www.piacenzamusei.it Dicembre 2016 Le Segnalazioni La Sacra Famiglia e la Crocifissione di Gesù Grandi e pregevoli pale di Camillo Procaccini nelle chiese Piacentine Camillo Procaccini, Sacra Famiglia con Sant’Anna donata alla chiesa del Corpus Domini dalla Cattedrale nel 1977, Piacenza L a città di Piacenza, per la sua storia e per la sua localizzazione strategica, è stata nel passato terra di approdo e di partenza per molti artisti, non a caso Leonardo da Vinci la definiva Piacenza terra di passo come Fiorenza nel Codice Atlantico, f.887r-v. Tra i pittori in transito una menzione particolare merita senz’altro Camillo Procaccini (Parma, 10 1561 – Milano, 21 agosto 1629) sia perché egli costituì un anello di congiunzione fra la scuola Bolognese e quella Lombarda, sia perché a Piacenza lasciò alcune opere tra le più significative del suo vasto repertorio. Mi riferisco in particolare agli affreschi della navata e dell’abside del Duomo, realizzati in collaborazione con Ludovico Carracci, lavoro completato tra il 1605 e il 1609, e alla nota Strage degli Innocenti, grande e pregevolissima tela collocata nella chiesa di San Sisto che Camillo Procaccini realizzò nel 1603, senza infine dimenticare le raffigurazioni dei santi Sebastiano e Rocco, risalenti ai primi anni del XVII sec., per la chiesa di Santa Maria di Campagna. Si tratta, in particolare per i due primi esempi citati, di opere di primaria importanza per lo studio del Procaccini e che possono sicuramente essere annoverate fra i momenti più alti della sua produzione. Camillo era figlio d’arte e tutta la sua famiglia era composta da pittori di rilevante talento e vasta rinomanza: suo padre Ercole Procaccini il Vecchio (Bologna, 1515 – 1595) è stato un eminente rappresentante della scuola manierista bolognese, così come i fratelli Giulio Cesare Procaccini (Bologna, 1574 – Milano, 14 novembre 1625) e Carlo Antonio Procaccini (Bologna, 1571 – 1630). Dalla nativa Emilia, Camillo Procaccini si trasferì a Milano, assieme ai familiari, al seguito del conte Pirro Visconti Borromeo, colto ed estroso personaggio che gli affidò l’incarico della decorazione del celebre Ninfeo nella Villa Borromeo Visconti di Lainate, alla fine degli anni Ottanta del Cinquecento. Grazie alla fortunata collaborazione con il conte Visconti Borromeo egli raggiunse la definitiva affermazione artistica e professionale sia in ambito milanese che nel vicino Canton Ticino, tanto che il suo indiscusso talento gli valse il soprannome di “Vasari della Lombardia”. Il suo originale eclettismo, che interiorizzava e rielaborava le precedenti esperienze emiliane, così come il suo impegno nel riformare lo stile della pittura religiosa attraverso un’esposizione chiara e logica dei principi cattolici dettati dagli artisti della Dicembre 2016 controriforma, lo portarono ad assumere un ruolo di rilievo nella propagazione del Barocco lombardo e a costituire una guida sicura per tanti giovani pittori, al punto che la sua bottega rappresentò a lungo un punto di riferimento per artisti che in seguito svilupparono una propria specifica personalità, come ad esempio Giovanni Battista Discepoli detto lo Zoppo di Lugano (Lugano, 1590 circa – Milano, 1654 circa). Accanto alle opere di Procaccini prima citate, sono presenti a Piacenza due dipinti che, sebbene forse meno noti, rappresentano comunque due significative espressioni del talento dell’artista e testimoniano pure la sua apprezzata versatilità, soprattutto nell’uso dei colori e nel conseguente risultato cromatico complessivo, circostanza che il lettore potrà facilmente riscontrare dal confronto visivo, in quanto le opere sono collocate in chiese piacentine che ne consentono la libera fruizione ai visitatori: mi riferisco alla grande pala raffigurante una Sacra Famiglia con Sant’Anna, ora nella chiesa del Corpus Domini, e a Gesù crocifisso adorato da tre santi nella chiesa di San Lazzaro. La Sacra Famiglia con Sant’Anna, realizzata fra il 1605 e il 1609, periodo in cui Camillo Procaccini era impegnato nella realizzazione degli affreschi della navata e dell’abside del Duomo di Piacenza in collaborazione con Ludovico Carracci, presenta un vivace impianto cromatico che ancora risente degli influssi emiliani, ma nel contempo evidenzia le iniziali influenze esercitate dalle prime esperienze milanesi. La grande pala venne donata dalla Cattedrale di Piacenza alla chiesa del Corpus Domini nel 1977, in occasione del complesso restauro cui venne sottoposta tale chiesa. Un convincente confronto, tanto per i dettagli della tecnica esecutiva quanto Sant’Alessandro in Zebedia a Milano, che costituisce una fra le opere più note lasciate in Lombardia dal pittore. Altra opera degna di nota fra quelle lasciate a Piacenza da Camillo Procaccini è sicuramente la grande pala, olio su tela cm. 285 x 182, raffigurante Gesù crocifisso Camillo Procaccini, Cristo crocifisso, Chiesa di San Lazzaro, Piacenza soprattutto per la vivacità dei colori può essere compiuto con il Cristo e la Samaritana, olio su tela cm. 146 x 116, battuto da Christie’s a Londra il 4 