Gabriele Vanin Cento meraviglie celesti Quando osservarle e con quali strumenti Gabriele Vanin Presidente emerito dell’Unione Astroili Italiani e presidente dell’Asso ciazione Rheticus. Ha pubblicato 450 articoli e 25 libri, alcuni dei quali tradotti in Francia, Germania, Canada e Stati Uniti. Ha tradotto e curato le opere di alcuni importanti astronomi stranieri. Si occupa soprattutto di comete e meteore, supernovae, storia dell’astronomia, divulgazione e didattica. La sua opera è sul sito Cento meraviglie celesti di strumenti (dal binocolo ino a telescopi da 60 cm di diametro) e 9788895650449 GRUPPO EDITORE Gabriele Vanin Cento meraviglie celesti Quando osservarle e con quali strumenti GRUPPO EDITORE Sommario 1. Astronomia per tutti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2. Informazioni generali sugli oggetti celesti . . . . . . . . . . . . 3. Al binocolo o al telescopio a grande campo . . . . . . . . . . . 4. Con telescopi della classe dei 20 cm. . . . . . . . . . . . . . . . . 5. Con telescopi della classe dei 40 cm. . . . . . . . . . . . . . . . . 6. Con telescopi della classe dei 60 cm. . . . . . . . . . . . . . . . . 7. L’osservazione del Sole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8. L’osservazione della Luna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 5 p. 13 p. 18 p. 28 p. 73 p. 90 p. 106 p. 112 Bibliograia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 172 In copertina Da in alto a sinistra, in senso orario: il cratere lunare Copernico, il sistema stellare multiplo del Trapezio in Orione, l’ammasso aperto NGC 7789 in Cassiopea, la Nebulosa Velo nel Cigno. Tutte le foto che illustrano questo volume sono di Gabriele Vanin. 3 Astronomia per tutti Osservare il cielo con occhi nuovi Molti astroili, come lo scrivente, si sono formati da adolescenti su libri di astronomia pratica e osservativa che decantavano in modo un po’ troppo esagerato le virtù estetiche degli oggetti celesti osservati al telescopio. Ammassi stellari, nebulose, galassie, stelle doppie venivano descritti come strutture meravigliosamente affascinanti e dettagliate, anche se osservati con strumenti di diametro ridicolo. La realtà è ben diversa. Innanzitutto, a parte la Luna, i pianeti e le stelle suficientemente luminose, l’osservazione astronomica è praticamente in bianco e nero. Infatti, per quanto fortemente ampliicata dalla lente o dallo specchio primario del telescopio, la luce in arrivo non è suficiente a superare la soglia di stimolazione dei coni, i recettori del colore che abbiamo nella retina dei nostri occhi. Inoltre, per cogliere davvero le delicate strutture e gli evanescenti dettagli degli oggetti celesti, occorrono strumenti con diametri veramente notevoli. Più di tutto però, occorre esercitarsi, allenare l’occhio a un tipo di osservazione del tutto diversa da quella che avviene di giorno, in condizioni di luce normale. Solo così possiamo scorgere alcuni aspetti degli oggetti astronomici verso cui puntiamo gli strumenti. E non tutti ci riescono, nemmeno dopo mesi o anni di assuefazione all’osservazione del “profondo cielo”. Tanto meno ci riescono le persone che soltanto occasionalmente avvicinano l’occhio al telescopio. Quindi la scelta che spesso si fa degli oggetti da osservare attraverso un telescopio e da mostrare ad amici, parenti e visitatori, non è sempre opportuna. Spesso anche i gestori delle osservazioni astronomiche pubbliche non si preoccupano delle aspettative dei principianti, non si rendono conto che l’inesperto si aspetta di vedere al telescopio gli stessi colori che si possono ammirare nelle fotograie di quegli oggetti riportate su libri e riviste o nei siti internet che consulta abitualmente. L’osservazione telescopica non può essere paragonata, per esempio, all’osservazione al microscopio, dove possiamo ammirare centinaia, migliaia di vetrini meravigliosamente colorati e stupendamente dettagliati, in condizioni ideali di illuminazione. 