protocollo operativo - Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II

Azienda Ospedaliera
Universitaria “Federico II”
U.O.C. di Anestesia,
Rianimazione e Terapia
Antalgica
Protocollo operativo
GESTIONE DELLE
COMPLICANZE INFETTIVE
NEL PAZIENTE CRITICO
versione n. 01 del
04/05/2016
AZIENDA OSPEDALIERA UNIVERSITARIA “FEDERICO II”
U.O.C. di Anestesia, Rianimazione e Terapia Antalgica
Direttore: Prof. Giuseppe Servillo
PROTOCOLLO OPERATIVO
GESTIONE DELLE COMPLICANZE INFETTIVE NEL
PAZIENTE CRITICO
1
INDICE
1. COMPOSIZIONE DEL GRUPPO DI LAVORO
2. PREMESSA
3. OBIETTIVI
4. CAMPO DI APPLICAZIONE
5. METODO PER LA RICERCA BIBLIOGRAFICA
6. AGGIORNAMENTO E DIFFUSIONE
7. AVVERTENZE
8. INGRESSO IN UTI
9. MONITORAGGIO DEL PAZIENTE NON INFETTO
10. MONITORAGGIO DEL PAZIENTE INFETTO
11. DEFINIZIONE e CRITERI DI DIAGNOSI DI :
A) Sepsi
B) Polmoniti: CAP, HAP, HACP, VAP
C) Infezioni addominale
D) Infezioni delle vie urinarie
12. COMPLICANZE INFETTIVE DA DA CVC
13. IL PAZIENTE FEBBRILE
14. PROFILASSI E TERAPIA ANTIBIOTICA
15. GESTIONE DEL PAZIENTE COLONIZZATO/INFETTO
DA GERMI MDR
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1. COMPOSIZIONE DEL GRUPPO DI LAVORO
Il presente
protocollo è stato
redatto e verificato
da
Nome
Prof. Servillo Giuseppe
Funzione
Direttore UOC Anestesia, Rianimazione e Terapia
Antalgica
GdL: Gestione Delle Complicanze Infettive Nel
Paziente Critico
GdL: Gestione Delle Complicanze Infettive Nel
Paziente Critico
Responsabile U.O.S. di Batteriologia e Micologia
Dott. Arcopinto Luca
Dott.ssa Ciamillo Mariangela
Prof.ssa Catania Maria Rosaria
Dott. De Marco Giuseppe
Coordinatore Infermieristico del Centro di
Rianimazione
GdL: Gestione Delle Complicanze Infettive Nel
Paziente Critico
Referente Malattie Infettive
Dott.ssa Esposito Mariateresa
Prof. Faella Francesco
Dott.ssa Iula Dora Vita
Dott.ssa Volpe Maria Luisa
Dipartimento di Medicina Molecolare e
Biotecnologie Mediche
GdL: Gestione Delle Complicanze Infettive Nel
Paziente Critico
Referente Infezioni Ospedaliere – Direzione
Aziendale
GdL: Gestione Delle Complicanze Infettive Nel
Paziente Critico
GdL: Gestione Delle Complicanze Infettive Nel
Paziente Critico
Dirigente medico U.O.C. Anestesia e Rianimazione
Dott. Buonomo Antonio Riccardo
Contrattista U.O.C Malattie infettive
Prof. Gentile Ivan
Ricercatore U.O.C. Malattie infettive
Dott.ssa Foggia Maria
Dirigente medico U. O.C. Malattie infettive
Dott. Iacovazzo Carmine
Dirigente medico U.O.C. Anestesia e Rianimazione
Dott. G. D’Onofrio
Direttore Sanitario Aziendale
Direttore Generale
Dott.ssa Marra Annachiara
Dott.ssa Montella Emma
Dott.ssa Sapio Felicia
Dott.ssa Vargas Maria
Approvata da
Deliberata da
2. PREMESSA
Lo scopo della stesura di questo protocollo è quello di creare delle raccomandazioni di comportamento
clinico con lo scopo di assistere medici e pazienti nel decidere quali siano le modalità assistenziali più
appropriate in specifiche condizioni cliniche. Queste raccomandazioni, basate sulle migliori evidenze
scientifiche, sono state prodotte da un gruppo di lavoro multidisciplinare della AOU Policlinico Federico
II.
3. OBIETTIVI
L’obiettivo principale di questo protocollo, rivolto a tutti gli operatori sanitari del centro di rianimazione, è quello
di individuare il modo più appropriato per la gestione, per la profilassi, diagnosi e terapia delle complicanze
infettive di più frequente riscontro nel paziente critico.
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4. CAMPO DI APPLICAZIONE
Le raccomandazioni sono rivolte a tutto il personale infermieristico e medico del centro di rianimazione. Di tale
attività sono state informate la Direzione Medica e la Direzione Generale che hanno manifestato il loro
consenso ed interesse per la realizzazione del progetto.
5. METODO PER LA RICERCA BIBLIOGRAFICA
La ricerca bibliografica è stata effettuata attraverso internet, consultando banche dati di pubblicazioni
primarie, quali MedLine, banche dati di pubblicazioni secondarie, quali Cochrane Library, CDSR, DARE,
HTA,banche dati di linee guida, National Guideline Clerighouse, NICE,CDC, SIGN, siti di Società Scientifiche
pertinenti, testi di pubblicazioni secondarie (UpToDate, Clinical Evidence, ACP Journal,), oltre che materiale
fornito dai professionisti del GdL. Sono stati selezionati ed analizzati i documenti pubblicati negli ultimi cinque
anni, in lingua inglese, di questi sono stati reperiti i full-text.
6. AGGIORNAMENTO E DIFFUSIONE
L’elaborazione del protocollo costituisce il primo passo del gruppo, infatti è noto dalla letteratura che è molto
difficile indurre dei cambiamenti nei comportamenti clinici. Gli studi pubblicati evidenziano come siano
molteplici i fattori che possono influire sul comportamento e quindi condizionare un tardivo o mancato
trasferimento nella pratica dei risultati della ricerca clinica: fattori di tipo culturale, opinioni/attitudini
professionali, il tipo di rapporto medico-paziente, fattori di tipo ambientale. Talora inoltre uno stesso fattore
può influenzare la pratica clinica in maniera opposta a seconda dei vari studi.
Per la diffusione di questo protocollo organizzativo si rende pertanto necessaria la messa in atto di attività
volte a:
• favorire l’implementazione di queste raccomandazioni;
• verificarne il grado di applicazione ;
• misurare, attraverso indicatori adeguati ed oggettivi, gli esiti clinici, organizzativi, gestionali o di altro tipo
considerati interessanti.
Le attività di cui ai punti precedenti devono essere intraprese sulla base dei risultati degli studi relativi esistenti
in letteratura e richiedono quindi competenze specifiche: oltre a quelle professionali specifiche delle varie
specialità coinvolte nella gestione del paziente, infatti sono necessarie competenze di epidemiologia clinica, di
farmacologia e di farmacologia clinica, di metodologia della ricerca, di statistica medica, di ricerca sui
servizi sanitari, nonché risorse e collaborazione. Peraltro, sempre la letteratura, conferma che senza
questo tipo di attività di implementazione, verifica e misurazione degli esiti, le linee guida sono destinate a
rimanere del tutto ignorate nella pratica clinica e quindi inefficaci.
L’aggiornamento di questo protocollo avverrà ogni 18 mesi.
7. AVVERTENZE
Le evidenze scientifiche su cui tali raccomandazioni sono basate sono di livello variabile in una scala
decrescente di attendibilità scientifica.
Le raccomandazioni si applicano ai pazienti genericamente intesi come critici; rimane compito e
responsabilità del medico e degli operatori sanitari valutare l’appropriatezza di un determinato trattamento per
un determinato paziente.
Il protocollo pertanto non può sostituire in alcun modo né la valutazione clinica, né il bagaglio culturale, né
l'esperienza professionale del medico e degli operatori sanitari, né una corretta ed esauriente informazione
del paziente, né il suo consenso informato e cioè quanto in termini di prudenza, diligenza e perizia viene
richiesto al medico nel trattamento dello specifico paziente.
Pertanto al medico curante e agli operatori sanitari rimane la responsabilità di verificare se le
raccomandazioni formulate risultino valide ed aggiornate in relazione al continuo avanzamento delle
conoscenze medico-scientifiche, nonché appropriate per le condizioni cliniche del paziente specifico. Sempre
al medico curante spetta la responsabilità di verificare se le dosi e/o le modalità di somministrazione di
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farmaci o di altri presidi terapeutici, siano corrette nonché appropriate in relazione alle condizioni cliniche del
paziente specifico.
8. INGRESSO IN UTI
Per tutti i pazienti afferenti al reparto di Terapia intensiva (T.I.) per i quali si presume una permanenza
superiore a 48-72 ore e per i quali sussiste il sospetto di infezione in atto, è indispensabile l’esecuzione
dei seguenti esami di monitoraggio, per la sorveglianza delle infezioni.
1. Emocoltura
2. Broncoaspirato (se IOT presente) - Aspirato faringeo profondo o espettorato (se IOT non
presente)
3. Urinocoltura
4. Tampone rettale
5. Tampone nasale per ricerca portatori MRSA
6. Drenaggi addominali - Tampone ferita chirurgica
7. Esami di laboratorio: VES, PCR, PCT
1) EMOCOLTURA
L’efficacia ed il significato clinico dell'emocoltura dipendono da molteplici aspetti metodologici ed
interpretativi. Nella fase preanalitica, le modalità di prelievo ed il numero dei campioni rappresentano
elementi di fondamentale importanza.
Il problema maggiore del prelievo riguarda la possibilità di contaminazioni esogene del campione con
conseguenti difficoltà interpretative del risultato.
Principali situazioni cliniche in cui è importante eseguire il test:
- endocarditi ed infezioni endovascolari,
- epiglottite acuta,
- polmonite batterica,
- pielonefrite ascendente,
- osteomielite ematogena,
- meningite batterica,
- ascessi endoaddominali,
- immunodepressioni di varia origine,
- cateterismi venosi e arteriosi,
- sindromi ematologiche maligne,
- infezioni sistemiche ecc.
Fattori critici per l’adeguatezza diagnostica:
- volume del campione
- il momento del prelievo
- l'intervallo ed il numero dei prelievi
- l'accuratezza del prelievo (disinfezione della cute)
- le caratteristiche del mezzo di coltura
- la capacità del sistema analitico di evidenziare lo sviluppo batterico.
NB:
• Effettuare il prelievo il prima possibile e prima della terapia antimicrobica. Effettuare il prelievo prima
del rialzo febbrile (60-90 minuti prima è il momento in cui il numero dei batteri nel sangue è maggiore).
Se questo non è prevedibile allora prelevare all'inizio del rialzo febbrile.
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• Indicare sempre il quesito diagnostico dato che i tempi di incubazione possono variare in funzione dei
diversi patogeni in causa.
Modalità di esecuzione del prelievo
Prima di eseguire il prelievo, verificare gli accessi venosi presenti.
• Catetere venoso centrale (CVC) presente: eseguire il prelievo in 2 tempi (per un totale di 8
flaconi ):
1)effettuare il prelievo PRIMA da CVC (inoculare flacone aerobi + flacone anaerobi) e SUBITO
DOPO da vena periferica ((inoculare flacone aerobi + flacone anaerobi);
2) dopo 5-15 minuti ripetere la procedura come riportato al punto 1.
• CVC assente: eseguire 2-3 prelievi da vena periferica: a distanza di 5-15 minuti l’uno dall’altro,
per un totale di 2-3 coppie di flaconi aerobio+anaerobio.
N.B.: il prelievo da vena periferica va effettuato da un accesso venoso DIVERSO da
un’eventuale ago-cannula già presente.
Il prelievo
Il prelievo deve essere eseguito da vena periferica; è fortemente sconsigliato il prelievo da catetere
vascolare (centrale e non), a meno che non si voglia verificare se il catetere è colonizzato e se la
batteriemia è dovuta proprio alla presenza del catetere (in quest’ultimo caso è bene procedere ad un
prelievo da catetere e ad uno da vena periferica per verificare il tempo differenziale di positività (DTP)
che compara il tempo di positivizzazione delle 2 emocolture contemporaneamente incubate in sistemi
automatici: la maggiore carica batterica del CV infetto determina una positività precoce rispetto al
campione da vena periferica di almeno 120 minuti).
Preparazione della cute per l’esecuzione del prelievo
La sorgente di contaminazione più comune è rappresentata dalla flora batterica cutanea. Le soluzioni a
base di clorexidina digluconato con concentrazioni ≥0.5 % in alcool etilico sono attualmente
raccomandate per la preparazione della cute (CDC), di seconda scelta risultano essere usate le
soluzioni a base di iodo-povidone (Betadine).
Il fattore determinante è in realtà rappresentato dal tempo di contatto da rispettare perché l’antisettico
possa espletare la sua azione con la massima efficacia.
E’ necessario consentire all’antisettico di rimanere sul sito di inserzione fino alla sua essiccazione
all’aria prima di procedere al prelievo. Nel caso dello iodo-povidone il tempo minimo di permanenza
sulla cute prima della manovra è di 2 minuti, mentre per la clorexidina è sufficiente un tempo di 30
secondi.
Specifiche sulla clorexidina:
Numerosi studi dimostrano la superiorità della clorexidina rispetto allo iodo povidone, che è legata al suo effetto di
sostantività. La clorexidina presenta la caratteristica unica di legarsi alle proteine dei tessuti, ma ha un assorbimento
sistemico limitato. Il legame con le proteine ne permette un lento rilascio, che garantisce l’effetto prolungato nel tempo
per almeno 8-12 h. Inoltre al contrario dello iodopovidone la sua azione non è influenzata dalla presenza di fluidi corporei
come il sangue.
La clorexidina è un antisettico ad azione battericida e batteriostatica, con ampio spettro d’azione su Gram positivi, Gram
negativi e funghi, con azione più rapida rispetto allo iodopovidone e altri antimicrobici.
L’azione si esplica sulla membrana cellulare dei patogeni, ne aumenta drasticamente la permeabilità alterando la
struttura proteica; ciò provoca la precipitazione di diverse macromolecole citoplasmatiche e la susseguente morte
cellulare per lisi della cellula batterica o del micete. Mostra attività in vitro anche verso l’envelope di virus (CMV, influenza,
RSV, HIV,Herpes Simplex), mentre presenta un’attività inferiore verso virus privi di envelope (es: Rotavirus, Adenovirus,
Enterovirus)
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In vitro la clorexidina elimina quasi il 100% dei gram positivi e gram negativi in 30 secondi, presenta inoltre un effetto
sull’inibizione della formazione dei biofilm, inibendo l’aderenza dei microorganismi alla superficie dei dispositivi medici.
La clorexidina è inoltre utilizzata in dispositivi medicati, ai fine di ridurre l’incidenza di infezioni (CVC, Connettori needless,
medicazioni, etc..).
Procedura
Preliminare e indispensabile è il lavaggio sociale delle mani e l’aver indossato mascherina e cappellino
non sterili.
Accuratezza del prelievo:
- Selezionare un diverso punto per ogni prelievo.
- Disinfettare accuratamente la zona della puntura venosa con soluzione di disinfettante battericida
volatile (clorexidina) iniziando in cerchi concentrici coprendo un’area di circa 4-5 cm.
- Lasciare asciugare e introdurre l'ago senza ripalpare la zona disinfettata;
- Indossare guanti sterili
- Eseguire il prelievo preferibilmente con sistema Vacutainer
- Disinfettare il tappo di ogni bottiglia e lasciare asciugare.
- Introdurre il sangue nella bottiglia e agitare bene per impedire la formazione del coagulo.
- Porre sul flacone l’etichettatura prevista per identificare il paziente senza coprire eventuali codici a
barre già stampati sul flacone stesso.
- Non coprire il tappo con cerotto-garza-cotone.
Dopo il prelievo, è buona norma inviare subito i campioni in laboratorio; in ogni caso, se questo non è
possibile, i flaconi possono essere conservati a temperatura ambiente fino a 24 ore prima di essere
processati, a seconda dello strumento utilizzato, senza che questo influenzi le prestazioni analitiche. Le
linee guida inglesi, tuttavia, propongono una conservazione a 35-37 °C se vi è ritardo nel trasporto al
laboratorio e/o nel caricamento nel sistema automatico, sconsigliando fortemente la refrigerazione;
inoltre sottolineano la necessità dell’ispezione di questi flaconi prima dell’inserimento nell’incubatore,
per verificare la possibile crescita batterica, nel qual caso è necessario procedere subito alla
subcoltura.
Volume di sangue
Perché un’emocoltura diventi positiva occorre che nel campione siano presenti almeno 3 unità formanti
colonie (Ufc) per mL; nei pazienti batteriemici, la concentrazione per mL di sangue è di norma 0.1 – 1
Ufc/mL; il recupero di batteri dal sangue aumenta del 3% per ogni mL di campione raccolto. Negli adulti
sono quindi necessari 8-10 mL per flacone.
Numero
Regola fondamentale è non limitarsi mai ad un unico set per evento clinico nelle 24 ore («emocoltura
solitaria»), dato il carattere intermittente di molte batteriemie che causa un aumento di falsi negativi.
Inoltre, un maggior numero di set aumenta la possibilità di differenziare i veri dai falsi positivi, nel caso
vengano isolati microrganismi comunemente ritenuti contaminanti.
Alcuni autori affermano che anche 2 set al giorno siano insufficienti, indicando in 4 il numero corretto. In
accordo con i microbiologi del nostro gruppo di studio, abbiamo stabilito che due coppie di prelievi, 3 se
si include il prelievo da cvc, possa essere sufficiente nella maggior parte dei casi; in situazioni
particolari si rimette al giudizio clinico del medico curante.
Timing
Per aumentare l’efficacia diagnostica è importante eseguire il prelievo se possibile:
- prima dell’inizio della terapia chemioantibiotica, oppure
- immediatamente prima della somministrazione successiva procedendo a prelievi multipli;
- prima del rialzo febbrile (60-90 minuti prima è il tempo ideale per intercettare le batteriemie più
intense)
Se la curva termica non è nota, orientarsi con la clinica: prelevare in coincidenza del rialzo febbrile
(brivido), di una variazione termica significativa (> 38.3 °C e <36 °C), dell’improvvisa comparsa di
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marezzatura, da un improvviso cambio di stato neurologico (negli anziani), o ancora per una
lattacidemia non altrimenti spiegata.
I FALSI POSITIVI
Generalmente vengono considerati contaminanti gli Stafilococchi coagulasi negativi (CoNS),
Corynebacterium spp, Bacillus spp, Streptococchi viridanti. La probabilità di infezione “vera”, (in
relazione a tipologia del paziente, condizioni predisponenti, presenza di dispositivi protesici) può essere
del10-15% per i CoNS, 38% per S. viridanti, 5% per Corynebacterium e Bacillus spp.
Protocolli di prelievi consigliati in situazioni cliniche specifiche
SEPSI, POLMONITE, OSTEOMIELITE, MENINGITE: 2-3 set nell’arco di 5-15 min prima dell’inizio
della terapia antibiotica;
ENDOCARDITE ACUTA: 2-3 set nell’arco di 5-15min prima dell’inizio della terapia antibiotica per
tre giorni consecutivi;
ENDOCARDITE SUBACUTA IN PZ GIA’ IN TERAPIA: 3 set nell’arco di 30-60 min, eventualmente
ripetere i prelievi prelievi dopo 24 ore, se i precedenti sono ancora negativi
FEBBRE DI NDD: 2-3 set di flaconi in 5-15 min per 3 giorni consecutivi lontano dalla
somministrazione del farmaco.
2) Broncoaspirato (SE IOT)/Aspirato faringeo profondo O Espettorato (SE NO IOT)
Per ogni paziente che giunge già intubato o tracheotomizzato in T.I o che viene sottoposto a IOT nelle
prime fasi del ricovero, verrà raccolto un campione di broncoaspirato.
Il broncoaspirato è una tecnica di raccolta delle secrezioni bronchiali a scopo diagnostico o terapeutico,
poco invasiva e che non richiede speciali capacità. Poiché il catetere di aspirazione viene inserito alla
cieca, c’è la possibilità che microrganismi che formano biofilm intorno al tubo endotracheale o la
cannula tracheostomica possano contaminare il campione. Il prelievo va effettuato prima dell’inizio della
terapia antibiotica, o prima del cambio di terapia antibiotica. Un tracheo-aspirato negativo in un malato
in cui non siano stati cambiati gli antibiotici di recente (72 ore prima) ha un valore predittivo negativo
importante.
Se presente IOT:
Broncoaspirato
Materiale per la raccolta:
• set sterile monouso con l'apposita provetta per la raccolta del materiale
• provette sterili con tappo a vite (vedi urinocolture)
• guanti sterili o pinza sterile
Modalità di raccolta
• in caso di abbondante secrezione collegare il sondino endobronchiale direttamente al set monouso
con manovra sterile
• in caso di secrezione scarsa eseguire il prelievo PREVIA immissione di 3-5 ml di soluzione fisiologica
sterile.
Conservazione
• inviare al laboratorio immediatamente
• in caso di impossibilità si può conservare il campione prelevato per due ore a temperatura ambiente
oppure a +4° (in frigo) fino a 24 ore;
• per la ricerca della Legionella e del BK si può conservare il campione fino a 48 ore a +4°C (in frigo)
• specificare tipo di ricerca che si intende effettuare: germi comuni, miceti, legionelle, micobatteri,
esame batterioscopico.
Espettorato
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L’espettorato è un materiale biologico scarsamente rappresentativo per la diagnosi eziologica di
infezione delle vie aeree profonde e fornisce risultati controversi. Dovrebbe essere raccolto solo da
pazienti con polmonite e tosse produttiva capaci di espettorare. Questo materiale è idoneo per la
ricerca di Legionella pneumophila, Chlamydia pneumoniae, Mycoplasma pneumoniae e Pneuomocistis
carinii con la metodica di amplificazione genica (PCR). Per Legionella pneumophila si ha una bassa
sensibilità all'esame colturale o microscopico per cui è meglio ricorrere ad altri tipi di campione
biologico (urina per ricerca antigene). Su richiesta specifica è possibile effettuare in questo materiale
biologico, oltre alla ricerca di "routine", la ricerca colturale di Micobatteri, Nocardia spp. e Miceti.
Materiale per la raccolta
Il materiale va raccolto in recipiente sterile, a bocca larga (sputum collector). E' opportuno che il
paziente sia assistito nella raccolta del campione.
Modalità di raccolta
Effettuare la raccolta al mattino a digiuno (se possibile). Rimuovere eventuali protesi dentarie, fare una
pulizia adeguata del cavo orale e gargarismi con acqua distillata sterile. Raccogliere l’espettorato dopo
un colpo di tosse e controllare che non sia contaminato da saliva. Se il paziente ha difficoltà ad
espettorare si può ricorrere all’induzione aerosolica: far pulire la cavità orale con lo spazzolino da denti
e sciacquare abbondantemente con acqua; far inalare 20-30 ml di soluzione salina tiepida al 3-10%;
raccogliere l’espettorato nell’apposito contenitore.
Numero dei prelievi
Un solo campione è in genere sufficiente in caso di polmoniti batteriche. Per la diagnosi di infezioni
tubercolari sono consigliati tre campioni raccolti in mattine successive, specificando la richiesta (in caso
di positività del primo o del secondo campione è superfluo inviare i successivi).
Aspirato faringeo profondo. Modalità di raccolta.
Il materiale consente lo stesso tipo di ricerche microbiologiche dell'escreato, ma naturalmente è molto
meno contaminato dalla flora batterica colonizzante la prima parte del tratto respiratorio.
L'interpretazione dell'esame deve tenere conto del fatto che può esserci una certa contaminazione da
parte della saliva (flora batterica residente nel cavo orale e faringe) e che (nel caso di aspirato da
tracheostomia) la trachea è colonizzata dopo 24 ore dal momento dell'inserzione del tubo e per molti
giorni dopo che il tubo è stato tolto. Questo materiale è ritenuto idoneo per colture di sorveglianza
(colonizzazioni).
Precauzioni
Numerosi studi indicano che l’aspirazione è una procedura potenzialmente dannosa. Il sondino può
anche provocare la stimolazione delle terminazioni vagali con conseguente bradiaritmia e ipotensione.
E’ quindi importante controllare la comparsa di eventuali complicanze:
- Ipossiemia,
- aritmie,
- aumento/diminuzione della pressione arteriosa media,
- danno tracheale,
- aumento della pressione intracranica.
I pazienti sottoposti ad aspirazione faringea profonda possono sviluppare uno stato di ansia per il
dolore provocato dalla manovra, è quindi importante preparare il paziente ed approcciarlo nel modo
ottimale, tranquillizzandolo e spiegando passo passo ogni nostra azione. La durata dell’aspirazione non
dovrebbe superare i 10/15 secondi.
Raccomandazioni
L’esecuzione della tecnica di aspirazione faringea profonda deve essere effettuata in asepsi.
La misura del catetere di aspirazione deve essere adeguata alla via aerea del paziente. Monitorare il
paziente durante la procedura.
3) URINOCOLTURA
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Requisito fondamentale per poter ottenere risultati attendibili è che il campione sia idoneo e non
contaminato. Ad eccezione della parte distale dell'uretra, l'apparato urinario fa parte delle zone sterili
dell'organismo.
Il prelievo deve essere effettuato PRIMA DELL’INIZIO DELLA TERAPIA ANTIBIOTICA (e comunque
da non meno di 48 h dal termine); altrimenti, segnalare la terapia nella richiesta di analisi. E’ preferibile
raccogliere le urine del mattino.
Se il paziente è cateterizzato va segnalato al laboratorio.
Raccolta
1)
2)
3)
4)
Lavarsi le mani con antisettico;
indossare guanti protettivi non sterili
chiudere il catetere appena sopra la giunzione col tubo di raccordo
disinfettare il tratto di catetere appena al di sopra della giunzione col tubo di raccordo con PVP
iodio o derivati del cloro.
5) aspirare con una siringa ed ago sottile sterile almeno 10 ml di urina.
6) versarli nell’apposito contenitore STERILE a bocca larga con tappo a vite evitando di
contaminarne con le mani i bordi interni. Aprire il contenitore SOLTANTO al momento della
raccolta
7) non raccogliere l’urina dalla sacca o sconnettendo il catetere.
Trasporto
Il trasporto del campione al Laboratorio deve avvenire rapidamente:





