 ln x!= x ln x − x + 1 . (1.4) Elevando ora la base dei logaritmi neperiani e=2,718 a tali quantità espresse nei due membri della (1.4), si ha: 1 1 1 x+ x+ − e x ln x x −x ln x! ( x ln x − x +1) (ln x ) x − x 2 2 −x e e = x e e = ( x e) x e ≈ ( 2π ) x 2 e − x e = x!= e = x e=e e dove l’ultimissima eguaglianza (quella col 2π ) la accettiamo proprio in virtù del fatto che si sta parlando di una approssimazione. Dunque: x!≈ ( 2π ) x x+ 1 2 −x e (Formula di stirling) (1.5) ------------------- Ripartendo ora dalla distribuzione di Bernoulli (1.3) in x: n n! Px = ( ) p x q n − x = p x q n − x e dalla Formula di Stirling (1.5): x (n − x)! x! x!≈ ( 2π ) x x+ 1 2 −x e e ricordando che a pag. 6 avevamo ottenuto np come espressione per il valor medio di k, definiamo un ν = np − x , da cui: x = np − v e sostituiamo tale x nella espressione di Bernoulli, qui sopra: n n! n! Px = ( ) p x q n − x = p xqn− x = p ( np − v ) q ( n + v − np ) ≅ (per Stirling) x (n − x)! x! (n + v − np )!(np − v)! [e poi anche perchè: (1-p)=q] 2π n ≅ 2π (nq + v) 1 = 2π 1 ( nq + v + ) 2 n+ n+ 1 2 −n e e ( − nq − v ) 2π (np − v) 1 ( np − v + ) 2 ( − np + v ) p ( np − v ) q ( nq + v ) = e 1 n 2 p ( np − v ) q ( nq + v ) = 1 1 v np − v + 2 v nq + v + 2 [nq(1 + )] [np(1 − )] np nq 1 2πnpq 1 (1 + v ) nq 1 nq + v + 2 1 (1 − v np − v + 2 ) np Ricordando ora che a x si può scrivere anche come: a x = e x ln a e ricordando anche che, per gli Sviluppi in Serie di Taylor, si ha: 1 ln(1 + x) ≅ x − x 2 + ... ≈ x 2 v v v v da cui: ln(1 + ) ≈ e ln(1 − ) ≈ − , si ha: nq nq np np Px = n! p xq n − x ≅ (n − x )!x! 1 1 v 1 v exp[ −(nq + v + ) ln(1 + )] exp[− (np − v + ) ln(1 − )] ≅ 2 nq 2 np 2πnpq ≅ v2 v v2 1 1 v 1 exp[ −(nq + v + )( − 2 2 )]exp[ −(np − v + )(− − 2 2 )] ≅ 2 nq 2n q 2 np 2n p 2πnpq ≅ 1 v2 v( p − q) exp[ − + ] 2npq 2npq 2πnpq Se ora, nella (1.6), p ≅ q ≅ Px = n! p xq n − x ≅ (n − x)! x! [− 1 Px = e 2πnpq ( x − np ) 2 ] 2 npq (1.6) 1 , e ricordando poi come definimmo v , si ha: 2 1 v2 1 ( x − np) 2 exp( − )= exp[ − ] , ossia: 2npq 2npq 2πnpq 2πnpq (Distribuzione di Gauss) (1.7) 1 non è pienamente soddisfatta, il secondo addendo 2 nell’esponenziale della (1.6) genererà una asimmetria intorno al valore v = 0 , o, ciò che è lo stesso, intorno ad x=np, ma tale asimmetria scompare per n → ∞ , in quanto si ha che: Se invece la condizione precedente p ≅ q ≅ lim n → ∞ v( p − q) = 0. 2npq Per motivi estetici, riscriviamo ora la (1.7) in k, invece che in x: Pk = [− 1 e 2πnpq ( k − np ) 2 ] 2 npq ( k − np ) 2 1 [ − 2npq ] 1 [− 2 z 2 ] (k − np ) Definendo ora la funzione ϕ ( z ) = e = e , con z = , si ha che ϕ (z ) è 2π 2π npq la “legge normale della probabilità” o “curva degli errori di Gauss”. Ricordando poi le espressioni che ottenemmo per lo scarto semplice ( s = k − kˆ = k − np ) e per lo 1 scarto q.m. di k ( σ (k ) = σ (k 2 ) = σ k = nqp ), si ha: Pk = f (k ) = 1 σ k 2π e 1 k − kˆ 2 − ( ) 2 σk = 1 σ k 2π e 1 s 2 − ( ) 2 σk (1.7) f(k) f(η ) k − kˆ = η (k) k̂ Fig. 1: Gaussiana. Valutiamo ora la probabilità che l’evento si verifichi un numero di volte compreso tra kα e k β : kβ kβ 1 kα kα σ k 2π Pkα , k β = ∫ Pk dk = ∫ [− e ( k − np ) 2 ] 2 npq dk ; passando ora alla variabile d’integrazione z: 1 zβ 1 −2z2 e dz = ∫ ϕ ( z )dz . zα zα 2π Consideriamo ora la funzione: 1 t t 1 − 2 x2 φ (t ) = ∫ e dx = ∫ ϕ ( z )dz ; si ha che: −∞ −∞ 2π k − np k − np Pkα , k β = φ (tβ ) − φ (tα ) = φ ( β ) − φ( α ) . Esistono tabelle di valori della funzione φ (t ) . npq npq La regola del 3 σ : Pkα , k β = ∫ zβ Riprendiamo la (1.7): Pk = f (k ) = 1 σ k 2π e 1 k − kˆ 2 − ( ) 2 σk = 1 σ k 2π e 1 s 2 − ( ) 2 σk = P( s) Tale P(s) è la probabilità che lo scarto sia compreso tra due valori prefissati; ora, a livello differenziale, la probabilità dp che lo scarto s sia compreso entro l’intervallo infinitesimo ds è: dp = P(s )ds = 1 σ k 2π e 1 s 2 − ( ) 2 σk ds e, quindi, la probabilità che lo scarto s sia compreso tra i valori s1 ed s2 è P: s2 s2 s2 s1 s1 s1 P1, 2 = ∫ dp = ∫ P(s )ds = ∫ 1 1 s 2 − ( ) 2 σk e ds (1.8) σ k 2π P1,2 è l’area sottesa dalla Gaussiana tra s1 ed s2 ; si calcola facilmente, tramite l’integrale della (1.8), che: -0,68σ<s<0,68σ -σ<s<σ -1,64σ<s<1,64σ -2σ<s<2σ -2,58σ<s<2,58σ -3σ<s<3σ → → → → → → P=50% P=68,3% P=90% P=95,9% P=99% P=99,7% Allora, la probabilità che lo scarto dal valore medio di una misura sia compreso tra -3σ e +3σ è del 99,7%, ossia un valore piuttosto accettabile, da cui la frequente adozione della regola del tre sigma appunto. Par. 1.7: Un segnale della Natura: la Gaussiana in Meccanica Quantistica. Sempre nel mio file al link: http://www.fisicamente.net/FISICA_2/quantizzazione_universo.pdf alle pagine 25 e 26 si ricavano le seguenti relazioni di indeterminazione: h h ∆x ⋅ ∆p ≥ e ∆E ⋅ ∆t ≥ . 2 2 Ci chiediamo in quale caso particolare valga il segno di ugualianza, ossia in che caso il prodotto delle due intererminazioni (ossia dei due delta) sia il più basso possible, ossia il meno incerto possible, ossia il più certo possible; a tal proposito, si ridimostra la (3.33) di pag. 26 del mio file sull’Unificazione, in quest’altro modo: (per le definizioni dei vari ∆ F , ∆ G e ∆F , ∆G si faccia sempre riferimento alle pagine 24, 25 e 26 del link) introduciamo l’operatore Oλ = λ ∆ F + i∆ G ( λ ∈ ℜ ); esso è palesemente non hermitiano, in quanto: Oλ+ = λ∆ F − i∆ G ≠ Oλ ; la norma di Oλ Ψ è, per definizione di norma, positiva (Oλ Ψ, Oλ Ψ ) ≥ 0 . Essendo poi (Oλ Ψ, Oλ Ψ ) = (Ψ, Oλ+ Oλ Ψ ) ed esplicitando, si ha: ( Oλ+ Oλ = ∆2F + ∆2G + iλ∆ F ∆ G − iλ∆ G ∆ F ) λ2 < ∆2F > + λ < i[∆ F , ∆ G ] > + < ∆2G >≥ 0 , ossia: λ2 (∆F ) 2 + λ < i[ F , G ] > Ψ + (∆G ) 2 ≥ 0 ; il discriminante di tale forma quadratica è negative o nullo, visto il tipo di disegualianza, dunque: (< i[ F , G ] > Ψ ) 2 − 4(∆F ) 2 (∆G ) 2 ≤ 0 , da cui l’asserto, ossia la (3.33). Vale quindi il segno di eguaglianza quando il discriminante è nullo ed in corrispondenza di ciò, si ottiene: < i[ F , G ] > Ψ ; in corrispondenza di tale valore, si ha: (Oλmin Ψ, Oλmin Ψ ) = 0 , cioè: 2(∆F ) 2 Oλmin Ψ = 0 . Esplicitando, in quest’ultima relazione, Oλmin , si ha: λmin = − < −i[ F , G ] > ( F − < F > ) + i(G − < G >)]Ψ = 0 . (1.9) 2(∆F ) 2 ∂ Nel caso in cui F=x e G=px= − ih , si ha: − i[ F , G ] = −i[ x, p x ] = h , e la (1.9) si può così scrivere: ∂x < px > x− < x > ∂ [ + −i ]Ψ = 0 , ossia: 2 2(∆x ) ∂x h [ dΨ x− < x > < p x > = [− +i ]dx , la cui soluzione è: Ψ 2(∆x) 2 h Ψ ( x ) = Ne − ( x −< x > ) 2 4 ( ∆x ) 2 e i < px > x h , che è un pacchetto d’onde di forma gaussiana centrato in <x>. ----------------------------- App. 1: Come io vedo l’Universo (Unificazione Gravità Elettromagnetismo). (questa è una versione aggiornata del file al link: http://www.fisicamente.net/FISICA_2/UNIFICAZIONE_GRAVITA_ELETTROMAGNETISMO.pdf ) Indice dell’App. 1: -Indice dell’App. 1. Pag.14 -App. 1-Capitolo 1: Un nuovo Universo, cento volte più grande, massivo e vecchio. App. 1-Par. 1.1: Niente materia oscura! App. 1-Par. 1.2: L’accelerazione cosmica aUniv. App. 1-Par. 1.3: La nuova densità dell’Universo. App. 1-Par. 1.4: Ulteriori considerazioni sul significato di aUniv. App. 1-Par. 1.5: Ulteriori conferme ed incoraggiamenti da parte di altre branche della fisica. App. 1-Par. 1.6: Sulle discrepanze tra la velocità di rotazione calcolata e quella osservata, nelle galassie. Pag.14 Pag.14 Pag.15 Pag.16 Pag.17 Pag.17 Pag.19 -App. 1-Capitolo 2: L’unificazione della forza elettromagnetica con quella gravitazionale (Rubino). App. 1-Par. 2.1: L’effetto di MUniv sulle particelle. App. 1-Par. 2.2: La scoperta dell’essenza comune di gravità ed elettromagnetismo. App. 1-Par. 2.3: L’entità oscillatoria dell’Universo tutto e delle particelle. Pag.20 Pag.20 Pag.21 Pag.22 -App. 1-Capitolo 3: L’unificazione della forza magnetica con quella elettrica. App. 1-Par. 3.1: La forza magnetica è niente altro che una forza elettrica di Coulomb(!). Pag.23 Pag.23 -App. 1-Capitolo 4: Giustificazione dell’equazione con quella gravitazionale (Rubino). App. 1-Par. 4.1: L’equazione RUniv = N re RUniv = N re precedentemente utilizzata per l’unificazione della forza elettrica Pag.25 (!). Pag.25 -App. 1-Capitolo 5: “aUniv“ come responsabile assoluta di tutte le forze. App. 1-Par. 5.1: Tutto da “aUniv“. App. 1-Par. 5.2: Schema riassuntivo dell’unificazione delle forze. App. 1-Par. 5.3: Altre considerazioni sulla composizione dell’Universo in coppie +/-. App. 1-Par. 5.4: La Teoria della Relatività altro non è che la interpretazione dell’Universo di oscillazioni appena descritto, in contrazione a velocità c ed accelerazione auniv. App. 1-Par. 5.5: Sulla “Relatività” delle energie cedute. Pag.26 Pag.26 Pag.26 Pag.27 -App. 1-SUBAPPENDICI. App. 1-Subppendice 1: Costanti fisiche. Pag.29 Pag.29 Pag.27 Pag.29 App. 1-Capitolo 1: Un nuovo Universo, cento volte più grande, massivo e vecchio. App. 1-Par. 1.1: Niente materia oscura! SULLE DISCREPANZE TRA LA DENSITA’ ρUniv CALCOLATA E QUELLA OSSERVATA: Ricercare il 99% della materia dell’Universo, dopo che la si è dichiarata invisibile, mi sembra alquanto strano. Si dice infatti che la materia oscura dovrebbe essere molta di più di quella visibile (dalle 10 alle 100 volte di più). −30 Gli astrofisici misurano un valore di ρ dell’Universo visibile pari, o intorno, a: ρ ≅ 2 ⋅ 10 kg / m . La cosmologia prevalente di oggigiorno, nel calcolo della densità media dell’Universo, giunge invece ad un valore ρ pari a (vedere anche la (A1.6)): 4 2 ρWrong = H local /( πG ) ≅ 2 ⋅ 10− 26 kg / m3 3 3 (valore troppo elevato!) . (A1.1) Assumiamo ora per Hlocal (costante di Hubble locale – vedi la (A1.7) più sotto) il valore plausibile di: m H local ≅ 75km /( s ⋅ Mpc) ≅ 2,338 ⋅10−18 [( ) m] s (A1.2) confermato dalle innumerevoli misurazioni, ad esempio, sull’ammasso di galassie della Chioma (vedi la (A1.7) più sotto) e ciò conferma dunque anche il fatto che gli oggetti più lontani mai osservati si allontanano ad una velocità vicina a quella della luce: H local ≈ c / RUniverso − Old , da cui: RUniv −Old ≈ c / H local ≈ 4000Mpc ≈ 13,5 ⋅109 anni _ luce (A1.3) Inoltre, si calcola la velocità di un corpo “gravitante” di massa m ai confini dell’Universo visibile, banalmente, imponendo la seguente eguaglianza tra forza centrifuga e forza gravitazionale: m⋅a = m⋅ c2 RUniv −Old 2 = G ⋅ m ⋅ M Univ − Old / RUniv − Old (A1.4) , da cui, tenuto anche conto della (A1.3), segue che: M Univ − Old = c 3 /(G ⋅ H local ) ≅ 1,67 ⋅10 53 kg (A1.5) e quindi: 4 3 4 4 c 3 3 2 ) ] = H local /( πG ) ≅ 2 ⋅ 10− 26 kg / m3 ρWrong = M Univ −Old /( πRUniv − Old ) = (c GH local ) [ π ( 3 3 H local 3 (A1.6) cioè appunto la (A1.1) (valore troppo elevato!) Bene, anzi, male; tale valore è di quattro ordini di grandezza superiore al valore di densità osservato e, dunque, misurato dagli astrofisici. E poi le galassie sono troppo “leggère” per ruotare così velocemente (vedere oltre). Ed ecco che si è deciso di mettersi alla ricerca di materia oscura, e non di poca, visto che essa dovrebbe essere molta di più di quella visibile (dalle 10 alle 100 volte di più). −30 Invece, gli astrofisici misurano dunque un valore di ρ pari, o intorno, a: ρ ≅ 2 ⋅ 10 kg / m . Cerchiamo un attimo di capire quali scelte arbitrarie, nei decenni, abbiano potuto portare a tale discrepanza. Dalle osservazioni di Hubble in poi, emerse che le galassie lontane e gli ammassi di galassie si allontanano da noi con certe velocità, determinate da misure dello spostamento verso il rosso. Ma non solo; più si osservano quelle lontane e più si rilevano velocità di allontanamento maggiori e pare giustamente che ci sia una legge che leghi la distanza di tali oggetti da noi e la velocità con cui essi si allontanano, sempre da noi. La Fig. A1.1 qui sotto è una foto dell’ammasso di galassie della Chioma, sul quale sono disponibili centinaia di misurazioni; bene, sappiamo che tale ammasso dista da noi: 3 Δx=100 Mpc = 3,26 108 a.l. = 3,09 1024 m e si allontana da noi ad una velocità: Δv=6870 km/s=6,87 106 m/s. Fig. A1.1: Ammasso della Chioma. Parlando appunto della legge di Hubble ed utilizzando i dati dell’ammasso della Chioma, quanto si osservava (e si osserva tutt’oggi), in forma matematica, è esprimibile come segue: m H local = ∆v ∆x ≅ 2, 22 ⋅10−18 [( ) m] , s (A1.7) cioè un buon valore per la costante di Hubble “locale”, utilizzata ancor oggi dalla Cosmologia (prevalente). App. 1-Par. 1.2: L’accelerazione cosmica aUniv. A conferma di quanto appena detto, abbiamo anche visto con la (A1.3) che si ottiene sempre lo stesso valore di costante di Hubble 9 locale se, invece dei dati sull’ammasso della Chioma, si utilizza l’intero nostro Universo visibile, di 13,5 10 a.l. di raggio ed espandentesi approssimativamente a velocità c. Ma per gli stessi ragionamenti fatti finora per giungere alla definizione di Hlocal, possiamo anche dire che se le galassie, con l’allontanarsi, aumentano la loro velocità, allora sono sottoposte ad un’accelerazione aUniv , e, dalla fisica, sappiamo che, banalmente: ∆x = 1 1 1 a ⋅ ∆t 2 = (a ⋅ ∆t ) ⋅ ∆t = ∆v ⋅ ∆t 2 2 2 , da cui: ∆t = 2 ⋅ ∆x ∆v , che usata nella definizione di accelerazione aUniv , ci dà: aUniv = ∆v ∆v ( ∆v ) 2 = = = aUniv ≅ 7,62 ⋅ 10−12 m / s 2 , ⋅ ∆ x 2 ∆t 2 ⋅ ∆x ∆v accelerazione cosmica (Wåhlin) (A1.8) avendo utilizzato i dati dell’ammasso della Chioma. E’ questa l’accelerazione con cui perlomeno tutto il nostro Universo visibile accelera verso il centro di massa dell’Universo intero. VEDREMO ORA CHE QUESTO PICCOLO OGGETTO CHE ABBIAMO APPENA VALUTATO, E CIOE’ aUniv, CHE E’ UN OGGETTO DI CUI, EVIDENTEMENTE, NON SI TIENE BEN CONTO, CI PERMETTE DI CONCLUDERE CHE LA DENSITA’ CALCOLATA DELL’UNIVERSO E’ ESATTAMENTE QUELLA MISURATA DAGLI ASTROFISICI E CI PERMETTERA’ ANCHE DI GIUSTIFICARE LE ALTE VELOCITA’ DI ROTAZIONE DELLE GALASSIE, SEMPRE SENZA STARE A CERCARE LA MATERIA OSCURA pena però il dover accettare che viviamo in un Universo che ha un raggio almeno 100 volte quello dei 13,5 109 a.l. predicato oggigiorno, e con una massa molto più grande dell’1,67 1053 kg, valutata a pag. 21, e sempre predicata oggigiorno come massa dell’Universo tutto, e non di quello a noi visibile (vedere oltre). Dipaniamo la matassa: Partiamo dunque dalla scoperta rappresentata dalla (A1.8), secondo cui stiamo accelerando e dalla (A1.4), secondo cui: aUniv = c2 RUniv − New RUniv − New = , da cui, per il nuovo raggio dell’Universo: c2 ≅ 1,17908 ⋅10 28 m . aUniv (A1.9) Tale valore è un centinaio di volte quello precedentemente calcolato nella (A1.3) e sarebbe però il raggio compreso tra il centro di massa dell’Universo ed il luogo dove siamo ora noi, luogo in cui la velocità della luce vale c. ((non essendo evidentemente noi esattamente ai confini di tale Universo, si dimostra che l’estensione totale è più grande di un fattore 2 , cioè RUniv-Tot=1,667 