Biografia - Comune di Pollica

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Il chimico Cristoforo Muratori,
“profetico cittadino” a fianco di Crispi,
Garibaldi e Alexander Dumas
Francesca M. Lo Faro
Chimico, inventore di prodotti ignifughi o resistenti all’acqua, creatore di
un giubbotto antiproiettile, scopritore di miscele chimiche brevettate in
Francia e Regno Unito: ecco chi fu Cristoforo Muratori, la cui attività di
chimico e imprenditore sarà qui tracciata, senza dimenticare le vicende
risorgimentali, alle quali egli prese parte, con un ruolo di rilievo, a fianco
di Crispi e di Garibaldi.
Antiborbonico intransigente, talvolta sensibile agli slogan dell’estrema
sinistra, Muratori subì molti anni di reclusione per aver provocato a
Palermo la rivoluzione del 1848 e fu esule a Parigi, Londra, Algeria.
Rientrato in Italia, nel 1860 contribuì, assieme ad Alexander Dumas, alla
sollevazione delle popolazioni del Cilento e, mentre Napoli attendeva l’arrivo di Garibaldi, sventò con atteggiamento sprezzante una obliqua trama
della real Casa borbonica.
Nonostante una vita così densa di avvenimenti, Muratori fu poco citato
dai memorialisti suoi contemporanei; e non è stato fatto poi oggetto di
indagini storiografiche, sebbene la sua biografia bene esemplifichi l’impegno costante di molti scienziati nella costruzione dell’Italia unita.
Il nome di Muratori è dunque oggi sconosciuto. La ragione di tale
dimenticanza va forse addebitata alla sua nomea di spia e, ancor di più, alla
accusa di truffa, reato per il quale nel 1867 fu sottoposto a processo e trattato come il peggiore delinquente comune, nonostante il suo passato di
patriota potesse metterlo a riparo da imputazioni disonoranti. Giudicato da
un tribunale del Regno d’Italia – espressione di quello stesso stato nazionale che egli aveva contribuito a costruire con sudore e sangue – fu presto
dimenticato e con lui disperso anche il ricordo della sua attività di chimico,
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LA CULTURA SCIENTIFICA NELLA SICILIA BORBONICA
di imprenditore, di scienziato cosciente dell’evoluzione tecnologia in atto e
della necessità di non restarne esclusi.
Con l’auspicio di avere in futuro maggiori ragguagli intorno alla sua
vita, bisogna riconoscere che al momento attuale è persino sconosciuta la
data di nascita (1816? 1820?) mentre è certo che morì fuori Italia nel 1881.
Nato a Palermo, figlio di Pietro e di Concetta Lazzaretto non sembra
che appartenesse a una famiglia abbiente (il padre non era un “don”). Forse
ebbe qualche grado di parentela con il patriota palermitano Matteo
Muratori (1810-1893, figlio di Giovanni) e con il libraio e tipografo
Antonio Muratori, proprietario a Palermo di una stamperia, con sede in via
Toledo, molto attiva nel terzo e quarto decennio dell’Ottocento.
Cristoforo Muratori conseguì la laurea in medicina, ma – credo – soltanto in età matura: difatti, in gioventù non gli fu mai attribuito il titolo
accademico di “dottore”.
Estraneo al mondo delle professioni (soltanto da anziano sarà chiamato
talvolta “professore”), finché visse in Italia non appartenne neanche ad
accademie, né il suo nome apparve tra i redattori dei principali periodici
scientifico-letterari dell’epoca.
Trasferitosi all’estero, lo studio della chimica gli consentì di immergersi
in una cultura innovativa, che poté accrescere vivendo in grandi città europee, dove erano presenti istituzioni scientifiche d’avanguardia e dove l’ambiente era più aperto alla crescita delle vocazioni individuali.
Difatti, fuori dalla Sicilia, negli anni dell’esilio, Muratori si rivelò un
chimico di un certo valore. Nel 1855 ottenne a Parigi una “privativa” (cioè
un brevetto) per un nuovo procedimento che rendeva i componenti d’arredo impermeabili, più confortevoli e alla moda: tale invenzione, nello specifico, consisteva nel rivestire gli oggetti – di legno, pietra e metallo - con un
prodotto che imitava tessuti preziosi – lana, velluto, seta. I manufatti, così
trasformati in simbolo di benessere e agi, erano interessanti generi di consumo indicativi di una società che voleva migliorare le condizioni di vita,
anche quelle domestiche.
Cristoforo Muratori fu anche l’inventore del Bianco di Palermo, un
colore a base di una miscela di steatite e zinco, oppure piombo. Il nuovo
prodotto fu subito impiegato per la carta da parati o per i tessuti di arredamento, che così risultavano più corposi e resistenti, tanto da poter essere
applicati sulle pareti ancora umide. Il nuovo prodotto indurente venne
usato anche per fabbricare mastici e stucchi di un bel colore chiaro e lucido. La locuzione “Bianco di Palermo” entrò presto nell’uso comune per
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IL CHIMICO CRISTOFORO MURATORI, “PROFETICO CITTADINO”
designare un giallino pallidissimo, come quello dell’alabastro; e ancora
oggi gli archeologi definiscono Bianco di Palermo il colore avorio di alcuni
particolari vasi attici (lechitos).