5 Inoltre è necessario adattare il tipo e la quantità di oggetti da osservare al tipo di cielo che abbiamo a disposizione. Nelle città, o comunque nelle pianure inquinate dalle luci, è inutile cercare di osservare più di Luna, pianeti, stelle colorate e multiple: altrimenti si resterà delusi e ci si farà un’idea negativa dell’astronomia. Più in generale, è bene tenere presente che la visione gloriosa di una debole galassia, posta ai limiti della percezione visiva, può essere un traguardo agognato per un esperto astroilo osservatore, ma è insigniicante per un principiante o un osservatore occasionale. Quindi occorre cercare di scegliere oggetti, certamente signiicativi sotto il proilo storico-astronomico ma che abbiano anche almeno una certa dose di spettacolarità o, quanto meno, di fascino discreto. È quello che ho cercato di fare anch’io, per scrivere questo manuale. Ovvero mi sono messo nei panni del principiante, del semplice curioso del cielo e mi sono risolto a osservare, con strumenti di vario tipo e dimensione, centinaia di corpi celesti di ogni tipo. Nelle pagine seguenti sono riportati i risultati di questa lunga indagine nei cieli, ma invito tutti gli amanti del cielo a intraprendere la stessa impresa, per produrre una propria lista di oggetti celesti, magari diversa da quella che qui è fornita e più aderente alle inclinazioni personali. Prima di osservare Per cercare di migliorare ulteriormente l’impatto emotivo di una serata al telescopio, per se stessi e per i propri amici, vi sono alcune cose che sarebbe bene fare prima di iniziare. Alcuni accorgimenti importanti renderanno il più possibile confortevole, eficace e interessante l’osservazione. La prima cosa da fare sarebbe quella di decidere se la serata va fatta, o meno. Se il piatto forte sarà costituito dall’osservazione planetaria o lunare, sarà meglio rimandarla nel caso in cui le previsioni del seeing (consultabili per esempio nel sito di Meteoblue riportato in Bibliograia) ci dicano che ci sarà una turbolenza elevata. Oppure se lo scopo è mostrare oggetti di profondo cielo con un grande telescopio, sarà meglio scegliere il primo giorno di sereno dopo il passaggio di un fronte freddo, in cui il cielo è più limpido, oppure optare decisamente per una serata invernale, anche se decisamente più rigida come clima. Se l’osservazione avviene all’aperto sarà bene preparare il tutto almeno un’ora prima per consentire al telescopio di andare in equi6 librio termico con l’ambiente. Se avete una struttura coperta sarà opportuno spalancare tutte le aperture dell’ediicio, la cupola o il tetto scorrevole e le porte, al tramonto, per uniformare la temperatura esterna e interna e ridurre gli effetti della turbolenza interna all’osservatorio. Infatti durante il giorno la differenza di temperatura fra interno ed esterno dell’osservatorio è minima ma, quando cala il Sole, questa differenza diventa rilevante: la temperatura esterna scende molto più velocemente di quella interna e si ha un rapido peggioramento delle condizioni del seeing. Sotto questo proilo sarebbe molto importante che l’ediicio possedesse delle fessure di ventilazione che restino aperte quando l’ediicio è chiuso. Ciò risulta anche utile per prevenire la formazione di condensa o la trasudazione di umidità dalle pareti. Se la copertura è costituita da una cupola, la sua apertura anticipata va effettuata nella direzione del vento. Se lo strumento è un newtoniano intubato, per minimizzare gli effetti della turbolenza interna al tubo sarebbe opportuno foderarlo e coprirlo esternamente mediante materiali con bassa capacità di conduzione del calore come cartone, listelli di sughero, feltro e praticare qualche foro di ventilazione. Se in una determinata sera la turbolenza sembra particolarmente accentuata è opportuno diaframmare il telescopio con una maschera precedentemente preparata. Questo accorgimento funziona nei rifrattori perché così si escludono le deformazioni indotte nei punti in cui l’obiettivo si appoggia sulla cella, e nei rilettori aperti, perché si elimina dal percorso dei raggi luminosi la parte periferica del tubo, là dove si distribuiscono prevalentemente le correnti interne. Per evitare la formazione di umidità sulle lenti, gli specchi e gli oculari, è bene prendere alcune precauzioni: 1) utilizzare dei lunghi paraluce da disporre all’imboccatura dello strumento, di lunghezza fra 2,5 e 3 volte quella del diametro dello strumento; naturalmente, nel caso di rilettore con montatura a giorno, il paraluce non serve a niente. Tuttavia si può arrivare a un