fondatore Ludovico Corrao
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fondatore Ludovico Corrao
presidente
Calogero Pumilia
presidente
comitato scientifico
Francesca Corrao
vice presidente
Giulio Ippolito
direttore artistico
Claudio Collovà
direttore arti visive
Achille Bonito Oliva
direttore
Museo Trame Mediterranee
Enzo Fiammetta
consigliere collaboratore
Rosario Di Maria
servizi didattici
biblioteca Empedocle
Elena Andolfi
amministrazione
Giuseppe Pace
cordinamento tecnico
Tonino D’Aloisio
visual designer
Ninni Scovazzo
assistente direzione artistica
Giulia D’Oro
ufficio stampa
Paola Nicita
assistenza tecnica
Salvatore Zummo
Santino Formoso
Enzo Falco
Peter Stein – Orestea, 1995
T
rentacinque stagioni teatrali a Gibellina
raccontano una lunga tradizione di autori, registi
ed attori, che si sono succeduti in questo luogo
dell’anima, riproponendo grandi suggestioni condivise
da un pubblico che, anno dopo anno, rinnova il suo
rapporto con le Orestiadi.
Il teatro è un arte dal sapore antico, sempre in grado
di fare vibrare le corde dell’emozione, trovando la
frequenza giusta per farle entrare in risonanza.
Il teatro può essere contemporaneamente pittura,
scultura, musica, capace di stupire e coinvolgere.
Le sue voci, i suoi silenzi, le luci, la presenza viva degli
attori, rapiscono lo spettatore, lo spiazzano, quasi lo
costringono a partecipare alla costruzione del testo,
comunque, a farlo suo per il tempo nel quale un gesto,
un’intenzione nella voce, un silenzio coinvolgono
lasciando, emozione e ricordo nello spettatore.
Così Il pubblico sa di appartenere, per una sera, ad un
evento unico del quale finisce per essere complice.
Unico quell’evento che mette in scena un’illusione resa
vera perché sono vere le emozioni che vivono sul palco.
Unico perché è collocato qui a Gibellina, che rinnova ogni
anno la sua magia, ripropone la sua storia, la sua utopia.
Con la 35° edizione del festival si cimenta
ancora Claudio Collovà con la sua straordinaria
professionalità e con una estetica che salda la
contemporaneità al sapore antico del teatro con un
progetto di grande valore e richiamo.
La Fondazione Orestiadi con il teatro, insieme alle
arti visive, alla poesia e al suo Museo delle Trame,
conferma il ruolo di un’istituzione che prosegue
nella realizzazione del sogno di Ludovico Corrao e
affronta le difficoltà intensificando le iniziative e
le manifestazioni a Gibellina, a Palermo e in altri
luoghi della Sicilia e dell’Italia per affermare il valore
permanente della cultura, la sua capacità di riscatto e
redenzione.
Calogero Pumilia
presidente Fondazione Orestiadi
Robert Wilson – TSE, 1993
TSE Bob Wilson 1993
Thierry Salmon – Le Troiane, 1988
L
a XXXV edizione del festival delle Orestiadi si
apre il 16 luglio 2016 e si conclude il 6 agosto. Tre
settimane dedicate al teatro, alla danza e al cinema
con uno sguardo particolarmente attento al teatro
di ricerca sul linguaggio e la scrittura, in molti casi
proveniente dal sud, e sulla danza contemporanea.
I Maestri artisti ospiti sono accomunati dal loro
percorso di autori non occasionali, concentrati su
una espressività non affrettata, dedicata alla poesia,
alla surrealtà, al sogno, alla visione con durezza o
levità. Essi sono maestri in molti casi, importanti e
indiscussi riferimenti di molte compagnie e artisti
della generazione successiva. Mi riferisco a Toni
Servillo, per la prima volta nostro ospite, con Toni
Servillo legge Napoli che propone un viaggio nelle
parole di Napoli, restituendo alla città la sua identità
più profonda attraverso le parole dei poeti più
importanti. Francesco Saponara e Tony Laudadio
presentano Šostakovic Il folle santo, nella scrittura di
Antonio Iannelli, uno studio teatrale ispirato alla vita
e all’opera del compositore russo Dimitrij Šostakovic
un melologo in cui si fondono vita privata, musica e
riflessioni sul rapporto cruciale tra artista e potere. E
naturalmente mi riferisco a Enzo Moscato, anche lui
per la prima volta alle Orestiadi e presente con i due
spettacoli Compleanno e Toledo Suite, un focus su
Napoli e la sua parola poetica e teatrale, una ricerca
bellissima ed estrema sul linguaggio, musicale e
cantato. Maestri come Spiro Scimone e Francesco
Sframeli che ci presentano il loro ultimo lavoro e
uno dei primi, Amore e Bar. Il loro è un felice ritorno,
qui hanno creato nel passato e hanno portato i loro
spettacoli in molte edizioni. Da sempre amici del
festival e molto legati al senatore Ludovico Corrao che
ne aveva grande stima. Più rappresentati all’estero
che in Sicilia siamo orgogliosi della loro presenza
ancora una volta da noi. E siamo felici di presentare
per la prima volta anche il lavoro di Roberto Latini
con la Compagnia Fortebraccio, artista che nella
riappropriazione dei classici e nella ricerca di una
scrittura scenica originale e personale ha trovato
il suo percorso più vivo e profondo. Lo abbiamo
voluto presentare con due spettacoli, I giganti della
montagna, l’ultimo dei capolavori pirandelliani,
incompleto per la morte dell’autore, un testo che
Latini destina ad altro possibile, e in prima nazionale
Amleto Die FortinbrasMaschine, la riscrittura di una
riscrittura dall’Hamletmaschine di Heiner Müller
che componeva un testo liberamente ispirato
all’Amleto di Shakespeare, una riflessione politica
della Germania divisa tra le più importanti del ‘900.