entro 30-60 min, se conservato a temperatura ambiente
entro 6-12 h, se conservato in frigo (+4°C)
entro 24 h, se addizionato di borato o polivinil-pirrolidone (PVP) e conservato a +4°C
Non congelare il campione
Accertarsi che il contenitore sia ermeticamente chiuso in modo che l’urina non fuoriesca
durante il trasporto
4) TAMPONE RETTALE
Il tampone rettale per la ricerca di Enterobatteri produttori di Carbapenemasi (CPE) va eseguito in
prima giornata a TUTTI i pazienti.
Modalità di esecuzione e conservazione del tampone rettale
 Posizionare il paziente in modo da rendere agevole l’esecuzione della procedura;
 Eseguire il frizionamento alcolico delle mani;
 Indossare i DPI: guanti monouso, occhiali protettivi, sovracamice monouso, etc;
 Inserire il tampone per la profondità di circa 2 cm, ruotandolo delicatamente per campionare le
cripte anali;
 Inviare QUANTO PRIMA POSSIBILE il tampone in laboratorio di Microbiologia. N.B.: il tampone
va eseguito SEMPRE ALL’INGRESSO e può essere conservato a temperatura ambiente (in
apposito contenitore sterile) FINO A 48 ORE.
5) DRENAGGIO ADDOMINALE-TAMPONE FERITA (SU INDICAZIONE CLINICA).
Il materiale che, più frequentemente, permette l’isolamento dei patogeni responsabili del processo
infettivo è quello adiacente alla parete dell’ascesso o, nel caso di lesione aperta, il materiale che mina i
margini della lesione.
Solo il materiale raccolto e trasportato correttamente viene processato per la ricerca di batteri anaerobi.
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La coltura aerobia standard comprende sempre la ricerca dei funghi lievitiformi e dei funghi filamentosi
a rapida crescita.
Materiale occorrente:
- Soluzione antisettica (clorexidina digluconato con concentrazioni ≥0.5 % in alcool etilico, PVP
iodio in soluzione saponosa ed acquosa);
- Siringa sterile;
- Flaconi con terreno di coltura per trasporto in aerobiosi ed anaerobiosi o provetta sterile tipo
vacutainer senza additivi (tappo bianco da 3ml);
- Soluzione fisiologica sterile;
- Eventualmente tamponi in terreno di trasporto liquido.
Modalità di prelievo
In condizioni di sterilità ripulire la ferita dai detriti superficiali con soluzione fisiologica. In caso di cute o
mucose integre detergere con clorexidina/PVP iodio e aspirare il materiale con siringa sterile.
Immettere il materiale nel contenitore di trasporto idoneo (flaconi per emocolture o vacutainer ).
Se il materiale drena spontaneamente all’esterno, detergere con soluzione fisiologica, disinfettare e
prelevare il materiale mediante aspirazione con siringa, senza ago.
Nel caso di tragitti fistolosi pulire accuratamente il tragitto con soluzione salina sterile prima di
immettere un cateterino sterile con cui penetrare nel focolaio suppurativo, procedendo all’aspirazione
diretta del materiale.
Se il materiale viene raccolto da un drenaggio, clampare il tubo di drenaggio, disinfettare con
clorexidina in soluzione alcolica l’estremità del drenaggio e prelevare il materiale mediante aspirazione
con siringa sterile. Non inviare materiale prelevato da sacche di raccolta.
Modalità di conservazione e trasporto
Trasportare i campioni rapidamente in laboratorio. Se il campione è stato raccolto in una provetta tipo
vacutainer, il materiale deve essere mantenuto a temperatura ambiente e processato in tempi rapidi.
Se il campione è stato inoculato in idoneo flacone di trasporto o nei “flaconi da emocoltura” può essere
mantenuto a temperatura ambiente per 24 ore.
6) ESAMI DI LABORATORIO: VES, PCR, PcT
Ricercare in tutti i pazienti gli Indici di flogosi, VES e PCR.
Il dosaggio della PcT andrà richiesto all’ingresso in TI solo in caso di forte sospetto
clinico/laboratoristico di infezione in atto.
7) Ricerca antigene urinario Legionella pneumophila
In alcuni pazienti con storia suggestiva
Fattori di rischio e malattie di base che favoriscono l’acquisizione di una polmonite da
Legionella
Fattori di rischio
 Età avanzata
 Sesso maschile
 Alcolismo
 Tabagismo
 Sonda nasogastrica, alimentazione con sondino
 Inalazione di acqua non sterile
 Presenza di Legionella in più del 30% dei campioni d’acqua analizzati o di concentrazioni di
Legionella > 103/L in una determinata struttura
 Presenza di torri di raffreddamento degli impianti di condizionamento nell’area circostante
 Tipologia lavoro: giardinieri, addetti, manutenzione e pulizia impianti di condizionamento e torri
evaporative, minatori, dentisti, addetti vendita vasche idromassaggio, giardinieri etc..)
Malattie di base
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







Broncopneumopatia cronica ostruttiva
Immunosoppressione:
Trapianto d’organo
Terapia corticosteroidea cronica
Neoplasie e interventi chirurgici ORL
Insufficienza renale terminale
Insufficienza cardiaca
Diabete
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
- Linee Guida dell’AMCLI –Associazione Microbiologi Italiani
- Juan H. Macias, Virginia Arreguin, Juan M. Munoz, Jose A. Alvarez, Juan L. Mosqueda,
Alejandro E. Macias. Chlorhexidine is a better antiseptic than povidone iodine and sodium
hypochlorite because of its substantive effect. AJIC 2013; Volume 41.
- Hall KK et al. Clin Microbiol. Rev 2006: 19: 788-802.
- National Public Health BSOP 37 Investigation of blood cultures (for organisms other than
Mycobacterium species).
- Lee A1, Mirrett S, Reller LB, Weinstein MP. Detection of bloodstream infections in adults: how
many blood cultures are needed? J Clin Microbiol. 2007 Nov;45(11):3546-8. Epub 2007 Sep
19.
- F. R. Cockerill III, J. W. Wilson, E. A. Vetter, K. M. Goodman, C. A. Torgerson, W. S. Harmsen,
C. D. Schleck,D. M. Ilstrup, J. A. Washington II and W. R. Wilson. Optimal Testing
Parameters for Blood Cultures. CID 2004:38 (15 June).
- Weinstein MP. Blood culture contamination: persisting problems and partial progress. J Clin
Microbiol 2003; 41:2275-8.
- Beekmann SE, Diekema DJ, Doern GV. Determining the clinical significance of coagulasenegative staphylococci isolated from blood cultures. Infect Control Hosp Epidemiol.
2005;26:559–66.
- GUIDELINE FOR PREVENTION OF CATHETER-ASSOCIATED URINARY TRACT
INFECTIONS. CDC 2009.
9. MONITORAGGIO DEL PAZIENTE NON INFETTO
Nei pazienti ricoverati, che non mostrano segni e/o sintomi di infezione in atto:




Monitorare continuamente i parametri clinici
Valutare i comuni biomarker di infezione in maniera giornaliera
Ripetere VES e PCR ogni 3 giorni
Ripetere gli esami colturali effettuati al ricovero dopo 6 giorni di degenza
10. MONITORAGGIO DEL PAZIENTE INFETTO




Monitorare continuamente i parametri clinici
Ripetere esami colturali dopo 72 h dal precedente prelievo
Rivalutare i comuni biomarker in maniera giornaliera
Ripetere PCR e VES ogni 2 giorni
12


Eseguire un prelievo di PcT basale e ripeterlo ogni 2 giorni
In caso di infezioni complesse, mancato miglioramento del paziente nonostante adeguata
terapia antibiotica, è fortemente consigliato il ricorso a consulenze specialistiche
infettivologiche, ed ulteriori esami di laboratorio/imaging appropriati.
11. INFEZIONI: DEFINIZIONI E CRITERI DI DIAGNOSI
11.A. SEPSI
E’ utile tenere ben presenti le definizioni di:
Infezione: fenomeno microbico caratterizzato da una risposta infiammatoria che si verifica in presenza di
microrganismi o in seguito all’invasione da parte di questi ultimi di tessuti dell’ospite normalmente sterili.
Batteriemia: presenza di batteri vitali nel sangue.
SIRS: risposta infiammatoria sistemica ad una varietà di insulti clinici severi. Rivelata da due o più delle
seguenti condizioni:
1. Temperatura centrale >38 o<36
2. FC>90 battiti/min
3. Frequenza respiratoria >20/respiri/mino PaCO2 <32mmHg o ventilazione artificiale
4. Conta leucocitaria>12000/mm³ o <4000/mm³ oppure<10% forme immature.
Sepsi: presenza (probabile o documentata) di infezione associata a manifestazioni sistemiche di infezione.
Sepsi severa: presenza di sepsi associata a disfunzione d’organo o ipoperfusione tissutale.
-IPOTENSIONE INDOTTA DA SEPSI: definita come una PAS < a 90 mmHg o una MAP <70 mmHg o una
riduzione della PAS >40 mmHg o a valori inferiori a due ds al di sotto dei valori normali per sesso ed età in
assenza di altre cause di ipotensione.
-SHOCK SETTICO: ipotensione indotta da sepsi persistente nonostante adeguata fluidoterapia/ non
responsiva ai fluidi.
-IPOPERFUSIONE INDOTTA DA SEPSI: ipotensione non resposniva ai fluidi , aumento dei livelli di
lattacidemia >4mmmol/L o oliguria indotti da un ‘infezione.
Criteri diagnostici SEPSI:
Infezione, documentata o sospetta, associata alla coesistenza di 2 o più delle seguenti variabili:
Variabili generali:
- Ipotermia ( temperatura core <36°)
- FC >90 bpm o maggiore di 2 ds rispetto ai valori normali per età
- Tachipnea
- Stato mentale alterato
- Edemi o bilancio fluidico positivo ( > 20 ml/kg/ 24 h)
- Iperglicemia ( glucosio plasmatico > 140 mg/dl) in assenza di diabete
- Febbre > 38,3 °C
Variabili infiammatorie:
- Leucocitosi( WBC >12.000)
13
-
- Leucopenia (WBC< 4000)
- Conta leucocitaria normale con più del 10% di forme immature
- Aumento della PCR sopra le due deviazioni standard rispetto ai valori normali
- Aumento della PCT sopra le due deviazioni standard rispetto ai valori normali
Variabili emodinamiche:
Ipotensione arteriosa SPB < 90, MAP < 70° riduzione SBP > 40 nell’adulto o inferiore a due DS al di sotto
dei valori normali per età.
Variabili di disfunzione d’organo:
- Ipossiemia arteriosa (PaO2/FiO2 <300)
- Oliguria acuta (output urinario <0,5 mL/kg/hr per almeno due ore nonostante adeguata fluidoterapia)
- Aumento dei valori di creatinina >0,5 mg/dl
- Disordini della coagulazione (INR >1,5 o APTT >60 s)
- Ileo (peristalsi assente)
- Trombocitopenia ( conta piastrinica < 100000/ microlitro)
- Iperbilirubinemia ( Bil tot >4 mg/dl)
Variabili di perfusione tissutale:
- Iperlattacidemia ( >1 mmol/L)
- Tempo di refilling capillare ridotto o marezzature evidenti.
Criteri diagnostici SEPSI SEVERA:
Ipoperfusione tissutale o disfunzione d’organo indotta da sepsi (qualsiasi delle condizioni seguenti associate
all’infezione):
-
Ipotensione indotta da sepsi
Iperlattacidemia
Output urinario <0.5 ml/kg/h per più di due ore consecutive non responsivo ai fluidi
PaO2/FiO2 <250 in assenza di infezione polmonare come fonte infettiva
PaO2/FiO2 <200 in presenza di infezione polmonare come fonte infettiva
Creatinina >2.0 mg/dl
Bilirubina >2 mg/dL
Conta piastrinica <100000 microlitro
Coagulopatia (INR >1,5)
Management della Sepsi
LE LINEE GUIDA SSC 2012 raccomandano l’inizio tempestivo del protocollo terapeutico nei pazienti con
ipoperfusione indotta da sepsi, tale protocollo va messo in atto il prima possibile e non deve essere ritardato
nell’attesa del ricovero in ICU. Durante le prime 6 ore gli obiettivi iniziali da perseguire sono:
1 CVP 8-12 mmHg
2 MAP =>65 mmHg
3 Diuresi >0.5Ml/kg/h
4 ScVO2 o SvO2 del 70% e 65% rispettivamente.
5 EGDT Early Goal Directed Therapy misurazione dei livelli di lattati nei pazienti come marker di
ipoperfusione tissutale.
Screening
Individuare tutti i pazienti potenzialmente infetti per sepsi severa in modo da permettere la precoce
identificazione della sepsi e iniziare al più presto la terapia. Il riconoscimento precoce della sepsi migliora
l’outcome e riduce la mortalità ad essa legata. Ridurre il tempo di diagnosi è una componente critica per la
riduzione di mortalità e disfunzione d’organo. Ai fini di migliorare quest’aspetto di gestione è utile riferirsi ai
bundles della SSc (vedi tabella pagina seguente), una raccolta breve di raccomandazioni che possono essere
usate come base del management del pz settico e per migliorare lo stesso.
SURVIVING SEPSIS CAMPAIGN BUNDLES
ENTRO 3 H: Misurare i livelli di lattati
14
ENTRO 6 H:
Effettuare emocolture prima della somministrazione di antibiotici
Somministrare antibiotici ad ampio spettro
Somministrare 30 mL/kg cristalloidi per ipotensione o lattati >= 4mmol/L
iniziare vasopressori per l’ipotensione non responsiva ai fluidi per mantenere MAP >= 65
Per l’ipotensione persistente non responsiva ai fluidi ( shock settico) o valori di lattati iniziali
>= 4 mmol/L:
-Misurare CVP
-Misurare ScvO2
Ridosare i lattati se i valori inziali erano elevati.
Diagnosi






Devono essere ottenute colture appropriate prima dell’inizio della terapia antibiotica ma queste non
devono costituire motivo di ritardo della stessa (non oltre 45 minuti).
Per ottimizzare l’identificazione del microrganismo/i responsabile/i effettuare:
almeno 2 set di emocolture (2 anaerobi 2 aerobi), di cui almeno uno da periferica e uno da ogni accesso
vascolare a meno che questo non sia stato inserito meno di 48 h prima;
colture da altri siti (se opportuno): urinocoltura, liquido cefalorachidiano, ferite, secrezioni bronchiali o altri
fluidi biologici che potrebbero essere fonte d’infezione.
colorazione gram: su richiesta del curante
PcT, PCR ad alta sensibilità
1,3 beta glucano, antigene mannano e anticorpi anti-mannano se si sospetta una candidiasi invasiva.
Mostrano positività più precocemente delle colture, attenzione ai falsi postivi e ai casi di colonizzazione.
utilizzo antivirali precocemente per sospetto infezione virale.
Imaging
Effettuare più precocemente possibile esami radiologici volti a confermare / individuare la fonte d’infezione e
da utilizzare eventualmente come guida per prelievo campioni da coltura.
Gli esami radiologici a letto del pz sono da preferire laddove possibile, il trasporto del paziente può essere
pericoloso: valutare rischi e benefici.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE:
-
Surviving Sepsis Campaign: International Guidelines for Management of Severe Sepsis and Septic Shock:
2012
Surviving Sepsis Campaign: Updated Bundles in Response to New Evidence. April 2015.
11.B. POLMONITI: CAP, HAP, HACP, VAP
CAP: Community Acquired Pneumonia, polmonite che si manifesta in paziente non ospedalizzato o ricoverato
da meno di 48 ore o residente in una casa di risposo o simile da più di 14 giorni dall’insorgenza dei sintomi.
HAP: Hospital Associated/acquired Pneumonia, polmonite che insorge entro 48 h o più dopo l’ammissione in
ospedale e che non era in incubazione al momento del ricovero. Può essere gestita in reparti di degenza o in
UTI nei casi più severi.
VAP: Ventilator Associated Pneumonia, insorge tra le 48 e le 72 h dopo IOT.
HCAP: Health Care Associated Pneumonia, è definita come una polmonite che colpisce pazienti:




con precedente ricovero in ospedale di almeno 2 gg.
nei 90 gg. precedenti lo sviluppo dell’infezione
che sono stati degenti presso istituti di assistenza/riabilitazione (RSA)
trattati con antibiotici ev
15


-
sottoposti a chemioterapia nei 30 gg. Precedenti
in trattamento dialitico
HAP e VAP sono distinte in early e late onset.
Early onset HAP e VAP (ATS guidelines): forme che esordiscono nei primi 4 gg dall’ammissione/intubazione
generalmente sostenute da germi sensibili ai comuni antibiotici.
Late onset HAP e VAP: insorgono dopo 5 gg. o più dall’ammissione/ intubazione, sono spesso sostenute da
batteri multiresistenti (MDR, multidrug-resistant) e sono associate a una maggiore morbilità e mortalità.
La distinzione tra le due si basa su criteri microbiologici oltre che temporali, implicando un differente approccio
terapeutico. La letteratura più recente però sembra in parte smentire questa classificazione, dimostrando che
la frequenza di MDR ( Pseudomonas spp, MSSA, MRSA e altri ) è similare nei due gruppi.
Anche i pazienti con polmonite early onset ma con fattori di rischio da colonizzazione/infezione da germi MDR
(vedi sopra HCAP) vengono trattati come le forme late-onset. L’eziologia delle VAP early e late onset non è
necessariamente distinta (germi “comunitari” vs. “nosocomiali”), ma dipende dal timing dell’intubazione
endotracheale. Infatti, quando questa avviene dopo l’ammissione in ospedale, la colonizzazione delle vie
aeree superiori da parte di patogeni nosocomiali può già essere intervenuta, e la polmonite, seppur insorta
precocemente e quindi classificabile come early onset, può essere causata da microrganismi tipicamente
associati alla late onset pneumonia. Altra considerazione da fare è che la polmonite nei pazienti ricoverati in
Terapia Intensiva (TI), è causata nella maggior parte dei casi dall’aspirazione di microrganismi che
costituiscono la flora nasale, orofaringea e gastrica. Ciò può accadere sia prima dell’ammissione in TI,
soprattutto nei pazienti con funzionalità delle vie aeree depressa da condizioni quali coma, trauma o chirurgia,
sia dopo l’intubazione e il ricovero in TI. Per questa ragione alcuni autori sostengono che la definizione
“Ventilator-Associated Pneumonia” (VAP) non sia appropriata e dovrebbe essere sostituita da termini quali
“Intubation-Associated Pneumonia” per la VAP early onset e “Tube-Associated Pneumonia” per la VAP late
onset.
Fattori di rischio (predisponenti alle infezioni nosocomiali in genere):
Condizioni cliniche preesistenti
Età avanzata
Malnutrizione
Alcolismo
Diabete
Immunodepressione
Malattie respiratorie croniche
Tabagismo
Procedure invasive
Intubazione oro-nasale tracheale
Catetere venoso centrale
Emofiltrazione
Drenaggi chirurgici
Tracheostomia
Catetere vescicale
Broncoscopia
Patologie acute
Intervento chirurgico
Trauma
Ustioni
Trattamenti
Emo-trasfusioni
Terapia antibiotica recente
Trattamenti immunodepressivi
Profilassi antiulcera
Posizione supina
Nutrizione parenterale
Ventilazione meccanica prolungata
Sedazione
Fattori di rischio per MDR:






Emodialisi
Chemioterapia endovenosa.
Immunodepressione
Ricovero in ospedale negli ultimi 30 gg.
Interventi chirurgici negli ultimi 90 gg.
Provenienza da case di cura o lungodegenza.
16
Diagnosi
Per la diagnosi di polmonite, i parametri oggi in uso (CDC, Aprile 2015) sono:
CLINICI - DI IMAGING - LABORATORISTICI.

CRITERI CLINICI (segni e sintomi).
Almeno uno dei seguenti:
Febbre > 38 °C;
Leucopenia < 4000 GB/mm3 oppure leucocitosi > 12000 GB/mm3;
Per adulti > 70 aa, alterazione coscienza senza altre cause note;
+ almeno due dei seguenti:
Sputum purulento o modifica delle sue caratteristiche, o aumento delle secrezioni respiratorie o
aumento della necessità di aspirazione;
Insorgenza o peggioramento della tosse o dispnea o tachipnea;
Ronchi o soffio bronchiale;
Peggioramento degli scambi gassosi (PaO2/FiO2 < 240), aumento delle richieste di ossigeno o
aumento del supporto respiratorio meccanico.