1028m.)) In ogni caso, si viaggia su dimensioni lineari dell’ordine di 100 volte quelle contemplate nella cosmologia prevalente. In un certo senso, di materia che non vediamo ce n’è, ma sta oltre il range dei nostri telescopi, e non dentro le galassie o tra le galassie, materia (quella oscura) che andrebbe a scombussolare le leggi della gravitazione, che invece reggono bene. Sempre dalla (A1.4) si ha ora che: 2 m ⋅ aUniv = G ⋅ m ⋅ M Univ − New / RUniv − New , da cui: 2 55 M Univ − New = aUniv ⋅ RUniv − New / G = 1,59486 ⋅ 10 kg (A1.10) Questo valore, ancora una volta, è 100 volte quello della cosmologia prevalente della (A1.5) ed è la massa entro il raggio RUniv-New , mentre quella entro il totale RUniv-Tot non è nota. Dalle (A1.9) ed (A1.10) scaturisce poi che: c2 = GM Univ RUniv (~Eddington). (A1.11) App. 2-Par. 1.3: La nuova densità dell’Universo. VENIAMO ORA AL CALCOLO DELLA NUOVA DENSITA’ DELL’UNIVERSO: 4 3 − 30 ρ = M Univ − New /( π ⋅ RUniv kg / m3 − New ) = 2.32273 ⋅ 10 3 !!! (A1.12) molto, ma molto prossima a quella osservata e misurata dagli astrofisici e già riportata a pag. 20. La natura, per fortuna, offre anche dei segnali che incoraggiano e, anzi, convincono, nel perseguimento di una determinata strada, quando conferme di ciò che si è intuito giungono da altri settori della fisica del tutto distanti da quello in cui ci si sta muovendo. A tal proposito, premetto che il raggio classico dell’elettrone (particella base e “stabile”, nel nostro Universo!) è definito eguagliando la sua energia E=mec2 a quella elettrostatica immaginata sulla sua superficie (in senso classico): me ⋅ c 2 = re = 1 e2 4πε 0 re , da cui: e2 1 ≅ 2,8179 ⋅ 10−15 m 2 4πε 0 me ⋅ c (A1.13) Adesso, sempre in senso classico, se immagino, ad esempio, di calcolare l’accelerazione di gravità su un elettrone, come se lo stesso fosse un piccolo pianetino, devo scrivere banalmente che: mx ⋅ ge = G ge = G mx ⋅ me re2 , da cui: 3 4 me 2 2 Gme c = 8 π ε = aUniv = 7,62 ⋅10−12 m s 2 !!! 0 re2 e4 (A1.14) cioè esattamente il valore ottenuto nella (A1.8) per tutt’altra via, macroscopica, e non microscopica, come nel caso della (A1.14). Del resto, i comportamenti gravitazionali dell’Universo e degli elettroni che lo compongono, perchè dovrebbero essere diversi tra loro? App. 2-Par. 1.4: Ulteriori considerazioni sul significato di aUniv. Beh, certo che se la materia mostra attrazione reciproca in forma di gravità, allora siamo in un Universo armonico oscillante in fase di contrazione, che si sta contraendo tutto verso un punto comune che è il centro di massa di tutto l’Universo. Infatti, l’accelerare verso il centro di massa ed il mostrare proprietà attrattive gravitazionali sono due facce della stessa medaglia. Inoltre, tutta la materia intorno a noi mostra di voler collassare: se ho una penna in mano e la lascio, essa cade, dimostrandomi che vuole collassare; poi, la Luna vuole collassare nella Terra, la Terra vuole collassare nel Sole, il Sole nel centro della Via Lattea, la Via Lattea nel centro del suo ammasso e così via, e, dunque, anche tutto l’Universo collassa. No? Ma allora come si spiegherebbe che vediamo la materia lontana, intorno a noi, allontanarsi e non avvicinarsi? Beh, facile: se tre paracadutisti si lanciano in successione da una certa quota, tutti e tre stanno cadendo verso il centro della Terra, dove poi idealmente si incontreranno, ma il secondo paracadutista, cioè quello che sta in mezzo, se guarda in avanti, vede il primo che si allontana da lui, in quanto ha una velocità maggiore, poiché si è buttato prima, mentre se guarda indietro verso il terzo, vede anche questi allontanarsi, in quanto il secondo, che sta facendo tali rilevamenti, si è lanciato prima del terzo, e dunque ha una velocità maggiore e si allontana dunque pure da lui. Allora, pur convergendo tutti, in accelerazione, verso un punto comune, si vedono tutti allontanarsi reciprocamente. Hubble era un po’ come il secondo paracadutista che fa qui i rilevamenti. Solo che non si accorse dell’esistenza della accelerazione di gravità g (aUniv) come background. Ricordo poi che recenti misurazioni su supernove di tipo Ia in galassie lontane, utilizzate come candele standard, hanno dimostrato che l’Universo sta effettivamente accelerando, fatto questo che è contro la teoria della nostra presunta attuale espansione post Big Bang, in quanto, dopo che l’effetto di una esplosione è cessato, le schegge proiettate si propagano, sì, in espansione, ma devono farlo ovviamente non accelerando. 235 238 Poi, dai rapporti attuali delle abbondanze di U e U , elementi trans-CNO formatisi durante l’esplosione della supernova originaria, si evince che (forse) la Terra ed il sistema solare hanno solo cinque o sei miliardi di anni, ma ciò non contraddice quanto appena detto sulla reale età dell’Universo, in quanto non si escludono sub-cicli che hanno dato origine alle galassie ed ai sistemi solari, di durata ben minore dell’età complessiva dell’Universo. Riguardo il periodo TUniv dell’Universo, sappiamo dalla fisica che: v=ωR e ω = 2π / T , e, nel caso dell’Universo intero: c=ωRUniv e ω = 2π / TUniv , da cui: 2πRUniv (A1.15) = 2,47118 ⋅ 1020 s (7.840 miliardi di anni) c −20 E per il valore della frequenza angolare: ωUniv ≅ c / RUniverso − New = 2,54 ⋅ 10 rad / s , ed esso è il parametro giusto per una reinterpretazione della costante di Hubble globale H global , che vale H local solo nell’Universo a noi visibile ( ωUniv = H Global ). TUniv = App. 1-Par. 1.5: Ulteriori conferme ed incoraggiamenti da parte di altre branche della fisica. 1) Ricordiamo preliminarmente la legge di Stephan-Boltzmann: ε = σT 4 [W/m2], dove σ = 5,67 ⋅ 10−8 W (m 2 K 4 ) E’ ora interessantissimo notare che se si immagina che un elettrone (particella base e “stabile”, nel nostro Universo!) irradi tutta l’energia che lo costituisce nel tempo TUniv , si ottiene una potenza che è esattamente ½ della costante di Planck in watt! Infatti: Le = mec 2 1 = hW = 3,316 ⋅ 10− 34 W TUniv 2 (Non deve stupire il coefficiente ½; infatti, ai livelli fondamentali di energia, esso sempre compare, come, ad esempio, sul primo dell’elettrone. E lo stesso orbitale dell’atomo di idrogeno, dove la circonferenza dell’orbitale dell’elettrone (2πr) è proprio 1 λ DeBroglie 2 ). fotone è rappresentabile come se racchiuso in un cubetto di lato 1 λ 2 photon 2) Inoltre, notiamo che un elettrone e l’Universo hanno lo stesso rapporto luminosità – massa: LUniv = infatti, M Univc 2 = 5,80 ⋅1051W TUniv (per definizione) e risulta quindi vero che: mec 2 M Univc 2 1 hW c2 c2 Le TUniv TUniv = = = = = =2 me TUniv me M Univ TUniv me LUniv M Univ e per la legge di Stephan-Boltzmann, sia all’Universo che ad un “elettrone” si può, per così dire, attribuire la stessa temperatura della radiazione cosmica di fondo: 1 h 1 1 1 1 L L L L 4 Univ e 2 4 4 4 = σT , da cui: T = ( ) 4 ≅ 2,73K ) =( ) =( ) =( 2 2 2 4πR 2 4πR 2σ 4πre σ 4πRUniv σ 4πre σ !!! E tutto ciò non è più vero se si usano i valori della cosmologia prevalente! 