Latini appartiene alla seconda generazione come la
Compagnia Frosini Timpano, che torna al festival dopo
il successo nella passata edizione con Aldo Morto, con
il nuovo lavoro Acqua di colonia, presentato come
anteprima, una riflessione con il linguaggio ironico
dei due artisti romani sul colonialismo italiano, una
ricerca sull’immaginario comune dell’Impero e una
constatazione sui profughi di oggi. Per la prima volta
alle Orestiadi una produzione del Teatro Libero di
Palermo con la regia di Beno Mazzone, La tigre blu
dell’Eufrate di Laurent Gaudé, scrittore e drammaturgo
francese, noto in Francia e tradotto in Europa, con
un testo del 2002 in cui con l’interpretazione di Luca
Iervolino la figura eroica di Alessandro Magno si
racconta manipolando la storia e dimostrando che
facilmente si può trasformare un vincitore in vinto.
Con Italia Numbers, scritto da Stefano Massini e Paolo
Cognetti e ideato e interpretato da Isabella Ragonese,
lo spettacolo e l’artista sono ospiti per la prima volta
alle Orestiadi dopo una felice tournè in Italia. La
musica, i testi e il canto di Cristina Donà sono una
parte importante di questo spettacolo e raccontano
frammenti, tracce di storie italiane, di chi subisce ed
è vittima ignota e dimenticata subito, ridotta a mero
fatto di cronaca.
Dopo il graduale passaggio dal teatro contemporaneo
alla musica, siamo felici di presentare due spettacoli
di danza contemporanea, con due compagnie tra le
più importanti del panorama italiano. Dewey Dell di
Cesena, compagnia fondata da Teodora, Demetrio,
Agata Castellucci ed Eugenio Resta, i cui lavori sono
stati presentati nei principali festival europei. Per la
prima volta al festival, con una coreografia di Teodora
Castellucci, Marzo, in collaborazione con il fumettista
e artista visivo Yuichi Yokoyama e il direttore teatrale
Kuro Tanino. E ancora danza con la Compagnia Enzo
Cosimi di Roma, per la prima volta alle Orestiadi,
coreografo regista tra i più autorevoli della coreografia
contemporanea italiana con più di una trentina di
produzioni presentate nei maggiori teatri e festival
italiani e portati in tourné in tutto il mondo.
Il festival apre anche una possibilità di confronto
tra giovani artisti al loro primo o secondo lavoro,
con Esodo di Valentino Mannias, La Buona Novella
dall’opera di Fabrizio De Andrè della Associazione
Teatro Libero e Le muse orfane di Ensemble 3.0.
Il percorso multidisciplinare delle Orestiadi si
estende ai linguaggi del documentario d’autore con
una rassegna dei più interessanti documentari degli
allievi del Centro Sperimentale di Cinematografia
sede Sicilia, e della fotografia negli incontri a cura del
Festival Gibellina PhotoRoad con alcuni dei fotografi
in mostra al Baglio Di Stefano nello stesso periodo
delle Orestiadi.
Intorno alla programmazione del festival abbiamo
creato dei momenti di approfondimento e condivisione
sul teatro dedicati al pubblico di ogni età, con incontri
post-spettacolo con gli artisti e con il progetto
Incontrarsi e Rivedersi a cura di Miriam La Rocca, un
percorso laboratoriale di preparazione alla visione di
alcuni spettacoli. Per gli studenti universitari nasce
invece la prima edizione di un laboratorio residenziale
sui temi della critica teatrale, Crisi, a cura di Vincenza
Di Vita in collaborazione con UniversiTeatrali- Centro
Internazionale di Studi sulle Arti Performative
dell’Ateneo di Messina l’Università di Messina e
con Latitudini – rete Siciliana di drammaturgia
contemporanea.
Vorremmo che fosse un festival da guardare ma anche
a cui guardare con attenzione, per penetrare tutti i
mondi poetici autentici da cui lasciarci influenzare
anche nella vita. Pensiamo sempre che ci sia bisogno
di pace, e noi con ostinazione crediamo che l’arte e
la poesia, il teatro, la musica, la danza possano dare
pace soprattutto alla nostra anima. Il gioco sarebbe
semplice. Lasciare che fioriscano i giardini dei poeti,
luoghi come Gibellina e tanti altri dedicati al sogno,
senza esitazione, con più forte passione, con decisione,
una volta per tutte. La presenza del pubblico al festival
ogni anno ci da nuova energia, riusciamo persino a
dimenticare per un pò l’irresponsabilità della politica,
che sembra dedicata da anni al dare sempre meno e
sempre con maggior ritardo. Vi aspettiamo in tanti,
sotto le stelle del Baglio Di Stefano a Gibellina. Tra di
esse il volto sorridente e benevolo di Ludovico a cui
come sempre dedichiamo i nostri sforzi.
Claudio Collovà
direttore artistico
Amos Gitai – Metamorfosi di una melodia 1992
XXXV
edizione
dal 16 luglio
al 6 agosto 2016
Baglio Di Stefano
Gibellina
sabato 16 luglio, ore 21.15
Toni Servillo legge Napoli
con Toni Servillo
produzione Teatri Uniti
NAPOLI
Napoli, città dai mille volti e dalle mille contraddizioni nella quale
da sempre convivono vitalità e disperazione, prende vita nella
voce di Toni Servillo. Toni Servillo legge Napoli è un viaggio nelle
parole di Napoli, da Salvatore Di Giacomo a Ferdinando Russo, da
Raffaele Viviani a Eduardo De Filippo e Antonio De Curtis, fino alla
voce contemporanea di Enzo Moscato, Mimmo Borrelli, Maurizio De
Giovanni e Giuseppe Montesano. Ne emerge una fuga dalle icone
più obsolete della napoletanità, ma insieme un bisogno perentorio
di non rinunciare ad una identità sedimentata da quattro secoli di
letteratura.
