Lettura di un`opera

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Lettura di un’opera
(realizzati da prof. F. Tissoni, n.1; prof. G. Luppi, nn. 2-10)
I. Robert Musil, L’uomo senza qualità (1930-1942)
L’autore
Traccia un profilo biografico di Musil, facendo particolare riferimento agli anni in cui
compose L’uomo senza qualità e all’ambiente culturale in cui visse, cercando di mettere in
luce quelli che, a tuo giudizio, sono stati gli influssi più fecondi per la genesi del romanzo
(15 righe).
Il testo
1. Una delle caratteristiche del’USQ, individuata dalla critica, consiste nell’’utopia
del saggismo’ che, secondo il parere di Cesare Cases, viene così formulata da Ulrich, il
protagonista del romanzo: «Un uomo che vuole la verità, diventa scienziato; un uomo che
vuol lasciare libero gioco alla sua soggettività diventa magari scrittore; ma che cosa deve
fare un uomo che vuole qualcosa di intermedio fra i due?» (10 righe);
2. Alla luce delle tue conoscenze sull’opera, commenta questa annotazione
dell’autore, risalente al 1932: «La storia di questo romanzo viene a dire che la storia che in
esso si doveva raccontare non viene raccontata» (15 righe);
3. I personaggi. Traccia, a tua scelta, un profilo dedicato a uno dei personaggi
principali del romanzo (Ulrich, Diotima, Clarisse), e a uno dei personaggi secondari, il cui
comportamento incide in maniera maggiore sullo svolgimento degli eventi (Bonadea,
Arnheim, Tuzzi, il generale Stumm, Moosbrugger) (20 righe);
4. Leggi e commenta questo celebre passo del romanzo, Parte Seconda, capitolo 34:
«Negli anni della maturità pochi uomini sanno, in fondo, come son giunti a se stessi, ai
propri piaceri, alla propria concezione del mondo, alla propria moglie, al proprio carattere
e mestiere e loro conseguenze, ma sentono di non poter più cambiare di molto. Si potrebbe
sostenere persino che sono stati ingannati; infatti è impossibile scoprire una ragione
sufficiente per cui tutto sia andato proprio così come è andato; avrebbe anche potuto
andare diversamente; essi hanno influito pochissimo sugli avvenimenti, che per lo più
sono dipesi da circostanze svariate, dall’umore, dalla vita, dalla morte di tutt’altri
individui; e solo in quel dato momento si sono abbattuti su di loro. Quand’erano giovani
la vita si stendeva loro dinanzi come un mattino senza fine, colmo di possibilità e di nulla,
e già al meriggio ecco giungere all’improvviso qualcosa che pretende di essere ormai la
loro vita; e tutto ciò è così sorprendente come vedersi davanti tutt’a un tratto una persona
con la quale siamo stati vent’anni in corrispondenza, senza conoscerla, e ce la siamo
immaginata completamente diversa». (15 / 20 righe).
2
II. K. Marx-F. Engels, Manifesto del partito comunista (1848)
Gli autori e il contesto storico
Il Manifesto del partito comunista è stato pubblicato da K. Marx e F. Engels nel 1848, alla
vigilia delle rivoluzioni scoppiate lo stesso anno in quasi tutti i paesi europei. Il testo,
elaborato allo scopo di definire i principi guida della “Lega dei comunisti” (ovvero la
principale organizzazione operaia di quegli anni), interpreta le motivazioni politiche e
sociali dei moti rivoluzionari, facendo uso in questo di alcuni fondamentali principi del
materialismo storico. Attraverso la sua pubblicazione, Marx ed Engels mirano ad incidere,
modificandola nella sostanza, sulla strategia organizzativa dell’intero movimento operaio.
Prendendo spunto da questi elementi, descrivi le principali caratteristiche del quadro
storico-politico in cui il Manifesto è stato composto, facendo particolare attenzione alle
vicende che hanno portato alla trasformazione della “Lega di giusti” in “Lega dei
comunisti”, e al ruolo ricoperto da Marx e da Engels in questo passaggio (20 righe).
L’opera
1. Uno degli aspetti che più colpiscono del Manifesto è la descrizione della società
borghese, collocata da Marx ed Engels nelle prime pagine del testo. Gli autori, da un lato,
rappresentano la borghesia nei suoi tratti specifici, sforzandosi in questo di evitare ogni
condanna di tipo morale. Dall’altro, ne celebrano invece le capacità trasformatrici, insieme
alla natura rivoluzionaria.
a. Indica i tratti salienti della rappresentazione marxiana della società borghese,
evidenziandone sia i riferimenti storici sia i motivi teorici di fondo (15 righe).
b. Spiega in che senso, secondo Marx ed Engels, la borghesia ha svolto nel
mondo moderno una funzione altamente rivoluzionaria (5/10 righe).
2. Alla rappresentazione della borghesia viene fatta seguire, senza soluzione di continuità,
quella del proletariato, di cui sono fatte oggetto di analisi sia la nascita sia lo sviluppo in
seno alla società capitalistica. Lo svolgimento di queste pagine contiene una delle tesi
centrali del Manifesto, vale a dire la tesi che vede il proletariato essere non una classe
sociale particolare (al pari di tutte quelle che l’hanno preceduta), ma una classe sociale
universale.
a. Dopo avere messo in evidenza i motivi teorici essenziali della concezione
materialistica della storia, spiega il senso di questa importante tesi (10 righe).
b. Indica, inoltre, le tappe che, nella descrizione fattane dagli autori, segnano il
processo d formazione ed emancipazione della classe operaia (15 righe).
3. Marx ed Engels dedicano la terza sezione del Manifesto a un serrato confronto con le
dottrine socialiste e comuniste del loro tempo. Riferendosi ai rappresentanti del
“socialismo e comunismo critico-utopistici”, Marx ed Engels scrivono che «gli inventori di
questi sistemi individuano l'antagonismo fra le classi e l'azione di elementi di disgregazione nella stessa società dominante; ma dalla parte del proletariato non scorgono
alcuna attività storica autonoma, alcun movimento politico che gli sia proprio».
