PK 30 ratte Chiara Delle F mo Luciano D’Abra e z n e i c S . . . a r r e T della a c s a t ...in area UFDOJDPTDJFOUJöDB ell’Universo s Storia d elle neti e delle st ia p i e d ti o M s elle e galassie st , re la so a m s Siste luzione estre e sua evo rr te a st ro C s lcanici ni sismici e vu i e clima s Fenome i meteorologic n e m o n fe , ra le s Atmosfe a e continenta n ri a m ra e sf Terra s Idro esterna della d e a rn te in a s Dinamic SIMONE EDIZIONI Estratto della pubblicazione Gruppo Editoriale Esselibri - Simone Estratto della pubblicazione Copyright © 2008 Esselibri S.p.A. Via F. Russo 33/D 80123 Napoli Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione anche parziale e con qualsiasi mezzo senza l’autorizzazione scritta dell’editore. Per citazioni e illustrazioni di competenza altrui riprodotte in questo libro l’editore è a disposizione degli aventi diritto. L’editore provvederà, altresì, alle opportune correzioni nel caso di errori e/o omissioni a seguito della segnalazione degli interessati. Prima edizione: marzo 2008 PK30 - Scienze della Terra ISBN 978-88-244-6097-2 Ristampe 8 7 6 5 4 3 2 1 2008 2009 2010 2011 Questo volume è stato stampato presso «Officina grafica Iride» - Via Prov.le Arzano-Casandirno, VII Trav., 24 - Arzano (Na) Per informazioni, suggerimenti, proposte: [email protected] Coordinamento redazionale: Nunzio Silvestro Grafica e copertina: Gianfranco De Angelis Impaginazione: Assunta Grosso Estratto della pubblicazione Presentazione ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ Il volume espone in modo semplice e chiaro tutti gli argomenti previsti dai programmi dei corsi di Scienze della Terra delle scuole medie superiori, dei quali viene effettuata una trattazione sintetica ma esauriente. Il linguaggio, preciso ed essenziale, è integrato da glosse esplicative per i termini di più difficile comprensione. Il testo, corredato di figure, grafici, schemi e tabelle, propone anche approfondimenti specifici su tematiche di particolare interesse, mentre per ciò che riguarda le formule, là dove presenti, se ne fornisce la spiegazione concettuale, nonché la derivazione a partire dalle leggi della Fisica più note. Ciascun capitolo presenta sia una sintesi iniziale degli argomenti trattati, propedeutica alla lettura dei successivi paragrafi, sia un test di verifica finale completo di soluzioni e risposte commentate, in modo da consentire un’attendibile autovalutazione del livello di apprendimento effettivamente conseguito. Estratto della pubblicazione 1. Cosmologia ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ Di cosa parleremo In questo capitolo esporremo le teorie sulle origini dell’Universo, a cominciare da quelle più antiche per finire alla più recente — e ormai diffusa e accreditata — teoria del Modello Standard o del Big Bang. Verranno inoltre menzionate le principali e più innovative scoperte che supportano la validità di questo modello e saranno approfonditi temi specifici circa le ipotesi riguardanti le dimensioni, la forma e la possibile evoluzione dell’Universo stesso. L’astronomia, intesa come osservazione del cielo, degli astri e dei loro movimenti nella volta celeste, è forse la scienza più antica, anche se le forme originarie, risalenti probabilmente alla civiltà sumerica (3000 a.C.), erano decisamente rudimentali, volte soprattutto a seguire i fenomeni celesti allo scopo di ricavarne oroscopi e previsioni per gli uomini. Dati di osservazioni più controllabili si possono far risalire sicuramente ai Greci, in particolare a Talete, il quale, circa nel 600 a.C., fu il primo a predire le eclissi e a rilevare il cammino descritto dal Sole nel suo movimento apparente — allora ritenuto reale — intorno alla Terra. Nella Scuola pitagorica (580-500 a.C.) e in quella platonica (IV-III sec. a.C.) furono compiuti numerosi studi sui movimenti dei corpi celesti, cercando di costruire teorie che, a prescindere dalle cause, potessero tener conto delle posizioni relative che gli astri andavano assumendo in cielo, nel corso del tempo, sia rispetto alla Terra che fra