Lassammo fa’ Dio – Salvatore Di Giacomo, Vincenzo De Pretore –
Eduardo de Filippo, A Madonna d’e’ mandarine – Ferdinando Russo,
E’ sfogliatelle – Ferdinando Russo, Fravecature – Raffaele Viviani,
A sciaveca – Mimmo Borrelli, Litoranea – Enzo Moscato, ‘O vecchio
sott’o ponte – Maurizio De Giovanni, Sogno napoletano – Giuseppe
Montesano, Napule – Mimmo Borrelli, Primitivamente – Raffaele
Viviani, Cose sta lengua sperduta – Michele Sovente, ‘A Livella –
Antonio De Curtis (Totò), ‘A casciaforte – Alfonso Mangione
domenica 17 luglio, ore 21.15
Šostakovic il folle Santo
di Antonio Ianniello, Francesco Saponaro
regia Francesco Saponaro
con Tony Laudadio
Produzione Teatri Uniti
NAPOLI
Sostakovic Il folle santo è uno studio teatrale ispirato alla vita e
all’opera del compositore russo Dmitrij Šostakovic, un melologo
in cui si fondono vita privata, musica e riflessioni sul rapporto
cruciale tra artista e potere. Un’accalorata confessione, ricostruita
a partire da un ampio epistolario e da alcune prestigiose biografie,
da cui emerge un complesso mondo interiore venato di malinconica
ironia che rimanda ai racconti della letteratura russa. Figura tra
le più rappresentative e profetiche del Novecento, Šostakovic
subisce la crudeltà di uno stato repressivo che tenta con la ferocia
e con l’inganno di espropriare e manipolare la cultura. Infaticabile
compositore, schivo, introverso, segretamente tormentato dai
fantasmi della persecuzione politica, vive i suoi giorni all’ombra
del tiranno. La sua eccellente complessità di compositore regala
al futuro l’esempio di una musica toccante e universale che fonde,
nonostante tutto, ironia e tragedia, tormento e gioia.
mercoledì 20 luglio, ore 21.15
Toledo-suite
di e con Enzo Moscato
immagine sceniche Mimmo Paladino
composizioni originali, elaborazioni musicali Pasquale Scialò
costumi Tata Barbalato
organizzazione Claudio Affinito
produzione Compagnia Enzo Moscato
NAPOLI
Enzo Moscato, chansonnier, interpreta brani di Brecht, Duras,
Viviani, Weill, Taranto, Gill, Reed … per un viaggio musicale, messo a
punto da Pasquale Scialò, colto e popolare, raffinatissimo e originale;
un recital di forti e suggestive emozioni, grazie anche alle immagini
sceniche che lo accompagnano realizzate da Mimmo Paladino.
‘Toledo-Suite’… ovvero ‘Recital’ o ‘Serata-Voce’.
Viaggio nel flusso canoro-migratorio dei generi vocali più diversi.
Ovvero ancora - ed è forse la cosa più calzante - ‘Enzo Moscato, una
sera, e quel suo canto/carezza/pugnale;
quell’indefinibile assenza/presenza, sulla scena, affidata alla sua gola.
Quel duttile, affascinante gioco, che fa a meno di arredo, di orpelli, di
costumi, di finzioni.
Che fa a meno di tutto, tranne che della Voce.
Forte e fragile pigmento.
Forte e fragile epidermide del suo essere ‘così’:
antico, moderno, aspro, dolce, smarrito, evocativo,
adulto, bambino, terribile e infrangibile Assoluto,
che tutto consegna alla forma-canzone, dai trovatori ai coevi cantautori.
Per intensamente mandarci dei segnali, forse.
Per più, fisicamente e mentalmente, lasciarci una ferita.
giovedì 21 luglio, ore 21.15
Compleanno
(ante-Compleanno: testimonial Giuseppe Affinito)
testo e regia Enzo Moscato
scena e costumi Tata Barbalato
voce su chitarra Salvio Moscato
organizzazione Claudio Affinito
produzione Compagnia Enzo Moscato
NAPOLI
Dedicato alla memoria di Annibale Ruccello, giovane drammaturgo
tragicamente scomparso nel 1986, il testo sviluppa il doppio
tema incrociato dell’ assenza e del delirio, intesi entrambi come
produzioni fantasmatiche fatte di parole, suoni, visioni, gesti, e
mirati a colmare il vuoto, l’ inanità dell’ esistenza. O del teatro.
Una specie di esercizio quotidiano del dolore, del controllo e di
elaborazione della pulsione di morte, senza assumerne, però le
condotte autodistruttive, ma sorridendone, talvolta godendone
come una festa, un ciclico ricorrere di affinità elettive, di sconvolti,
teneri ricordi.
Uno spazio alquanto disadorno eppur pomposo.
Un tavolo, due sedie, forse tre, non si sa ancora.
Sedie poste l’una di fronte all’altra e/o d’accanto.
Comunque, nella posa di un intimo, forsennato colloquio.
Il tavolo invece sembra essere in attesa di un holiday
tra amici o un birthday-meeting tra comari cinguettanti.
Sulla tovaglia, in numero contato, rose rosse finte con
bottiglia di modesto spumante già stappato e una
coppa di metallo ordinariamente opaco.