Vivendo a lungo in Francia e in Gran Bretagna – cioè nei Paesi europei
più avanzati per opifici e manifatture, organizzazione sociale e stili di vita –
Muratori ebbe occasione di conoscere precocemente le esigenze del vivere
moderno. In quel contesto, affrontò brillantemente il problema della conservazione degli alimenti deperibili, quali le uova e il latte; e, al riguardo,
brevettò un procedimento, basato sull’uso di una soluzione salina, che
annunciava già l’evoluzione dell’industria conserviera.
Il chimico palermitano cercò anche di rispondere ai nuovi bisogni suscitati dallo sviluppo delle tecnologie militari e, difatti, numerosi furono i suoi
contributi nel campo dei materiali ignifughi (brevettati a Londra nel 1874).
Fu anche inventore della corazza antiproiettile, di cui si parlerà oltre.
Muratori rappresentò la faccia dinamica della scienza. Con i suoi brevetti, con l’applicazione pratica delle miscele chimiche da lui scoperte, egli
si mosse agevolmente nel campo dell’imprenditoria, proiettandosi coraggiosamente verso il futuro. Non è raro, infatti, scorgere il suo nome nelle
pubblicazioni specialistiche e, in special modo, nei periodici che davano
conto delle scoperte tecnologiche, riconosciute e protette dalle autorità
pubbliche.
Negli anni dal 1855 al 1857 e dal 1865 al 1877, il nome del chimico
palermitano comparve in molteplici opere a stampa: «Annuario del ministero Agricoltura industria e commercio del Regno di Sardegna» (1855);
«The Mechanic’s Magazine, and journal of sciences, arts, and manifactures»(1856); «Journal of the Society of Arts» (1856); «The Repertory of
patent inventions: and other discoveries and improvements» (1856);
«Bulletin des lois de l’Empire Français» (1858); «Mechanic’s Magazine»
(1857); «The Civil engineer & architect’s journal» (1857); «Chronological
index of Patents applied for and patents granted» (1857); «Description des
machines et procédés pour lequelles des brevets d’invention ont été pris
sous le régime de la loi du 5 julliet 1844. Office national de la propriété
industrielle. Ministre de l’Agriculture, du Commerce et des Travaux
publics» (1865); «The London Gazette» (1872, 1874 e 1877); «The
Chemical news and Journal of industrial science» (1874); «The
Commissioners of patent’s journal» (1876).
Dalla lettura di tali pubblicazioni si evince che Cristoforo Muratori era
socio in affari a Parigi con un tal Salvi (nel 1855), con il farmacista
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LA CULTURA SCIENTIFICA NELLA SICILIA BORBONICA
Philippe Léchelle (che viveva in rue Lamartine n. 35), con Camille Monlel
e con il chimico Leopold D’Aubreville (abitante in rue Echiquier n. 36).
Nel suo lungo soggiorno estero, Muratori cambiò diverse residenze: il
31 agosto 1855 viveva a Parigi, in rue Caumartin n. 46. Ma, pochi mesi
dopo, eccolo nel Middlesex (presso Burton Crescent). Altra sua residenza
parigina, nel 1857, fu rue Lafitte n. 9, uno stabile a poche centinaia di
metri da quella a noi già nota rue Caumartin, in cui lo ritroviamo ancora
nel 1857, anno in cui visse anche, per un breve periodo, all’Hotel De
L’Europe, nel Middlesex.
Vita da esule, si potrebbe ben dire quella di Cristoforo Muratori, sballottato dagli eventi da un parte e l’altra della Manica, alla ricerca di chissà
che cosa o di chissà quali contatti. Una cosa è però è certa. Le sue condizioni economiche erano invidiabili e la sua vasta disponibilità finanziaria,
forse derivante dalla sua attività di imprenditore chimico, per qualche
tempo gli permise di gestire a Parigi, in via Lafitte, una “Casa di Banco” in
società con il suo amico di sventura Francesco Crispi: dal che si deduce che
i due lucrassero sulle commissioni commerciali e sull’attività creditizia1.
Gli anni compresi tra il 1855 e il 1857 furono anni intensi per
Cristoforo Muratori che a Parigi ebbe anche modo di conoscere Alexander
Dumas. A quell’epoca, però, Muratori non godeva fama di buon patriota e
qualcuno rimproverò Francesco Crispi di averlo frequentato nei suoi anni
parigini2. I due patrioti siciliani furono poi costretti a fuggire precipitosamente da Parigi quando, il 14 gennaio 1858, Felice Orsini attentò alla vita
di Napoleone III. A quanto pare, però, Muratori non era addentro a quella
congiura3.