IMAGING
Due o più esami radiologici del torace (RX o TC) che presentino almeno una delle seguenti
alterazioni:
Infiltrato nuovo o progressivo persistente
Aree di consolidamento
Cavitazione
NB: nei pazienti cardiopatici, BPCO, ARDS, un solo esame positivo è sufficiente per la diagnosi.
RADIOGRAFIA STANDARD DEL TORACE*: rapida interpretazione.
(* una radiografia standard normale, in presenza si segni e sintomi tipici, NON esclude con sicurezza una polmonite).
In fase iniziale è possibile evidenziare un’area di ipodiafania, che evolve successivamente in un’area di
addensamento alveolare omogenea, a delimitazione scissurale lobare o sublobare (fase di epatizzazione) con
broncogramma aereo nel contesto.
Polmonite lobare
Nella fase di colliquazione si può osservare aumento di volume del lobo interessato, con aspetto convesso
della scissura.
In fase avanzata possono residuare minima perdita di volume del lobo interessato e aderenze pleuriche.
Tipici addensamenti “a vetro smerigliato” con distribuzione disomogenea, multilobare e bilaterale.
Concomitano fenomeni di air trapping per la presenza di bronchiolite e aree di consolidamento con aspetto
Broncopolmonite
confluente, quando coesista danno alveolare diffuso. In circa il 75% dei casi si associano cavitazioni e ascessi
polmonari.
Presenza di aree di consolidamento lobare, focale o multifocale (più frequentemente a livello dei lobi
superiori), di un quadro di tipo broncopolmonitico, di infiltrati perilari bilaterali e di pneumatoceli che possono
Polmonite interstiziale
causare pneumotorace spontaneo. Fino al 39% dei casi può mostrare una radiografia senza alcuna
alterazione. La polmonite da P. carinii può presentarsi in forma atipica con consolidamento lobare, noduli,
adenopatie mediastiniche e versamento pleurico. Legionella. Pneumocistis.
Da micosi, frequenti nei pazienti immunodepressi. Masse nodulari dall’aspetto frequentemente escavato.
Forme nodulari
-
Aspergillosi: può manifestarsi nella forma saprofitica (micetoma) o nella forma invasiva.
La forma saprofitica è caratterizzata da una localizzazione fungina circoscritta con accumulo di filamenti
miceliali in una cavità preesistente (bronchiectasia, bolla enfisematosa, caverna tubercolare, neoplasia
escavata). All’RX appare come una formazione tondeggiante, radiopaca, omogenea all’interno di una cavità
dalla cui parete risulta separata da una banda di radiotrasparenza di vario spessore. Se la cavità è di grandi
dimensioni, il micetoma puà spostarsi liberamente con il cambiamento del decubito del paziente (fenomeno
che può non verificarsi se esistono tralci di collegamento con la parete).
La forma invasiva colpisce più frequentemente l’immunodepresso e si caratterizza per un quadro similbroncopolmonitico, con aree di addensamento parenchimale “a chiazze”; l’occlusione di piccole arterie da
parte di accumuli di ife può causare infarti che appaiono come opacità tondeggianti singole o multiple, con
tendenza alla cavitazione, o come aree di addensamento triangolare con base rivolta alla pleura. Tipici sono 2
segni:
halo sign: area a vetro smerigliato testimonianza di un’emorragia alveolare circondante un nodulo derivante da
infarto per angioinvasione (DD: polmonite eosinofila, BOOP, TBC, CMV, Herpes Simplex, Coxiella Burnetii)
air crescent sign: area di radiotrasparenza a densità aerea e morfologia seminodulare o circonferenziale nel
contesto di un nodulo polmonare. E’ indicativo di prognosi migliore.
Candidosi: comportamento invasivo nell’immunodepresso. Diffusi addensamenti “a chiazze”
confluenza (vedi sopra).
17
tendenti alla

LABORATORIO (indagini microbiologiche e microscopiche).
Permette di definire la diagnosi eziologica.
Emocoltura positiva non correlata ad altra fonte di infezione
Coltura di fluido pleurico positiva
Colture quantitative positive da campioni minimamente contaminati (BAL/PSB)
Presenza di batteri intracellulari in > 5% delle cellule ottenute dal BAL
Colture positive di biopsie polmonari
All’esame istopatologico: ascessi o foci di consolidamento con accumulo di PMN nei bronchioli ed
alveoli oppure invasione parenchimale da parte di ife o pseudo-ife
Test non colturali sul secreto respiratorio o tessuti per virus, Bordetella, Chlamydia, Mycoplasma,
Legionella
Titolo anticorpale specifico quadruplicato
Positività di antigeni di Legionella sierogruppo 1 nelle urine
Procedure diagnostiche più comuni
BAL
Il BAL è una metodica endoscopica di prelievo che permette il recupero di cellule dal polmone profondo
tramite il lavaggio con soluzione fisiologica. Differisce dal lavaggio bronchiale che consiste nel lavaggio e
nell’aspirazione del materiale presente nelle grosse vie aeree. Consente di campionare larghe aree del
distretto alveolare. La metodica richiede una precisa tecnica di esecuzione e deve essere sottoposta a un
controllo qualitativo (un campione è considerato adeguato se sono presenti meno del 5% di cellule bronchiali
o 1% di cellule squamose delle alte vie respiratorie). La procedura prevede i seguenti passaggi:
1) Si inserisce il broncoscopio in un bronco tributario della zona polmonare da studiare o, nel caso di
pneumopatia infiltrativa diffusa, nella lingula o lobo medio.
2) Il BAL è praticato dopo l’ispezione delle vie aeree e prima di biopsie o brushing
3) Si instillano da 100 a 200 cc di soluzione fisiologica a 37° in aliquote di 20-60 cc fino ad ottenere 40-50
cc di recupero totale.
4) Dopo ogni aliquota si procede ad una aspirazione, a bassa pressione per evitare il collasso dei bronchi
ed il trauma da suzione sulla mucosa.
5) La prima aliquota può essere raccolta separatamente ed utilizzata per ricerche microbiologiche.
6) Le altre aliquote vengono utilizzate per la conta morfologica delle cellule presenti e per l’analisi
citofluorimetrica.
7) Il recupero totale varia dal 50 all’ 80%. L’abitudine al fumo, l’età o la presenza di COPD riduce la quantità
di liquido raccolto
8) Un recupero di 100 ml non richiede ulteriori aliquote infusive. Se il recupero totale è inferiore al 5% la
procedura non è riuscita. Se la differenza tra l’instillato ed il recuperato è > a 100 ml cambiare area.
9) I campioni ottenuti devono essere processati dal laboratorio entro 2 ore dalla loro raccolta.
10) Il BAL deve essere trasportato entro 30 min al laboratorio, altrimenti va conservato in ghiaccio (cellule a
4°C fino a 24 h). E’ controverso se unire la prima aliquota di recupero alle seguenti. Il liquido deve essere
messo in un unico contenitore, misurato e ben miscelato. Va filtrato su uno strato di garza sterile.
Le principali indicazioni all’esecuzione del BAL sono le seguenti:
a) Diagnostica delle pneumopatie infiltrative diffuse sia in pazienti immunocompetenti che non;
b) Trattamento della proteinosi alveolare.
L’esame del BAL può risultare diagnostico in alcune situazioni quali le infezioni opportunistiche, la proteinosi
alveolare, la sindrome da emorragia alveolare, le infiltrazioni neoplastiche, la polmonite eosinofila, istiocitosi X
polmonare e la berilliosi.
In altre patologie i reperti del BAL possono risultare compatibili, ma non diagnostici, con il quadro clinicoradiologico (sarcoidosi, polmonite da ipersensibilità, infezioni batteriche, pneumoconiosi, etc.). Talora il BAL
permette di reindirizzare l’iter diagnostico Le controindicazioni del BAL sono le stesse della fibrobroncoscopia.
Controindicazioni
Aritmie cardiache gravi
Instabilità emodinamica
18
-
Recente infarto miocardico
VEMS < 1 litro
Asma con broncostruzione moderata/severa
Ipossiemia refrattaria
Mancanza di cooperazione
Complicanze
Febbre post-broncoscopia (2.5%)
Polmonite (0.4%)
Sanguinamento (0.7%)
Broncospasmo (0.7%)
BRUSHING CON CATETERE PROTETTO
Questa tecnica consente un accesso diretto alle vie aeree inferiori attraverso il broncoscopio e il recupero di
secrezioni respiratorie non contaminate. Il brushing viene effettuato con una spazzola protetta da un doppio
catetere telescopico, protetta da un tappo di glicole polietilenico riassorbibile all’interno della punta della
camicia più esterna. Viene inserito nel canale operativo del FBS e può essere portato (preferibilmente sotto
controllo radiologico) direttamente nella sede dell’infezione mantenendo la sterilità della spazzola e
permettendo di recuperare secrezioni non contaminate dalla flora orofaringea.
Tecnica:
1) Aspirare con un sondino le secrezioni orofaringee o nel tubo di ventilazione per ridurre le secrezioni che
rischierebbero di contaminare il prelievo;
2) Indossare guanti sterili per manipolare il PBS
3) Posizionare il broncoscopio fino ad incunearlo nel bronco sede del processo infettivo( sulla base dei
referti radiologici o del riscontro endoscopico)
4) Introdurre il PBS nel canale operativo spingendo la punta del brushing 2 cm oltre la punta del
broncoscopio
5) Dopo aver espulso il tappo riassorbibile distale mediante protrusione della cannula interna, far avanzare
la spazzola di 3 -4 cm al di fuori della cannua interna , all’interno dell’addensamento poarenchimale,
effettuare movimenti di va e vieni e poi ritirarla nella cannula interna di alcuni cm.
6) Sfilare il PBS dal canale operativo del broncoscopio, pulire l’estremità della cannula con etanolo al 70% e
far avanzare la spazzola fino a farla uscire dalla cannula interna, tagliarla e inserire per caduta in un
contenitore sterile contenente 1 ml di ringer lattato.
7) Inviare immediatamente alla microbiologia.
Differenze BAL/PSB
Il BAL è in genere preferito per: sensibilità più elevata, accertamenti microbiologici più estesi, campo
diagnostico allargato a patologie che possono simulare una polmonite.
BAL
PSB
Contaminazione prelievo
Si
scarsa
Compliance paziente
±
±
Indagini microbiologiche
Complete
Solo batteri
Diagnosi altre patologie
Citologia
No
immunologia
Tempo esecuzione
5-10 min
2 min
Effetti collaterali
Ipossiemia
scarsi
Costi
Bassi
Elevati
19
SCORE DI RISCHIO: CAP
Per identificare i pazienti che necessitano di assistenza di tipo intensivo/rianimatorio, si consiglia il ricorso ad
uno o più dei seguenti score (a discrezione del curante).
1. PSI (Pneumonia Severity Index)
2. CURB65 score (Confusion, Urea nitrogen, Respiratory rate, Blood pressure, Age > 65)
3. SMART – COP (Systolic blood pressure, Multilobar, Albumin, Respiratory rate, Tachycardia,
Confusion, Oxygen, Ph)
4. IDSA/ATS
1. PSI – PNEUMONIA SEVERITY INDEX
Indice per la determinazione della classe di rischio in pazienti immunocompetenti con polmonite acquisita in
comunità.
FATTORI DEMOGRAFICI
Età uomo
Età donna
Residente in istituzione
Malattia neoplastica
Malattia epatica
Insufficienza cardiaca congestizia
Malattia cerebrovascolare
Malattia renale
Età in anni
Età in anni - 10
+10
+30
+20
+10
+10
+10
REPERTI OBIETTIVI DI SEVERITA’
Alterato stato mentale
Frequanza respiratoria ≥ 30/min
Pressione sistolica < 90 mmHg
Temperatura < 35°C o > 40°C
Polso ≥ 125/min
+20
+20
+20
+15
+10
REPERTI STRUMENTALI
pH arterioso < 7,35
Azoto ureico ≥ 30 mg/dL (11
mmol/L)
Sodiemia < 130 mmol/L
Glicemia ≥ 250 mg/dL
Ematocrito < 30 %
PaO2 < 60 p Sao2 < 90
Versamento pleurico
CLASSE DI RISCHIO
1 (basso)
2 (basso)
3 (basso)
4 (moderato)
5 (elevato)
+30
+20
+20
+10
+10
+10
+10
PUNTEGGIO
Età < 50, assenza di malattie
coesistenti, assenza di reperti
obiettivi di severità
≤ 70
71-90
91-130
>130
Le classi di rischio 4 e 5 necessitano di assistenza ospedaliera.
20
MORTALITA’
0,1 %
0,6 %
0,9 %
9,3 %
27 %
2. CURB65 score
Indice per la valutazione del rischio di mortalità in ospedale. E’ calcolato attribuendo 1 punto a ciascuna delle
seguenti variabili prognostiche:
Confusion
Blood Urea Nitrogen
Respiratory rate
Blood pressure
Age
Punteggio al Mental Test abbreviato di 8 o inferiore
> 7mmol/L (oppure BU > 19 mg/dL)
≥ 30 atti/min
PAS < 90 mmHG oppure PAD < 60 mmHg
65 aa o più
I pazienti vengono stratificati come segue:



0/1 : basso rischio (rischio < del 3%)
2 : rischio intermedio (mortalità del 3-15%)
3/5: alto rischio (mortalità > 15%)
3. SMART – COP
Strumento per la valutazione della necessità di ricovero in Terapia Intensiva per pazienti con polmonite.
S - Systolic blood pressure
M - Multilobar chest radiography involvment
A - Albumin < 3,5 mg/dL
R - Respiratory rate (aggiustato per età)
 Età < 50  FR > 25 a/min
 Età > 50  FR > 30 a/min
T - Tachycardia > 125 bpm
C - Confusion
O - Oxygen (aggiustato per età)
 Età < 50  PaO2 < 70 mmHg, SaO2 <
93%, Pao2/FiO2 < 333
 Età > 50  PaO2 < 60 mmHg, SaO2 <
90%, PaO2/FiO2 < 250
P - pH < 7,35
+2
+1
+1
+1
+1
+1
+2
+2
Definizione del rischio
Basso
Moderato
Alto
Molto alto
0–2
3–4
5–6
7o>
Lo score stima il rischio di mortalità a 30 giorni, ma la sua funzione è anche quella di identificare i pazienti
che necessitano di ricovero in UTI.
Sensibilità: 92,3%; specificità: 62,3 %; VPP: 22 %; VPN: 98,6 %
21
4. IDSA/ATS
Sistema di valutazione di gravità del malato con polmonite, studiato allo scopo di portare un giudizio circa la
necessità di ricovero in UTI.
CRITERI MAGGIORI
 Necessità di ventilazione meccanica
 Shock settico con necessità di vasopressori
CRITERI MINORI
 Tachipnea > 30 a/min
 Rapporto PaO2/FiO2 ≤ 250
 Polmonite a focolai multipli
 Paziente confuso o disorientato
 Iperazotemia (> 20 mg/dL)
 Leucopenia
 Trombocitopenia
 Ipotermia
 Ipotensione
L’identificazione del paziente da gestire in UTI deriverà dalla rilevazione di almeno uno dei criteri MAGGIORI
oppure di almeno 3 dei criteri MINORI.
Sensibilità: 65 %. Tale strumento individua una quota di pazienti con necessità di ricovero in UTI molto alta (il
30% circa delle polmoniti potrebbe essere definita severa dall’applicazione di tale metro). E’ quindi necessaria
un’attenta valutazione clinica prima di porre la scelta definitiva sul corretto reparto di cura cui destinare il
malato.
SCORE DI RISCHIO: VAP
CPIS (Clinical Pulmonary Infection Score)
22
Un punteggio di CPIS di 6 è una misura abbastanza precisa della presenza o assenza di infezione
polmonare, alla stessa maniera di una coltura batterica.
Gli elementi dello score non sono stati selezionati sulle basi di una rigorosa evidenza scientifica ma sulla base
dell’opinione di esperti.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE:
-
Torres A, et al. Intensive Care Med 2009:35:9-29
Imaging delle polmoniti acquisite in comunità – Emergency care journal – Aprile 2009
Pneumonia (Ventilator-associated [VAP] and non-ventilator-associated Pneumonia
[PNEU]) Event. CDC Atlanta 2015.
Infectious Diseases Society of America/American Thoracic Society Consensus Guidelines
on the Management of Community-Acquired Pneumonia in Adults. Clinical Infectious
Diseases 2007; 44:S27–72.
Guidelines for the Management of Adults with Hospital-acquired, Ventilator-associated, and
Healthcare-associated Pneumonia. Am J Respir Crit Care Med Vol 171. pp 388–416, 2005.
A.Casalini: Pneumologia interventistica 2007 Springer Verlag Italia.
11.C. INFEZIONI ADDOMINALI
Segni e sintomi
Dolore: inizialmente lieve e scarsamente localizzato (peritoneo viscerale) poi costante, grave e più localizzato
(peritoneo parietale).
 Vomito
 Febbre alta
 Peristalsi assente
 Rigidità addominale
 Anoressia
 Calo ponderale
 Segni di ipotensione e ipoperfusione: acidosi lattica, oliguria e alterazione acuta dello stato mentale
 Leucocitosi
Fattori di rischio:
Paziente-correlati
Patologia- correlati
23
Età
Comorbidità
Diabete
Malnutrizione
Obesità
Immunodepressione (alcolisti, neoplastici,trapianti)
Terapia in atto (FANS, anticoag.)
Terapia immunodepressive
Trattamenti ospedalieri cronici
Occlusione
Tipo di chirurgia
Drenaggi
Sanguinamento massivo
Trasfusioni massive
Monitoraggio invasivo
Ipotensione intraoperatoria
Durata intervento> 3 ore
Contaminazione intraoperatoria
MANNHEIM SCORE
Fattore di rischio
-
Score
Età> 50 aa
Sesso femminile
Sesso maschile
Insuff. d’organo presente
Insuff. d’organo assente
Neoplasia maligna
Neoplasia maligna assente
Durante preoperatoria della peritonite > 24 h
Durante preoperatoria della peritonite < 24 h
Origine non colica della sepsi
Origine colica della sepsi
Peritonite diffusa
Peritonite localizzata
5
5
0
7
0
4
0
4
0
4
0
6
0
Essudato:
chiaro
torbido, purulento
stercoraceo
0
6
12
Valore > 26 alto rischio di mortalità
Diagnosi:
1. CLINICA: fornisce gli elementi principali di diagnosi; nel paziente critico può essere difficile per lesioni
confondenti, insufficienza respiratoria, ottundimento, altre comorbilità
2. IMAGING: la TC è la metodica d’elezione. Nei pazienti instabili non trasportabili, l’ecografia è la
modalità di scelta. Le radiografie dell’addome sul piano sagittale, sono utili per identificare la presenza
di aria libera sottodiaframmatica, indice di un viscere perforato.
Eventuali ulteriori indagini radiologiche da effettuarsi secondo il sospetto clinico/diagnostico.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE:
-
Diagnosis and Management of Complicated Intra-abdominal Infection in Adults and Children: Guidelines
by the Surgical Infection Society and the Infectious Diseases Society of America. Clinical Infectious
Diseases 2010; 50:133–64.
24
11.D. INFEZIONI DELLE VIE URINARIE (IVU)
Segni e sintomi
-
Macroematuria e microematuria
Pollachiuria, disuria, stranguria, iscuria, piuria
Riduzione della diuresi
Dolore in regione ipogastrica o lombare
Urine torbide
Febbre
Leucocitosi
Fattori di rischio
-
Sesso femminile
Cateterizzazione prolungata
Prolungata degenza
Diabete
Uso di antibiotici
Altri siti di infezione attivi
Creatinina ≥2 mg/dl
Malnutrizione
Pz proveniente dai reparti di medicina vs ai pz dei reparti chirurgici ( la chirurgia cardiovascolare è meno
a rischio)
Inappropriato nursing
Diagnosi
-
Clinica
Esame chimico fisico urine
Coltura
Esami strumentali: ecografia, cistoscopia.
PREVENZIONE CAUTI –IVU
Sorveglianza delle infezioni urinarie associate a catetere.
È importante distinguere le infezioni dalla semplice batteriuria asintomatica. Le forme asintomatiche
generalmente NON richiedono trattamento. La diagnosi nei pazienti delle UTI può essere più complessa,
considerato che la quasi totalità dei pazienti con cateterizzazione prolungata presenta batteriuria.
BATTERIURIA: formazione di 10² colonie per ml.
FEBBRE: potrebbe essere l’unico segno nel paziente critico.
Punti chiave (cdc)
25









Inserimento dei cateteri urinari solo se strettamente necessario
Rimozione precoce
inserire il catetere con tecnica asettica e presidi sterili
Lavare le mani prima e dopo l’inserimento del catetere e prima e dopo lo svuotamento o la
sostituzione della sacca di drenaggio
Evitare l’irrigazione vescicale con antibiotici di routine, a meno che non sia presente infezione
confermata
Considerare l’utilizzo di cateteri medicati con antimicrobici in alcuni casi
Non ci sono prove su quale sia la frequenza ottimale per sostituire il catetere. Si suggerisce pertanto di
sostituirlo quando necessario. Il momento adatto per la sostituzione va stabilito in base alle condizioni
generali del soggetto cateterizzato, delle urine e in base alle caratteristiche specifiche del catetere. In
particolare nei soggetti a rischio di ostruzione l’intervallo di sostituzione deve essere più breve di quello
raccomandato dalle aziende produttrici.
La necessità di mantenere il catetere in sede dovrebbe essere rivalutata periodicamente: il catetere
va rimosso appena possibile per l’alto rischio di infezioni delle vie urinarie. La durata della
cateterizzazione va decisa in base al rischio di possibili complicanze.
L’esame colturale è opportuno solo in caso di sintomatologia infettiva (febbre, brividi, dolore al basso
ventre, al fianco, alla schiena) o altra indicazione medica.
Altre complicanze legate a cateterismo vescicale:





