Mauro Di Marzio IL DANNO NON PATRIMONIALE DA INADEMPIMENTO Sommario: 1. Il danno non patrimoniale da inadempimento secondo le sentenze delle Sezioni Unite. — 2. Qualche cenno di diritto comparato. — 3. Il ruolo assegnato dalle Sezioni Unite all’art. 2059 c.c. e le opinioni della dottrina precedente. — 4. I primi giudizi della dottrina sulla ricostruzione delle Sezioni Unite. — 5. Le pronunce ante Sezioni Unite. — 6. Le pronunce post Sezioni Unite. — 7. Conclusioni. 1. Il danno non patrimoniale da inadempimento secondo le sentenze delle Sezioni Unite. All'argomento del danno non patrimoniale da inadempimento è dedicato l'intero § 4. con i §§ dal 4.1. al 4.7. Il contenuto dei singoli paragrafi è il seguente: 4. danno non patrimoniale da inadempimento, cumulo delle azioni; 4.1. lesione di diritti inviolabili da inadempimento; 4.2. art. 1174, causa concreta del contratto, interesse del creditore; 4.3. contratti di protezione nel settore sanitario; 4.4. contratto di protezione tra allievo e istituto; 4.5. tutela di interessi non patrimoniali previsti per legge, contratto di lavoro; 4.6. contratto di trasporto; 4.7. lettura costituzionale di norme sulla responsabilità contrattuale. In proposito è il caso anzitutto di osservare che nessuna delle quattro sentenze1 aveva ad oggetto controversie in tema di danno non patrimoniale da inadempimento, tema che era soltanto sfiorato in uno dei «quesiti» posti dall'ordinanza di rimessione2. È da credere dunque che l'intera trattazione dedicata al danno non patrimoniale da inadempimento costituisca obiter dictum. Ma, per lo spazio che le sentenze dedicano al problema e per l'impegno che traspare nel tentativo di approfondirlo, potrebbe dirsi che le Sezioni Unite, più che limitarsi ad una mera digressione, abbiano voluto cimentarsi con l’applicazione di qualcosa di assimilabile alla doctrine of prospective overruling creata da Benjamin Cardozo: le Sezioni Unite, in altre parole, ci rammentano come il problema del risarcimento del danno non patrimoniale da inadempimento sarebbe stato — secondo la loro ricostruzione — in precedenza trattato e ci indicano come affrontarlo d’ora in poi. 1 2 Cass., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974, 26975. Cass. 25 febbraio 2008, n. 4712. È lecito dire, allora, che nell'economia delle sentenze, il tema del danno non patrimoniale da inadempimento sia quello dotato del maggior tasso di novità3 e di maggior rilievo. Ricapitoliamo le opinioni sul tema delle Sezioni Unite: (i) l’esclusione della risarcibilità del danno non patrimoniale da inadempimento contrattuale, lungamente riconosciuta dalla prevalente dottrina e giurisprudenza, sarebbe costruita sulla «mancanza, nella disciplina della responsabilità contrattuale, di una norma analoga all'art. 2059 c.c., dettato in materia di fatti illeciti»; (ii) l'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c., nel rendere manifesto che la lesione dei diritti inviolabili della persona da cui sia scaturito un danno non patrimoniale comporta l'obbligo risarcitorio, consente viceversa di affermare, ora, che anche nella materia della responsabilità contrattuale è dato il risarcimento dei danni non patrimoniali; (iii) la conclusione che precede si accorda col rilievo, tratto dall’art. 1174 c.c., che, nell'ambito delle obbligazioni contrattuali, possono assumere consistenza anche interessi non patrimoniali (da scrutinarsi attraverso la verifica della causa concreta del contratto), come accade per i c.d. contratti di protezione (contratti del settore sanitario, contratti tra allievo e istituto scolastico) ed i contratti implicanti già sul piano legislativo il riconoscimento di interessi non patrimoniali (contratto di lavoro). In tal modo le Sezioni Unite hanno voluto senz'altro rappresentare una nozione unitaria di danno non patrimoniale, egualmente applicabile tanto al settore extracontrattuale quanto al settore contrattuale: la tutela risarcitoria, al di là delle ipotesi specificamente previste dalla legge, si estende, in entrambe le aree, «ai casi di danno non patrimoniale prodotto dalla lesione di diritti inviolabili della persona riconosciuti dalla Costituzione» (così l'ambito della risarcibilità del danno non patrimoniale è individuato dalle Sezioni Unite al § 2.7.). Danno non patrimoniale da inadempimento sì, insomma, ma solo per la lesione di diritti fondamentali. Nel quadro del ragionamento così svolto, vanno segnalati due aspetti rilevanti in diversa misura: per un verso, in misura minore, il ripudio del cumulo delle azioni contrattuale ed extracontrattuale; per altro verso, in misura maggiore, la condivisione della nozione di «causa in concreto». Quanto al cumulo delle azioni, un indirizzo della S.C. risalente agli anni ’40 del secolo scorso affermava (in difformità dall'opinione concordemente seguita in Francia dalla dottrina e dalla giurisprudenza) che determinate condotte possono essere produttive di conseguenze rilevanti sia sul piano contrattuale che su quello aquiliano: così, in particolare, veniva ammesso che la morte ovvero le lesioni prodottesi durante un 3 Così, p. es., Franzoni, Il danno non patrimoniale del diritto vivente, in Il danno non patrimoniale. Guida commentata alle decisioni delle Sezioni Unite, 11 novembre 2008, nn. 26972/3/4/5, Giuffrè, Milano, 2009, 219. trasporto desse luogo al sorgere del diritto del danneggiato di agire in via contrattuale lamentando l'inadempimento dell'obbligazione ed in via extracontrattuale lamentando il danno alla persona4. La soluzione del cumulo delle azioni, naturalmente, discendeva proprio dall'esigenza di pervenire al risarcimento del danno non patrimoniale causato nell'ambito dell'esecuzione del contratto di trasporto, ed in altri termini presupponeva, sia pure implicitamente, la non risarcibilità del danno non patrimoniale da inadempimento. Il che spiega l'assenza di un'analoga costruzione in Francia, ove il danno non patrimoniale da inadempimento — come si vedrà più avanti — è senz'altro risarcibile. Le Sezioni Unite, in particolare, rammentano l'applicazione del principio del cumulo al contratto di trasporto5 nonché al contratto di lavoro6. Può accennarsi, qui, che la teoria del cumulo delle azioni ha avuto applicazione senz'altro assai più ampia, estesa, ad esempio, almeno fino a un dato momento, ai contratti di cura7, ovvero al contratto di albergo8. In generale, l'abbandono della teoria del cumulo delle azioni ed il conseguente inquadramento esclusivo della responsabilità del danneggiante entro l'ambito contrattuale comporta un aggravamento della posizione di questi sotto il profilo del reparto degli oneri probatori. Non sempre l'effetto è il medesimo invece dal versante della prescrizione del diritto al risarcimento del danno: basti pensare alla prescrizione del diritto al risarcimento del danno subito dal trasportato che si compie ai sensi dell'art. 2951 c.c. in un anno. Quanto alla causa, non v’è spazio qui per accennare neppure sommariamente all'enorme dibattito della dottrina, rimasto privo di conclusioni univoche: si rammenterà soltanto che in un volume collettaneo degli anni ‘70 Mario Bessone ed Enzo Roppo elencavano circa un centinaio di opinioni dottrinali sulla nozione di causa9. In giurisprudenza è stata accolta tralaticiamente, fino ad epoca recente, la nozione bettiana di causa come oggettiva funzione economico-sociale del contratto. Si è poi fatta strada la nozione di causa in concreto, che possiamo identificare come l'effettiva funzione pratica che i contraenti intendono realizzare, l'interesse pratico perseguito dai contraenti, la ragione in concreto del singolo contratto: la sintesi, insomma, degli interessi concreti che il contratto è diretto a realizzare. 4 V per tutti, riassuntivamente, Franzoni, Dei fatti illeciti, nel Comm. Scialoja-Branca, Zanichelli-Società Editrice del Foro Italiano, 1993, 1188. 5 Citando Cass. 12 agosto 1996, n. 8656, come confermativa di Cass. 2975/1968, che non si rinviene al CED della Corte di cassazione. La sentenza del 1996 richiama invece Cass. 19 marzo 1979, n. 1593. 6 Citando Cass. 8331/2001, anche qui per errore. Cass. 19 giugno 2001, n. 8331 verte sì in tema di cumulo, ma dell'opposizione a decreto ingiuntivo con l'opposizione all'esecuzione. 7 Su cui v. Cass. 23 giugno 1994, n. 6064, non massimata al CED della Corte di cassazione ma pubblicata in Foro it., 1995, I, 201. Ma, risalendo indietro nel tempo, può riandarsi da Cass. 15 giugno 1954, n. 2016, Giust. civ., 1954, I, 1440. 8 Cass. 21 dicembre 1968, n. 4043, Mon. trib., 1969, 499. 9 In Amato, Cassese e Rodotà (a cura di), Il controllo sociale delle attività private: testi e materiali, ECIG, Ed. culturali internazionali, Genova, 1972, pp. 231 ss.. È interessante osservare come lo scrutinio della causa in concreto abbia ricadute applicative decisive sul piano della responsabilità contrattuale10. Ecco un caso. Una coppia acquista un viaggio a Cuba. Qualche giorno prima della partenza i due apprendono che nell’isola c’è una epidemia di una seria malattia tropicale, il dengue emorragico. Recedono allora dal contratto. Il tour operator, a questo punto, richiede la penale pattuita per l’esercizio del recesso. Nella controversia che ne nasce, i giudici di merito danno ragione ai due turisti sostenendo che il contratto di viaggio sarebbe stato nullo per impossibilità sopravvenuta dell’oggetto. La S.C. conferma la sentenza, ma ne modifica radicalmente la motivazione. Esclude, comprensibilmente, l'esattezza del riferimento all'impossibilità sopravvenuta. La pattuizione, d'altronde, inattaccabile dal versante dell'oggetto, non avrebbe certo potuto essere censurata dal versante della causa, nella sua configurazione tradizionale. Ecco allora che la pronuncia aderisce alla nuova configurazione della causa in concreto. Una volta stabilito che l'interesse concreto perseguito mediante il contratto di viaggio-vacanza «tutto compreso» ha a che vedere con il benessere psicofisico del turista, non v'è dubbio che un simile interesse non possa realizzarsi in un luogo in cui è elevato il rischio di contrarre una grave malattia. E ciò, dice la S.C., perché si verifica qui una «sopravvenuta impossibilità di utilizzazione della prestazione», che fa in definitiva cadere la causa in concreto posta a sostegno del contratto. Tornando al tema del risarcimento del danno non patrimoniale da inadempimento, allora, non v'è dubbio che, nell'ottica fatta propria dalle Sezioni Unite, l'adesione alla dottrina della causa in concreto costituisca strumento tanto indispensabile quanto efficace per prevenire ad una penetrante ricostruzione degli interessi non patrimoniali, rilevanti ai sensi dell'art. 1174 c.c., che il contratto è destinato a soddisfare e, di qui, del danno che può generarsi dal suo inadempimento. 2. Qualche cenno di diritto comparato. Prima di soffermarsi sull'analisi delle decisioni delle Sezioni Unite e sul resoconto degli apporti giurisprudenziali precedenti e successivi, val la pena di guardare al trattamento del medesimo tema da un punto di vista comparatistico. Il risarcimento del danno non patrimoniale da inadempimento è ammesso, in diversa misura, sia nei sistemi di common law che in quelli di civil law. Si segnala che nella breve rassegna seguente manca ogni riferimento al danno non patrimoniale ― che possiamo dire in linea di massima sempre risarcibile ― 10 Cass. 24 luglio 2007, n. 16315. Non è però questo il primo caso in cui la S.C. si è pronunciata sulla «causa in concreto»: Cass. 8 maggio 2006, n. 10490. cagionato nell'ambito del rapporto di lavoro ed in ambito sanitario, giacché i due settori rimangono fuori da questa indagine. Difatti, l'impatto delle pronunce delle Sezioni Unite non suscita particolare interesse in quei settori (salute, lavoro) in cui la lesione attinge senz'altro un diritto fondamentale e la risarcibilità del danno non patrimoniale da inadempimento era ed è fuori discussione. Il lettore potrà agevolmente constatare che le fattispecie di danno non patrimoniale risarcito si somigliano notevolmente nei diversi ordinamenti ed anzi, assai spesso, appaiano perfettamente sovrapponibili. Il che lascia ipotizzare che siano non tanto le impalcature concettuali, quanto i danni, quali lesioni — per usare le parole delle stesse sezioni unite al § 2.14 — di «interessi emersi nella realtà sociale», a governare il lavoro dei giudici. Nel Regno Unito, anzitutto, la giurisprudenza ha ampiamente capovolto, per via della individuazione di eccezioni, a partire dagli anni ‘70 del secolo scorso, il principio in precedenza condiviso della non risarcibilità, se non in ipotesi di phisycal inconvenience, dei danni non patrimoniali (non pecuniary losses) da breach of contract. Così, a metà dell'ottocento fu negata la risarcibilità del «disappointment of mind occasioned by the breach of contract»11. E parimenti fu affermato che «for the mere inconvenience, such as annoyance and loss of temper, or vexation, or for being disappointed in a particular thing which you have set your mind upon, without a real physical inconvenience resulting, you cannot recover damages»12. A riprova dell’atteggiamento pragmatico della giurisprudenza inglese, quest'ultima decisione, tuttavia, considerò come physical inconvenience, come tale risarcibile, la costrizione subita dal danneggiato per aver dovuto percorrere, a seguito dell'inadempimento del contratto di trasporto, cinque miglia a piedi. I repertori riportano il caso di un signore che ebbe la disavventura di acquistare un paio di mutande di lana contenenti un eccesso di solfito che gli aveva provocato una dermatite, con conseguente risarcimento, oltre che delle spese mediche, anche della sofferenza fisica patita13. Un physical inconvenience fu riscontrato anche in un caso (siamo già nel 1950) in cui un avvocato era stato negligente nella conduzione di uno sfratto, sicché il proprietario dell'immobile, con la moglie il figlio, era stato costretto a vivere per due anni presso parenti in un'abitazione sovraffollata14. Il leading case da cui muove l'affermazione della risarcibilità del danno non patrimoniale da breach of contract risale all'inizio 1973. Si tratta di un caso di vacanza rovinata (una vacanza in Svizzera non 11 Hamlin v. Great Northern Railway Co. [1856] 1 H.N. 408. Hobbs v. South Western Railway Co. [1875] L.R. 10 Q.B. 111. 13 Grant v. Australian Knitting Mills Ltd [1936] A.C. 85. 14 Bailey v. Bullok [1950] 2 All ER 1167. 12 corrispondente alla descrizione che ne aveva fatto l'organizzatore) che vede risarcito «the disappointment, the distress, the upset and frustration caused by the breach»15. In un successivo caso vengono risarciti i danni contrattuali per lo stress e lo sconforto causato all’attore dall’essere stato costretto a vivere in un immobile, erroneamente periziato prima dell’acquisto dal tecnico da lui incaricato, in condizioni gravemente deteriori rispetto a quelle stimate16. Questa la piana motivazione: «It seems to me that Mr Perry is entitled to damages for all the vexation, distress and worry which he has been caused by reason of the negligence of the surveyor. If a man buys a house for his own occupation on the surveyor’s advice that it is sound and then finds out that it is in a deplorable condition, it is reasonably foreseeable that he will be most upset. He may, as here, not have the money to repair it and this will upset him all the more. That too is reasonably foreseeable. All this anxiety, worry and distress may nowadays be the subject of compensation. Not excessive, but modest compensation». Merita di essere ulteriormente rammentato, poi, il caso del risarcimento riconosciuto ad una coppia a causa dello stress subito per essere stata costretta a vivere, a causa della negligenza del perito incaricato di verificarne le condizioni prima dell'acquisto, in un'abitazione nella quale avevano dovuto essere eseguiti imprevisti lavori di ristrutturazione17. In questo caso viene affermato che quando «the very object of the contract is to provide pleasure, relaxation, peace of mind or freedom from molestation, damages will be awarded if the fruit of the contract is not provided». Più di recente il principio è ribadito e, anzi, sembra ampliarsi, giacché non si guarda più al predominant object del contratto, ma si ritiene sufficiente che la realizzazione di un interesse non patrimoniale costituisca un punto rilevante anche se non decisivo del rapporto. Ciò accade in un caso in qualche misura analogo al precedente , in cui l'acquirente di un immobile non lontano dall'aeroporto di Gatwich incarica un tecnico di verificare l'entità dei rumori determinati dagli aerei in partenza ed in arrivo ed il tecnico esclude erroneamente che essi siano apprezzabili e fastidiosi18. In giudizio, dunque, l’attore lamenta che «use and enjoyment of the property has been impaired by aircraft noise». Si legge, in particolare, nella pronuncia che, 15 Jarvis v. Swan Tours Ltd. [1973], Q.B. 233; analogamente Jakson v. Horizon Holidays Ltd. [1975] 1 W.L.R. 1468. È superfluo dire che il risarcimento del danno no patrimoniale da vacanza rovinata è pacificamente ammesso anche presso d noi (v. §§ 5 e 6). 