Nei pressi della coppa, ma in un angoletto,
sfiorato appena dalla luce,
dardeggiano diademi di stagnola, orecchini spaiati,
rossetti inaciditi.
E poi, da qualche parte, in fantasmatica parata, incedono
Ines, Bolero,Spinoza, i sorci, le matte, le gatte Rusinella,
i mutanti, i maniaci, gli innesti, le ibride bebées-eprouvette,
pirati, priori,scrittori,inquisitori, playbackiste, alligatori,
razziatori di pistole, pronte ad essere suonate come sax
una volta scartocciate da corbeilles d’intricate narrazioni.
Materiale infiammabile, e si vede, proveniente da galassie
papiriche-tufacee, rigorosamente made in Naples ovvero
Babbilonia
venerdì 22 luglio ore 21.15
Esodo
di Valentino Mannias
con Valentino Mannias e Luca Spanu
musica Luca Spanu
regia Valentino Mannias
produzione Sardegna Teatro con il sostegno della Rete #giovanidee
CAGLIARI
Lo spettacolo è un tributo al grande giornalista Sergio Atzeni. La
storia raccontata è quella di un giovane che parte lontano dalla sua
terra, la Sardegna, e più precisamente il Medio Campidano. Giancarlo
parte negli anni ‘70 in cerca di fortuna, ma potrebbe lasciare la
terra natia in ogni epoca, che sia di crisi o meno non importa:
viene da una terra dove si dice sempre che “per i giovani non c’è
futuro”, e chiunque consiglia di partire e di non tornare troppo
presto. “Bona fortuna e bonu viaggiu fillu miu, e abarra attentu!”
Un viaggio attraverso le generazioni, una brillante narrazione in
cui un musicista accompagna l’attore in tutte le situazioni che
compongono il grande esodo.
sabato 23 luglio, ore 21.15
I giganti della montagna
di Luigi Pirandello
adattamento e regia Roberto Latini
con Roberto Latini
musiche e suoni Gianluca Misiti
luci e direzione tecnica Max Mugnai
video Barbara Weigel
assistente alla regia Lorenzo Berti
collaborazione tecnica Marco Mencacci
realizzazione elementi di scena Silvano Santinelli, Luca Baldini
organizzazione Nicole Arbelli
foto Simone Cecchetti
produzione Fortebraccio Teatro in collaborazione con Armunia
Festival Costa degli Etruschi Festival Orizzonti.
Fondazione Orizzonti d’Arte Emilia Romagna Teatro Fondazione
BOLOGNA
Terzo dei miti moderni di Pirandello. Dopo il religioso (Lazzaro)
e il sociale (La Nuova Colonia), I Giganti della Montagna è il mito
dell’arte. Rappresentato postumo nel 1937, è l’ultimo dei capolavori
pirandelliani ed è incompleto per la morte dell’autore. La vicenda è
quella di una compagnia di attori che giunge nelle sue peregrinazioni
in un tempo e luogo indeterminati: al limite, fra la favola e la realtà,
alla Villa detta “la Scalogna”. Non aggiungerò parole alla trama, ma
voglio dire di altre possibilità che vorrei assecondare.
Sono sempre stato molto affascinato per il non finito, non concluso.
Ho sempre avuto una grandissima attrazione per i testi cosiddetti
incompiuti. Mi sembrano da sempre così giusti rispetto al teatro.
L’incompiutezza è per la letteratura, per il teatro è qualcosa di
ontologico. Trovo perfetto per Pirandello e per il Novecento che il
lascito ultimo di un autore così fondamentale per il contemporaneo
sia senza conclusione. Senza definizione. Senza punto e senza il
sipario di quando c’è scritto - cala la tela. I Giganti della Montagna è
un testo che penso si possa permettere ormai il lusso di destinarsi
ad altro possibile. Dopo le bellissime messe in scena che grandissimi
registi e attori del nostro Teatro recente e contemporaneo ci
hanno già regalato, penso ci sia l’occasione di non resistere ad
altre tentazioni. Provarci, almeno. La compagnia di attori che
arriva alla villa della Scalogna sembra avere, in qualche forma, un
appuntamento col proprio doppio. Cotrone e Ilse stanno uno all’altra
come scienza e coscienza, gli stessi Giganti, mai visti o vedibili, sono
così nei pressi di ognuno da poter immaginare come proiezioni
di sé. Voglio immaginare tutta l’immaginazione che posso per
muovere dalle parole di Pirandello verso un limite che non conosco.
Portarle “al di fuori di tempo e spazio”, come indicato nella prima
didascalia, toglierle ai personaggi e alle loro sfumature, ai caratteri,
ai meccanismi dialogici, sperando possano portarmi ad altro, altro
che non so, altro, oltre tutto quello che può sembrare. Se i limiti del
mio linguaggio sono i limiti del mio mondo, per andare appena oltre,
per provarci almeno, devo muovere proprio da quelli.
Roberto Latini
domenica 24 luglio, ore 21.15
Amleto + DIE FORTINBRASMASCHINE
prima nazionale
di e con Roberto Latini
musiche e suoni Gianluca Misiti
scena Luca Baldini
luci e tecnica Max Mugnai
drammaturgia Roberto Latini e Barbara Weigel
regia Roberto Latini
produzione Fortebraccio Teatro
BOLOGNA
AMLETO+DIE FORTINBRASMASCHINE è la riscrittura di una riscrittura.