loro. La prima teoria che metteva al centro dei moti dei pianeti il Sole e non la Terra fu elaborata da Aristarco (III sec. a.C.), mentre ad Ipparco si 5 Estratto della pubblicazione 1. Cosmologia 1) Dalle prime osservazioni del cielo alle teorie sull’origine e l’evoluzione dell’Universo deve la prima determinazione, esatta per l’epoca, della rivoluzione della Luna, dell’eccentricità della sua orbita e del fenomeno di precessione degli equinozi. Tutti gli studi degli astronomi greci furono poi rielaborati da Claudio Tolomeo (II sec. d.C.) nella sua opera monumentale Megisté Syntaxis (Grande Sintesi, ribattezzata brevemente dagli Arabi, dopo che l’ebbero tradotta nel IX sec. a.C., Almagesto), nella quale vengono spiegati quasi tutti i movimenti osservati per gli astri visibili ricorrendo a sofisticate teorie di cicli ed epicicli. Il sistema tolemaico Nel sistema tolemaico la Terra è immobile al centro dell’Universo. Attorno ad essa la Luna, Mercurio, Venere, il Sole, Marte, Giove e Saturno percorrono delle circonferenze, dette deferenti, i cui centri sono molto vicini al centro della Terra. Il Sole percorre direttamente il proprio deferente con moto circolare uniforme, mentre la Luna e gli altri pianeti si muovono su altri cerchi, detti epicicli, i cui centri si muovono di moto uniforme e percorrono i rispettivi deferenti. Naturalmente nessuna spiegazione viene fornita sulle cause di tali moti complessi, anche se, considerando il solo punto di vista cinematico, questa teoria riusciva a giustificare la maggior parte delle osservazioni astronomiche dell’epoca. 1. Cosmologia 2) Le origini dell’Universo: la teoria del Big Bang La cosmologia è la scienza che ha come obiettivo principale la formulazione di teorie attendibili, suffragate da basi sperimentali secondo il metodo della scienza moderna, che spieghino l’origine e l’evoluzione dell’Universo. In epoca moderna il primo modello dell’Universo fu formulato da P.S. Laplace all’inizio del XIX secolo e prevedeva un Universo in espansione che si sarebbe formato come agglomerato progressivo di masse di corpi celesti, le quali si sarebbero condensate a partire da masse 6 Estratto della pubblicazione gassose primitive a causa di leggere disomogeneità nella loro distribuzione iniziale. La prima moderna teoria cosmologica completa fu invece opera di A. Einstein, il quale, dopo aver elaborato la teoria della relatività generale, che è essenzialmente una teoria gravitazionale, trovò naturale cimentarsi nel tentativo di trovare delle soluzioni che fossero applicabili all’Universo nella sua totalità. Le sue elaborazioni lo condussero ad ipotizzare un Universo statico, in cui la distanza fra due punti qualsiasi non varia (su scala cosmica) nel tempo: ne deriva un Universo omogeneo, pieno di materia, con densità costante nello spazio e nel tempo. Dal punto di vista geometrico questo equivale ad un Universo di curvatura uniforme, cioè sferica, che occupi uno spazio finito. Il superamento o, meglio, l’integrazione di questo modello di visione statica dell’Universo fu opera di A. Friedmann e G. Lemaître, i quali, intorno agli anni Venti del Novecento, in modo indipendente, risolvendo le equazioni di Einstein sulla relatività generale con soluzioni «non statiche», progettarono un modello cosmologico dell’Universo, basato sul cosiddetto principio cosmologico. 1. Isomorfismo per traslazioni: in cosmologia l’omogeneità corrisponde a ipotizzare che la massa dell’Universo, identificata con buona approssimazione con quella delle galassie, sia distribuita uniformemente nell’Universo stesso. Questa uniformità risulta indipendente dal sistema di riferimento scelto per l’osservazione. 2. Isomorfismo per rotazioni o isotropia dell’Universo: in base a questo principio, cambiando arbitrariamente la direzione di osservazione nello spazio cosmico si dovrebbe osservare (come ordine di grandezza) la stessa densità di galassie. I concetti di omogeneità e isotropia sono validi solo su scale di dimensioni galattiche, come può essere facilmente rilevato con le osservazioni riferite a scale più piccole, quale può essere, ad esempio, il sistema solare, che non è omogeneo né isotropo. 