16 Perry v. Sydney Phillips & Son [1982] 1 WLR 1297. Si tratta di un danno evidentemente non dissimile da quello risarcito dai giudici italiani in caso di inadempimento del contratto di appalto per la ristrutturazione dell’abitazione dell’appaltante (v. § 5). Dopo le Sezioni Unite è stata pronunciata dal tribunale di Trieste una decisione in senso opposto, citata più avanti al § 6, sulla motivazione che la pattuizione intercorsa tra le parti, riguardata dall’angolo visuale della causa concreta, non avrebbe coinvolto interessi di rilievo non patrimoniale: il che ― tenuto conto che si trattava dell’appalto di costruzione, appunto, di una abitazione fatta edificare dal committente, per dirla con le parole del giudice inglese, «for his own occupation» ― non appare esattamente persuasivo. 17 Watts v. Morrow [1991] 1 WLR 1421. 18 Farley v. Skinner [2001] 3 WLR 889. In questa pronuncia leggibile nel sito della House of Lords all’indirizzo http://www.publications.parliament.uk/pa/ld200102/ldjudgmt/jd011011/farley-1.htm, si trovano citati i precedenti pertinenti. ai fini del risarcimento del danno non patrimoniale da inadempimento, «it is sufficient if a major or important object of the contract is to give pleasure, relaxation or peace of mind». In buona sostanza ― emerge dalla sentenza ― il pregiudizio patito dall'acquirente era nella specie consistito nell'impossibilità di fare colazione o di prendere l'aperitivo in giardino e sulla terrazza dell'abitazione. Un caso interessante è anche quello dell’inadempimento nella costruzione, nel giardino di una villetta, di una piscina di una profondità di 6 piedi anziché 7 piedi, come pattuito19. Il giudice, in proposito, esclude l’esistenza di un danno patrimoniale, ma condanna l'appaltatore dei lavori di costruzione al risarcimento del danno derivato dalla sofferenza (loss of amenity) subita dall'appaltante, sulla considerazione che l'oggetto principale del contratto consisteva appunto nel trarre soddisfazione dall'impiego di una piscina con le caratteristiche pattuite. È ancora, il caso di ricordare la condanna del proprietario di un cimitero a indennizzare il danno morale causato ai familiari di un defunto per inadempimento del contratto con cui era stato ad essi trasferito il diritto esclusivo di inumazione in posizione adiacente al proprio congiunto20. Vi è poi la condanna al risarcimento del danno psicologico di un avvocato non aveva tempestivamente intrapreso le necessarie azioni legali (in particolare l'azione di injunction) per far cessare le molestie che un individuo arrecava alla sua cliente21 Infine, merita di essere citato il risarcimento del danno non patrimoniale per l’inadempimento di un contratto avente ad oggetto le riprese fotografiche di una cerimonia nuziale22. Nel codice civile francese manca una disposizione analoga all'art. 2059 c.c.. L'art. 1382 del Code civil stabilisce che: «Tout fait quelconque de l'homme, qui cause à autrui un dommage, oblige celui par la faute duquel il est arrivé à le réparer». E la formula è generalmente ritenuta comprensiva anche del danno morale. Per quanto riguarda la responsabilità contrattuale, poi, l'art. 1149 dice che: «Les dommages et intérêts dus au créancier sont, en général, de la perte qu'il a faite et du gain dont il a été privé». Ecco «la perte». E perché mai ― si chiede la dottrina ― si dovrebbe «traduire le mot “perte” par “perte d’argent”?»23. Poiché il legislatore non ha posto la distinzione tra danni patrimoniali e danni non 19 Ruxley Electronicas and Construction v. Forsyth [1996] AC 344; [1995] 3 All ER 268, HL. Reed v. Madon [1989] Ch. 408. Emerge con evidenza dalla lettura delle poche pronunce straniere qui citate che il danno non patrimoniale per inadempimento posto in essere dall’impresario di pompe funebri è risarcito dovunque. Non fa eccezione l’Italia, in cui è stato risarcito lo smarrimento di un urna cineraria affidata ad una società di handling (v. § 5). Sul tema della manipolazione delle spoglie da parte dell’impresario di pompe funebri v. Prosser, Handbook of the Law on Torts, 4th edition, West Publishing Co., St. Paul, MN, 1971, 58-59. 21 Heywood v. Wellers [1976] Q.B. 446. 22 Diesen v. Samson [1971] S.L.T. [Sh. Ct.] 49. 23 Mazeaud-Tunc, Traité théorique et pratique de la responsabilité civile délictuelle et contractuelle, 6ª ed., I, Paris, 1965, 424. 20 patrimoniali, si ritiene ammesso il risarcimento delle due specie di danno24. Così ad esempio è utile rammentare che è stato risarcito il danno non patrimoniale in un caso in cui l'incaricato di rinnovare una concessione funeraria, conferito dai parenti di un defunto, non vi aveva adempiuto, sicché la tomba era stata liberata ed i parenti non avevano potuto rintracciare la salma del congiunto25. Il risarcimento del danno non patrimoniale consistente nella perdita di comfort è stato riconosciuto in un caso (da noi si tratterebbe indubbiamente, secondo le Sezioni Unite, di un danno bagattellare) in cui un vettore aereo, causa overbooking, aveva fatto viaggiare in classe turistica un cliente che aveva acquistato invece un biglietto di business class26. In Spagna, vige una regola generale favorevole al risarcimento del danno non patrimoniale da inadempimento contrattuale: la situazione, insomma, non è dissimile da quella francese. Il Tribunal Supremo ha di recente ribadito che il risarcimento del danno non patrimoniale, affermatosi anzitutto nel campo della responsabilità extracontrattuale, «se ampliò su àmbito al contractual, adoptàndose una orientaciòn cada vez màs amplia, con clara superaciòn de los criterios restrictivos que limitaban su aplicaciòn a la concepciòn clàsica del pretium doloris y los ataques a los derechos de la personalidad»27. È importante notare che il Tribunal Supremo ha stabilito che il danno non patrimoniale può derivare non soltanto dalla lesione di beni di natura extrapatrimoniale, ma anche dalla lesione di interessi di natura patrimoniale. È stato recentissimamente sottolineato, in proposito, che «“los daños originados en el ámbito del patrimonio económico de una persona pueden ser no sólo patrimoniales, sino también morales”, del mismo modo que los daños “que afectan a su patrimonio biológico pueden ser de carácter moral o de carácter patrimonial” y que “los daños producidos en el ámbito del patrimonio moral (…), pueden ser de naturaleza patrimonial”»28. Quanto alla casistica spagnola, un gruppo di pronunce è riferito all'inadempimento del contratto di viaggio29. Desta interesse, poi, un'ulteriore gruppo di pronunce favorevoli alla risarcibilità del danno non patrimoniale per inadempimento del contratto avente ad oggetto servizi funerari. Viene rammentato il caso in cui la società di gestione del cimitero di Malaga, a causa della negligenza di un suo impiegato, trasferisce la salma del coniuge dell'attrice in una fossa comune, con conseguente riconoscimento di «un 24 L'indirizzo è inaugurato da Cass., Ch. Reun., 15 giugno 1833, S, 1, 458 e ribadito da Cass. 13 fév. 1923, DC, I, 52. App. Paris 25 mai 1950, Rev. trim. dir. civ., 1950, 495. 26 Cour d’Appel de Paris 23 fév. 2004, Juris-Data n. 237.382; nello stesso senso Cour d’Appel de Paris 24 ottobre 2001, Dalloz, 2001, IR, 3333. Superfluo dire che pronunce dello stesso tenore, generalmente provenienti da giudici di pace, sono in Italia piuttosto diffuse. 27 SSTS 3.5.2006, RJ, 2006, 4070. 28 Solé Feliu, El daño moral por infracciòn contractual: principios, modelos y derecho español, in InDret, Revista para el analisis del derecho, 2009, 1, 19, che cita STS 27.7.2006, RJ, 2006, 6548. 29 Solé Feliu, op. cit., 21. 25 gravísimo atentado a los sentimientos y convicciones de la señora»30. Anche in Spagna si incontra il risarcimento del danno non patrimoniale cagionato al cliente per responsabilità dell'avvocato. Ciò in caso di negligenza processuale, che si ritiene integrata quando il professionista non ha informato il cliente sulla convenienza di agire in giudizio, sui possibili costi del processo, sui possibili esiti dell'azione31. Il risarcimento del danno non patrimoniale è ulteriormente riconosciuto, poi, in caso di inadempimento del contratto di locazione di un teatro32 e, ancora, in caso di acquisto di prodotti difettosi33. Due interessanti sentenze emesse dal Tribunal Supremo nel 2005 si riferiscono all'inadempimento di un contratto di cambio di moneta straniera da parte di banche che avevano consegnato al cliente moneta falsa, provocando conseguenze più che spiacevoli durante la loro permanenza in territorio straniero. La prima sentenza34 riguarda il caso di una coppia spagnola che ha programmato un viaggio in Russia ed ha ricevuto dalla propria banca, al momento del cambio del denaro necessario al viaggio, tre biglietti da cento dollari falsi. I due si avvedono della falsità al momento dell'effettuazione di un pagamento in Russia, rimanendo vittime dell'intuibile reazione del creditore, con conseguente intervento delle forze di polizia, detenzione e ritiro dei passaporti fino al chiarimento (intervenuto in breve tempo) della vicenda. Al ritorno, introdotto il giudizio, la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale avanzata dalla coppia nei confronti della banca, in sede di Primera Instancia, è respinta. La Audiencia Provincial in riforma della sentenza accoglie la domanda, ma liquida il danno nella misura pressoché simbolica di circa centottanta euro. Il Tribunal Supremo, nel confermare la sussistenza dell'inadempimento della banca, la condanna a pagare un importo di € 78.131 per danni morali a ciascuno degli attori osservando che: «En aplicación de lo dispuesto en el artículo 1101 del Código Civil la entidad demandada debe indemnizar a los demandantes los daños sufridos y éstos no son otros que los daños morales, que afectan a intereses espirituales del ser humano, evidentes en el caso presente que fueron atentados al sagrado derecho a la libertad personal, prescindiendo del tiempo que durara, al inalenable derecho a la dignidad, por las afrentas y vejámenes sufridos y al derecho a la seguridad jurídica, al verse inmersos en situaciones violentas en un país con escasa tradición democrática, lengua desconocida y garantìas ignoradas». In un successivo caso non dissimile, poi, il Tribunal Supremo liquida il risarcimento in € 360.000, giacché il cliente della banca, a seguito della 30 STS 10.6.2002, RJ, 2002, 4982; v. pure STS 18.7.2000, RJ, 2000, 5952; numerose altre citazioni in Solé Feliu, op. cit., 23. 31 SSTS 14.7.2005, RJ, 2005, 6532; SSTS 15.2.2008, RJ, 2008, 2670. 32 STS 21.10.1996, RJ, 1996, 7235. 33 SSTS 26.11.2001, RJ, 2001, 9524; SSTS 28.5.2001, RJ, 2001, 3437; SSTS 11.3.2002, RJ, 2002, 5691. 34 STS 17.2.2005, RJ, 2005, 1679. Una fattispecie in qualche misura simile, da noi, è stata esaminata in un caso in cui un giocatore, in occasione di una vincita a chemin de fer, aveva ricevuto un certo numero di banconote false da un dipendente del casinò di Venezia, banconote che aveva conservato e impiegato in seguito, inconsapevolmente, per giocare nuovamente nello stesso casinò. Qui, però, le banconote false erano state individuate ed il giocatore denunciato e sottoposto ad un lungo procedimento penale, conclusosi con la piena assoluzione (Trib. Venezia 16 febbraio 2006, D&G, 2006, 13, 36; Giur. merito, 2006, 1932; Corriere del merito, 2006, 731, la quale inquadra l’ipotesi nell’ambito del’art. 2049 c.c.). consegna di dollari falsi, è finito in carcere negli Stati Uniti e, inoltre, è stato in conseguenza di ciò abbandonato dalla sua compagna35. Germania. La materia del risarcimento del danno è regolata dai §§ 249 ss. BGB, i quali sono collocati nella parte generale delle obbligazioni e si applicano perciò a tutte le obbligazioni risarcitorie, derivino esse dall'inadempimento di un'obbligazione contrattuale (vertragliche Haftung), da un illecito extracontrattuale (deliktische Haftung) o da altro. Il § 253, secondo comma, BGB, stabilisce (dal 2002) che: «Se si deve risarcire un danno causato da una lesione all'integrità fisica, alla salute, alla libertà o all'autodeterminazione sessuale, si può richiedere un ragionevole risarcimento pecuniario anche per i danni non patrimoniali sofferti». Quindi il danno non patrimoniale (nicht Vermögenshaden) da inadempimento contrattuale è risarcibile anche in Germania quando sia stato leso uno degli interessi menzionati. Nella giurisprudenza tedesca si trova così respinta, per esempio, la domanda di risarcimento dello shock psicologico patito da una sposa a causa dell'inadempimento del proprietario del ristorante al quale era stato ordinato il banchetto nuziale. È stato in tal caso osservato che le conseguenze di un simile inadempimento non sono di sufficiente entità per essere considerate lesioni della salute36. Va ancora aggiunto che la giurisprudenza tedesca ammette da oltre mezzo secolo il risarcimento per la lesione del diritto generale della personalità (Allgemeines Persönlichkeitsrecht), diritto che viene desunto dagli artt. 1 e 2 della Legge Fondamentale (Grundgesetz) e tutela la persona nel suo complesso, tanto dal versante della dignità quanto del libero sviluppo della personalità. E, per intendere quanto penetrante possa essere la valutazione compiuta in riferimento al diritto generale della personalità, può ricordarsi che è stato ad esempio ritenuto, dai giudici tedeschi, che la pubblicità telefonica costituisca una violazione particolarmente grave della sfera personale costituzionalmente tutelata, e ciò non soltanto perché importa l’impiego di uno strumento, il telefono, che è lo stesso destinatario delle chiamate a pagare, ma soprattutto perché consente un'intrusione incontrollata nelle abitudini di vita del destinatario medesimo37. Taluno ha ritenuto che le Sezioni Unite abbiano voluto fare una scelta di impronta teutonica, consentendo sì qui come in Germania il risarcimento del danno non patrimoniale, ma soltanto nel caso di lesione di particolari interessi costituzionalmente qualificati: «Il senso profondo della vicenda è che in Italia si procede in modo corrispondente a come è accaduto in Germania, dove il riconoscimento del danno non patrimoniale da inadempimento è avvenuto mediante la modifica della parte generale sulle obbligazioni: il § 253 BGB, 35 STS 28.3.2005, RJ, 2005, 2614. OLG Saarbrüken cit. in Solé Feliu, op. cit., 16: si badi, però, che la pronuncia risale al 1998 ed è cioè antecedente alla citata riforma del 2002. 37 BGH 16.3.1999, BGHZ, 141, 127. 