3
a. Commenta questo giudizio, cercandone le motivazioni nella distinzione
operata all’interno del Manifesto tra punto di vista “utopistico” e punto di
vista “scientifico” (15 righe).
Riflessione sull’opera
Nella prima sezione del Manifesto, Marx ed Engels pongono l’attenzione sulla capacità
della borghesia di favorire lo sviluppo delle attività umane. Come emerge dal passo
seguente, ad essere messa in evidenza è in particolare la trasformazione del mercato da
semplice mercato locale a mercato mondiale.
«Il bisogno di sbocchi sempre più estesi per i suoi prodotti spinge la borghesia su tutto il
globo terrestre. Ovunque essa deve insediarsi, ovunque stabilirsi, ovunque allacciare
collegamenti. Con lo sfruttamento del mercato mondiale, la borghesia ha dato
un’impronta cosmopolita alla produzione e al consumo di tutti i paesi. Con grande
rammarico dei reazionari ha privato l’industria della sua base nazionale. Le più antiche
industrie nazionali sono state e sono tuttora quotidianamente distrutte. Esse vengono
soppiantate da industrie nuove, la cui introduzione diventa una questione di vita o di
morte per tutte le nazioni civili, da industrie che non lavorano più materie prime locali,
bensì materie prime provenienti dalle regioni più remote, e i cui prodotti diventano
oggetto di consumo non solo all’interno del paese, ma in tutte le parti del mondo. Ai
vecchi bisogni, soddisfatti con i prodotti nazionali, subentrano nuovi bisogni, che per
essere soddisfatti esigono i prodotti dei paesi e de climi più lontani. All’antica
autosufficienza e all’antico isolamento locali e nazionali subentra un commercio
universale, una interdipendenza universale tra le nazioni. Ciò vale sia per la produzione
materiale che per quella spirituale. I prodotti spirituali delle singole nazioni diventano
bene comune. L’unilateralità e la ristrettezza nazionali diventano sempre più impraticabili,
e dalle molte letterature nazionali e locali si sviluppa una letteratura mondiale» (da
Borghesi e proletari).
a. Commenta il brano riportato, esplicitandone i motivi essenziali (10 righe).
b. Spiega se e in che misura, a tuo giudizio, l’analisi contenuta nel Manifesto
può risultare utile per capire la realtà attuale (20 righe).
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III. G. W. F. Hegel, Fenomenologia dello spirito (1807)
L’autore e il contesto storico
Hegel nasce a Stoccarda nel 1770 e muore a Berlino nel 1831. In questo arco di tempo, ha
avuto modo di assistere ad avvenimenti, che hanno modificato profondamente il profilo
politico e culturale europeo. Non solo la Rivoluzione francese e le guerre napoleoniche,
ma anche la Restaurazione e, infine, la rivoluzione parigina di luglio.
Descrivi sinteticamente il quadro storico, in cui Hegel ha elaborato la propria riflessione,
riferendoti, oltre che agli eventi francesi, alla situazione politica della Germania. (10 righe)
Secondo quanto ci è riferito dal biografo Karl Rosenkranz, dopo lo scoppio della
Rivoluzione francese, Hegel avrebbe manifestato – condividendolo insieme ai suoi amici e
compagni di studio Schelling e Hölderlin – un forte entusiasmo nei confronti degli
avvenimenti parigini. Considera ora la valutazione critica data da Hegel degli stessi
avvenimenti negli anni della maturità (sia nelle sue opere sia nelle sue lezioni
universitarie). Cosa di quanto accaduto può aver determinato questo tipo mutamento? E
quali motivazione di carattere teorico possono aver condotto nella stessa direzione? (10-15
righe).
L’opera
1. La Fenomenologia dello spirito viene pubblicata da Hegel nel 1807. L’opera – come viene
spiegato nella Prefazione – descrive il percorso, che porta dal modo comune di vedere le
cose al punto di vista della scienza. Mentre in base al primo soggetto e oggetto risultano
distinti, in base al secondo (che coincide con il punto di vista filosofico) essi devono essere
considerati identici tra loro. È dunque necessario fornire alla coscienza comune (o alla
“coscienza naturale”, come la chiama Hegel) una scala d’accesso, che la conduca a
prendere consapevolezza di tale identità (consapevolezza che coincide secondo Hegel con
il “sapere assoluto”).
a. Indica le caratteristiche essenziali del metodo fenomenologico. Soffermati, in
particolare, sulla definizione del rapporto tra certezza e verità. (10-15 righe)
b. Quale concezione dell’esperienza emerge dalla trattazione fenomenologica?
Cosa distingue tale concezione da quella comune? (10 righe)
c. Elenca le sezioni, in cui viene articolata la Fenomenologia dello spirito,
indicando per ognuna i temi essenziali che vengono trattati. (20 righe)
2. Fra i problemi affrontati nella Fenomenologia dello spirito occupa sicuramente un posto
centrale quello della definizione dell’Assoluto (ossia del vero). Hegel – in un celeberrimo
passo della Prefazione – afferma a questo proposito la necessità di intendere «il vero non
come sostanza, ma altrettanto decisamente come soggetto».
a. A quali esigenze risponde la definizione hegeliana? Per quale ragione
definire l’Assoluto come soggetto implica una sua interpretazione in termini
di processualità? (10 righe)
b. Chiarisci la differenza tra la concezione hegeliana dell’Assoluto e quella
elaborata da Fichte. (5-10 righe)
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c. Chiarisci la differenza tra la concezione hegeliana dell’Assoluto e quella
elaborata da Schelling. (5-10 righe)
3. Chiarisci il significato delle seguenti affermazioni hegeliane:
a. «La vera figura nella quale la verità esiste, può essere soltanto il sistema scientifico di
essa»;
b. «Il vero è l’intero. Ma l’intero è soltanto l’essenza che si completa mediante il suo
sviluppo. Dell’Assoluto devesi dire che esso è essenzialmente Resultato, che solo alla
fine è ciò che è in Verità»;
c. «La ragione è un operare conforme a uno scopo»;
d. «Nello studio della scienza tutto sta […] nel prendere su di sé la fatica del concetto».
e. (da G. W. F. Hegel, Fenomenologia dello spirito, trad. it. di E. De Negri, La
Nuova Italia, Firenze, 1960, 1996).