Alla fine degli anni ‘70 Heiner Müller componeva un testo che era
liberamente ispirato all’Amleto di Shakespeare. Oggi, tentiamo una
scrittura scenica liberamente ispirata a Die Hamletmachine di Heiner
Müller. Lo facciamo tornando a Shakespeare, ad Amleto, con gli
occhi di Fortebraccio, con l’architettura di Müller, su un palcoscenico
sospeso tra l’essere e il sembrare. Intitoliamo a Fortebraccio il
nostro sguardo sul contemporaneo, la caccia all’inquietudine nel
fondo profondo del nostro centro, per riscriverci, in un momento
fondamentale del nostro percorso. Ci siamo permessi il lusso del
confine e abbiamo prodotto da quel centro una deriva alla quale
riferirci nel tempo, o che probabilmente è il frutto maturo di un
tempo che già da tempo è il nostro spazio.
Di Heiner Müller conserviamo la struttura, la divisione per capitoli o
ambienti e componiamo un meccanismo, un dispositivo scenico, una
giostrina su cui far salire tragedia e commedia insieme.
Die Hamletmaschine è modello e ispirazione: Album di Famiglia;
L’Europa delle donne; Scherzo; Pest e Buda Battaglia per la Groenlandia;
Nell’attesa selvaggia, Dentro la orribile armatura, Millenni.
Ci accostiamo alla potenza della sua intenzione trattandolo come un
classico del nostro tempo.
L’Amleto è una tragedia di orfani, protagonisti e antagonisti di un
tempo in cui i padri vengono a mancare. Questo ha a che fare con la
nostra generazione, anche pasolinianamente, con la distanza che
misura condizione e divenire, con il vuoto e la sua stessa sensazione,
fino a Fortebraccio, figlio, straniero, estraneo e sopravvissuto. r.l.
martedì 26 luglio 2016 ore 21.15
La tigre blu dell’Eufrate
di Laurent Gaudé
traduzione Simona Polvani
spazio e regia Beno Mazzone
con Luca Iervolino
video Pietro Vaglica
musiche Antonio Guida
costumi Teatro Libero
luci Gabriele Circo
Produzione Teatro Libero
PALERMO
La tigre blu dell’Eufrate, animale dal manto di pietre preziose, è un
miraggio da inseguire, la ragione di vita, il senso del mai compiuto.
Laurent Gaudé costruisce così una parabola in cui gli elementi storici
attraverso il racconto si trasfigurano in mito. Alessandro Magno,
accompagnato idealmente dalle sue trecentosessantacinque spose,
si racconta sulla soglia della vita. E’ stato un visionario incallito e
vigliacco, a cui una tigre blu ha inutilmente indicato la retta via da
seguire per guadare l’Eufrate. Dissuaso nell’impresa dai soldati, che
alla vittoria preferiscono la famiglia, il condottiero a fine carriera,
forse un eroe forse un vecchio nevrotico, sul palco si lamenta
copiosamente di aver diffidato della tigre che gli era gentilmente
apparsa. Come a dire che non è sempre Damasco; e che, manipolando
a ritroso, chi ha scritto la storia da vincitore può diventare vinto.
Una produzione che ha avuto origine dalla mise-en-espace realizzata
in occasione della prima edizione, nel 2007, del progetto Face à
Face, promosso dall’Institut Français Italia, con il coinvolgimento
dell’attore francese André Marcon e di Gabriele Calindri.
mercoledì 27 luglio, ore 21.15
Italia numbers
testi di Stefano Massini e Paolo Cognetti
con Isabella Ragonese e Cristina Donà
ideazione di Isabella Ragonese
canzoni e musiche a cura di Cristina Donà
Sound engineer Stefano Mariani
produzione Cronopios
BOLOGNA
Italia Numbers è un viaggio in Italia con la radio accesa, raccontata
attraverso le parole tratte dal testo teatrale di Stefano Massini
L’Italia s’è desta, e dal Manuale per ragazze di successo di Paolo
Cognetti, scandito dalla voce incantatrice di Isabella Ragonese
e dalla musica di Cristina Donà. Partendo da un elenco di dati
tecnici, freddi e disturbanti, che disegnano il nostro “rapporto
Italia”, si vanno a raccontare le vittime ignote che si aggiungono al
pallottoliere della cronaca usa e getta. Le loro storie come scatti
fotografici in giro per il Bel Paese, cartoline fatte di carne, parole e
suoni per non dimenticare. Frammenti, tracce di storie italiane, di
italiane, che parlano di una violenza in crescita allarmante. Labbra
blu: quelle di chi subisce, di chi ha una “ferita in fondo al cuore”
(come canta Cristina Donà interpretando un brano dei Diaframma),
di chi ha la testa sott’acqua ma non vuole affogare. Storie di italiane
in apnea, schiacciate da troppo poco amore. Dal profondo degli
abissi dell’anima, in un mare rosso sangue emergono volti di donne
che non mollano, che trattengono il respiro perché sanno che
saliranno in superficie. Per tornare a respirare.
