Dott. Nicola Del Giudice Presidente Fondazione Omeopatica Italiana “NUOVE PROSPETTIVE SULLA DINAMICA DEL CANCRO” Fino ad oggi, nonostante il fiume di danaro che si spende ogni anno, i risultati sono scarsi. L’utilizzo delle terapie convenzionali presenta il limite della loro eccessiva tossicità. Solo la chirurgia costituisce la terapia di elezione. Contemporaneamente vanno moltiplicandosi terapie diverse, alternative, biologiche, ecc. ognuna delle quali ha alimentato sia molteplici polemiche sia talvolta concrete speranze. Ricordiamo a titolo di esempio il siero di Bonifacio, un fattore immunomodulante biologico (IMB) ricavato dalle capre che presentano, una forte immunoresistenza all’insorgere di neoplasie. L’esperienza fino ad oggi insegna che l’approccio alla terapia del cancro deve fondarsi su un approccio implicante la convergenza di più tecniche (1) (fondamentale quella chirurgica). La comprensione della dinamica del cancro rimanda alla comprensione della dinamica biologica generale. Anche se fenomenologicamente il cancro appare come una malattia specifica a carico di un organo o di un tessuto, …… ad una osservazione più generale esso si presenta come l’effetto di un diverso regime di funzionamento dell’organismo vivente. Le cellule cancerose vanno differenziandosi ed il tessuto canceroso mostra di obbedire a regole dinamiche diverse da quelle di un tessuto normale: ad esempio mentre in un tessuto normale la distanza tra le cellule, e con esso la densità è una costante nel tessuto tumorale invece la densità cellulare può crescere fino al limite posto dall’impenetrabilità dei corpi. Recenti studi sulla coerenza elettrodinamica cominciano a fornire una spiegazione a questo fenomeno anomalo. (2) Un ulteriore contributo alla spiegazione di questo quadro fenomenico è fornito da un esperimento, pubblicato su “Nature” nel 1997 da A. Larsen e D. Grier. (3) L’approccio quantistico alla biologia consente di recuperare una visione di insieme del sistema vivente, superando la concezione riduzionistica tipica della biologia molecolare. Vi sono alcuni interrogativi insoluti nella biologia molecolare come: • Sulla base di quali codici di riconoscimento e di richiamo le molecole si incontrano evitando possibili errori biochimici. • Come si spiega l’aspetto ordinato della biochimica di un organismo vivente che richiede sequenze di reazioni molto veloci ed esenti da errori • Sulla base di quale meccanismo, diversamente da ciò che accade in un reattore chimico, i reagenti chimici si incontrano secondo un programma ben definito che esclude la possibilità di scarti per reazioni non previste • Qual è il ruolo dell’acqua, la cui presenza è indispensabile per il corretto svolgersi delle varie sequenze chimiche. 1 Tali interrogativi, ed altri ancora evidenziano come deve necessariamente esistere una dinamica nascosta molto sofisticata capace di governare in modo preciso e veloce la dinamica chimica di un organismo vivente. Come abbiamo più volte affermato in precedenti comunicazioni solo il campo elettromagnetico può assolvere a questo compito, connettendo cariche e correnti elettriche anche su lunghe distanze. (4) In questo ambito critico ed utilizzando la malattia cancro come paradigma conoscitivo, in questi ultimi anni ci siamo posti l’interrogativo se è possibile inquadrare il fenomeno “malattia” in un unico parametro, quello cellulare. Comprendiamo bene che tale ipotesi dista alquanto dal linguaggio scientifico corrente, però essa ci consente di avere una visione unitaria della fenomenologia biologica. Utilizzando i principi della fisica quantistica è indispensabile fornire una prima indicazione di metodo: come una molecola non può essere separata dalle sue interazioni nel campo, in modo analogo una cellula, un organo, un tessuto ……. e più in generale un organismo vivente non può essere separato dal suo campo di vita. Anzi il ruolo del campo diviene fondamentale sulla dinamica evolutiva di un essere vivente sin dalle prime fasi di sviluppo. Coerentemente la malattia può essere intesa come disadattamento nell’interazione individuo-campo : quindi disadattamento dell’organo (un insieme di cellule) rispetto all’organismo (sistema cellulare più ampio), dell’organismo rispetto all’ambiente …… e relativamente alla cellula del nucleo rispetto al citoplasma. Pertanto qualsiasi squilibrio fra il sistema vivente, anche nelle sue espressioni più semplici quale la cellula, e l’ambiente costituisce una noxa capace di influenzarne negativamente lo sviluppo e