II ITINERARIO STORICO : - L`ex Convento dei Gesuiti e la Chiesa di

II ITINERARIO STORICO :
- L’ex Convento dei Gesuiti e la Chiesa di S.Maria del Buon Consiglio e S.Luigi
- Villa Menna
- Lapide di via Giordano
- Villa Gallo
- Palazzo Ruffo di Bagnara
- Largo Croce
- Chiesa dell’ Immacolata
- Palazzo Carafa Roccella
- Palazzo Marinucci e Cappella di S.Maria delle Grazie
- Villa Meola
L’EX CONVENTO DEI GESUITI E LA CHIESA DI S.MARIA DEL BUON
CONSIGLIO E S.LUIGI
Il nostro secondo itinerario storico inizia dall’ex convento dei Gesuiti ora “ Scuola
Media M. Melloni”, ubicato lungo l’antica strada “Regia delle Calabrie”, oggi Corso
Garibaldi. Esso è uno dei pochi edifici religiosi nel paese risalente al XVII secolo.
La sua fondazione la si deve a Donna Maria Bermudez de Castro, che dal 1620 donò
mille ducati annui alla Compagnia di Gesù per la costruzione di un ospizio per il
ricovero dei Padri Gesuiti .
Nel 1629 risulta che i religiosi avevano già costruito un piccolo edificio di sei stanze,
in una di esse al piano terra, vi avevano eretto una piccola cappella dedicata a Santo
Ignazio da Layola, fondatore dell’ordine.
Nel 1631 un’eruzione del Vesuvio travolse i paesi vesuviani e Portici fu investita da
ben due torrenti di lava ,uno dei due distrusse la piccola chiesetta del paese di
S.Maria delle Grazie ,ubicata nell’attuale “ Largo Croce ”, costruita appena nel 1627.
Miracolosamente il convento fu soltanto lambito dalla lava ed i religiosi attribuirono
lo scampato pericolo alla protezione della Madonna di Monserratte e, per gratitudine,
alla destra dell’edificio costruirono una nuova chiesa (l’attuale Chiesa del Buon
Consiglio e S.Luigi ), dedicandola appunto al suo nome.
Attualmente la chiesa internamente conserva ancora un aspetto seicentesco.
L’interno si presenta a croce greca e comprende una navata con quattro cappelle
laterali e, tranne le due grandi tele non firmate rappresentanti “ S.Francesco Saverio”
e una “ Natività della Vergine, risalenti probabilmente alla prima metà del
Settecento, non vi è nulla di importante.
Il convento invece conserva al suo interno quasi tutti gli elementi architettonici e
decorativi seicenteschi.
Sono sopravvisuti gli ampi corridoi con le belle volte a vela, i massicci stipi di
piperno delle porte, il grande scalone con i gradini in pietra lavica ed il portico del
chiostro che dava sul giardino, oggi purtroppo irriconoscibile a causa delle
tamponature che hanno chiuso i vani degli archi.
Interessante è la cappella privata posta al primo piano (anche detto piano nobile) con
le sue semplici decorazioni in stucco.
I gesuiti sono stati una presenza importante nella vita religiosa di Portici infatti, sono
stati loro a diffondere il culto di S.Ciro, santo della loro Compagnia che si venera
tuttora nella loro chiesa del Gesù Nuovo a Napoli dove sono conservate le spoglie del
santo.Nel 1776 i porticesi lo proclamarono Santo patrono della città.
Nel 1767, re Ferdinando IV espulse dal Regno di Napoli la Compagnia di Gesù e tutti
i loro beni furono confiscati, così il convento fu adibito ad alloggio per il Real
Battaglione Ferdinando, Accademia per giovani ufficiali di Guardia Marina.
Tra i cadetti d’istanza a Portici vi furono Gaetano Filangieri e Francesco Caracciolo.
Il primo è stato uno dei grandi intellettuali della cultura illuministica napoletana del
Settecento e autore de “La Scienza della Legislazione”.