Lasciata la Francia, raggiunse l’Algeria e poi, amnistiato e tornato in
Italia, abbandonò momentaneamente la sua attività di chimico ed imprenditore, per riprenderla negli anni Settanta, durante il suo secondo soggiorno estero. Nel 1872, 1874, 1876, 1877 ottenne dei brevetti in Inghilterra e
visse nel Middlesex, alternando il suo domicilio tra Bessborough Gardens,
a Pimlico; la città di Hockey; la residenza di Burton Crescent. A Londra,
1 «L’Indipendente», a. I, n. 28, martedì 13 nov. 1860. L’agiatezza di Cristoforo Muratori proseguì anche quando tornò in Italia; difatti nel 1863 ad una sottoscrizione patriottica offrì una
somma dieci volte superiore a quella versata da altri sostenitori. «Il Dovere», a. I, n. 18, sabato 11 luglio 1863, p. 144.
2 SIMONI E. 1869, p. 254.
3 ODDO G. 1863, p. 696.
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IL CHIMICO CRISTOFORO MURATORI, “PROFETICO CITTADINO”
nel 1874, aveva come socio affari Charles Galland (domiciliato a Cecil
street, Strand, nel Middlesex), forse da identificare con il futuro sindaco di
Algeri.
L’ultimo domicilio di Cristoforo Muratori, nel 1881, fu Parigi, città
nella quale egli morì. Il necrologio, apparso sulla «Gazzetta Ufficiale del
Regno d’Italia», dedica poche parole alla scomparsa del chimico siciliano.
“Decessi. Il Risorgimento di Torino del 1° luglio riceve da Parigi la dolorosa
partecipazione della morte del dott. cav. Cristoforo Muratori, agente diplomatico
ed ex-colonnello nell’esercito italiano. Il Muratori, inventore della corazza che da
lui prese nome, e di cui si fecero felici esperimenti in Torino, della tela impermeabile per bastimenti e del legno plastico, composizione chimica da supplire al legno
naturale, è morto all’età di 65 anni”.
L’annuncio necrologico era ben parco di notizie. Non riferiva che il
Muratori, a Palermo, il 12 gennaio 1848, aveva gettato la miccia alla rivoluzione, provocando i tafferugli nei quartieri più popolari; e che, condannato a reclusione, aveva scontato 3 anni di relegazione nella Cittadella di
Messina e 18 mesi ad Ustica. Presa poi la strada dell’esilio, pur lontano
dall’Italia, Muratori era stato un cospiratore impegnato nel processo risorgimentale: ma anche questo aspetto biografico – che non era certo un dettaglio – era taciuto dall’annuncio necrologico; così come taciuto era il suo
ruolo di “presidente del Comitato generale segreto di Napoli” rivestito
poco prima dell’arrivo di Garibaldi, al tempo in cui lo stesso Muratori era
stato “incaricato nel continente per il reclutamento e per altri servigi
importanti alla guerra”4.
Il necrologio, inoltre, non ricordava che la vita di Muratori era stata
attraversata, nella primavera del 1862, dal giornalismo militante: difatti,
come direttore del quotidiano napoletano «Il Tribuno», aveva dato vita ad
una breve esperienza editoriale che metteva in chiaro la sua capacità di
polemista5. Divenuto poi alto ufficiale dell’esercito del Regno d’Italia, era
stato mandato in Portogallo, in missione diplomatica – assieme al barone
siciliano Alfredo Porcelli di Sant’Andrea, già colonnello garibaldino (e
anche campione di ambiguità, nonché provocatore e spia) – per una visita
ufficiale alla Corte lusitana6.
4 LA MASA G. 1862, p. XXIX.
5 BERTONI JOVINE D. (a cura di) 1960.
6 LIDA C.E., I. M. ZAVALA (ed.) 1970. Ringrazio Virgilio Ilari per questa e altre utilissime
segnalazioni bibliografiche.
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LA CULTURA SCIENTIFICA NELLA SICILIA BORBONICA
Nonostante tale prestigioso incarico, si può asserire che nel 1881, anno
della morte, Cristoforo Muratori fosse un uomo ormai caduto in disgrazia
e ricordato dagli organi ufficiali del Regno d’Italia soltanto per la sua carriera militare e per la corazza antiproiettile, da lui inventata.
Un tardivo riconoscimento del suo valore patriottico si ebbe nel 1884,
quando il suo ritratto venne esposto, accanto a quello di Ciro Menotti, nel
Tempio del Risorgimento Italiano, allestito a Torino in occasione
dell’Esposizione generale italiana. Si ignora che fine abbia poi fatto quel
quadro che, a quanto sembra, non entrò a far parte del patrimonio del
Museo del Risorgimento di Torino7.
Forse il ritratto di Cristoforo Muratori, conclusa la mostra, rimase nella
disponibilità del garibaldino Timoteo Riboli, che aveva mandato quel quadro all’esposizione torinese in aggiunta a molti altri cimeli, tra cui la sua
collezione rarissima di testimonianze (medaglie, diari, pubblicazioni e
manoscritti) di tutti i congressi scientifici, promossi da Carlo Bonaparte,
tenutisi in Italia dal 1839 al 1847, con la seguente successione: Pisa 1839,
Torino 1840, Firenze 1841, Padova 1842, Lucca 1843, Milano 1844,
Napoli 1845, Genova 1846, Venezia 1847.