compromesso, lasciando la parte centrale della montatura aperta o disposta a traliccio e le due estremità, che proteggono la cella del primario e la crociera del secondario, chiuse. I newtoniani intubati soffrono molto meno del deposito di condensa rispetto ai rifrattori o agli Schmidt-Cassegrain. Anche in essi, tuttavia, l’uso del paraluce appare opportuno per impedire l’appannamento del secondario. Vi 7 sono anche in commercio degli anelli con una serie di resistenze elettriche, da disporre attorno all’obiettivo e da usare nei casi più disperati, quando il clima è veramente umido; 2) pulire periodicamente e scrupolosamente tutte le superici ottiche, poiché i granelli di polvere agiscono come nuclei di condensazione favorendo il deposito di umidità. Se al telescopio si avvicendano più persone gli oculari necessitano di pulizia abbastanza frequente, considerando il numero di chi ci guarda dentro e ci respira sopra; 3) “riscaldare” gli oculari prima dell’uso, per esempio tenendoli in tasca, a contatto con il calore del corpo. Infatti l’umidità condensa rapidamente sulla fredda lente esterna dell’oculare se esso è estratto dalla custodia così com’è, quando l’osservatore vi avvicina la testa. Se, nonostante le precauzioni, un oculare, uno specchio, una lente, una lastra correttrice si appannano ugualmente durante l’osservazione, la soluzione migliore è servirsi di un asciugacapelli, da tenere sempre a portata di mano. Occorre coprirsi bene, in tutte le stagioni, preoccupandosi soprattutto dei piedi, che sono i primi a soffrire i sintomi del freddo. Di questa necessità devono essere avvisati gli osservatori occasionali che non hanno questa esperienza. D’inverno, in particolare, il tipico equipaggiamento da sci non è suficiente, e va raddoppiato senza dubbi. Molti pensano di andare a osservare il cielo come si va a un concerto o al cinema. Se entrano in un osservatorio, si aspettano che la struttura sia riscaldata, mentre questa deve avere la medesima temperatura dell’ambiente esterno. Durante tutta la sessione osservativa bisogna abituarsi (e abituare gli amici) a utilizzare solo il chiarore naturale della notte per qualsiasi necessità, senza accendere torce e telefonini. Se il sito osservativo sorge in città, neanche a dirlo, ci si vedrà benissimo. Se siete veramente al buio potete tenere accesa una debolissima luce rossa, ma solo nel caso in cui state osservando pianeti, Luna e stelle multiple, altrimenti per ammassi, nebulose e galassie qualsiasi luce darà fastidio, perino le spie dei motori e degli alimentatori degli strumenti osservativi, che andrebbero coperte con nastro adesivo scuro. Un’altra raccomandazione è quella di programmare sempre l’osservazione in modo “stagionale”, ovvero di osservare i vari oggetti celesti al momento della loro culminazione a sud, quando raggiungono la massima altezza e quindi si vedono al meglio delle condizioni possibili. Se proprio si vuole osservare un astro lontano dalla culmi8 nazione (magari nel caso di un’eclisse di Luna o del transito di un satellite di Giove), è opportuno controllare, con gli appositi software, la sua altezza e la disposizione degli ostacoli naturali o artiiciali che limitano l’apertura del cielo nel vostro sito. Per evitare facili delusioni ricordate una delle particolarità più importanti dell’osservazione astronomica, di cui vanno avvisati anche gli eventuali ospiti: un corpo celeste non si presenta mai al primo sguardo nella sua completezza, nel suo fascino, nel suo pieno interesse. A una prima occhiata, anche se si tratta della Luna o di un pianeta, si vedranno pochissimi particolari: solo indugiando almeno un minuto dietro l’oculare si inizierà a cogliere la vera essenza di ciò che si osserva. Evitate perciò le osservazioni “mordi e fuggi”: attendere qualche minuto non sarà tempo sprecato. Questa è una prerogativa dell’osservazione con qualsiasi strumento (anche a occhio nudo!), ma si manifesta a pieno titolo nell’osservazione con grandi strumenti, perché cresce proporzionalmente anche l’aspettativa sui risultati. Osservando al telescopio, è parzialmente responsabile di questo effetto il seeing, ma gran parte va anche addebitata a un aspetto psicologico: in situazioni normali, se vediamo male un oggetto non ce ne