36 nella parte generale delle obbligazioni, ha abrogato la norma corrispondente che in precedenza era nell'ambito del fatto illecito § 847 BGB»38. Bisogna ancora accennare che l'ordinamento tedesco contempla alcune specifiche disposizioni dirette al risarcimento del danno non patrimoniale. Così il § 651 BGB in caso di inadempimento del contratto di viaggio; così il § 97 della Gesetz über Urheberrecht und verwandte Schultzrechte prevede la possibilità che il titolare del diritto di proprietà intellettuale leso con dolo o colpa grave possa reclamare il risarcimento del danno non patrimoniale sempre che esso sia conforme ad equità. Questione diversa dalla risarcibilità del danno non patrimoniale da inadempimento contrattuale è quella dell'ammissibilità di una clausola penale che imponga il pagamento di somme a titolo risarcitorio dei danni morali provocati dall'inadempimento: la pattuizione della clausola penale è considerata sempre valida, a meno che non contravvenga alla legge e non sia contraria al buon costume. In Austria la materia è disciplinata dai §§ 1325 e 1331 ABGB. In caso di dolo o colpa grave il risarcimento è riconosciuto anche a titolo di responsabilità contrattuale. Si rammenta, al riguardo, un caso in cui era stata prenotata una sala d'albergo per un ricevimento nuziale ed essa era stata invece poi destinata ad altri clienti39. Resta da accennare agli Stati Uniti. In questo caso la regola generale è quella della non risarcibilità del danno non patrimoniale da inadempimento contrattuale. In taluni casi si trova affermato che simili danni non rientrano nell'ambito della prevedibilità in quanto too remote. Questa affermazione trova fondamento sull’art. 351 Restatement (second) of contracts, il quale esclude la risarcibilità dei danni quando la parte inadempiente non poteva prevederli come risultato probabile dell'inadempimento al momento del perfezionamento del contratto. Altre volte viene posto l'accento sulla considerazione di policy che, se si ammettesse il risarcimento dei danni non patrimoniali da inadempimento, si darebbe l'ingresso ad un sensibile incremento delle azioni giudiziarie nella materia. Tuttavia, proprio il Restatement (second) of contracts, all'art. 353, ammette il risarcimento del danno non patrimoniale (pain and suffering, mental distress) quando l'inadempimento ha causato danni corporali ovvero sia di tale natura da comportare la probabilità di pregiudizi morali gravi. Così, i tribunali nordamericani ammettono il risarcimento del danno morale che deriva dalla difettosa esecuzione dell'operazione di chirurgia estetica, qualora peggiori lo stato del paziente o renda necessario un secondo intervento. Ed allo stesso modo il Comment A dell'art. 353 del Restatement (second) of contracts, espone il caso del contratto tra un'impresa funeraria una vedova che prevedeva l'inumazione del feretro in una tomba adeguata, tomba che, non essendo adeguatamente 38 Franzoni, Il danno non patrimoniale, cit., , 220. Cit. in Gazzara, Il danno non patrimoniale da inadempimento, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2003, 63. È certo che analoghe domande risarcitorie siano state proposte dinanzi al tribunale di Roma, ma non ne sono al momento disponibili gli esiti. 39 impermeabilizzata non aveva impedito infiltrazioni di acqua che avevano reso necessaria una seconda inumazione. Ed inoltre i tribunali statunitensi risarciscono il danno non patrimoniale quando l'inadempimento del contratto è compiuto intenzionalmente o con colpa grave: il Comment A dell'art. 353 del Restatement (second) of contracts espone il caso del proprietario di un hotel che si rivolge ad un proprio ospite con linguaggio volgare. Va ancora rammentato che il risarcimento del danno non patrimoniale è ammesso quando l’inadempimento contrattuale costituisce allo stesso tempo ipotesi di tort, ossia, diremmo, illecito extracontrattuale (intentional infliction of emotional distress, assault, battery, fraud, deceid, defamation, conversion). Non mancano, infine, previsioni locali di segno diverso. Ad esempio l’art. 1998 del codice civile della Louisiana stabilisce che: «Damages for non pecuniary loss may be recovered when the contract, because of its nature, is intended to gratify a non pecuniary interest and, because of the circumstances surrounding the formation or the non performance of the contract, the obligor knew, or should have known, that his failure to perform would cause that kind of loss». Tornando all'Europa, il risarcimento del danno non patrimoniale da inadempimento contrattuale è ammesso dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia CE, che si è occupato della questione il «danno immateriale» da inadempimento del contratto di viaggio «tutto compreso»40. E la stessa Corte Giustizia ha di recente evidenziato come un danno non patrimoniale possa verificarsi anche a seguito di eventi che, con tutta probabilità, rientrerebbero secondo le Sezioni Unite nell'ambito dei pregiudizi bagattellari, giacché: «Il negato imbarco, la cancellazione del volo o i ritardi prolungati sono causa di gravi disagi e fastidi per i passeggeri»41. Il che val quanto dire che disagi e fastidi rientrano per la Corte di giustizia nell’ambito del giuridicamente rilevante. Non può tralasciarsi di rammentare, infine, che la risarcibilità del danno non patrimoniale da inadempimento contrattuale è ammessa da taluni testi in certo qual senso sovranazionali (i Principi Unidroit, che, secondo un’autorevole opinione, rilevano non soltanto sul piano dottrinale, ma come documentazione di regole ormai consuetudinarie, perché applicate in un elevato numero di arbitrati internazionali; il «codice Lando» e il «Draft» quali norme in fieri) di rilievo indubbiamente non trascurabile: — l'art. 7.4.2 dei Principi Unidroit afferma che: «Il danno può essere di natura non pecuniaria e comprende per esempio, la sofferenza fisica e morale»42; 40 Corte di Giustizia CE 12 marzo 2002, n. C-168/00, Danno e resp., 2002, 1097. Corte di Giustizia CE 22 dicembre 2008, n. 549, Guida dir., 2009, 111. 42 Sul tema v. Bonell (a cura di), I principi Unidroit nella pratica. Casistica e bibliografia riguardanti i principi Unidroit dei contratti commerciali internazionali, Giuffrè, Milano, 2002. 41 — l'art. 9.501 dei Principi di diritti Europeo dei contratti (c.d. codice Lando) riconosce che: «Il danno di cui può essere domandato il risarcimento comprende a) il danno non patrimoniale, e b) il danno futuro che è ragionevolmente prevedibile»; — l’art. 3.701 del Draft Common Frame of Reference43, nei Principles Definitions and Model Rules of European private Law, afferma, con riguardo al right to damages, al terzo comma, che: «“Loss” includes economic and non-economic loss. “Economic loss” includes loss of income or profit, burdens incurred and a reduction in the value of property. “Non ecomomic loss” includes pain and suffering and impairment of the quality of life”»; In definitiva, in Europa, la risarcibilità del danno non patrimoniale (anche da inadempimento) era fermamente esclusa nei soli Paesi comunisti (con l'eccezione dell'Ungheria a far data dal 1978). Ma, dopo la caduta del muro di Berlino, l'indirizzo è cambiato anche in quei paesi. Il codice civile polacco presenta evidenti affinità con il BGB. Ed anche il codice civile della Federazione Russa disciplina oggi (agli artt. 10981100) il risarcimento del danno morale. 3. Il ruolo assegnato dalle Sezioni Unite all’art. 2059 c.c. e le opinioni della dottrina precedente. Non sembra dubitabile che, secondo le Sezioni Unite, l’art. 2059 c.c. si applichi anche al contratto. Al § 4.1. delle sentenze è infatti detto espressamente che: «L'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c., consente ora di affermare che anche nella materia della responsabilità contrattuale è dato il risarcimento dei danni non patrimoniali». Il risarcimento del danno non patrimoniale da inadempimento sarebbe quindi ammesso grazie all'applicazione dell’art. 2059 c.c. anche al settore contrattuale. Questa affermazione, tuttavia, suscita una prima ovvia perplessità. Si è visto, infatti, che in Francia, in mancanza di una norma analoga all'art. 2059 c.c., la risarcibilità del danno non patrimoniale, anche da inadempimento, non è mai stata seriamente posta in dubbio: e, considerato che l'art. 1223 c.c., il quale ha al suo centro la nozione di «perdita», discende storicamente dall'art. 1149 del Code civil, che parimenti si fonda sul concetto di «perte», sembrerebbe piuttosto da credere, al contrario, che l'applicazione dell'art. 2059 c.c. in ambito contrattuale costituisca non già indispensabile viatico, ma, semmai, ostacolo evidente alla risarcibilità del danno non patrimoniale da inadempimento. Insomma, l’art. 2059 c.c. è norma che toglie, non norma che dà. 43 Progetto di Quadro Comune di Riferimento affidato dalla Commissione Europea ad un gruppo di studiosi al fine di elaborare un quadro comune di riferimento per il diritto dei contratti. Sull’argomento si vedano gli atti del convegno «Il Draft Common Frame of Reference del diritto privato europeo», Roma 23-24 settembre 2008, a cura del Consiglio Nazionale Forense, Scuola Superiore dell’Avvocatura. Le Sezioni Unite affermano invece esattamente il contrario, sostenendo che l’opinione diffusa in passato della non risarcibilità del danno non patrimoniale da inadempimento sarebbe stata determinata proprio dalla asserita inapplicabilità dell’art. 2059: «L'ostacolo era ravvisato nella mancanza, nella disciplina della responsabilità contrattuale, di una norma analoga all'art. 2059 c.c., dettato in materia di fatti illeciti»44. Bisogna viceversa osservare, anzitutto, che l’art. 2059 c.c. in combinato disposto con l’art. 185 c.p. non ha mai lasciato spazio all’opinione che non sia risarcibile il danno non patrimoniale da inadempimento contrattuale costituente reato (frode in commercio, insolvenza fraudolenta, truffa, appropriazione indebita, ecc.). Con la precisazione che il danno non patrimoniale da reato è risarcibile anche se esso abbia colpito non la persona, ma, come negli esempi fatti, soltanto il patrimonio. È senz’altro vero, invece, che, pur senza eccessivo approfondimento, la dottrina un tempo prevalente ha escluso la risarcibilità del danno non patrimoniale da inadempimento (non costituente reato). E tuttavia una simile opinione non risulta essere stata mai fondata sulla mancanza, nel settore contrattuale, «di una norma analoga all'art. 2059 c.c.». Al contrario, l’indirizzo dottrinale in passato più diffuso ha desunto l’affermazione della non risarcibilità del danno non patrimoniale da inadempimento proprio dall’assunto opposto, sostenendo, cioè, che l’art. 2059 c.c. si applica anche alla responsabilità contrattuale: «È vero che questo articolo è scritto sotto il Titolo IX “Dei fatti illeciti” del Libro Quarto “Delle obbligazioni”; ma nondimeno noi riteniamo che la sua portata non debba restringersi alla sfera extracontrattuale»45. Dopo la «svolta», invece, la S.C. ha iniziato a riconoscere la risarcibilità del danno non patrimoniale da inadempimento dando ancora una volta per scontata l’applicabilità al campo contrattuale dell’art. 2059 c.c., ma ritenendo ampliati alla lesione dei diritti della persona costituzionalmente protetti i casi di risarcibilità previsti dalla legge46. Altra parte della dottrina, diversamente, ha escluso l’applicabilità dell’art. 2059 c.c. alla responsabilità contrattuale per due ragioni così sintetizzabili: da un lato per una elementare considerazione tecnica, quale 44 Così al § 4. De Cupis, Il danno. Teoria generale della responsabilità civile, Giuffrè, Milano, 1954, 59; sulla stessa linea Russo, Concorso dell’azione aquiliana con la contrattuale nel contratto di trasporto, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1950, 971; Asquini, Massime non consolidate in tema di responsabilità nel trasporto di persone, in Riv. dir. comm., 1952, II,, 9; Barassi, Teoria generale delle obbligazioni, II, Giuffrè, Milano, 1964, 467; Bianca, Diritto civile. V. La responsabilità, Giuffrè, Milano, 1995, 170, citt. infra, sez. IV). E allo stesso modo la giurisprudenza, nelle poche pronunce in argomento, ha sempre ammesso, fino alla «svolta» delle «sentenze gemelle» del 2003, la risarcibilità del danno non patrimoniale contrattuale nel solo caso del reato (Cass. 26 gennaio 1989, n. 473, in Mass. giur. lav., 1989, 210; Cass. 20 gennaio 1985, n. 472, in Rep. Foro it., 1985, voce «Previdenza sociale», n. 498; Cass. 6 agosto 1964, n. 2252, Mass. Foro it., 1964; App. Perugia 8 giugno 1998, in Rass. giur. umbra, 1999, 2; Trib. Lucca 18 gennaio 1992, in Foro it., I, 264; Trib. Bologna 17 aprile 1975, in Giur. it., 1976, I, 2, 360; App. Catanzaro 30 gennaio 1953, in Rep. Foro it., 1954, voce «Responsabilità civile», n. 32. 46 v. con riguardo al settore lavoro, tra le prime successive alle «sentenze gemelle», Cass. 27 aprile 2004, n. 7980, in Danno e resp., 2004, 962; in Not. giur. lav., 2004, 590; Cass. 26 maggio 2004, n. 10157, in Dir. prat. lav., 2004, 2181; in Mass. giur. lav., 2005, 248; in Danno e resp., 2005, 401; in Not. giur. lav., 2004, 590. 45 la collocazione della norma nel comparto aquiliano, in assenza di una disposizione di rinvio simmetrica, per così dire, all’art. 2056 c.c.; dall’altro lato perché, per superare tale ostacolo, è evidentemente disagevole attribuire il valore di principio generale (che, in tal caso avrebbe dovuto essere naturalmente collocato con gli artt. 1218 ss. c.c.) ad una formula che ha nel «non» il suo termine di maggiore importanza. Nondimeno, coloro i quali negano l’applicabilità dell’art. 2059 c.c. alla responsabilità contrattuale pervengono poi a conseguenze radicalmente opposte. Secondo un'opinione la non risarcibilità del danno non patrimoniale contrattuale discende proprio dall’art. 1174 c.c. — che, come si è visto, le Sezioni Unite invocano a sostegno della tesi opposta —, il quale pone il principio della patrimonialità della prestazione, letto unitamente all’art. 1223 c.c.47. I termini della questione sono riassunti di recente così48: «I problemi al risarcimento del danno non patrimoniale in materia contrattuale vengono, a rigore, prima ancora che dall'art. 2059, dal disposto dell'art. 1174 e dal tenore letterale dell'art. 1223, a misura che, ponendo il primo il limite della "patrimonialità" della prestazione e indicando il secondo come risarcibili la "perdita" e il "mancato guadagno", sembrano voler dar rilevanza solo alla dimensione propriamente economica». Viene spiegato, così, che, secondo tale impostazione, l'esclusione della risarcibilità del danno non patrimoniale da inadempimento si fonda sul rilievo che l'opposta soluzione finirebbe «con il dar rilevanza, in via ordinaria, alla sofferenza e al turbamento delle condizioni di esistenza che l'inadempimento può provocare in chi lo subisce»49. E di qui verrebbe alterata «la distribuzione dei rischi della contrattazione»50. Insomma, dato il carattere necessariamente patrimoniale della prestazione — e, diremmo, tenuto conto della definizione di contratto data dall'art. 1321 c.c. come accordo determinante un rapporto giuridico «patrimoniale» — il risarcimento del danno non patrimoniale rimarrebbe fuori dall'area della responsabilità contrattuale. Altri, esclusa parimenti la pertinenza dell’art. 2059 c.c., pervengono all’opposta soluzione movendo dall’affermazione secondo cui l’art. 1218 c.c., il quale «pone a carico del debitore, che non esegue esattamente la prestazione dovuta, il generico obbligo di risarcire il danno», va inteso in senso ampio comprensivo sia del danno patrimoniale che di quello non patrimoniale51. 47 V., p. es., Cian, Interesse del creditore e patrimonialità della prestazione, in Riv. dir. civ., 1968, I, 231. Da Barcellona, Il danno non patrimoniale, Giuffrè, Milano, 2008, 87. 49 Ivi, 88. 50 Ivi, 89. 