Il secondo è stato invece uno dei martiri della gloriosa Repubblica Napoletana del
1799. Il Caracciolo, fu fatto impiccare ignobilmente dall’ammiraglio inglese Orazio
Nelson.L’Accademia di Portici si può definire la progenitrice della più conosciuta e
prestigiosa scuola militare “Accademia della Nunziatella”di Napoli .
Per alcune clausole testamentarie il convento passò alla Casa Santa degli Incuraboli
ed i cadetti furono trasferiti nella villa Favorita in Resina (Ercolano).
Nel 1804 Ferdinando IV ,vi installò una fabbrica di nastri e fettucce di seta, da cui il
nome “Caserma Nastri”.
In seguito divenne quartiere dei veterani e durante la Prima Guerra fu adibito ad
ospedale.Nel 1928 fu trasformata in sede comunale mentre attualmente ospita una
Scuola Media Statale ed alcuni uffici comunali.
VILLA MENNA
Terminata la visita all’ex convento ci
incamminiamo in direzione di piazza
S.Ciro, dove più avanti incontriamo la Villa
vesuviana “ Menna” costruita, da Giovanni
Amendola nel 1742 sotto la direzione
dell’architetto Muzio Nauclerio.
La facciata si presenta in chiaro gusto
ottocentesco, ma superato il portone si
coglie la piacevole sorpresa della originaria
architettura settecentesca presente nel
bellissimo rosone in stucco sotto la volta
dell’androne. Ai due lati dell’androne si aprono due scale di piperno con delle
artistiche ringhiere in ferro battuto. Dal cortile si diparte un lungo viale che attraversa
tutto il giardino (ora lottizzato) che termina su una panoramica terrazza sul mare. E
proprio da questa terrazza addobbata con luci e bandiere, al suono delle fanfare, nel
1839 Ferdinando II attese l’arrivo del primo treno che inaugurò il primo tratto
ferroviario d’Italia che collegava Napoli e Portici.
Uno degli elementi insoliti di vera rarità è la bella colombaia di fattura settecentesca
ubicata nel giardino.Nel 1775 la villa risulta essere di proprietà di Nicola Torre, nel
1807di Carlo Cinque.Nel 1826 è di un tale Carrione nel 1849 passa a Carolina Ruffo
della Leonessa ,principessa di Monteroduni, in seguito a Federico Campanile ed
infine nel 1931 a Carlo Menna.Dopo Villa Menna segue il Palazzo vesuviano
“Evidente”, privo ormai di elementi architettonici settecenteschi di rilievo.
Di fronte al suo portone, dal lato opposto della strada si trova la Lapide di Via
Giordano.
LAPIDE DI VIA GIORDANO
Via Carlo e Luigi Giordano, è una delle antiche strade dello storico asse viario della
città che conduce nell’ antico abitato di Portici, un tempo detto il “Trio”.
Sulla facciata del palazzo che fa angolo con Corso Garibaldi vi è affissa una lapide
marmorea scolpita con una lettera “Erre”, sormontata da una corona reale che
delineava i confini del “Sito Reale”.Essa stava ad avvisare che dentro tale perimetro
era proibito cacciare e sparare alla selvaggina.All’ apposizione della lapide seguì
anche l’affissione di un bando pubblico detto : “Bando del miglio proibito”.
VILLA GALLO Superata Via Giordano incontriamo il
grosso portale di ingresso della Villa vesuviana Gallo, con
un massiccio portone ligneo. Alcuni documenti
testimoniano che questa villa fu fatta costruire verso il
1750 dal Presidente del tribunale di Napoli D. Domenico
Viola, tesi avvalorata anche dalla piccola traversa situata
alla destra dell’edificio chiamata “Ponte di Viola”.
La massiccia facciata si presenta in stile ottocentesco, ma
all’interno si legge chiaramente la sua origine
settecentesca, specie nelle scale e nella piccola esedra che
chiude il cortile.
Fino a qualche decennio fa erano ancora visibili
nell’androne e nel giardino statue e mezzi busti di marmo.