3) Il Principio di Indeterminazione di Heisenberg come conseguenza dell’essenza dell’Universo macroscopico accelerante ad per tale principio, dal momento che il prodotto Δx Δp deve stare al disopra della quantità quando Δx è massimo, Δp deve essere minimo, e viceversa: ∆p ⋅ ∆x ≥ h / 2 Ora, come ∆pmax ∆xmin e come e ∆pmax ⋅ ∆xmin = h / 2 (h = h / 2π h/ 2, aUniv : con il segno dell’eguaglianza, ) consideriamo, per l’elettrone (particella base e “stabile”, nel nostro Universo!), la quantità ∆pmax = (me ⋅ c ) per l’elettrone, dal momento che lo stesso altro non è che un’armonica dell’Universo che lo contiene (così come un suono può essere considerato come composto dalle sue armoniche), avremo delle caratteristiche dell’Universo che lo contiene; infatti, per la (A1.15), a = ω 2 R , e poi ωUniv = 2π TUniv = 2πν Univ la “ν Univ – esima” parte di ωUniv , cioè: ωe = ωUniv ν Univ = H Global ν Univ , e come ωe ∆xmin = aUniv (2π )2 , come conseguenza diretta 2 RUniv = aUniv ωUniv , in quanto si sa dalla fisica che dell’elettrone (che è armonica dell’Universo) si considera dunque , come se l’elettrone o una coppia elettrone-positrone possono compiere oscillazioni a mo’ di quelle dell’Universo, ma con un rapporto velocità - ampiezza non pari alla Costante di Hubble (globale), bensì con la stessa fratto ∆xmin ν Univ e, dunque, se per l’Universo tutto è vero che: a aUniv aUniv a = Univ2 = = = Univ2 , da cui: 2 2 (ωe ) ( ωUniv ν Univ ) ( H Global ν Univ ) (2π ) ∆pmax ⋅ ∆xmin = mec 2 RUniv = aUniv ωUniv , per l’elettrone: aUniv −34 = 0,527 ⋅ 10 −34 [Js] e questa quantità ( 0,527 ⋅10 Js), guarda caso, è proprio h / 2 !! 2 ( 2π ) 4) Come fatto in precedenza, premetto che il raggio classico dell’elettrone (particella base e “stabile”, nel nostro Universo!) è definito eguagliando la sua energia E=mec2 a quella elettrostatica immaginata sulla sua superficie (in senso classico): 1 e2 me ⋅ c = 4πε 0 re 2 , da cui: 1 e2 ≅ 2,8179 ⋅ 10−15 m re = 2 4πε 0 me ⋅ c Sempre in senso classico, se immagino di calcolare l’accelerazione di gravità su un elettrone, come se lo stesso fosse un piccolo pianetino, devo scrivere banalmente che: mx ⋅ g e = G m x ⋅ me re2 , da cui: ge = G 3 4 me 2 2 Gme c = 8 π ε = aUniv = 7,62 ⋅10−12 m s 2 !!! 0 2 4 re e 5) Sappiamo che la quantità α= 1 137 è il valore della Costante di Struttura Fine e l’espressione solo se ν è quella dell’Universo da noi appena descritto, cioè: α= Gme2 1 hν Univ = re 137 , dove notoriamente ν Univ = 1 TUniv N= assume tale valore (vedi la (A1.15)) !! 6) Se suppongo, per semplicità, che l’Universo sia composto solo da armoniche come gli elettroni saranno, in numero, pari a: Gme2 hν re e− (e/o i positroni M Univ ≅ 1,75 ⋅ 1085 (~Eddington); la radice quadrata di tale numero è: me e + ), essi N ≅ 4,13 ⋅ 1042 (~Weyl). Notiamo ora, con sorpresa, che ( RUniv N re ≅ 1,18 ⋅10 28 m (!), cioè proprio il valore di RUniv ottenuto nella (A1.9) = N re ≅ 1,18 ⋅10 28 m ) !!! App. 1-Par. 1.6: Sulle discrepanze tra la velocità di rotazione calcolata e quella osservata, nelle galassie. Galassia di Andromeda (M31): Distanza: 740 kpc; RGal=30 kpc; Massa visibile MGal = 3 1011MSun; Massa stimata(+Dark) M+Dark = 1,23 1012MSun; MSun=2 1030 kg; 1 pc= 3,086 1016 m; Fig. A1.2: Galassia di Andromeda (M31). Imponiamo, ad una stella periferica in rotazione in una galassia, l’equilibrio tra forza centrifuga e forza di attrazione gravitazionale verso il centro di massa della galassia stessa: mstar v2 m M = G star 2 Gal RGal RGal , da cui: v= GM Gal RGal Nel caso invece si consideri anche il contributo mareale dovuto ad aUniv , e cioè dovuto anche a tutto l’Universo circostante, si ha: v= GM Gal + aUniv RGal RGal ; vediamo dunque, nel caso, ad esempio, della M31, a quanti RGal (quante k volte) di distanza dal centro della galassia il contributo di aUniv riesce a sopperire alla necessità di considerare dark matter: GM + Dark GM Gal = + aUniv kRGal kRGal kRGal , da cui: G (M + Dark − M Gal ) ≅ 4 , dunque a 4RGal l’esistenza di aUniv ci 2 aUniv RGal k= permette di avere i valori di velocità di rotazione osservati, senza far ricorso alla materia oscura. Inoltre, a 4RGal il contributo alla rotazione dovuto ad aUniv domina. Per ultimo, osservo che aUniv non ha invece effetto su oggetti piccoli come il sistema solare; infatti, in tale caso: G M Sun RTerra − Sole ≅ 8,92 ⋅ 108 >> aUniv RTerra − Sole ≅ 1,14 . E’ ovvio che queste considerazioni sul legame tra aUniv e la velocità di rotazione delle galassie sono ampiamente aperte ad ulteriori speculazioni e la formula tramite la quale si può tener conto dell’effetto mareale di aUniv nelle galassie può assumere una forma ben più complessa di quelle qui sopra, ma non sembra proprio un caso che un po’ tutte le galassie hanno dimensioni che stanno in un range abbastanza stretto (3 – 4 RMilky Way o non molto di più) e, in ogni caso, non con raggi di decine o di centinaia di RMilky Way , ma, al massimo, di qualche unità. E’ infatti la componente dovuta all’accelerazione cosmica che, annullando, in certe fasi, l’accelerazione centripeta nella galassia, andrebbe a sfrangiare la galassia stessa, ed eguaglia, ad esempio, nella M31, la componente gravitazionale propria ad un valore di raggio pari a: GM M 31 = aUniv RGal − Max RGal − Max , da cui: RGal − Max = GM M 31 ≅ 2,5RM 31 , ed infatti i raggi massimi osservati nelle galassie aUniv sono all’incirca di tale taglia. --------------------------------------------App. 1-Capitolo 2: L’unificazione della forza elettromagnetica con quella gravitazionale (Rubino). App. 1-Par. 2.1: L’effetto di MUniv sulle particelle. a) Ricordo che dalla definizione di re della (A1.13): 1 e2 ⋅ = mec 2 4πε 0 re e dalla (A1.11): c2 = GM Univ RUniv (~Eddington), segue che: 1 e 2 GM Univ me ⋅ = 4πε 0 re RUniv !! (A2.1) b) Alternativamente, sappiamo che la Costante di Struttura Fine vale 1 su 137 ed è espressa dalla seguente equazione: 1 2 e 1 4πε 0 α= = h 137 c 2π (Alonso-Finn), ma notiamo anche che la quantità 1 137 è data dalla seguente espressione, che può essere evidentemente ritenuta, a tutti gli effetti, altrettanto valida come espressione per la Costante di Struttura Fine: Gme2 E 1 r α= = e = Box _ Min 137 hν Univ EEmanable , dove notoriamente ν Univ = 1 TUniv . EBox _ Min è la più piccola scatoletta di energia dell’Universo (l’elettrone), mentre EEmanable è la minima energia emanabile, visto che ν Univ è la più piccola frequenza. Tra parentesi, α = ve _ in _ H α è anche data dal rapporto tra la velocità dell’elettrone nell’atomo di idrogeno e la velocità della luce: c = e 2 2ε 0 hc , oppure ancora come rapporto tra la lunghezza d’onda Compton dell’elettrone (che è la minima λ di e- quando è libero ed alla velocità massima c) e la lunghezza d’onda di e- appunto sul primo orbitale di H: α = λCompton λ1− H = (h mec) (h me ve _ in _ H ) . E’ altresì vero che α = re a0 , con a0 = 0,529 Å, che è il raggio di Bohr. Potremo dunque stabilire la seguente uguaglianza e trarre le relative conseguenze (Rubino): 1 2 Gme2 e 1 4πε 0 r (α = )= = e h 137 hν Univ c 2π , da cui: 1 2 c Gme2 c Gme2 Gme2 e = = = RUniv 4πε 0 2πνUniv re H global re re avendo utilizzato anche la (A1.15). Dunque, si può scrivere che: 1 e2 Gme2 = 4πε 0 RUniv re elettromagnetismo e gravità, ma procediamo oltre…) (ed anche questa equazione intermedia mostra una strettissima parentela tra Ora, se si immagina momentaneamente, e per semplicità, che la massa dell’Universo sia composta da N tra elettroni e + e− e positroni , potremo scrivere che: M Univ = N ⋅ me oppure ancora: , da cui: GM Univ me 1 e2 = 4πε 0 RUniv N N re e2 GM Univ me 1 ⋅ = 4πε 0 ( RUniv N ) N re RUniv = N re Se ora ipotizziamo che , . (A2.2) (vedi anche la (A4.2)), oppure, ciò che è lo stesso, re = RUniv N , allora la (A2.2) diventa: 1 e 2 GM Univ me ⋅ = RUniv 4πε 0 re !! (Rubino) cioè appunto ancora la (A2.1). Ora, notiamo innanzitutto che l’aver supposto che RUniv = N re è correttissimo, in quanto, dalla definizione di N data poco fa e dalla (A1.10), si ha che: M Univ ≅ 1,75 ⋅ 1085 (~Eddington), da cui: me proprio il valore di RUniv ottenuto nella (A1.9). N= N ≅ 4,13 ⋅ 1042 (~Weyl) e RUniv = N re ≅ 1,18 ⋅ 10 28 m , cioè App. 1-Par. 2.2: La scoperta dell’essenza comune di gravità ed elettromagnetismo. La (A2.1) è di fondamentale importanza ed ha un significato molto preciso (Rubino) in quanto ci dice che l’energia elettrostatica associata ad un elettrone in una coppia elettrone-positrone ( e alla stessa da tutto l’Universo M Univ alla distanza RUniv + − e adiacenti) è né più, né meno che l’energia gravitazionale conferita ! (e viceversa…) Dunque, un elettrone, lanciato gravitazionalmente da una enorme massa M Univ per un tempo lunghissimo TUniv e attraverso un R lunghissimo cammino Univ , acquista una energia cinetica di origine gravitazionale tale che, se poi è chiamato a restituirla tutta insieme, in un attimo, tramite, ad esempio, un urto, e tramite dunque una oscillazione della molla costituita appunto dalla coppia e + e − , deve appunto trasferire una tale energia gravitazionale, accumulata nei miliardi di anni, che se fosse da attribuire solo alla energia potenziale gravitazionale della esigua massa dell’elettrone stesso, sarebbe insufficiente per parecchi ordini di grandezza. Ecco, dunque, che l’effetto di restituzione immediata, da parte di visto essere GM Univ me RUniv e − , di una grande energia gravitazionale accumulata, che abbiamo , fa “apparire” l’elettrone, sul momento, e in un range più ristretto ( re ), capace di liberare energie derivanti da forze molto più intense della gravitazionale, oppure, come se fosse capace di una speciale forza gravitazionale con una speciale Costante di Gravitazione Universale G’ ben più grande di G: ( 1 e e me me mm ⋅ ⋅ )⋅ = G '⋅ e e 4πε 0 me me re re ; dunque, nel momento eventuale della restituzione immediata di energia da parte dell’elettrone, c’è l’effetto rincorsa dovuto alla sua eterna caduta libera (gravitazionale) nell’Universo. E, di riflesso, la gravità è l’effetto di composizione di tante piccole forze elettrostatiche. Faccio altresì notare che l’energia espressa dalla (A2.1), guarda caso, è proprio pari a me c 2 !!!, cioè proprio una sorta di energia cinetica di rincorsa posseduta dalle coppie elettrone-positrone in caduta libera, e che Einstein conferì anche alla materia in quiete, senza purtroppo dirci che quella materia, appunto, non è mai in quiete rispetto al centro di massa dell’Universo, visto che siamo tutti inesorabilmente in caduta libera, anche se tra noi ci vediamo fermi, da cui la sua essenza di energia cinetica di origine gravitazionale mec 2 : mec 2 = 1 e 2 GM Univ me ⋅ = 4πε 0 re RUniv . App. 1-Par. 2.3: L’entità oscillatoria dell’Universo tutto e delle particelle. Si parla di oscillazioni perché è così che si trasmette l’energia, specie in un urto, ed anche in quello tra, ad esempio, due palle da biliardo, dove le oscillazioni nel punto di contatto ci sono, e come, anche se non si vedono (quelle degli elettroni periferici, delle molecole, degli atomi ecc, nel punto di scontro). Si parla qui di oscillazioni in modo proprio, anche perché un sistema Sole/pianeta o un semplice atomo di idrogeno, oppure una coppia elettrone-positrone e-e+, che sono governati dalle leggi dell’elettromagnetismo, si comportano come delle vere e proprie molle: infatti, in coordinate polari, per l’elettrone in orbita intorno al protone, in un atomo di idrogeno, si ha l’equilibrio tra forza di attrazione elettrostatica e forza centrifuga: Fr = − 1 e2 1 e2 p2 dϕ 2 ( ) r m + = − + e 4πε 0 r 2 me r 3 4πε 0 r 2 dt , dove dϕ =ω dt e p = me v ⋅ r = meωrr = meωr 2 Valutiamo ora l’energia corrispondente, integrando tale forza nello spazio: U = − ∫ Fr dr = − 1 e2 p2 + 4πε 0 r 2me r 2 . (A2.3) U U p2 2me r 2 U Parab = k (r − r0 )2 + U 0 r0 r − Uo U 0 = −( 1 2 me e 4 ) 4πε 0 2 p 2 1 e2 4πε 0 r Fig. A2.1: Grafico dell’energia. Il punto di minimo in (r0,U0) è punto di equilibrio e di stabilità (Fr=0) e lo si calcola annullando la derivata prima della (A2.3) (e cioè ponendo appunto Fr=0). Inoltre, in r0, la curva esprimente U è visivamente approssimabile con una parabola UParab e cioè, in quell’intorno, si può scrivere: Fr = − ∂U Parab ∂r = −2k (r − r0 ) che è, guarda caso, una forza elastica a tutti gli effetti ( F = − kx - Legge di Hooke). U Parab = k (r − r0 )2 + U 0 , e la corrispondente forza è: Inoltre, la legge gravitazionale cui l’Universo obbedisce, mostra una forza che varia con il quadrato della distanza, proprio come quella elettrostatica, dunque anche la forza gravitazionale porta alla legge di Hooke per l’Universo. --------------------------------------------Tramite la (A2.1) e la sua interpretazione abbiamo ricondotto la forza elettrica a quella gravitazionale; riconduciamo ora la forza magnetica a quella elettrica, in modo tale da chiudere il cerchio ed effettuare l’unificazione del campo elettromagnetico con quello gravitazionale. E tutti questi campi, per ultimo, sono riconducibili all’accelerazione cosmica aUniv , visto che la gravità lo è. App. 1-Capitolo 3: L’unificazione della forza magnetica con quella elettrica. App. 1-Par. 3.1: La forza magnetica è niente altro che una forza elettrica di Coulomb(!). A tal proposito, immaginiamo la seguente situazione, dove vi è un conduttore, ovviamente composto da nuclei positivi e da elettroni, e poi un raggio catodico (di elettroni) che scorre parallelo al conduttore: Raggio catodico e- e- F e- e - e y’ - - e - e - I’ Direzione del raggio catodico (v) z’ e - x’ e - + F e - Conduttore e- e- e- e- e- e- e- e- e- e- p+ p+ p+ p+ p+ p+ p+ p+ p+ p+ Fig. A3.1: Conduttore non percorso da corrente, visto dal sistema di riferimento I’ (x’, y’, z’) di quiete del raggio catodico. Sappiamo dal magnetismo che il raggio catodico non sarà deflesso verso il conduttore perché in quest’ultimo non scorre nessuna corrente che possa determinare ciò. Questa è l’interpretazione del fenomeno in chiave magnetica; in chiave elettrica, possiamo dire che ogni singolo elettrone del raggio è respinto dagli elettroni del conduttore con una forza F- identica a quella F+ con cui è attratto dai nuclei positivi del conduttore. Passiamo ora alla situazione in cui nel conduttore scorra invece una corrente con gli e- a velocità u: Raggio catodico e - e - e F - e - e - e ep+ p+ ep+ - e I’ e Direzione del raggio catodico (v) z’ - x’ e- e- Conduttore ep+ - + F e- y’ - e- p+ p+ p+ ep+ ep+ Direzione della corrente I, con e a velocità u p+ Fig. A3.2: Conduttore percorso da corrente (con gli e- a velocità u), visto dal sistema di riferimento I’ (x’, y’, z’) di quiete del raggio catodico. In quest’ultimo caso, sappiamo dal magnetismo che il raggio di elettroni deve deflettere verso il conduttore, in quanto siamo nel noto caso di correnti parallele e di verso concorde, che devono dunque attrarsi. Questa è l’interpretazione del fenomeno in chiave magnetica; in chiave elettrica, possiamo dire che dal momento che gli elettroni nel conduttore inseguono, per così dire, quelli del fascio, i primi, visti dal sistema di quiete del fascio (I’), avranno una velocità minore