Riflessione sull’opera
Al centro della Fenomenologia dello spirito si trova il tema della Bildung, ossia della
formazione: il cammino fenomenologico presenta il percorso formativo della coscienza
umana da “coscienza naturale” a “sapere assoluto”. Sotto questo punto di vista, l’opera di
Hegel si lega a una problematica, che ha guidato la riflessione filosofica sin dall’antichità.
Individua le analogie e le differenze tra il percorso di formazione descritto da Hegel
nella Fenomenologia e quello descritto da Platone nelle pagine della Repubblica dedicate al
mito della caverna. (10-15 righe)
Tendendo presente la stretta relazione stabilita nella Fenomenologia tra la dimensione
della Bildung e il fenomeno dell’“estraniazione”, individua le analogie e le differenze tra il
concetto hegeliano di formazione e quello elaborato negli stessi anni nel quadro della
cultura neoumanistica da W. von Humboldt. (10 righe).
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IV. G. W. F. Hegel, Lineamenti di filosofia del diritto (1821)
L’autore e il contesto storico
Hegel nasce a Stoccarda nel 1770 e muore a Berlino nel 1831. In questo arco di tempo ha
avuto modo di assistere ad avvenimenti, che hanno modificato profondamente il profilo
politico e culturale europeo. Non solo la Rivoluzione francese e le guerre napoleoniche,
ma anche la Restaurazione e, infine, la rivoluzione parigina di luglio.
Descrivi sinteticamente il quadro storico, in cui Hegel ha elaborato la propria riflessione,
riferendoti, oltre che agli eventi francesi, alla situazione politica della Germania. (10 righe)
Secondo quanto ci è riferito dal biografo Karl Rosenkranz, dopo lo scoppio della
Rivoluzione francese, Hegel avrebbe manifestato – condividendolo insieme ai suoi amici e
compagni di studio Schelling e Hölderlin – un forte entusiasmo nei confronti degli
avvenimenti parigini. Considera ora la valutazione critica data da Hegel degli stessi
avvenimenti negli anni della maturità (sia nelle sue opere sia nelle sue lezioni
universitarie). Cosa di quanto accaduto può aver determinato questo tipo mutamento? E
quali motivazione di carattere teorico possono aver condotto nella stessa direzione? (10-15
righe)
L’opera
1. All’interno del sistema, i Lineamenti di filosofia del diritto corrispondono alla seconda
parte della “filosofia dello spirito”, denominata da Hegel “spirito oggettivo”. In questa
fondamentale sezione vengono trattati i rapporti intersoggettivi, che legano gli individui
tra loro. Dopo aver indicato nella “libera volontà” l’essenza dello spirito, Hegel definisce le
sfere intersoggettive in cui tale libertà deve necessariamente realizzarsi: si tratta delle sfere
del “diritto”, della “moralità” e dell’“eticità”.
a. Chiarisci il significato della partizione interna allo “spirito oggettivo”,
mettendone in luce la logica interna e le possibili analogie con il “movimento
dell’idea” descritto nella prima sezione del sistema. (10 righe)
b. Quale concezione della filosofia pratica emerge dalla trattazione hegeliana?
Nel rispondere, tieni presente la riduzione della filosofia pratica alla sfera
della moralità operata in precedenza da Kant. (10 righe)
2. All’interno dei Lineamenti occupa una posizione centrale la critica alla morale kantiana,
descritta da Hegel come una dottrina formale, astratta e incapace di avere un contenuto
proprio. Il seguente passo – tratto dall’annotazione al §35 – condensa le principali
obiezioni indirizzate al filosofo di Königsberg:
«Per quanto essenziale sia metter in risalto la pura incondizionata autodeterminazione
della volontà, autodeterminazione intesa come la radice del dovere, al modo in verità che
la conoscenza della volontà ha acquistato soltanto grazie alla filosofia kantiana il suo
stabile fondamento e punto di partenza grazie al pensiero dell'autonomia infinita della
volontà, altrettanto il tener fermo il punto di vista meramente morale, che non trapassa nel
concetto dell'eticità, abbassa questo acquisto a un vuoto formalismo e la scienza morale a
una retorica del dovere per il dovere. Da questo punto di vista non è possibile alcuna
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immanente dottrina dei doveri; si può certo prendendolo dal di fuori trar qui dentro un
materiale, e attraverso di ciò giungere a doveri particolari, ma da quella determinazione
del dovere, intesa come la mancanza della contraddizione, come la concordanza formale con sé,
la quale determinazione è nient'altro che la fissazione dell'astratta indeterminatezza, non
può avvenire il passaggio alla determinazione dì doveri particolari, né, quando un tal
contenuto particolare giunge alla considerazione per l'agire, c'è in quel principio un
criterio per decidere se esso sia un dovere o no. — Al contrario ogni illecito e immorale
modo d'agire può in questo modo venir giustificato. — La ulteriore forma kantiana, la
capacità d'un'azione di venir rappresentata come massima universale, porta seco bensì
una più concreta rappresentazione di una situazione, ma non contiene per sé alcun
ulteriore principio che quella mancanza della contraddizione e l'identità formale. — Che
non abbia luogo proprietà, contiene per sé tanto poco una contraddizione, quanto che non
esista questo o quel singolo popolo, famiglia ecc., o che in genere non vivano uomini. Se
peraltro è per sé stabilito e presupposto che proprietà e vita umana dev'essere ed esser
rispettata, allora sì è una contraddizione commettere un furto o assassinio; una
contraddizione può darsi soltanto con qualcosa che è, con un contenuto che in anticipo sta
a fondamento come principio stabile. Soltanto in relazione a un tale principio un'azione è o
con esso concordante, o in contraddizione. Ma il dovere che dev'esser voluto soltanto
come tale, non in virtù di un contenuto, l’identità formale è appunto questo, escludere ogni
contenuto e determinazione».