preoccupiamo più di tanto e cerchiamo di avvicinarci ad esso. Ma questo non è possibile per i corpi celesti, perciò siamo costretti a sforzarci, a concentrarci per ricavare tutto il meglio dal nostro strumento di osservazione. Un aspetto molto importante è quello della messa a fuoco: se più persone si alternano all’osservazione con uno strumento, non è detto che la messa a fuoco effettuata dalla prima vada bene per tutte le altre: occorre sapere bene che cosa si deve vedere quando l’immagine è a fuoco sulla Luna, su un pianeta o su una stella e agire correttamente sul meccanismo di messa a fuoco per ottenere l’immagine migliore per ogni occhio. I presbiti e i miopi possono togliere gli occhiali prima di focheggiare, mentre l’astigmatismo viene corretto dalla messa a fuoco solo entro una diottria: di conseguenza, chi è affetto da un forte astigmatismo dovrà tenere le lenti. Come è strutturato questo manuale La trattazione è suddivisa per oggetti da osservare nelle quattro stagioni dell’anno e a seconda dei vari strumenti a disposizione, immaginando di osservare da un cielo abbastanza scuro quale può essere 9 quello di una località collinare italiana (sui 500 m slm), lontana da fonti immediate di inquinamento luminoso. Vi sono quattro livelli di strumentazione previsti: 1) il primo riguarda gli oggetti di grande estensione angolare che possono essere osservati con un binocolo astronomico con lenti di almeno 10 cm di diametro o con telescopi a grande campo, sempre di 10 cm di diametro minimo, con non più di 25 ingrandimenti; 2) il secondo riguarda una dotazione telescopica classica, che si situa attorno ai 20 cm di diametro; 3) il terzo si riferisce a una dotazione più impegnativa, sui 40 cm di diametro; 4) il quarto è dedicato ai pochi fortunati che possiedono o possono comunque accedere a telescopi almeno sui 60 cm di diametro. Possono bastare 50 cm solo se si osserva da quote montane (sopra i 1000 m slm). Con questa ultima classe di strumenti è possibile naturalmente osservare anche tutti gli oggetti delle liste precedenti (eccettuati quelli a grande campo), a patto di applicare l’ingrandimento consigliato. Per ogni oggetto viene anche indicato l’ingrandimento ottimale a seconda del telescopio usato. L’osservazione della Luna e del Sole è invece indipendente dallo strumento, perché è fortemente condizionata dal seeing, più che dal diametro obiettivo o dal cielo a disposizione. Di ogni oggetto vengono date numerose informazioni, sia su come si presentano all’osservazione, sia sulla loro natura isica. In occasione di un’osservazione rivolta a un pubblico (di amici, parenti, visitatori), occorre scegliere che cosa dire di ogni singolo oggetto, ma è bene che una presentazione comunque vi sia, non solo per rendere molto più interessante e partecipata la visione, ma anche per alleviare l’attesa, se gli aspiranti osservatori sono numerosi. Bisogna anche scegliere le tipologie di descrizione e la terminologia appropriata, a seconda del tipo di ospiti (bambini, ragazzi, adulti...), evitando di annoiare con dati scientiici chi non possiede le necessarie conoscenze di base ed è interessato solo ad ammirare le meraviglie del cielo. Attenzione alle fotograie! Le fotograie che accompagnano il testo, tutte eseguite dall’autore, hanno prevalentemente il compito di abbellire graicamente l’opera, ma non sono sempre fedeli rappresentazioni di ciò che si può scor10 gere all’oculare con la visione diretta, per i motivi che sono stati esposti in questa introduzione. Questo vale soprattutto per le nebulose, le galassie e gli ammassi stellari aperti, dove la lunghezza della posa permette di avere una restituzione molto più “densa” degli oggetti. Per non creare differenze troppo marcate con la resa visuale, si è preferito utilizzare immagini derivate da pose singole, non multiple, e non trattate eccessivamente in sede di elaborazione. Invece per i pianeti, la Luna, le stelle doppie e multiple e gli ammassi globulari la visione all’oculare è molto vicina e talvolta perino supera ciò che è visibile nelle fotograie. L’orientamento delle fotograie è sempre fondamentalmente dritto, con il nord in alto, anche se ciò non corrisponde mai di norma alla visione astronomica. Innanzitutto perché questa è la convenzione