7 Estratto della pubblicazione 1. Cosmologia Tale principio può essere riassunto attraverso due leggi, di seguito specificate, che stabiliscono l’invarianza spaziale dell’Universo. In base al principio cosmologico, quindi, l’Universo si sta espandendo in modo pressoché omogeneo a partire dallo stato iniziale, in cui tutta la materia e l’energia erano concentrate in un volume molto piccolo (al limite di raggio zero e densità infinita). La cosmologia di Friedmann e Lemaître introdusse irreversibilmente la storicità dell’Universo come spazio-tempo e, con essa, l’idea che l’Universo abbia avuto un inizio, sia attualmente in evoluzione e possa avere una fine. Secondo la teoria più avvalorata al giorno d’oggi, l’Universo sarebbe nato, a partire da una struttura estremamente concentrata in uno stato molto denso e caldo, attraverso un’esplosione, motivo per il quale questa teoria prende il nome di Big Bang. Poiché, per ipotesi, questa esplosione segnerebbe l’inizio dei processi e quindi anche della validità delle leggi chimico-fisiche a cui essi ubbidiscono, si può affermare che prima di essa, considerato l’istante iniziale (tempo t = 0), non c’era nulla: né spazio, né tempo, né materia. Da quell’istante in poi avrebbe avuto inizio l’Universo, che da allora ha continuato ad espandersi in modo continuo. In termini fisici, poiché le leggi fisiche oggi note non hanno alcun senso in tali condizioni, si può affermare che: 1. Cosmologia «Il Big Bang è l’origine del tempo, dello spazio, della materia e dell’energia». Alcuni anni dopo, questo modello trovò, ad opera dell’astronomo e astrofisico statunitense E. Hubble, una clamorosa conferma sperimentale nell’osservazione dello spostamento della frequenza della luce che giunge dalle galassie lontane verso la parte rossa dello spettro (red shift), cioè verso le basse frequenze. L’effetto, inoltre, è tanto più vistoso quanto maggiore è la distanza degli oggetti in questione. Tale fenomeno, noto in fisica come effetto Doppler, consiste in un cambiamento apparente della frequenza di un’onda percepito da un osservatore che si trova in movimento rispetto alla sorgente e la variazione di frequenza è proporzionale alla velocità di allontanamento (o avvicinamento) rispetto alla sorgente. Poiché l’effetto è maggiore per le ga8 Estratto della pubblicazione lassie a distanze maggiori, se ne deduce che esse avranno una velocità relativa proporzionale alla distanza da cui si osservano. In formule: v=H·R dove v è la velocità relativa di allontanamento, R è la distanza da cui si osserva il corpo celeste, mentre H corrisponde alla cosiddetta costante di Hubble, alla quale lo stesso Hubble diede il valore di 520 km/s per megaparsec. Successivamente, grazie a una correzione apportata da Baade, si stabilì per H il valore di 290 km/s per megaparsec e attualmente, in seguito a numerose osservazioni, il valore più accreditato per H è compreso nell’intervallo: La galassia più distante oggi misurata si allontana da noi alla velocità di 140.000 km/s, cosicché la sua distanza è valutabile in circa cinque miliardi di anni luce. Occorre rilevare che la legge di Hubble non implica l’esistenza di un osservatore privilegiato, cosicché la velocità che si osserva per l’allontanamento di una galassia è la stessa qualunque sia il punto di osservazione, in ottemperanza alla validità del principio cosmologico. Questa evidenza sperimentale può essere assunta come prova che l’Universo si sta espandendo e pertanto costituisce sia una prova sperimentale della validità del modello di Friedmann-Lemaître, sia, indirettamente, una prova a suffragio della teoria del Big Bang, della quale sarebbe una logica conseguenza. Non si è ancora chiarito quali siano state le cause che hanno dato origine al Big Bang, né perché questo nucleo primordiale di energia si sia formato. Un punto fermo, però, è che la teoria del Big Bang inizia le proprie elaborazioni e valutazioni a partire dall’esplosione di un «atomo primitivo», secondo un’espressione