97-102 Ras2-Bartolotti - Recenti Progressi in Medicina

Vol. 100, N. 2, Febbraio 2009
Pagg. 97-102
Attuali conoscenze
sul decorso e sulla prognosi dell’epatite cronica da virus C
nei bambini
Flavia Bortolotti
Riassunto. Nei paesi sviluppati, l’epatite cronica da virus C è oggi poco frequente in età
pediatrica. Il contagio avviene quasi esclusivamente in epoca perinatale da madre spesso tossicodipendente e l’efficacia della trasmissione non supera il 5%. La malattia è di regola asintomatica e la diagnosi è, in molti casi, la conseguenza di uno screening materno. Anche il quadro istologico è compatibile con un basso grado di attività di malattia.
Tuttavia, vi è una scarsa propensione per l’eradicazione spontanea della viremia nel tempo, e studi recenti hanno evidenziato come la fibrosi epatica vada tendenzialmente incrementandosi nel corso degli anni, sia pure in modo non lineare. È pertanto probabile un
graduale peggioramento del quadro istologico nell’età adulta. Recentemente, sono stati segnalati casi ad evoluzione precoce verso la cirrosi scompensata: poco meno del 2% nell’arco di 10 anni in uno studio italiano di 504 bambini con infezione da virus C. Alla luce
di queste osservazioni e in considerazione dell’efficacia delle attuali terapie nell’adulto,
emerge la problematica del trattamento precoce dell’epatite C nel bambino.
Parole chiave. Epatite C, storia naturale dell’epatite C nel bambino, virus dell’epatite C.
Summary. Chronic hepatitis C in children: natural history and prognosis.
Chronic hepatitis C has been described as a mild disease in children, but viremia persists up to adult life in more than 80% of cases, fibrosis is slowly progressing throughout
adolescence and youth, and early appearance of end stage liver disease has been recently
documented. These findings, and the efficacy of current therapeutic strategies in adults,
support the potential benefits of early treatment in children with chronic hepatitis C.
Key words. Chronic hepatitis C, hepatitis C virus, natural history of hepatitis C in children.
Introduzione
l’adulto, mentre ancora
L’epatite cronica da vinon è disponibile un vaccirus C (HCV) costituisce un
Questa rassegna della letteratura e delle
no specifico per l’epatite C.
problema sanitario di poresperienze personali vuole sottolineare gli
tata mondiale1. Molteplici
HCV infetta soggetti di
aspetti peculiari dell’infezione da HCV e la
le ragioni: HCV è diffuso in
tutte
le età, ma i bambini
storia naturale dell’epatite C nel bambino, potutte le aree geografiche ed
rappresentano
dovunque
nendo le premesse per le scelte terapeutiche.
alcune vie di trasmissione
una minoranza della popocome le pratiche di tossicolazione colpita, specie dopo
dipendenza, ed in passato
la scomparsa dell’epatite
le trasfusioni di sangue, sono risultate molto efficapost-trasfusionale. Si spiega pertanto come gli studi sulci nel mantenere il serbatoio di infezione; l’infeziol’epatite C in ambito pediatrico siano ancora limitati.
ne acuta cronicizza in un’elevata percentuale di casi; l’epatite cronica è potenzialmente evolutiva tanStruttura del virus
to che circa il 20% degli adulti affetti da epatite C
sviluppa cirrosi entro 20 anni dall’infezione2; nel
Per poter comprendere il divenire dei rapporti
mondo occidentale le sequele tardive dell’epatite C,
virus-ospite nel corso dell’infezione da HCV non si
ovvero cirrosi e carcinoma epatocellulare (HCC) sopuò prescindere da un breve sguardo alla struttuno oggi causa precipua di trapianto di fegato nelra del virus stesso ed ai suoi marker sierici3.
Fondazione Lionello Forin Hepatos Onlus, Padova.
Pervenuto il 2 dicembre 2008.
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Recenti Progressi in Medicina, 100, 2, 2009
HCV è un virus a singola elica di RNA, clonato
nel 1989 negli Stati Uniti. Il genoma virale codifica proteine del core e dell’envelope e proteine non
strutturali. È dotato di notevole variabilità, dovuta alla velocità della replica virale e all’incapacità
dell’enzima RNA polimerasi RNA-dipendente di
riparare gli errori che avvengono durante la replicazione. Il risultato è che HCV circola nel siero dell’ospite non come una singola specie,
ma come una serie di “quasispecie” che differiscono l’una dall’altra dell’1-5% della sequenza nucleotidica4. Questa variabilità potrebbe interferire con il controllo immunologico favorendo la persistenza dell’infezione, e d’altra parte rende assai difficile l’allestimento di un
vaccino.