l’evoluzione. (5,6) In questo ambito critico ci siamo posti un quesito: se il processo di neoplasizzazione evidenzia una dinamica di progressiva sdifferenziazione e successiva moltiplicazione delle cellule, costituisce una ipotesi suggestiva supporre che nel processo embriogenetico è racchiusa la chiave per comprendere la dinamica del cancro e immaginare nuove prospettive terapeutiche. Il processo della embriogenesi è caratterizzato da due fasi fondamentali: • Una prima fase in cui l’ovulo fecondato si moltiplica continuamente fino a raggiungere lo stato di morula • Una seconda fase, più lunga, che si caratterizza per un processo di progressiva differenziazione cellulare e formazione dei vari organi e tessuti. Inoltre in alcune ricerche mediche relative all’azione di alcuni agenti cancerogeni somministrati durante la gravidanza è stato riscontrato: • Aumento delle malformazioni se gli agenti erano somministrati durante il periodo della organogenesi • Aumento del numero dei tumori nella prole se gli agenti erano somministrati nei periodi in cui la formazione degli organi ed apparati era terminata .(7,8) Questo diverso comportamento va ricercato nei processi di differenziazione che caratterizzano la fase di organogenesi e che si oppongono a quelli che provocano il cancro. È intuitivo pensare che in tale periodo debbono operare 2 dei regolatori che impediscono la moltiplicazione indefinita delle cellule, caratterizzandole in senso specifico. (9,10) In questo ambito critico è possibile immaginare che negli esseri viventi (e quindi nelle cellule) operano due distinti processi: • La continuazione biologica, processo mitotico che si esprime nell’accrescimento, espansione, slancio evolutivo (finalismo biologico) • L’evoluzione biologica, che implica un sacrificio, la riduzione meiotica cromosomica e successiva ricostruzione del patrimonio genetico realizzata nell’amplesso sessuale (finalismo evolutivo) L’evoluzione biologica richiede la progressiva limitazione fino al silenzio del processo di continuazione biologica: l’acquisizione di una propria specifica funzione attraverso il processo di differenziazione si realizza sulla base del silenzio dell’attività di moltiplicazione cellulare. È noto che l’integrità protoplasmatica fondamentale costituisce l’incentivo alla divisione cellulare; nel processo di differenziazione cellulare una quota crescente di protoplasma fondamentale viene distratta a protoplasma differenziato per cui l’integrità del protoplasma fondamentale è sacrificata alla specializzazione funzionale delle cellule (inibizione mitotica). I due processi (moltiplicazione e differenziazione cellulare) poggiano su due distinti complessi enzimatici: • Sistemi enzimatici biogenetici: sono finalizzati alla moltiplicazione e trofismo cellulare (ragione individuale) • Sistemi enzimatici differenzianti: sono finalizzati alla differenziazione cellulare ed assicurano alla “comunità sociale” cellulare l’adeguata economia organismica (ragione sociale) Una insufficienza o un blocco dei sistemi enzimatici biogenetici conduce ad una progressiva incapacità della cellula ad utilizzare gli elementi biologici ambientali (sofferenza e/o morte cellulare). Un deficit dei sistemi enzimatici differenzianti conduce ad una depressione della evoluzione biologica con esclusione della “ragione sociale” della cellula. Conseguenzialmente la cellula userà l’energia trofica ambientale per la propria continuazione biologica nella autonomia (neoplasia). (11,12) Pertanto lo stimolo differenziante è alla base dell’evoluzione biologica. Nel corso della organogenesi debbono esistere dei regolatori che impediscono la moltiplicazione delle cellule: una ipotesi suggestiva dell’azione di tali regolatori è quello della regolazione genica; ci si chiede se le cellule tumorali possono considerarsi simili alle cellule embrionali mutate per deficit del programma di differenziazione. (13,14) Mentre negli ovipari i regolatori del programma di differenziazione e lo stimolo alla moltiplicazione cellulare sono entrambi presenti nell’ovulo, nei placentari i regolatori del programma di differenziazione sono presenti nella mucosa uterina e nella placenta; pertanto tali organi intervengono attivamente nella regolazione, differenziamento, crescita embrionale. (15,16) I processi di sintesi biogenetica sono uguali in tutte le cellule nella scala evolutiva (uguale metabolismo cellulare, uguale corredo enzimatico ad esso preposto). Nei processi di differenziazione ogni cellula si specializza producendo