ostruzione da ematuria;
ostruzione da struvite;
perdita di urina;
lesioni da decubito;
traumatismi uretrali.
In presenza di ematuria il catetere può ostruirsi per la formazione di coaguli; in tal caso è indispensabile
l’utilizzo di un catetere Couvelaire (catetere a 3 vie) che favorisce il drenaggio.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE:
-
-
Infectious Diseases Society of America Guidelines for the Diagnosis and Treatment of
Asymptomatic Bacteriuria in Adults. Clinical Infectious Diseases 2005; 40:643–54.
Diagnosis, Prevention, and Treatment of CatheterAssociated Urinary Tract Infection in
Adults: 2009 International Clinical Practice Guidelines from the Infectious Diseases Society
of America. Clinical Infectious Diseases 2010; 50:625–663.
International Clinical Practice Guidelines for the Treatment of Acute Uncomplicated Cystitis
and Pyelonephritis in Women: A 2010 Update by the Infectious Diseases Society of
America and the European Society for Microbiology and Infectious Diseases. Clinical
Infectious Diseases 2011;52(5):e103–e120.
Urinary Tract Infection (Catheter-Associated Urinary Tract Infection [CAUTI] and NonCatheter-Associated Urinary Tract Infection [UTI]) and Other Urinary System Infection
[USI]) Events.CDC Atlanta 2015.
26
12. COMPLICANZE INFETTIVE DA CVC
L’acronimo DIV vuole indicare una serie di cateteri usati per l’accesso sia venoso che arterioso. Ne ricordiamo
alcuni:
Catetere venoso periferico
Catetere arterioso periferico
Catetere non centrale con inserzione periferica
CVC non tunnelizzato
Catetere arterioso polmonare
Sistema per il monitoraggio pressorio
CVC con inserzione periferica
CVC tunnelizzato
CVC totalmente impiantabile
27
Posizionato usualmente in periferia alle mani o
braccia, utilizzato per brevi periodi, raramente
associato ad infezioni.
Utilizzo per breve tempo per il monitoraggio
emodinamico o per controllo EGA; il rischio di
infezione è analogo a quello dei CVC.
Catetere periferico (7,6-20, cm) vien posizionato
nella zona antecubitale senza arrivare nelle vene
centrali, associato con un tasso di infezione più
basso rispett ai CVC.
E’ il più usato, responsabile di circa il 90% delle
sepsi catetere-relate.
Inserito attraverso una guida in teflon e rimane in
sede per soli 3 giorni; molti sono eparinati per
ridurre i fenomeni trombotici e l’adesione
batterica.
Usato in coppia col catetere arterioso, associato
con setticemie nosocomiali sia endemiche che
epidemiche; la sorgente è spesso la colonna di
liquido tra il catetere e il sistema di misurazione
della pressione, liquidi di infusione o trasduttori
non a perdere.
Costituisce un’alternativa al catetere in giugulare
o succlavia; è inserito attraverso una vena
periferica fino alla cava superiore, usualmente
attraverso la cefalica o la basilica; è facile da
mantenere ed è associato con un minor numero
di complicanze meccaniche rispetto ai CVC non
tunnelizzati
Impiantato chirurgicamente (Hickman, Broviac,
Groshong o Quiton) con la porzione tunnelizzata
che esce dalla cute e una cuffia in dacron
posizionata appena all’interno del punto di
emergenza; la cuffia inibisce la migrazione dei
germi lungo il tratto del catetere stimolando la
proliferazione del tessuto circostante e di
conseguenza sigillando il segmento del catetere
sottcutaneo. Viene impiantato in previsione di un
utilizzo prolungato per chemioterapia, infusoni
domicialir o emodiaisi.
E’ un serbatoio posizionato nelo sottocutaneo con
una membrana che si autoripara dopo ogni
puntura, è tunnelizzato sotto la cute e l’accesso si
realizza con un ago che perfora la cute intatta e
la membrana. Ha un basso tasso di cmplicanze
infettive.
Con particolare riferimento ai CVC non tunnelizzati (i più frequantemente impiantati nella nostra realtà), questi
costituiscono un aspetto quantitativamente rilevante delle attività sanitarie della Rianimazione, in
considerazione dei documentati benefici ad essi ascrivibili nel trattamento di diverse patologie. Peraltro,
accanto ai benefici clinici, i CVC comportano per i pazienti anche dei rischi correlati alle potenziali
complicanze derivanti dal loro uso costituendo una voce cospicua di spesa da attribuire sia all’acquisto che
alla gestione ed al trattamento delle complicanze.
In questa sezione ci occuperemo in particolare del riconoscimento e del trattamento delle complicanze
infettive legate all’uso dei CVC.
12.A. DIAGNOSI DELLE COMPLICANZE INFETTIVE
In presenza di febbre senza una origine evidente, pur se in assenza di sintomi/segni clinici di infezione locale
del CVC o di sepsi, è necessario sempre ispezionare accuratamente il sito di impianto del catetere venoso
centrale. In effetti pur se i segni clinici locali sono poco sensibili è molto utile andare a verificarne l’eventuale
presenza perchè tali segni sono molto specifici.
In caso di presenza di essudato dal punto di inserzione di un CVC parzialmente impiantabile il materiale
essudato va prelevato con un tampone ed inviato per la coltura.
In tutti i pazienti con CVC e febbre vanno prelevati almeno due set di emocolture: da vena periferica e 1 da
ogni linea del CVC.
Per la diagnosi di sepsi correlata al CVC si intende una batteriemia o una fungemia in un paziente con un
catetere venoso centrale con tutti e tre le seguenti condizioni:
 una o più emocolture positive da vena periferica;
 segni clinici di infezione (febbre, brivido, ipotensione, etc);
 nessun’altra fonte apparente di sepsi.
Deve essere inoltre presente una delle seguenti condizioni:
 una o più emocolture positive sia da prelievo centrale che da prelievo periferico per lo stesso
microrganismo (stessa tipizzazione, stesso antibiogramma e stessa Minima Concentrazione Inibente
(M.I.C.));
 e/o una coltura del CVC positiva (stesso microrganismo) per >103 CFU;
 emocoltura da CVC positivizzatasi almeno 2 ore prima dell’emocoltura da sangue periferico;
 ovviamente ambedue debbono essere positive per lo stesso microrganismo (identica tipizzazione,
antibiogramma e MIC).
Definizioni utilizzate per la diagnosi di infezione catetere correlata
Crescita significativa di un microorganismo da una coltura quantitativa o semiquantitativa
della punta del catetere, del segmento sottocutaneo o del raccordo del catetere.
Indurimento o eritema, presenza di calore e dolore o dolorabilità intorno all’exit del
Flebite
catetere.
Infezione del punto di emergenza
Essudato dal punto di emergenza del catetere che risulta microbiologicamente
- microbiologica
positivo con o senza una sepsi concomitante.
Presenza di eritema, indurimento e/o dolorabilità entro 2 cm dal punto di emergenza;
- clinica
possono essere associati altri segni o sintomi di infezione quali febbre o presenza di
pus dal punto di emergenza con o senza una sepsi concomitante.
Setticemia
- correlata
Isolamento dello stesso microorganismo dal liquido di infusione e da un
all’infusione
prelievo venoso periferico in assenza di altre sorgenti di infezione identificabili.
Per la diagnosi di sepsi correlata al CVC si intende una batteriemia o una
fungemia in un paziente con un catetere con tutte e 3 le seguenti condizioni:
- correlata al catetere
- una o più emocolture positive da vena periferica
- segni clinici di infezione (febbre, brivido, ipotensione, etc)
- nessun’altra fonte apparente di sepsi.
Colonizzazione
del catetere
28
Deve inoltre sussistere una delle seguenti mcondizioni:
- emocoltura da CVC positiva per lo stesso microorganismo (identica
tipizzazione)
- antibiogramma e MIC e/o una coltura del CVC positiva (stesso
microorgamismo) per >10ᶟ UFC
- emocoltura da CVC positivizzatasi almeno 2 ore prima dell’emocoltura
da sangue periferico; ovviamente ambedue devono essere positive
per lo stesso microorganismo, antibiogramma e MIC.
12.B. TERAPIA
In caso di febbre di origine sconosciuta in un paziente neutropenico con CVC è necessario effettuare
una accurata valutazione del paziente ed iniziare una terapia antibiotica empirica basata sugli schemi
dimostratesi efficaci e sul livello di rischio del paziente (vedi Fig.1, 2, 3).
In caso di nuova insorgenza di febbre di origine sconosciuta in un paziente critico non neutropenico con
CVC di qualsiasi tipo, è necessario, prima di instaurare una terapia, un approccio clinico attento per
definire se la febbre ha un’origine infettiva o meno.
Nei pazienti con CVC che non sono neutropenici e che non hanno altre fonti evidenti di infezione l’inizio
di una terapia antibiotica empirica è indicato in caso di malattia grave (ipotensione o multi-organ failure)
mentre è opzionale in caso di malattia lieve o di media gravità (vedi Fig.1, 2, 3).
12.C. GESTIONE DEL PAZIENTE CON CVC
Il catetere venoso centrale non tunnellizzato può essere mantenuto in sede nei pazienti con (vedi Fig
1):
• quadro clinico lieve o di media gravità in attesa dell’esame batteriologico;
• oppure se la batteriemia non è persistente;
• oppure se l’agente responsabile della batteriemia è uno Stafilococco coagulasi negativo e se non c’è il
sospetto di complicanze infettive locali o a distanza.
Il catetere venoso centrale non tunnellizzato dovrebbe essere rimosso nei pazienti con (vedi Fig 1):
• quadro clinico grave;
• oppure se ci sono segni di infezione locale dell’exit site (eritema, secrezione purulenta);
• oppure se ci sono segni clinici di sindrome settica.
12.D. PAZIENTE CON QUADRO CLINICO DI GRAVITA’ LIEVE/MODERATA
Se le emocolture (periferica e centrale) risultano negative, il CVC non è stato espiantato e la febbre
persiste è necessario togliere il CVC e coltivarlo. Sulla base dei risultati della coltura si definirà poi il
comportamento. A tale proposito vedi le due raccomandazioni che seguono (vedi Fig.2).
Se le emocolture (periferica e centrale) risultano negative e la coltura del CVC è negativa la febbre non
è correlata al CVC e vanno ricercate altre possibili fonti di infezione. (vedi Fig 2).
Se l’emocoltura periferica è negativa e l’emocoltura da CVC è positiva:
• se il paziente è neutropenico o ha una valvulopatia e l’emocoltura è positiva per Stafilococco aureus o
Candida albicans è necessario togliere il CVC e coltivarlo, monitorare attentamente il paziente persegni
di infezione e ripetere delle emocolture anche in assenza di febbre perchè il paziente è a rischio di
sviluppare un’infezione. Inoltre, pur in assenza di dati sufficienti, si consiglia una terapia antimicrobica
mirata per 5-7 giorni, specie se la coltura del CVC risulta positiva per >10ᶟ CFU;
• in tutti gli altri pazienti è necessario solo un monitoraggio attento per cogliere eventuali segni di
infezione.(vedi Fig 2). In effetti studi di coorti di pazienti hanno evidenziato come lo S. aureus e la C.
albicans siano associati in un numero rilevante di casi all’incidenza di sepsi correlate al CVC.
Se le emocolture (periferica e centrale) sono positive la diagnosi è di sepsi correlata al CVC ed è
pertanto necessario effettuare una terapia antibiotica appropriata. Il tipo di terapia antibiotica va deciso
in base all’antibiogramma e al fatto che ci si trovi in presenza di una batteriemia complicata o non
complicata. (vedi Fig. 2 e 4)
29
12.E. PAZIENTE CON QUADRO CLINICO GRAVE E/O CON SEGNI CLINICI DI SEPSI E7O
ERITEMA O PUS ALL’EXIT SITE
Se le emocolture (periferica e centrale) e la coltura del CVC risultano negative la febbre non è correlata
al CVC e vanno ricercate altre possibili fonti di infezione. (vedi Fig 3).
Se l’emocoltura periferica è negativa e l’emocoltura da CVC è positiva:
• se il paziente è neutropenico o ha una valvulopatia e l’emocoltura è positiva per Stafilococco aureus o
Candida albicans è necessario togliere il CVC e coltivarlo, monitorare attentamente il paziente persegni
di infezione e ripetere delle emocolture anche in assenza di febbre perchè il paziente è a rischio di
sviluppare un’infezione. Inoltre, pur in assenza di dati sufficienti, si consiglia una terapia antimicrobica
mirata per 5-7 giorni, specie se la coltura del CVC risulta positiva per >10ᶟ CFU;
• in tutti gli altri pazienti è necessario solo un monitoraggio attento per cogliere eventuali segni di
infezione. (vedi Fig.3)
Se le emocolture (periferica e centrale) sono positive e la coltura del CVC è positiva per >10ᶟ CFU la
diagnosi è di sepsi correlata al CVC ed è necessario effettuare una terapia antibiotica appropriata. Il
tipo di terapia antibiotica va deciso in base all’antibiogramma e al fatto che ci si trovi in presenza di una
batteriemia complicata o non complicata. (vedi Fig. 2 e Fig. 4)
12.F. SEPSI COMPLICATA CORRELATA A CVC
Una sepsi correlata al CVC si definisce complicata se ricorre una o piu delle seguenti condizioni:
• emocolture persistentemente positive (>48 ore) durante la terapia antibiotica;
• presenza di una endocardite;
• presenza di una trombosi settica;
• presenza di una osteomielite;
• presenza di un’altra localizzazione metastatica.
In caso di sepsi complicata è necessario rimuovere il CVC se ancora presente ed attuare terapia
antimicrobica mirata e di durata appropriata. (vedi Fig. 4)
12.G. SEPSI NON COMPLICATA CORRELATA A CVC
Se non ricorrono le condizioni di cui sopra la sepsi si definisce non complicata. In caso di sepsi da S.
coagulasi negativo è sufficiente un trattamento con antibiotici per via sistemica per 5-7 giorni. Inoltre,
qualora il CVC non fosse stato rimosso, si può effettuare un tentativo di mantenere in sede il catetere
effettuando terapia antibiotica sistemica per 10-14 giorni, associata o meno alla terapia con instillazione
(lock therapy). (vedi Fig. 4)
Lock Therapy - Terapia Antibiotica Instillata
La terapia antibiotica di instillazione per le infezioni del torrente circolatorio catetere-correlate è spesso usata in
associazione con la terapia antibiotica sistemica e prevede l’istillazione di alte concentrazioni di antibiotico verso cui
l’agente microbico è sensibile nel lume del catetere. Recenti studi hanno dimostrato che la concentrazione antibiotica
deve essere 100-1000 volte maggiore per uccidere batteri che sviluppano in condizioni sessili (biofilm) rispetto a batteri
che sviluppano in plancton (in soluzione). Le soluzioni di antibiotico dovrebbero avere, per l’agente antimicrobico
desiderato, una concentrazione di 1-5 mg/ml e, normalmente, dovrebbero essere mescolate con 50-100 U di eparina (o
soluzione salina normale) in un volume sufficiente per riempire il lume del catetere (generalmente 2-5 ml) e instillate nel
lume del catetere durante il periodo di non uso dello stesso (es. per un periodo di 12 ore ogni notte). Per esempio,
vancomicina è stata utilizzata alla concentrazione di 1-5 mg/ml; gentamicina e amikacina a 1-2 mg/ml; ciprofloxacina, a
1-2 mg/ml; il volume di antibiotico instillato deve poi essere rimosso prima della successiva infusione di antibiotico o di
altro farmaco/soluzione ev. Sebbene la durata della terapia antibiotica di instillazione vari nei differenti studi, nella
maggior parte dei casi è di 2 settimane.
Gli studi nei quali è stata valutata la terapia antibiotica instillata (lock therapy) sono unicamente studi in
aperto, nei quali si è evidenziata una efficacia discreta (pari a circa il 60%) della combinazione di lock
therapy e terapia sistemica nell’evitare la rimozione del CVC; peraltro, oltre al valore scientifico limitato
degli studi in aperto, esistono numerosi aspetti non risolti a proposito della terapia diinstillazione quali,
30
ad esempio, la stabilità dei farmaci dopo l’instillazione nel CVC, la selezione dei pazienti e del tipo di
CVC. Pertanto questo tipo di terapia non può essere somministrata di routine.
In caso di sepsi da Stafilococco aureus dovrebbe essere eseguita una ecocardiografia transesofagea
(TEE) a meno che non esistano controindicazioni alla sua esecuzione, al fine di escludere la presenza
di endocardite (vedi Fig. 4).
In tutti gli altri casi di batteriemia non complicata e nei casi di fungemia non complicata è necessario
rimuovere il CVC e trattare per 14 giorni con terapia sistemica mirata. (vedi Fig. 4).
In caso di sepsi CVC correlata, se si verifica una batteriemia o una fungemia persistente o se il
paziente non migliora dopo almeno 3-4 giorni dall’espianto del CVC e dall’inizio di una terapia
antibiotica appropriata, deve essere esclusa la possibilità di trombi settici, di endocardite o di altre
localizzazioni infettive metastatiche.
Le raccomandazioni per il trattamento delle sepsi CVC correlate in considerazione di specifici agenti
eziologici sono riassunte nella Tabella 2. Non ci sono studi in base ai quali definire con precisione dopo
quanto tempo possa essere riposizionato un CVC che è stato rimosso per una sepsi CVC correlata.
Pertanto la decisione è basata sul giudizio del clinico; ove possibile il CVC va posizionato su una sede
diversa da quella del precedente impianto.
12.H. GESTIONE DEL PAZIENTE CON INFEZIONE DEL CATETERE DA DIALISI
L’approccio all’infezione del catetere da dialisi e l’utilizzo della terapia antibiotica è simile a quello degli
altri CVC non tunnellizzati. Nei pazienti con sepsi CVC correlata oltre alla terapia antibiotica e alla
rimozione del CVC andrebbe eseguito un tampone nasale. Qualora il tampone risulti positivo per lo S.
aureus può essere effettuata la bonifica con mupirocina pomata al 2%.
In effetti, in studi epidemiologici condotti in pazienti sottoposti a dialisi, la prevalenza dei portatori nasali
di S. aureus è risultatata il 30% ed il 60%. La mupirocina pomata si e dimostrata efficace nel bonificare
le fosse nasali dallo S. aureus e ben tollerata e, in studi con confronti storici, tale riduzione dei portatori
nasali si è associata ad una riduzione del numero di setticemie da S.aureus.
Fig. 1: metodologia per la diagnosi di febbre acuta in un paziente sospettato di avere un’infezione CVC
correlata. Il paziente deve essere attentamente valutato in base alla gravità della malattia e dovrebbero
essere effettuate almeno 2 emoculture, di cui almeno una da sangue periferico. Se si sospetta il CVC come
fonte di infezione in un paziente con malattia lieve o moderata, il CVC può essere lasciato in sede; se lo si
rimuove, dovrebbe esserne coltivata la punta o sostituito tramite guida. Invece in un paziente con malattia
grave o laddove ci siano segni di infezione locale all’exit site oppure se ci sono segni clinici si sindrome
settica, deve essere iniziata la terapia antibiotica e deve essere rimosso il CVC, coltivato e riposizionarne un
altro in altro sito.
Episodio febbrile
acuto in paziente con
CVC
Quadro clinico grave (ipotensione o MOF)
segni clinici di sepsi, eritema o pus all’exit site
Quadro clinico lieve/moderato
Ispeziona l’exit site; 2 emoculture
(1 periferica); in assenza di altra sorgente
di infezione, puoi lasciare il CVC; se lo
rimuovi coltiva la punta, posiziona in
altra sede o sostituisci con la guida.
Ispeziona l’exit site; 2 emoculture
(1 periferica); in assenza di altra sorgente di
infezione, togli il CVC, coltiva la punta,
posiziona in altra sede o sostituisci con la
guida.
31
Iniziare la terapia antibiotica empirica se
il paziente è neutropenico; considerare
terapia antibiotica negli altri casi
Iniziare la terapia antibiotica empirica
VEDI FIGURA 2
VEDI FIGURA 3
Fig. 2
Episodio febbrile acuto in un paziente
con quadro clinico LIEVE/MODERATO
(NO IPOTENSIONE NO MOF).
Ispeziona l’exit site; 2 emoculture
(1 periferica); in assenza di altra sorgente
di infezione, puoi lasciare il CVC; se lo
rimuovi coltiva la punta, posiziona in
altra sede o sostituisci con la guida.
Emocolture (da CVC e
periferica) NEGATIVE;
CVC NON ESPIANTATO
Emocolture (da CVC e
periferica) NEGATIVE;
CVC coltura NEGATIVA
Se continua la febbre e
non è identificata altra
sorgente di infezione,
togli il CVC e coltivalo
Cerca un’altra sorgente
di infezione
Emocolture periferica
NEGATIVA ed
emocoltura da CVC
POSITIVA
In un paziente
neutropenico o con
valvulopatia e
colonizzazione del CVC
da S. aureus o C.
albicans togli il CVC,
coltivalo, monitorizza
per segni di infezione e
ripeti emocolture; la
terapia antimicrobica
per 5-7 gg è consigliata
(vedi testo)
Iniziare la terapia
antibiotica empirica se il
paziente è neutropenico;
considerare terapia
antibiotica negli altri casi
Emocolture (da CVC e
periferica) POSITIVE
Effettuare una terapia
antibiotica appropriata
NB. La terapia antibiotica deve essere sospesa solo in caso di un miglioramento delle condizioni cliniche, dei
biomarker laboratoristici e degli esami colturali. In corso di terapia antibiotica attenersi alla valutazione
descritta al punto 10 riguardante il monitoraggio del paziente infetto.
32
Fig. 3
Episodio febbrile acuto in un paziente
con quadro clinico GRAVE
(IPOTENSIONE, MOF) E/O CON SEGNI
CLINICI DI SEPSI E/O ERITEMA O PUS
ALL’EXIT SITE.
Ispeziona l’exit site; 2 emocolture (1
periferica) in assenza di altra sorgente di
infezione TOGLI il CVC, coltiva la punta,
posiziona in altra sede o sostituisci con la
guida.
Iniziare terapia antibiotica
empirica.
Emocolture (da CVC e
periferica) NEGATIVE e CVC
coltura NEGATIVA
Emocolture periferica NEGATIVA
e CVC coltura POSITIVA (≥10ᶟ
CFU)
Emocolture POSITIVA
CVC coltura POSITIVA ≥10ᶟ CFU
Cerca un’altra sorgente di
infezione
In un paziente neutropenico o
con valvulopatia e
colonizzazione del CVC da S.
aureus o C. albicans togli il CVC,
coltivalo, monitorizza per segni
di infezione e ripeti emocolture;
la terapia antimicrobica per 5-7
gg è consigliata (vedi testo)
Vedi FIGURA 4
NB. La terapia antibiotica deve essere sospesa solo in caso di un miglioramento delle condizioni cliniche, dei
biomarker laboratoristici e degli esami colturali. In corso di terapia antibiotica attenersi alla valutazione
descritta al punto 10 riguardante il monitoraggio del paziente infetto.
33
Fig.4: approccio alla gestione di un paziente con una sepsi correlata a CVC. La durata del trattamento
dipende se l’infezione è complicata o no. La terapia va iniziata ed il CVC rimosso ad eccezione di alcuni casi
quali un’infezione sostenuta da SCN; ne caso di infezione da S. aureus una ecocardiografia transesofagea
(TEE) può rilevare la presenza di una endocardite ed aiutare a definire la durata del trattamento.
SEPSI correlata a CVC
NON COMPLICATA
COMPLICATA
- Emocolture + per > 48 h
- Trombosi settica
- Endocardite
- Osteomielite
- Ascessi metastatici
Rimuovi CVC; terapia
antibiotica per 4-6
settimane, 6-8 per
osteomielite
Stafilococco
coagulasi
negativo (SCN)
Togli il CVC e
tratta con
antibiotici
sistemici 5-7 gg;
se conservi il CVC
terapia
antibiotica
sistemica +/terapia instillata
per 10-14 gg
S. aureus
Rimuovi CVC;
esegui TEE;
terapia
antibiotica
sistemica per 1014 gg. Se TEE
positiva, continua
terapia per 4-6
settimane
Bacilli GRAM
NEGATIVI
Rimuovi CVC;
terapia
antibiotica
sistemica per 1014 gg
Candida spp.
Rimuovi CVC;
terapia
antifungina fino a
14 gg dopo
l’ultima
emocoltura
positiva.
NB. La terapia antibiotica deve essere sospesa solo in caso di un miglioramento delle condizioni cliniche, dei
biomarker laboratoristici e degli esami colturali. In corso di terapia antibiotica attenersi alla valutazione
descritta al punto 10 riguardante il monitoraggio del paziente infetto.
34
Tabella 1
Trattamento antibiotico ev delle setticemie CVC relate in base ai diversi germi isolati
ANTIBIOTICO:
ANTIBIOTICO:
PATOGENO
ES. dosaggio
Commenti
I SCELTA
II SCELTA
Batteri Gram +
SA-MS
Penicilline penicillasi resistenti
1 gr/12h
SA-MR
Vanco
oppure
Daptomicina ±
Rifampicina
Daptomicina ±
Rifampicina
6-8 mg/kg
600-900 mg/die
SA-Vanco R
Naf o Oxa 2 gr/4h
6-8 mg/kg
600-900 mg/die
SCN-MS
Penicilline penicillasi resistenti
SCN-MR
Vanco
oppure
Daptomicina ±
Rifampicina
Naf o Oxa 2 gr/4h
1 gr/12h
6-8 mg/kg
600-900 mg/die
Cefazolina o
Cefuroxime
Linezolid o Vanco
+
(Rifa o Genta) o
Trimetoprim/sulfa
metossazolo da
solo se sensibile
Linezolid o
Amikacina o
Gentamicina
La Vanco ha dei
vantaggi rispetto alla
Naf e Oxa ma
queste vengono
preferite per
l’aumento di ceppi
Vanco-R
Linezolid o
Amikacina o
Gentamicina
Per gli adulti <40 Kg
la dose di Linezolid
è di 10 mg/Kg
Amp +/- aminoglicoside
Amp 2 gr/4-6h +/Genta 1mg/Kg/8h
Vanco oppure
Ceftriaxone +
Ampicillina
E.faecalis,/E.faecium AmpR Vanco-S
Vanco +/- Aminoglicoside
Vanco 1 gr/12h +/Genta 1mg/Kg/8h
Linezolid
200mg/Kg/die in 6
somministrazioni o
in infusione
continua
10 mg/Kg/die
Linezolid o -----------(Linezolid 600
mg/12h o
Ampicillina +
Sono stati segnalati
ceppi di S. aureus
con ridotta
sensibilità alla
Vanco
Cefalosporine I
gen o Vanco o
Trimetoprim/sulfa
metossazolo (se
sensibile)
E.faecalis,/E.faecium AmpS
E.faecalis,/E.faecium AmpR Vanco R
Le penicilline e le
cefalosporine sono
da preferire alla
Vanco
La Vanco ha dei
vantaggi rispetto a
Amp e Genta ma ci
sono preoccupazioni
per l’aumento di
ceppi Vanco-R
Quin/Dalf non è
efficace vs
E.faecalis
La sensibilità dei
ceppi Vanco R è
variabile, Quin/Dalf
non è efficace verso
E.faecalis
Daptomicina
Batteri Gram E.coli/Klebsiella spp.
Cefalosporine
III gen
Ceftriaxone 2gr/die
Fluorochinoloni
(Levo-Cipro) o
Aztreonam
S.marcescens/Enterobacte
Carbapenemici
Imipenem
500mg/6h o
Cefepime o
Fluorochinoloni
35
Si consiglia
valutazione
specialistica
infettivologica
Si consiglia
valutazione
Meropenem 1 gr/8h
r spp.
Acinetobacter spp.
S.maltophila
P.aeruginosa
Amp/Sulbactam o
Carbapenemici
Amp/Sulb 3 gr/6h o
Imipenem
500mg/6h o
Meropenem 1gr/8h
-----------------------
Trimetoprim/sulfametossazolo
3-5 mg/Kg/8h
Ticarcillina +
Clavulanico
Cefalosporine III e IV gen o
Carbapenemici o B-lattamici
anti P. (TicarcillinaPiperacillina/Mezlocillina) +
Aminoglucosidico
Ceftazidime 2gr/8h
o Cefepime 2gr/12h
o Imipenem
500mg/6h o
Meropenem 1gr/8h
Amikacina
15mg/Kg/24h
specialistica
infettivologica
Si consiglia
valutazione
specialistica
infettivologica
---------------------------
Si consiglia
valutazione
specialistica
infettivologica
Funghi
C.albicans + spp
Amfotericina B liposomiale o
Echinocandine
Am-B 3-5
mg/Kg/24h o
Caspofungina 70
mg loading dose poi
50 mg/die
Anidulafungina 200
mg loading dose poi
100 mg/die
Micafungina 100
mg/die
NB per loading
dose si intende il
dosaggio della
prima
somministrazione di
antifungino
Voriconazolo
L’amfotericina
dovrebbe essere
usata per trattare
pazienti critici fino a
che l’agente fungino
non è identificato
Legenda: Vanco= vancomicina; Quin/Dalf=Quinupristin/Dalfopristin; Genta=gentamicina; Amp=ampicillina; Sulb=sulbactam…
NB: I dosaggi riportati fanno riferimento a pz adulti con funzionalità renale ed epatica normale e senza
interazioni farmacologiche note. I Fluorochinoloni non dovrebbero essere usati nei pz > 18aa.
NB. La terapia antibiotica deve essere sospesa solo in caso di un miglioramento delle condizioni cliniche, dei
biomarker laboratoristici e degli esami colturali. In corso di terapia antibiotica attenersi alla valutazione
descritta al punto 10 riguardante il monitoraggio del paziente infetto.
Tabella 2
Raccomandazioni per il trattamento di una sepsi CVC-relata in relazione agli specifici agenti
eziologici
Stafilococchi
coaugulasi
negativi (SCN)
Staphylocccus
aureus
- tratta empiricamente con vancomicina o daptomicina ± rifampicina e passa a penicilline semisintetiche se
l’isolato è sensibile
- la combinazione con vancomicina + gentamicina o rifamicina non è raccomandata come terapia di routine
- se il CVC viene rimosso, è raccomadata una terapia antibiotica sistemica appropriata per 5-7 gg
- se un CVC tunnelizzato viene mantenuto e si sospetta una infezione intraluminare, è raccomandata una
terapia antibiotica sistemica per 10-14 gg con una terapia antibiotica di instillazione
- un CVC tunnelizzato o un catetere totalmente impiantabile (ID) possono essere mantenuti, se necessario, in
pazienti con batterimeia correlata ala CVC non complicata; se il CVC o ID è mantenuto i pazienti dovrebbero
essere trattati con terapia antibiotica sistemica per 10-14 gg con/senza terapia di instillazione per 14 gg. Il
fallimento del trattamento manifestato dal permanere dellla febbre, da emocolture persistentemente positive,
o dalla ripresa dell’infezione dopo l’interruzione dell’antibiotico sono chiari segni che il catetere va rimosso.
- gli antibiotici B-lattamici dovrebbero essere la I scelta per il trattamento parenterale di sepsi sostenute da
S.aureus quando l’isolato è sensibile; per i pz con storia di allergia alle penicilline ma senza angioedema o
anafilassi, possono essere usate cefalosporine di I generazione senza rischio di reazione allergica nel 90%
dei casi; per pz con e allerga a B-lattamci e per quelli con S.aureus met-R, la vancomicina è il farmaco di
scelta.
- La vancomicina non dovrebbe essere usata quando è diagnosticata un’infezione da S.aureus B-lattamici