Si conoscono 6 maggiori genotipi dell’HCV, con
relativi sottotipi, distribuiti variamente nelle diverse aree geografiche5. Il genotipo 1a è frequente
negli Stati Uniti ed in Nord Europa; il genotipo 1b
è diffuso e rappresenta spesso il più frequente dei
genotipi registrati nelle singole zone. Frequente
anche il genotipo 2, in particolare in Giappone e
nel Nord Italia; il genotipo 3 è tipico dell’India e il
genotipo 4 dell’Africa e del Medio Oriente, ma entrambi si sono diffusi anche in Italia, negli anni recenti, con le pratiche di tossicodipendenza.
gnificare un trasferimento passivo di anticorpi da parte della madre: pertanto, in questo arco di tempo, la
diagnosi di infezione si basa necessariamente sul test
per HCV RNA. È conveniente eseguirlo a partire dal
3° mese quando il 90% dei bambini contagiati sviluppa positività ed il rischio di falsi positivi è trascurabile7. Per maggiore accuratezza si consiglia di saggiare
due campioni di siero distanziati di almeno 3 mesi
l’uno dall’altro7. In alternativa va ripetuto il test anticorpale dopo i 18 mesi di vita.
La diagnosi di infezione cronica, anche
nel bambino, si basa sulla persistenza di viremia per oltre sei mesi dal primo dosaggio.
La diagnosi di epatite cronica può essere posta
nel bambino viremico con alanina-aminotransferasi (ALT) aumentate per più di 6 mesi, ma anche nel
bambino con ALT normali e viremia persistente, dal
momento che il valore delle transaminasi è fluttuante e non esiste uno stato di tolleranza dell’ospite nei confronti del virus C, come succede ai bambini infettati alla nascita con il virus dell’epatite B8.
La tabella 1 riassume i parametri immunologici e virologici specifici utilizzati per la diagnostica
di infezione da HCV e per la caratterizzazione del
virus. Il dosaggio quantitativo della viremia è utile nel monitoraggio della terapia mentre il genotipo fornisce informazioni che determinano la scelta
della scheda terapeutica.
Diagnosi di infezione
e di malattia nel bambino
Prevalenza di infezione
Il primo livello della diagnostica di infezione
tanto nell’adulto quanto nel bambino è il riscontro di anticorpi anti-HCV circolanti prodotti dall’ospite. Questi anticorpi non discriminano
tuttavia tra infezione in atto o pregressa, e sono pertanto utili solo come test di screening. Nel singolo paziente, perciò, l’iter diagnostico prosegue con la ricerca di HCV RNA nel siero usando sensibili metodiche
come la reazione a catena polimerasica (PCR)6. La positività del test rivela la presenza di replicazione virale in atto e pertanto segnala l’avvenuto contagio. Da
sottolineare che la presenza in circolo di anti-HCV durante i primi 18 mesi di vita può semplicemente si-
Lo studio degli aspetti epidemiologici dell’infezione da HCV la prevalenza, (fonti di contagio
e vie di trasmissione) è importante per capire
qual è l’impatto socio-sanitario del problema e
quali sono le sue possibili ricadute sulle scelte terapeutiche.
L’infezione da HCV in età pediatrica contribuisce in piccola parte al serbatoio globale di infezione. In Italia la prevalenza di anti-HCV nel bambino si attestava sullo 0,3% nei primi anni 90,
quando nell’adulto era 2-3% con punte eccezionalmente elevate in alcune località e in soggetti anziani9.
Tabella 1. Parametri sierologici utilizzati nel corso dell’infezione da HCV.
