Master in Sicurezza e Qualità dell’Alimentazione in Età Evolutiva Valutazione dell'intake di calcio e ultrasonografia ossea quantitativa in una popolazione intollerante al lattosio geneticamente determinata. CANDIDATO: Lakshmi Maccapani RELATORE: Prof.ssa Dr.ssa Maria Letizia Petroni Anno Accademico 2012 - 2013 Valutazione dell'intake di calcio e ultrasonografia ossea quantitativa in una popolazione intollerante al lattosio geneticamente determinata. L’intolleranza al lattosio, o meglio detto maldigestione del lattosio, è un disturbo molto comune, caratterizzato dalla comparsa di disturbi gastroenterici che si manifestano dopo l'assunzione di alimenti contenti tale zucchero con conseguente sintomatologia tipica. Al fine di controllare tale sintomatologia, ai soggetti con Breath Test positivo è consigliata una dieta a ridotto contenuto di lattosio. È anche vero che gli alimenti più ricchi di tale zucchero, come il latte ed i suoi derivati, rappresentano la principale fonte alimentare di calcio. È stata dimostrata un'associazione tra ridotta assunzione di latte, ridotti livelli di massa ossea e predisposizione genetica all’intolleranza. Tale intolleranza è causata dalla ridotta concentrazione dell’enzima deputato alla sua digestione. L’enzima deputato all’idrolisi del lattosio è la lactase-phlorizin hydrolase (LPH). Possiamo distinguere tre termini da un punto di vista clinico, laboratoristico e bioptico: - il malassorbimento di lattosio, condizione in cui tale zucchero non causa di un difetto digestivo, che non sempre determina la viene assorbito a comparsa di una sintomatologia clinica; - l’intolleranza al lattosio, condizione in cui l’assunzione dello zucchero determina la comparsa di una sintomatologia tipica; - il deficit di lattasi, condizione in cui l’enzima deputato alla digestione del lattosio risulta quantitativamente ridotto in biopsie intestinali. La sintomatologia tipica di questa intolleranza consiste in: dolore addominale ricorrente, discomfort e distensione addominale, episodi diarroici, meteorismo, flatulenza, talora nausea in seguito all’assunzione di alimenti contenenti tale zucchero. Il deficit dell’enzima lattasi può essere primitivo o secondario: − la forma primitiva presenta un deficit totale o parziale dell’enzima lactase-phlorizin hydrolase, in assenza di altre alterazioni a livello intestinale: i meccanismi di assorbimento e gli enzimi dell’orletto a spazzola sono normofunzionanti. − la forma secondaria è determinata da condizioni che, danneggiando la mucosa del tenue, causano un’alterazione strutturale e funzionale degli enzimi dell’orletto a spazzola e dei meccanismi di trasporto. Il deficit insorge quindi in presenza di un danno della mucosa e si risolve con la guarigione della stessa. Una ridotta assunzione di calcio nell’età evolutiva porta a scarsa mineralizzazione di ossa e denti, tetania e rachitismo; queste condizioni possono complicarsi con alterazioni del processo di accrescimento e nell’adulto con osteopenia, osteoporosi ed osteomalacia. Il PBM, Peak Bone Mass, rappresenta il massimo grado di mineralizzazione che il soggetto raggiunge nell’arco della vita ed è dovuto alla progressiva deposizione di tessuto osseo durante il periodo infantile-adolescenziale; la massa ossea rimane stabile fino ai 30 anni circa dopodiché progressivamente si riduce, con un andamento più rapido nel sesso femminile. Maggiore è il picco di massa ossea raggiunto, minore sarà la ripercussione della fisiologica deplezione di calcio in età avanzata. Il fabbisogno giornaliero di calcio varia nelle diverse fasce di età; sicuramente le necessità maggiori si hanno nel periodo dell’accrescimento, dall’infanzia all’adolescenza, e nel periodo gestazionale. I livelli di assunzioni raccomandanti per la popolazione Italiana sono ben indicati nella tabella riassuntiva LARN. L'obiettivo di tale studio è conoscere le abitudini alimentari e calcolare mediante un questionario alimentare il contenuto di calcio presente nella dieta di una popolazione di 80 pazienti intolleranti al lattosio