51 Bonilini, Il danno non patrimoniale, Giuffrè, Milano, 231 non dissimilmente Busnelli, Interessi della persona e risarcimento del danno, in Riv. trim. dir. e proc. civ. 1996, I, 15; più di recente la soluzione dell’ammissibilità del risarcimento del danno non patrimoniale da inadempimento sembra essere divenuta decisamente prevalente: v., senza pretesa di completezza, Gazzara, op. cit.; Liberati, Il danno non patrimoniale da inadempimento, CEDAM, Padova, 2004; Spangaro, Il danno non patrimoniale da contratto: l'ipotesi del danno da vacanza rovinata, in Resp. civ. prev., 2007, 719; Carbonaro, Il danno da black out: il punto sulla risarcibilità del danno non patrimoniale da inadempimento, in Resp. civ. prev., 2006, 158; Iurilli, I contratti di viaggio e vacanze "tutto compreso". Il danno da 48 4. I primi giudizi della dottrina sulla ricostruzione delle Sezioni Unite. In generale, i primi commenti della dottrina sulle pronunce delle Sezioni Unite, con particolare riguardo al tema del danno non patrimoniale da inadempimento, sono prevalentemente di segno negativo. Si riconosce, in genere, che le sentenze del novembre scorso hanno avuto il merito di porre il tema al centro del dibattito. Ma si obbietta, in buona sostanza, che esse hanno mal posto il rapporto tra autonomia contrattuale e danno non patrimoniale. Un'opinione critica è stata prospettata da chi, riferendosi all'art. 2059 c.c., ha affermato che: «In ambito contrattuale l’applicazione di quella norma è del tutto inutile. Infatti, quale è il rapporto tra l’art. 2059 c.c. e l’autonomia privata ? Possono i contraenti, nell’esercizio dell’autonomia contrattuale, da un lato derogare all’art. 2059 c.c. escludendo il risarcimento anche in caso di lesione di diritti inviolabili e, al contrario, derogarvi prevedendo casi di risarcimento del danno non patrimoniale anche in caso di lesione di diritti non ritenuti come inviolabili dalla Costituzione? La Corte risponde in modo apodittico di no : "il rango costituzionale dei diritti suscettivi di lesione rende nulli patti di esonero o limitazione della responsabilità. Ai sensi dell’art. 1229 c.c." ( p. 46). Vedremo quanto sia per certi versi inutile, per altri fuorviante questa affermazione. Come esempio del primo caso si può fare questo : una norma comunitaria, come è noto, prevede il risarcimento del danno non patrimoniale in caso di vacanza rovinata. Si tratta dunque di un caso di risarcimento espressamente previsto dalla legge. Si può negare alle parti il potere di convenire che se la vacanza non corrisponderà a quanto dall’agenzia di viaggi promesso al cliente quest’ultimo richiederà solo il danno patrimoniale e non quello non patrimoniale ? Non v’è alcun motivo per negare un tale diritto. Del resto, è pacifico che le parti possono convenire il risarcimento del danno non patrimoniale , con la clausola penale, anche nel caso in cui in contratto non sia dedotto un interesse non patrimoniale. Questo significa che la risarcibilità del danno non patrimoniale, in ambito contrattuale, è rimessa all’autonomia privata e non alla legge. Obiezione : ma le parti certamente non possono escludere il risarcimento nel caso di lesione di diritti inviolabili. Per esempio, nel contratto medico , il paziente non può convenire che in caso di errore del medico e di danni alla salute questi pregiudizi non sono risarcibili; e così, il lavoratore non può convenire che se il datore viola l’art. 2087 c.c. e ne deriva un danno alla persona, il datore non deve nulla per il danno vacanza rovinata, in Manuale di diritto dei consumatori, a cura di Iurilli, Giappichelli, Torino, 2005, 210; Amato, Il danno non patrimoniale da contratto, in Il "nuovo" danno non patrimoniale, a cura di Ponzanelli, CEDAM, Padova, 2004, 152; Pizzoferrato, Molestie sessuali sul lavoro. Fattispecie e tecniche di tutela, CEDAM, Padova, 2000, 255; Lassandari, L’alternativa tra fondamento contrattuale o aquilano della responsabilità e le sue ripercussioni, in Danno biologico e oltre. La risarcibilità dei danni alla persona del lavoratore, a cura di Pedrazzoli, Giappichelli, Torino, 1995, 126 ss.; Bona, Il danno non patrimoniale da inadempimento, in Dialoghi sul danno alla persona, a cura di Rizzo, Trento, 2006, 327, il quale ritiene però che l'art. 2059 c.c. sia applicabile anche all'ambito contrattuale, quale principio generale, ai fini della selezione dei danni non patrimoniali risarcibili; Tescione, Il danno non patrimoniale da contratto, Edizioni Scientifiche Italiane, 2008, 117. non patrimoniale cagionato al lavoratore. Certo, questo è vero, ma non si può dire che il divieto di tale patto deriva dall’art. 2059 c.c., ossia dal fatto che tale norma si applica al contratto : il divieto di escludere il risarcimento in casi del genere deriva dal fatto che il diritto dedotto è indisponibile di suo, la norma che lo tutela è inderogabile. Anche se non esistesse l’art. 2059 c.c., alle parti sarebbe comunque precluso di escludere la responsabilità per danno non patrimoniale in caso di lesione di diritti inviolabili. Non è l’art.2059 c.c. ad imporsi alle parti. Ad imporsi sono le singole norme che prevedono come inviolabili certi diritti , ed esse operano ad integrazione del contenuto contrattuale. E comunque sia, questa tesi avrebbe come eventuale risultato quello di ritenere l’art. 2059 .c.c. come norma inderogabile solo per i diritti involabili, ossia come norma il cui ruolo è di impedire patti di esclusione del risarcimento per la violazione di quei diritti, ma non come norma che disciplina per intero il danno non patrimoniale da inadempimento. Per il resto varrebbe la volontà delle parti. L’artista che affida i suoi quadri ad un vettore perché li trasporti ad una mostra, rimarrebbe libero di convenire con il vettore che se i quadri andranno distrutti nel viaggio per colpa del vettore, l’artista chiederà sia il valore economico perduto che il danno non patrimoniale che deriva dall’avere perso l’intera sua opera, anche se questo danno deriva dalla lesione di un diritto che la Costituzione non prevede come inviolabile»52. Non dissimilmente, in un'ampia monografia specificamente dedicata al tema, è stato affermato che: «La considerazione che va compiuta è che, nel caso dell'articolo 1218 c.c., il richiamo imprescindibile ai diritti costituzionalmente tutelati è stato troppo invasivo, nel senso che, se è vero che nell'area della responsabilità extracontrattuale ci sono delle regole risarcitoria alquanto stringenti, al contrario nell'ambito della responsabilità contrattuale ben può l'autonomia delle parti valorizzare al massimo, attraverso un particolare assetto dei propri interessi, un aspetto non patrimoniale di particolare pregio inerente al creditore, che in caso di inadempimento comporterà un risarcimento del danno non patrimoniale, purché ovviamente l'operazione tutta sia meritevole di tutela; ciò, quindi, anche se l'assetto prefissato dalle parti non rinviene in una norma della Costituzione un suo minimo referente. In altri termini, come si è cercato sin qui di dimostrare, mentre nell'area della responsabilità extracontrattuale la tutela ed il bilanciamento degli interessi del soggetto danneggiante e danneggiato hanno trovato espressione, a norma dell'articolo 2059 c.c., nel limite della riserva di legge, eventualmente nel suo massimo "grado" di Legge Fondamentale, così non è nell'ambito dell'area del contratto. In quest'ultimo caso, è proprio l'autonomia contrattuale che permette di scegliere un particolare assetto di interessi tale per cui la sua violazione potrà comportare un danno non patrimoniale, al di là del fatto che quegli interessi rientrino o meno ai diritti fondamentali della persona, perché così hanno voluto le parti. E, dunque, è proprio l'applicazione delle disposizioni in materia contrattuale e consente di aprire la strada ad un più generalizzata tutela di tutti quegli interessi non patrimoniali che si sono obiettivati nel contratto e che sono risultati lesi dall'inadempimento. Sotto questo 52 Cricenti, Alcune questioni sul danno non patrimoniale a seguito della sentenza delle Sezioni Unite n. 26972 del 2008, in corso di pubblicazione. profilo, allora, la posizione delle sezioni unite appare ancora troppo timida, in quanto, nel momento in cui esse stesse affermano espressamente di dover rinvenire nell'articolo 1174 c.c. il principale argomento a favore della risarcibilità del danno non patrimoniale da inadempimento e parlano di causa concreta del contratto come strumento volto a verificare quali interessi non patrimoniali le parti abbiano scelto di far entrare nell'ambito del loro assetto negoziale, finiscono poi con il ridimensionare questa apertura proponendo una lettura dell'articolo 1218 c.c. in termini speculari rispetto all'articolo 2059 c.c. Al contrario, invece, proprio il presupposto di partenza che le Sezioni Unite hanno avuto il merito di individuare, per sostenere la risarcibilità del danno in questione, avrebbe dovuto condurre, quale suo logico sviluppo, a ben più ampie prospettive. Infatti, una volta che si è riconosciuto nelle disposizioni sulla responsabilità contrattuale autonomo fondamento normativo per il danno non patrimoniale da inadempimento e che si è valorizzata l’autonomia negoziale delle parti anche attraverso il richiamo alla causa concreta, non si vede per quale ragione, in sede di risarcimento, debba essere attribuito rilievo ai soli interessi costituzionalmente protetti. In conclusione, dunque, è evidente che la questione ruota tutta intorno all'individuazione del criterio di selezione. Ebbene, una volta verificata la risarcibilità del danno non patrimoniale da inadempimento in base agli articoli 1218 e seguenti c.c., il criterio di selezione dei pregiudizi non patrimoniali risarcibili nell'ambito della responsabilità contrattuale non può essere il medesimo di quello previsto per la responsabilità aquiliana. Se, infatti, la tipicità dell'articolo 2059 pretende che il necessario requisito dell'ingiustizia del danno sia legato esclusivamente alla lesione di diritti previsti da una specifica norma di legge o dalla Costituzione, ben differente deve essere il criterio di selezione per verificare quali danni non patrimoniali siano risarcibili a seguito dell'inadempimento di un'obbligazione. In quest'ultimo caso, infatti, non può ritenersi che debbano essere solo la legge e/o la Costituzione ad operare "a monte" una selezione degli interessi risarcibili, ma, nell'ambito dell'autonomia negoziale che caratterizza il rapporto contrattuale delle parti, sono essi stessi che, stabilendo a quali interessi attribuire rilevanza nell'ambito del contratto, compiono una selezione che poi non potrà non assumere rilievo ai fini dei pregiudizi risarcibili»53. In un volume collettaneo integralmente dedicato al commento delle sentenze delle Sezioni Unite, vengono prospettate considerazioni critiche altrettanto convincenti: «Gli apprezzabili traguardi interpretativi sopra menzionati celano, tuttavia, una premessa logica non convincente, destinata a condurre ad un risultato applicativo che desta perplessità. La premessa logica consiste nell'uniformare non solo la nozione di danno non patrimoniale ma anche quella di interesse giuridicamente rilevante, facendola coincidere sempre con la nozione di diritto inviolabile, anche nella materia contrattuale. Il risultato applicativo non condivisibile consiste nel sottrarre all'autonomia privata la contrattualizzazione di interessi non patrimoniali degni di tutela risarcitoria. Come si è detto al paragrafo precedente, la Cassazione rivaluta l'interesse non patrimoniale del creditore cui fa riferimento l'articolo 1174 c.c., ricorda come l'individuazione di tali interessi 53 Tomarchio, Il danno non patrimoniale da inadempimento, Jovene, Napoli, 2009, 115. compresi nel contratto debba essere condotta attraverso l'accertamento della causa concreta del negozio, "da intendersi come sintesi degli interessi legali che il contratto stesso è diretto a realizzare, aldilà del modello, anche tipico, adoperato". Tali interessi non patrimoniali, "sintesi, e dunque ragione concreta della dinamica contrattuale", sembrano però miracolosamente riconducibili — negli esempi tratti dalla giurisprudenza citata in prosieguo nella motivazione — alla sola categoria dei diritti inviolabili (integrità psicofisica; autodeterminazione); si confermerebbe così l'unità della nozione di danno non patrimoniale la quale, come si diceva innanzi, a prescindere dalla fonte dell'obbligazione risarcitoria assicurerebbe unicamente tutela ai diritti inviolabili lesi da un comportamento negligente altrui. Il cerchio si chiude: con uno stile che riporta al formalismo di Langdell vengono sacrificati sull'altare della coerenza dogmatica quegli interessi, pure non suscettibili di valutazione economica, pure inseriti dalle parti in un regolamento pregresso rispetto all'obbligazione risarcitoria; eppure non degni di tutela giuridica perché non appartenenti, almeno in quel momento storico, alla categoria di diritti inviolabili di rango costituzionale. Così svilendo la stessa nozione di causa concreta, appena affermata. La vittima più autorevole di tale sacrificio è il danno da "vacanza rovinata": fattispecie oggi alla ribalta delle cronache giurisprudenziali alla quale non a caso non fa cenno la motivazione delle sentenze in esame. Applicando rigidamente le articolazioni del danno non patrimoniale fornite dalla giurisprudenza in sede di interpretazione dell'articolo 2059 c.c. tale danno non sarebbe risarcibile nell'ambito della responsabilità da inadempimento contrattuale: sia perché la legge ordinaria non contiene una disposizione espressa in tal senso (articolo 92, secondo comma, codice di consumo); sia perché all'interesse non patrimoniale del turista consistente nel godere di un (meritato?) riposo sarebbe difficilmente attribuibile la dignità di diritto inviolabile di rango costituzionale. Se invece si ha riguardo alla natura intrinsecamente non patrimoniale degli interessi a godere di un periodo di svago, che ha spinto il turista ad acquistare il pacchetto, non dovrebbe risultare difficile all'interprete risalire ad eventuali interessi dell'acquirente divenuti parte integrante del contratto di viaggio: perché noti alla controparte, perché desumibili da una serie di circostanze (personali, ambientali, antecedenti, concomitanti o successive alla stipulazione) idonee ad arricchire la causa tipica del negozio. Assumendo, invece, come punto di partenza i nuovi traguardi della giurisprudenza recente in tema di danno non patrimoniale, il dato normativo pur laconico (l'articolo 92, comma secondo, del decreto legislativo 206 del 2005) andrebbe interpretato nel senso di conferire natura non patrimoniale ad "ogni ulteriore danno" derivante dall'inadempimento dell'organizzatore o del venditore. Come si accennava, la premessa logica sottostante è rappresentata dalla forzata ricostruzione unitaria della nozione di danno non patrimoniale, che si spinge oltre la necessità per le quali è nata, ossia l'ammodernamento dell'articolo 2059 c.c., fino a stabilire, anche in ambito negoziale, una relazione biunivoca ed esclusiva tra tale nuova definizione e la tutela risarcitoria invocabile. Sicché tale relazione si risolve non tanto nell'unitarietà della nozione di danno non patrimoniale, quanto nell'uniformazione della definizione di interesse giuridicamente rilevante: a prescindere dalla fonte, contrattuale o extracontrattuale, il danno non patrimoniale è risarcibile solo se derivi dalla lesione di un interesse inviolabile della persona garantito dalla Costituzione, non suscettibile di valutazione economica. Proviamo ad invertire la prospettiva. È senz'altro condivisibile l'affermazione per cui un diritto inviolabile tutelato dalla Costituzione sia risarcibile: anche ponendosi in una dimensione storicocronologica, la Carta costituzionale e il catalogo dei diritti in essa preziosamente custodito è posteriore al concepimento della disposizione contenuta nell'articolo 2059 c.c.. Pertanto, la lettura costituzionalmente orientata del 2059 c.c. deve prendere le mosse proprio da essa, e non può che salutarsi con entusiasmo questa faticosa conquista interpretativa la cui gestazione, durata circa trent'anni, si deve al serrato e fecondo dibattito instauratosi tra dottrina e giurisprudenza. Ma resta una conquista concernente solo una particolare fonte dell'obbligazione risarcitoria, ossia quella extracontrattuale, atteso che nel codice civile proprio l'unico riferimento normativo al danno non patrimoniale (articolo 2059 c.c.) era paradossalmente destinato a limitarne le potenzialità applicative. Mentre il silenzio del legislatore in materia di obbligazioni in generale dovrebbe spostare le riflessioni sulla risarcibilità del danno non patrimoniale entro un diverso ambito: quello dei limiti dell'autonomia contrattuale e non quello della rilevanza costituzionale degli interessi. Come è noto, a partire dalle sentenze del maggio 2003 della Cassazione le articolazioni del "nuovo" danno non patrimoniale sono tre: l'ipotesi di reato (in virtù del tradizionale collegamento tra gli articoli 2059 e 185 c.p.); espressa previsione di legge ordinaria; la compromissione di diritti inviolabili. Questa ricostruzione, se trasposta pedissequamente nella materia contrattuale, esclude un quarto ingrediente nient'affatto trascurabile, indispensabile invece per definire i contorni specifici della fonte contrattuale dell'obbligazione: l’autonomia negoziale. Sicuramente è condivisibile la necessità di una definizione unitaria di danno non patrimoniale, peraltro già circolante da tempo tra i giuristi e nelle decisioni giurisprudenziali: quella cioè di lesione di un interesse della persona non suscettibile di valutazione economica. Ma ciò detto non è necessario limitare anche la nozione di interesse a quella di diritto inviolabile, perlomeno nella sola materia contrattuale. La premessa logica cui si è ispirata la Cassazione, dettata da una esasperata esigenza di reductio ad unum, nulla aggiunge alla coerenza del sistema; e molto toglie, appunto, all'autonomia negoziale. In altri termini: è pur vero che anche la responsabilità contrattuale discende dalla lesione di un interesse; ma non è affatto detto che tale interesse, se non patrimoniale, debba necessariamente coincidere con un diritto inviolabile di rango costituzionale. La differenza di struttura delle due fonti delle obbligazioni si riflette implacabilmente proprio sui criteri di selezione di detti interessi: nella responsabilità di fronte extracontrattuale, in assenza di un rapporto pregresso, la selezione degli interessi rilevanti è fatta dalla legge, dal "nuovo" 2059, appunto. Laddove, invece, sussista un rapporto giuridico preesistente l'interesse violato è quello del creditore alla prestazione; spetta perciò le parti determinarne la rilevanza, nei limiti e attraverso gli strumenti predisposti dalla legge»54. 