Amico di Cristoforo Muratori, il dottor Timoteo Riboli fu il medico
parmense (Colorno 1808-Torino 1895) che curò Garibaldi ferito nel 1862
in Aspromonte. Affiliato ad una loggia massonica, fu un ben strano ed
infervorato patriota, se è vera la testimonianza che alla sua morte, per suo
desiderio, venne vestito con la camicia nera, e gli fu collocata sul petto una
piccola urna di cristallo contenente le fotografie di Garibaldi, Mazzini, e
dei garibaldini Avezzana e Milbitz8.
Gli eredi del dottore Riboli – che a Torino aveva lo studio nell’attuale
via Lagrange n. 2 – forse posseggono ancora oggi il ritratto di Cristoforo
Muratori, un personaggio definito “profetico cittadino”. La didascalia che
corredava l’effige recitava infatti: «Il ritratto del profetico cittadino Cristoforo
7 TEMPIA G. (a cura di) 1884, pp. 29-30.
8 M ENGOZZI D. 2007. Le carte Riboli sono conservate dal Museo Centrale del
Risorgimento, al Vittoriano, ma da un sommario controllo degli schedari cartacei non risultano documenti di Cristoforo Muratori né come autore né come destinatario; sue creazioni
sono descritte da Riboli (“Nuovissimi modelli [di armature e uniformi] eseguiti per commissione dei signori cav. Muratori e Bernieri”, Torino giugno 1866, segnatura 494/33). Sono
grata a Giuseppe Monsagrati per la segnalazione archivistica e per i suoi suggerimenti volti a
meglio inquadrare la figura di Muratori, un personaggio non sempre limpido nelle varie
avventure della sua vita, tanto da non poter esser portato ad esempio di onestà e rigore.
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IL CHIMICO CRISTOFORO MURATORI, “PROFETICO CITTADINO”
Muratori, presidente del Comitato Generale di Napoli, rappresentato innanzi al
principe D. Luigi Conte d’Aquila al quale risolutamente, nel luglio 1860, diceva:
Fate ciò che vi aggrada: il popolo è armato e non vi teme, Garibaldi in 15 giorni
sarà a Napoli, l’armata non si batterà e la vostra dinastia sarà disonorata».
Per comprendere appieno l’episodio che vide protagonisti, nel luglio
1860, Cristoforo Muratori e il conte d’Aquila, occorre richiamare gli avvenimenti di quell’estate e ricordare che, mentre la marcia di Garibaldi avanzava trionfalmente, fervevano anche le trattative amichevoli di alleanza tra
gabinetto di Napoli e quello di Torino, con il governo borbonico che voleva assicurarsi i possessi continentali e lasciare la Sicilia al Piemonte.
In questo contesto il conte d’Aquila, zio del re Francesco II, tendeva a
farsi proclamare reggente “anche a costo di gettare nel fango suo nipote il
re”. Ma i liberali si accorsero delle sue intenzioni. Muratori sventò l’ardito
progetto e lo fece con una presenza di spirito lodevole. Si presentò davanti
al principe e gli rivolse quelle parole che qui val la pena ripetere: “Altezza,
fate ciò che vi aggrada: il popolo è armato e non vi teme, Garibaldi in 15
giorni sarà a Napoli, l’armata non si batterà, e la Vostra dinastia sarà disonorata”9.
Muratori, si è già detto, fu il presidente del Comitato segreto di Napoli.
Inoltre, il 21 maggio 1860 – su proposta di La Masa – fu nominato da
Garibaldi luogotenente-colonnello del Corpo dei cacciatori dell’Etna e
Guerriglie siciliane, con l’incarico di riunire giovani volontari.
Le cronache coeve informano che il 20 agosto 1860, nelle acque del
Golfo di Napoli, fu ospite di Alexander Dumas sulla goletta L’Emma, dove
trovò imbarco anche fra’ Giovanni Pantaleo. Il loro scopo era rifornire
Garibaldi di armi e uomini per agevolarne la marcia dalla Sicilia verso il
meridione continentale. Il 5 settembre clandestinamente approdarono
nella marina di Acciaroli (cittadina del Cilento ora nota per il sindacopescatore ucciso). Muratori, sbarcato a terra, vestito da garibaldino, con la
carabina in spalla, radunò volontari con i quali rifornire le schiere garibaldine, che avevano già raggiunto il salernitano. Distribuì camicie rosse, armi
e munizioni. L’entusiasmo popolare fu immenso. Accorsero anche i conta-
9 ODDO 1863. Le stesse parole riporta una litografia - custodita dall’Istituto per la Storia del
Risorgimento italiano (sezione iconografica, Ved. 7a-59, cm 30x35,5) - dedicata a Gaetano La
Loggia, presidente del Comitato generale di Sicilia e ministro degli Affari esteri. L’incisione,
stampata da Doyen, mostra che all’incontro del luglio 1860 partecipò, oltre al conte d’Aquila
e a Muratori, anche un terzo personaggio.