rispetto a quella che risultano avere i nuclei positivi, che invece sono fermi nel conduttore. Risulterà, perciò, che gli spazi immaginabili tra gli elettroni del conduttore subiranno una contrazione relativistica di Lorentz meno accentuata, rispetto ai nuclei positivi, e dunque ne risulterà una densità di carica negativa minore della densità di carica positiva, e dunque gli elettroni del fascio verranno elettricamente attratti dal conduttore. Ecco la lettura in chiave elettrica del campo magnetico. Ora, è vero che la velocità della corrente elettrica in un conduttore è molto bassa (centimetri al secondo) rispetto alla relativistica velocità della luce c, ma è anche vero che gli elettroni sono miliardi di miliardi …, e dunque un piccolo effetto di contrazione su così tanti interspazi determina l’apparire della forza magnetica. Ora, però, vediamo se la matematica ci dà quantitativamente ragione su quanto asserito, dimostrandoci che la forza magnetica è una forza elettrica anch’essa, ma vista in chiave relativistica. Consideriamo allora una situazione semplificata in cui un elettrone e- , di carica q, viaggi, con velocità v, parallelo ad una corrente di nuclei con carica Q+ (a velocità u): y’ y I’ r Q+ I z Q+ z’ - q x’ v F Q+ Q+ Q+ Q+ u d = d 0 1 − u 2 c2 Fig. A3.3: Corrente di cariche positive (a velocità u) ed elettrone a velocità v nel sistema di quiete del lettore I. x a) Valutazione di F in chiave elettromagnetica, nel sistema I : Ricordiamo innanzitutto che se ho N cariche Q, in linea, a distanza d una dall’altra (come in figura A3.3), allora la densità di carica lineare λ sarà: λ = N ⋅Q N ⋅ d = Q d . Ora, sempre con riferimento alla Fig. A3.3, nel sistema I, per l’elettromagnetismo l’elettrone sarà sottoposto alla forza di Lorentz Fl = q ( E + v × B) che si compone di una componente originariamente già elettrica e di una magnetica: 1 Q d 1 λ Fel = E ⋅ q = ( )q , dovuta all’attrazione elettrostatica di una distribuzione lineare di cariche Q e: )q = ( ε 0 2πr ε 0 2πr Fmagn = µ0 Dunque: I Q t Q (d u ) uQ d = µ0 = µ0 = µ0 2πr 2πr 2πr 2πr Fl = q ( (Biot e Savart). 1 1 Q d Q d0 1 uQ d )=q ( − µ0 uv ) − vµ0 2πr 2πr ε 0 ε 0 2πr 1 − u 2 c2 , (A3.1) dove il segno meno indica che la forza magnetica è repulsiva, in tale caso, visti i segni reali delle due correnti, e dove la distanza d0 di quiete risulta contratta a d, per Lorentz, nel sistema I in cui le cariche Q hanno velocità u ( d = d0 1 − u 2 c 2 ). b) Valutazione di F in chiave elettrica, nel sistema I’ di quiete di q: nel sistema I’ la carica q è ferma e dunque non costituisce nessuna corrente elettrica, e dunque sarà presente solo una forza elettrica di Coulomb verso le cariche Q: F 'el = E '⋅q = ( 1 λ' 1 Q d' 1 Q d0 1 )q = ( ) q = q( ) ε 0 2πr ε 0 2πr ε 0 2πr 1 − u '2 c 2 , (A3.2) dove u’ è la velocità della distribuzione di cariche Q nel sistema I’, che si compone di u e v tramite il noto teorema relativistico di addizione delle velocità: u ' = (u − v) (1 − uv c 2 ) , (A3.3) e d0, questa volta, si contrae appunto secondo u’: d ' = d 0 1 − u '2 c 2 . Notiamo ora che, con un po’ di algebra, vale la seguente relazione (vedi la (A3.3)): (1 − u 2 c 2 )(1 − v 2 c 2 ) 1 − u' c = (1 − uv c 2 ) 2 2 2 , che sostituita nel radicale della (A3.2) fornisce: 1 λ' 1 Q d' 1 Q d0 (1 − uv c 2 ) F 'el = E '⋅q = ( )q = ( ) q = q( ) ε 0 2πr ε 0 2πr ε 0 2πr 1 − u 2 c2 1 − v 2 c2 (A3.4) Vogliamo ora confrontare la (A3.1) con la (A3.4), ma ancora non possiamo, perché una fa riferimento ad I e l’altra ad I’; rapportiamo allora F 'el della (A3.4) in I anch’essa e, per fare ciò, osserviamo che, per la definizione stessa di forza, in I’: F 'el (in _ I ' ) = ∆p I ' ∆pI F (in _ I ) = = el 2 2 2 2 ∆t I ' ∆t I 1 − v c 1− v c , con ∆pI ' = ∆pI in quanto la direzione del moto relativo, dunque per le T. di Lorentz non subisce variazione, mentre Si ha allora: Fel (in _ I ) = F 'el (in _ I ' ) 1 − v 2 c 2 = q ( = q( 1 Q d 0 (1 − uv c 2 ) ) = Fel (in _ I ) ε 0 2πr 1 − u 2 c2 ∆t ∆p si estende lungo y, e non lungo ovviamente sì. 1 Q d0 (1 − uv c 2 ) ) 1 − v 2 c2 2 2 2 2 ε 0 2πr 1− u c 1− v c = (A3.5) Ora, dunque, possiamo confrontare la (A3.1) con la (A3.5), in quanto ora entrambe fanno riferimento al sistema I. Riscriviamole una sopra l’altra: Fl (in _ I ) = q ( 1 1 Q d Q d0 1 uQ d )=q ( − µ0 uv) − vµ0 2πr 2πr ε 0 ε 0 2πr 1 − u 2 c2 Fel (in _ I ) = q ( 1 1 Q d 0 (1 − uv c 2 ) Q d0 1 uv ) ( − ) =q 2 2πr ε 0 ε 0 c ε 0 2πr 1 − u 2 c2 1− u2 c2 Possiamo dunque dire che le due equazioni sono identiche se è verificata la seguente identità: c =1 ε 0µ0 , e la stessa è nota sin dal 1856. Essendo dunque identiche le due equazioni, la forza magnetica risulta ricondotta ad una forza elettrica di Coulomb, e dunque è compiuta l’unificazione dei campi elettrico e magnetico!! --------------------------------------------App. 1-Capitolo 4: Giustificazione dell’equazione RUniv = N re precedentemente utilizzata per l’unificazione della forza elettrica con quella gravitazionale (Rubino). App. 1-Par. 4.1: L’equazione RUniv = N re (!). Abbiamo innanzitutto già verificato che l’equazione RUniv = N re , utilizzata nella (A2.2), è corretta di per sé, in quanto, a livello numerico, è esatta. Ed è altresì giustificabile pure in chiave oscillatoria ed ora vediamo come; tale equazione ci dice che il raggio dell’Universo è uguale al raggio classico dell’elettrone moltiplicato per la radice quadrata del numero di elettroni (e positroni) N di cui l’Universo può ritenersi composto. (Sappiamo che in realtà, la quasi totalità della materia dell’Universo non è composta da coppie e+e- ma da coppie p+e- di atomi di H, ma a noi ora interessa vedere l’Universo scomposto in mattoni fondamentali, o in armoniche fondamentali, e sappiamo che l’elettrone ed il positrone lo sono, in quanto sono stabili, mentre il protone pare che stabile non sia, e dunque non è un’armonica fondamentale e dunque neanche un mattone fondamentale.) Supponiamo ora che ogni coppia e+e- (o, per il momento, anche p+e- (H), se preferite) sia una piccola molla (fatto peraltro già giustificato dai ragionamenti compiuti intorno alla (A2.3)), e che l’Universo sia una grande molla oscillante (ed attualmente in contrazione verso il suo centro di massa) con ampiezza di oscillazione pari ovviamente ad RUniv , che si compone di tutte le micro oscillazioni delle coppie e+e-. E, per ultimo, chiariamo che tali micromolle sono distribuite alla rinfusa nell’Universo, come non può che essere, dunque una oscilla verso destra, l’altra verso sinistra, l’altra in su, l’altra ancora in giù, e così via. In più, i componenti e+ ed e- di ogni coppia non sono fissi, dunque non considereremo N/2 coppie oscillanti con ampiezza 2re, ma N elettroni/positroni oscillanti ad re. re RUniv Fig. A4.1: L’Universo rappresentato come un insieme di tante (N) molle oscillanti in direzione casuale, o come grossa molla oscillante unica. Ora, essendo le micro oscillazioni orientate a caso, la loro composizione random è schematizzabile come in figura A4.2. rN RUniv y r re r re r re r re r re r re r re r re z r re r re x Fig. A4.2: oscillazioni r re Composizione delle N micro distribuite casualmente a formare l’oscillazione globale RUniv. rN r N −1 r rN RUniv = RUniv + re ed il prodotto scalare di RUniv con se stesso fornisce: rN rN r N N −1 2 N −1 r RUniv ⋅ RUniv = ( RUniv ) 2 = ( RUniv ) + 2 RUniv ⋅ re + re2 ; prendendo