54 Amato, Nozione unitaria di danno non patrimoniale e autonomia negoziale, in Il danno non patrimoniale. Guida commentata alle decisioni delle S.U., 11 novembre 2008, nn. 26.972/3/4/5, Giuffrè, Milano, 2009, 24. Nel medesimo volume uno studioso ha osservato: «Non è esatto, poi, affermare che il danno non patrimoniale che è conseguenza di un inadempimento di un'obbligazione possa essere risarcito soltanto in presenza dell'adesione di un "diritto inviolabile" della persona. L'ingiustizia del danno è un giudizio di valore che riguarda, evidentemente, la sola responsabilità delittuale. Anche perché l'inadempimento o l’inesatto adempimento possono essere considerati come "fatti illeciti" che, in sé, impongono di risarcire tutte le conseguenze dannose (anche "non patrimoniali" che sono provocate al creditore o, addirittura, al "terzo". Ciò, allorché l'inadempimento riguardi un obbligo di prestazione o sia "occasionato" dalla violazione di un obbligo di protezione. Tale conclusione vede unanime la più autorevole dottrina. Anche quella che, proprio sulla base della opportuna distinzione tra le due "specie" della responsabilità civile, tende a connotare in senso tipizzato la sola responsabilità delittuale, negando la natura di "clausola generale" all'articolo 2043 c.c. e limitando l'ingiustizia del danno alla sola violazione dei diritti soggettivi. È, infatti, del tutto pacifico che ogni qual volta la responsabilità è contrattuale o da "conratto sociale" qualificato, il danno non patrimoniale è risarcibile in quanto violazione di un dovere, quale conseguenza immediata e diretta dell'inadempimento, con il solo limite della prevedibilità, senza che alcun rilievo assuma l'ingiustizia del danno, ovvero la lesione dell'interesse giuridicamente e/o costituzionalmente rilevante. Non si esige alcun ulteriore "criterio che abbia la funzione di fornire giustificazione alla responsabilità". La "logica dell'autonomia contrattuale non richiede di escludere le pretese risarcitorie prive di rango costituzionale, ma al contrario di dare rilevanza agli interessi riguardati dal programma contrattuale così come stabilito dalle parti". Tale elementare principio di diritto è sancito dalle stesse Sezioni Unite le quali, proprio nel distinguere la responsabilità contrattuale da quella delittuale ex articolo 2059 c.c., affermano che, in caso di inadempimento, v’è "un diretto accesso alla tutela di tutti i danni non patrimoniali", non essendo "necessario... verificare se l'interesse leso... sia meritevole di tutela in quanto protetto al livello costituzionale"»55 Stesso volume, altro studioso: «Il riconoscimento da parte delle Sezioni Unite della risarcibilità del danno non patrimoniale contrattuale potrebbe dirsi non utilmente affidato al criterio di selezione della lesione del diritto della persona costituzionalmente garantito: criterio che ha un senso sul versante della responsabilità extracontrattuale, a livello normativo per la presenza dell'articolo 2059 c.c. e sul piano della razionalità pratica perché, in quell'ambito, si tratta di governare un conflitto sociale non mediato da un preventivo progetto, ma che non pare invece idoneo ad escludere la tutela risarcitoria di pregiudizi non patrimoniali derivanti dalla lesione di interessi che le parti del rapporto hanno inteso comunque dedurre in obligatione. Ci si può allora domandare se non sia più coerente una regola che escluda la risarcibilità del danno non patrimoniale contrattuale quando la perdita di valori personali lamentata dal creditore insoddisfatto non 55 Procida Mirabelli di Lauro, Chiaroscuri d'autunno. Il danno non patrimoniale delle sezioni unite, in Il danno non patrimoniale. Guida commentata alle decisioni delle S.U., 11 novembre 2008, nn. 26.972/3/4/5, Giuffrè, Milano, 2009, 355. corrisponda a quello che potremmo definire, mutuando anche qui un concetto dalla disciplina della responsabilità extracontrattuale, "scopo di protezione" del comportamento dedotto il obbligazione (come obbligo di prestazione o come obbligo di protezione). Risulterebbe, in questo caso, decisiva l'interpretazione del contratto secondo buona fede, che potrebbe condurre a qualificare come danno non patrimoniale da inadempimento risarcibile anche il danno derivante dalla violazione di una convenzione di rilascio di cambiali, sotto il profilo della lesione della reputazione e dell'immagine personale del creditore di questa peculiare prestazione; e ad analogo risultato potrebbe, del resto, condurre il criterio interpretativo basato sulla individuazione della causa del contratto, intesa come "sintesi degli effetti reali che il contratto stesso è diretto a realizzare", proposto dalle Sezioni Unite»56. Ultimo autore in ordine alfabetico della stessa opera: «La regola risarcitoria così individuata appare, in verità, alquanto contraddittoria. La necessità di una verifica della causa concreta del contratto mette in luce come essa possa prevedere la realizzazione di interessi non patrimoniali di qualunque rango. Se così è, questi dovranno sempre trovare protezione risarcitoria in caso di inadempimento, al di là di qualunque valutazione in termini di inviolabilità. Il criterio selettivo che opera nei confronti degli stessi dovrà restare esclusivamente quello della prevedibilità, che consentirà di respingere istanze risarcitorie di carattere non patrimoniale relativamente alla lesione di interessi i quali non siano stati presi in considerazione nell'ambito della complessiva operazione contrattuale»57. Ancora uno studioso autore di una monografia sul tema ha dedicato alle sentenze delle Sezioni Unite uno dei commenti più concilianti, ove non mancano però considerazioni critiche: «È innegabile... che il legislatore abbia mutuato i criteri di risarcimento del danno aquiliano dalla disciplina del risarcimento del danno da inadempimento, mediante il richiamo previsto nell'articolo 2056 agli articoli 1223, 1226, 1227: "il legislatore, cioè, fa estensione dei canoni risarcitori dal campo contrattuale a quella extracontrattuale e non viceversa". Questa elementare considerazione, se non è forse sufficiente di per sé a fondare l'assunto ulteriore secondo cui la volontà di regolare espressamente anche il danno non patrimoniale contrattuale "avrebbe comportato che la previsione ora contenuta all'articolo 2059 fosse posta accanto all'articolo 1223, salvo poi richiamarla per estenderla anche al campo aquiliano, nel corpo dell'articolo 2056 c.c.", pone però felicemente in luce che la lettura dell'articolo 2059 come norma collocata nella disciplina del fatto illecito 56 Scognamiglio, Il sistema del danno non patrimoniale dopo le decisioni delle Sezioni Unite, in Il danno non patrimoniale. Guida commentata alle decisioni delle S.U., 11 novembre 2008, nn. 26.972/3/4/5, Giuffrè, Milano, 2009, 466. 57 Ziviz, Un'occasione mancata per le Sezioni Unite, in Il danno non patrimoniale. Guida commentata alle decisioni delle S.U., 11 novembre 2008, nn. 26.972/3/4/5, Giuffrè, Milano, 2009, 562. ma estensibile senza alcun richiamo all'illecito contrattuale, lungi dal rappresentare un dato di coerenza sistematica, costituirebbe una vera e propria anomalia del sistema»58. Sarà infine consentito rammentare il commento alle sentenze delle Sezioni Unite in cui è affermato che59, se l’art. 2059 c.c. e, attraverso di esso, la Costituzione interferissero col tema del risarcimento del danno non patrimoniale da inadempimento bisognerebbe escludere che le parti possano sempre e comunque stabilire esse stesse la regola da applicare in proposito: mentre è invece indiscusso che nulla impedisce alle medesime parti di pattuire una penale contrattuale per il caso del verificarsi di danni non patrimoniali60. Sicché il danno non patrimoniale da inadempimento è integralmente nelle loro mani. Si è inoltre rammentato, nello stesso commento, che la pattuizione della penale contrattuale per il caso del verificarsi di danni non patrimoniali è consentita non solo quando il contratto rispecchi un interesse non patrimoniale del creditore, ex art. 1174 c.c., bensì anche nell’ipotesi di conclamata patrimonialità. È stato ricordato, al riguardo, l'esempio prospettato dalla dottrina, secondo cui, dinanzi al preliminare di compravendita immobiliare, i contraenti possono senz'altro stipulare una penale volta a coprire anche o soltanto il disappunto eventualmente patito dall’acquirente per la mancata stipulazione del definitivo61. Muovendo da tale constatazione, si è sostenuto la Costituzione potrebbe interferire con la questione della risarcibilità del danno non patrimoniale da inadempimento contrattuale solo se potesse stabilirsi una relazione di stretta corrispondenza tra natura dell’interesse creditorio dedotto in contratto, ipoteticamente di rilevanza costituzionale, e natura (non patrimoniale) del danno scaturito dalla sua lesione e suscettibile di risarcimento. Si è detto, quindi, che non manca in dottrina l’opinione di chi ravvisa un rapporto di necessaria implicazione tra natura dell’interesse e natura del danno62: ma si è obiettato che la tesi equivoca sul duplice significato del lemma «danno», con cui si suole indicare sia la lesione in sé che le conseguenze dannose — il danno cui è parametrato il risarcimento — che ne derivano. Chiarito l’equivoco, si è concluso che un rapporto di interlocuzione tra interesse e danno è solo eventuale e che, in altre parole, dalla lesione 58 Gazzara, Danno non patrimoniale da inadempimento: le Sezioni Unite e le prime applicazioni nella giurisprudenza di merito, in Danno e resp., 2009, 281. 59 Di Marzio, Danno non patrimoniale:grande è la confusione sotto il cielo, la situazione non è eccellente, in Nuova giur. civ. comm., 2009, I, 122. 60 Sull’ammissibilità di una penale contrattuale per il danno non patrimoniale da inadempimento v. pure ZenoZencovich, Interesse del creditore e danno contrattuale non patrimoniale, in Riv. dir. civ., 1987, 87; Costanza, Danno non patrimoniale e responsabilità contrattuale, in Riv. crit. dir. priv., 1987, 127. 61 L’esempio è di Cricenti, Inadempimento e danno nel contratto preliminare, in Riv. crit. dir. priv., 2008, 20 dell’estratto. Ma potrebbe risalirsi al classico esempio prospettato dal Windscheid, Diritto delle Pandette, II, Il diritto dei crediti, 1, trad. it. Fadda e Bensa, Torino, 1904, 5, della pattuizione, conclusa da un uomo col proprio vicino di casa affinché quest’ultimo non suoni il pianoforte: già il Windscheid aveva giudicato assurdo ritenere che il debitore potesse sciogliersi dal contratto, denegando così il risarcimento del danno da inadempimento cagionato. 62 V., in tal senso, De Cupis, op. cit., 59; BIANCA, op. cit., 177; Burdese, Manuale di diritto privato italiano, UTET, Torino, 1974, 594; Scuto, Osservazioni sul danno non patrimoniale e sulla sua risarcibilità nel nostro diritto positivo, in Dir e giur., 1954, 452; Perfetti, Prospettive di un’interpretazione dell’art. 2059 c.c., in Riv. trim. dir. proc. civ., 1978, 1074. di un interesse non patrimoniale può derivare un danno patrimoniale (l’operazione di dermoabrasione di una fotomodella lascia profonde cicatrici sulle sue guance, sicché ella rimane senza lavoro), ovvero che dalla lesione di un interesse patrimoniale può derivare un danno non patrimoniale (il locatore omette di riparare l’impianto di riscaldamento dell’immobile locato ed il conduttore si ammala per il freddo). Una volta chiarito che non c’è una relazione necessitata tra interesse e danno63, nel medesimo commento è stato affermato che il rilievo costituzionale dell’interesse creditorio cui l’obbligazione ipoteticamente risponda non può essere di per sé decisivo ai fini della risarcibilità del danno non patrimoniale. Ciò non vuol dire che la natura dell'interesse dedotto in contratto non abbia a tal fine alcun rilievo. Rileva invece sul piano della concreta verifica della sussistenza del danno, poiché è intuitivamente più probabile che un danno non patrimoniale possa generarsi dalla lesione di un interesse non patrimoniale. E rileva, soprattutto ed ancor prima, sotto il decisivo profilo applicativo della prevedibilità, ai sensi dell'art. 1225 c.c.64: norma che pone l'effettivo sbarramento alla risarcibilità del danno non patrimoniale (salvo non si versi in ipotesi di condotta dolosa) e costituisce impedimento ad un proliferare incontrollato di risarcimenti. Accanto all'art. 1225 c.c., con funzione di delimitazione dell'area della risarcibilità, occorre ancora considerare il fondamentale capoverso dell'art. 1227 c.c., che «sembra offrire un freno alle spregiudicate pretese risarcitorie di scaltri creditori»65. Difatti, nell'escludere il risarcimento dei danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza, la norma non consente che il creditore «si atteggi spettatore passivo dell'evolversi delle conseguenze (arrestabili) dell'inadempimento pur imputabile. È proprio attraverso questo meccanismo di autoprotezione che il sistema della risarcibilità dei danni non patrimoniali da contratto si può assestare ad un giusto punto di equilibrio»66. 63 Sul che v. Barcellona, op. cit., 76; Gazzara, op. cit., 24; Cricenti, Il danno non patrimoniale, CEDAM, Padova, 1999, 83; analogamente la seconda edizione dell’opera, risalente al 2008; Franzoni, Il danno alla persona, Giuffrè, Milano, 1995, 595; Salvi, Il danno extracontrattuale: modelli e funzioni, Jovene, Napoli, 1985, 73. Si è visto in precedenza, citando Solé Feliu, op. cit., 19, che l'inesistenza di un rapporto di implicazione necessaria tra interesse leso e danno è stata limpidamente posto in evidenza, in Spagna, dalla giurisprudenza del Tribunal Supremo. 64 Si citerà, più avanti, tra le sentenze post sezioni unite, Trib. Saluzzo 25 febbraio 2009, che, in un in caso di danno da vacanza rovinata, così argomenta, muovendo agevolmente dalla natura stessa del rapporto: «Nel caso di specie è certamente risarcibile in astratto il danno da vacanza rovinata, nella sua dimensione sostanziantesi nelle negative ripercussioni per l’inadempimento dell’operatore turistico sul godimento del pacchetto acquistato dal consumatore». 65 Tescione, op. cit., 244. 