sensibile; l’uso eccessivo di vanco seleziona microorganismi vanco-R; nei pz con endocardite da S.aureus, la
vanco ha un più alto tasso di fallimento che non Oxa o Naf, e determina una risoluzione più lenta della
batteriemia.
- Se c’è il sospetto che la fonte di una sepsi da S.aureus sia una CVC non tunnelizzato, questo dovrebbe
essere rimosso e sostituito da un nuovo catetere inserito in sito differente
- CVC tunnelizzati o ID dovrebbero essere rimossi se c’è evidenza di infezione del tunnel, della tasca o della
sede di uscita
- In tutti i pz che non hanno controindicazioni, dovrebbe essere eseguito un TEE per identificare quelli che
hanno un’endocardite che complica la batteriemia e che conseguenetemente richede una terapia di 4-6
settimane
- La sensibilità di un Eco transtoracico è bassa e quindi la sua esecuzione non è raccomandata al fine di
36
Bacilli Gram– e
altri patogeni
escludere una diagnosi di endocardite catetere relata se può essere eseguito un TEE
- I pz che hanno un TEE negativo e in cui il CVC viene rimosso, dovrebbero essere trattati per 14gg con
terapia antibiotica sistemica
- I CVC Tunnelizzati o ID con infezione intraluminare non complicata e batteriemia da S.aureus dovrebbero in
genere essere rimossi; in casi selezionati possono essere mantenuti e trattati con appropriata terapia
sistemica con/senza terapia antibiotica di instillazione per 14 gg
- Nei pazienti con batteriemia da G-catetere relata, con CVC non tunnelizzato e senza evidenza di trombosi
settica o endocardite il catetere dovrebbe essere rimosso e dovrebbero essere trattati con antibiotico
adeguato per 10-14 gg per via endovenosa
- Pazienti con CVC che non possono essere facilmente rimossi (tunnelizzato o ID), che hanno una sospetta
batteriemia da G- catetere relata, senza associata disfunzione d’organo, ipotensione o ipoperfusione ,
possono essere trattati con terapia antibiotica endovenosa per 10-14 gg con esecuzione di lock therapy con
antibiotico e senza rimozione del CVC; In caso di batteriemia da Pseudomonas spp, Stenotrophomonas o
Acinetobacter baumannii, dovrebbe essere presa sempre in considerazione la rimozione del catetere,
specialmente se la batteriemia continua nonostante una corretta terapia o se il paziente diventa instabile
- La terapia da sospetta sepsi da G- dovrebbe includere farmici attivi contro Pseudomonas, soprattutto se si
tratta di pazienti neutropenici
- In pazienti con prolungata batteriemia dopo un’appropriata terapia e rimozione del catetere, specialmente in
presenza di valvulopatie, la terapia antibiotica andrebbe continuate per 4-6 settimane
- Se la sepsi + sostenuta da Bacillus o Corynebacterium, o Mycobacterium il CVC va sempre rimosso
Candida albicans
e altri funghi
- Tutti i pz con candidemia devono essere trattati; amfotericina B e le echinocandine sono i farmaci di prima
scelta ai dosaggi indicati in tabella. La durata della terapia antifungina per Candida dovrebbe essere di 14 gg
dalla prima emocoltura negativa CVC tunnelizzati e ID dovrebbero essere rimossi in presenza di
documentata fungemia catetere correlata
- L’associazione di terapia sistemica e di instillazione per salvataggiodi CVC tennelizzati o ID infetti da Candida
non è raccomandata di routine perché tale associazione è efficace solo nel 30% dei casi
Bibliografia essenziale
Mermel LA, Allon M, Bouza E, et al. Clinical practice guidelines for the diagnosis and management of
intravascular catheter-related infection: 2009 Update by the Infectious Diseases Society of America. Clin
Infect Dis 2009; 49: 1-45.
Holby N, Bjarnsholt T, Moser C, et al. ESCMID guideline for the diagnosis and treatment of biofilm infections
2014. Clin Microbiol Infect 2015; 21: S1-S25.
Vassallo M, Dunais B, Roger P-M. Antimicrobial lock therapy in central-line associated bloodstream
infections: a systematic review. Infection 2015; 43: 389-398.
Pappas PG, Kauffman CA, Andes DR, et al. Clinical Practice Guideline for the Management of Candidiasis:
2016 Update by the Infectious Diseases Society of America. Clin Infect Dis 2016; 62: 409-17.
Tatarelli P, Parisini A, Del Bono V, et al. Efficacy of daptomycin lock therapy in the treatment of bloodstream
infections related to long-term catheter. Infection 2015; 43:107-9.
13. IL PAZIENTE FEBBRILE
FEBBRE: Ogni aumento inspiegato della temperatura, merita una valutazione clinica che includa una
riesamina della storia del paziente ed un esame obiettivo clinico prima che ogni test di imaging o di laboratorio
venga eseguito.
Si definisce normotermia una temperatura centrale (Tc) compresa tra 36,6°C ± 0,38°C.
37
La definizione di febbre è arbitraria e dipende dall’obiettivo per cui viene definita.
Ad oggi la letteratura propone differenti soglie per definire la febbre, ma la scelta del cut off dipenderà dalla
sensibilità che si vuole ottenere. È ragionevole considerare per i pazienti critici un cut off di 38,3 C°, mentre
una soglia più bassa potrebbe essere utilizzata per i pazienti immunocompromessi.
Molti sono i fattori che possono influenzare la temperatura, siano essi biologici o legati all’ambiente della ICU
come: materassi, luci, aria condizionata, bypass cardiopolmonare, lavaggi peritoneali, dialisi, emofiltrazione
continua. I meccanismi di termoregolazione possono anche essere alterati da farmaci o danni al sistema
nervoso centrale o autonomico. Resta comunque difficile determinare la causa dell’alterazione termica sia
essa legata a processo fisiologico, a farmaci o all’influenza ambientale, sottolineando in qesto contesto che
una quota di pazienti infetti resta apiretica potendo risultare eutermica o addirittura ipotermica (si definisce
ipotermia una temperatura al core < 35°C). Tra questi si annoverano:
- gli anziani
- pazienti con ferite addominali aperte
- gravi ustionati
- procedure extracoproporee quali ECMO/CRRT
- scompenso cardiaco
- patologia epatica terminale
- insufficienza renale cronica
- in terapia con FANS/antipiretici.
IL MONITORAGGIO
La temperatura da monitorizzare è sempre quella centrale. Per temperatura centrale s’intende la temperatura
del centro termoregolatore, cioè dell’ipotalamo. Esistono vari tipi di sonde che consentono la misurazione
della Tc.
A. Sonda nasofaringea. Monitorizza la temperatura del sangue che fluisce nelle branche dell’arteria
carotide interna. La corretta profondità’ da raggiungere con tale sonda è uguale alla distanza fra
narice e meato uditivo esterno. La temperatura registrata a livello faringeo è circa 0,2 ° C più bassa di
quella esofagea.
B. Sonda timpanica. Misura la temperatura del sangue che fluisce, in prossimità della membrana del
timpano, dalla carotide esterna. I valori riportati dal monitoraggio timpanico della temperatura, quando
la sonda sia ben posizionata, sono accurati come quelli ottenuti da sonde poste in arteria polmonare
o in esofago. Un ridotto flusso plasmatico carotideo però potrebbe determinare misurazioni incongrue.
C. Sonda esofagea. Deve essere posta al quarto inferiore dell’esofago, davanti al cuore e lontana dalla
carena tracheale. In genere a 38-42 cm di distanza dagli incisivi mediali. In questa posizione viene
misurata la temperatura del sangue aortico. Le misurazioni effettuate attraverso questa metodica
riflettono in maniera precisa le variazioni termiche ma possono essere poco accurate durante
interventi a torace aperto o quando in esso siano infusi liquidi refrigeranti. Ovviamente questo sistema
di monitoraggio è mal tollerato dai pazienti svegli.
D. Sonda vescicale. Essendo l’urina un ultrafiltrato del sangue non sorprende che un termometro
posizionato in vescica possa riflettere in maniera accurata le variazioni della temperatura corporea.
La sonda termica è montata su di un catetere tipo Foley è quindi di facile posizionamento ed utile per
il monitoraggio a lungo termine. Possono alterare le misurazioni l’oligoanuria, pelviperitoniti e lavaggi
peritoneali.
E. Sonda rettale. E’ stata usata molto in passato; può fornire informazioni attendibili sulla temperatura
centrale indipendentemente dalle condizioni di temperatura ambientale ma risponde poco
rapidamente alle variazioni repentine di temperatura. Inoltre se la sonda è posizionata troppo in
basso, verso lo sfintere anale, può risentire del sangue refluo dai glutei che ha notoriamente
temperatura più bassa rispetto a quello di provenienza viscerale. La temperatura rettale non è
affidabile quando si eseguano interventi chirurgici urologici, sulla pelvi o sul bacino.
F. Sonda in arteria polmonare. E’ sicuramente un metodo con sensibilità ed accuratezza adeguata ma
invasivo e costoso. Può essere sostituita da quella esofagea o timpanica quando non indispensabile.
38
G. Sonde cutanee. Sono utili e convenienti per misurare il trend della temperatura e l’eventuale presenza
di vasocostrizione o variazioni del flusso calorico. La sonda ascellare comporta che il paziente tenga
l’arto completamente addotto per prevenire il raffreddamento della sonda da parte dell’aria
circostante. Può risentire (specialmente nel bambino) dei liquidi di infusione iniettati nell’arto
omolaterale. I sensori a cristalli liquidi posti sulla fronte avvertono di cambiamenti della temperatura di
0,5 C. Nel caso di una lieve ipotermia o vasocostrizione della cute della fronte, i cristalli liquidi
leggono una temperatura che è di circa 2-3 °C al di sotto della temperatura timpanica e sono perciò
inaffidabili.
Accuratezza del metodo per la misura della temperatura:
Più accurati:
- termistore in arteria polmonare
- termistore su catetere vescicale
- sonda esofagea
- sonda rettale
Altri metodi accettabili in ordine di accuratezza:
- sonda orale
- sonda timpanica ad infrarossi
Altri metodi meno desiderabili:
- termometro su arteria temporale
- termometro ascellare
- rilevatori chimici (chemical dot)
RACCOMANDAZIONE PER LA MISURAZIONE DELLA TEMPERATURA
Mantenere i dispositivi utilizzati calibrati in maniera appropriata.
Utilizzare i dispositivi in modo da non facilitare la diffusione di patogeni.
Registrare il sito di misura insieme alla temperatura rilevata su modulo apposito.
Rilevare la temperatura timpanica ogni 3 h.
Esame clinico del paziente con una T > 38,3°C o T < 36 °C prima dell’esecuzione di test di
laboratorio/imaging.
6. Iniziare il monitoraggio continuo della temperatura ascellare per i pazienti che presentano una T < 36
°C o > 38,3 °C.
1.
2.
3.
4.
5.
FEBBRE POSTOPERATORIA
La febbre è un comune fenomeno durante le prime 48 ore dopo un intervento chirurgico. Può essere utile
ricordare che la febbre nel postoperatorio precoce di solito non ha origine infettiva, assumendo che la sterilità
sia rispettata e che non si siano verificati fatti di aspirazione polmonare. Una considerevole spesa può essere
sprecata in indagini troppo zelanti sulla febbre del postoperatorio precoce. Tuttavia dopo le 96 ore
postoperatorie, la febbre verosimilmente ha un'origine infettiva.
Una radiografia del torace non è obbligatoria nella diagnostica, a meno che la frequenza respiratoria,
l'auscultazione, l'emogasanalisi alterata, o le secrezioni polmonari non ne suggeriscano un'alta probabilità di
utilità. L'atelettasia è spesso considerata causa di febbre postoperatoria. Il clinico deve considerare la
possibilità che il paziente possa essere andato incontro a fenomeni di aspirazione nel periodo perioperatorio o
che il paziente possa incubare un processo infettivo nosocomiale, per esempio Influenza A o Legionella
pneumophila, prima dell'intervento.
L'infezione delle vie urinarie è frequente nel postoperatorio a causa dell'uso di cateteri urinari. La durata della
cateterizzazione è il più importante fattore di rischio per lo sviluppo di cistiti o pielonefriti nosocomiali. Un
esame d'urina o l'urinocoltura non sono obbligatori per la diagnostica della febbre durante i primi 2-3 giorni del
postopreratorio a meno che c'è ragione, supportata dalla storia clinica o dall'esame obiettivo, di sospettare
un'infezione urinaria.
La febbre può essere correlata all'ematoma o all'infezione della sede chirurgica. L'infezione della ferita è rara
nei primi giorni dopo l'intervento, eccetto per le infezioni da Streptococco A e da Clostridi che possono
39
svilupparsi in 1-3 giorni dopo l'intervento. Queste infezioni dovrebbero essere sospettate in base all'ispezione
della ferita chirurgica.
Molti interventi addominali urgenti sono eseguite per trattare un processo infettivo (per esempio peritonite da
diverticolite perforata). Anche in condizioni ottimali (definitivo trattamento chirurgico dell'infezione e
somministrazione tempestiva di appropriati antibiotici ad ampio spettro), la defervescenza in questi pazienti
può avvenire in più di 72 ore. Febbri nuove o persistenti per più di 4 giorni dopo l'intervento devono sollevare
un forte sospetto di patologia chirurgica persistente o di una nuova complicanza. La sola importante
eccezione a questa regola è lo sviluppo di erisipela, mionecrosi da Clostridi, o toxic shock syndrome da
Streptococcus gruppo A o Staphylococcus aureus. Perciò è obbligatorio rimuovere la medicazione chirurgica
per ispezionare la ferita. I tamponi della ferita per la coltura di solito sono utili se la clinica evidenzia i segni o
sintomi suggestivi di infezione. Quando è presente erisipela o mionecrosi, la diagnosi è spesso sospettata
sulla base della sola ispezione e questi pazienti di solito appaiono "settici". La Crush injury syndrome e il
tetano sono due altre rare complicanze delle ferite traumatiche che possono causare febbre.
Altre cause potenzialmente gravi di febbre postoperatoria includono trombosi venosa profonda, flebite
suppurativa, embolia polmonare e infezioni catetere correlate. E' importante ispezionare tutti i siti di
precedenti cateteri e valutare immediatamente (con studio dei flussi a mezzo di eco-color doppler) un nuovo
edema degli arti.
RACCOMANDAZIONI
1. Un paziente con febbre nel periodo postoperatorio precoce dovrebbe essere sottoposto a una
toilette polmonare aggressiva, inclusi gli esercizi spirometrici per ridurre la probabilità o l'estensione
delle atelettasie. La radiografia del torace non è obbligatoria durante le prime 72 ore postoperatorie,
se la febbre è la sola unica indicazione.
2. L'esame d'urina e l'urinocoltura non sono obbligatorie durante le prime 72 ore, se la febbre e la sola
unica indicazione. Vanno effettuate in quei pazienti febbrili, che hanno un catetere vescicale in situ
da più di 72 ore.
3. Le ferite chirurgiche dovrebbero essere ispezionate ogni giorno per scoprire segni di infezione. Non
necessitano di coltura se non ci sono segni o sintomi di infezione.
4. Un alto livello di sospetto dovrebbe essere mantenuto per le trombosi venose profonde, le
tromboflebiti superficiali, e l'embolia polmonare, specialmente nei pazienti sedentari, con estremità
inferiori immobili, o neoplasie o che assumono contraccettivi orali.
CAUSE NON INFETTIVE DI FEBBRE IN TERAPIA INTENSIVA
Sebbene una causa infettiva debba essere sempre presunta e cercata per l'insorgenza di una nuova febbre
nel paziente critico, devono essere anche considerate certe cause non infettive di febbre. Queste cause non
infettive includono febbri correlate a farmaci, o a particolari terapie, stati infiammatori non iniziati con
un'infezione, alcune emergenze endocrine, e cause diverse da considerare separatamente.
Febbre da farmaci
La febbre è una possibile reazioni avversa che può isorgere in seguito alla somministrazione dei farmaci dei
farmaci (ad esempio alcuni farmaci possono contenere pirogeni o raramente contaminanti microbici. Alcuni
farmaci possono inoltre stimolare la produzione di calore (es. tiroxina), limitare la dispersione di calore (es.
atropina o epinefrina) o alterare la termoregolazione (es. butirrofenoni, fenotiazine, antistaminici o
antiparkinsoniani).
Tra le categorie di farmaci, la febbre è più spesso attribuita agli antimicrobici (specialmente i beta-lattamici),
agli antiepilettici (specialmente la fenitoina), agli antiaritmici (specialmente chinidina e procainamide) e agli
antipertensivi (metildopa). Non ci sono caratteristiche particolari per le febbri indotte da questi farmaci. La
febbre non sempre insorge immediatamente dopo la somministrazione del farmaco: può verificarsi dopo giorni
dalla somministrazione del farmaco e può risolversi dopo diversi giorni. In una casistica il periodo tra la
somministrazione iniziale del farmaco e la febbre ebbe una media di 21 giorni (mediana 8). La febbre spesso
impiega 1-3 giorni per risolversi, ma può impiegare più di 7 giorni per risolversi dopo la sospensione del
farmaco scatenante. Il rash si verifica in una piccola percentuale di casi. Inoltre l'eosinofilia è rara.
La diagnosi di febbre indotta da farmaco è di solito stabilita sulla base della relazione temporale tra la febbre e
l'inizio e la sospensione del farmaco. I pazienti possono essere ritestati con il farmaco sospetto per
confermare la diagnosi, ma questo viene fatto raramente a meno che il farmaco non sia essenziale per il
trattamento e non esistano alternative utilizzabili.
Due importanti sindromi, l'ipertermia maligna e la sindrome neurolettica maligna, vanno considerate quando la
febbre è particolarmente elevata poichè l'esito può essere devastante se la sindrome non è trattata.
L'ipertermia maligna è più spesso vista in sala operatatoria piuttosto che in terapia intensiva, ma l'insorgenza
può essere ritardata fino a 24 ore. Può essere causata dalla succinilcolina e dagli anestetici inalatori, tra cui
40
l'alotano è più frequentemente in causa. Si pensa che questa sindrome ipertermica sia una risposta
geneticamente determinata, mediata dalla disregolazione del controllo del calcio citoplasmatico nel muscolo
scheletrico. Il risultato di questa disregolazione del calcio è un'intensa contrazione muscolare che produce
febbre e aumento della concentrazione di creatinina-fosfochinasi.
La sindrome neurolettica maligna è rara ma più spesso identificata in ICU rispetto alla ipertermia maligna. E'
stata fortemente associata con i neurolettici antipsicotici - fenotiazine, tioxantine e butirrofenoni. In ICU
l'aloperidolo è forse il farmaco più frequentemente incriminato. Si manifesta con rigidità muscolare che
produce febbre e con aumento della concentrazione di creatinin-fosfochinasi. Tuttavia, diversamente
dall'ipertermia maligna, la contrazione muscolare ha origine centrale.
Inoltre, la sospensione di alcuni farmaci può essere associata a febbre spesso con tachicardia, diaforesi e
iperreflessia. Alcool, oppiacei - inclusi metadone, barbiturici e benzodiazepine - sono stati associati con
questa sindrome febbrile. E' importante sapere che una storia di assunzione di questi farmaci può non essere
nota quando il paziente è ricoverato in ICU. La sospensione del farmaco e la febbre correlata può perciò
impiegare diverse ore o giorni dopo il ricovero.
Febbri correlate ad altre terapie
Febbri associate a trasfusioni di emoderivati, specialmente globuli rossi e piastrine, si verificano più
frequentemente nei pazienti che hanno ricevuto multiple trasfusioni. La reazione alla trasfusione di eritrociti
può presentarsi solo con febbre oppure con febbre in un quadro di emollisi intravascolare o di ARDS.
La febbre associata a vasodilatazione, eritrodermia e occasionalmente ipotensione, è stata correlata alla
rapida uccisione di microrganismi, alla liberazione di frammenti biologicamente attivi dei microrganismi lisati, e
alla risultante azione delle citochine - fenomeno di Jarish-Herxheimer. Questa zione è stata ben descritta nel
trattamento della sifilide, neonatale o secondaria, ma può verificarsi durante il trattamento acuto di altre
infezioni. La febbre può inoltre essere una caratteristica della sindrome della lisi tumorale - come risultato
della rapida lisi di cellule tumorali in grande quantità.
La febbre correlata a citochine è riconosciuta in associazione all'infusione di interleuchina-1, di fattore
stimolante-colonie di granulociti macrofagi e a volte di fattore stimolnte le colonie granulocitarie durante il
trattamento di alcuni tumori maligni.
Stati flogistici che causano febbre non insorti con infezione
Le tromboflebiti chimicamente indotte possono essere difficili da distinguere dalle forme infettive. Alcuni
farmaci quando somministrati da vena periferica sono fortemente associate a infiammazione venosa,
soprattutto penicilline, eritromicina, vancomicina, anfotericina B, supplementi con potassio cloruro, e alcuni
farmaci chemioterapici.
Alcuni processi infiammatori possono causare febbre in assenza di infezione, soprattutto l'infarto polmonare e
la fase fibroproliferativa della ARDS. Inoltre la pancreatite acuta o cronica può essere associata a febbre e a
instabilità emodinamica.
La febbre, di solito <38.5°C può essere associata con infarto miocardico acuto nei primi giorni. Le febbri più
elevate sono state associate a sindrome di Dressler nella fase tardiva dell'infarto miocardico o dopo un
intervento cardiotoracico con incisione del pericardio - sindrome "postpericardiotomia".
Alcune emergenze endocrine possono essere associate a febbre. Sebbene un paziente può essere
ipertiroideo alle misurazioni ormonali senza manifestazioni cliniche eclatanti, un evento strassante come un
intervento chirurgico o una malattia critica può precipitare una tempesta tiroidea, una malattia acuta febbrile e
uno stato iperdinamico che possono essere indistinguibili da uno shock settico.
L'insufficienza acuta surrenalica nei pazienti in ICU può essere risultato di una disattenta deprivazione di
ormoni glicocorticoidi e mineralcorticoidi supplementari in pazienti che ricevono cronicamente corticosteroidi
esogeni per una propria patologia (per es. asma o collagenopatie). Può inoltre verificarsi nell'ambito di una
coagulopatia acuta con distruzione emorragica delle surrenali, secondaraa a una scoagulazione aggressiva
con eparina o coumadin, o secondaria a coagulazione intravascolare disseminata associata a shock settico.
L'insufficeinza surrenalica acuta può presentarsi con inizio improvviso con febbre alta, ipotensione e stato
iperdinamico che, come la tempesta tiroidea, può essere indistinguibile dallo shock settico, anche attraverso
le misurazioni emodinamiche con catetere arterioso polmonare.
Molte altre patologie non infettive possono causare febbre in un paziente in ICU. Emorragia subaracnoidea,
gotta, emobolia adiposa, rigetto a trapianto sono tra le cause meglio conosciute. La trombosi venosa
profonda, associata a catetere endovascolare o spontanea, può essere associata a febbre. Il riconoscimento
e l'identificazione di una causa non infettiva di febbre richiede la stessa valutazione attenta del paziente,
compreso l'esame obiettivo e la revisione dei farmaci e delle altre terapie somministrate, così come è
necessario per il riconoscimento e l'identificazione di una causa infettiva di febbre.
RACCOMANDAZIONI
 Esaminare il paziente ed escludere le cause infettive di febbre. Porre particolare attenzione ai siti dei
cateteri intravascolari vecchi o alle sedi delle vecchie ferite chirurgiche.
41
 Rivalutare tutti i nuovi farmaci e gli emoderivati somministrati al paziente. Teoricamente, se il farmaco
può essere sospeso, sospenderlo. Altrimenti considerare una valida alternativa farmacologica in
sostituzione.
 La febbre indotta da farmaci può impiegare alcuni giorni a risolversi. Stabilire una relazione temporale
tra febbre e agente causale può essere utile per stabilire la diagnosi.
Farmaci che possono causare febbre:
Antibiotici: soprattutto B-lattamici
Antiepilettici: soprattutto fenitoina
Antiaritmici: chinidina, procainamide
Antiipertensivi: soprattutto metil-dopa idralazina, antistamici H1 ed H2
Anti-parkinsoniani
Fenotiazione
Butirrofenoni: soprattutto aloperidolo
Tiroxina
Anticorpi monoclonali
Antimalarici
TERAPIA ANTIPIRETICA
I pazienti febbrili ricoverati in ICU vengono spesso trattati al solo scopo di abbassare la loro temperatura. Tra i
metodi adoperati si ricorre al raffreddamento fisico diretto e a farmaci antipireteci (ad esempio paracetamolo,
acido acetilsalicilico e ibuprofene). Questo tipo di strategia, oltre a rendere possibile l’insorgenza dei potenziali
effetti collaterali propri degli antipiretici, potrebbe anche ritardare la diagnosi precoce e un’appropriata terapia
volta a combattere un’eventuale infezione che si cela dietro al rialzo termico. E’ proprio per queste ragioni che
la terapia antipiretica nel paziente critico deve essere praticata con cautela, ovvero applicata quando
veramente necessario.
Effetti benefici e dannosi della febbre:
Effetti benefici
Contro
Azione sul microorganismo invasore:
- Riduzione della proliferazione
- Aumentata sensibilità agli antibiotici
riduzione della MIC
Aumento della richiesta e del consumo di ossigeno
Discomfort del paziente
Effetti dannosi sui tessuti
Azioni sul sistema immunitario:
- Accresciuta mobilità dei polimorfonucleati
- Agevolazione della fagocitosi
- Aumentata funzione adesiva delle T-cell
- Aumento dei linfociti
Protezione contro gli effetti collaterali di:
- NF-kB per aumento delle heat shock protein
- TNFα (diminuita produzione)
- IFNγ (diminuita produzione)
42
Di seguito prenderemo in considerazione le principali strategie atte alla riduzione della temperatura corporea,
con particolare riferimento agli effetti collaterali di ognuno.
PARACETAMOLO
L’effetto avverso più serio del paracetamolo è la necrosi epatica legata al sovradosaggio. E’ importante
ricordare che il paziente critico spesso presenta una riduzione delle riserve di glutatione (malnutrizione) e
quindi è più suscettibile allo sviluppo di una epatite acuta. In aggiunta, evidenze cliniche suggeriscono che lo
stesso pathway metabolico potrebbe essere coinvolto nel rene (nefropatia associata all’analgesia).
Comunemente, si ritiene che il paracetamolo non influenzi la funzione piastrinica, ma la sua somministrazione
endovenosa in volontari, ha mostrato un’inibizione dose dipendente di COX-1.
In studi recenti si è visto che la somministrazione endovenosa di paracetamolo nel paziente critico esplica
un’azione anche sulla pressione arteriosa: la pressione sistolica potrebbe raggiungere valori < 90 mmHg in
circa il 35% dei pazienti e rendere necessario il ricorso ad infusione di fluidi o vasopressori.
FARMACI NON-STEROIDEI
Principale effetto collaterale è l’azione sulla mucosa gastrointestinale per inibizione diretta della
cicloossigenasi (ulcerazione/sanguinamento del tratto gastrointestinale superiore).
Attraverso l’inibizione della sintesi di prostaglandine, questa classe di farmaci agisce anche sulla funzione
renale, soprattutto nei casi in cui il sistema renina-angiotensina è già stimolato: deplezione di volume,
insufficienza renale preesistente, somministrazione contemporanea di agenti nefrotossici.
Il vasospasmo da somministrazione di non-steroidei è un effetto collaterale da prendere in considerazione nei
pazienti con una storia precedente di malattia coronarica.
Fattori di rischio tipici del paziente critico che potrebbero aggravare gli effetti collaterali degli antiinfiammatori
non steroidei sono:
- Uso di dosaggi elevati
- Età avanzata
- Uso concomitante di altri steoridei
- Terapia anticoagulante.
MEZZI FISICI
Il ricorso al raffreddamento fisico rimane argomento controverso a causa della sua attivazione della risposta
simpatica, vasocostrizione e brivido. Si ricordi che nel paziente febbrile la capacità del raffreddamento esterno
di abbassare la temperatura del core potrebbe essere comunque limitata da un meccanismo ipotalamico di
termoregolazione che per contro tende a mantenere una temperatura corporea più alta. Inoltre, se è gia
presente brivido, il raffreddamento fisico potrebbe causare un deleterio aumento del consumo di ossigeno e di
catecolamine (in circa il 40% dei casi).
MEZZI EXTRACORPOREI
I pazienti sottoposti ad ECMO, CRRT/emodialisi o a plasmaferesi generalmente possono falsamente
mostrarsi normotermici e mascherare un’incipiente ipertermia.
CONCLUSIONI
L’uso indiscriminato di antipiretici nel paziente critico dovrebbe essere evitato e gli operatori sanitari
dovrebbero ponderare l’attuazione di una terapia volta al controllo della temperatura corporea particolarmente
nei pazienti con malattia infettiva in corso. Per contro, la febbre dovrebbe essere trattata nei pazienti con
danno cerebrale, in coloro che presentano una limitata riserva cardiorespiratoria e nei casi in cui la
temperatura si aggiri su valori > 40°C.
14. PROFILASSI E TERAPIA ANTIBIOTICA
TERAPIA CAP
43
Terapia empirica (ats idsa)

