CIACCONA E RIFF Accenni su un procedimento creativo di Marco Olivieri Il film "Venere e il professore" del 1948 (titolo originale: "A song is born"), diretto da Howard Hawks, con gli attori Danny Kaye e Virginia Mayo, ci propone un esilarante co cktail di musica parlata e suonata, vi partecipano infatti grandi musicisti dell’area jazz dell’epoca come Benny Goodman, Tommy Dorsey, Louis Armstrong, Lionel Hampton, Charlie Barnet, Mel Powell,... Anche musica parlata però, appunto, in quanto la vicenda prende le mosse dal fatto che un gruppo di professori, su lascito ereditario di un magnate, devono dar corpo ad una monumentale enciclopedia della musica. Giunti a compilare la voce “jazz” viene il bello, poiché i professoroni non hanno mai ascoltato tale musica e sono in grande difficoltà di fronte a una esecuzione jazzistica. Per il nostro discorso partiamo proprio dalla scena in cui il pianista ha appena concluso il suo brano di improvvisazione (stile boogie-woogie) e i signori accademici sono alle prese con lo sforzo di definire ciò che hanno ascoltato. Uno di loro esclama: “Parrebbe, cari colleghi, una serie di variazioni sopra un basso di ciaccona”. La scena nel film è comica, ma ciò non ci impedisce di riflettere su questa definizione. La c iaccona è una forma musicale della tradizione europea che affonda le radici nel rinascimento, vive la massima fioritura nel XVII secolo, appassisce nel XVIII secolo nonostante straordinari acuti nell’opera di B.Marcello, J.S.Bach, G.F.Haendel e J.Ph.Rameau , morendo durante il classicismo e il romanticismo per risorgere alla fine del XIX secolo a partire dal quarto movimento della quarta sinfonia di J.Brahms. Costruire un brano in forma di ciaccona significa partire da un breve segmento musicale con una sua identità melodica, armonica, ritmica e reiterarlo imperterriti e inesorabili sino alla fine della composizione. Ne risulta una musica che contiene i principi della ripresa e dello sviluppo, ma non accostati come nella forma sonata, bensì scecherati, direi, visto che nello stesso bicchiere abbiamo la reiterazione del segmento iniziale e la variazione continua dello stesso, esigenza di variare che la tradizione occidentale colta ha sempre avuto. Viene alla mente ora un termine inglese, un po’ misterioso: riff, forse abbreviazione e deformazione del termine “refrain” ovvero ritornello. Il riff è una breve frase musicale, semplice, generalmente facile da ricordare, destinata a durare più o meno a lungo, normalmente utilizzata come sottofondo a improvvisazioni solistiche, ma che può anche costituire il nucleo di un brano musicale. Il termine è proprio dell’ambito rock e jazz, mentre in quello classico si preferisce dire “ostinato”; il punto è che brevità, ripetizione e tensione ritmica lo caratterizzano e il riff è spesso associato a un singolo strumento: chitarra, basso... Per dare un esempio di riff, tra gli innumerevoli che si potrebbero citare, consiglio la canzone di Lucio Battisti “Amarsi un po’”, un mirabolante ostinato invece è contenuto nel concerto per clarinetto e orchestra di P.Hindemith. Insomma, affidarsi a un riff per fare una canzone, o a un groove (altro termine che indica un procedimento simile), oppure aggiungere una ciaccona al vastissimo catalogo delle forme in ostinato della musica occidentale, o una passacaglia (anche qui un quasi sinonimo), rivela chiaramente il medesimo gesto creativo, ossia quello , potremmo dire, di scegliere la ripetizione per affrontare il trascorrere del tempo. Si tratta di un gesto musicale indubbiamente, ma che, a ben considerare, svela la sua natura esistenziale e intellettuale, natura che ripete e varia, ossia elenca. Riff e ciaccona (o ostinato), quindi si toccano mostrando da due ambiti musicali lo stesso modo di costruire un brano, tuttavia, detto ciò, proviamo a notare anche le differenze: insomma, Lucio Battisti che scrive “amarsi un po’” e Dietrich Buxtehude (1637-1707) che scrive la sua cantata “quaemadmodum desiderat cervus” sopra un basso di ciaccona, come creano? Non parliamo naturalmente di differenze qualitative perché siamo di fronte a due capolavori, ma tentiamo di dire con le parole ciò che percepiamo ascoltando i due brani, senza ombra di dubbio diversi, al di là dei secoli che li separano. L’autore di riff, direi, propone un coinvolgimento immediato, anche ipnotico, tanto che l’ascoltatore può ritrovarsi senza quasi accorgersene, a canticchiare la frase musicale. Il riff in fondo è un “mantra”, la formula fissa di una preghiera, un alleluja. L’autore di ciaccone invece, riflette intellettualmente, nel senso vivo del termine “intelletto”, sulle poche battute che costituiscono il suo punto di partenza. Egli prova a scoprire che messi può offrire il terreno che si è scelto. Terreno che, sulle prime, pare angusto, ma che, reiterandosi, può divenire una lunga strada, l’articolato percorso di un viaggio, di un pellegrinaggio. Le forme ripetitive, elencatorie, nella composizione, alle quali la ciaccona appartiene, sono apprezzate in modo particolare al giorno d’oggi. Forse sentiamo che ci riguardano, vista la vita che conduciamo nelle grandi città, oberati di lavoro e inseriti, come siamo volenti o nolenti, nell’ingranaggio produttivo ed economico. Per rimanere tuttavia in ambito musicale, mi preme citare il movimento dei compositori statunitensi detti “minimalisti” : Parlo di Terry Riley, Steeve Reich, Philip Glass e altri, che hanno fatto della ripetizione e della microvariazione la loro cifra stilistica e che, dato il contesto del nostro discorso, potremmo ritenere coloro che hanno portato riff e ciaccone alle loro estreme conseguenze. Il movimento minimalista è importante non solo per la storia della musica, ma anche per quella del cinema con le molte colonne sonore scritte da compositori che più o meno si considerano appartenenti a tale movimento, e poi non è difficile riscontrare aspetti minimalisti nella musica da discoteca o, per esempio, nelle sigle televisive, per cui in realtà ascoltiamo musica ripetitiva, ossia ciaccone, riff e minimalismo tutti i giorni negli ambiti più disparati, dai videogiochi alle suonerie dei cellulari. Per concludere vorrei fare una piccola provocazione che ha il solo scopo di far riflettere sul fatto che il procedimento di costruzione e creazione brevemente preso in esame, cioè l’ostinato in musica, non appartiene solo all’ambito musicale, ma lo si ritrova ovunque, perché è uno dei gesti creativi di noi umani, ma, chissà, forse non solo nostro, dato che anche una stella per milioni di anni trasforma idrogeno in gas più pesanti per brillare. Provocazione: ascoltare la ciaccona in re minore per violino solo di Johann Sebastian Bach nella trascrizione pianistica di Ferruccio Busoni è come scorrere il menù di un famoso ristorante: in entrambi i casi la forma si ripete mentre il contenuto varia. Si tratta di due elenchi.