elaborati specifici indispensabili alla economia organismica. Se il deficit e/o il silenzio dei sistemi enzimatici biogenetici, da soli o coinvolgenti anche i sistemi enzimatici differenzianti conduce alla malattia o alla morte 3 cellulare (senilismo), il coinvolgimento dei soli sistemi enzimatici differenzianti conduce alla neoplasia. Tali ipotesi fu proposta dal grande Warburg quando affermava che un guasto a livello dei sistemi enzimatici preposti alla respirazione produce la morte della cellula; ma se la cellula riesce a resistere (integrità dei sistemi enzimatici biogenetici preposti al metabolismo fermentativo) si trasforma in elemento neoplasico. (17) Ritorniamo agli eventi che accadono durante l’embriogenesi. In tale periodo esistono sostanze fisiologiche in grado di inibire la moltiplicazione cellulare. L’ipotesi più plausibile idonea a fornire una spiegazione del processo di differenziazione cellulare è quella di una progressiva limitazione della espressività del genoma con variazione del tipo di proteine sintetizzate (specifiche per quel tipo di cellula). I geni repressi e non utilizzati però conservano la potenzialità ad essere nuovamente espressi. Ad esempio è stato dimostrato che una sostanza, il p53, ha un ruolo fondamentale di regolatore dell’espressione genica; essa ha una funzione antioncogenica, inibendo la crescita tumorale. Quando l’azione del p53 è resa molto difficile, esso attiva i meccanismi di morte spontanea della cellula (apoptosi). (18) In questa prospettiva emerge una notevole similitudine tra cellule embrionali mutate e cellule tumorali. In entrambi i casi è presente un blocco dei fattori di differenziazione per cui è corretto ipotizzare che una valida terapia biologica debba prevedere l’utilizzazione di sostanze ottenute da un embrione nelle diverse fasi di sviluppo. Tali sostanze operano come regolatori genici e sono in grado di operare il processo di differenziazione della cellula. Il raggiungimento di tale stato si accompagna alla acquisizione da parte delle cellule della capacità di comunicare. Tale comunicazione a livello fondamentale è possibile in quanto il codice genetico delle cellule usa lo stesso sistema per decodificare ed interpretare i messaggi. Durante l’embriogenesi il codice è stato specificamente regolato in modo diverso in ciascuna cellula differenziata. In questo senso l’organismo funziona come una unica rete cognitiva in grado di dare un significato ai messaggi in ingresso. (19) Il processo di maturazione del codice genetico durante l’embriogenesi garantisce una corretta comunicazione tra le cellule. Nella cellula cancerosa invece il codice genetico è regredito ad una configurazione simile agli stadi indifferenziati embrionali per cui interpreta tutte le informazioni che gli giungono dall’ambiente nell’unico modo a lui noto: portare le cellule ad una continua moltiplicazione. Sul piano biochimico il danno ai sistemi enzimatici respiratori comporterà l’inversione della prevalenza metabolica dalla forma ossidativa dei tessuti quiescenti alla forma fermentativa dei tessuti maligni ovvero dalla forma ossidativa indispensabile alla economia organismica alla forma fermentativa sufficiente alla economia individuale cellulare. In questo ambito critico possiamo immaginare che tutta la patologia può ridursi alla semplice ed unica malattia cellulare che riconosce l’unica causale nel senilismo cellulare (diversamente dal cancro che richiede invece l’integrità dei sistemi biogenetici enzimatici). Ovviamente nei protisti la malattia della cellula manifesta il suo effetto con una sintomatologia monomorfa mentre negli organismi metazoari l’effetto del 4 senilismo manifesterà fenomenologie proteiformi come, ad esempio, manifestazione cellulare a sintomatologia virale e non malattia virale; malattia cellulare a sintomatologia metabolica e non malattia del ricambio; malattia cellulare a sintomatologia reumatica a non malattia reumatica, ecc. Il ripristino dell’omeostasi cellulare avrà ragione della malattia cellulare qualunque sia la sua veste sintomatica. (20,21,22) BIBLIOGRAFIA 1. LAGARDE PHILIPPE “Ciò che vi si nasconde sul cancro” IPSA editori 1984. Palermo 2. DEL GIUDICE E., TALPO G. “Un punto di vista sulla dinamica del cancro alla luce della elettrodinamica quantistica” Padova Ricerche 3. LARSEN A., GRIER D. “Like charge attractions in metastable colloidal crystallites” Nature, 385,230,1997 4. DEL GIUDICE N. ED E. “Omeopatia e bioenergetica” II ed. 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