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LA CULTURA SCIENTIFICA NELLA SICILIA BORBONICA
dini dai villaggi circostanti e immediatamente una moltitudine di persone
“erasi per incanto già tutta vestita di rosso” mentre “il telegrafo ingannato
segnalava lo sbarco di un corpo di garibaldini in Acciaroli, cosa che affrettò
la partenza di Francesco” da Napoli alla volta di Gaeta.
L’ufficiale garibaldino Leonino Vinciprova, testimone dei fatti, documentò che “S’improvvisò un pranzo a Muratori e in tutto quel tempo
festose grida Viva l’Italia! Viva Vittorio Emanuele! Viva Garibaldi! riempivano d’entusiasmo il cuore di tutti”10.
La sera del 5 settembre Muratori dormì a casa del barone Francesco
Antonio Mazziotti, un patriota che abitava a Cannicchio, località vicina a
Celso. Muratori assieme al maggiore garibaldino Vinciprova (che era di
Omignano e, dunque, conoscitore dei luoghi) decisero di mandare corrieri
con una comunicazione circolare a tutti i sindaci, ai capi della Guardia
nazionale, ai parroci dei comuni del circondario di Pollina, per indurli a
partecipare l’indomani ad una adunanza, che si sarebbe tenuta a mezzogiorno a Palazzo Mazziotti.
Nel momento più solenne della manifestazione politica “Muratori
prese la parola e fece ai collegati un’allocuzione calda di patrii sentimenti,
che durò più di un’ora. Egli pareva ispirato, e sovente interrotto da fragorosi applausi. Il suo discorso provò la necessità di dichiarare la decadenza
di Francesco II e di tutta la dinastia, proclamare re Vittorio Emanuele re
d’Italia e costituire nello steso tempo un governo provvisorio. Muratori
assicurava sul suo onore che in Napoli le cose erano disposte in modo che
Garibaldi entrerebbe in trionfo senza tirare un colpo di fucile. Noi ascoltavano le sue parole, e lo credevamo come si potrebbe credere a un profeta.
Difatti così avvenne”.
L’assemblea presieduta da Muratori venne ai voti. All’unanimità fu
dichiarata la decadenza della dinastia Borbone e proclamato il regno di
Vittorio Emanuele re d’Italia. Fu un fatto decisivo che abbreviò il percorso
verso l’Unità. Il generale Garibaldi lo apprezzò ed accolse festosamente
Muratori, la mattina del 9 settembre.
La manifestazione di volontà popolare, assecondata e guidata da
Muratori, fu un atto politico che attestò il vivo e concreto desiderio di unificazione espresso dai patrioti del Cilento, terra notoriamente impegnata
nel processo risorgimentale. Con grande clamore, 45 giorni dopo, si tenne
10 «L’Indipendente», a. I, n. 172, venerdì 10 maggio 1861.
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IL CHIMICO CRISTOFORO MURATORI, “PROFETICO CITTADINO”
nelle province napoletane il plebiscito di annessione del Regno delle due
Sicilie al Piemonte (ottobre 1860).
La fama di Muratori nell’estate 1860 non era però all’apice. Qualcuno
sussurrava che egli fosse una spia della polizia borbonica e, di conseguenza,
chi lo frequentava non era visto di buon occhio11. L’accusa di spionaggio
era ben sostanziata dai fatti. Muratori era infatti uomo di fiducia del ministro della Polizia del Regno delle due Sicilie, Liborio Romano, un vecchio
liberale che, con scaltrezza politica, manteneva anche contatti con Cavour
e con Garibaldi.
Il ministro borbonico, proprio tramite Muratori, ebbe un incontro
segreto con Alexander Dumas. La scena si svolse, nella notte tra il 22 e il
23 agosto, a bordo della goletta L’Emma, ancorata al largo di Napoli. I
dettagli dell’occulto colloquio furono descritti dall’autore de I tre moschettieri negli articoli Rivoluzione di Napoli, apparsi su «L’Indipendente», quando quel quotidiano, dal 12 ottobre 1860, cominciò le sue pubblicazioni a
Napoli12.
Alexander Dumas, in veste di “cronista” dell’impresa garibaldina, rappresenta la fonte più rilevante di informazioni su Cristoforo Muratori.
Costui, però, ai suoi tempi fu essenzialmente noto nella comunità scientifica per la corazza antiproiettile in fibre vegetali da lui inventata poco prima
del 1867. Ma, attenzione: fu veramente il chimico siciliano l’ideatore del
corpetto non metallico che resisteva a pallottole, fendenti, colpi di spada e
pugnale? Forse no, giacché – a quanto sembra – Muratori perfezionò una
precedente invenzione del corfiota Andréas Papadópoulos Bretós, che ben
25 anni prima aveva reso noto un simile corpetto all’Accademia della scienze di Parigi (luglio 1842), ad una commissione di specialisti di Venezia
(nov. 1842) e agli scienziati riuniti in congresso a Firenze (sett. 1841) e a
Padova (sett. 1842).