A) CAP in pz ospedalizzato (non-UTI):

FUOROCHINOLONE
(levofloxacina
oppure moxifloxacina )
MACROLIDE + B-LATTAMICO

B) CAP in UTI:
B-LATTAMICO (cefotaxime, ceftriaxone,
ampicillina-sulbactam)
+
AZITROMICINA o FLUOROCHINOLONE
NB: per i pz allergici alle penicilline, si
raccomanda il ricorso ad un fluorochinolone +
aztreonam
C) Considerazioni particolari:
 Se S. pneumoniae resistente ai macrolidi (MIC>16 mg/mL): prendere in considerazione gli
antibiotici elencati al punto 2

Se P. aeruginosa:
B-LATTAMICO (piperacillina-tazobactam, cefepime, imipenem o meropenem) +
FLUOROCHINOLONE (ciprofloxacina o levofloxacina);
B-LATTAMICO + AMINOGLICOSIDE e FLUOROCHINOLONE (se allergico a penicilline,
sostituire il B-LATTAMICO con AZTREONAM)
 Se S. aureus MRSA: VANCOMICINA o LINEZOLID
NB: per i dosaggi dei singoli antibiotici, fare riferimento all’algoritmo relativo alle VAP a pg. seguente
Antibiotici suggeriti per specifici patogeni in corso di CAP
PATOGENO
S. pneumoniae (MIC<2 μg/ml)
S. pneumoniae (MIC≥2 μg/ml)
P. aeruginosa
MRSA
Enterobacteriaceae ESBL +
TRATTAMENTO
ANTIBIOTICO
PREFERIBILE
Penicillina G
o Amoxicillina
Antibiotico scelto in base ai test di
suscettibilità in vitro, inclusi cefotaxime,
ceftriaxone, fluorochinoloni
Piperacillina-tazobactam,
cefepime,
imipenem o meropenem
+
Cipro/levofloxacina o aminoglicoside
Vancomicina
Carbapenemici
TRATTAMENTO
ANTIBIOTICO
ALTERNATIVO
Macrolide, cefalosporina, clindamicina,
doxyciclina, fluorochinolone
Vancomicina, linezolid, amoxicillina ad alte
dosi
Aminoglicoside + cipro/levofloxacina
Linezolid
Beta lattamici/inibitori delle B-lattamasi;
aminoglicoside
NB: per i dosaggi dei singoli antibiotici, fare riferimento all’algoritmo relativo alle VAP a pg. seguente
APPROCCIO ALGORITMICO SUGGERITO IN CASO DI VAP/HAP E SCHEMA TERAPEUTICO:
STEP 1
STEP 2
Sospetto clinico di polmonite associata alla ventilazione
1. Febbre
2. Secrezioni purulente
3. Peggioramento dell’ossigenazione
4. Leucocitosi/leucopenia
Conferma e valutazione dei fattori di rischio
1. Radiografia del torace
2. Raccolta dei campioni da inviare a cultura
3. Valutazione dei possibili patogeni multiresistenti
4. Verifica dei biomarker: PCR, Pct
Fattori di rischio per MDR:
1. Ospedalizzazione ≥ 5 giorni
2. Trattamenti antibiotici nei precedenti 90 giorni
3. Immunodepressione/terapie immunomodulanti
44
4. Consapevolezza della presenza patogeni MDR nella struttura di ricovero
5. Altri fattori di rischio:
Ospedalizzazione nei precedenti 90 giorni per almeno 2 giorni
Residenza in una casa di cura
Terapie domiciliari di tipo infusivo
Dialisi negli ultimi 30 giorni
Familiare infetti da patogeni MDR
Iniziare la terapia antibiotica empirica il prima possibile (rene normofunzionante)
 Monoterapia con uno dei seguneti:
Ampicillina/sulbactam: 1,5-3 gr ev ogni 6 h
Ceftriaxone: 2 gr/die ev
Levofloxacina: 750 mg/die ev
Moxifloxacina: 400 mg/die ev
Ertapenem: 1 gr/die ev
STEP 3

Sospetto di patogeno MDR, iniziare terapia combinata con:
Meropenem: 1 gr ev ogni 8 h
O
Piperacillina/tazobactam: 4,5 gr ev ogni 6 h +
Levofloxacina 500 mg ev x 2

Se si sopetta MRSA, aggiungere uno dei seguenti:
Linezolid: 600 mg ev ogni 12 h
Vancomicina: 15 mg/kg ev ogni 12 h
Ceftobiprolo: 500 mg ogni 8 ore
Rivalutare dopo 72 h ed eventualmente scalare la terapia.
 Risultati colturali +, biomarker e stato clinico: stretto regime antibiotico contro il
patogeno isolato
 Risultati colturali -, biomarker e stato clinico: prendi in considerazione di
interrompere la terapia
 Paziente non-responder o peggioramento del quadro clinico: rivaluta i dosaggi
degli antibiotici, escludi eventuali complicanze, valuta la somministrazione di ulteriore
farmaco attraverso aerosol
STEP 4
Durata della terapia antibiotica
CAP non UTI:
-
Paziente non immunocompromesso o
senza alterazioni del parenchima
polmonare
Paziente immunocompromesso o con
alterazioni del parenchima polmonare
5 giorni
7- 10 giorni
CAP in UTI
10 -14 giorni
VAP/HAP
10-14 giorni
La terapia antibiotica deve essere sospesa solo in caso di un miglioramento delle condizioni cliniche, dei
biomarker laboratoristici e degli esami colturali. In corso di terapia antibiotica attenersi alla valutazione
descritta al punto 10 riguardante il monitoraggio del paziente infetto.
Tratto da “ICM (2015): ventilator-associated pneumonia: present understanding and ongoing debates”
Bibliografia: Kumar A, Light B, Parrillo J, Maki D…(2010) “Early combination antibiotic therapy yields improved
survival compared with monotherapy in septic shock: a propensity-matched analysis.” Crit Care Med 38:17731785
45
Bibliografia CAP e HCAP
A randomised, double-blind trial comparing ceftobiprole me-docaril with ceftriaxone with or wthout
linezolid for the treatment of patients with community-acquired pneumonia requiring hospitalisation
International Journal of Antimicrobial Agents 39 (2012) 240– 246
A Phase 3 Randomized Double-Blind Comparison of Ceftobiprole Medocaril Versus Ceftazidime Plus Linezolid
for the Treatment of Hospital-Acquired Pneumonia. Clinical Infection Diseases 2014; 59(1):51-61.
TERAPIA INFEZIONE ADDOMINALE
 INFEZIONI COMUNITARIE:
1) PAZIENTE NON CRITICO

IAI EXTRABILIARI
- No fattori rischio ESBL
AMOXICILLINA
o
2.2 g/6h (TEMPO INFUSIONE: 2 h)
/CLAVULANATO
CIPROFLOXACINA
+
400mg/8h (TEMPO DI INFUSIONE: 30 min)
METRONIDAZOLO
500mg/6h (TEMPO DI INFUSIONE: 1h)
- Presenza fattori rischio per ESBL
ERTAPENEM
o
1g/24h (TEMPO INFUSIONE: 2h)
TIGECICLINA
+
DOSE CARICO: 100mg, seguiti da 50mg/ 12 h (TEMPO INFUSIONE: 2h)

IAI BILIARI
- No fattori rischio ESBL
AMOXICILLINA
o
2.2 g/6h (TEMPO INFUSIONE: 2 h)
/CLAVULANATO
CIPROFLOXACINA
+
400mg/8h (TEMPO DI INFUSIONE: 30 min)
METRONIDAZOLO
500mg/6h (TEMPO DI INFUSIONE: 1h)
- Presenza fattori rischio per ESBL
TIGECICLINA
DOSE CARICO: 100mg, seguiti da 50mg/12h (TEMPO INFUSIONE: 2h)
2) PAZIENTE CRITICO

IAI EXTRABILIARI
- No fattori rischio ESBL
PIPERACILLINA
DOSE CARICO: 9g seguiti da 18g INF CONT oppure 4,5 g ogni 6h (TEMPO
TAZOBACTAM
INFUSIONE : 4h)
- Presenza di fattori di rischio ESBL
MEROPENEM
o
500mg/6h (TEMPO INFUSIONE: 6h)
IMIPENEM
±
500mg/4h (TEMPO INFUSIONE: 3h)
FLUCONAZOLO
DOSE CARICO: 600mg, seguiti da 400mg/24h

IAI BILIARI
- No fattori di rischio per ESBL
PIPERACILLINA
DOSE CARICO: 9g seguiti da 18g INF CONT oppure 4,5 g ogni 6h (TEMPO
46
TAZOBACTAM
INFUSIONE : 4h)
- Presenza fattori di rischio per ESBL:
PIPERACILLINADOSE CARICO: 9g seguiti da 18g INF CONT oppure 4,5 g ogni 6h (TEMPO
+
TAZOBACTAM
INFUSIONE : 4h)
TIGECICLINA
DOSE CARICO: 100 mg, seguiti da 50 mg ogni 12 h (TEMPO INFUSIONE: 2
h)
FLUCONAZOLO
DOSE CARICO: 600mg, seguiti da 400mg/24h
 INF NOSOCOMIALI:
1) PAZIENTE NON CRITICO
- Stabile non critico
- Fattori rischio per patogeni MDR
PIPERACILLINADOSE CARICO: 9g seguiti da 18g INF CONT oppure 4,5 g ogni 6h (TEMPO
+
TAZOBACTAM
INFUSIONE : 4h)
TIGECICLINA
+ DOSE CARICO: 100 mg, seguiti da 50 mg ogni 12 h (TEMPO INFUSIONE: 2 h)
FLUCONAZOLO
DOSE CARICO: 600mg, seguiti da 400mg/24h
2) PAZIENTE CRITICO
- Infezioni extrabiliari
- Pz critico (SEPSI GRAVE)
- Fattori di rischio per patogeni MDR
PIPERACICCLINADOSE CARICO: 9g seguiti da 18g INF CONT oppure 4,5 g ogni 6h (TEMPO
+
TAZOBACTAM
INFUSIONE: 4h)
TIGECICLINA
+ DOSE CARICO: 100 mg, seguiti da 50 mg ogni 12 h (TEMPO INFUSIONE: 2 h)
ECHINOCANDINA
Anidulafungina 200 mg dose carico, seguiti da 100 mg/die
Caspofungina 70 mg dose carico, seguiti da 50 mg/die
Micafungina 100 mg/die
OPPURE :
MEROPENEM
o
500mg ogni 6h (TEMPO INFUSIONE: 6h)
IMIPENEM
o
500mg ogni 4h (TEMPO INFUSIONE: 3h)
+
500mg ogni 8h (TEMPO INFUSIONE: 4h)
TEICOPLANINA
+
DOSE CARICO: 12 mg /Kg/12 h X 3, seguiti da 6mg/Kg/ 12 h
ECHINOCANDINA
Come da tabella sopra
Durata della terapia antibiotica nelle infezioni addominali:
La terapia antibiotica nel caso di infezioni addominali deve essere somministrata per almeno 7 giorni. La
terapia antibiotica deve essere sospesa solo in caso di un miglioramento delle condizioni cliniche, dei
biomarkers laboratoristici e degli esami colturali. In corso di terapia antibiotica attenersi alla valutazione
descritta al punto 10 riguardante il monitoraggio del paziente infetto.
47
TERAPIA IVU
Patologia
Germi responsabili
Pielonefrite acuta non
complicata:
Enterobacteriaceae
Terapia
Durata
Ciprofloxacina 500 mg x
2
Anche 7 giorni (se
ciprofloxacina), oppure
oppure
Sulfametossazolo+
trimetoprim 1 cp x 2
x14 giorni
(più frequentemente
E.coli)
Enterococchi
Ambulatoriale
Sulfametossazolo+
trimetoprim 1 cp x 2
Terapia endovenosa:
14 giorni
Ciprofloxacina 400 mg x
2
oppure
Ampicillina +
Gentamicina
Ospedalizzato
Oppure
PIP/TAZO
oppure
Ertapenem 1 g ev
Pielonefrite acuta
complicata
(Sepsi, Uropatia
ostruttiva, insufficienza
renale acuta)
Enterobacteriaceae
(più frequentemente
E.coli)
Ampicillina +
Gentamicina
oppure PIP/TAZO
P. aeruginosa,
oppure
Enterococchi,
Meropenem
48
14-21 giorni
raramente S.aureus
Bibliografia:
Linee guida IDSA CID 2010 50:625
CID 47:1150, 2008
49
GESTIONE DELLE CANDIDIASI IN TERAPIA INTENSIVA
In terapia intensiva le colonizzazioni da Candida spp sono presenti già dopo una settimana nell’80% dei
pazienti ammessi. Di contro, la percentuale di infezioni/candidiasi invasive è meno del 10%. Per questo
motivo la diagnosi delle candidiasi invasive rimane problematica. La presenza di due o più fattori di rischio
riportati nella tabella successiva aumenta in modo esponenziale la probabilità di infezione da Candida spp.
Tabella 1
50
In questo protocollo si propone un algoritmo gestionale riguardo la sorveglianza delle colonizzazioni o
candidiasi invasive nel paziente ricoverato nel reparto di terapia intensiva.
Paziente ricoverato in terapia
intensiva da 7 giorni
Step 1
Immunocompromissione
Chirurgia
trapianto di midollo osseo, trapianto
di organi
Peritonite terziaria, leakage
di anastomosi, Perforazioni
ricorrenti,
pancreatite
necrotizzante
digestiva
Chirurgia digestiva
di altro tipo
Pazienti no sottoposto ad
interventi chirurgici
Valuta fattori di rischio in tabella 1
Step 2
Candida score
Indice di colonizzazione
Candida score
Peritonite score
Indice di colonizzazione
Candida score
Indice di
colonizzazione
Se:
Step 3*
* In questo step è
possibile eseguire la
valutazione dei
Beta-glucani o altri
biomarker specifici
solo il paziente è ad
alto rischio.