(da G. W. F. Hegel, Lineamenti di filosofia del diritto, a cura di G. Marini, Laterza, Roma-Bari
1999, p. 115).
Dopo aver letto con attenzione il passo hegeliano, rispondi alle seguenti domande.
1. Quale guadagno fondamentale, a parere di Hegel, è stato ottenuto grazie alla
filosofia morale kantiana? (5 righe)
2. In che cosa deve essere individuato invece il suo limite? (5-10 righe)
3. Che cosa intende Hegel, quando accusa la morale kantiana di “formalismo” e
di “astrattezza”? (10 righe)
4. Spiega perché, agli occhi di Hegel, l’assunzione rigida di un punto di vista
morale come quello kantiano rischia di portare alla giustificazione di
qualunque “illecito e immorale modo d'agire”. (5-10 righe)
3. La sezione dei Lineamenti di filosofia del diritto dedicata all’eticità risulta articolata in tre
differenti sfere: la famiglia, la società civile e lo Stato. E’ alla distinzione tra le ultime due,
in particolare, che Hegel dedica la propria attenzione: ai suoi occhi la loro confusione sta
infatti alla base dei principali errori del pensiero politico moderno.
a. Chiarisci il senso della distinzione hegeliana tra società civile e Stato (10-15
righe)
b. Quale concezione del rapporto fra intero e parti emerge dalle pagine
hegeliane sulla natura dello Stato? In che cosa Hegel, sotto questo aspetto, si
discosta dal pensiero contrattualistico? (10-15 righe)
c. Nelle stesse pagine in cui distingue tra Stato e società civile, Hegel si
confronta anche con la posizione di Rousseau. Al filosofo ginevrino egli
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attribuisce il merito di aver individuato il principio dello Stato nella volontà.
Il modo in cui ha inteso quest’ultima, tuttavia, lo ha portato secondo lui a
fraintendere la natura dello Stato stesso e a porre le basi per gli avvenimenti
più riprovevoli, che più tardi avrebbero caratterizzato la Rivoluzione
francese. Quale errore attribuisce Hegel a Rousseau? E quale sarebbe stato,
secondo lui, il modo corretto di intendere la natura della volontà? (10 righe)
Riflessione sull’opera
Nella Prefazione ai Lineamenti di filosofia del diritto è contenuta la celebre tesi hegeliana, che
afferma l’identità tra ragione e realtà: «Ciò che è razionale – scrive Hegel – è reale; e ciò
che è reale è razionale».
1. Chiarisci il significato di questa affermazione, tenendo conto della
distinzione operata da Hegel tra realtà e semplice esistenza, tra “nucleo” e
“scorza variopinta”. (10-15 righe)
2. In riferimento alla tesi dell’identità di ragione e realtà, la filosofia hegeliana è
stata più volte accusata di “quietismo” nei confronti dell’esistente, di essere
incapace per sua natura di porsi in modo critico di fronte al corso delle cose.
Pensi che si tratti di un’accusa giustificata? Oppure ritieni che la filosofia
hegeliana lasci aperto uno spazio per giudicare criticamente l’esistente? (1015 righe).
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V. I. Kant, Critica della ragion pura (1781, 1787²)
L’autore e il contesto storico
L’opera di Immanuel Kant è considerata da molti la più alta espressione filosofica
dell’Illuminismo. Vi si trova non solo una risposta alle istanze di emancipazione
affermatesi lungo il Settecento, ma anche la definizione di una prospettiva teorica
originale, capace di interpretare in modo nuovo il compito dell’indagine filosofica.
Traccia un profilo sintetico della cultura illuministica: indicane i rappresentanti e i
nodi teorici principali, cercando di mettere in luce le specificità di ogni singola area
geografica (francese, inglese, tedesca, italiana) in cui ha trovato diffusione. (20-30 righe)
Nel celebre scritto del 1784 intitolato Risposta alla domanda: che cos’è l’Illuminismo?,
Kant scrive che “L’Illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che egli deve
imputare a se stesso”. Commenta questa affermazione, spiegandone il significato in
rapporto alla polemica kantiana contro il potere dispotico (10-15 righe)
L’opera
1. Nella Critica della ragion pura, Kant paragona la propria opera a quella di Copernico: la
rivoluzione da lui operata nel campo del pensiero filosofico è analoga ai suoi occhi alla
rivoluzione operata da Copernico nel campo della scienza. «Finora – così si esprime Kant –
si è creduto che ogni nostra conoscenza debba regolarsi sugli oggetti; ma tutti i tentativi, condotti a
partire da questo presupposto […] sono andati a vuoto. È venuto il momento di tentare una buona
volta, anche nel campo della metafisica, il cammino inverso, muovendo dall’ipotesi che siano gli
oggetti a dover regolarsi sulla nostra conoscenza; ciò si accorda meglio con l’auspicata possibilità di
una conoscenza a priori degli oggetti, che affermi qualcosa nei loro riguardi prima che ci siano dati.