ora la media: r N −1 r N N −1 2 N −1 2 (A4.1) ( RUniv ) 2 = ( RUniv ) + 2 RUniv ⋅ re + re2 = ( RUniv ) + re2 , r N −1 r r visto che 2 RUniv ⋅ re = 0 , dal momento che re può essere orientate in modo casuale su 360° (o su 4π sr, se vi va), e dunque un Possiamo scrivere ovviamente che: vettore che media con esso, come nella espressione precedente, fornisce un valore nullo. Riscriviamo allora la (A4.1): N N −1 2 ( RUniv ) 2 = ( RUniv ) + re2 e procedendo, su di essa, per induzione, dal momento che (sostituendo N con N-1 e così via): N −1 2 N −2 2 ( RUniv ) = ( RUniv ) + re2 , e poi: N −2 2 N −3 2 ( RUniv ) = ( RUniv ) + re2 ecc, si ottiene: N N −1 2 N −2 2 ( RUniv ) 2 = ( RUniv ) + re2 = ( RUniv ) + 2 re2 = .......... = 0 + N re2 = N re2 N ( RUniv ) 2 = N re2 , da cui, estraendo la radice di entrambi i membri: , cioè: N ( RUniv ) 2 = RUniv = N re2 = N ⋅ re , e cioè: RUniv = N ⋅ re !!! (Rubino) (A4.2) E’ comunque noto, in fisica, che, ad esempio, il cammino R compiuto per N passi r successivi effettuati in direzione casuale è proprio la radice di N per r (vedi, ad esempio, gli studi sul moto Browniano). --------------------------------------------App. 1-Capitolo 5: “aUniv“ come responsabile assoluta di tutte le forze. App. 1-Par. 5.1: Tutto da “aUniv“. Sempre in linea con quanto detto finora, la stessa accelerazione cosmica aUniv è responsabile della gravità tutta e dunque anche di quella terrestre. Infatti, solo perché la Terra è abbastanza densa, ha una accelerazione di gravità sulla sua superficie pari a g=9,81 m/s2, mentre, se tutt’oggi la si potesse considerare come composta di elettroni sparsi a caso, un po’ come in Fig. A4.1 per l’Universo, allora la stessa avrebbe un raggio pari a g New = G M Earth ⋅ re = N Earth ⋅ re , e l’accelerazione di gravità sulla sua superficie sarebbe: me M Earth = aUniv = 7,62 ⋅ 10−12 m / s 2 2 ( N Earth ⋅ re ) !!! Dunque, ancora una volta, possiamo dire che la forza di gravità è una conseguenza del collasso dell’Universo con accelerazione aUniv, e le accelerazioni di gravità che si incontrano, di volta in volta, per ogni oggetto celeste, sono diverse da aUniv nella misura in cui tali oggetti sono particolarmente più compressi. --------------------------------------------App. 1-Par. 5.2: Schema riassuntivo dell’unificazione delle forze. aUniv causa di GRAVITA’ causa di ELETTRICITA’ FORZA DEBOLE (Rubino) causa di (Einstein) (Maxwell) FORZA FORTE MAGNETISMO Fig. A5.1: Schema riassuntivo dell’unificazione delle forze. (Lavori in corso) (through meson exchanges?) App. 1-Par. 5.3: Altre considerazioni sulla composizione dell’Universo in coppie +/-. Lo scaricarsi completo di ogni singola mollettina, che rappresenta la coppia elettrone-positrone, altro non è che l’annichilazione, con trasformazione in fotoni delle due particelle. In tal modo, la coppia non sarà più rappresentata da un’onda piccata in un dato luogo ed sin( x − vt ) ( x − vt ) , o la cugina di quest’ultima, cioè la δ ( x − vt ) di Dirac), dove la parte piccata starebbe a testimoniare la carica della molla, ma sarà rappresentata da una funzione del tipo sin( x − ct ) , omogenea lungo in un dato momento (ad esempio tutta la sua traiettoria, quale il fotone è. Ciò avverrà quando il collasso dell’Universo nel suo centro di massa sarà completo. Inoltre, l’essenza delle coppie e+e-, o, in quest’era, delle e-p+, è necessaria per la non violazione del Principio di Conservazione dell’Energia. Infatti, l’Universo, che nella sua fase di contrazione massima verso una singolarità, pare svanire nel nulla, o originarsi dal nulla, nel processo inverso a mo’ di Big Bang, rappresenterebbe una violazione di tale principio di conservazione, se non fosse per il Principio di Indeterminazione, secondo cui una energia ΔE è comunque legittimata a comparire, purchè sia di durata inferiore a Δt, nella misura in cui ∆E ⋅ ∆t ≤ h 2 , cioè, essa può comparire a patto che l’osservatore non abbia tempo sufficiente, in relazione ai suoi mezzi di misura, per determinarla, giungendo quindi alla constatazione della violazione. E, di riflesso, tutto l’Universo, che di coppie +/- è composto, gode di questa proprietà. E la comparsa di un ΔE composto da una coppia di particelle, vede le stesse prima separarsi, e dunque avere carica uguale, mentre l’annichilirsi successivo dopo un Δt testimonia una attrazione successiva, e dunque l’assunzione di cariche opposte. Dunque, la comparsa e l’annichilazione equivalgono alla espansione e contrazione dell’Universo. Se dunque fossimo in un Universo in fase di espansione, la gravità non esisterebbe, anzi esisterebbe all’incontrario, e non è dunque vero che solo la forza elettrica può essere repulsiva, ma anche la gravità può esserlo (con Universo in fase di espansione); ora non lo è, ma lo fu! La considerazione filosofica più immediata che si può fare, in tale scenario, è che, come dire, tutto può nascere (comparire), purchè muoia, e sufficientemente in fretta; e così la violazione è evitata, o meglio, non è dimostrata/dimostrabile, ed il Principio di Conservazione dell’Energia è preservato, e la contraddizione della comparsa di energia dal nulla è aggirata, anzi, di più, è contraddetta essa stessa. Il protone, poi, gioca il ruolo del positrone, nei confronti dell’elettrone ed è più pesante di quest’ultimo per la possibilità di esistere che il caso non ha potuto negargli, nell’ambito del Principio Antropico Cosmologico, portando, un siffatto protone, all’esistenza dell’atomo e, dunque, delle cellule e della vita che si interroga su di esso. Al momento del collasso dell’Universo, il protone irradierà tutta la sua massa, divenendo positrone ed annichilendosi con l’elettrone. E trova qui risposta anche il quesito sul perché, nel nostro Universo, la materia ha prevalso sull’antimateria: infatti questo non è vero; considerando il protone, ossia un futuro, nonchè ex, positrone, come l’antimateria dell’elettrone, e viceversa, l’equilibrio è perfetto. App. 1-Par. 5.4: La Teoria della Relatività altro non è che la interpretazione dell’Universo di oscillazioni appena descritto, in contrazione a velocità c ed accelerazione auniv. Sulla composizione delle velocità: 1) Caso di un corpo di massa m. Se in un mio sistema di riferimento I, in cui io osservatore sono in quiete, ho un corpo di massa m in quiete, potrò scrivere: v1 = 0 E2 = e E1 = 1 2 mv2 2 1 2 mv1 = 0 2 . Se ora gli conferisco energia cinetica, esso passerà alla velocità v2, tale che, ovviamente: ed il suo delta energia di energia GUADAGNATA ∆↑ E (delta up) sarà: 1 2 1 1 mv2 − 0 = m(v2 − 0)2 = m(∆v) 2 , con ∆v = v2 − v1 . 