luglio 2012, lotto n. 118, riconosciuto come opera autografa di Camillo Procaccini da A. Crispo, F. Frangi e N. Ward Neilson. Come tempo e come modi non siamo lontani dalla splendida Natività realizzata da Camillo per la chiesa di adorato da tre santi posta nella chiesa di San Lazzaro. Nelle Pubbliche pitture di Piacenza del Carasi, libro pubblicato a Piacenza nel 1780, il dipinto viene citato in Sant’Agostino, precisamente al di sopra del terzo altare a destra. A seguito della successiva chiusura al culto della chiesa di Sant’Agostino, avvenuta nel 1797, l’opera venne trasferita alla chiesa di San Lazzaro, primo altare a destra. Tale notizia ci è confermata sia da L. Scarabelli nella sua Guida ai monumenti storici e artistici della città di Piacenza del 1841, sia da G. Buttafuoco nella sua Nuovissima guida della città di Piacenza… del 1842. La Crocifissione della chiesa di San Lazzaro ci presenta una figura di Gesù che volge gli occhi al cielo ed evidenzia una pacata serenità e uno stato di grazia, nonostante i chiodi conficcati nelle mani e nei piedi. L’anatomia del corpo, così come la raffigurazione del viso, sono di qualità molto elevata e il candore della pelle di Cristo si contrappone al fondo scuro della composizione, dando luogo ad un effetto tridimensionale attraverso il quale la figura di Gesù crocifisso sembra voler fuoriuscire dalla tela e prendere corpo. Ai lati della croce sono rappresentati tre santi: San Domenico, Sant’Agostino e San Francesco, inginocchiato al centro. Tutta la composizione tende a un cromatismo di “secondo piano”, quasi ad assecondare la splendente figura del corpo di Cristo che con la sua intensa luce illumina indirettamente i santi che lo circondano. Solo Sant’Agostino, con il suo piviale verde bordato d’oro e foderato di rosso porta una nota di colore alla composizione e si rende ben visibile, pur senza esprimere l’intensa luminosità di Gesù: è evidente come non si tratti di una scelta casuale, Procaccini infatti, pur riservando il primo piano alla figura di Cristo, ha volutamente accentuato i colori di Sant’Agostino proprio per renderlo più facilmente visibile e distinguibile dai Santi 11 www.piacenzamusei.it Domenico e Francesco e ciò al fine di assecondare la committenza dato che, come si è visto, l’opera era originariamente destinata alla chiesa di Sant’Agostino. A testimonianza della notorietà che il dipinto di Camillo Procaccini aveva Dicembre 2016 conseguito sin dai tempi della sua realizzazione, valga la circostanza che diverse furono le copie riprese da anonimi artisti locali, la più nota delle quali è sicuramente quella con varianti collocata nella chiesa del Cimitero di Piacenza. Spero quindi che queste poche righe dedicate ad opere piacentine di Camillo Procaccini possano in qualche modo stimolare la curiosità degli appassionati d’arte e spingerli a recarsi nelle chiese che ospitano tali dipinti per un confronto de visu con gli stessi, che sono certo susciterà ammirazione ed emozioni. Marco Horak Le Arti Gli Ex-Voto di Roveleto di Cadeo a Piacenza Resoconto della mostra realizzata nello Spazio Rosso Tiziano L a mostra sugli Ex-Voto, tenutasi l’ottobre scorso, segna un’ulteriore tappa nel percorso virtuoso dello Spazio Rosso Tiziano di Piacenza, che nella sua sede della chiesa medioevale dei SS. Nazzaro e Celso restaurata in tre fasi e in 26 anni di attività ha offerto al pubblico, piacentino e non, innumerevoli opportunità di fruizione prevalentemente di arte contemporanea nelle sue più svariate e inaspettate versioni; questa invece è più rivolta al passato ed è una rara occasione per mettere in evidenza una particolare raccolta di testimonianze devozionali, di notevole significato umano e sociale in forma di rappresentazione pittorica artigianale e popolare, che acquista un ulteriore peso culturale per la sua unicità in un umile settore della rappresentazione pittorica poco conosciuto o trascurato. Gli ex-voto provengono dal santuario della Madonna del Carmine di Roveleto di Cadeo, sono stati Pittore ignoto, olio su tela, Sec. XVIII - cm. 32x44 12 recentemente restaurati per iniziativa del parroco e vi verranno ricollocati come prima sulla parete sinistra; essi seguono alcune tematiche che riguardano la sopravvivenza a una malattia grave oppure a improvvisi incidenti domestici o stradali, l’incolumità dopo naufragi o lunghe navigazioni. Solitamente è rappresentata la persona nello stato immediatamente precedente al miracolo (il malato a letto, l’incidente stradale appena avvenuto, l’agguato nel momento culminante, l’infortunio sul lavoro) e l’incombente presenza della benevola Madonna con il Bambino in un riquadro sovrastante contornato da nuvole nel cielo. Ad esempio in un quadretto del secolo XVIII il malato nel letto rosso con baldacchino, che indica una condizione sociale elevata, è assistito da un sacerdote che indica platealmente la Madonna che appare benedicente con il Bambino in braccio; il cartiglio con la sigla P. G. R. (per grazia ricevuta) attesta che la guarigione è Autore ignoto, olio su tavola, Sec. XVIII - cm. 42x54