Le cose stanno qui né più né meno che per i primi pensieri di Copernico; il quale, incontrando
difficoltà insormontabili nello spiegare i movimenti celesti a partire dall’ipotesi che l’insieme
ordinato degli astri ruotasse intorno allo spettatore, si propose di indagare se le cose non
procedessero meglio facendo star fermi gli astri e ruotare lo spettatore»
(I. Kant, Critica della ragion pura, a cura di P. Chiodi, TEA, Milano, 1996).
a. Esponi sinteticamente il senso della “rivoluzione copernicana” di cui parla
Kant (10-15 righe).
b. L’Introduzione alla Critica della ragion pura si conclude con la spiegazione di
un termine centrale per Kant, ovvero “trascendentale”. Trascendentale viene
definita da Kant «ogni conoscenza che si occupi non di oggetti, ma del nostro
modo di conoscere gli oggetti, nella misura in cui tale modo di conoscenza
deve essere possibile a priori». Chiarisci il senso di questa definizione. (10
righe)
c. Metti in luce la distanza del criticismo sia dall’empirismo sia dal
razionalismo moderno (con particolare riferimento all’analisi kantiana
delle forme di giudizio) (10-15 righe).
2. Nella Critica della ragion pura, Kant distingue tra una sezione intitolata “Estetica
trascendentale” e una chiamata “Logica trascendentale”. La prima si occupa delle forme
pure della sensibilità, la seconda delle forme pure dell’intelletto.
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a. Spiega perché, nell’operare questa distinzione, Kant si discosta dalla
tradizione filosofica rappresentata da Leibniz e Wolff, e in generale dal
razionalismo moderno. (10-15 righe)
b. Spiega perché entrambe le facoltà – sensibilità e intelletto – sono essenziali
agli occhi di Kant per spiegare il processo conoscitivo. (5-10 righe)
3. Kant discute anzitutto l’“Estetica trascendentale”. Il nome della sezione dipende
dall’etimologia del termine “estetica”, derivante dalla parola greca αἴσθησις (aisthesis),
ossia “sensazione”.
a. Le principali posizioni teoriche, con cui Kant si confronta nell’analisi delle
nozioni di spazio e di tempo sono, da un lato, quella leibniziana e,
dall’altro, quella newtoniana. Cosa viene accettato di queste posizioni? E
cosa viene invece rifiutato? (10-15 righe)
b. Cosa significa che spazio e tempo sono “forme pure dell’intuizione”? (10
righe)
4. All’“Estetica” segue la “Logica trascendentale”, che viene divisa da Kant in due parti.
La prima, l’“Analitica trascendentale”, studia l’intelletto e le sue forme a priori; la
seconda, la “Dialettica trascendentale”, riguarda invece la ragione e la possibilità di una
metafisica scientifica.
a. Indica la funzione attribuita da Kant alla “logica trascendentale”,
evidenziandone le differenze rispetto alla “logica formale” tradizionale.
(10 righe)
b. Cosa intende Kant per “categorie (o concetti puri) dell’intelletto”? Cosa
differenzia la tavola kantiana delle categorie da quella aristotelica? (10
righe)
c. Chiarisci il senso e la funzione della “deduzione trascendentale delle
categorie” contenuta nell’“Analitica trascendentale”. (10-15 righe)
d. Chiarisci la distinzione operata da Kant tra fenomeno e noumeno. (10
righe)
e. Esponi senso della “Dialettica trascendentale” kantiana, mettendone in
luce l’articolazione e i principali risultati teorici. (10-15 righe)
Riflessione sull’opera
Nella Critica della ragion pura, Kant muove dalla constatazione dello stato di crisi in cui
si trova la metafisica e si chiede se un metafisica scientifica sia ancora possibile.
Alla luce dell’indagine condotta da Kant, che tipo di risposta pensi che debba essere
data a questa domanda? Credi che le conclusione a cui Kant giunge nella “Dialettica
trascendentale” rendano impensabile una metafisica dotata della stessa oggettività di
scienze come la matematica e la fisica? (20-30 righe).
11
VI. I. Kant, Critica della ragion pratica (1788)
L’autore e il contesto storico
L’opera di Immanuel Kant è considerata da molti la più alta espressione filosofica
dell’Illuminismo. Vi si trova non solo una risposta alle istanze di emancipazione
affermatesi lungo il Settecento, ma anche la definizione di una prospettiva teorica
originale, capace di interpretare in modo nuovo il compito stesso dell’indagine
filosofica.
Traccia un profilo sintetico della cultura illuministica: indicane i rappresentanti e i
nodi teorici principali, cercando di mettere in luce le specificità di ogni singola area
geografica (francese, inglese, tedesca, italiana) in cui ha trovato diffusione. (20-30 righe)
Nel celebre scritto del 1784 intitolato Risposta alla domanda: che cos’è l’Illuminismo?,
Kant scrive che “L’Illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che egli deve
imputare a se stesso”. Commenta questa affermazione, spiegandone il significato in
rapporto alla polemica kantiana contro il potere dispotico (10-15 righe)
L’opera
1. La Critica della ragion pratica viene pubblicata da Kant nel 1788, un anno dopo la
pubblicazione della seconda edizione della Critica della ragion pura. Mentre nella prima
Critica si trattava di individuare le condizioni di possibilità della matematica e della
fisica, ora si tratta invece di individuare le condizioni di possibilità della vita morale.
a. Illustra sinteticamente l’articolazione dell’opera, mettendone in evidenza le
analogie con l’articolazione della prima Critica. (10-15 righe)
b. Quali tesi contenute nell’opera riflettono il senso della “rivoluzione copernicana”
operata da Kant nella prima Critica?
c. Chiarisci in che senso l’indagine condotta da Kant nella Critica della ragion pratica
si configura come un’indagine di tipo metaetico. (10-15 righe)
2. All’interno dell’opera emerge quale obiettivo costante della critica kantiana la
filosofia eudemonistica: Kant nega che il principio della ricerca della felicità possa
essere posto a fondamento della vita morale dell’uomo.
a. A quale tradizione filosofica ti sembra riferirsi Kant nel muovere questa critica?