venerdì 29 luglio, ore 21.15
Marzo
concept Dewey Dell Agata, Demetrio,
Teodora Castellucci, Eugenio Resta
assistenza alla regia Kuro Tanino
disegno dei costumi Yuichi Yokoyama
con Agata Castellucci, Teodora Castellucci,
Eugenio Resta, Enrico Ticconi
coreografia Teodora Castellucci
musiche originali Black Fanfare / Demetrio Castellucci
luci e scena Eugenio Resta
voci Minako Matsuishi, Kuro Tanino
realizzazione dei costumi Fly-Inflate, Giovanna Amoroso e Istvan
Zimmermann/Plastikart, Atelier Pietro Longhi
realizzazione della scena:Fly-Inflate, Vito Matera
produzione Dewey Dell 2013
CESENA
Sin dai tempi antichi Marzo è sempre stato considerato il mese della
guerra; l’Inverno svanisce e lo sbocciare della Primavera segna il
momento di tornare a combattere. In un cratere enorme causato
dall’impatto di un meteorite milioni di anni fa, in un pianeta lontano
dal nostro, abitano alcune persone. Come microbi colti dall’occhio
di un microscopio o come pianeti colti dall’iride di un telescopio, noi
osserviamo questi corpi vivere un dramma che sembra contenere
tutta l’offesa che il luogo ha subito millenni di anni prima. Lo spazio
universale che ci separa da loro è talmente ampio che si attorciglia
su sé stesso e diventa tempo; non possiamo infatti definire un’era
geologica, o capire la fase evolutiva presente, se anche loro
guardassero verso di noi, di certo vedrebbero solo dinosauri e
una Terra che non c’è più. Osserviamo qualcosa che è destinato a
viaggiare nello spazio cosmico per sempre e soli, come Galileo si
sentì vedendo e scoprendo per la prima volta i corpi dei pianeti, ci
trasformiamo in spettatori depositari di una storia, un dramma che
sembra nascere dalla forza violenta di Marzo che investe ogni cosa
con la sua acre ambiguità.
sabato 30 luglio, ore 21.15
Sopra di me il diluvio
Regia, coreografia, scene, costumi Enzo Cosimi
Collaborazione alla coreografia Paola Lattanzi
Interprete Paola Lattanzi
Video Stefano Galanti
Musiche Chris Watson, Petro Loa, Jon Wheeler
Fruste sciamaniche Cristian Dorigatti
Disegno luci Gianni Staropoli
Organizzazione Flavia Passigli, Maria Paola Zedda
Produzione Compagnia Enzo Cosimi e MIBACT in collaborazione con
Biennale di Venezia
ROMA
Dopo la creazione Welcome to my world dedicato all’idea della
fine del mondo, del verificarsi di una nuova Apocalisse, prendo
nuovamente ispirazione dal rapporto doloroso dell’Uomo con
la Natura nella società contemporanea. Ripensare l’opera come
un luogo di magia e di perdita di certezze. Dare spazio ad un’arte
della coreografia che contenga una componente tecnica rigorosa,
sperimentale, attraverso la quale indirizzare una riflessione sul
mondo in cui viviamo in rapporto alla Natura e a percepirlo in
termini sensoriali. Esaurito il paradigma della postmodernità, si
ipotizza l’apparire di un Nuovo Uomo che si affaccia ad un paesaggio
arcaico, tribale di cui il continente africano rappresenta l’emblema.
Un’Africa urlata, violata che, nonostante i massacri senza fine a cui
è sottoposta da sempre, riesce a restituirci una visione di speranza.
Anche questo lavoro, come Welcome to my world, focalizzerà una
scrittura di danza scarna, ossuta, un campo percettivo vuoto in cui
si vive in uno stato irreale, visionario. Partiture di gesti, movimenti,
in apparenza semplici ma che riportano alla complessità del lavoro
sulla “presenza”, sull’atto performativo, sulla percezione del sistema
nervoso a discapito di quello muscolare. Amplificare in scrittura
coreografica fenomeni naturali che tendiamo a considerare scontati
e renderli visivamente come campi che sconfinano verso una
spiritualità laica, una metafisica del corpo, un pellegrinaggio di
meditazione.
Enzo Cosimi
martedì 2 agosto, ore 21.15
La buona novella
da Fabrizio De Andrè
regia e drammaturgia Giacomo Bonagiuso
con Debora Messina, Martina Calandra, Giulia Gucciardo
Enza Valentina Di Piazza, Giordana Firenze, Monica Gucciardo,
Sofia Sosso, Giuseppe Indelicato, Giuseppe Craparotta,
Francesco Pompeano, Alessandro Nocera
produzione Associazione Teatro Libero
CASTELVETRANO SELINUNTE
La Buona Novella è un concept album nel quale Fabrizio De Andrè
racconta la storia di Cristo tramite la fonte traversa dei Vangeli
Apocrifi. Negli Apocrifi è dato spazio all’infanzia di Maria, alla
peripezia di Giuseppe, al ruolo delle donne, delle madri, nella storia
della salvezza, alla reazione del popolo di fronte alla Via Crucis, o
anche al nome dei due ladroni, Dimaco e Tito, di cui la storiografia
ufficiale ha sempre taciuto le generalità. Gli Apocrifi, dunque,
descrivono parti della Rivelazione che i Canonici tacciono. Perché De
Andrè li mette al centro delle sue canzoni? Perché – inutile ricordarlo
– Faber amava parlare degli ultimi, degli spostati, dei marginali.
Poter quindi parlare di Cristo, senza mai metterlo in scena, cantando
la sua assenza, e indugiare sui comprimari della Novella, è una
occasione ghiotta per parlare del figlio dell’uomo, attraverso le vie
tortuose del popolo.
Abbiamo scelto, allora, di lasciar fare al nostro lavoro l’opera del
disincanto: così che De Andrè potesse e entrare in un teatro senza
occuparlo tutto solo con il suo nome. Abbiamo deciso di dare corpo e
azione a quelle meravigliose parole, per aggiungere il nostro sudore
alla Novella del Maestro, lasciando solo precedere l’opera da una
mia Disputa pro veritate che - nella violenza della lotta - testimonia
appunto dell’elisione della Verità, quand’essa si reputi ultima e
definitiva.