66 Op. cit., 245. L'applicabilità dell'art. 1227, secondo comma, c.c. al fine di escludere il risarcimento del danno non patrimoniale da inadempimento è condivisa da Gazzara, op. ult. cit., 288. L'impiego della norma per quel fine emerge da una recentissima pronuncia del tribunale di Roma, menzionata nel paragrafo dedicato alle sentenze post Sezioni Unite, che, decidendo una controversia in tema di distacco del telefono, in mancanza di ulteriori allegazioni da parte del preteso danneggiato, ha osservato che: «Non può mancarsi di aggiungere che al giorno d'oggi il distacco del telefono è evento al quale può agevolmente ovviarsi in pochi minuti e con poche decine di euro munendosi di un telefono cellulare, il che assumerebbe assorbente rilievo ― se un danno fosse stato dedotto e provato ― per i fini dell'applicazione dell'articolo 1227 c.c.» (Trib. Roma 12 maggio 2009). In definitiva, si è concluso che l'accento va posto sull’art. 1223 c.c., laddove esso stabilisce che: «Il risarcimento del danno per l'inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno». Il danno non patrimoniale, come danno-conseguenza, è costituito anch’esso, come il danno patrimoniale, proprio da quella perdita e mancato guadagno. E tale danno è il medesimo sia dal versante contrattuale che da quello extracontrattuale. Ma, allora, se la «perdita» menzionata nell’art. 1223 c.c., è da intendersi nel comparto aquiliano, per il tramite dell’art. 2056 c.c., quale perdita patrimoniale o non patrimoniale, non v’è modo di attribuire alla stessa espressione un diverso significato in ambito contrattuale. Ciò vuol dire, in definitiva, che il danno non patrimoniale, sotto specie di danno-conseguenza, una volta che sia stato consumato l'inadempimento (ossia l'elemento strutturalmente corrispondente alla lesione del diritto/interesse protetto in ambito extracontrattuale) è sempre risarcibile (in presenza di nesso di causalità, prevedibilità, e sempre che il danno non avrebbe potuto essere evitato dal danneggiato): lo è perché (e se) esso costituisce una «perdita», per usare il vocabolo impiegato dall'art. 1223 c.c. e, come si è detto, proveniente recta via dal Code civil. Insomma, come è stato detto ormai venticinque anni fa, l’identificazione della perdita menzionata dalla norma con la perdita economica è solo il frutto di un'argomentazione che si tramanda e che è indicativa di una mentalità patrimonialistica ormai superata67. 5. Le pronunce ante sezioni Unite. Il tentativo di fornire un quadro anche soltanto tendenzialmente esaustivo delle pronunce in tema di risarcimento del danno non patrimoniale da inadempimento pronunciate negli ultimi anni sarebbe velleitario. Le indicazioni che seguono sono soltanto esemplificative, con la precisazione, ancora ribadita, che rimangono fuori dal campo di indagine i settori del lavoro e dei contratti di cura. Per aree, è il caso di accennare che diverse pronunce in tema concernono il contratto di locazione abitativa, il cui rilievo «non patrimoniale» è noto da epoca remotissima68, sulla scorta della giurisprudenza costituzionale che ha ricondotto il diritto all’abitazione tra quelli fondamentali. Si trova affermato che: «l’abitazione costituisce, per la sua fondamentale importanza nella vita dell’individuo, un bene primario il quale deve essere adeguatamente e concretamente tutelato dalla legge»69. E ribadito che il «diritto all’abitazione rientra […] fra i requisiti essenziali caratterizzanti la socialità cui si conforma lo Stato democratico»70. Nel corpo della medesima motivazione, viene sottolineata la necessità di «contribuire a che 67 Bonilini, op. cit., 232. Pret. Roma 3 dicembre 1973, Foro it., 1974, I, 905; Pret. Bari 13 gennaio 1973, Foro it., 1973, I, 277. 69 Corte cost. 28.7.1983, n. 252. 70 Corte cost. 25.2.1988, n. 217. 68 la vita di ogni persona rifletta ogni giorno e sotto ogni aspetto l’immagine universale della dignità umana». Il diritto all’abitazione si presenta, in definitiva, quale «diritto sociale» collocabile «fra i diritti inviolabili dell’uomo di cui all’art. 2 della Costituzione»71. Ed è bene sottolineare che il riconoscimento del diritto all’abitazione da parte del giudice delle leggi non è circoscritto agli anni ‘80: anche più di recente si è ribadito l’«interesse primario della persona alla abitazione»72; si è ripetuto che è «doveroso da parte della collettività intera impedire che delle persone possano rimanere prive di abitazione»73; si sono posti sullo stesso piano il lavoro e l’abitazione, richiedendosi in entrambi i casi, «nella contrattazione, una equilibrata protezione di interessi costituzionalmente rilevanti, che toccano la condizione della persona: il lavoro, nei contratti agrari; l’abitazione, nelle locazioni di immobili urbani»74. È stato così classificato come danno non patrimoniale (esistenziale) il vivere in un appartamento troppo freddo75. E può subito aggiungersi che il rilievo del diritto all’abitazione si riflette anche sul risarcimento del danno da inadempimento di altri contratti, quali, in particolare quello di appalto per lavori di costruzione o ristrutturazione della casa dell’appaltante. È difatti del tutto ovvio che il contratto di appalto avente ad oggetto la costruzione o ristrutturazione di un’abitazione (sempre che l’appaltatore sia consapevole della destinazione dell’immobile), riguardato attraverso la lente della «causa concreta», sia diretto a soddisfare un interesse del creditore anche non patrimoniale76. Nel che può ravvisarsi un'evidente parallelismo tra il dato risultante dalla giurisprudenza di common law in precedenza richiamata e quella qui citata in nota. Molti i riscontri in tema di contratto di trasporto, senza considerare, anche qui le sentenze, ovviamente innumerevoli, che risarciscono danni alla salute. Tra le altre merita segnalazione la decisione secondo cui risarcisce il danno non patrimoniale (morale ed esistenziale) la società di handling aeroportuale che abbia subito la trafugazione di urne contenenti le ceneri dei congiunti del proprio cliente77. Si è visto, in precedenza, che simili fattispecie aventi a che fare, per così dire, con i servizi funerari sono egualmente risarcite nel Regno Unito, in Francia, in Spagna, negli Stati Uniti. 71 Corte cost. 7.4.1988, n. 404. Corte cost. 14.12.2001, n. 410. 73 Corte cost. 21 .11.2000, n. 520. 74 Corte cost. 25.7.1996, n. 309. 75 Trib. Milano 14 settembre 2006, n. 10143, Giustizia a Milano, 2006, 9, 60. 76 Si vedano sul tema Trib. Ivrea 22 giugno 2004, Giur. merito, 2005, 845; D&G, 2004, 46, 84; Trib. Milano 25 marzo 2008, n. 3895, Giustizia a Milano, 2008, 3, 18; tra le sentenze non pubblicate leggibili nel file allegato si segnala inoltre Trib. Roma 16 ottobre 2001, n. 33790, est. Lazzaro, che potremmo classificare sotto la voce «danno da operai». 77 Trib. Busto Arsizio 31 gennaio 2005, Resp. civ. e prev., 2007, 1431; Il Merito-Il Sole24Ore, 2005, 9, 9. 72 Va allo stesso modo segnalata la pronuncia secondo cui, in tema di inadempimento contrattuale, costituisce danno mediato e come tale risarcibile, in quanto effetto normale dell'inadempienza secondo il criterio della regolarità causale, la lesione della immagine artistica, come tale ascrivibile alla categoria del danno esistenziale. Ciò in un caso in cui, durante un trasporto di merci, un artista il furto di alcune sue sculture. Il giudice ha risarcito non soltanto il danno patrimoniale commisurato al valore delle opere, ma anche la perdita esistenziale prodotta dalla sopravvenuta impossibilità, per lo scultore, di documentare una parte del suo percorso artistico, di cui le opere erano testimonianza78. Naturalmente, in tema di ritardi aerei e ferroviari, di perdita di bagagli ed altre simili fattispecie sono numerosissime le sentenze, soprattutto dei giudici di pace79. In linea generale può dirsi che — pur non mancando pronunce stravaganti — l’atteggiamento dei giudici di pace, così come dei tribunali chiamati a giudicare di analoghe vicende, si può riassumere nel riconoscere un risarcimento, con le più diverse motivazioni, non sempre del tutto persuasive, dinanzi a ritardi gravi oppure a condotte arroganti del vettore, e di respingere invece la domanda dinanzi ad eventi modesti. Ed in ciò, non sembra che «la giurisprudenza di prossimità», come è definita dalle Sezioni Unite, sia così lontana dall’indirizzo segnato dalla Corte di Giustizia80, alla quale si è già accennato. Secondo tale pronuncia, come si è visto, «Il negato imbarco, la cancellazione del volo o i ritardi prolungati sono causa di gravi disagi e fastidi per i passeggeri». Il che vuole in altre parole dire — sarà incidentalmente consentito osservare — che, per la Corte di giustizia, disagi e fastidi rientrano nell’ambito del giuridicamente rilevante, mentre, secondo le Sezioni Unite sono «palesemente non meritevoli dalla tutela risarcitoria… i pregiudizi consistenti in disagi, fastidi, disappunti, ansie ed in ogni altro tipo di insoddisfazione concernente gli aspetti più disparati della vita quotidiana»81. 78 Trib. Venezia 7 aprile 2003, Danno e resp., 2004, 79. Solo esemplificativamente Giudice di pace Ancona 16 maggio 2007, Dir. e lav. Marche, 2008, 1-2, 100; Giudice di pace Roma 29 settembre 2006, Dir. trasporti, 2007, 3, 909; Giudice di pace Milano 18 dicembre 2000, Giur. it., 2001, 1159; Giudice di pace Massa 17 novembre 2003, Dir. trasporti, 2004, 1000; Giudice di pace Bassano Grappa 17 dicembre 2004, Dir. trasporti, 2005, 1108; Giudice di pace Palermo 10 novembre 2006, Giudice di pace, 2007, 255 80 Corte di Giustizia CE 22 dicembre 2008, n. 549, Guida dir., 2009, 111. Si è inoltre ricordato, in precedenza, il severo atteggiamento sul tema della Cour d’Appel de Paris. 81 Tra i pochi che, commentando le sentenze delle Sezioni Unite, riescono per l’arguzia a strappare un sorriso, c’è Monateri: «In un caso analogo di violazione dell'art. 8, ritardo dei servizi sociali nell'assegnazione di una casa adeguata ad un disabile, affrontato dall'arcigna Queens Bench Division della High Court Mr. Justice Sullivan ha affermato con riferimento alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, e con riferimento al Report che l’ancor più arcigno Lord Woolf, Master of the Rolls, in questi casi (n. 44) le categorie di danno (categories of loss) che devono venir risarcite includono: "distress, frustration, inconvenience, humiliation and anxiety". È, allora, bello notare quanto hanno affermato i giudici delle nostre Sezioni, nel cui sito Internet figura alla home page un link diretto alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo: "Palesemente non meritevoli della tutela risarcitoria, invocata a titolo di danno esistenziale, sono i pregiudizi consistenti in disagi, fastidi, disappunti, ansie ed in ogni tipo di insoddisfazione...". Wonderfull! Nel diritto comparato è raro che si possano trovare due proposizioni identiche ma di segno assolutamente contrario come queste. Il giudice inglese, e il Master of the Rolls (!), ritengono palese che in tali casi si debbano risarcire quei danni che le Sezioni Unite ritengono palesemente non meritevoli della tutela risarcitoria (!). Il lettore capirà agevolmente che potrei dilungarmi ad libitum sul punto e far sfoggio d'ironia, se ne fossi per avventura capace. Mi limiterò invece a suggerire agli incaricati che curano il sito della Cassazione di cancellare il link da loro inserito alla giurisprudenza di Strasburgo» (Monateri, Il pregiudizio esistenziale come voce del danno non patrimoniale, in Il danno non patrimoniale. 79 In tema di mandato si trova stabilito che non può essere risarcito il danno morale ed esistenziale riveniente dall'indebita gestione del patrimonio altrui, in quanto tale comportamento incide sui diritti patrimoniali e non su posizioni inviolabili e non costituisce di per sé reato82. All'ambito della somministrazione possono ricondursi molte sentenze, sia di tribunali83 che di giudici di pace (queste ultime troppo numerose perché ne sia dato un resoconto seriamente rappresentativo84), in tema di inadempimento dei contratti di utenza elettrica e telefonica. Nel complesso l'impressione che se ne ricava è che, in presenza di un'indubbia maggiore propensione risarcitoria dei giudici di pace rispetto ai tribunali85, gli uni e gli altri impieghino concetti generali (risarcibilità o meno del danno esistenziale, tutelabilità o meno dei diritti non presidiati dalla Costituzione) per dare soluzioni, nella sostanza, motivate dal merito delle singole vicende, in dipendenza della maggiore o minore gravità di esse. Guida commentata alle decisioni delle S.U., 11 novembre 2008, nn. 26.972/3/4/5, Giuffrè, Milano, 2009, 254). Per pura curiosità si può ricordare che il Master of the Rolls, in quel periodo, era Harry Kenneth Woolf, poi Lord Chief Justice of England and Wales dal 2000 al 2005. Il Constitutional Reform Act del 2005 ha fatto di lui il primo President of the Courts of England and Wales. Volendo continuare ad ironizzare si potrebbe contrapporre all'affermazione delle Sezioni Unite in tema di «disagi, fastidi, disappunti, ansie», la definizione in precedenza rammentata di danno non patrimoniale da breach of contract come «the disappointment, the distress, the upset and frustration caused by the breach». Ed ancora si potrebbe raffrontare il punto di vista inglese concernente i contratti diretti a procurare peace of mind e quello delle Sezioni Unite riguardo ai «diritti del tutto immaginari, come il diritto alla qualità della vita, allo stato di benessere, alla serenità». Alla risarcibilità di disagi e fastidi fa riferimento Trib. Milano 12 gennaio 2009, n. 284, Lex24, che, in ipotesi di scollegamento delle reti di telefonia fissa ad opera di diverso gestore in assenza di consenso del cliente e di specifico nuovo contratto telefonico, ha appunto riconosciuto: «che il disagio ed i fastidi che il cliente utilizzatore, nella fattispecie libero professionista, incontra per l'illegittimo scollegamento delle reti di telefonia fissa gli abbiano causato difficoltà che - se non riconducigli ai tipi di danno morale né del danno esistenziale né tantomeno di quello biologico - sono da classificare, secondo la bipartizione fondamentale posta dalle note sentenze della Corte di Cassazione nn 8827 ed 8828 del 2003, quale poi riconfermata dalla sentenza n. 26972 dell'11/11/2008 delle Sezioni Unite Civili del supremo Collegio, come un danno patrimoniale non biologico, in particolare derivante da una situazione ingiusta produttiva di forte stress, cagionata da un fatto lesivo dell'esercizio di una professione liberale per cui è previsto un esame di abilitazione di stato e che quindi trova tutela a livello della normativa costituzionale nell'art. n. 1 della Costituzione, il quale garantisce la libertà di iniziativa economica, e che deve ritenersi conforme a giustizia quantificare e liquidare col ricorso al criterio equitativo». 82 Trib. La Spezia 7 giugno 2006, Foro padano, 2007, 1, 150. 83 Trib. Nocera Inferiore 10 gennaio 2008, Guida al diritto, 2008, 11, 37; Trib. Napoli 16 aprile 2007, Corriere del merito, 2007, 1003; Trib. Genova 24 novembre 2006, Corriere del merito, 2007, 440 84 Ex permutis Giudice di pace Verona 16 marzo 2000, Giur. it., 2001, 1159; Giudice di pace Roma 11 luglio 2003, Danno e resp., 2004, 85; Dir. Famiglia, 2004, 106. 