Test
Significato
Impiego
Anti-HCV
Infezione pregressa o in atto
Screening di infezione nel singolo
e in popolazione aperta
HCV RNA (qualitativo)*
Replicazione virale in atto
Diagnosi di epatite
HCV RNA (quantitativo) *
Carica virale presente nel siero**
Valutazione dell’efficacia della terapia
Genotipo
Variante che predice la risposta
alla terapia
Stabilire il regime terapeutico
Quasispecie
Maggiore variabilità minore risposta
alla terapia
Attualmente per ricerca
*Attualmente metodiche sensibili di dosaggio quantitativo come la real time PCR stanno soppiantando i test qualitativi per giungere così ad un’unica indagine sierologica; **espresso come Unità Internazionali (IU/ml)
F. Bortolotti: Decorso e prognosi dell’epatite C nei bambini
Il panorama epidemiologico sta rapidamente
cambiando, come suggerito da un recente studio dell’Osservatorio Italiano per l’Infezione da HCV e
l’Epatite C del Gruppo Epatologico SIGENP (Società Italiana di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica)10. I risultati di questo studio
hanno dimostrato che il numero di casi visti nei
Centri dell’Osservatorio nel quinquennio 20002004 è sceso del 40% rispetto a quello del precedente quinquennio. Da segnalare che il flusso migratorio degli ultimi anni ha fatto crescere la percentuale di bambini HCV infetti provenienti da diverse aree geografiche: dall’Est Europeo al Sudest
Asiatico, al Sudamerica. La riduzione di prevalenza dell’infezione, pur in assenza di vaccino
specifico, può attribuirsi al concorso di diversi fattori: la quasi totale scomparsa dell’epatite post-trasfusionale dopo l’introduzione dei test di screening
per le donazioni di sangue; le campagne di informazione in soggetti a rischio come i tossicodipendenti, la terapia dell’epatite C nelle donne in età
fertile; la scarsa efficacia della trasmissione perinatale da madre infetta al proprio figlio, essendo il
rischio inferiore o eguale al 5%.
Vie di trasmissione
Sono essenzialmente due le vie di trasmissione che hanno diffuso il virus in età pediatrica: post-trasfusionale e perinatale (materno-infantile, verticale).
Nell’adolescente possono essere implicate altre
vie percutanee legate per lo più alla tossicodipendenza.
La trasmissione post-trasfusionale ha svolto un
ruolo epidemiologico importante fino all’inizio degli anni 90.
La trasmissione perinatale da madre infetta rimane dunque la modalità quasi esclusiva
di contagio nei paesi sviluppati11. Non è ancora
chiaro se la trasmissione avvenga in modo precipuo
al parto, come per l’epatite B, ovvero se ci possa essere una consistente contaminazione in utero. Il ritrovamento di HCV RNA nel siero alla nascita non
è prova sicura di contagio prenatale. È per questo
che si determina la viremia al terzo mese.
Diversi fattori sembrano condizionare o favorire in modo più o meno significativo la trasmissione: a) la viremia materna è un fattore necessario
perché il virus possa trasmettersi, pur non essendo stata associata ad un valore soglia oltre il quale la trasmissione è assicurata12; b) tra i fattori
ostetrici associati a rischio di trasmissione la rottura delle membrane a distanza di più di 6 ore dal
parto è stata segnalata da più Autori13. Altre procedure invasive come l’amniocentesi sono potenzialmente a rischio, ma i dati disponibili richiedono conferma14; c) la coinfezione con HIV in una madre non trattata con terapia antiretrovirale è notoriamente condizione favorente la diffusione dell’HCV15; d) la tossicodipendenza materna, valutata in ampi studi, è un fattore di rischio indipendente dalla coinfezione con HIV16; e) un interes-
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sante studio concerne la presenza di HCV RNA replicante nelle cellule mononucleate del sangue periferico di madri tossicodipendenti, condizione che
aumenta drasticamente il rischio di trasmissione
perinatale dell’infezione17.
Provvedimenti atti a ridurre il rischio di trasmissione riguardano soprattutto i bambini HIV
coinfetti, mentre per i non coinfetti non sono previsti né parto cesareo né allattamento artificiale.
Cronicizzazione dell’infezione
Il bambino contagiato sia per via parenterale
che per via perinatale sviluppa frequentemente
un’epatite cronica. Tra i bambini politrasfusi in
epoca precedente allo screening per HCV, come i
talassemici, gli emofilici o i pazienti oncologici, la
frequenza di cronicizzazione era del 65-80%18. Numerosi studi di trasmissione perinatale di HCV
hanno dimostrato che la cronicizzazione dell’infezione in questo particolare ambito avviene in circa
80% dei neonati infettati12. Non è chiaro se esistano fattori predittivi di cronicizzazione: nell’adulto
la giovane età al momento dell’infezione è stata
correlata ad un minor rischio di evoluzione cronica19; in due studi recenti è apparso come tra i bambini con epatite cronica acquisita in epoca perinatale prevalgano le femmine: dato da confermare,
non avendo riscontri nell’adulto20, 21.