generale che riguarda l’orientamento delle fotograie astronomiche, soprattutto quelle di profondo cielo. Per la Luna, inoltre, si vuol favorire il confronto con le mappe esistenti che, nella maggior parte dei casi, sono stampate con il nord in alto. In ogni caso, per chi osserva con degli strumenti catadiottrici con diagonale a 90° e immagine quindi speculare, non sarebbe stato possibile trovare dei validi compromessi. A chi osserva con un newtoniano che abbia la possibilità di orientare la parte anteriore del tubo si raccomanda di posizionare il porta oculari a destra del meridiano: così si ottiene il raddrizzamento delle immagini, che è conseguente al rovesciamento di 180° della posizione dell’osservatore. Alla regola generale dell’orientamento citato delle immagini vi sono due tipi di eccezioni. La prima riguarda alcuni oggetti la cui pubblicazione obbedisce a criteri più estetici che astronomici, come la Galassia di Andromeda (M31) e la Grande Nebulosa di Orione (M42). La seconda eccezione riguarda le stelle multiple che vengono orientate con il sud in alto e l’est a destra per rendere l’orientamento coerente con le misure degli “angoli di posizione”. Un’eccezione nell’eccezione è costituita dal sistema stellare del Trapezio (situato nella nebulosa M42) per motivi storico-estetici. Che cosa serve per iniziare La lettura di questo manuale presuppone una certa alfabetizzazione astronomica. A chi se ne trovasse sprovvisto si può consigliare la lettura di una serie di testi-base, tutti disponibili nella Biblioteca di Orione (accessibile dalla pagina Shop di www.astronomianews.it). 11 Manuali pratici • Gabriele Vanin: Primi passi in astronomia • Walter Ferreri: Impariamo a osservare il cielo • Walter Ferreri: Guida pratica all’astronomia Atlanti e dizionari • Il nuovo Atlante Fotograico della Luna a cura di Walter Ferreri • Wil Tirion: L’Atlante Stellare di Cambridge • Walter Ferreri: Dizionario di Astronomia Gli oggetti celesti • Walter Ferreri: L’osservazione dei pianeti • Gabriele Vanin: I nomi delle stelle • Walter Ferreri: Costellazioni e Mito • Enrico Moltisanti: Catalogo Messier 12 Informazioni generali sugli oggetti celesti Pianeti Occorre premettere, e porre particolare attenzione su questo punto, che nel caso dei pianeti l’osservazione visuale occasionale può essere estremamente deludente, essenzialmente per la piccolezza delle immagini planetarie e, soprattutto, per l’assai scarso contrasto dei dettagli supericiali. Il minore contrasto è dovuto al fatto, banale ma non troppo, che sui pianeti osserviamo fondamentalmente delle variazioni di albedo nell’atmosfera e non dei particolari supericiali, come sulla Luna. In linea generale è consigliabile usare ingrandimenti elevati sui pianeti anche quando il seeing non è perfetto. Un esperto osservatore planetario, che ha lo scopo di catturare il maggior numero possibile di dettagli, utilizza l’ingrandimento che gli consenta la loro migliore percezione. Ma un principiante, o un osservatore occasionale, non riesce comunque a vedere tutti i particolari potenzialmente percepibili; pertanto, anche se la visione peggiora leggermente, conviene cercare di spingere l’ingrandimento per produrre un’immagine del pianeta apprezzabilmente grande. Si possono quindi superare tranquillamente i 300 ingrandimenti, anche i 400, soprattutto su Saturno e su Marte, ma anche per Giove. Stelle brillanti e colorate Questa classe di oggetti, spesso del tutto trascurata dagli astroili esperti, è estremamente apprezzata dai principianti, soprattutto sotto il punto di vista puramente estetico. Osservare al telescopio qualche stella brillante e particolarmente colorata strappa sempre commenti entusiastici ai compagni di osservazione e spesso paragoni lusinghieri con pietre preziose di varia natura e colorazione. Va tenuto presente che, stante l’enorme distanza, anche con i più grandi telescopi del pianeta non riusciremmo a vedere il disco reale della stella e che quello che vediamo è in realtà il prodotto della natura della luce, e che solo con particolari sistemi, diretti e indiretti, è possibile misurare il diametro delle stelle. 