Presenza di TPN, dialisi, chirurgia
maggiore, antibiotico terapia ad ampio
spettro, corticosteroidi, pancreatite e
immunosoppressione
Candida score >3
Indice di colonizzazione >0.5
Indice di colonizzazione corretto ≥ 0.4
Iniziare trattamento empirico ad ampio spettro
per le candidiasi invasive secondo protocollo
(vedi successivamente)
51
Candida score
Indice di
colonizzazione
Candida score
Indice di colonizzazione ed indice di colonizzazione corretto
52
Peritonite score
Bibliografia




Leon C, et al. Crit Care Med 2006; 34: 730-737.
Leon C, et al. Crit Care Med 2009; 37: 1624-1633
Pfaller M.A., Diekema D.J. Epidemiology of invasive candidiasis: a persistent public health problem. Clin
Microbiol Rev. 2007;20(1):133-63
Philippe Eggimann, Didier Pittet. Intensive Care Med (2014) 40:1429–1448
53
Trattamento empirico ad ampio spettro per le candidiasi invasive
1. Trattamento empirico ad ampio spettro per le candidiasi invasive nel paziente non neutropenico in terapia
intensiva.
La terapia ad ampio spettro in questo caso deve essere iniziata nei pazienti ad alto rischio secondo le
valutazioni presenti nell’algoritmo precedente. La terapia in oggetto deve iniziata tempestivamente nei
pazienti ad alto rischio e affetti da shock settico.
Terapia di prima scelta: echinocandine:
- Caspofungin. Dose carico 70 mg, poi 50 mg/die
- Micafungin. 100 mg/die
- Anidulafungin. Dose carico 200 mg, poi 100 mg/die
Terapia di seconda scelta: Fluconazolo. Dose di carico 800 mg (12mg/kg), poi 400 mg/die (6 mg/kg). Tale
scelta è utile nei pazienti che non hanno terapie recenti con derivati azolici e non hanno ceppi di candida
resistenti agli azoli.
Terapia di terza scelta: Amfotericina B. 3-5 mg/kg/die.
La terapia deve essere dopo almeno 7-14 giorni nei pazienti che mostrano miglioramento clinico e
miglioramento della valutazione di cui all’algoritmo precedente esposto.
2. Trattamento per le candidemie nel paziente non neutropenico.
Terapia di prima scelta: echinocandine:
- Caspofungin. Dose carico 70 mg, poi 50 mg/die
- Micafungin. 100 mg/die
- Anidulafungin. Dose carico 200 mg, poi 100 mg/die
Terapia di seconda scelta: Fluconazolo. Dose di carico 800 mg (12mg(kg), poi 400 mg/die (6 mg/kg). Tale
scelta è utile nei pazienti che non hanno terapie recenti con derivati azolici e non hanno ceppi di candida
resistenti agli azoli.
Per le infezioni da Candida glabrata. Fluconazolo. 800 mg (12mg/kg) o Voriconazolo 200-300 mg/2 die (3-4
mg/kg) devono essere considerati solo in caso di suscettibilità dimostrata a tali farmaci.
La durata della terapia in questo caso è di 14 giorni. La sospensione della terapia deve essere supportata
dalla negativizzazione delle emocolture e dalla risoluzione dei sintomi.
Per tutte le altre opzioni terapeutiche riguardanti candidemia/candidiasi invasive ed altro, il protocollo fa
riferimento alle attuali linee guida IDSA:
Clinical Practice Guideline for the Management of Candidiasis: 2016 Update by the Infectious
Diseases Society of America.
Peter G. Pappas, Carol A. Kauffman, David R. Andes, Cornelius J. Clancy, Kieren A. Marr, Luis OstroskyZeichner, Annette C. Reboli, Mindy G. Schuster, Jose A. Vazquez, Thomas J. Walsh, Theoklis E. Zaoutis, and
Jack D. Sobel. Clinical infectious disease 2015, http://cid.oxfordjournals.org/
54
15. Gestione del paziente colonizzato/ infetto da germi MDR
TERMINOLOGIA E ABBREVIAZIONI
DPI: dispositivi di protezione individuale
EPIDEMIA: incremento del numero dei casi rispetto ai casi attesi in un periodo ristretto di tempo
PRECAUZIONI STANDARD: misure per il controllo delle infezioni mirate a ridurre il rischio di trasmissione di
microrganismi da sorgenti di infezioni individuate negli ospedali. Le precauzioni sono applicate a tutti i pazienti
senza considerare la loro diagnosi o lo stato presunto di infezione o colonizzazione
PRECAUZIONI DA CONTATTO: misure per il controllo delle infezioni mirate a ridurre il rischio di passaggio
di microrganismi che sono trasmessi da contatto diretto o indiretto con il paziente o l’ambiente circostante
PRECAUZIONI DA DROPLETS: misure per il controllo delle infezioni mirate a ridurre il rischio di passaggio di
microrganismi che sono trasmessi tramite goccioline con diametro superiore ai 51m, dal paziente
colonizzato/infetto nelle vie respiratorie
MDRO:(multidrug-resistant organisms) microrganismi multiresistenti agli antibiotici
VRE:(Vancomycin-resistant Enterococcus) Enterococco Vancomicina Resistente
ESBL:(extended-spectrum beta-lactamase) Enterobatteriacee produttrici di Beta Lattamasi a spettro allargato
MRSA:(Methicillin-resistant Staphylococcus Aureus) Stafilococco Aureo resistente alla Meticillina
LAVAGGIO MANI: ove non diversamente specificato si intende lavaggio sociale
I Microrganismi multiresistenti agli antibiotici (MDRO) sono definiti come microrganismi resistenti ad una o
più classi di antibiotici oggi disponibili; alla luce di ciò, la gestione di pazienti con positività microbiologica ad
un MDRO, nelle strutture sanitarie richiede necessariamente l’adozione di specifici comportamenti
assistenziali atti a ridurne quanto più possibile la circolazione e la trasmissione. L’applicazione costante di
pratiche assistenziali medico-infermieristiche corrette rappresenta lo strumento idoneo per il raggiungimento
di tale obiettivo che, contrariamente ad altri ambiti dell’attività sanitaria, può essere soddisfatto solo
se tutti, ciascuno per la propria competenza professionale specifica, conoscono i termini del problema e fanno
bene ciò che devono.
Il presente documento riassume i comportamenti da adottare in caso di isolamento di germi multiresistenti per
i pazienti ricoverati presso le Strutture dell’Azienda. Punto di forza è la modalità di attivazione che non si
applica alla sola infezione, ma anche alla semplice colonizzazione del paziente rilevata dalla
“positività microbiologica” del materiale inviato presso il Laboratorio di Microbiologia: è infatti indispensabile
evitare a monte che il germe multiresistente possa diffondersi in ospedale intervenendo quanto più
precocemente possibile a contrastarne i possibili eventi infettivi.
Di seguito si enunciano le misure/strategie che la letteratura internazionale riporta essere valide per
contenere l’incidenza di infezioni nosocomiali da MDRO. Tali indicazioni non devono essere applicate in
modo indiscriminato ma vanno modulate in relazione alla importanza relativa delle problematiche da MDRO
nelle diverse tipologie di Struttura ospedaliera, anche confrontandosi con le funzioni aziendali competenti.
Aree intensive (rianimazione generale e terapie intensive chirurgiche specialistiche), definibili come aree a
rischio molto elevato.
MODALITA’ DI TRASMISSIONE
I germi multiresistenti sono microrganismi resistenti all’azione di molteplici antibiotici, in grado di
causare le medesime infezioni sostenute dai germi antibiotico-sensibili, con cui condividono la stessa
virulenza e le stesse modalità di trasmissione.
E’ importante specificare che tali microrganismi multiresistenti non devono essere confusi con i microrganismi
in grado di causare malattie infettive diffusive, infatti:
- i microrganismi che causano malattie infettive diffusive sono microrganismi che partendo da un soggetto
malato possono contagiare e infettare soggetti sani venuti a contatto con tale microrganismo (ivi inclusi gli
operatori sanitari), per tali malattie è obbligatoria la notifica di malattia infettiva e l’adozione di specifiche
precauzioni atte ad interrompere la catena di trasmissione;
- i microrganismi multiresistenti oggetto della presente procedura, non causano malattie infettive contagiose
trasmissibili da soggetto infetto a soggetto sano e tanto meno da soggetto infetto agli operatori sanitari, gli
operatori sanitari però sono il principale veicolo di infezione per altri pazienti suscettibili a tali germi ove non
adottino le precauzioni necessarie ad evitare la trasmissione tra pazienti di tali germi, prima fra tutte il corretto
lavaggio delle mani.
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E’ importante sin da subito definire cosa si intende per colonizzazione e per infezione:
 La colonizzazione prevede la presenza del germe senza invasione e risposta associata dell’ospite.
 La colonizzazione non richiede trattamento antibiotico.
 L’infezione avviene dopo invasione e moltiplicazione del microrganismo nell’ospite con associata
risposta dello stesso (febbre, leucocitosi, drenaggio purulento, etc.).
 L’infezione richiede un trattamento antibiotico ed è solitamente preceduta dalla colonizzazione.
Nel presente documento sono prese in considerazione sia le colonizzazioni che le infezioni rilevate in
Azienda che riconoscono come agente causale i seguenti microorganismi multiresistenti:
 Staphylococcus aureus meticillino resistente (MRSA) Enterococcus vancomicina – resistente
(VRE)
 Pseudomonas aeruginosa resistente a tutti gli antibiotici testati
 Acinetobacter baumannii resistente a tutti gli antibiotici testati compresi i carbapenemici
 Stenotrophomonas maltophilia
 Enterobatteriacee produttori di betalattamasi a spettro allargato (ESBL) Klebsiella pneumoniae
resistente ai carbapenemici
 Proteus mirabilis, Enterobacter cloacae, E.coli, etc.
PRECAUZIONI
Le precauzioni da adottare al fine di evitare la trasmissione di colonizzazioni/infezioni ad
altri pazienti e colonizzazioni da parte del personale di assistenza dipendono dalle modalità di trasmissione a
loro volta legate al sito di colonizzazione/infezione.
Si ribadisce che dette precauzioni devono essere messe in atto all’isolamento del germe
multiresistente anche se trattasi di colonizzazione e non di infezione. Si riportano nella sottostante tabella le
precauzioni da adottare in base al sito dove viene isolato il microrganismo.
MICRORGANISMO
ISOLATO DA
MRSA
Cute, drenaggi ferita
chirurgica
Sangue
Acinetobacter
Urine
Vie respiratorie
Cute, drenaggi ferita
chirurgica
Sangue
Vie respiratorie
VRE
Enterobatteriacee
ESBL
Klebsiella Pneumoniae RESISTENTE AI
CARBAPENEMICI
Cute, drenaggi ferita
chirurgica
Sangue
Urine
Vie respiratorie
Cute, drenaggi ferita
chirurgica
Sangue
Urine
Vie respiratorie
Cute, drenaggi ferita
chirurgica
Sangue
Urine
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PRECAUZIONI DA
ADOTTARE
(oltre alle precauzioni
standard)
CONTATTO
CONTATTO + DROPLET
CONTATTO
CONTATTO + DROPLET
CONTATTO
CONTATTO + DROPLET
CONTATTO
CONTATTO + DROPLET
CONTATTO
Pseudomonas Aeruginosa MDR
Stenotrophomonas Maltophilia
MISURE DA
MDRO
Vie respiratorie
Cute, drenaggi ferita
chirurgica
Sangue
Urine
Vie respiratorie
Cute, drenaggi ferita
chirurgica
Sangue
Urine
Vie respiratorie
CONTATTO + DROPLET
CONTATTO
CONTATTO + DROPLET
CONTATTO
CONTATTO + DROPLET
ADOTTARE IN PRESENZA DI PAZIENTI CON INFEZIONI/COLONIZZAZIONI DA
Di seguito si riportano le raccomandazioni per i pazienti colonizzati/infetti da MDRO. Va sin da subito
specificato che al paziente colonizzato/infetto va garantito il percorso assistenziale specifico per la sua
patologia di ricovero e tutte le procedure assistenziali, diagnostiche, interventistiche dovranno essere
eseguite, all’interno della Struttura di competenza clinica, nel rispetto di quanto specificato nel presente
documento.
Il PROTOCOLLO DI ISOLAMENTO viene attuato in caso di presenza di pazienti, ricoverati in area intensiva e
non, con positività microbiologica per i seguenti microrganismi:
 Acinetobacter baumannii resistente a tutti gli antibiotici testati compresi i carbapenemici;
 Pseudomanas aeruginosa resistente agli antibiotici testati;
 Stenotrophomonas maltophilia;
 Klebsiella pneumoniae resistente ai carbapenemici;
 Enterococcus vancomicino-resistente.
Per tali microrganismi è previsto l’isolamento spaziale del paziente colonizzato/infetto (stanza
singola o area di isolamento con distanza minima di un metro e mezzo e chiusura di posto letto adiacente se
necessario alla creazione dell’area di isolamento), l’assistenza possibilmente dedicata nonché l’obbligo per il
personale di adottare tutte le misure di barriera previste dalle precauzioni standard, da contatto e da droplet.
PROTOCOLLO D’ISOLAMENTO
Esame microbiologico positivo (anticipato telefonicamente e/o comunicato
QUANDO ATTIVARE IL formalmente tramite referto dalla Microbiologia) per uno dei microrganismi
PROTOCOLLO
sottoelencati:
Acinetobacter baumannii resistente a tutti gli antibiotici testati compresi i
carbapenemici
Pseudomonas aeruginosa resistente a tutti gli antibiotici testati
Stenotrophomonas maltophilia
VRE
Klebsiella pneumoniae resistente ai carbapenemici.
CHI ATTUA IL
Il medico che ha in carico il paziente, in collaborazione con il Coordinatore della
PROTOCOLLO
Struttura in cui il paziente è ricoverato, attivano l’isolamento e contestualizzano le
precauzioni da adottare.
UN PAZIENTE
PIU’ PAZIENTI
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MODALITA’ DI
ATTUAZIONE
Stanza singola (stanza di
COLLOCAZIONE isolamento).
Se presenti più pazienti con
• Ove la stanza singola non sia colonizzazione/infezione
disponibile creare una zona data dallo stesso germe
di
isolamento
creare
una AREA
DI
all’interno della SC (AREA DI ISOLAMENTO
dove
ISOLAMENTO SPAZIALE)
effettuare
l’isolamento per
posizionando il paziente in
coorte.
posto
letto
estremo
Qualora
si
debba
mantenendo una distanza di posizionare in tale area un
almeno 1 metro e mezzo
paziente
non
dal paziente più vicino
infetto/colonizzato,
tale
• Ricovero nel posto letto “più paziente deve essere a
vicino” al paziente
“basso rischio” di infezione.
colonizzato/infetto, di un
paziente non infetto e a
“basso
rischio”
di infezione
PAZIENTE
IN STANZA
PERSONALE
SINGOLA
Il personale di assistenza,
• Il personale di assistenza
per
quanto
possibile,
deve accedere alla stanza di dovrebbe essere dedicato
isolamento dopo essersi
• Il personale deve
lavato le mani e aver
accedere
all’area
di
indossato i DPI previsti e
isolamento dopo essersi
deve toglierli prima di
lavato le mani e aver
lasciare la stanza lavandosi le indossato i DPI previsti
mani
• Se il personale abbandona
PAZIENTE IN AREA
l’AREA DI ISOLAMENTO
ISOLAMENTO SPAZIALE
SPAZIALE deve togliersi i
• Il personale di assistenza
DPI indossati in detta area
deve, per quanto possibile,
lavandosi le mani
essere dedicato accedere
all’area di isolamento dopo
essersi lavato le mani ed
aver indossato i DPI previsti
• Se il personale abbandona
l’area di isolamento spaziale
deve togliersi i DPI
indossati in detta area
Percorsi
accesso al
Percorsi di accesso ai malati
lavandosi ledimani
PERCORSI DI
malato
colonizzati/infetti quanto
ACCESSO AL
colonizzato/infetto quanto più più
PAZIENTE
possibile differenziati da quelli possibile differenziati da quelli
per gli altri malati ricoverati per gli altri malati ricoverati
nella SC
nella SC
TIPO DI PRECAUZIONE Le precauzioni standard vanno sempre applicate su tutti i pazienti ricoverati
DA ADOTTARE
in ospedale
(da parte di tutto il
Germe isolato in materiale respiratorio in paziente intubato: precauzioni
personale che entra in da contatto + precauzioni per droplets
contatto con il paziente) Germe isolato da urine in paziente cateterizzato: precauzioni da contatto
Germe isolato da sangue o da ferita: precauzioni da contatto
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PROCEDURE DA
ATTIVARE IN CASO DI
SPOSTAMENTO DEL
PAZIENTE PER ESAMI
O INTERVENTI
MODALITA’ E
FREQUENZA PULIZIE
1. avvisare il reparto o la Sala operatoria della situazione microbiologica del
paziente
2. concordare (ove possibile) l’esame/intervento chirurgico in modo che sia
l’ultimo della giornata per permettere idonea disinfezione ambientale
3. il personale del reparto dove viene inviato il paziente deve adottare le
precauzioni idonee per tutto l’iter diagnostico (o intervento chirurgico)
4. devono essere indicati al personale ausiliario che è deputato allo
spostamento del paziente colonizzato/infetto i dispositivi di protezione
individuale che deve utilizzare durante lo spostamento col paziente
5. pulizia e sanificazione ambientale del locale dove ha stazionato il paziente
per l’esecuzione della procedura e delle attrezzature toccate dal paziente (a carico
del reparto che ha effettuato la prestazione)
6. pulizia e sanificazione della barella utilizzata per il trasporto del paziente (a
carico
del reparto
cui appartiene
la barella) multiresistenti vanno intensificate le
In presenza
di pazienti
con microorganismi
pulizie soprattutto dopo manovre respiratorie che possono generare droplets
(in tal caso effettuare la disinfezione sia dopo le manovre sia 30 minuti dopo).
Il calendario delle pulizie sarà concordato con il responsabile della Ditta
appaltatrice.
PRECAUZIONI STANDARD
Da applicare nell’assistenza di tutti i pazienti indipendentemente dalla
presenza di uno stato infettivo.
IGIENE DELLE MANI
• Le mani devono essere lavate immediatamente e con accuratezza se si verifica un
accidentale contatto con il sangue, fluidi corporei, secreti, escreti e oggetti
contaminati, anche se l'operatore indossa i guanti.
• E' obbligatorio lavare le mani prima di assistere il malato.
• Le mani devono essere lavate prontamente e con accuratezza tra una procedura
assistenziale e l'altra, anche se eseguita sullo stesso paziente.
• Le mani devono essere lavate prontamente e con accuratezza al termine
dell'assistenza prestata ai pazienti, anche se si sono usati i guanti.
• E' necessario prevenire e curare screpolature, abrasioni e piccole ferite della cute
facendo regolarmente uso di creme emollienti e idratanti alla fine dell'attività
lavorativa.
• Le unghie devono essere mantenute corte, pulite e prive di smalto; non utilizzare unghie
finte.
• E' vietato indossare anelli, bracciali, orologi e altri monili quando si presta assistenza al
paziente.
• E' obbligatorio il lavaggio delle mani con sapone antisettico prima di eseguire procedure
invasive sul paziente, dopo aver toccato una qualsiasi fonte che può essere contaminata
con patogeni e in specifiche circostanze (es. controllo di epidemie, infezioni endemiche).
• Le mani devono essere sempre lavate dopo la rimozione dei guanti.
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UTILIZZO DI GUANTI
• Devono essere indossati guanti della misura adeguata e del tipo idoneo alla
prestazione da effettuare
• Devono essere indossati prima di venire in contatto con: sangue, fluidi corporei,
secreti, escreti, mucose, cute non intatta dei pazienti e oggetti contaminati.
• E' vietato rispondere al telefono, toccare maniglie, o effettuare qualunque altra azione
non direttamente correlata allo specifico atto assistenziale indossando i guanti.
• I guanti devono essere sostituiti durante i contatti tra un paziente e l'altro.
• I guanti devono essere sostituiti durante procedure effettuate sullo stesso paziente, ma in
zone differenti.
• I guanti devono essere immediatamente rimossi quando si rompono o si verifica una
puntura o una lacerazione.
• I guanti devono essere prontamente rimossi dopo l'uso.
• Dopo la rimozione dei guanti, le mani devono sempre essere lavate.
• I guanti dopo l'uso devono essere eliminati nei contenitori per rifiuti potenzialmente
infetti.
MASCHERINE CON O SENZA VISIERA – OCCHIALI PROTETTIVI
• La mascherina con o senza visiera e gli occhiali protettivi devono essere utilizzati per
proteggere le mucose di occhi, naso e bocca durante l'esecuzione di procedure che
possono determinare schizzi di sangue o di altri liquidi biologici, come ad esempio, prelievi,
procedure aspirazione, broncoscopie, ecc..
La mascherina con o senza visiera deve essere monouso e:
• Deve essere indossata sulla bocca e sul naso ed essere ben adesa al volto
• Deve essere legata correttamente dietro la testa.
• Non deve essere mai abbassata.
• Deve essere usata una sola volta e poi gettata nel contenitore dei rifiuti.
• Dopo la rimozione lavare accuratamente le mani.
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CAMICI E INDUMENTI PROTETTIVI
• Devono essere indossati per proteggere la cute e prevenire l'imbrattamento degli abiti
durante l'esecuzione di procedure che possono determinare schizzi di sangue o di altri
liquidi biologici.
• Se si prevedono grosse contaminazioni, devono essere indossati camici
idrorepellenti.
• Devono essere rimossi prima di lasciare la stanza o ogni qualvolta è necessario
interrompere lo specifico atto assistenziale.
• Devono essere smaltiti nei contenitori per rifiuti potenzialmente infetti.
• Dopo aver tolto il camice e gli indumenti protettivi si devono accuratamente lavare le mani
MANOVRE RIANIMATORIE
Durante le manovre rianimatorie il personale deve sempre indossare:
guanti, camice, mascherina di tipo chirurgico, occhiali protettivi o visiera.
Palloni ambu, boccagli, va e vieni, ecc. devono essere decontaminati, sanificati, disinfettati
e/o sterilizzati
COLLOCAZIONE DEL PAZIENTE
• Quando il paziente non è in grado di mantenere un' igiene appropriata e può
potenzialmente contaminare l'ambiente, deve essere posto in camera singola con servizi
igienici.
• Se la camera singola non è disponibile, consultare i professionisti addetti al controllo
delle infezioni ospedaliere per l'individuazione di una valida alternativa.
MANIPOLAZIONE DI STRUMENTI/OGGETTI TAGLIENTI
• Tutti gli operatori devono adottare le misure necessarie a prevenire incidenti causati da
aghi, bisturi e altri dispositivi taglienti o pungenti durante il loro utilizzo, nelle fasi di
decontaminazione, di sanificazione e di smaltimento.
• Aghi e oggetti taglienti non devono essere indirizzati verso parti del corpo.
• Non devono essere presi "al volo" strumenti taglienti e/o pungenti se stanno cadendo.
• Non devono essere raccolti con le mani nude gli strumenti taglienti e/o pungenti caduti.
• Non devono essere portati strumenti taglienti e/o pungenti in tasca.
• Non devono essere piegate o rotte lame, aghi e altri oggetti pungenti.
• E' assolutamente vietato reincappucciare gli aghi dopo l'uso.
• Tutti gli strumenti taglienti e pungenti devono essere smaltiti negli appositi
contenitori per aghi e taglienti.
ATTREZZATURA PER L’IGIENE DEL PAZIENTE
• Materiali taglienti o abrasivi necessari per l’igiene del paziente, quali forbici,
tagliaunghie, rasoi, spazzolini per unghie devono essere personali.
• Se il paziente risulta sprovvisto di tali oggetti utilizzare materiale monouso o materiale
riutilizzabile sterile.
• Il materiale tagliente riutilizzabile prima di essere sterilizzato deve essere
decontaminato e sanificato come indicato nelle relative procedure aziendali
ATTREZZATURE PER L'ASSISTENZA AL PAZIENTE
• Tutte le attrezzature impiegate per l'assistenza al paziente che risultano essere
contaminate con sangue, liquidi corporei, secreti ed escreti devono essere manipolati
con attenzione in modo da prevenire l'esposizione di cute, mucose e indumenti.
• Le attrezzature riutilizzabili non devono essere usate su altri pazienti prima di essere
state ricondizionate.
• Gli strumenti dopo l'uso devono essere decontaminati, sanificati, disinfettati o sterilizzati
come indicato nelle relative procedure aziendali.
• I materiali sanitari sporchi devono essere decontaminati negli appositi contenitori e
devono essere sanificati in un lavello adibito a tale scopo. Se non è possibile utilizzare
un lavello solo per la sanificazione dei materiali è necessario procedere alla
decontaminazione, sanificazione e disinfezione del lavello.
• I presidi sanitari monouso devono essere smaltiti immediatamente dopo l'uso negli
appositi contenitori per rifiuti.
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PRECAUZIONI DA ADOTTARE IN AGGIUNTA ALLE PRECAUZIONI STANDARD PER INFEZIONI
OSPEDALIERE TRASMISSIBILI PER CONTATTO e/o TRAMITE DROPLETS
COLLOCAZIONE DEL PAZIENTE
• Collocazione del paziente infetto in stanza singola.
• Ove la stanza singola non sia disponibile creare una zona di isolamento all’interno del reparto
(AREA DI ISOLAMENTO SPAZIALE PAZIENTE) posizionando il paziente in posto letto
estremo e mantenendo una distanza di almeno 1 metro e mezzo dal paziente più vicino
bloccando se necessario il posto letto vicino
• Ricovero nel posto letto “più vicino” al paziente colonizzato/infetto di un paziente non infetto e a
“basso rischio” di infezione
• Se presenti due o più pazienti con colonizzazione/infezione data dallo stesso germe creare
un’ “AREA DI ISOLAMENTO” dove effettuare l’isolamento per cohorting: pazienti vicini tra loro in
posizione estrema nella stanza e a distanza di almeno un metro e mezzo dagli altri pazienti (se
necessario bloccando il posto letto immediatamente vicino);
• Anche in quest’ultimo caso ricoverare nel posto letto “più vicino” all’ “AREA PAZIENTE” un
paziente non infetto e a “basso rischio” di infezione
GUANTI E LAVAGGIO DELLE MANI
• Chiunque si avvicina all’ “area paziente” deve indossare i guanti (puliti, non sterili).
• I guanti impiegati nell'assistenza al paziente colonizzato/infetto devono essere sostituiti subito
dopo il contatto sia con il paziente sia con materiale che può contenere microrganismi (es.
materiale fecale, drenaggi ferite, saliva, sangue, etc) sia con arredi, apparecchiature,
dispositivi (letto, effetti letterecci, sondini, cateteri, etc) posti vicino al paziente o dallo stesso
utilizzati.
• I guanti devono essere rimossi prima di lasciare l’ “area paziente” ed immediatamente va
effettuato il lavaggio antisettico delle mani. Non si devono toccare superfici o oggetti ubicati fuori
dell’area paziente con guanti utilizzati all’interno di tale area.
• Dopo la rimozione dei guanti e il lavaggio delle mani, non si devono toccare superfici
ambientali o oggetti usati per l'assistenza, potenzialmente contaminati, per evitare di
trasferire i microrganismi ad altri pazienti o all'ambiente.
PROTEZIONE RESPIRATORIA
• Tutte le persone che vengono in contatto con il paziente devono indossare una mascherina
chirurgica.
• Ove il microrganismo multiresistente sia stato isolato dalle vie respiratorie è obbligo del
personale che si avvicina entro un metro dal paziente di indossare oltre alla mascherina
chirurgica anche gli occhiali protettivi per evitare contaminazioni da droplets emessi
soprattutto nelle manovre di broncoaspirazione (se paziente intubato) o in caso di tosse se
paziente non intubato.
CAMICE COPRI DIVISA
• Indossare un camice (è sufficiente un camice pulito non sterile) quando si entra nella stanza di
isolamento o “area paziente” se si prevede un importante contatto con il paziente, con superfici o
strumenti contaminati, oppure quando il degente è incontinente o presenta diarrea, ileostomia,
colonstomia o drenaggi.
• Rimuovere sempre il camice prima di lasciare la stanza o l’”area paziente”, toccando la
superficie interna e arrotolandolo su se stesso al fine di evitare di contaminare la divisa.
• Se contaminata, la divisa deve essere subito cambiata.
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Gestione paziente con infezione/colonizzazione da germi multiresistenti
TRASPORTO DEL PAZIENTE COLONIZZATO/INFETTO
• Limitare gli spostamenti e il trasporto del paziente ai soli casi assolutamente necessari
garantendo comunque l’effettuazione dell’iter diagnostico-terapeutico necessario al paziente.
• Se lo spostamento e il trasporto del malato sono indispensabili, è necessario informare il
personale della struttura presso la quale il degente viene trasferito in merito alla situazione
microbiologica del paziente.
• Concordare (ove possibile) l’esame/l’intervento chirurgico in modo che sia l’ultimo della giornata
per permettere idonea disinfezione ambientale.
• Il personale della SC dove viene inviato il paziente deve adottare le precauzioni stabilite
(contatto o droplets)
• Il personale addetto al trasporto del paziente, deve indossare i dispositivi di protezione
individuale.
• Informare il personale della SC in cui viene eseguita la procedura della necessità di effettuare
idonea pulizia e sanificazione delle attrezzature utilizzate.
• In caso di colonizzazioni/infezioni delle vie respiratorie con possibili emissioni di droplets
(soprattutto se il paziente non è intubato) il paziente deve indossare una mascherina chirurgica.
ATTREZZATURE PER L'ASSISTENZA
• Quando è possibile, assegnare dispositivi e articoli non critici (es. sfigmomanometro,
fonendoscopio, termometro, ecc.) ad un singolo paziente. Qualora tale situazione non possa
realizzarsi, è necessaria una adeguata sanificazione e disinfezione dello strumentario prima di
essere usato su un altro paziente.
• Assicurarsi che le attrezzature nelle immediate vicinanze del malato e gli strumenti impiegati
per l'assistenza e frequentemente toccati, siano regolarmente sanificati.
• Utilizzare sistemi di broncoaspirazione a circuito chiuso per ridurre al massimo la
liberazione di droplets in ambiente.
MISURE AGGIUNTIVE
FAMILIARI E VISITATORI
Familiari e visitatori, tramite la distribuzione del modulo prodotto in allegato e tramite informazione verbale,
devono essere:
 rassicurati sull’assenza di rischio per individui in buona salute,
 invitati a non prestare assistenza ad altri pazienti, se non in caso di assoluta necessità o emergenza,
 invitati a lavarsi accuratamente le mani prima di entrare e dopo aver lasciato la stanza.
GESTIONE DEI MATERIALI
Come è stato detto, la stanza che deve accogliere il paziente infetto da MDRO deve essere provvista, per
quanto possibile, di:
 dispositivi di protezione individuale necessari al personale di assistenza
 contenitori per lo smaltimento dei rifiuti a rischio infettivo
 materiale per il lavaggio antisettico delle mani
 materiale per l’assistenza al paziente, dedicato se non può essere monouso (es:
fonendoscopio, sfigmomanometro, termometro, laccio emostatico,…..)
 materiale per le medicazioni, in quantità idonea a soddisfare i bisogni quotidiani
 materiale monouso per l’assistenza al paziente, anche in questo caso in quantità idonea a soddisfare
i bisogni quotidiani (es: siringhe, elettrodi,tappini e raccordi, deflussori, …).
 farmaci in quantità tale da soddisfare il bisogno giornaliero per quelli confezionati in dose singola (es:
antibiotico in confezioni singole da 1
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grammo, dato alla dose di 4 g/die -7 ogni giorno avere 4 pezzi sul carrello del paziente); e nel numero minimo
di confezioni per soddisfare il bisogno giornaliero per quelli confezionati in dose multiple: questi sono il
maggior numero, specie se si considerano i farmaci in formulazione non parenterale.
L’indicazione a limitare la quantità di materiale presente nella stanza degli infetti alle quantità idonee allo
svolgimento delle procedure assistenziali giornaliere trova il suo motivo nel fatto che i carrelli vanno
allestiti giornalmente per dare maggiore sicurezza di essere provvisti di tutto ciò che occorre alla cura del
paziente; super-allestire un carrello non riduce la quantità globale di lavoro degli operatori ma anzi obbliga
a controlli ripetuti,più dispendiosi in termini di tempo.
Quindi una corretta gestione del materiale utilizzato sul paziente dimesso prevede:
 il pacco aperto di garze non sterili deve essere eliminato;
 le garze sterili possono esser spacchettate e usate come non sterili
 il materiale non monouso deterso e disinfettato con cura in modo appropriato.
 il carrello che ha contenuto il materiale utilizzato per il paziente infetto va sottoposto ad
accurato lavaggio e disinfezione prima di essere riallestito per un altro paziente.
INFORMAZIONI ALLA DIMISSIONE DEL PAZIENTE
Nella lettera di dimissione dal reparto o dall’ospedale dovrà essere indicata con chiarezza:
 la pregressa infezione da MDRO. Questa informazione, alla fine del percorso
intraospedaliero, è sempre data poiché fa parte delle informazioni che compaiono nella SDO.
Bisogna però avere cura di fornire l’informazione quando il paziente viene trasferito da un
reparto all’altro all’interno dello stesso ente ospedaliero;
 la terapia antibiotica effettuata per il trattamento dell’infezione o, nel caso in cui il paziente fosse
stato trovato colonizzato all’ingresso (per pazienti ammessi a reparti a rischio molto elevato) per
la decolonizzazione;
Questi aspetti informativi, sono di particolare rilevanza sanitaria nei casi di dimissione presso strutture protette
(RSA, lungodegenze) o altre strutture ospedaliere. Infatti la mancata informazione a tale riguardo può esitare
in una diffusione dello stato di portatore di MDRO, vista la contiguità di vita tra
i pazienti in tali strutture.
REGOLE COMPORTAMENTALI PER GLI ADDETTI ALL’ASSISTENZA
Il paziente cui state prestando assistenza ha contratto un’infezione per la quale è necessario mettere in atto
una procedura di isolamento.
Individui in buone condizioni di salute non corrono alcun rischio di contagio ma è bene che vengano rispettate
alcune semplici regole di comportamento al fine di evitare la diffusione dell’infezione.
1. Il paziente deve essere accudito da una sola persona, munita della cartolina di assistenza.
2. Chi presta assistenza non deve essere affetto da segni e sintomi di malattie infiammatorie acute a carico
delle vie aeree (es: raffreddore, tonsillite, faringite, bronchite) e non deve presentare lesioni
estese alla pelle delle mani.
3. L’accesso alla camera di isolamento avviene attraversando uno spazio che ha la funzione di zona filtro.
Nella zona filtro sono collocati guanti, mascherine, camici che devono essere indossati dalle
persone che accedono alla stanza per assistere il paziente (parenti, medici, infermieri e personale
di assistenza).
4. Prima di entrare nella camera di isolamento e ogni volta che si lascia la camera è necessario lavare le
mani, utilizzando il sapone disinfettante che si trova nel bagno contiguo alla zona filtro.
5. Quando un paziente in isolamento ha necessità di essere assistito dal personale sanitario, questo va
avvisato utilizzando l’apposito campanello di chiamata. Il personale di assistenza non deve
lasciare la camera prima di aver tolto i mezzi di protezione.
6. Chi presta assistenza non deve svolgere alcuna mansione su pazienti diversi da quello che sta
assistendo.
7. Il personale di assistenza non deve manipolare aghi, fleboclisi, apparecchiature, medicazioni.
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8. Il personale di assistenza non deve accompagnare il paziente fuori dalla camera. Il paziente può lasciare
la stanza solo se accompagnato da un operatore sanitario e solo per ragioni sanitarie (es:
eseguire esami in altro reparto).
9. Il personale di assistenza non deve portare fuori dalla camera del paziente oggetti utilizzati dal paziente
stesso (es: libri, bottiglie, oggetti da toeletta) che possano essere impiegati da altre persone.
10. Gli effetti personali tenuti all’interno della camera vanno limitati allo stretto necessario.
11. Gli indumenti personali indossati dal paziente vanno lavati in lavatrice, separati dalla biancheria utilizzata
da persone diverse dal paziente, a 60°C se il detersivo è addizionato di perborato o
ipoclorito oppure a 90°C con solo detersivo.
.
STAPHYLOCOCCUS AUREUS RESISTENTE ALLA METICILLINA (MRSA) Cocchi gram positivi con le
stesse caratteristiche dello Stafilococco aureus sensibile alla meticillina; MRSA ha gli stessi rischi d’infezione
EPIDEMIOLOGIA
 MRSA è endemico in molte strutture sanitarie
 La presenza di pazienti asintomatici colonizzati da MRSA facilita la diffusione del germe
 Lo sviluppo di resistenza nello S. Aureus ai glicopeptidi può aumentare come conseguenza dell’uso
prolungato di antibiotici per il trattamento delle infezioni da MRSA; è importante prevenire la
trasmissione di MRSA per mantenere opzioni terapeutiche efficaci.
PRINCIPALI SITI E QUADRI PATOLOGICI SOSTENUTI DA STAFILOCOCCO
 Cute e tessuti molli: foruncoli, favi, infezioni di ferite traumatiche o chirurgiche
 Apparato scheletrico: osteomielite
 Apparato respiratorio: polmonite (anche severa) Apparato circolatorio: endocardite
 Apparato genito-urinario: ascesso renale, infezione delle basse vie urinarie
 Sistema nervoso centrale: ascessi cerebrali ed epidurali
 Sangue: batteriemia normalmente complicata da ascessi metastatici con diversa localizzazione
 Apparato digerente: gastroenterite (tossinfezione alimentare)
FATTORI DI RISCHIO PER L’ACQUISIZIONE DEL MRS (COLONIZZAZIONE O INFEZIONE)
• Non adeguata compliance degli operatori sanitari (medici e infermieri) con il lavaggio delle mani e l’asepsi
• Degenza ospedaliera prolungata
• Ammissione in una SC ad alto rischio come le terapie intensive
• Esposizione a terapia antibiotica
• Severa malattia di base
• Presenza di dispositivi medici invasivi
• Presenza di condizioni dermatologiche come l’eczema
• Operatori sanitari colonizzati con MRSA
• Inadeguata pulizia ambientale
SERBATOIO
• Il maggior serbatoio sono le narici anteriori. La colonizzazione nasale influenza la colonizzazione in altri siti,
incluse le ascelle, il perineo e le membrane mucose. Le persone
possono trasportare MRSA in modo persistente o intermittente.
• I tossicodipendenti, gli ustionati, i pazienti delle case di riposo e il personale ospedaliero con dermatiti sono
stati identificati come serbatoi del germe
• MRSA è stato trovato in superfici contaminate, polvere, etc.
TRASMISSIONE
• La trasmissione più spesso avviene attraverso le mani non lavate del personale ospedaliero, dopo contatto
con la pelle, materiali o apparecchiature contaminate con MRSA
• La trasmissione tramite droplet va tenuta in considerazione quando MRSA è presente nella saliva.
ENTEROCOCCUS VANCOMICINA RESISTENTE (VRE)
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Cocchi gram positivi: i due fenotipi più importanti nel contesto della vancomicino-resistenza sono
Enterococcus faecium e Enterococcus faecalis. Il VRE è in grado di trasferire la resistenza alla
vancomicina ad altri microorganismi più virulenti come ad esempio lo Staphylococcus aureus
EPIDEMIOLOGIA
Molti pazienti con VRE sono colonizzati ma non infetti. I pazienti asintomatici sono potenziali serbatoi e la
colonizzazione può essere intermittente per un lungo periodo di tempo
L’enterococco può sopravvivere nell’ambiente (es. superfici) incrementando il rischio di trasmissione.
Una volta che il VRE diventa endemico in una realtà ospedaliera è difficile da eradicare.
L’infezione è più probabile in malati gravi che richiedono procedure invasive multiple. I pazienti colonizzati con
VRE che sono incontinenti fecali o hanno diarrea disperdono più facilmente il VRE.
TIPI E SITI DI INFEZIONE
 Vie urinarie
 Meningite
 Intraddominali e pelviche
 Infezioni neonatali
 Ferita chirurgica
 App. respiratorio
 Batteriemia
 Osteomielite
 Endocardite
 Cellulite
FATTORI DI RISCHIO PER L’ACQUISIZIONE DEL VRE (COLONIZZAZIONE O INFEZIONE)
 Non adeguata compliance degli operatori sanitari (medici e infermieri) con il lavaggio delle mani
 Degenza ospedaliera prolungata
 Esposizione a “pressione colonizzante”: un alto numero di pazienti colonizzati da VRE, più facile dove
il VRE è endemico
 Ammissione in un’area dove i pazienti sono incontinenti fecali
 Precedente o attuale esposizione a terapia antibiotica (particolarmente cefalosporine di
3°generazione, vancomicina anti-anaerobi orale e endovena)
 Presenza di dispositivi medici invasivi
 Severa malattia di base, neutropenia, insufficienza renale
 Inadeguata pulizia ambientale
VRE: PERCHÉ È IMPORTANTE
Limitate opzioni terapeutiche:
 Resistenza a vancomicina e teicoplanina per il fenotipo Van A
 Resistenza a vancomicina per il fenotipo Van B
 Farmaci non attivi in vivo: cefalosporine, clindamicina, cotrimossazolo,
aminoglicosidi
a concentrazione normale.
SERBATOIO
L’uomo. Il VRE viene trovato nelle feci delle persone colonizzate.
TRASMISSIBILITA’
Il VRE viene acquisito per contatto attraverso le mani del personale lavate inadeguatamente, l’ambiente e/o
strumenti assistenziali contaminati
 da paziente infetto a paziente sano
 da soggetto colonizzato a paziente
 da personale sanitario VRE positivo a paziente
Si ricorda che il serbatoio ospedaliero è costituito da persone colonizzate (pazienti e personale), ma anche
“l’ambiente” ospedaliero nelle strutture dove la resistenza del VRE è elevata.
PSEUDOMONAS AERUGINOSA MULTIRESISTENTE
(con resistenza a tutti gli antibiotici testati)
Bacilli gram negativi:
 Vive come saprofita nell’acqua, terreno umido, sui vegetali.
 Vive come commensale nel tubo digerente dell’uomo e di diversi animali
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
Sopravvive e si moltiplica in una varietà infinita di liquidi e terreni, su supporti e vari materiali.
SORGENTI DI CONTAMINAZIONI
 Ambiente esterno: l’acqua e i malati stessi con i loro essudati (urine, espettorato, feci ecc.)
 Ambiente ospedaliero: sifoni dei lavandini, umidificatori, respiratori
 Acqua distillata (possibilità di moltiplicazione fino a 107 germi/ml, senza intorbidimento visibile)
INFEZIONI
 Polmoniti
 Setticemie
 Otiti esterne e otiti medie
 Infezioni delle vie urinarie
 Infezioni cutanee e negli ustionati
 Infezioni di ferite chirurgiche e di ulcere da decubito Endocarditi (soprattutto nei tossicodipendenti)
 Infezioni oculari
 Infezioni del sistema nervoso centrale (meningiti, ascessi cerebrali) Osteomieliti e artriti settiche
 Infezioni varie quali ascessi epatici, peritoniti, infezioni vascolari
Tipico patogeno nosocomiale
Sono a rischio soprattutto i soggetti compromessi per malattie metaboliche o ematologiche o per tumori o
pazienti trattati con immunosoppressori, corticosteroidi, antibiotici a largo spettro.
ACINETOBACTER BAUMANNII
Bacilli Gram negativi, aerobi obbligati
Batteri ubiquitari
In ambiente esterno:
 Isolati dal suolo, dall’acqua dolce, da scarichi
 Isolati da vegetali e animali
 Isolati da prodotti alimentari (latte, carne, carcasse di polli eviscerati e altri prodotti derivati dal
pollame)
In ambiente ospedaliero isolati da:
 umidificatori
 apparecchiature di assistenza respiratoria
 lavandini, sifoni
 soluzioni antisettiche
Responsabile di oltre il 10% di infezioni ospedaliere nelle Terapie Intensive dove è di difficile
eradicazione. La sopravvivenza arriva fino a 5 mesi
INFEZIONI
 Setticemie
 Pleuriti
 Endocarditi
 Polmoniti
 Suppurazioni cutanee
 Infezioni urinarie
 Infezioni nei pazienti ustionati
La multiresistenza del batterio è dovuta a:
 Modificazione dell’affinità dell’antibiotico per il bersaglio (PBS)
 Capacità di crescere a differenti temperature e pH
 Inattivazione enzimatica (beta-lattamasi plasmidiche o cromosomiali)
 Ridotte richieste nutrizionali
STENOTROPHOMONAS MALTOPHILIA
Bacilli gram negativi.
Il Ceppo Multiresistente produce Cefalosporinasi e Carbapenemasi
Specie ubiquitaria che vive nell’ambiente soprattutto nell’acqua. In ambiente ospedaliero isolato da:
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 Acqua distillata
 Incubatori
 Nebulizzatori

