Bar Ristorante Baita Santa Lucia La Baita Santa Lucia compie 50 anni. Mezzo secolo di vita, di storia, anche culinaria, di questa fetta di Trentino, di questa parte di Alpi, che si celebra oggi nello stesso luogo che a partire da quel lontano Natale del 1965, per chiunque sia passato di qua ha rappresentato qualcosa in più di un ristorante in cui gustare piatti tipici della gastronomia locale, qualcosa di diverso di un punto di ritrovo e convivio sospeso tra la montagna ed il lago di Ledro. A cambiare, semmai, nel tempo, sono stati gli artefici di quell'atmosfera, di quel calore, di quella particolare accoglienza che da sempre qui si possono godere, i protagonisti che in cinque decenni si sono succeduti ai fornelli, tra i tavoli, in mezzo alla clientela. Tre generazioni, una sola famiglia. Quella dei Pregl: di Friedrich - originario della Carinzia, e della moglie Anita - di Bezzecca; del figlio Guido - italiano, e della consorte Orietta - romagnola; per finire con i nipoti Claudio e Annelise - oggi cittadini del comune unico di Ledro. Fil rouge, tra loro, nei decenni, l'amore per la tradizione culinaria tracciata dagli avi e la passione per quei piatti che raccogliendo i semi gettati dalla Storia - in particolar modo dell'Europa del IXX e XX secolo - sono diventati oggi un punto di riferimento per tanti estimatori della buona tavola. Non avrebbe potuto essere altrimenti: non esiste in Trentino un luogo altrettanto ricco di esperienze come la valle di Ledro, per millenni crocevia di popoli, teatro di incontri (ma anche di scontri), palcoscenico di grandi eventi, da sempre luogo di confine, terreno fertile per influenze culturali e di conseguenza di contaminazioni gastronomiche e sociali. Che, in un modo o nell'altro, nel tempo hanno inevitabilmente lasciato un segno. La Storia parla da sé. Frequentata dall'uomo preistorico fin dal periodo Epigravettiano, ossia la fine del Paleolitico (12.000 anni fa), che sui monti di Tremalzo si recava con regolarità alla ricerca di selvaggina da cacciare, erbe e bacche da raccogliere, la valle di Ledro ha iniziato ad essere abitata in Età del bronzo (4.000 anni fa), da comunità che pur vivendo su palafitte erano dedite all'agricoltura, all'allevamento, alle lavorazioni artigianali, al commercio. Da allora il territorio sospeso tra il lago di Garda ad est e le valli scavate dal fiume Chiese ad ovest è stato costantemente interessato dalla presenza dell'uomo, che nel corso dei secoli ha sempre considerato il fondovalle alla stregua di un ponte, di una regione di transito, mentre i crinali montani luoghi strategici di confine, da difendere. Lo testimoniano le popolazioni che qui vissero, le genti prelatine, gli Alaeutraenses, i Galli Cenomani, il succedersi delle dominazioni Romane, dei Principati vescovili, le battaglie qui combattute dagli eserciti degli Scaligeri, dei Visconti, dei Conti del Tirolo, della Serenissima, della Francia di Napoleone. E dell'Impero austroungarico che, proprio nella valle di Ledro, aveva il proprio confine più a sud, dal quale con sempre più insistenza giungevano gli echi dei moti risorgimentali. E' sulla piana di santa Lucia, proprio dove oggi si trova la Baita, che il 21 luglio 1866 si scrisse un capitolo importante della Storia d'Italia, con la battaglia tra Garibaldini ed Austriaci, e poi nuovamente dal 1915 al 1919, quando durante la Prima guerra mondiale questa terra - svuotata della sua popolazione - divenne fronte sia per le truppe austriache, appostate sui crinali montuosi a nord, che quelle italiane, sui versanti a sud. E' in questi anni che a Klagenfurt (Austria) nacque Friedrich “Fritz”, e in Boemia da genitori ledrensi di Bezzecca Anita. I loro destini rimasero però contrapposti, per molto tempo. Terminato il primo grande conflitto Fritz tornò a casa, a Tarvisio, che nel frattempo era diventata italiana, mentre Anita fece rientro in una valle totalmente distrutta ma alla quale, a sua volta, era toccata la stessa sorte di Tarvisio. Quindi la Seconda guerra mondiale. Friedrich, ormai giovanotto, venne arruolato nella Luftwaffe e spedito a combattere in Africa e nel Meridione, da cui iniziò la risalita della Penisola, fino a Salò. E da lì a Bezzecca, dove era presente una caserma. Qui l'incontro con Anita, dalla quale decise di tornare una volta finita la guerra, per amore e con il desiderio di costruire con lei una famiglia, di gettare le basi per un futuro insieme. Fu così che due decenni più tardi Fritz Pregl, la moglie Anita ed i figli Enrico e Guido, presero in gestione un antico e rustico fienile adagiato sui prati della piana di santa Lucia, trasformato dall'allora proprietario in ristorante. Era il Natale del 1965, in quel periodo la valle di Ledro stava per essere catapultata nel boom economico nazionale di quegli anni. Il turismo ebbe dunque un ruolo fondamentale e quell'atmosfera di vecchia costruzione di montagna della Baita, valorizzata dalle bontà gastronomiche regionali qui proposte, fecero la fortuna della famiglia Pregl. Alla conduzione del ristorante, acquistato infine nel 1968, rimase a partire dal 1985, però, solo Guido che si era diplomato cuoco nel 1967 alla Scuola Alberghiera di Varone. Con lui, amante delle tradizioni che lo hanno spinto a far parte della” Schutzen Kompanie Val de Leder” e lo hanno reso appassionato cultore dello stretto legame della nostra terra con la storia austriaca, sono arrivati ulteriori successi e conferme del fatto che la cucina tipica premia sempre. Nel tempo Guido, affiancato dalla moglie Orietta, e successivamente dai figli Claudio e Annelise, ha introdotto novità nei piatti arricchendo il menù e rendendolo ancor più legato al territorio. In seguito sono rimasti solo i figli e, smessi i panni di studente di giurisprudenza Claudio, lasciati gli studi classici e di storia Annelise, da una decina di anni i fratelli della nuova generazione Pregl hanno preso in mano le redini della Baita, facendola diventare il loro quartier generale. Ad Annelise è affidata non solo la conduzione della sala e la gestione dei rapporti con i clienti ma anche una carta dei vini che, frutto di una accurata ricerca e dedizione personale, fotografa rigorosamente la produzione regionale e che le fa ottenere numerosi e lusinghieri apprezzamenti, mentre con Claudio il rispetto della tradizione culinaria viene valorizzato dalla ricerca continua di materie prime che siano in grado di raccontare la storia trentina. Accanto al goulasch, ai canederli, agli strangolapreti, agli spezzatini di selvaggina, alle polente, nascono così proposte a base di carne salada, di patate viola, di pesce d'acqua dolce, mentre i piatti proposti nei menù degli illustri nonni vengono oggi reinterpretati con creatività; non per niente inventa e brevetta una emulsione che lo porta a Milano quale relatore ad Identità Golose. Il risultato non è altro che la narrazione in chiave gastronomica della Storia di una valle, in cui per millenni si sono incrociate culture diverse, che da 50 anni a questa parte trova nella Baita Santa Lucia la sua espressione più gustosa, interessante e fantasiosa. Ma anche quella più genuina e vera. Che nei suoi piatti e nei suoi artefici restituisce oggi la sintesi di un popolo, di una terra. La nostra. Paola Malcotti