usata da Lemaître. L’origine delle quattro forze fondamentali (di gravità, elettromagnetica, nucleare e forza debole), così come la nascita delle leggi che le 9 Estratto della pubblicazione 1. Cosmologia 72 ± 8 km/s/Mpc governano, sarebbe successiva, sia pure di qualche miliardesimo di secondo, a questa esplosione. Nei primissimi istanti l’energia cominciò a condensarsi in particelle elementari (quark ed elettroni), che a loro volta diedero inizio alla formazione di particelle maggiori (protoni e neutroni), finché dopo i primi tre minuti, quando la temperatura era scesa a circa 1 miliardo di gradi, si formarono i primi nuclei atomici di idrogeno, litio ed elio. Solo quando, dopo 300.000 anni, la temperatura scese fino a circa 3.000 K, gli elettroni furono catturati dai nuclei e diedero origine ad atomi stabili. Si formò così un gas neutro costituito da idrogeno e, in piccola parte, da elio, dal quale sarebbero poi nate le nebulose, le galassie, le stelle e, solo molto tempo dopo, i pianeti. Un’ulteriore conferma sperimentale della teoria del Big Bang risale al 1964, quando due ingegneri americani, A. Penzias e R.W. Wilson, osservarono in modo del tutto casuale la presenza di una radiazione di fondo o radiazione fossile, rilevabile con i radiotelescopi in ogni direzione dello spazio (isotropa). 1. Cosmologia La radiazione fossile Dalla fisica si sa che un corpo riscaldato ad una temperatura T emette radiazioni elettromagnetiche, con un massimo di intensità nella zona delle radiazioni infrarosse, la cui frequenza dipende dalla temperatura (frequenze maggiori a temperature maggiori). Percorrendo il tempo a ritroso, in prossimità del Big Bang la temperatura di questo concentrato di energia doveva essere di vari milioni di gradi. Quando poi la temperatura, in seguito all’espansione cosmica, diminuì fino al valore di circa 3.000 gradi Kelvin, la radiazione corrispondente non aveva più energia sufficiente per tenere separati gli elettroni dai protoni, che iniziarono così a formare i primi atomi stabili di idrogeno. Da quel momento la radiazione, non più trattenuta dalle particelle di materia primordiale, prese a viaggiare liberamente nello spazio e, a distanza di miliardi di anni, a contatto con materia sempre più fredda, avrebbe raggiunto frequenze sempre più basse, corrispondenti a quelle emesse da corpi 10 di temperatura prossima allo zero assoluto (-273 °C = 0 K). Precisamente, la radiazione di fondo corrisponde a una lunghezza d’onda di 7,35 cm, pari a 3 K, ovvero -270 °C. È proprio questa, a meno di errori di misura, la temperatura osservata per la radiazione fossile. A questo punto è normale chiedersi quale sarà il futuro dell’Universo, se continuerà ad espandersi o meno. Per dare una risposta a questa domanda bisogna rifarsi alla relatività generale di Einstein, secondo cui i corpi di massa grandissima curvano lo spazio intorno a sé, proprio come delle sfere più o meno pesanti deformerebbero un tessuto elastico. A tali condizioni, se nell’Universo esistesse massa a sufficienza, prima o poi l’espansione verrebbe rallentata fino ad arrestarsi, dando quindi inizio al fenomeno opposto, che porterà tutto il cosmo ad un collasso incontrollato, destinato a concludersi con quello che è stato definito Big Crunch, ossia un’implosione opposta al Big Bang. Se invece nell’Universo non ci fosse massa sufficiente per arrestare la sua espansione, esso potrebbe espandersi per sempre, fino a che le galassie, ormai spente, si ridurrebbero ad ammassi inerti vaganti in uno spazio sconfinato. 3) Cosmologia quantistica 1. Cosmologia Un ulteriore contributo alla scoperta dell’origine dell’Universo e, indirettamente, alla teoria del Big Bang è dato dalla meccanica quantistica, sulla quale ci si è basati per elaborare la teoria secondo cui le fluttuazioni quantistiche all’interno della regione microscopica primordiale sarebbero all’origine di piccole disomogeneità che, in seguito al prevalere dell’effetto gravitazionale, avrebbero dato luogo alla crescita progressiva delle strutture oggi visibili nell’Universo (galassie, ammassi di galassie etc). 