13 Stelle doppie I colori delle doppie spesso non corrispondono ai loro spettri perché sono illusori, prodotti da effetti di contrasto. Quando due stelle sono vicine, l’occhio tende a evidenziare qualsiasi minima differenza di colore esistente. Nel caso in cui una delle stelle sia molto più debole dell’altra, addirittura l’occhio si inventa i colori e, anche nel caso in cui i colori siano simili, la più debole tende ad apparire della tinta complementare. Comunque, di solito, i colori percepiti mantengono una qualche connessione con la struttura isica dell’astro. Per ciascuna stella si danno le coordinate (al 2013), magnitudini, separazione, angolo di posizione, colori percepiti dall’autore, spettri e il miglior ingrandimento da usare. Nei casi delle coppie più strette, nelle quali un sensibile moto proprio relativo cambia in pochi anni la separazione e l’angolo di posizione, anche questi sono forniti per il 2013. In mancanza di nozioni sull’orientazione dell’orbita nello spazio, si dà il valore di separazione reale minima fra le componenti. Stelle multiple È interessante osservare stelle doppie, ma è ancora meglio ammirare delle stelle triple o addirittura quadruple, quintuple e così via. In effetti moltissime stelle sono multiple ma, contrariamente a quanto si pensi, raramente costituiscono dei sistemi spettacolari, nei quali cioè le relative separazioni e luminosità siano combinate in modo da dare una visione soddisfacente. Di solito due stelle sono molto vicine fra loro e una terza è molto più distante, oppure tutti i membri sono molto separati gli uni dagli altri, oppure le distanze sono limitate e gradevoli ma, mentre la primaria è molto brillante, le altre sono estremamente deboli e così via. Probabilmente le ragioni di questo risiedono nella storia evolutiva delle stelle, nel senso che sistemi multipli nei quali le distanze siano simili sono dinamicamente instabili e portano all’espulsione dal sistema di tutte le stelle eccettuate, al più, due. Quindi non è per caso che nessuna pubblicazione astronomica riporti un elenco di stelle multiple gradevoli da osservare, mentre abbondano su libri e riviste elenchi di stelle doppie di vario genere. Nondimeno si forniscono qui i parametri di sette stelle multiple suficientemente gradevoli anche per i principianti. Le stelle componenti un sistema, dalla più brillante alla più debole, sono di solito indicate con le prime lettere maiuscole dell’alfabeto: A, B, C ecc. 14 Ammassi aperti Gli ammassi aperti sono gruppi di stelle le cui componenti non sono molto vicine fra loro: la loro distanza media è dell’ordine della metà di quella fra le stelle nei dintorni del Sole, ovvero circa due anni luce. Questi gruppi sono concentrati lungo il piano del disco della nostra Galassia - la grande “città stellare” in cui abitiamo - nei bracci a spirale: qui la compressione a cui è sottoposto il gas dei bracci genera continuamente nuove stelle, a partire dalle nebulose disseminate lungo i bracci stessi. In teoria gli ammassi aperti possono avere qualunque età poiché la formazione stellare, in una galassia come la nostra, è ben lungi dall’essere ultimata. Tuttavia, dopo qualche tempo dalla loro formazione, gli ammassi tendono a smembrarsi a causa del fatto che ciascuna stella segue un proprio movimento di rivoluzione attorno al centro della Galassia. Pertanto, attualmente, osserviamo soltanto ammassi relativamente giovani, cioè quelli nei quali ancora non è avvenuta la separazione dei componenti, a parte le eccezioni con astri molto numerosi o eccezionalmente vicini fra loro. La distanza degli ammassi aperti può variare da poche decine di anni luce ino a decine di migliaia, se si trovano dall’altra parte della Galassia. Tuttavia, poiché sono collocati sul piano galattico, la luce di quelli più lontani è in genere nascosta dalle stelle, dalla polvere e dal gas interposti. Fra le notizie riportate per ciascun ammasso, la tipologia si basa sul sistema messo a punto da R.J. Trumpler nel 1930. Questo sistema esprime tre caratteristiche dell’ammasso: 1) il grado di concentrazione, da I (molto concentrato) a IV (quasi indistinguibile dal campo stellare che lo circonda); 2) l’intervallo in luminosità delle stelle componenti, da 1 (piccolo intervallo) a 3 (grande intervallo); 3) il contenuto in stelle, da p (meno di 50 stelle) a m (da 50 a 100) a r (più di 100 stelle). Ammassi globulari