che hanno modificato le abitudini alimentari per ridurre l'assunzione di alimenti contenenti tale zucchero. Tale valutazione è stata fatta poichè gli alimenti ricchi di lattosio, come ad esempio i latticini, sono anche ricchi di calcio, pertanto la modifica della dieta può portare ad un'alimentazione a ridotto contenuto del medesimo. Oltre all'anamnesi alimentare e alla valutazione del contenuto di calcio della dieta si è voluto osservare la densità ossea di tali pazienti mediante l'osteosonografia ossea quantitativa per vedere se la dieta potesse essere causa sfavorevole della buona formazione dell'osso. Sono stati presi in esame 80 soggetti che negli anni precedenti avevano effettuato l'esame del Breath test e che risultarono avere una intolleranza primitiva al lattosio; di questi pazienti, 41 erano femmine e 39 erano maschi, di età compresa tra 12 e 25 anni con sviluppo puberale completo, residenti nella città e nella provincia di Ferrara. Questi soggetti sono stati richiamati per sottoporli a tale indagine che, previo consenso, consisteva nella misurazione dei parametri auxologici (BMI), nella compilazione del questionario dietetico e nell'esame dell'ultrasonografia ossea quantitativa. Un limite del presente studio è stato l’utilizzo di un questionario alimentare per la stima dell’introito di Ca non validato a priori. Tuttavia, avendo associato alla somministrazione di un questionario alimentare anche un recall dietetico delle 24 ore precedenti, sarà possibile cercare di validare “a posteriori” tale questionario, ovvero qualora la validazione non risultasse possibile, di ripetere l’analisi utilizzando l’apporto stimato con il solo 24-h recall, metodica comunque correntemente utilizzata negli studi epidemiologici nutrizionali in età evolutiva. Non è inoltre stata indagata l’assunzione di supplementazioni di calcio mediante integratori, che potrebbe in linea teorica contribuire a spiegare, assieme alla presenza o meno di adeguati livelli di 25-OH vitamina D, indagine effettuata solo in una minoranza di soggetti, la ridotta prevalenza di osteopenia anche nei soggetti con basso introito di Ca. I valori di introito di Ca stimati mediante anamnesi alimentare non sono risultati essere correlati con BMI, l'effettuazione o meno di attività fisica e con lo stadio puberale. Questo suggerisce che l'introito di calcio sia indipendente dallo stile di vita o dallo sviluppo puberale, ma che dipenda dal tipo di dieta seguita. Abbiamo rilevato come l’introito di calcio aumenti con l’età, indipendentemente dalla intolleranza al lattosio. Tale condizione può essere spiegata dalla maggior consapevolezza dei soggetti e dalla modifica delle abitudini alimentari in età matura: alcuni alimenti particolarmente ricchi di calcio, come verdure, pesce, acqua e formaggi, vengono assunti in quantità maggiore rispetto al periodo infantile. In particolare per quanto riguarda l'acqua, dall'analisi si è notato che le acque mediamente mineralizzate sono fonte di maggiore introito di Ca rispetto alle acque minimamente mineralizzate, difatti l'intake di Ca/die dato dalla dieta variava dipendentemente dal tipo di acqua bevuta. Tale risultato è in accordo con i dati in letteratura da cui si evince che l’introito medio di calcio, diviso per classi di età, aumenta progressivamente nel periodo adolescenziale. Nonostante un aumentato introito, i soggetti non riescono comunque a raggiungere i livelli nutrizionali raccomandati. Dall'analisi è risultato che più del 25% della popolazione studiata sembra ricoprire i fabbisogni raccomandati dai LARN, valore effettivamente alto e discordante dalla letteratura. Probabilmente il motivo di questa sovrastima è dovuta alla grandezza del campione, che risulta non essere adeguata per avere un dato attendibile e concordante con quanto riportato in letteratura. Dalla letteratura emerge che i soggetti portatori di intolleranza primitiva al lattosio presentano un ridotto introito di calcio e ridotti livelli di massa ossea, rispetto ai soggetti non intolleranti. Nel presente