Nell’Ottocento la villa era proprietà della famiglia Gallo; sull’arco del portale si vede
ancora uno stemma marmoreo della famiglia.
Nella seconda metà dell’Ottocento, dal balcone del piano nobile della villa, l’eroe dei
due mondi Giuseppe Garibaldi tenne un discorso ai cittadini porticesi.
PALAZZO RUFFO DI BAGNARA
Di fronte a Villa Gallo troviamo l’imponete
mole del palazzo dei duchi di Bagnara,
principi di S.Antimo e duchi di
Baranello,costruito nel 1724 dall’ architetto
Ferdinando Sanfelice su commissione di
Paolo Ruffo Caracciolo duca di Baranello..
La facciata attuale dell’edificio è un
rifacimento ottocentesco.
Il balcone centrale è sovrastato da uno
scudo araldico con due cavalli alati in
marmo.
Pare che alla destra del portone centrale una volta vi fosse una piccola cappella
gentilizia dedicata alla “Assunta in Cielo”, eretta nel 1724 , da Paolo Ruffo.
Dai documenti si evince che per la costruzione della fabbrica furono spesi ben 35.000
ducati, un importo notevole per quel tempo.
Dal cortile si accedeva al giardino (non più esistente) con un lungo viale che
giungeva fino al mare dove sorgeva una grande torre, demolita negli anni ’60,
chiamata Torre della Bagnara. Dalle grotte del giardino fuoriuscivano delle acque
molto rinomate e tanto gradite dal re Ferdinando IV, che egli se ne volle servire per
uso personale.
LARGO CROCE
Sul lato opposto della strada ci incamminiamo per via Ernesto della Torre.
Il Della Torre fu fondatore, a Portici, di uno dei più importanti stabilimenti
tipografici di tutta la Campania.Prima di prendere tale denominazione, la strada si
chiamava “Via Orologio Vecchio”, a ricordo del vecchio orologio del campanile
della prima chiesa del paese dedicata S.Maria delle Grazie.Tale chiesa, ubicata a
Largo Croce ( già piazza dei Favoriti ) fu poi distrutta dalla eruzione del Vesuvio del
1631 che però né lacioò miracolosamente il campanile con l’orologio.Soltanto nel
1767, l’orologio venne collocato nel campanile della nuova chiesa (attuale chiesa di
S.Ciro ). La strada viene anche chiamata dai cittadini “O’vico d’o parrucchiano”,
perché all’angolo di essa vi è la casa canonica.I porticesi a ricordo della loro prima
chiesa distrutta dalla eruzione, nel luogo dove sorgeva la chiesa piantarono una croce
di legno.Nel 1751 la croce fu sostituita da un obelisco in marmo sormontato da una
croce in ferro.Le epigrafi latine del monumento furono dettate dal celebre latinista
Martorelli.Nel 1923 il monumento fu restaurato accanto all’ antica iscrizione latina fu
aggiunta anche la sua traduzione in italiano, realizzata da Mons.G.A.Galante.
CHIESA DELL’IMMACOLATA
Poco distante imbocchiamo Via Immacolata dove troviamo la omonima chiesa che in
origine aveva il nome di Chiesa dell’Arciconfraternita dell’Immacolata Concezione,
fondata nel 1790.La confraternita ha però origini più antiche; fu fondata nel 1584.
Originariamente era ubicata nell’ antichissimo convento di S. Francesco (oggi
S.Antonio).Per volontà di re Carlo III la congregazione fu estromessa dal convento
ed il sodalizio allora decise di acquistare un suolo poco distante dove fu costruita
l’attuale chiesa.Nel 1783 la congregazione fu dichiarata da Ferdinando IV Reale
Arciconfraternita.Nel 1850 la chiesa ebbe il privilegio di essere visitata dal Papa Pio
IX, che era esule a Portici.La Congrega conserva ancora un magnifico abito regale
di seta pura, dono della regina Maria Cristina di Savoia.