Esiste un’altra categoria di ammassi, quelli globulari, così chiamati perché le stelle in essi sono così ammucchiate da dare all’insieme l’aspetto di una struttura a forma di globo. Le stelle qui sono molto più numerose, da decine di migliaia ino addirittura a milioni e sono molto più vicine fra loro, ino a giorni e addirittura ore luce. 15 Gli ammassi globulari sono distribuiti nell’alone galattico, l’insieme grossolanamente sferico che circonda il disco e in cui sono immerse anche stelle singole. La grandezza degli ammassi globulari è in media circa doppia di quella degli ammassi aperti ma la loro distribuzione e posizione attuale nell’alone fa sì che essi siano tutti abbastanza lontani da non poter essere visti a occhio nudo. In antichità era conosciuto soltanto Omega Centauri che però fu catalogato da Tolomeo come una “stella nebbiosa”. La classe di questi ammassi esprime la concentrazione di stelle secondo un sistema messo a punto da H. Shapley e H.B. Sawyer nel 1927, che comprende un intervallo fra 1 e 12: più basso è il numero, più l’ammasso è compatto. Purtroppo la copertura osservativa degli ammassi, soprattutto di quelli più cospicui, a causa della loro particolare distribuzione all’interno della Galassia, non è ottimale e quindi lascia sguarnita la primavera per quanto riguarda gli ammassi aperti, e l’inverno per ciò che concerne i globulari. Nebulose e galassie A causa dell’aspetto estremamente evanescente di queste categorie di oggetti la scelta su che cosa osservare e mostrare agli ospiti è limitata a pochissimi oggetti ed esclusivamente da inquadrare con telescopi di almeno 40 cm di diametro. In particolare, su alcune nebulose, sarà anche indispensabile servirsi di iltri OIII che lasciano passare prevalentemente la luce in cui emettono, iltrando opportunamente soprattutto le luci parassite, prodotte dall’inquinamento luminoso. Le nebulose possono essere a emissione, a rilessione oppure oscure. Spesso diverse tipologie si trovano combinate in un medesimo oggetto. Le nebulose a emissione sono formate principalmente da idrogeno che viene eccitato e ionizzato dalla luce ultravioletta delle stelle presenti nella regione. Quelle a rilessione sono composte principalmente da polvere che si limita a rilettere la luce delle stelle circostanti. Le nebulose oscure sono composte anch’esse da polvere ma appaiono oscure perché sono molto dense e compatte e lontane da stelle luminose: esse bloccano la luce delle stelle retrostanti. Per quanto riguarda le galassie, si propone l’osservazione soltanto di due dei tre tipi esistenti: alcune spirali e una irregolare, escludendo le ellittiche, a causa del loro aspetto amorfo e poco signiicativo. 16 A seconda dello sviluppo dei nuclei e delle barre e dell’aspetto dei bracci di spirale, le spirali si dividono in varie sottoclassi: • le Sa e SBa (la lettera B indica le spirali barrate) hanno un rigoniamento centrale di grandi dimensioni e i bracci numerosi, sottili e strettamente avvolti; • nelle Sc e SBc i bracci sono larghi e molto aperti mentre le condensazioni centrali sono alquanto ridotte; • le Sb e le SBb rappresentano i casi intermedi. Questa classiicazione è per la verità un po’ datata, risalendo a Edwin Hubble, che la propose per la prima volta nel 1926. Tuttavia essa è stata perfezionata e adattata varie volte (l’ultima nel 1994) e per i nostri scopi è più che suficiente, anche se ne sono state proposte in seguito diverse altre (de Vaucouleurs, van den Bergh, Morgan, Vorontsov-Velyaminov), molto più complesse e soisticate. 17 Al binocolo o al telescopio a grande campo Iniziamo la rassegna delle meraviglie celesti da quelle che si possono osservare al binocolo o con un telescopio a grande campo. Di ognuna di esse sono indicati nel titolino la sigla di riconoscimento, la tipologia, la costellazione di appartenenza e le coordinate equatoriali: Ascensione Retta (AR) e Declinazione (Dec.). M31 (Galassia di Andromeda) AR 00h43,5m; Dec. +41°21’ La Galassia di Andromeda (M31) con due delle galassie satelliti, M32 (in alto) e M110. Il diametro angolare di M31, circa 2,5°, è tale da riempire quasi completamente, maestosamente, il campo di vista. La sua magnitudine totale visuale apparente è 3,44. 