L’epatite cronica C post-trasfusionale:
aspetti clinici e prognosi
A partire dai primi anni 90, lo screening per
HCV delle donazioni di sangue ha, di fatto, impedito la comparsa di nuovi casi di epatite post-trasfusionale HCV- correlata nel mondo occidentale.
Ne consegue che gli ultimi pazienti infettatisi
per questa via sono oggi giovani adulti. Gli
studi clinici retrospettivi hanno coinvolto precipuamente categorie di bambini politrasfusi (disordini della coagulazione, malattie ematologiche, leucemie e tumori solidi), ma anche senza storia di malattia sistemica concomitante. Nella maggior parte
dei casi il paziente era asintomatico e la diagnosi
di epatite cronica C veniva posta in seguito ad uno
screening sierologico per HCV, suggerito dalla storia clinica del paziente o effettuato durante l’iter
diagnostico-terapeutico per la malattia di base. Raro l’esordio come forma acuta, con i sintomi e i segni tipici di questa condizione (nausea, astenia, malessere, ittero) ed eccezionale la forma fulminante.
Una percentuale non trascurabile di pazienti elimina precocemente la viremia. Vogt et al. hanno
studiato 67 adulti anti-HCV positivi che erano stati cardio-operati 20 anni prima, in età pediatrica,
dimostrando che 45% erano HCV RNA negativi22.
Il decorso della malattia cronica appare generalmente mite. In una serie di 16 bambini infettati da minitrasfusioni, Casiraghi et al. osservavano
che l’82% presentava solo lievi alterazioni istologiche a distanza di 35 anni dal contagio23.
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Recenti Progressi in Medicina, 100, 2, 2009
Nel recente studio dell’Osservatorio Italiano21
nessuno dei 158 pazienti infettati per via parenterale e senza malattie sottostanti aveva sviluppato cirrosi dopo 10 anni di osservazione. Il decorso della malattia in questi pazienti era caratterizzato da valori tendenzialmente stabili di
ALT compresi tra la normalità (20-25% dei casi),
valori intermedi tra una e due volte la norma (4045%) e valori fluttuanti oltre 2 volte la norma
(30-35%).
La mortalità per complicanze di epatite C
post-trasfusionale nei primi due decenni di
vita è limitata a singoli casi, tuttavia studi recenti hanno suggerito la possibilità di una
prognosi più severa24.
L’epatite cronica C da infezione perinatale:
aspetti clinici e prognosi
La storia naturale dell’epatite C acquisita in
epoca perinatale si va delineando gradualmente
per la disponibilità, in tempi recenti, di casistiche
sufficientemente ampie, almeno in parte prospettiche, di bambini che per la loro asintomaticità o
per l’indisponibilità di terapia non sono stati trattati25.
I bambini infettati con HCV in epoca perinatale rimangono generalmente asintomatici, anche se il 90% sviluppa, nel primo anno
di vita, un aumento di ALT nel siero.
Tale aumento è assai variabile: da 1,2 a 20 volte la norma e compare nel 60% dei casi tra il 6 e 12°
mese di vita12. Circa un terzo dei bambini sviluppa, in almeno un’occasione, ALT superiori a 5 volte
la norma e questa spiccata citolisi potrebbe favorire la clearance del virus. La distribuzione dei genotipi nei bambini infettati dalla madre è diversa
da quella dei casi post-trasfusionali. In un ampio
studio dell’Osservatorio Italiano26, che includeva
373 bambini con epatite cronica C, la prevalenza di
infezione con genotipo 1b era di 57% nei bimbi trasfusi e del 35% tra i nati da madre infetta, ma solo
del 17,5% tra i nati da madre tossicodipendente; viceversa, il genotipo 3 circolava nel 17,5% dei trasfusi, ma nel 32% dei nati da madre tossicodipendente; il genotipo 4 non era presente nei bambini
trasfusi, ma infettava il 16% dei bimbi nati da madre tossicodipendente.
La fase cronica dell’infezione è stata esplorata
da alcuni studi recenti27, di cui il più ampio (504
casi, inclusi 283 bambini nati da madre infetta)
viene dall’Osservatorio Italiano21. Sono stati osservati tre tipi di eventi:
1) clearance della viremia: una piccola percentuale di pazienti (7,5-20%) elimina spontaneamente e definitivamente HCV RNA e normalizza ALT
entro i primi anni di vita, più spesso tra il secondo
e il terzo anno. L’unico fattore indipendente che risulta essere predittivo di clearance della viremia è
l’infezione con genotipo 3, che è ritenuto potenzialmente citopatico.