Mariano d’Ayala, che di cose militari era assai esperto, ritenne però che
Papadópoulos Bretós carpì la scoperta al vero inventore dell’autentica
corazza: il patriota napoletano Giuseppe Rosaroll (1775-1825), autore di
manuali di tecnica militare, morto a Nauplia per aiutare i Greci nella lotta
11 MAISON E. 1861, p. 133.
12 Muratori “occupava presso Liborio Romano un posto di fiducia ed amicizia politica, senz’altra retribuzione che la sola speranza della riuscita dei suoi disegni per la unificazione
d’Italia”. «L’Indipendente», a.. I, n. 29, mercoledì 14 nov. 1860.
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LA CULTURA SCIENTIFICA NELLA SICILIA BORBONICA
per l’indipendenza13. Rosaroll, da appassionato collezionista qual era, possedeva una rara e ricca collezione di armi offensive e difensive del medioevo, tra le quali spiccava una corazza in seta –presumibilmente rinascimentale, inventata da un certo Gabriele Pugliese, napoletano – che resisteva
alle palle di fucile alla distanza di cinque passi14.
Il corpetto antiproiettile in fibre vegetali ha, dunque, molti padri e,
volendo ripercorrerne la genesi, bisogna risalire addirittura all’antichità,
all’epoca cioè in cui si usava indossare a scopo difensivo delle imbottiture
di sostanze vegetali filamentose (per lo più cotone e lino) pressate e imbevute di sale ed aceto per renderle infeltrite. In seguito, si pensò di utilizzare
“l’arco del cappellaio” per infeltrire le fibre del corpetto. Tale processo chimico-meccanico fu utilizzato da Andréas Papadópoulos Bretós, un personaggio sul quale occorre insistere, sottolineando che egli fu medico e letterato, diffusore degli ideali filellenici in Francia e in Italia, biografo dell’eroe nazionale greco Ioannis Capodistria (1776-1831), cavaliere del Reale
ordine di Francesco I, partecipe della vita culturale di Napoli, dove aveva
studiato nel Real Liceo del Salvatore laureandosi poi all’Università.
Andréas Papadópoulos Bretós, auspicando che il pettorale potesse
entrare a far parte dell’equipaggiamento delle truppe, sottopose al sovrano
delle due Sicilie un prototipo di corpetto antiproiettile, che lui chiamava
pilima (vocabolo greco che significa feltro).
Il re Ferdinando II fu entusiasta di avere a disposizione quella nuova
arma segreta, capace di resistere alle armi bianche ed a quelle da fuoco portatili. Parere positivo espresse anche una apposita commissione governativa e
così, nel 1841, all’inventore fu concesso un sostanzioso riconoscimento
pecuniario (3000 ducati), mentre in gran segreto cominciava a livello sperimentale la costruzione delle corazze per il Ministero della guerra, in un laboratorio di artiglieria al quale potevano accedere soltanto persone fidate15.
13 D’AYALA M. 1848, p. 175.
14 Testimonianza di Andréas Papadópoulos Brétos, che incontrò nel 1818 “il generale napoletano” (PAPADOPULO VETROS A. 1843, p. 4). Giuseppe Rosaroll nei suoi scritti editi, a
quanto sembra, non citò corpetti e armi difensive in fibre vegetali. Ringrazio per l’informazione Giovanni Rapisardi, che ha recentemente pubblicato a Torino una nuova edizione commentata de La scienza della scherma, scritta da Rosaroll assieme a Pietro Grisetti.
15 Con ministeriale del 26 marzo 1841 «Si emanano ordini perché venga sperimentato il pilima del dottor di Corfù Andrea Papadopulo Vetrò». Agli ordini seguirono le Lettere della
Direzione generale dei corpi facoltativi, a firma del principe di Satriano, datate Napoli primo
aprile e 4 giugno 1841. Il ten. col. Matteo Giuliani doveva sorvegliare gli esperimenti.
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IL CHIMICO CRISTOFORO MURATORI, “PROFETICO CITTADINO”
Il segreto non durò però a lungo e Papadópoulos Bretós – proprio per
la sua attiguità con l’apparato di potere borbonico – cominciò ad essere
profondamente detestato da chi nutriva sentimenti liberali, e, in primo
luogo, dallo scienziato Francesco Orioli. I due si erano conosciuti a Corfù
e forse nell’isola greca erano già nati i loro primi dissapori, che divennero
conclamati durante i congressi scientifici di Firenze (1841) e di Padova
(1842), quando – a detta del greco – egli “fu la vittima innocente di un’odiosa trama, orditagli da Scienziati italiani, per lo scopo politico di fare
onta a Ferdinando II, Re delle Due Sicilie, il quale lo aveva generosamente
ricompensato per la scoperta del Pilima”16.
La testimonianza – benché tardiva (1869) – manifesta in modo significativo il connubio tra scienza e politica nel risorgimento.