11 Estratto della pubblicazione 4) Radioastronomia Le ricerche sulle radiazioni elettromagnetiche cosmiche con frequenze radio (lunghezze d’onda variabili da 10 m a 1 cm circa) costituiscono l’oggetto della radioastronomia. Le onde radio emesse nello spazio hanno in gran parte origine da gigantesche collisioni di gas ionizzati ad alta temperatura, il plasma, che viene eccitato ed oscilla emettendo onde radio. Nel caso di radiofrequenze emesse dalle galassie, il meccanismo di emissione è dovuto prevalentemente al «frenamento» generato dai forti campi magnetici presenti sulle particelle cariche ad alta velocità (tali emissioni compaiono spesso per periodi molto brevi). Emissioni di frequenze radio assai intense sono state osservate su residui di supernove, particolarmente nella nebulosa del Granchio. 1. Cosmologia 5) Dimensioni dell’Universo Se l’Universo fosse infinito, come fece notare già nel XVIII secolo il medico di Brema W. Olbers, dovremmo vedere un cielo uniformemente brillante, qualunque sia la direzione di osservazione. Infatti, sempre nell’ipotesi di un Universo omogeneo e isotropo, aumentando la distanza dal punto di osservazione si dovrebbe avere un aumento di volume osservato proporzionale al cubo della distanza (il volume dello spicchio sferico aumenta con il cubo del raggio della sfera considerata). Sapendo dall’ottica che la luminosità delle stelle diminuisce con il quadrato della distanza, l’intensità luminosa complessiva dovrebbe aumentare in modo lineare e permettere quindi di vedere un cielo ovunque brillante. L’evidenza contraria fece dunque optare per un Universo finito. Il paradosso di Olbers può essere spiegato ammettendo l’esistenza di un Universo in espansione, in cui le galassie si stanno allontanando fra loro, facendo diminuire la luminosità osservata in funzione della distanza di osservazione (nel nostro caso, a partire dalla Terra). In base a questa considerazione, che trova una verifica sperimentale nella leg12 ge di Hubble, sono state formulate tre ipotesi per spiegare la forma, le dimensioni e l’evoluzione dell’Universo, che dipenderebbero esclusivamente dal valore di un parametro (Ω) indicante il rapporto tra la densità media della materia di tutto l’Universo e la densità critica, definita come quella al di sopra della quale la gravità può interrompere l’espansione per iniziare a far collassare la materia. Pertanto, in funzione del valore di Ω si avrà: 1. per Ω > 1, un universo chiuso: le dimensioni, essendo limitate, costringono la quantità di materia ad un progressivo rallentamento della velocità di fuga che ne permette l’espansione, finché, da un certo istante in poi, la gravitazione lo farà richiudere su sé stesso (Big Crunch); 2. per Ω < 1, un universo aperto: la gravità non riesce a frenare l’espansione, che dunque prosegue all’infinito; 3. per Ω = 1, un universo piatto: l’espansione continuerebbe indefinitamente, ma in continuo e progressivo rallentamento. Da notare come un’osservazione spaziale nel cosmo si traduca anche in un viaggio virtuale a ritroso nel tempo: ad esempio, se osserviamo una galassia distante 100 milioni di anni luce, la luce attraverso cui la vediamo ci mostra com’era la galassia 100 milioni di anni fa. Calcolo della densità critica dell’Universo 1. Cosmologia Consideriamo un Universo sferico con raggio R, al tempo t, contenente la massa totale M al suo interno, e una galassia di massa m che si sta allontanando ad una velocità v dalla sfera (fig. 1). 13 Estratto della pubblicazione M = massa dell’Universo M m = massa della galassia in espansione m Fig. 1 L’equilibrio tra l’effetto di espansione della galassia e l’effetto di contrazione dovuto alla forza gravitazionale condurrà ad un rallentamento nell’espansione, fino a determinare una velocità nulla per la galassia. In termini energetici, per il principio di conservazione dell’energia, l’energia cinetica sarà uguale all’energia gravitazionale dovuta a M: 1 2 mM mv = G 2 2 R da cui: v2 = 8 πG 2 R ρc 3 dove con ρc viene indicata la densità critica alla quale l’Universo terminerà la sua fase di espansione. Ricordando poi che v = H · R con H costante di Hubble, si ottiene dopo semplici passaggi: 8 πGρc 3 1. Cosmologia H2 = 14 Estratto della pubblicazione da cui: ρc = 3 ⋅ H2 8 πG 1. Cosmologia Assegnando ad H il valore oggi accettato di H = 17 · 10-3 m/s per anno luce, e ricordando il valore della costante G (G = 6,67 · 10-11 N per m2/kg 2), si ottiene infine per ρc il valore di 4 atomi di idrogeno per metro cubo, avendo assunto come unità di misura per m la massa dell’atomo di idrogeno (m = 1,67 · 10-27 kg). 