studio, invece, non abbiamo rilevato una relazione significativa tra l'introito dietetico di Ca e l'intolleranza, difatti non tutti i soggetti studiati sono risultati osteopenici. Tale discrepanza tra letteratura ed i dati ottenuti potrebbe essere spiegata dalle caratteristiche della popolazione: il 73,75% dei soggetti ha riferito una buona capacità nel digerire piccole quantità di alimenti contenenti il lattosio; molti di questi hanno sviluppato tale capacità a distanza di anni dall’esecuzione del breath test ed assumono latte o derivati quotidianamente. Dallo studio osteosonografico sono emersi ulteriori dati di interesse. Dal presente studio si rileva una differenza modesta tra l’introito medio di calcio nella popolazione osteopenica rispetto a quella non osteopenica (846,66 mg/die vs 952,23 mg/die) e malgrado la non significatività statistica, verosimilmente da imputare all’esiguità del campione, si osserva un incremento del numero dei soggetti osteopenici al ridursi dell’introito giornaliero di calcio. Tale dato è in accordo con quanto riportato in letteratura: il ridotto introito dietetico di calcio o il suo ridotto assorbimento intestinale rappresentano le principali cause di ridotta massa ossea ed osteoporosi. Un'ulteriore considerazione va fatta alla correlazione significativa che vi è fra presenza di osteopenia e BMI, questa è da attribuire probabilmente al fatto che mano a mano che l'indice di massa corporea aumenta lo strumento incontra una maggiore interferenza per la rilevazione corretta della mineralizzazione ossea. In particolare, in rapporto con l'AD-SoS, più aumenta il BMI il soggetto risulterà osteopenico. È emerso che la mineralizzazione e la struttura ossea, valutate a livello delle falangi prossimali, ossa non sottoposte a carico, sono fortemente influenzate dall’indice di massa corporea. All’aumentare dell’indice di massa corporea, elasticità e densità del tessuto peggiorano; tale peggioramento è particolarmente evidente negli obesi, ma rimane apprezzabile anche nei soggetti in sovrappeso. Questo fenomeno si osserva anche per i valori di Z-score messi in correlazione con il BMI e il peso, in cui si vede che all'aumentare del BMI e del peso vi è una maggior deviazione dai valori di riferimento dei pazienti in età pediatrica con cui è tarato lo strumento. Risultati discordanti a tale proposito sono presenti in letteratura. Se da un lato lo stimolo meccanico favorisce la mineralizzazione, dall’altro l’obesità si associa ad un aumentato stress ossidativo ed un’aumentata produzione di citochine proinfiammatorie che favorirebbero il riassorbimento osseo con attivazione osteoclastica. Infine osserviamo che i valori di BTT, i quali rappresentano la qualità della corticale, all'aumentare dei parametri con cui è stato messo in correlazione (BMI, peso ed altezza) aumenta in maniera lineare diretta. Tale incremento può essere spiegato dal fatto che un individuo più è alto e pesante può aver sviluppato una corticale più spessa per supportare una corporatura maggiore rispetto ad un coetaneo che invece pesa meno e che è meno alto. Pur con le limitazioni discusse, il presente studio dimostra come l’intolleranza al lattosio non sembra rappresentare, nella maggior parte dei pazienti di un campione della popolazione italiana in età evolutiva affetti da tale condizione, un fattore di rischio per l’assunzione di basse quantità di calcio con la dieta. Questo potrebbe essere spiegato dallo sviluppo nel tempo un qualche grado di tolleranza al lattosio nella maggior parte dei pazienti con conseguente reintegrazione nella dieta di latte e derivati, oltre all’introduzione nella dieta di fonti alternative di calcio. Vi è tuttavia un sottogruppo di pazienti a rischio – sembrerebbe indipendentemente dall’apporto di calcio con la dieta e dallo svolgimento di attività fisica – per lo sviluppo di osteopenia. I futuri sviluppi di questa ricerca, le cui analisi sono ancora in corso, su questo sottogruppo di pazienti potranno auspicabilmente chiarire almeno in parte la patogenesi di tale fenomeno.