(5 righe)
b. Quali sono le motivazioni addotte da Kant a sostegno di questa tesi? (10-15 righe)
3. Nella prima parte dell’opera, Kant individua quale principio fondamentale della
moralità l’imperativo categorico, che viene così formulato: «Agisci in modo tale che la
massima della tua volontà possa valere sempre, contemporaneamente come principio di una
legislazione universale». Caratterizzandosi per la sola forma, l’imperativo categorico è
dotato agli occhi di Kant dei requisiti di universalità e necessità, indispensabili a
fondare oggettivamente la morale.
a. Spiega la formulazione kantiana dell’imperativo categorico. (10- righe)
b. Perché l’universalità e la necessità dell’imperativo categorico sono garantite
dall’assenza di riferimenti a ogni contenuto (o materia)? (5-10 righe)
12
c. Cosa distingue l’imperativo categorico da un imperativo ipotetico? (5-10 righe)
d. Spiega perché, agli occhi di Kant, la legge morale si presenta all’uomo sotto
forma di imperativo. (5-10 righe)
4. Considera ora la dottrina kantiana del “sommo bene”, contenuta nella sezione sulla
“Dialettica della ragion pura pratica”. Così come nella prima Critica, anche in questo
caso la dialettica nasce, quando la ragione si sforza di oltrepassare l’ambito del finito e
di afferrare la totalità. Mentre in ambito teoretico la totalità è espressa nelle idee di Dio,
di anima e di mondo, in campo pratica è espressa nell’idea del “sommo bene”.
a. Definisci il concetto di “sommo bene”. Quali sono gli elementi che lo
compongono? (5 righe)
b. Spiega perché la virtù, pur rappresentando il “bene supremo” dell’uomo,
secondo Kant non può essere identificata con il “sommo bene”. (5 righe)
c. Spiega perché l’unione di virtù e felicità all’interno del sommo bene non può
avere carattere analitico, ma solamente sintetico. (5-10 righe)
d. Cosa intende Kant per postulato? Perché attraverso la dottrina dei postulati Kant
pensa di poter risolvere l’antinomia della ragion pura pratica? (10 righe)
Riflessione sull’opera
Tra le critiche più frequenti rivolte all’etica kantiana c’è quella di essere un’etica
eccessivamente rigoristica. Chi lo sostiene, pensa che Kant lasci troppo poco spazio alle
inclinazioni e ai desideri sensibili, il cui posto viene subordinato a quello della ragione.
Esprimi la tua opinione, argomentandola alla luce delle tesi principali contenute nella
seconda Critica. (15-20 righe).
13
VII. I. Kant, Critica del Giudizio (1790)
L’autore e il contesto storico
L’opera di Immanuel Kant è considerata da molti la più alta espressione filosofica
dell’Illuminismo. Vi si trova non solo una risposta alle istanze di emancipazione
affermatesi lungo il Settecento, ma anche la definizione di una prospettiva teorica
originale, capace di interpretare in modo nuovo il compito dell’indagine filosofica.
Traccia un profilo sintetico della cultura illuministica: indicane i rappresentanti e i
nodi teorici principali, cercando di mettere in luce le specificità di ogni singola area
geografica (francese, inglese, tedesca, italiana) in cui ha trovato diffusione. (20-30 righe)
Nel celebre scritto del 1784 intitolato Risposta alla domanda: che cos’è l’Illuminismo?,
Kant scrive che “L’Illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che egli deve
imputare a se stesso”. Commenta questa affermazione, spiegandone il significato in
rapporto alla polemica kantiana contro il potere dispotico (10-15 righe)
L’opera
1. Tra i principali problemi che Kant affronta nella Critica del Giudizio, c’è quello di
individuare un punto di incontro tra gli ambiti indagati nelle prime due Critiche.
Oggetto della prima Critica era stato il regno della natura; oggetto della seconda, invece,
il regno della libertà. Tra questi due domini esiste un vero e proprio “abisso”: infatti,
mentre il primo è sottoposto alla categoria della “causalità”, il secondo contempla
azioni che sfuggono a questo meccanismo. Mentre il primo fa capo all’intelletto, il
secondo fa capo alla ragione. Noi però sappiamo che la libertà, se vuole realizzarsi, deve
farlo nel mondo sensibile, nella natura. E’ necessario, pertanto, che venga individuato
un terreno mediano tra i due livelli, che venga gettato un ponte tra il dominio
dell’intelletto e quello della ragione. Kant pensa di averlo individuato in una facoltà
capace di mediare tra intelletto e ragione, ovvero nella facoltà di giudizio.
a. Cosa intende Kant per “facoltà di giudizio”? Perché, secondo Kant, la
“facoltà di giudizio” ha la capacità di mediare tra intelletto e ragione? (10
righe)
b. Spiega che differenza c’è tra “facoltà di giudizio determinante” e “facoltà
di giudizio riflettente”. (5-10 righe)
c. Fai un esempio di giudizio determinante e uno di giudizio riflettente. (510 righe)
d. In quale delle due categorie di giudizio rientrano le leggi empiriche della
scienza? Perché? (5 righe)
2. Nella sezione dedicata al giudizio estetico, Kant affronta un problema oggetto di
ampie discussioni durante il XVIII secolo. In questione è la natura dei giudizi di gusto:
si tratta di sèiegare che cosa noi intendiamo, quando affermiamo che una cosa è bella
(sia in riferimento a un oggetto naturale sia in riferimento a un’opera d’arte), e di capire
quale oggettività può essere attribuita a questo tipo di giudizio.