15 Test di verifica 1. Indicare l’affermazione esatta: ❏ a) Il modello cosmologico di Einstein di un Universo stabile, non in espansione, è coerente con la scoperta della radiazione fossile. ❏ b) Il modello del Big Bang esclude una possibile futura contrazione dell’Universo. ❏ c) L’ipotesi del Big Bang non è coerente con la scoperta del red shift cosmologico. ❏ d) Il modello del Big Bang è coerente con il red shift cosmologico e con la scoperta della radiazione fossile. ❏ e) Il principio cosmologico si basa sull’ipotesi di un Universo statico. 2. Indicare l’affermazione esatta: ❏ a) L’effetto Doppler è un fenomeno che si verifica per tutti i corpi in movimento tra loro, purché emettano onde. ❏ b) L’effetto Doppler è un fenomeno per cui la variazione di frequenza delle onde varia con la velocità fra gli oggetti. ❏ c) L’effetto Doppler produce effetti maggiori per le galassie più lontane. ❏ d) L’effetto Doppler si verifica sia con onde sonore che con onde elettromagnetiche. ❏ e) Tutte le precedenti. 3. Qual è il significato della legge di Hubble? 1. Cosmologia ❏ a) Le galassie si allontanano da noi con velocità proporzionale alla loro distanza. ❏ b) Le galassie più lontane appaiono più deboli. ❏ c) Le galassie si allontanano da noi con velocità inversamente proporzionale alla loro distanza. 16 ❏ d) Più le galassie sono deboli, più si allontanano da noi. ❏ e) Le galassie sono immobili rispetto a ciascun punto di osservazione dell’Universo. 4. Qual è, all’incirca, la temperatura di un corpo nero che emette una radiazione pari alla radiazione cosmica di fondo? ❏ ❏ ❏ ❏ ❏ a) b) c) d) e) 0,3 K. 3 K. 30 K. 3.000 K. 3 milioni di gradi centigradi. 5. Il valore della costante di Hubble è approssimativamente pari a: ❏ ❏ ❏ ❏ ❏ a) b) c) d) e) 520 km/s/Mps. 300 km/s/Mps. 80 km/s/Mps. 300.000 km/s. Non è stato ancora definito. Soluzioni e commenti 1. Cosmologia 1. Risposta: d). Sia lo spostamento verso il rosso delle frequenze dei corpi che si allontanano, dovuto all’effetto Doppler, sia l’esistenza della radiazione di fondo sono fenomeni coerenti con la teoria del Big Bang, pur non costituendone prove certe. 2. Risposta: e). L’effetto Doppler è un fenomeno fisico che si verifica per tutti i corpi in movimento tra loro e in grado di emettere onde di qualsiasi genere (di tipo acustico o elettromagnetiche). Le galassie più lontane, avendo maggiore velocità (legge di Hubble), mostrano una variazione di frequenza maggiore. 17 3. Risposta: a). La legge di Hubble, infatti, mostra una proporzionalità diretta tra velocità di allontanamento e distanza. 4. Risposta: b). La temperatura di 3 K è ricavata dalla legge di emissione di radiazioni del corpo nero, che fornisce la temperatura in funzione della frequenza della radiazione emessa. 5. Risposta: c). Precisamente, il valore oggi più accreditato, considerando gli errori di misura, è: 1. Cosmologia 72 ± 8 km/s/Mpc. 18 2. La meccanica celeste: il moto dei pianeti ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ Di cosa parleremo In questo capitolo tratteremo le leggi fisiche (cinematiche e dinamiche) a cui vanno soggetti i moti dei corpi celesti. Tali leggi sono alla base del moto dei corpi dotati di massa: la loro applicazione permette di calcolare — con un’approssimazione accettabile, date le grandi distanze in gioco — le posizioni nel tempo e nello spazio dei pianeti che compongono il Sistema solare. Saranno inoltre trattati i sistemi attuali per il calcolo delle coordinate astronomiche e i principali moti della Terra, con relative