Sebbene si ignori quale fosse “l’odiosa trama” ordita dagli scienziati italiani, essi, proprio per quegli oscuri complotti, rischiarono di vedere sciolto
il loro congresso di Padova dal conte Alois von Palffy, governatore delle
province venete, su ordine delle autorità di Vienna. Giusto in quel consesso Papadópoulos Bretós ebbe la rivincita che cercava, dopo la figuraccia
che aveva fatto a Firenze l’anno prima: quando il pilima era stato traforato
miseramente da una pallottola al momento della solenne dimostrazione,
nel giardino dei Boboli, davanti al Granduca di Toscana. L’Italia savant ne
aveva riso e non mancarono sui giornali gustosi resoconti sarcastici
mischiati a toni antimilitaristi, che non cessarono neanche quando, nel
1842, il pilima diede buona prova di sé davanti all’Accademia delle scienze
di Parigi17.
Per i successivi 25 anni non si parlò più di pilima. Ma ecco che, nel
1867, Cristoforo Muratori tornò alla ribalta con un corpetto antiproiettile
in fibre vegetali, del tutto identico al pilima, ma più leggero, che da lui
prese il nome di corazza Muratori18. Al nuovo corpetto dedicò spazio la
16 PAPADOPULO VRETOS A. 1869, p. IV.
17 Il pilima presentato a Parigi era, rispetto ai precedenti, maggiormente imbottito, ricoperto
di cuoio verniciato e più pesante di un chilo. Fu provato su un vitello vivo e su un cadavere
umano. Feroci e succosi resoconti dell’esperimento si leggono sul settimanale «Il Felsineo»,
a. III, giugno 1842 - maggio 1843. Notizie sul pilima anche in BREY G. 1844.
18 La corazza Muratori pesava Kg 1,3. Il pilima invece variava tra gli oltre Kg 4 (prototipo) e i
Kg 2 dei modelli più evoluti. Andréas Papadópoulos Brétos rivendicò il diritto di priorità
della scoperta e scrisse delle lettere che furono pubblicate il 22 marzo 1869 su «La Nazione»,
periodico fiorentino fondato tra gli altri da Bettino Ricasoli, espressione di correnti politiche
forse avverse a quella impersonata da Cristoforo Muratori.
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stampa, anche quella internazionale, quando si sparse la voce che, su ordine del governo, nell’arsenale di Torino erano cominciate le sperimentazioni per la produzione di quell’arma difensiva, in vista di un suo utilizzo da
parte degli agenti di Pubblica sicurezza in assetto antisommossa19.
In merito alla corazza Muratori presero parola anche i vertici dell’esercito italiano. Un alto ufficiale, Saverio Griffini, illustrò in un suo opuscolo
il corpetto in fibre vegetali ed affermò che esso – oltre a resistere a parecchi colpi di armi da fuoco, punta e taglio – aveva anche costi di produzione
molto bassi e concorrenziali rispetto ai manufatti metallici. Di opinione
opposta era invece Stanislao Mocenni, un militare che, pubblicando le sue
osservazioni, alimentò una polemica rintracciabile nella pubblicistica dell’epoca, in cui forti erano anche gli echi delle sconfitte militari di Custoza
(24 giugno 1866) e Lissa (20 luglio 1866)20.
Tali disastri erano addebitabili, secondo alcuni, alla scarsa propensione
all’innovazione tecnica delle forze armate italiane nel campo degli armamenti, giacché venivano spesso ignorate le nuove scoperte, come, ad esempio, il cannone rigato Cavalli e il fucile a retrocarica fabbricato a Brescia,
che avrebbero potuto assicurare alla nazione “ il trionfo della scienza e dell’arte militare”21.
Anche la corazza Muratori subì lo stesso destino. Benché il manufatto
in fibre vegetali riscuotesse persino l’interesse dell’esercito pontificio, in
Italia il corpetto fu presto affossato dalla “pedanteria burocratica” di una
19 Cfr. Der deutsche Staatsbürger: bayerisches Volksblatt, 1867, p. 658; e molti altri testi in lingua
tedesca facilmente rintracciabili in rete (Streffleurs militärische Zeitschrift, vol. 4; SEIDEL L. W.
1867, p. 118. Das Archiv für Seewesen, vol. 4, C. Gerold’ssohn., 1868, pp. 92-93). Tra i giornali
italiani che citano la corazza Muratori si segnala il «Giornale delle scienze mediche R.
Accademia medico-chirurgica di Torino», vol. 3-4 ( 1867), p. 640.
20 GRIFFINI S. 1867; ANONIMO s.d. In una recensione all’opera di Griffini (GARELLI G. E.
1868) si legge: «Quando tutti i Governi a noi d’intorno sono occupati in cose di guerra, e pur
predicando pace van provando e riprovando tutte le più micidiali invenzioni, pare strano che
l’Italia, in vece di trar partito dall’ingegno de’ suoi figli per accrescere le sue forze e i suoi
mezzi di difesa, voglia costringere gli artefici ed inventori nazionali a portare all’estero le loro
scoperte». Muratori ricevette per la sua invenzione i complimenti del generale Pettinengo,
meravigliato nel vedere che «la corazza Muratori resistette alle palle del revolver di cavalleria
a 5 passi, alla baionetta di un granatiere gigantesco,alla lancia acutissima di un colossale lanciere,ai reiterati colpi di sciabola tanto di taglio che di punta»: GIOANNINI M., MASSOBRIO
G. 2003, p. 133.
21 All’epoca c’era chi, auspicando le innovazioni, affermava: “finché la milizia si guardi dal
lato della caserma, non della scuola, avremo un esercito che sarà la rovina delle finanze dello
Stato, non mai un efficace strumento di gloria e di indipendenza”. FRIGYESI G. 1868, p. 362.