2 2 2 Ora, il fatto che ho ottenuto un ∆v che è semplicemente pari a v2 − v1 è un caso del tutto PARTICOLARE e vale solo quando si ∆↑ E = E2 − E1 = parte da fermi, e cioè quando v1 = 0. In caso contrario: ∆↑ E = E2 − E1 = ∆V v = (v22 − v12 ) 1 2 1 2 1 1 mv2 − mv1 = m(v22 − v12 ) = m(∆V v )2 , 2 2 2 2 dove ∆V è un delta vettoriale: ; possiamo dunque affermare che, a parte il caso particolare in cui si parta da fermi (v1 = 0), se si è già in moto, non si avrà un delta semplice, ma bensì uno vettoriale; ma questa è semplice fisica di base. 2) Caso della Terra. In un mio sistema di riferimento I, in cui io osservatore sono in quiete, la Terra (E-Earth) ruota intorno al Sole con energia totale: ETot = 1 M m mE vE2 − G Sun E 2 RE − S , e con energia cinetica EK = 1 m E v E2 2 . Se ora conferiamo alla Terra un delta up ∆↑ E di energia cinetica per farla saltare dalla sua orbita a quella di Marte (M-Mars), allora, analogamente al caso precedente del punto 1, si ha: 1 1 1 1 mE vE2 − mE vM2 = mE (vE2 − vM2 ) = mE (∆V v )2 2 2 2 2 di velocità sono di tipo vettoriale ( ∆V ). ∆↑ E = , con ∆V v = (vE2 − vM2 ) , e dunque anche qui i delta 3) Caso dell’Universo. In un mio sistema di riferimento I, in cui io osservatore sono in quiete, se ad un corpo di massa m0 che mi appare in quiete voglio fargli raggiungere la velocità V, devo conferirgli un delta v appunto, ma per quanto esposto nelle pagine precedenti, essendo noi già in movimento nell’Universo (ed a velocità c), come per i punti 1 e 2 qui sopra, tale delta v deve sottostare alla seguente eguaglianza (vettoriale): 2 V = ∆V v = (c 2 − v New − Abs −Univ − Speed ) , dove vNew − Abs −Univ − Speed (A5.1) è la nuova velocità assoluta che il corpo di massa m0 risulta avere non rispetto a noi, ma nel contesto dell’Universo e rispetto al suo centro di massa. Infatti, un corpo è inesorabilmente legato all’Universo in cui si trova, nel quale, guarda caso, esso, già di suo si muove con velocità c e possiede dunque una energia intrinseca m0c 2 . Nella fattispecie, dovendo io apportare energia cinetica Ek al corpo m0 per fargli acquisire velocità V (rispetto a me), e considerando che, ad esempio, in una molla con una massa attaccata ad un’estremità, per la legge del moto armonico ho, per la velocità, una legge armonica del tipo: v = (ωX Max ) sin α = VMax sin α ( vNew − Abs −Univ − Speed = c sin α , nel nostro caso), e per l’energia armonica si ha una legge armonica del tipo: E = E Max sin α ( m0c 2 = (m0c 2 + EK ) sin α , nel nostro caso), ricavando sin α dalle due equazioni precedenti ed eguagliando, si ottiene: m0c 2 , vNew − Abs −Univ − Speed = c m0c 2 + EK e sostituendo tale valore di vNew − Abs −Univ − Speed nella (A5.1), otterrò: 2 2 V = ∆V v = (c 2 − vNew − Abs −Univ − Speed ) = [c − (c m0 c 2 ) 2 ] = V , che riscrivo: 2 m0 c + EK m0c 2 V = [c − (c )2 ] 2 m0c + EK 2 (A5.2) Se ora ricavo EK dalla (A5.2), ottengo: EK = m0c 2 ( 1 V2 1− 2 c − 1) !!! che è esattamente l’energia cinetica relativistica di Einstein! Aggiungendo ora a tale EK cinetica l’energia intrinseca (che ha anche a “riposo” – riposo rispetto a noi, non rispetto al centro di massa dell’Universo) del corpo m0, ottengo l’energia totale: E = EK + m0c 2 = m0c 2 + m0c 2 ( E = γ ⋅ m0 c 2 (della TRR). 1 2 V 1− 2 c − 1) = 1 2 V 1− 2 c m0c 2 = γ ⋅ m0c 2 , e cioè la ben nota (A5.3) Tutto ciò dopo che abbiamo supposto di apportare energia cinetica ad un corpo in quiete (rispetto a noi). La (A5.3) funziona benissimo, dunque, negli acceleratori di particelle, dove le particelle guadagnano energia, ma ci sono casi (Universo collassante e Fisica Atomica) dove le masse perdono energia ed irraggiano, invece di guadagnarla, ed in tali casi la (A5.3) è completamente inapplicabile, in quanto la stessa vale per energie apportate, non rimosse. App. 1-Par. 5.5: Sulla “Relatività” delle energie cedute. In caso di energie rimosse (fase ulteriore del moto armonico), vale la seguente: E= 1 ⋅ m0 c 2 γ (Rubino) (A5.4) che è intuitiva già solo per il fatto che, con l’aumentare della velocità, il coefficiente 1 γ mi abbassa m0, riducendola appunto, a favore della irradiazione, e cioè della perdita, di energia, cosa purtroppo non prevista, nei termini della (A5.4), nella Teoria della Relatività. Per una (convincente) deduzione della stessa (A5.4) e di alcune sue implicazioni, però, sono da me disponibili ulteriori trattazioni a riguardo. Utilizzando la (A5.4) in Fisica Atomica per valutare le energie di ionizzazione ∆ ↓ EZ di atomi con singolo elettrone, ma con numero atomico Z variabile, ci si riconduce, ad esempio, alla seguente equazione, che rispecchia egregiamente i dati sperimentali: ∆↓ EZ = mec 2[1 − 1 − ( Ze2 2 ) ] 2ε 0 hc (A5.5) e per atomi con numero quantico n qualsiasi ed orbitali qualsiasi: ∆↓ EZ − n = mec 2[1 − 1 − ( Ze 2 2 ) ] 4nε 0 hc (Wåhlin) Orbitale (n) Energia (J) Orbitale (n) 1 2,1787 10-18 5 6 2 5,4467 10-19 3 2,4207 10-19 7 4 1,3616 10-19 8 Tab. A5.1: Livelli energetici nell’atomo di idrogeno H (Z=1), come da (A5.6). (A5.6) Energia (J) 8,7147 10-20 6,0518 10-20 4,4462 10-20 3,4041 10-20 L’applicazione della qui inappropriata (A5.3) non porta invece ai dati sperimentali, ma bensì al ricorso di complesse correzioni ed equazioni di correzione (Fock-Dirac ecc), che tenterebbero appunto di “correggere” una applicazione appunto errata. Anche per avere delle chiare dimostrazioni delle (A5.5) e (A5.6), sono da me disponibili ulteriori files e trattazioni. --------------------------------------------App. 1-SUBAPPENDICI. App. 1-Subppendice 1: Costanti fisiche. 1,38 ⋅ 10−23 J / K −12 2 Accelerazione Cosmica aUniv: 7,62 ⋅ 10 m / s 11 Distanza Terra-Sole AU: 1, 496 ⋅ 10 m 24 Massa della Terra MTerra: 5,96 ⋅ 10 kg 6 Raggio della Terra RTerra: 6,371 ⋅ 10 m −19 Carica dell’elettrone e: − 1,6 ⋅ 10 C 85 Numero di elettroni equivalente dell’Universo N: 1,75 ⋅ 10 −15 Raggio classico dell’elettrone re: 2,818 ⋅ 10 m −31 Massa dell’elettrone me: 9,1 ⋅ 10 kg −3 Costante di Struttura Fine α (≅ 1 137) : 7,30 ⋅ 10 −21 Frequenza dell’Universo ν Univ : 4,05 ⋅ 10 Hz Costante di Boltzmann k: Pulsazione dell’Universo ωUniv (= H global ) : 2,54 ⋅ 10−20 rad s 6,67 ⋅10−11 Nm 2 / kg 2 2,47 ⋅1020 s Costante di Gravitazione Universale G: Periodo dell’Universo TUniv : 9,46 ⋅ 1015 m 16 Parsec pc: 3,26 _ a.l. = 3,08 ⋅ 10 m −30 3 Densità dell’Universo ρUniv: 2,32 ⋅ 10 kg / m Temp. della Radiaz. Cosmica di Fondo T: 2,73K Anno luce a.l.: 1, 26 ⋅ 10−6 H / m −12 Permittività elettrica del vuoto ε0: 8,85 ⋅ 10 F / m −34 Costante di Planck h: 6,625 ⋅ 10 J ⋅ s −27 Massa del protone mp: 1,67 ⋅ 10 kg 30 Massa del Sole MSun: 1,989 ⋅ 10 kg 8 Raggio del Sole RSun: 6,96 ⋅ 10 m 8 Velocità della luce nel vuoto c: 2,99792458 ⋅ 10 m / s −8 2 4 Costante di Stephan-Boltzmann σ: 5,67 ⋅ 10 W / m K 28 Raggio dell’Universo (dal centro fino a noi) RUniv: 1,18 ⋅ 10 m 55 Massa dell’Universo (entro RUniv) MUniv: 1,59 ⋅ 10 kg Permeabilità magnetica del vuoto μ0: Grazie per l’attenzione. Leonardo RUBINO E-mail: [email protected] --------------------------------------------------------------Bibliografia: 1) (A. Liddle) AN INTRODUCTION TO MODERN COSMOLOGY, 2nd Ed., Wiley. 2) (L. Wåhlin) THE DEADBEAT UNIVERSE, 2nd Ed. Rev., Colutron Research. 3) (R. Feynman) LA FISICA DI FEYNMAN I-II e III – Zanichelli. 4) (C. Mencuccini e S. Silvestrini) FISICA I – Meccanica-Termodinamica, Liguori. 5) (C. Mencuccini e S. Silvestrini) FISICA II – Elettromagnetismo-Ottica, Liguori. 6) (R. Sexl & H.K. Schmidt) SPAZIOTEMPO – Vol. 1, Boringhieri. 7) (V.A. Ugarov) TEORIA DELLA RELATIVITA' RISTRETTA, Edizioni Mir. 8) (A. S. Eddington) THE EXPANDING UNIVERSE, Cambridge Science Classics. 9) ENCYCLOPEDIA OF ASTRONOMY AND ASTROPHYSICS, Nature Publishing Group & Institute of Physics Publishing. 10) (Keplero) THE HARMONY OF THE WORLD. 11) (H. Bradt) ASTROPHYSICS PROCESSES, Cambridge University Press. 12) (C. Rossetti) ISTITUZIONI DI FISICA TEORICA (Intr. alla M.Q.), Levrotto & Bella. 13) APPUNTI VARI E RIASSUNTI PERSONALI DI PROBABILITA’ E STATISTICA, estrapolati da svariati libri di testo standard di Probabilità e Statistica. --------------------------------------------------------------