Respiratori
 Soluzioni di streptomicina
INFEZIONI
 Tratto respiratorio
 Sangue
 Urine
 Ferite sia chirurgiche che traumatiche
 Meningiti
 Ascessi
Stenotrophomonas maltophilia è stata trovata in ogni parte del corpo in flora mista e generalmente è
considerata un contaminante/colonizzante. Può essere un patogeno opportunista soprattutto in pazienti
immunocompromessi, pazienti con fibrosicistica, con tumori solidi, con leucemie e linfomi.
ESBL - Enterobatteriacee produttrici di beta-lattamasi a spettro allargato
Batteri gram negativi resistenti a Ceftazidime ed Aztreonam sensibili al Cefotetan o alla Cefoxitina. Le betalattamasi a spettro esteso sono betalattamasi di origine plasmidica descritte nei bacilli GRAM NEGATIVI in
grado di inattivare le penicilline, le cefalosporine a spettro ristretto, molte cefalosporine a spettro allargato
(cefotaxime, ceftazidime) e monobactamici.
La comparsa delle ESBL nella maggior parte dei casi è improvvisa. La permanenza di un ceppo ESBL in un
ospedale sembra comunque essere prolungata. Si conoscono più di 100 varianti di ESBL. Le mutazioni sono
localizzate su plasmidi.
Fattori di rischio per colonizzazione da parte di ESBL:
 Catetere arterioso – CVC Chirurgia addominale d’urgenza
 Prolungata permanenza in Terapia Intensiva
 Lunghezza del ricovero
 Precedente assunzione di qualunque antibiotico
 Somministrazione di ceftazidime o aztreonam
 Ricovero in case di riposo
PRINCIPALI MICRORGANISMI ESBL :
KLEBSIELLA PNEUMONIAE
Serbatoio: uomo e varie specie animali ( il germe è commensale del tratto intestinale e delle prime vie
respiratorie) Largamente diffuso in natura: nelle acque, nel suolo, nei cereali. Patogeno opportunista.
INFEZIONI
 Infezioni respiratorie: polmoniti, broncopolmoniti
 Infezioni urinarie
 Infezioni cutanee (ferite, ulcere, decubiti)
ESCHERICHIA COLI
Serbatoio: ospite abituale dell’intestino dell’uomo e di animali
INFEZIONI
 Infezioni urinarie
 Batteriemie
 Infezioni gastroenteriche
PROTEUS MIRABILIS
Serbatoio: uomo e varie specie animali (commensale dell’intestino)
INFEZIONI
 Infezioni urinarie
 Infezioni cutanee (ferite, ulcere, decubiti)
 Infezioni respiratorie (bronchiti, broncopolmoniti, bronchiti croniche) Batteriemie
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ENTEROBACTER CLOACAE
Serbatoio: uomo e varie specie animali (commensale dell’intestino)
INFEZIONI
 Infezioni urinarie
 Infezioni cutanee (ferite, ulcere, decubiti)
 Infezioni respiratorie (bronchiti, broncopolmoniti, bronchiti croniche) Batteriemie/Sepsi
 Infezioni gastrointestinali
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