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IL CHIMICO CRISTOFORO MURATORI, “PROFETICO CITTADINO”
commissione governativa, che espresse parere negativo sulla corazza
Muratori, pur riconoscendone leggerezza (appena kg 1,3) e la resistenza
meccanica, equivalente a quella di una lastra di acciaio spessa un
millimetro22.
Certamente non giovò alla corazza Muratori la contemporanea disavventura giudiziaria che colpì il suo inventore che, giusto nello stesso anno,
il fatale 1867, fu trascinato sui banchi degli imputati nell’aula di giustizia
del tribunale di Cagliari. Il capo di accusa era pesante: truffa e sottrazione
ai danni dei detenuti del carcere di Cagliari, al tempo in cui egli era direttore di quel penitenziario. Muratori, che aveva agito in associazione ad altri
tre rei, fu anche indiziato per concussione e furto ai danni dell’impresa fornitrice.
Appena era stata scoperchiata la ben oleata macchina dell’illiceità,
messa in moto nel 1865, Cristoforo Muratori era stato immediatamente
trasferito a Genova e poi gli era stata affidata la direzione del “castello di
relegazione” nel Forte Albertino di Vinadio, in provincia di Cuneo23.
L’Archivio di Stato di Cagliari conserva un fascicolo del tribunale penale di Cagliari, con l’incartamento del processo in Corte d’Assise24. La
documentazione archivistica, oltre a mettere in guardia sulla sua statura
morale, ragguaglia sul temperamento sanguigno del Muratori che, nell’udienza del 4 febbraio 1867, non frenò come doveva la lingua, oltraggiò il
tribunale e uscì fragorosamente dall’aula, seguito dai due suoi intemperanti
avvocati difensori, che pure si rifiutarono di assistere al dibattimento.
L’abbandono della sala delle udienze era un chiaro segno di insofferenza
verso il potere costituito, a riprova della durezza del clima politico vissuto
in Italia nell’inverno del 1867, mentre le sorti del Paese erano rette dalla
destra storica del “barone di ferro”, Bettino Ricasoli, l’allora capo dell’esecutivo.
22 Benché rimasto a livello di prototipo, il corpetto in fibre vegetali divenne in breve noto
anche al largo pubblico. La locuzione “corazza Muratori” entrò a far parte di racconti umoristici pubblicati a quell’epoca in Italia. Tra gli esempi ANONIMO 1868, p. 306; BIANCIARDI S.
1868, p. 24.
23 «Effemeride Carceraria. Rivista ufficiale delle Carceri del Regno d’Italia», a. II, TorinoFirenze 1866, p. 127. Attualmente nel castello di Vinadio si conserva un solo documento sul
“cav. Cristoforo Muratori”. Ringrazio Raffaella Degioanni per la segnalazione.
24 Archivio di Stato di Cagliari, Tribunale di Cagliari. Cause Penali. Processi decisi, b.
288, fasc. 8. L’incartamento non ci dice come finì il processo,ossia quale condanna, se ci fu
FERRARA F. 1955, p. 624.
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Gli avvocati difensori di Cristoforo Muratori, da parte loro, erano due
valorosi penalisti del foro di Cagliari, ma anche personaggi ben noti alle
cronache politiche come esponenti della sinistra più intransigente:
Gioacchino Umana e Gavino Fara. Il primo, animato da “indomito ardore
rivoluzionario e cuore ardente di amor patrio”, era un anticlericale definito
“avanzo di galera” dal giobertiano Giorgio Asproni; il secondo, deputato e
pubblicista, fondatore del giornale «Il Popolo», fu esponente del partito
antiministeriale, difensore del decentramento amministrativo, capofila
delle battaglie orientate verso l’emancipazione femminile.
Dopo il processo, forse Cristoforo Muratori si vide degradato di ogni
stima dalla pubblica opinione e, pur di non patire dubbi sulla sua onestà,
andò via dall’Italia dove forse lasciava una nomea di avventuriero. Non fu
certo rimpianto dal suo concittadino e coetaneo Stanislao Cannizzaro stella affermata della chimica italiana – che gli era ostile e nel 1865 lo aveva
accusato di “clericalismo”25.
All’estero Muratori proseguì la sua carriera di chimico, ricevendo attestazioni di prestigio necessarie per svolgere la sua attività. Deceduto a
Parigi nel 1881, con la sua pur controversa vita – un po’ da genio e un po’
da birbante, così come quella di tanti altri uomini di cui è ricco l’Ottocento
italiano - egli dimostra che nel risorgimento scienza e politica rappresentarono due aspetti complementari di un più ampio progetto, volto al rinnovamento della cultura italiana e al miglioramento delle condizioni politiche, civili, sociali della nazione.
25 FERRARA F. 1955, p. 624.
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