PALAZZO CARAFA ROCCELLA
Tornando indietro per il Largo Croce proseguiamo per la via Arlotta in direzione
dell’antico luogo detto il Trio e, quasi al termine della strada, sulla destra si trova il
palazzo dei Principi di Roccella. Il Nocerino lo indica come uno tra gli edifici più
antichi di Portici. Nel seicento esso apparteneva a Domenico Guglielmino, e poi al
figlio Giuseppe. La figlia del Guglielmino di nome Petromilla portò il palazzo in dote
quando sposò il marchese di Cannito e di S.Mauro. Nel 1739 risulta però essere
proprietà del marchese Nicola Amato di Aversa. Nel 1740 passa a Francesco Perrelli
duca di Montestarace. In quello stesso periodo da documenti si evince che il duca
stava facendo eseguire dei lavori di trasformazione all’edificio sotto la direzione
dell’architetto Filippo Fasulo. Nel 1785, la proprietà passò al principe di Roccella
Vincenzo Cantelmo Carafa Stuart. Di fronte al palazzo si apriva uno slargo con un
portone centrale da cui partiva un lungo viale che terminava sulla Strada Regia
(Corso Garibaldi ). Oggi ben poco rimane della bella architettura settecentesca per le
troppe modifiche apportate nel corso del novecento.
PALAZZO MARINUCCI E CAPPELLA DI S. MARIA DELLE GRAZIE
Giunti al Trio, detto popolarmente “ Miezze ò Trio ”, ci inoltriamo per via Marconi
(già Danza ). Il primo importante palazzo che troviamo subito sulla destra è quello
della famiglia Marinucci. La sua origine è settecentesca , questo è ben visibile dagli
sporti sagomati dei balconi in pietra di piperno ornati da belle ringhiere in ferro
battuto. Varcato il portone d’ingresso, si accede ad un ampio cortile che conduce
verso il giardino. Bella l’ampia scala in pietra lavica che conduce al piano nobile. Nel
1882 esso apparteneva a Carlo Bassano Cervo marchese di Tufillo. Sotto l’edificio
con la porta sulla pubblica strada è sita la cappella gentilizia eretta dal marchese
Bassano nel 1886 e dedicata a S.Maria delle Grazie. Bello il portale di piperno della
piccola chiesetta difeso da una cancellata in ferro. L’interno della cappella è di forma
rettangolare abbellito da una decorazione bicromatica. Alle pareti vi sono lesene e
capitelli corinzi. Il soffitto tondo accoglie un affresco rappresentante un gruppo di
angeli. Sull’altare un dipinto di bella fattura in stile bizantino raffigurante la Madonna
delle Grazie.All’inizio del novecento il palazzo passò alla famiglia Marinucci che
ancora ne è proprietaria.
VILLA MEOLA
Superato palazzo Marinucci segue la villa vesuviana Meola, definita dal Prof.
Roberto Pane, autore nel 1959 del primo studio sulle ville settecentesche della zona
vesuviana, una delle gemme architettoniche fatte costruire dalla aristocrazia
napoletana . Da una lapide posta all’interno della cappella privata si rileva che la villa
fu fatta costruire nel 1720 dal marchese Carlo Danza, presidente del Regio Sacro
Consiglio. La facciata sulla strada si apre con un portale di piperno. Il portone è
sovrastato da una artistica rosta lignea intagliata in puro
stile rococò.
Varcato l’androne una bella scala aperta conduce sia
algiardino che al piano nobile. L’originalità delle forme
degli artistici stucchi che ornano il cortile, dei pilastri,
dei balconi e delle finestre, fanno della villa una delle
più belle opere eseguite dal celebre architetto Domenico
Antonio Vaccaro. Nella seconda metà dell’ottocento la
villa risulta di proprietà dei coniugi Gaetano Massa e
Concetta Tagliavia d’Aragona. Nel 1911 la villa fu
acquistata da Felice Meola.Il nostro viaggio
termininquesto cortile che conserva un fascino
misterioso e sembra riportarci indietro nel tempo.