85 Ma non è sempre così. Si può ricordare la pronuncia secondo cui: «L’invio sistematico di messaggi pubblicitari via Sms da parte di un gestore di telefonia mobile costituisce illegittimo trattamento di dati personali ed integra una condotta aquiliana, sanzionata ai sensi degli artt. 2043 e 2050 c.p.c., dalla quale nasce l’obbligazione risarcitoria del danno non patrimoniale determinato dalla lesione della privacy del destinatario, danno suscettibile di essere liquidato equitativamente in € 1.000,00 per ciascun Sms inviato» (Trib. Latina, sez. dist. Terracina, 19 giugno 2006, n. 252, Dir. informatica, 2007, 793). Si trattava nella specie di 9 SMS, con conseguente risarcimento di euro 9000,00, ossia, secondo Di Marzio, Sonante risarcimento (o sanzione?) per lo spamming telefonico: novemila euro per nove Sms, dottrinaediritto.ipsoa.it, «qualcosa come la paga annuale di una colf o di un co.co.pro. a tariffa sindacale». Nel settore del contratto di prestazione d'opera si rinvengono due pronunce entrambe in tema di inadempimento posto in essere dall'incaricato della videoregistrazione della cerimonia nuziale86: sentenze perfettamente conformi al precedente proveniente dal Regno Unito citato al § 2.. Quanto ai contratti bancari, merita attenzione la pronuncia secondo cui l'alterazione della consuetudine concernente le modalità di pagamento e la generale prassi contrattuale di un imprenditore, causata da una banca che opera una restrizione al suo cliente senza giustificato motivo, integra gli estremi del danno esistenziale inficiante le molteplici relazioni economiche dell'imprenditore stesso e, in quanto tale, va risarcito secondo equità87. Restando al tema, sono numerose le pronunce concernenti la illegittima levata di protesto88 Molteplici responsi — è superfluo dire — sono stati pronunciati con riguardo alla fattispecie della vacanza rovinata89. Anche in questo caso, non essendo possibile un resoconto esaustivo, basterà rammentare che la risarcibilità del danno non patrimoniale da vacanza rovinata trova il suo punto fermo nella giurisprudenza della Corte di Giustizia già citata90. Il che rende arduo denegare, in astratto, tale risarcimento, come imporrebbe fare un'applicazione letterale delle sentenze delle Sezioni Unite91. Si rinviene ancora un’ipotesi di risarcimento del danno non patrimoniale da inadempimento determinatosi nel corso di una vacanza di studio92. All'ambito del risarcimento del danno non patrimoniale inquadrabile nella responsabilità per inadempimento deve ricondursi il caso dell'inadempimento di obblighi economici familiari. Prestando attenzione alla sola giurisprudenza di merito, si dà il caso della riottosa resistenza di un genitore al 86 Pret. Salerno-Eboli 17 febbraio 1997, Giust. civ., 1998, I, 2037; Dir e giur., 1996, 738; Trib. Roma 13 giugno 2008, n. 12748. Questa sentenza si segnala per l'ampia motivazione con cui, nell'imminenza della pronuncia delle Sezioni Unite, prende espressamente posizione sul tema della risarcibilità del danno non patrimoniale da inadempimento, che ammette col limite non già della rilevanza costituzionale dell’interesse dedotto in contratto, ma della prevedibilità del danno. 87 Trib. Trieste 13 aprile 2007, Resp. civ. e prev., 2007, 2144. 88 Trib. Milano 8 giugno 2000, Resp. civ. e prev., 2000, 923; Trib. Modena 29 marzo 2007, Il civilista, 2009,5, 106. Vi è, in effetti, sul tema, un ampio confronto giurisprudenziale, giacché il danno da illegittima levata di protesto è fatto ricadere a volte nell'area del danno patrimoniale ed a volte in quella del danno non patrimoniale (sul tema, nel primo senso, si vedano Cass. 20 marzo 2008, n. 7495; Cass. 30 agosto 2007, n. 18316; Cass. 18 aprile 2007, n. 9233; Cass. 28 giugno 2006, n. 14977; Cass. 5 novembre 1998, n. 11103; ma v. invece nel senso opposto, per tutte, Cass. 3 aprile 2001, n. 4881). 89 A titolo, si ripete, solo esemplificativo v. Trib. Milano 18 ottobre 2007, Danno e resp., 2009, 183; Trib. Bologna 7 giugno 2007, Resp. civ. e prev., 2008, 6, 1401; Trib. Marsala 14 aprile 2007 [altrove pubblicata con data 5 aprile], Dir. trasporti, 2008, 1, 219; Foro it., 2007, 9, 2606; Giudice di pace Roma 12 dicembre 2007, Dir. trasporti,2008, 2, 574; Giudice di pace Siracusa 26 marzo 1999, Giust. civ., 2000, I, 1205. 90 Corte di Giustizia CE 12 marzo 2002, n. C-168/00, Danno e resp., 2002, 1097. 91 V., retro, al § 4., l'opinione di Amato. 92 Trib. Roma 7 marzo 2003, n. 7830, est. Serrao. riconoscimento del figlio93, con conseguente ingente risarcimento. In tema di inadempimento prolungato dell’obbligo di mantenimento va rammentato il caso della violazione di esso protrattasi per oltre settanta mesi, alla quale è seguita condanna al risarcimento del solo danno morale94. Ed ancora, il mancato versamento dell'assegno periodico di mantenimento della figlia minore posto a carico del padre da una sentenza di divorzio emessa da tribunale straniero è stato giudicato generatore di danno non patrimoniale in pregiudizio del coniuge affidatario95. Secondo un altro tribunale è risarcibile il danno esistenziale conseguente alla violazione degli obblighi genitoriali, quando la condotta del genitore inadempiente abbia comportato dei pregiudizi alla piena realizzazione della personalità del figlio, i cui diritti trovano pieno riconoscimento nell'art. 30 Cost., anche a prescindere dalla circostanza che la condotta lesiva integri o meno la fattispecie di cui all'art. 570 c.p.96. 6. Le pronunce post Sezioni Unite. Tra le decisioni di legittimità si rinviene una sola pronuncia — lasciando da parte le sentenze, in genere correttamente motivate, di ambito lavoristico o attinenti al settore dei contratti sanitari — in tema di danno non patrimoniale da inadempimento: — la pronuncia secondo cui, in tema di risarcimento del danno dovuto all’interruzione della fornitura di energia elettrica, non è ipotizzabile un danno alle relazioni sociali quale conseguenza della revoca degli inviti per una festa che prevedeva oltre cento ospiti; il disagio e il dispiacere per la mancata serata in compagnia, aggiunge la sentenza, non costituirebbero danno non patrimoniale o esistenziale giuridicamente rilevante, ma otterrebbero alla sfera pregiuridica dei rapporti di rilievo meramente sociale97; l'affermazione è stata resa in un caso in cui il blackout elettrico che aveva impedito lo svolgimento di una festa da tempo preparata (per l’appunto con oltre 100 invitati) ed aveva comportato la putrefazione dei cibi preparati per l'evento, la quale aveva per di più reso inabitabile l'immobile per diverso tempo. Tra le decisioni di tribunale si possono ricordare: — il diniego della domanda di risarcimento del danno non patrimoniale proposta dalla proprietaria di un’area edificabile nei confronti dell’architetto incaricato del progetto e della successiva esecuzione, in quanto responsabile di grave inadempimento (mancato ottenimento delle necessarie autorizzazioni 93 App. Bologna 10 febbraio 2004, www.personaedanno.it. Trib. Bassano del Grappa 9 dicembre 2004, www.personaedanno.it. 95 Trib. Rovereto 19 dicembre 2002, in Foro it., 2003, II, 384; Dir. fam. pers., 2003, 99; Giur mer., 2002, 1362. 96 Trib. Cagliari 25 agosto 2006, n. 2247, Riv. giur. Sarda, 2008, 1, 11. 97 Cass. 12 dicembre 2008, n. 29211, pres. Di Nanni, est. Lanzillo. 94 amministrative), con conseguente impossibilità per la committente — dice la stessa sentenza — di abitare la «casa dei propri sogni»98; secondo il tribunale: «Il diritto a realizzare il “sogno della propria vita”, consista esso nell’acquisto di una casa, o di un’autovettura, o di una vacanza, non è seriamente qualificabile come diritto di rilevanza costituzionale»; la pronuncia accerta tra l'altro che l'inadempimento contrattuale ha cagionato alla committente un danno biologico, sotto forma di depressione reattiva, ma non risarcisce neppure quello, sulla considerazione che, avuto riguardo alla causa concreta del contratto, esso, pur avendo avuto ad oggetto l'edificazione dell'abitazione della donna, non sarebbe stato diretto a soddisfare alcun interesse di rilievo non patrimoniale: «Ma nel caso di specie non può sostenersi che chi affidi ad un professionista il compito di progettare la propria abitazione, lo investa della tutela di interessi non patrimoniali da proteggere ed assicurare, quali quello a vedere realizzata la “casa dei propri sogni”, o altro»; quanto al danno morale soggettivo, il giudice ne nega la risarcibilità sulla considerazione che la condotta dell'architetto non avrebbe costituito reato; — il risarcimento del danno non patrimoniale (euro 4.000,00) da vacanza rovinata; l’accurata pronuncia99 prende espressamente posizione sul rilievo delle sentenze delle Sezioni Unite, alle quali si mostra formalmente ossequiosa, disattendendone però lo spirito, giacché fa rientrare il danno da vacanza rovinata nella lesione dei diritti fondamentali riconducibili all'art. 2 Cost.; questo il passaggio decisivo: «Quanto al danno non patrimoniale, va richiamata l'attuale giurisprudenza della Suprema Corte (Cfr. Cass. n. 8827/2003, Cass. 8828/2003, Cass. SU. 11.11.2008 n. 26972, cit.) che ha attuato un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c., come fonte e delimitazione del contenuto del danno non patrimoniale che viene definito unitariamente come danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona, senza che possa essere suddiviso in diverse poste risarcitorie che hanno solo valore descrittivo ed al cui interno trova allocazione anche il danno da lesione del diritto inviolabile della salute (articolo 32 Cost). L'ambito di risarcibilità del danno non patrimoniale non si identifica, quindi nei soli casi determinati dalla legge (articolo 185 cpc, articolo 2 l n. 117/98; articolo 44 comma 7 d.lgs. 286/98, articolo 2 l n. 89/2001), ma ricomprende anche ogni lesione di diritti inviolabili della persona costituzionalmente riconosciuti (a titolo esemplificativo, lesione del diritto alla salute, danno da perdita o compromissione del rapporto parentale nel caso di morte o di procurata grave invalidità del congiunto per lesione dei diritti inviolabili della famiglia ex articoli 2, 29 e 30 Cost; danno conseguente alla violazione del diritto alla reputazione, all'immagine, al nome, alla riservatezza, diritti inviolabili della persona incisa nella sua dignità preservata dagli articoli. 2 e 3 Cost). L'interpretazione costituzionalmente orientata dell'articolo 2059 c.c. consente, quindi, di affermare che anche nella materia della responsabilità contrattuale e dato il risarcimento dei danni non patrimoniali. Dal principio del necessario riconoscimento, per i diritti inviolabili della persona, 98 Trib. Trieste 8 gennaio 2009, est. Picciotto. L'affermazione che la pattuizione avente ad oggetto l'edificazione della propria abitazione non sarebbe diretta a soddisfare interessi anche non patrimoniali, avuto riguardo alla nozione di causa concreta, appare francamente contro l'evidenza. 99 Trib. Salerno 13 gennaio 2009, n. 2333, est. Di Stasi. della tutela minima costituita dal risarcimento, consegue che la lesione dei diritti inviolabile della persona che abbia determinato un danno non patrimoniale comporta l'obbligo di risarcire tale danno, quale che sia la fonte della responsabilità, contrattuale o extracontrattuale (Cfr. Cass. SU. 11.11.2008 n. 26972. cit). In definitiva, una lettura costituzionalmente orientata delle norme dettate nell'ambito della responsabilità contrattuale, comporta che: l'articolo 1218 cc, nella pane in cui dispone che il debitore che non esegue la prestazione dovuta e tenuto al risarcimento del danno, va riferito sia al danno patrimoniale che al danno non patrimoniale, qualora l'inadempimento abbia determinato la lesione di diritti inviolabili della persona (Cfr. Cass. S.U. 11 11.2008 n. 26972 cit.). La copertura normativa del danno non patrimoniale subito dagli attori va rinvenuta nell'art. 2 della Costituzione, in quanto trattasi di danno arrecato in violazione del diritto costituzionalmente garantito ad esplicare la propria personalità anche in vacanza, intesa quale luogo privilegiato di ricreazione e rigenerazione della persona, oltre che di manifestazione delle sue attività realizzatrici, specie se connesse ad un'esperienza cosi emotivamente significativa nel percorso di vita di una persona come il viaggio di nozze»; dopo di che, tuttavia, la stessa decisione afferma risarcibilità del danno da vacanza rovinata anche in base alla disciplina del Codice del consumo (artt. 82-100 d.lgs. 6 settembre 2005 n. 206) soluzione, questa, con tutta probabilità ineludibile, come si è accennato, in dipendenza della giurisprudenza della Corte di Giustizia che sia in precedenza citata100; — la pronuncia di condanna al risarcimento del danno cagionato dal comportamento della banca, dovuto a grossolano errore dei suoi funzionari, da cui discende la sottoposizione del correntista a due procedimenti penali, condotta che lede un interesse di rilievo costituzionale, qual è il diritto alla propria onorabilità (artt. 2 e 3 Cost.) ed il diritto alla salute (art. 32 Cost.)101; — la pronuncia di condanna al risarcimento del danno non patrimoniale/esistenziale (euro 10.000,00) per lesione dell’onore e della reputazione a causa dell'illegittima levata di protesto da parte di Poste Italiane Spa, presso cui il protestato era correntista. Osserva il giudice che l'illegittima levata di protesto, offrendo pubblicità ad un’inesistente insolvenza, integra gli estremi del discredito personale e professionale, ledendo così un diritto fondamentale della persona; il giudice, in particolare, ritiene che le sentenze delle Sezioni Unite, pur non consentendo la configurazione di dell'autonoma categoria del danno esistenziale, non impedisce affatto il suo risarcimento: «Da siffatti principi discende automatico il riconoscimento del danno esistenziale, per la liquidazione del quale devesi far ricorso al criterio equitativo»102; 100 Corte di Giustizia CE 12 marzo 2002, n. C-168/00, Danno e resp., 2002, 1097. Trib. Bari 20 gennaio 2009, est. Lenoci. Si sono citati, in precedenza, due pronunce del Tribunal Supremo sostanzialmente dello stesso segno. E si è visto che già prima delle Sezioni Unite non mancavano pronuncia risarcitorie del danno non patrimoniale provocato dall'inadempimento della banca. 102 Trib. Lecce, sez. dist. Maglie, 11 febbraio 2009, est. Rizzo. Si segnala che la pronuncia è pubblicata in un sintesi non affidabile (sul n. 6 di Danno e responsabilità, 686), dato l’evidente contrasto tra la massima ed il riassunto della 101 — la pronuncia di condanna di Telecom a risarcire il danno (euro 5.500) patito di un uomo di novant’anni il quale, avendo cambiato abitazione, e avendo richiesto alla Telecom il trasloco della linea del telefono al nuovo indirizzo, aveva dovuto, a causa della colpevole inerzia ella società, sopportare ben otto mesi di linee del telefono mute (l’anziano viveva da solo), posto che la società telefonica per tutto quel tempo non aveva dato seguito alla richiesta, nonostante i solleciti103; la pronuncia, indubbiamente pregevole, riveste particolare rilievo perché si discosta consapevolmente dall’insegnamento delle Sezioni Unite: «L’attore,quindi, ha titolo ad ottenere la liquidazione del danno non patrimoniale. Nell’attuale sistema binario del danno, conseguente alla lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c. … risultano risarcibili sia danni patrimoniali sia danni non patrimoniali (morale soggettivo, biologico, esistenziale) (Cass. Sez. U. 24/3/2006, n. 6572). Quanto al danno esistenziale, sulla base degli assetti precedentemente consolidati, il “diritto al fare areddituale” o “alle attività realizzatrici della persona” consiste - come proposto da pregevole dottrina - nell’alterazione peggiorativa della quotidianità della persona - id est:dell’agenda quotidiana della vittima -, che può manifestarsi sia nell’impossibilità di svolgere una pregressa attività abituale sia nella necessità di svolgere una nuova attività aggiuntiva. Così, a titolo esemplificativo, può ritenersi il danno esistenziale costituito dalla somma di impedimenti subiti in relazione al libero svolgimento delle attività che contribuiscono alla realizzazione individuale: limitazioni all’agenda quotidiana o alla normale qualità della vita ovvero il cambiamento delle proprie abitudini di vita, dei propri usi di vita sociale, delle proprie scelte individuali o sociali, della libera estrinsecazione della personalità: Cass. 04.10.2005, n. 19354». Più avanti: «Invero, il danno esistenziale, come delineato sopra sulla base di approdi qualificati e reiterati della giurisprudenza di legittimità, è stato da questa ancorato all’art. 2 Cost., disposizione da sola idonea a consentire l’apertura ai nuovi diritti. Pertanto, non vi sono ragioni dogmatiche per non continuare a non liquidare il danno esistenziale. Peraltro, nel caso concreto, è stato cagionato un danno esistenziale, anche da lesione di diritti costituzionalmente qualificati104, sulla base della nuova denominazione conseguente alla sentenza delle Sezioni Unite 11/11/2008, n. 26972. Invero, la privazione del servizio telefonico per circa un anno menoma il diritto dell’utente alla libertà di comunicazione di cui all’art. 15 Cost. e di manifestazione del pensiero di cui all’art. 21 Cost. Inoltre, una situazione di volontaria inerzia per oltre otto mesi, ad onta dell’obbligo di assolvere alla richiesta entro il numero limitato di giorni previsto dalla carta dei servizi, integra indubbiamente il delitto di cui all’art. 340 C.P., che si consuma anche se sia interrotta una singola funzione o prestazione …. Dunque, ben possono essere risarciti anche interessi motivazione, dove è invece detto che la pronuncia avrebbe negato il risarcimento del danno esistenziale e, aderendo all'indirizzo delle Sezioni Unite secondo cui il danno non patrimoniale deve essere sempre allegato approvato, avrebbe ciò nondimeno nella specie ritenuto il danno in re ipsa. 103 Trib. Montepulciano 20 febbraio 2009, n. 74, est. Maccarone. 