conseguenze sul calcolo del tempo. Nell’ultima parte del capitolo, infine, verranno approfonditi alcuni metodi utili per misurare le distanze delle stelle e per determinare i loro moti rispetto al sistema di riferimento terrestre. La meccanica celeste studia il moto degli astri. Poiché il moto viene descritto in modo diverso a seconda del sistema di riferimento considerato, normalmente si sceglie un sistema di riferimento solidale con le stelle fisse, definite come quell’insieme di stelle che possono essere considerate immobili rispetto a un osservatore terrestre (in realtà le stelle hanno un loro moto nello spazio, ma le loro enormi distanze dalla Terra fanno sì che esso non sia rilevabile se non con una strumentazione molto sensibile). Altri sistemi di riferimento utilizzati in astronomia sono il sistema eliocentrico, che ha per riferimento un sistema di assi cartesiani con centro nel Sole, e il sistema geocentrico, che ha per riferimento un sistema con origine nel centro della Terra. Talvolta viene usato, altresì, 19 Estratto della pubblicazione 2. La meccanica celeste: il moto dei pianeti 1) Le leggi del moto di Keplero e la legge di gravitazione universale di Newton 2. La meccanica celeste: il moto dei pianeti un sistema di riferimento topocentrico, che ha il centro degli assi nel punto terrestre da dove viene svolta l’osservazione. L’errore fondamentale del sistema tolemaico è proprio quello di aver adoperato il sistema di riferimento della Terra (geocentrico) come assoluto, ovvero come immobile nel cielo: in tal modo il moto degli astri veniva interpretato anch’esso come assoluto e quindi reale, mentre, come sappiamo oggi, il loro moto è la combinazione di un moto reale, dovuto alle leggi dinamiche a cui sono soggetti, con un moto apparente, dovuto alla posizione che essi assumono rispetto alla Terra, anch’essa in movimento. Sta di fatto che l’Universo di Tolomeo mantenne la propria validità come punto di riferimento per le osservazioni astronomiche fino al 1543, anno in cui l’astronomo polacco Niccolò Copernico (14731543) pubblicò la sua opera dal titolo De revolutionibus orbium coelestium. In essa si ponevano le basi del sistema eliocentrico, con il Sole immobile al centro dell’Universo e la Terra e i pianeti che ruotano intorno ad esso. Il modello copernicano non ottenne un grande successo fra gli astronomi, in quanto i dati delle posizioni nel tempo dei pianeti, con esso previsti, non erano in accordo con quelli sperimentali. Ciò è dovuto al fatto che nel modello copernicano veniva conservata l’ipotesi secondo cui i pianeti percorrono orbite circolari a velocità uniforme. In realtà l’importanza della teoria copernicana è da attribuirsi soprattutto al cambiamento radicale che essa proponeva nel far perdere alla Terra la sua centralità fisica e metafisica, dando inizio, così, a un processo di relativizzazione e di ridimensionamento dell’aspirazione umana ad essere al centro dell’Universo. Quasi contemporaneamente a Copernico, l’astronomo danese Tycho Brahe (1546-1601) eseguì una serie di osservazioni molto accurate sul moto dei pianeti. Un suo allievo, Giovanni Keplero (1571-1630), tentò poi di correlare i dati del maestro utilizzando curve geometriche, finché nel 1609, dopo otto anni di lavoro, arrivò a pubblicare i risultati delle sue ricerche, sintetizzati nelle tre famose leggi di Keplero (fig. 1): 1. «L’orbita di ciascun pianeta giace su un piano passante per il Sole e per il pianeta; l’orbita ha la forma di un’ellisse in cui il Sole occupa uno dei due fuochi». 20 Estratto della pubblicazione 2. «Il segmento che congiunge il Sole con il pianeta (“raggio vettore”) spazza aree uguali in tempi uguali». 2. La meccanica celeste: il moto dei pianeti 3. «Il quadrato del periodo impiegato da un pianeta a compiere la sua orbita ellittica (“periodo di rivoluzione”) è proporzionale al cubo dell’asse maggiore dell’ellisse». Fig. 1 - Le leggi di Keplero. 