Giacomo Bonagiuso
mercoledì 3 agosto 2016 ore 21.15
Acqua di Colonia
anteprima
Testo, regia, interpretazione
Elvira Frosini e Daniele Timpano
Consulenza Igiaba Scego
Voce del bambino Unicef Sandro Lombardi
aiuto regia e drammaturgia Francesca Blancato
Scene e costumi Alessandra Muschella e Daniela De Blasio
Disegno luci Omar Scala
Progetto Grafico Antonello Santarelli e Valentina Pastorino
Uno spettacolo di Frosini Timpano
Produzione Romaeuropa Festival, Teatro della Tosse,
Accademia degli Artefatti
Con il sostegno di Armunia Festival Inequilibrio
Si ringrazia C.R.A.F.T. Centro Ricerca Arte Formazione Teatro
Noi siamo colonialisti? Lo siamo stati? Che ne sappiamo? E che
c’entriamo?
E oggi cosa siamo?
Il colonialismo italiano. Una storia rimossa e negata, che dura
60 anni, inizia all’indomani del Risorgimento (1882), ma che
nell’immaginario comune si riduce ai 5 anni dell’Impero Fascista.
Cose sporche sotto il tappetino, tanto erano altri tempi, non
eravamo noi, chi se ne importa. È acqua passata, acqua di colonia,
cosa c’entra col presente? Eppure ci è rimasta addosso come carta
moschicida, in frasi fatte, luoghi comuni, nel nostro stesso sguardo.
Vista dall’Italia, l’Africa è tutta uguale, astratta e misteriosa come la
immaginavano nell’Ottocento; Somalia, Libia, Eritrea, Etiopia sono
nomi, non paesi reali, e comunque “noi” con “loro” non c’entriamo
niente; gli africani stessi sono tutti uguali. E i profughi, i migranti
che oggi ci troviamo intorno, sull’autobus, per strada, anche loro
sono astratti, immagini, corpi, identità la cui esistenza è irreale:
non riusciamo a giustificarli nel nostro presente. Come un vecchio
incubo che ritorna, incomprensibile, che ci piomba addosso come un
macigno.
giovedì 4 agosto, ore 21.15
Le muse orfane
di Michel Marc Bouchard
regia Vito Mancusi,
con Marta Bulgherini, Agustina Risotto Interlandi,
Marina Savino, Nicolas Zappa
Diplomati del corso di recitazione del
Centro Sperimentale di Cinematografia
Scuola Nazionale di Cinema anno accademico 2012-2014.
Prod. Ensemble 3.0
ROMA
Il teatro di Bouchard parte da una dimensione realistica per negarla
e trasformarla. Lo spettacolo diviene ben presto una sorta di lente di
ingrandimento dell’anima, che mostra i più intimi recessi dell’interiorità dei protagonisti, trascinandoli anche in una magistrale scena di
teatro nel teatro, in cui i fratelli danno vita a una rappresentazione
privata della vita della madre, trasformata in quelle muse orfane che
il titolo annuncia. Ma le cose spesso non sono quello che sembrano, i
dolori più profondi sono difficili da lavar via e chi vuole ricominciare
a vivere, spesso, ha bisogno di dar vita a un teatro estremo in cui si
gioca la vita e la morte. Lo straordinario finale del testo ci mostra
infine come, con coraggio e determinazione, sia possibile far fiorire
sulle ceneri consunte del passato l’albero di una nuova esistenza.
venerdì 5 agosto, ore 21.15
Amore
di Spiro Scimone
regia di Francesco Sframeli
scenografia di Lino Fiorito
con Spiro Scimone, Francesco Sframeli,
Gianluca Cesale e Giulia Weber
scena Lino Fiorito
disegno luci Beatrice Ficalbi
regista assistente Roberto Bonaventura
produzione compagnia Scimone Sframeli
in collaborazione Théâtre Garonne Toulouse
MESSINA
Con Amore la Compagnia Scimone Sframeli prosegue il proprio
percorso drammaturgico ai bordi dell’umanità, all’interno di non
luoghi, dove i personaggi non hanno nome e sono “tutti vecchietti”.
In scena due coppie: il vecchietto e la vecchietta, il comandante e il
pompiere. Quattro figure che si muovono tra le tombe. La scena è,
infatti, un cimitero.
Dialoghi quotidiani e surreali, ritmi serrati che intercettano
relazioni, attenzioni e richieste fisiche che celano necessità sul limite
tra la verità e la tragedia del quotidiano.
L’Amore è una condizione estrema e, forse, eterna.
sabato 6 agosto, ore 21.15
BAR
di Spiro Scimone
con Francesco Sframeli Spiro Scimone
regia Valerio Binasco
scena Titina Maselli
regista assistente Leonardo Pischedda
foto di scena Andrea Coclite
direttore tecnico Santo Pinizzotto
amministrazione Giovanni Scimone
produzione Compagnia Scimone Sframeli (Messina)
Bar spia i quattro giorni cruciali della vita di due uomini, il barista
Nino e il disoccupato Petru, che hanno scelto un luogo pubblico per
nascondersi al resto del mondo. Ciascuno, con motivazioni diverse,
ignorando quasi tutto dell’altro, del mondo, e perfino di sé.
Ma in questo bar si vede e si vive soltanto il retro. Soltanto un muro,
anzi, contro il quale i due uomini sembrano schiacciati insieme ai
pochi oggetti presenti, il bidone della spazzatura e qualche cassa
di
bibite, una radio portatile. Fissati al loro destino di perdenti, in
attesa della svolta che non arriva mai, che forse arriverà domani,
di sicuro arriverà domani. In cima al muro si apre una finestra.
