MILANO FINANZA
32
6 Maggio 2017
!! PRIVATE EQUITY
di Stefania Peveraro
A
lla fine dello scorso dicembre i fondi
di private equity
italiani e internazionali avevano in
portafoglio 667 aziende italiane acquisite negli 11 anni
compresi tra il 2006 e il 2016
su un totale di 1.015 acquisite nello stesso periodo, mentre
ne hanno cedute 348. Di queste
667 partecipazioni, 270 sono state acquistate oltre cinque anni
fa. E visto che il tempo medio di
permanenza in portafoglio delle
partecipazioni di private equity
è sceso a cinque anni, è immaginabile che quelle 270 aziende
siano pronte o quasi pronte per
essere cedute. Il dato emerge
dall’ultimo Rapporto annuale
dell’Osservatorio Private Equity
Monitor (Pem) dell’Università di
Castellanza , presieduto da Anna
Gervasoni e supportato da Eos
Investment Management, EY,
Fondo Italiano di Investimento
SGR e King&Wood Mallesons
Studio Legal.
Il nuovo Rapporto, che sarà presentato a Milano lunedì
8 maggio e che MF-Milano
Finanza è in grado di anticipare, ha anche evidenziato che il
tempo medio di permanenza delle società italiane nei portafogli
dei fondi di private equity che è
tornato appunto a cinque anni a
fine 2016 (dai cinque anni e tre
mesi di fine 2015), in linea con
quanto registrato a fine 2014 e
a fine 2013. In ogni caso si tratta
ancora di una bella differenza rispetto ai tre anni di permanenza
media calcolati a fine 2006, nella
fase di boom del mercato, quando per i fondi comprare, vendere
e guadagnare sembrava l’attività più semplice del mondo.
Tornando alle statistiche, i precedenti rapporti Pem avevano
indicato che alla fine del pari arco temporale di 11 anni dal 2005
al 2015, i fondi avevano in porta-
Ben 270 pmi da cedere
LE AZIENDE ITALIANE NEL PORTAFOGLIO DEI FONDI TRA IL 2006 E IL 2016
Numero di aziende in Italia
150
100
94
Società target
disinvestite tra quelle
comprate nell’anno
Società target
acquisite nell’anno
ancora in portafoglio
66
69
4
22
50
61
47
30
23
100
21
42
38
32
29
0
106
85
17
64
63
2
0
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2014
2015
2016
% maggioranze
77%
70%
69%
56%
53%
48%
51%
54%
64%
82%
78%
% minoranze
23%
30%
31%
44%
47%
52%
49%
46%
36%
18%
22%
Mediana ev/ebitda
6,9
6,7
7,1
5,6
6,9
5,9
7,0
7,0
7,1
7,6
7,9
Max ev/ebitda
12
18,5
15,0
12,6
14,8
15,7
16,4
9,5
21,0
26,1
36,7
Min ev/ebitda
4
2,7
4,1
2,8
2,4
3,0
3,8
4,1
3,6
2,8
3,9
Fonte: Private Equity Monitor
GRAFICA MF-MILANO FINANZA
foglio 612 aziende italiane, su un
totale di 1009 acquisite nel periodo e ne avevano cedute 397,
mentre negli undici anni precedenti (dal 2004-2014) i fondi
avevano partecipazioni in 567
aziende sul totale di 958 acquisite nel periodo, mentre ne
avevano cedute 391.
Dei 348 disinvestimenti effettuati nel 2016, la maggior parte
(36%) è avvenuta tramite operazioni di releverage (cioè di
subentro di altri fondi), il 33%
con trade sale (cioè cessione a
soggetti industriali) e soltanto il
4% attraverso quotazioni in borsa. Anche i riacquisti da parte
dei precedenti azionisti (buyback) hanno rappresentato il
6%. Nell’8% dei casi, infine, si è
trattato di write-off, cioè di svalutazioni totali o parziali delle
partecipazioni. Quanto agli investimenti, si sono contate 100
nuove operazioni e distribuite su
aziende con un fatturato medio
di circa 39,8 milioni di euro.
La società media oggetto di investimento da parte dei fondi
l’anno scorso aveva una valutazione di 81,5 milioni di euro,
pari a un multiplo mediano
di 7,9 volte l’ebitda, in crescita rispetto al 2015, quando il
medesimo multiplo era stato di
7,6 volte, già a sua volta in aumento dalle 7,1 volte calcolate
per il 2014. Si tratta di un multiplo che rappresenta il valore
Luiss, Sara e Zenit in LVenture
di Valerio Testi
Venture group ha deciso di eserciL
tare la delega per un aumento di
capitale da 1,9 milioni riservato a un
pool di investitori tra cui l’Università Luiss, Sara assicurazioni e Zenit
sgr. L’Università Luiss, partner istituzionale a cui è storicamente legato il
brand Luiss Enlabs-La Fabbrica delle Startup, deterrà una quota del 3,5%
del capitale e dopo l’operazione entrerà nella rappresentanza del governo
societario di LVenture group. Sara assicurazioni, già azionista della società,
nell’ottica di sviluppare iniziative
congiunte e dedicate con particolare
riguardo a programmi di open innovation acquisirà una quota aggiuntiva
pari all’1,26% del capitale. Luiss e
Sara, entrambi interessati ad acquisire una partecipazione strategica di
medio-lungo periodo, sottoscriveranno
azioni non quotate della società (che
potranno diventare quotate a loro volto dopo 12 mesi e per il resto hanno i
medesimi diritti delle azioni quotate).
