Tradizione e rivoluzione

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Tradizione e rivoluzione
La Chiesa Cattolica, si sa, è un grumo di paradossi: santa e peccatrice, misogina e femminista, colta e
popolare… né del resto ci si potrebbe aspettare alcunché di diverso da una associazione che ha la pretesa
di prolungare nel tempo il paradosso supremo: il mistero del Dio che si fa uomo.
Tra i molti paradossi della Chiesa, uno dei più flagranti è che essa è contemporaneamente Tradizionalista
e Rivoluzionaria.
È tradizionalista nella sua essenza perché il suo mandato fondamentale, la sua mission, come si dice oggi,
consiste nel trasmettere (tradere in Latino) un messaggio che non è suo, che quindi non ha diritto di
modificare. Hai voglia a parlare di aggiornamento, di stare al passo coi tempi, di innovare… la Chiesa
non vuole né può stare al passo con i tempi, la Chiesa deve stare al passo di Gesù.
D’altra parte stare al passo di Gesù significa tutto fuori che star fermi. Significa invece correre a
perdifiato. Nessuno è più rivoluzionario, più spiazzante, più “oltre” di Gesù. Così la pretesa assurda ed
impossibile della Chiesa è… conservare la rivoluzione!
Occorre mantenersi in uno stato di Rivoluzione permanente, cambiando continuamente, perché il nostro
Maestro è uno che fa nuove tutte le cose.
Non fa cose nuove, non ne ha bisogno, non gli interessa.
Sono buoni tutti a fare cose nuove: un bel rimpasto di governo, una bella spolverata, cambiamo nome a
un paio di tasse e zac, il gattopardo è servito! Vuoi mettere invece rinnovare le vecchie? Metterci dentro
continuamente nuova linfa, nuovo slancio, nuova passione? Dire le stesse parole di sempre e farle sentire
a chi ti ascolta come se le sentisse per la prima volta?
Ah, questo solo Gesù sa farlo. Gesù e quelli che se lo portano dentro. Talmente dentro da esser diventati
altri Gesù.
Li riconosci da questo, dal linguaggio. Dalla loro capacità di dire banalità deflagranti, ovvietà esplosive.
Come Innocenzo Smith, che sarà sì il personaggio di un romanzo, ma è più vero di tanta gente che
conosco.
E quelle banalità allora improvvisamente spiazzano, offendono, feriscono, provocano, indignano, aprono
alla speranza, danno gioia, fanno sorridere, ti mettono le ali ai piedi. Ti fanno dire: si può davvero vivere
così!
E tu che stai li a dire: ma no, non c’è niente di nuovo, è il catechismo di sempre, è quello che la Chiesa ha
sempre insegnato… tu non hai capito la cosa più importante, la più vera: la Chiesa anche se da duemila
anni dice una parola sola, non ha mai detto due volte una sola parola, perché sempre continuamente
cambia l’uomo a cui la dice, perché quella parola è fatta d’amore e l’amore scivola, si adatta, cerca la
strada migliore.
Omnia quid recipitur admodum recipientis recipitur (tutto ciò che viene ricevuto, viene ricevuto nella
forma di chi riceve), e l’amore lo sa bene.
La Chiesa è tradizionalista per conservare la Rivoluzione e rivoluzionaria per continuare la Tradizione.
Perché senza una continua rivoluzione la tradizione muore e diventa la caricatura di se stessa, diventa una
questione di mozzette e rocchetti, di flabelli e bargigli (dei quattro oggetti che ho menzionato, uno non
appartiene all’armamentario tradizionalista, chi indovina quale?) e d’altra parte senza rimanere nella
Tradizione la rivoluzione diventa autoreferenziale, ricerca di sé piuttosto che del Signore, fino a finire con
il segare il ramo su cui si sta seduti.
La Provvidenza ci ha donato un uomo che incarna a perfezione questo aspetto della Chiesa, ed io lo seguo
con passione.
Don Fabio Bartoli,
http://lafontanadelvillaggio2.wordpress.com/2014/01/11/tradizione-rivoluzione/#comments
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