Arrampicandosi su una scala è possibile osservare quel che accade di
là, il mondo indecifrabile
e ostile che sta all’esterno. Il mondo dei due
è di qua, in questo retrobottega della vita. Di qua soltanto sembra
conservarsi una possibilità di sopravvivere, nella soppressione
dell’azione che invece ha uno sviluppo violento al di fuori. Più che
la vicenda che arriva come un eco, conta del resto la situazione che
si realizza sulla scena, il rapporto fra due umanità straniere l’una
all’altra che si scoprono capaci di solidarietà.
Muta Imago – Displace 1, 2011
Cinema Fotografia Arti visive Laboratori
Documentari d’autore al Festival
In collaborazione con il Centro Sperimentale di Cinema - sede Sicilia
produzioni della scuola dirette dagli allievi
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16 luglio, ore 19.00
Ypsas 2014 - 5’
di Antonio Raffaele Addamo
produzione Tersite PALERMO
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16 luglio, ore 19.00
I come Isgrò 2013- 58’
di Riccardo Cannella e Nunzio Gringeri
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17 luglio, 19.00
Triokala 2015- 75’
di Leandro Picarella
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20 luglio, ore 19.00
Fuori gioco 2014- 60’
di Domenico Rizzo e Davide Vigore
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21 luglio, ore 19.00
Dio delle zecche, storia di Danilo Dolci in Sicilia
2014- 65’
di Leandro Picarella e Giovanni Rosa
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22 luglio, ore 19.00
La traiettoria ideale
2014- 50’
di Giovanni Totaro
Teste 2013- 28’
di Francesco Di Mauro e Cecilia Grasso
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23 luglio ore 19.00
1963. Quando a Palermo c’erano le lucciole
2014- 29’
di Nunzio Gringeri, Domenico Rizzo, Sergio Ruffino, Giovanni Totaro,
Davide Vigore, Francesco Di Mauro
É tornato il Gattopardo 2014- 26’
di Martina Amato, Riccardo Cannella, Cecilia Grasso, Leandro
Picarella, Giovanni Totaro
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24 luglio, ore 19.00
Come fa il geco con la farfalla
2014- 42’
di Martina Amato
Fiori di fuoco 2014- 35’
di Riccardo Cannella
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26 luglio, ore 19.00
38°NORD 2015- 55’
di Nunzio Gringeri
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27 luglio, ore 19.00
Al di là dello specchio
2015- 54’
di Cecilia Grasso
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3 agosto, ore 19.00
Sora Morte 2015- 54’
di Sergio Ruffino
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4 agosto, ore 19.00
Compagna Solitudine
2015- 52’
di Davide Vigore
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5 agosto, ore 19.00
Racalmuto, Isola nell’Isola
2015- 5’
di Dario Guarneri
Lo sguardo del Principe.
La Donnafugata del Gattopardo
2015- 5’
di Davide Gambino
Andrea Calogero Camilleri.
Il santo e lo scrittore 2015- 5’
di Ruben Monterosso e Federico Savonitto
Paesaggio Pirandelliano.
I luoghi dell’anima di Luigi Pirandello
di Ruben Monterosso e Federico Savonitto
2015- 5’
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LABORATORI
Incontri con gli artisti ospiti e il pubblico
a cura di Claudio Collovà
Incontrarsi e Rivedersi,
percorso di visione per il pubblico
Laboratorio di visione per la formazione del pubblico
su una selezione degli spettacoli in programma.
a cura di Miriam Larocca
Info e iscrizioni su www.fondazioneorestiadi.it
partecipazione gratuita
Crisi
Laboratorio di critica teatrale per studenti in residenza
a cura di Vincenza Di Vita
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29 luglio / 31 agosto
inaugurazione 29, 30, 31 luglio
Gibellina PhotoRoad
Festival Internazionale di Fotografia Open air
Mostre, workshop, letture portfolio, incontri con i fotografi
al Baglio Di Stefano e nella città di Gibellina
visite gratuite durante i giorni del festival
Programma completo su www.gibellinaphotoroad.it
Obiettivo Creativo: giovani talenti
a Gibellina, città della fotografia
Finanziato nell’ambito del Piano Azione
Coesione “Giovani no Profit” da:
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Arti visive
Museo delle Trame Mediterranee
In concomitanza ai giorni degli spettacoli il biglietto
dello spettacolo consente l’ingresso al
Museo delle Trame Mediterranee
dalle ore 18.00 alle ore 20.00
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Iannis Xenakis e Yannis Kokkos – ORESTEIA, 1987
Fondazione Istituto di Alta Cultura Orestiadi ONLUS
Baglio Di Stefano, 91024 _ Gibellina (TP) Sicila, Italia
T +39 0924 67 844 M [email protected]
www.fondazioneorestiadi.it
facebook/orestiadi
Spettacoli al Baglio Di Stefano, Gibellina (TP), ore 21.15
biglietti:
intero 12 € - ridotto 8 €
abbonamenti
intero 16 ingressi 135 € - 8 ingressi 80 €
ridotto 16 ingressi 75 € - 8 ingressi 50 €
riduzione valida per residenti a Gibellina, studenti universitari in possesso di
libretto in corso di validità, under25, over65 / PMO card.
Prevendite Palermo:
Modusvivendi, via Quintino Sella, 79 _ T 091 323493
Libreria Broadway, via Rosolino Pilo, 18 _ T 091 6090305
Prevendite Trapani:
Libreria del Corso, Corso Vittorio Emanuele, 61 _ T 0923 26260
Dalle 19.00 punto ristoro, prodotti tipici a km 0, e vini della Cantina Orestiadi.
N.B. I programmi potranno subire cambiamenti di compagnie, date, orari per
causa di forza maggiore.
Falcone Borsellino
A29
Vincenzo Florio
media partner