104 Questo passaggio della sentenza è particolarmente illuminante. Il giudice ha detto in precedenza come la pensa, ma, all'evidente scopo di «rinforzare» la propria decisione, per il fine di renderla più resistente ad un eventuale gravame, non manca di rinvenire un'ampia copertura costituzionale al danno non patrimoniale da distacco del servizio telefonico. Il che rende manifesta l'assoluta inettitudine della Costituzione a fungere da filtro (si badi bene: anche dal versante extracontrattuale) utile a limitare l'ambito della risarcibilità. non previsti da specifiche disposizioni costituzionali, la cui violazione comunque è ricorrente nella fattispecie in esame»; il giudice, anche in questo caso, dopo aver detto con chiarezza come la pensa, non dimentica di rafforzare la sentenza sotto l'aspetto della sua resistenza in sede di gravame e, dunque, rinviene agevolmente una copertura costituzionale al danno risarcito: «Invero, la privazione del servizio telefonico per circa un anno menoma il diritto dell’utente alla libertà di comunicazione di cui all’art. 15 Cost. e di manifestazione del pensiero di cui all’art. 21 Cost.»; — il risarcimento del danno non patrimoniale da vacanza rovinata (euro 1.000) subito da un uomo che , dopo aver acquistato con la moglie un viaggio nella Repubblica Dominicana, durante una gita in mare su una piccola imbarcazione a motore, anziché, come contrattualmente previsto, a bordo di un catamarano, era stato sbalzato a causa del mare agitato fuori dal sedile e, cadendo, si era procurato lesioni che lo avevano costretto a rimanere immobilizzato per il resto della vacanza: «Nel caso di specie è certamente risarcibile in astratto il danno da vacanza rovinata, nella sua dimensione sostanziantesi nelle negative ripercussioni per l’inadempimento dell’operatore turistico sul godimento del pacchetto acquistato dal consumatore»;105 in questo caso il giudice ha ritenuto risarcibile il danno ai sensi dell'art. 95 Codice del consumo, senza necessità di ricercare ulteriore conforto costituzionale; — il risarcimento del danno esistenziale (euro 1.500,00 per ciascuno degli attori) ravvisato nell’impossibilità di sostenere l’esame di maturità e, in particolare, nel vulnus al percorso di studi intrapreso, con la prospettiva di dover compiere ulteriori sforzi per la relativa preparazione, in favore di due studenti che si erano rivolti a una società al fine di accedere ad un Istituto scolastico presso il quale sostenere tale esame, e , dopo aver effettuato l’iscrizione presso la scuola, non avevano potuto sottoporsi ad esso la causa del mancato riconoscimento all’Istituto, da parte del Ministero, della la c.d. parità scolastica, per carenza dei necessari requisiti106; anche in questo caso la pronuncia (approfondita e redatta, tra l'altro, con la collaborazione di un magistrato in tirocinio) ritiene che il diritto leso sia dotato di copertura costituzionale; la decisione, inoltre, si prende cura di soffermarsi sulla risarcibilità del lamentato danno sotto il profilo della prevedibilità di cui all'art. 1225 c.c., osservando correttamente che «il danno da essi subìto ben poteva prevedersi nel tempo in cui sorse l’obbligazione»; — il rigetto della domanda di risarcimento del danno esistenziale asseritamente determinato dall'interruzione del servizio telefonico per mancanza di allegazione di una trasformazione peggiorativa della qualità della vita del soggetto; nella stessa pronuncia il giudice ha posto l'accento sul rilievo che, ove pure una simile alterazione peggiorativa vi fosse stata, essa non sarebbe stata risarcibile ai sensi del 105 106 Trib. Saluzzo 25 febbraio 2009, est. Franconiero. Trib. Genova 4 maggio 2009, est. Scarzella. secondo comma dell'art. 1227 c.c., dal momento che al distacco del telefono può agevolmente ovviarsi acquistando un cellulare per poche decine di euro107. Tra le decisioni dei giudici di pace si possono ricordare: — il risarcimento del danno non patrimoniale (euro 1.500,00) da vacanza rovinata, con questa motivazione: «Il non aver potuto disporre di indumenti e degli effetti personali ha indubbiamente provocato disagi di non poco conto con conseguenze spiacevoli sulla buona riuscita della vacanza sotto il profilo del disagio fisico e morale. Se a tanto si aggiunge che la cabina offerta non corrispondeva a quella promessa unitamente ad altre sia pur piccole disattenzioni, si comprende bene come l'organizzatore sia venuto meno al suo obbligo di corretta ed attenta esecuzione del contratto»108; — il risarcimento del danno non patrimoniale (euro 1.000) ad un pendolare della linea PiacenzaMilano, in dipendenza del danno esistenziale subito per la condizione abitualmente pessima dei treni di quella tratta; della sentenza, che, per la consapevolezza dei termini del problema ed il realismo nella valutazione del caso, merita di essere letta per intero, si può citare tra gli altri questo passo: «Vivere ricorrenti situazioni del tipo di quelle denunciate dall’attore che angustiano gli utenti "pendolari" – viaggi in carrozze ferroviarie sovraffollate in condizioni igieniche inaccettabili, con ritardi abituali, a volte di considerevole entità, inutili attese per improvvise soppressioni di corse, ecc. – provoca grave stato di disagio, oltre che fisico, anche psicologico – nel parlare comune uno stress – che determina situazioni esistenziali al limite della sopportabilità, vissute come sopraffazioni del diritto di ognuno a non subire angherie nei confronti delle quali non è data difesa, vieppiù odiose se riconducibili alle modalità di conduzione di un pubblico servizio»109; — il risarcimento del danno non patrimoniale da vacanza rovinata (euro 2.184,00 di biologico ed euro 500,00 di esistenziale) per un’infezione da salmonella contratta da due bambine durante un viaggio in Grecia110; il giudice è consapevole delle pronunce delle Sezioni Unite e se ne discosta consapevolmente; — il risarcimento del danno non patrimoniale (euro 268,00) da vacanza rovinata, giacché l'inadempimento del tour operator aveva determinato «un disagio non prevedibile che si è protratto nei giorni successivi anche se mitigato dalla possibilità di accedere alla piscina ma aggravato dalle condizioni 107 Trib. Roma 12 maggio 2009, est. Thellung de Courtelary. Giudice di pace Bari 22 novembre 2008, n. 14548. 109 Giudice di pace Piacenza 30 dicembre 2008, n. 1395. 110 Giudice di pace Verona 2 gennaio 2009. 108 igieniche dei servizi alberghieri. Il detto disagio ha certamente influito sulla vacanza, determinando la decisione di tornare in Italia e sicuramente rovinando in parte la vacanza»111; — il risarcimento del danno non patrimoniale (euro 250,00) per il danno esistenziale derivato dalla mancata riparazione di un condizionatore d'aria112; non emerge dalla sentenza che il giudice fosse informato delle pronunce delle Sezioni Unite del novembre 2008; — la condanna di una compagnia telefonica a risarcire ad un professore universitario della locale università, nonché alla figlia dello stesso, il danno esistenziale, a causa della penalizzazione cagionata alla attività di docente presso l’ateneo «dalla lunga indisponibilità di uno strumento di comunicazione essenziale come è oggi il collegamento internet», causato ai due dalla disattivazione, e successiva mancata fornitura per circa otto mesi , del collegamento ADSL113; il risarcimento del danno non patrimoniale/esistenziale (euro 300,00) dipendente 114 dall’inadempimento del contratto di utenza telefonica , protrattosi per «svariate settimane»; — il risarcimento del danno non patrimoniale (euro 300,00) consistente in «disagio da perdita patrimoniale non quantificabile e stress» cagionato dall'inadempimento di un operatore di telefonia cellulare per avere in corso di rapporto (con condotta sanzionata dall'Autorità per la concorrenza ed il mercato) modificato unilateralmente le condizioni contrattuali115; Tra le decisioni dei giudici amministrativi (giacché la responsabilità risarcitoria dell'amministrazione per l'illegittimità di un atto amministrativo è anch'essa da ricondurre, più che all'area aquiliana, a quella dell'inadempimento di uno specifico obbligo di comportamento dettato dall'ordinamento) si possono ricordare: — la conferma da parte del Consiglio di Stato della pronuncia di condanna dell'amministrazione al risarcimento del danno non patrimoniale (euro 25.000,00) subito da un magistrato per essere stato illegittimamente «scavalcato» altro collega nella nomina, da parte del CSM, ad un incarico direttivo; la pronuncia rinviene anche in questo caso una copertura costituzionale al risarcimento riconosciuto e sottolinea l'indipendenza concettuale e disciplinare delle tre componenti del danno non patrimoniale: «Va premesso che il sereno svolgimento delle funzioni da parte dei magistrati ha un sicuro rilievo costituzionale, così come la loro aspirazione a conseguire gli incarichi direttivi, previsti dalla legge. L´art. 104 Cost., sulla 111 Giudice di pace Bari 13 gennaio 2009, n. 109. Giudice di pace Salerno 22 marzo 2009. 113 Giudice di pace Pisa 26 marzo 2009, n. 1182. 114 Giudice di pace Pisa 22 aprile 2009, n. 1494. 115 Giudice di pace Bari 27 aprile 2009, n. 3281. 112 indipendenza della magistratura, e l´art. 105 Cost., sulle funzioni del C.S.M., mirano a salvaguardare la magistratura nel suo complesso ed ogni suo singolo componente. Analoghi principi sono desumibili dalla Convenzione Europea dei diritti dell´uomo (rilevanti nell´ordinamento interno per l´art. 117 Cost. e l´art. 6 del Trattato di Maastricht), da cui emerge che le Amministrazioni devono dare pronta e integrale esecuzione alle decisioni irrevocabili di giustizia, emesse a tutela del magistrato … Pertanto, l´illecito commesso in violazione della posizione soggettiva del magistrato, inerente alle sue funzioni, comporta una ingiustizia costituzionalmente qualificata. Rilevano, conseguentemente, i principi individuati dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza 11 novembre 2008, n. 26972, per i quali l´art. 2059 del codice civile anche nell´ambito dei rapporti di lavoro - consente la risarcibilità dei pregiudizi di tipo esistenziale non solo quando l´illecito costituisca reato o comporti la violazione di un diritto inviolabile della persona, ma in ogni caso in cui sia ravvisabile la lesione di un bene costituzionalmente protetto. Di tali pregiudizi conosce il giudice amministrativo, nelle materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva (Sez. Un., 13 ottobre 2006, n. 22101), sicché - per la liquidazione del danno - si può tenere conto della incidenza dell´illecito sul sereno svolgimento delle funzioni da parte del magistrato e delle conseguenze di tipo esistenziale derivanti dal mancato conferimento di un incarico previsto dalla legge”. E in un altro passaggio: “Osserva al riguardo la Sezione che vanno respinte le deduzioni riguardanti il danno biologico, poiché non è stato né dedotto né provato che si sia verificata una lesione temporanea o permanente all'integrità psicofisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale. Quanto alle censure riguardanti la liquidazione ‘in misura esigua’ del danno morale e dei pregiudizi di tipo esistenziale, ritiene la Sezione che per la determinazione del quantum possa essere presa in decisiva considerazione anche l’attività amministrativa susseguente alla commissione dell’illecito, specie quando essa sia positivamente valutabile, in quanto qualificabile secundum ius. Per la liquidazione del danno secondo equità, rileva dunque anche la successiva emanazione della delibera dell’organo di autogoverno del 22 marzo 2007, favorevole all’interessato» 116; — la condanna al risarcimento del danno esistenziale (euro 25.000,00) in dipendenza del mancato pieno godimento di un immobile da parte della vittima, in un caso in cui la Pubblica Amministrazione aveva concesso con notevole ritardo una certificazione di abitabilità ed aveva revocato, in modo illegittimo, una concessione edilizia, ciò che aveva inciso negativamente sulle condizioni di esistenza e di abitazione del ricorrente117: «Si vuol dire, cioè, che la precarietà della situazione abitativa in cui l´interessato è stato costretto a vivere da fine dic. 1997, data della revoca della c.e., ad inizio luglio 2005 ha inciso e negativamente sulle condizioni di esistenza e di abitazione del ricorrente e quindi su valori costituzionalmente protetti. Si vuol fare qui riferimento al rispetto del proprio domicilio, art. 14 Cost., al 116 Cons. Stato. Sez. IV, 31 marzo 2009, n. 1899. Non può mancarsi di rammentare che l'atteggiamento della giustizia amministrativa in tema di risarcimento del danno non patrimoniale è oggi più importante che mai, a seguito della fondamentale pronuncia che ha disancorato dalla pregiudiziale amministrativa la domanda risarcitoria del privato nei confronti della pubblica amministrazione (Cass., Sez. Un., 24 dicembre 2008, n. 30254). 117 T.A.R. Puglia 13 maggio 2009. diritto ad una esistenza dignitosa di cui all´art. 2 Cost., al rispetto quindi della propria vita privata e del proprio domicilio pure affermato nell´art. 8 della Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell´uomo. Va poi aggiunto, e per concludere sul punto, che le stesse Sez. Un. della Cassazione, nelle decisioni 8827 ed 8828 del 2003 si sono espresse nel senso che il danno arrecato a valori costituzionalmente protetti è sempre risarcibile anche se viene ad incidere su aspetti non patrimoniale»; come si deve, dunque, il giudice trova un suggello costituzionale alla propria pronuncia. 7. Conclusioni. Le pronunce delle Sezioni Unite, nell’occuparsi del tema del risarcimento del danno non patrimoniale da inadempimento, legittimandone la risarcibilità, hanno avuto l’indubbio merito di porre il tema all'attenzione del dibattito. Il risarcimento del danno non patrimoniale da inadempimento, peraltro, era già riconosciuta dalla giurisprudenza di merito, non soltanto in caso di violazione di pattuizioni concernenti le aree del lavoro e della salute, che qui non sono state esaminate, ma anche in caso di inadempimento di contratti non aventi principalmente ad oggetto interessi non patrimoniali. Nel qual senso sono da tempo orientati, in assoluta prevalenza, tanto gli ordinamenti di common law, quanto quelli di civil law. Il contenimento della risarcibilità del danno non patrimoniale da inadempimento entro l'ambito della lesione di diritti fondamentali, affermato dalle Sezioni Unite, pare dunque contraddire il diritto vivente così come formatosi. Tale soluzione, inoltre, suscita sul piano dogmatico gravi perplessità, implicando l'esistenza di limiti mai ipotizzati all’autonomia contrattuale. Le reazioni della giurisprudenza di merito, nelle prime pronunce disponibili, appaiono diversificate. L'atteggiamento prevalente sembra di ossequio formale: i giudici, cioè, paiono pragmaticamente, se non apparentemente, sottostare all'indicazione delle Sezioni Unite volta a limitare l'ambito della risarcibilità alla sola lesione di diritti fondamentali, ma, nei fatti, riconoscono il risarcimento del danno in situazioni analoghe a quelle già in precedenza conosciute. In ciò essi mostrano di intendere la nozione di diritti fondamentali in senso assai dilatato, tale da comprendere casi come la vacanza rovinata o l'interruzione del servizio telefonico. In definitiva, pare trovare conferma l'osservazione secondo cui a comandare il risarcimento non sono tanto le impalcature concettuali, quando i danni, secondo la considerazione sociale del momento. La scelta delle Sezioni Unite di porre l'accento sulla natura dell'interesse leso, inoltre, sembra aver in qualche caso sviato l'attenzione dai reali limiti (e dunque dalla concreta gestione delle controversie in sede giudiziale) operanti in tema di risarcimento del danno non patrimoniale da inadempimento: nesso causale, prevedibilità, concorso del danneggiato.