18 Storicamente, M31 viene citata per la prima volta dall’astronomo persiano ‘Abd al-Rahman al-Sui nel suo Libro delle stelle isse (un tentativo di creare una sintesi fra l’astronomia scientiica greca dell’Almagesto e le antiche tradizioni astronomiche arabe), redatto nel 964. La chiama “piccola nube” e la cita come parte di una costellazione beduina preislamica chiamata Grande Pesce. Simon Mayr, l’astronomo tedesco celebre plagiario della scoperta dei satelliti galileiani, fu il primo a osservarla al telescopio nel 1612. A un primo sguardo la galassia appare assolutamente indistinta, senza il più pallido indizio di risoluzione in stelle. Si può soltanto percepire la netta condensazione del nucleo ma il resto appare come una nebbia confusa, anche nelle migliori condizioni di osservazione. La forma della galassia è quella di un disco con un rigoniamento centrale; essa appare ovale a causa dell’inclinazione rispetto alla linea di vista, circa 13°. Viene classiicata comunemente come Sb, anche se recenti indagini sembrano suggerire che il rigoniamento centrale abbia un aspetto simile a quello delle spirali barrate. Si tratta del membro più grande del Gruppo Locale: contiene 1000 miliardi di stelle e la sua massa è stimata in 1200 miliardi di volte quella del Sole; la sua magnitudine assoluta è di -21,25 (27 miliardi di volte quella del Sole). Nelle migliori fotograie le dimensioni di M31 risultano di 190’x60’, il che corrisponde a un diametro di 140 mila anni luce. Misure compiute ancora parecchi anni fa al fotodensitometro mostrano un’estensione ino a 4,5° che corrisponde a 200 mila anni luce, mentre nel 2005 riprese effettuate al Keck Telescope delle Hawaii hanno portato le dimensioni ino a 220 mila anni luce. La distanza di M31 è di circa 2,54 milioni di anni luce. Il rigoniamento centrale è largo circa 12 mila anni luce. In esso giace il vero nucleo galattico, che nel 1991 si è scoperto essere doppio. Qui si trovano centinaia di milioni di stelle, separate fra loro da poche decine di Unità Astronomiche (1 UA = distanza media tra la Terra e il Sole). Nella più debole delle due componenti nucleari le misure dell’incremento delle velocità stellari verso il centro e la dispersione delle velocità stesse hanno permesso la scoperta di un grande oggetto collassato, un buco nero supermassiccio di massa compresa fra 110 e 230 milioni di volte quella del Sole. 19 Intorno a M31 si trovano 14 galassie satelliti. Dieci di queste sono fuori della portata di telescopi amatoriali; delle altre, sono date le caratteristiche nella Tabella 1. Soltanto delle prime galassie riportate in Tabella, due sono visibili in un grande binocolo ma solo a un osservatore esperto, mentre le altre due, oltre che più deboli, sono anche del tutto fuori campo, circa 7° a nord della galassia principale. Intorno a M31 sono stati trovati anche 460 ammassi globulari del tutto simili a quelli che circondano la nostra Galassia. Ma nel 2005 sono stati trovati qui anche degli ammassi stellari di un tipo del tutto nuovo, intermedio fra gli aperti e i globulari. Il numero contenuto di stelle è simile a quello dei globulari ma sono più estesi di un ordine di grandezza e centinaia di volte meno densi. M31 è stata anche la prima radiosorgente extragalattica scoperta, nel 1950. Questa galassia ha cominciato a formarsi circa 10 miliardi di anni fa dalla fusione di molte piccole protogalassie. Ciò ha portato alla formazione intermedia di due galassie che inine si sono fuse circa otto miliardi di anni fa. Questo evento, piuttosto violento, condusse ad un tasso di formazione stellare molto alto durante il quale si costituì la maggior parte dell’alone galattico, ricco di metalli, e il disco esteso. Circa tre miliardi di anni fa M31 e M33 ebbero un incontro ravvicinato e anche questo evento scatenò alti tassi di formazione stellare nel disco galattico. Negli ultimi due miliardi di anni la genesi stellare si è mantenuta a livelli molto più modesti, soltanto una massa solare per anno, un quarto della Via Lattea. Fra 3,75 miliardi di anni la nostra Galassia e M31 si fonderanno per formare probabilmente una galassia ellittica. LE GALASSIE SATELLITI DI M31 Nome M32 NGC 205 NGC 147 NGC 185 Tabella 1 20 Magnitudine Dimensioni 8,2 7,6’x5,8’ 8,0 27,4’x9,8’ 9,2 11,5’x9,8’ 9,3 12,9’x8,1’