21 La geometria dell’ellisse L’ellisse è il luogo geometrico dei punti in cui è costante la somma tra due punti fissi, detti fuochi. Tale costante, ricavata per un punto qualsiasi (ad esempio P) per il punto A, vale 2a (fig. 2). L’eccentricità dell’ellisse (e) è data da: c/a. b c O a Fuochi dell’ellisse Fig. 2 Su un piano cartesiano l’ellisse ha l’equazione, in forma canonica: x2 y 2 + =1 a2 b2 2. La meccanica celeste: il moto dei pianeti È interessante rilevare come le leggi del moto dei pianeti siano state formulate da Keplero prima della scoperta della legge di gravitazione universale da parte di Isaac Newton, la quale individua la causa del moto (forza di gravità) e dunque le traiettorie dal punto di vista della dinamica. Essa afferma: «Due masse si attraggono con una forza che è proporzionale al prodotto delle masse e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza». In formule: F=G m 1m 2 r2 22 Estratto della pubblicazione Dove G è la costante di gravitazione universale. Più precisamente il moto dei pianeti si spiega perfettamente facendo ricorso, oltre che alla legge di gravitazione universale, anche al principio d’inerzia (già stabilito da Galilei), secondo cui: «Un corpo permane nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme fino a quando non interviene una causa esterna (forza) capace di modificarlo». Dalla prima legge di Keplero, che definisce le forme dei moti dei pianeti come ellissi, si deduce che la distanza dal Sole di ciascun pianeta varia continuamente da un minimo (perielio), situato all’estremità dell’asse maggiore più vicino al fuoco occupato dal Sole, ad un massimo (afelio), situato sempre sull’asse maggiore, ma nella posizione più lontana dal Sole. Ogni posizione del pianeta è rappresentata da un punto sull’ellisse che risulta definito attraverso due coordinate: 1) il raggio vettore, cioè il segmento passante per il pianeta e il Sole; 2) l’angolo che tale raggio forma con l’asse maggiore dell’ellisse, chiamato anomalia. Osservando che l’arco di ellisse percorso in un giorno all’afelio (pari a circa 57'18") è più corto dell’arco percorso in vicinanza del perielio (61'14") nello stesso tempo, Keplero si accorse che rimaneva costante l’area descritta nell’unità di tempo dal raggio vettore, arrivando così a formulare la seconda legge. In altre parole si può dire che in vicinanza dell’afelio (raggio vettore più lungo, settore più stretto) il pianeta è più lento, mentre al perielio (raggio vettore più corto, settore più largo) il pianeta è più veloce. In termini di dinamica la seconda legge di Keplero è la diretta conseguenza del principio di conservazione della quantità di moto o momento angolare, secondo cui: «In un sistema isolato, quale può considerarsi il Sistema solare, il momento M della quantità di moto, vettore la cui in23 2. La meccanica celeste: il moto dei pianeti Le leggi di Keplero tensità è data dal prodotto mVR (m = massa del corpo in rotazione, V = velocità periferica e R = distanza dal centro di rotazione), rimane costante». Poiché la velocità v è data da: V=ω·R con ω velocità angolare e R distanza dal centro di rotazione si ottiene: M = m · ω · R · R = m · ω · R2 Ricordando infine che: ω=α/t con α angolo sotteso dal raggio vettore e t tempo per percorrere tale angolo, si ottiene per la costante momento angolare: M = mα R2 t 2. La meccanica celeste: il moto dei pianeti da cui si deduce che l’area spazzata dal raggio vettore (proporzionale ad α · R2) è direttamente proporzionale al tempo impiegato a descriverla. Dimostriamo ora come la terza legge di Keplero possa essere prevista dalla legge sulla gravitazione universale di Newton sotto l’ipotesi (ragionevole, anche se approssimata) che i pianeti abbiano orbite circolari. A tale proposito va subito precisato che le orbite di tutti i pianeti, eccetto Marte, Mercurio e Plutone, possono con buona approssimazione essere considerate circolari. Per un pianeta di massa Mp che mantiene un’orbita circolare attorno al Sole (con massa del Sole uguale a Ms) si ha l’uguaglianza (poiché la risultante delle forze deve essere uguale a zero) tra la forza di attrazione e la forza centripeta, necessaria per mantenerlo in un’orbita circolare. 24 Estratto della pubblicazione