2) Viremia persistente con epatite cronica generalmente mite è documentata nell’80-90% dei
casi. Meno del 10% lamenta sintomi non specifici,
prevalentemente al momento della prima osservazione, mentre 25-30% presenta ALT normali e
viremia fluttuante. Il quadro istologico è caratterizzato essenzialmente da minima-lieve attività
necroinfiammatoria, con assenza di fibrosi in 30%
dei casi, e fibrosi lieve moderata in un terzo dei
casi28, 29.
Le manifestazioni extraepatiche tipiche dell’epatite C dell’adulto, come la crioglobulinemia,
la glomerulonefrite ed il linfoma non-Hodgkin, sono eccezionali. Sono invece peculiari gli autoanticorpi anti-LKM (Liver-Kidney-Macrosomal) che si
trovano nel 5-10% dei bambini con epatite C ,
mentre sono più rari nell’adulto30. La loro presenza spesso coincide con una maggiore attività bioumorale ed istologica della malattia, ma soprattutto può determinare un’esacerbazione del danno
epatico in corso di terapia con interferon, tanto da
richiederne la sospensione e talvolta il ricorso agli
steroidi.
3) Evoluzione precoce a cirrosi: solo recentemente sono cominciate le segnalazioni di singoli
casi con evoluzione sfavorevole della malattia già
in età pediatrica. Si tratta per lo più di bambini riferiti a Centri di cura specialistici o ad Unità per
trapianto di fegato31. Nello studio dell’Osservatorio Italiano quasi il 2% dei nati da madre infetta ha
sviluppato cirrosi tra 5 e 15 anni: i cinque bambini italiani erano stati tutti infettati dalla madre
(tossicodipendente in 4 casi) e tutti con genotipo virale 1a21.
Considerazioni terapeutiche
Il bambino con epatite C acquisita alla nascita
tende a mantenere la viremia fino all’età adulta
nell’80-90% dei casi, senza presentare sintomatologia di rilievo. La prognosi durante l’età pediatrica è dunque apparentemente favorevole, ma occorre considerare che:
a) studi recenti in bambini e adolescenti hanno
dimostrato una indubbia tendenza della fibrosi ad
aumentare con la durata della replicazione e della citolisi, anche se in modo imprevedibile, non lineare, nel singolo paziente32. Dunque il quadro clinico della malattia può peggiorare nell’età adulta.
b) Fattori come l’obesità e l’abuso alcolico nell’adolescenza possono accelerare l’evoluzione della
malattia.
c) D’altra parte, vi è un piccolo numero di casi
che evolve rapidamente verso la cirrosi e lo scompenso e richiede il trapianto di fegato. Non è possibile individuare fattori predittivi di tale rapida
evoluzione, ma è indubbio che bambini nati da
madre tossicodipendente ed infettati con genotipo
1a vanno seguiti con particolare rigore.
F. Bortolotti: Decorso e prognosi dell’epatite C nei bambini
Da queste osservazioni appare evidente l’opportunità e l’urgenza di un approccio terapeutico
efficace e sicuro tanto più che:
a) studi nell’adulto suggeriscono che la precocità del trattamento nel corso dell’infezione è vantaggiosa;
b) la valutazione del costo-beneficio favorisce
l’ipotesi del trattamento, anche per la lunga aspettativa di vita del piccolo paziente33;
c) mentre i protocolli terapeutici con interferone alfa ricombinante degli anni 90 hanno ottenuto
risultati insoddisfacenti34, i più recenti approcci terapeutici con la combinazione di interferon, standard o pegilato, e ribavirina hanno ottenuto margini di risposta alla terapia
analoghi se non superiori a quelli nell’adulto35: fino al 90% nei pazienti infetti da HCV genotipo 2 e 3 e fino al 60% nei bambini infettati da
HCV genotipo 1. Gli effetti collaterali sono accettabili e alcuni protocolli sono già stati approvati da
agenzie internazionali.
La terapia di combinazione non è ancora disponibile nel nostro Paese. È opportuno che nel frattempo
i bambini con epatite C vengano seguiti presso Centri specialistici, sia per la messa a punto clinica sia
per l’eventuale candidatura a terapia antivirale.
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Indirizzo per la corrispondenza:
Dott. Flavia Bortolotti
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