In particolare entro il 31 maggio è prevista l’emissione di 1.388.059 azioni
destinate alla quotazione per un controvalore di 930mila euro, riservate a
investitori strategici tra i quali Zenit
sgr, più l’emissione di 1.407.462 azioni non quotate per un controvalore di
943mila euro riservate esclusivamente
all’Università Luiss e a Sara assicurazioni. Il prezzo di sottoscrizione delle
azioni di nuova emissione è stato fissato in 0,67 euro, calcolato in base al
valore del patrimonio netto e tenuto
conto della media dei prezzi giornalieri delle azioni LVenture rilevati negli
ultimi sei mesi. Nel caso di integrale
sottoscrizione, la diluizione degli attuali azionisti della società sarà pari
al 9,46%. (riproduzione riservata)
massimo degli ultimi 11 anni.
In termini di origine dei deal
le imprese private e familiari continuano a rappresentare
la maggior parte delle opportunità di investimento e, anzi,
registrano un incremento significativo rispetto allo scorso
anno (70% verso 61%). D’altra
parte, sottolinea Ciro Mongillo,
fondatore di Eos Im, «le società
di maggiori dimensioni spesso
risultano più strutturate e richiedono aste competitive per
essere acquistate. Questo meccanismo di acquisto, altamente
competitivo, aumenta la pressione sui prezzi, determinando
un aumento dei multipli stessi. Questo fenomeno impatta
inevitabilmente sui rendimenti
derivanti dall’investimento stesso
e quindi indirettamente si riversa
sugli investitori. Al fine di evitare
questo processo al rialzo, Eos Im
considera in via prioritaria deal
proprietari, spesso a conduzione
familiare, caratterizzati da multipli inferiori grazie alla minore
competizione».
A livello di concentrazione
del mercato, le 100 operazioni sono state condotte da 85
operatori nel corso dell’anno, con 23 operatori che hanno
realizzato il 50% dell’intera attività d’investimento. Il mercato
risulta, quindi, concentrato rispetto al 2015, anno in cui circa
la metà delle operazioni era
rappresentata da 26 operatori. Hellmann&Friedman è
risultato l’operatore più attivo, chiudendo con 5 operazioni
(tutti cosiddetti add-on, cioè
acquisizioni da parte di società già in portafoglio). Seguono,
con 3 investimenti ciascuno,
Aksìa, Alto Partners, Ardian,
Consilium ed Investindustrial.
E tornando agli add-on, ha sottolineato Francesco Bollazzi,
responsabile dell’Osservatorio
Pem, «nel 2016 ne sono stati
registrati ben 23 add-on (cioè
il 23% del mercato complessivo), in aumento rispetto al dato
del 2015 (21 operazioni, 19%
del mercato), a conferma di un
ruolo ormai consolidato assunto dai progetto di aggregazione
industriale nel settore». (riproduzione riservata)
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Azimut prosegue il buyback
di Valerio Testi
zimut, che già possiede circa l’8% di
A
azioni proprie, prosegue il buyback
avviando un nuovo piano di riacquisto di titoli. L’8 febbraio è stata avviata
una prima tranche delle operazioni di
acquisto, per un controvalore massimo
di 25 milioni che si è conclusa il 27
febbraio. Ora il cda, sulla base di una
nuova autorizzazione valida fino al 27
ottobre 2018, ha deliberato di procedere con un’ulteriore tranche di acquisti
di azione proprie per un controvalore
indicativo di 25 milioni e un corrispettivo massimo per azione di 30 euro (il
titolo ha chiuso le contrattazioni venerdì 5 maggio attorno a 18,5 euro).
Il quantitativo massimo delle azioni
acquistabili è pari a 16.120.261 azioni, circa l’11% del capitale. A oggi la
società milanese del risparmio gestito
detiene 11.879.739 azioni proprie, cir-
ca l’8% del capitale. Dalla conference
call tenuta giovedì 4 dal management
con gli analisti era emerso appunto
che nel caso in cui non vengano effettuate operazioni di m&a significative
e consistenti, Azimut avrebbe potuto proseguire nel buyback, cosa per
la quale si è già attrezzata, ed eventualmente cancellare una parte delle
azioni proprie. La società ha chiuso il
primo trimestre 2017 con un utile netto di 73 milioni (rispetto ai 20 milioni
dello stesso periodo 2016), i ricavi sono
saliti del 61% a 215 milioni, il reddito operativo aumenta da 24,1 a 83,5
milioni. A fine marzo il patrimonio è
stato di 45,6 miliardi, +7% da inizio
anno, e nel trimestre la raccolta netta
è stata di 2,2 miliardi (+28%). La posizione finanziaria netta a fine marzo
era positiva per 236,2 milioni rispetto ai 192,3 milioni della fine del 2016.
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