a. Che tipo di giudizio rappresenta, secondo Kant, il giudizio di gusto? Che
rapporto ha con la conoscenza? (10-15 righe)
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b. Spiega il significato delle seguenti definizioni: 1. «Bello è l’oggetto di un
piacere mediante cui si giudica qualcosa senza interesse»; 2. «Bello è ciò
che piace universalmente senza concetto»; 3. «Bello è ciò che viene
percepito secondo una finalità in cui manca la rappresentazione di uno
scopo»; 4. «Bello è ciò che, senza concetto, è riconosciuto come oggetto
di un piacere necessario». (15-20 righe)
c. Definisci il concetto kantiano di sublime, soffermandoti sulla distinzione
tra “sublime matematico” e “sublime dinamico”. (10 righe)
d. Confrontando la Critica del Giudizio con la Critica della ragion pura, in
particolare con quanto viene detto nella sezione sul “Estetica”, quale
mutamento ti sembra emergere rispetto al problema del carattere
oggettivo (o non oggettivo) dei giudizi di gusto? (5 righe)
3. L’altro grande problema, che Kant affronta nella terza Critica è quello dell’organismo
vivente. Difficilmente spiegabile da un punto di vista meccanicistico, l’organismo ha
bisogno, per essere compreso, di un modello esplicativo differente, che non escluda il
concetto di scopo.
a. Chiarisci sinteticamente le differenze tra modello meccanicistico e
finalistico di spiegazione della natura. (10-15 righe)
b. Come viene definito da Kant il concetto di “finalità”? In che senso, dal suo
punto di vista, la finalità non appartiene alle cose, ma al nostro modo di
giudicarle? (10-15 righe)
Riflessione sull’opera
La Critica del Giudizio ha avuto una grossa influenza sui contemporanei di Kant. Tra i
giudizi più positivi, c’è sicuramente quello di Wolfgang Goethe: «Poi – scrive il poeta –
mi capitò fra le mani la Critica del Giudizio, e ad essa vado debitore di un’epoca veramente felice
della mia esistenza. Vidi qui esposti uno accanto all’altro gli oggetti più diversi delle mie fatiche,
prodotti dell’arte e della natura trattati gli uni come gli altri, giudizio estetico e giudizio
teleologico illuminantisi a vicenda. Sebbene non fosse sempre possibile accordare il mio modo di
vedere con quello dell’autore e, qua e là, sembrasse sfuggirmi qualcosa, le grandi idee maestre di
quell’opera erano perfettamente analoghe a quanto fino allora creato, fatto e pensato; la vita
interna sia dell’arte che della natura, la loro mutua azione e reazione, erano in quel luogo
chiaramente discusse. I prodotti di questi due mondi illimitati dovevano esistere per sé, e ciò che
coesisteva esisteva bensì per l’altro, ma non espressamente a causa dell’altro (e viceversa)» (J. W.
Goethe, Influenza della filosofia recente, in La metamorfosi delle piante, trad. it. di B. Maffi, a
cura di S. Zecchi, Guanda, Parma 1983, p. 138).
Quali aspetti della terza Critica ti sembrano avere influenza sul giudizio di Goethe?
(10 righe).
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VIII. Platone, Menone
L’autore e il contesto storico
E’ noto che ad avere indotto Platone a dedicarsi alla filosofia è stata la condanna a
morte di Socrate, il suo maestro. Questo accadimento rappresenta ai suoi occhi il
sintomo più evidente di una crisi generale della vita politica ateniese: se l’uomo più
giusto di tutti è stato fatto morire, allora nei principi della città di Atene deve esserci
qualcosa di profondamente sbagliato. Si tratta per questo di affrontare il problema di
un loro ripensamento e di una loro fondazione rigorosa sulla base di una riflessione
filosofica.
Descrivi i motivi di crisi politica e culturale, che attraversano Atene tra la fine del V
e l’inizio del IV secolo a. C.. (10-15 righe)
Indica i momenti principali della vita di Platone, facendo riferimento in particolare
ai tre viaggi in Sicilia (10- righe)
L’opera
1. Il Menone appartiene al gruppo dei cosiddetti “scritti della maturità” di Platone. Il
tema che vi viene trattato è quello, tipico della riflessione sia sofistica che socratica
dell’insegnabilità della virtù.
a. Esponi i termini generali della riflessione sofistica intorno
all’insegnabilità della virtù. (15-20 righe)
b. Esponi lo stesso problema in relazione alla riflessione socratica, per
come emerge dai primi dialoghi platonici (10-15 righe)
2. Per
bocca di Menone, Platone mette
in dubbio
la possibilità stessa
dell’apprendimento. In base all’argomentazione di Menone, esistono solamente due
possibilità: o si conosce già quello che si vuole imparare, e allora l’insegnamento e la
ricerca sono inutili; oppure non se ne sa nulla, e allora l’insegnamento non ha senso e
la ricerca non può aver luogo.
a. Quale tradizione trova espressione nella posizione di Menone? (5 righe)
b. Platone risolve il problema posto da Menone per via della fondamentale
teoria della reminiscenza. Esponila, indicandone i caratteri essenziali.
(10-15 righe)
c. La teoria della reminiscenza si lega a un’altra dottrina, di origine orficopitagorica. Di quale teoria si tratta? (5 righe)
3. Al fine di chiarire il proprio punto di vista, Platone, per bocca di Socrate, offre un
esempio di come conoscere non significhi altro che ricordare. Si tratta del celebre
brano, in cui Socrate attraverso l’arte della maieutica, dunque attraverso semplici
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domande, conduce uno schiavo a risolvere un problema matematico (Menone, 80d86c).
a. Analizza il brano, distinguendo i passaggi in cui si articola
l’argomentazione. (10-15 righe)
b. All’interno del brano, individua i passaggi che rinviano alla teoria
platonica delle idee (10 righe)
Riflessione sull’opera
Nel corso della discussione, Socrate viene paragonato da Menone alla “piatta
torpedine del mare”.
Spiega il senso di questa affermazione sia in riferimento al Menone sia in riferimento
ai caratteri generali della filosofia platonica. (10-15 righe).
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IX. Cartesio, Discorso sul metodo
L’autore e il contesto storico
La riflessione di Cartesio è intimamente legata alla rivoluzione scientifica moderna.
Essa mira, infatti, a dare un saldo fondamento metafisico alla concezione meccanicoquantitativa della natura caratteristica della nuova scienza.
Spiega cosa si intende per concezione meccanico-quantitativa della natura (10-15
righe)
Spiega cosa intende Cartesio, quando afferma che il sapere umano è paragonabile a
un albero, di cui le radici rappresentano la metafisica, il tronco la fisica e i rami le altre
scienze (10- 15 righe)
L’opera
1. Il Discorso sul metodo è stato concepito nel 1637 come introduzione a tre brevi trattati
(uno sulla Diottrica, uno sulle Meteore e uno sulla Geometria). Nella prima delle sei
parti in cui il testo è suddiviso, Cartesio svolge una critica della cultura impartitagli
nel collegio gesuitico di La Fléche.
a. Quali critiche rivolge Cartesio al percorso di studi seguito a La Fléche?
(10-15 righe)
b. Cosa scrive in particolare a proposito dello studio della matematica? (510 righe)
2. Cartesio compie un passo, che sarà caratteristico di gran parte della riflessione
filosofica moderna. Anziché affrontare direttamente il problema della conoscenza vera
e dei suoi principi, egli pensa sia necessario compiere innanzitutto un’operazione
preliminare: si tratta di definire il metodo dell’indagine.
a. Indica, chiarendone il significato, le quattro regole del metodo cartesiano
(10-15 righe).
b. Per quali ragioni, nel definire il proprio metodo, Cartesio prende le
distanze dalla sillogistica aristotelica? (5-10 righe)
3. Nella terza parte del Discorso, Cartesio elabora quella che lui stesso definisce una
“morale provvisoria” (Menone, 80d-86c).
a. Indica le tre massime che la compongono (10-15 righe)
b. A quale corrente dell’antichità si ricollega Cartesio nell’enunciare la
terza massima? (10 righe)
Riflessione sull’opera
Subito dopo aver enunciato le quattro regole, Cartesio si esprime in questi termini:
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«Quelle lunghe catene di ragioni, affatto semplici e facili, di cui i geometri si servono
abitualmente per portare in fondo le loro dimostrazioni più difficili, mi avevano fatto
immaginare che tutte le cose suscettibili di cadere sotto la conoscenza umana si susseguano allo
stesso modo e che, se solo ci si astenga dall’accoglierne per vera qualcuna che non lo sia, e si
mantenga sempre il debito ordine nel dedurre le une dalle altre, non possono esservene di tanto
lontane da non essere alla fine raggiunte, né di tanto riposte da non essere scoperte».
a. Spiega il senso di questo importante passo alla luce delle quattro regole
del metodo cartesiano. (10-15 righe)
b. Per la sua fiducia nella capacità del metodo matematico di fondare un
sapere certo, a quali altri importanti pensatori dell’età moderna può
essere accostato Cartesio? (5 righe)
c. Pensi che Cartesio avesse ragione nel ritenere che tutti gli ambiti
dell’esistenza siano indagabili attraverso il metodo matematico? (10-15
righe) .
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X. Cartesio, Meditazioni metafisiche
L’autore e il contesto storico
La riflessione di Cartesio è intimamente legata alla rivoluzione scientifica moderna.
Essa mira, infatti, a dare un saldo fondamento metafisico alla concezione meccanicoquantitativa della natura caratteristica della nuova scienza.
Spiega cosa si intende per concezione meccanico-quantitativa della natura (10-15
righe)
Spiega cosa intende Cartesio, quando afferma che il sapere umano è paragonabile a
un albero, di cui le radici rappresentano la metafisica, il tronco la fisica e i rami le altre
scienze (10-15 righe).
L’opera
1. Le Meditazioni metafisiche vengono pubblicate da Cartesio nel 1641. La prima delle
sei parti in cui l’opera è articolata espone il problema del dubbio: questo, come è lo
stesso Cartesio a sottolineare, serve a liberare l’animo da tutti i pregiudizi e dalle
convinzioni erronee.
a. Indica i motivi di dubbio addotti da Cartesio a proposito della
conoscenza sensibile. (10 righe)
b. Indica i motivi di dubbio addotti da Cartesio a proposito della
conoscenza intellettiva. (10 righe)
c. Colloca la riflessione cartesiana sul dubbio nel quadro della cultura
cinque-seicentesca, facendo riferimento in particolare alla riscoperta
dello scetticismo di Sesto Empirico. (10-15 righe)
2. Nella seconda parte delle meditazioni, Cartesio individua una certezza in grado di
sfuggire a ogni forma di dubbio. Si tratta, come è noto, della certezza del cogito.
a. Esponi i diversi passaggi dell’argomentazione cartesiana. (10-15 righe)
b. Quali affinità e quali differenze ti sembrano esistere tra
l’argomentazione di Cartesio e quella elaborata da Agostino sullo stesso
tema? (5-10 righe)
3. Al fine di procedere oltre la certezza del cogito, Cartesio ritiene necessario
dimostrare l’esistenza di Dio. Noi possiamo accettare come vere solamente le
proposizioni che ci appaiono evidenti. Tuttavia, solamente un Dio infinitamente
buono può essere garanzia della loro effettiva verità.
a. Esponi le argomentazioni di Cartesio a sostegno delle tre prove. (15-20
righe)
b. A quale tipologia di dimostrazione appartiene la terza prova? (5 righe)
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c. Per quale motivo credi che Cartesio la abbia affrontata separatamente
dalle altre due? Quale pensi che sia la sua funzione all’interno
dell’opera? (10-15 righe).
Riflessione sull’opera
Tra le obiezioni rivolte alla metafisica cartesiana, una delle più note è quella di
Thomas Hobbes. Questi accusa il filosofo francese di aver conferito consistenza reale,
cioè consistenza di sostanza, a quello che è semplicemente l’atto del pensare. In questo
senso Hobbes accusa Cartesio di aver ipostatizzato il pensiero.
Esponi i diversi passaggi dell’argomentazione hobbesiana. (5-10 righe)
Pensi che Hobbes avesse ragione? Oppure ritieni che l’argomentazione di Cartesio
sia sufficientemente fondata? (10-15 righe).
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