Maggio 2017 - Il Saggiatore

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In libreria dal 4 maggio
Carlos Fuentes
Con Nietzsche sul balcone
€ 22,00
pp. 288
Carlos Fuentes (1928-2012) è stato il più importante scrittore messicano del xx secolo. Tra
le sue opere tradotte in italiano, il Saggiatore
ha pubblicato Gli anni con Laura Díaz (2008),
Aura (2011), Il trono dell’aquila (2011), La
morte di Artemio Cruz (2012) e Il gringo vecchio (2015).
Traduzione di Eleonora Mogavero e Giuliana
Carraro
Notte d’estate, notte di afa e insonnia, notte buia, senza stelle,
notte gonfia di nubi. L’aria, dal balcone su cui Dante esce per
trovare scampo dal caldo, è carica del profumo dei fiori di agave
già appassiti, delle spezie il cui olezzo sale dalle strade affollate
sotto l’hotel Metropol, il pepe di Cayenna, l’olivello, il finocchio.
Gli odori pungono, fanno girare la testa, nemmeno l’acqua fresca
dà sollievo alla gola riarsa. Solo conversare, forse, può distrarre
da questa notte che non passa. E il caso vuole che sul balcone a
fianco sia tornato chi già era stato: così Dante incontra Friedrich
Nietzsche, ne ascolta le tante storie, i racconti sempre diversi.
Con Nietzsche sul balcone, inedito in Italia, presenta una vertiginosa galleria di personaggi in precario equilibrio tra delizia e
paranoia: due fratelli di sangue nei campi opposti dello spazio politico, tre fratelli spirituali uniti dalla passione rivoluzionaria, feroci criminali, uomini qualunque, bambine violentate, donne fatali,
madri ed ermafroditi, in un caleidoscopio di storie dette e ridette
e mentite da ciascun personaggio, tutte vere e tutte false e tutte
dolorose – perché la verità non è mai vera, come la letteratura.
Con Nietzsche sul balcone è l’opera ultima di Carlos Fuentes: dichiarazione di poetica e risultato della più limpida maturità artistica; una delle più alte espressioni del suo simbolismo barocco
e visionario; un estremo soffio narrativo delicatamente in conversazione con l’acume della filosofia. È il testamento letterario e
spirituale del massimo scrittore messicano del xx secolo, maestro
indiscusso della letteratura in lingua spagnola di ogni tempo.
In libreria dal 4 maggio
Vittorio Sereni
Stella variabile
Prefazione di Franco Fortini
€ 17,00
pp. 136
Vittorio Sereni è nato a Luino nel 1913 e
morto a Milano nel 1983. Il Saggiatore ha
pubblicato Gli immediati dintorni (2013).
Alcune stelle non hanno splendore costante, la loro grandezza apparente – che ci è concesso di guardare solo a distanza di millenni
– varia di giorno in giorno, di anno in anno, assumendo valori ogni
volta diversi. Sono stelle variabili, astri barbaglianti e astronomicamente umorali, abbagli di vertigine oscura. Da questa indecifrabile
luce prende il titolo l’ultimo libro di Vittorio Sereni, Stella variabile,
opera in cui convergono per culminazione e sidereo sfinimento i
versi postremi di uno dei più grandi poeti del Novecento. Testimonianza insuperabile della sfuggevole grazia poetica e della vanità
del linguaggio, Stella variabile coglie negli attraversamenti di una
parola falsamente mediana e di una versificazione instabile, capace
di frangere verticalmente il canone formale, il luogo di un incontro con i segni personificati della precarietà umana; lì dove spettri
ridesti, presagi ferali, scene domestiche, posti ambiguamente di
vacanza e di lavoro si fanno metonimia, tragica allegoria di tutte le
biografie e, forse, di qualsiasi destino.
Per questo in Stella variabile la parola del poeta è un’arma bianca che ferisce senza tregua e mai uccide: la vita, come il suo rovescio mortale, rifugge con reticenza i simboli e i valori linguistici, e trova nella poesia non il suo compimento e la sua oracolare
giustificazione, ma l’unico «campo di forze», come scriveva Sereni,
in cui è davvero possibile agire. Stella Variabile affronta i temi della
morte, della malattia, della memoria e dell’amore, aprendo comunque, attraverso il sacro fuoco della poesia, a un futuro di sogni e
speranze, in un commovente addio che inneggia alla vita con inaspettata forza, e riconferma Sereni come una pietra miliare della
letteratura italiana ed europea.
In libreria dal 4 maggio
Franco Fabbri
L’ascolto tabù
Le musiche nello scontro globale
€ 23,00
pp. 496
Franco Fabbri, musicista (con gli Stormy Six)
e musicologo, insegna materie collegate alla
storia, all’estetica, all’economia della popular
music nelle università di Torino e Milano.
Chi ascolta musica mentre fa l’amore? I cantautori sono poeti?
Perché nella terza strofa della «Canzone di Marinella» si sente
una tromba? Da dove arrivano le scale «orientali» nel primo album dei Pink Floyd? Com’è nata l’idea che le radio potessero trasmettere in continuazione le stesse canzoni? I dj continueranno a
esistere o saranno sostituiti dalle app? Perché nessuno al mondo
chiama più le canzoni «musica leggera» tranne che in Italia? E
cosa c’entra la «musica leggera» col Ventennio fascista? Quando
è stata inventata la «musica classica»?
Scritto con mirabile equilibrio fra chiarezza giornalistica e rigore
scientifico, L’ascolto tabù di Franco Fabbri affronta il complesso
tema della popular music focalizzandosi sull’epoca dello «scontro
globale» che ha travolto gli ultimi due decenni: uno scontro politico, economico e culturale al quale le musiche non sono sfuggite. Che si tratti di musica elettronica, di cantautori, di musiche
del mondo, di rock, di industria musicale e dello spettacolo, di
radio e televisione, di Internet, di insegnamento della musica nelle scuole, nei conservatori, nelle università, non è più possibile
rinchiudere il discorso in uno specialismo tranquillizzante: se si
parla solo di musica, la musica non si può capire.
Il tabù del titolo è quello dell’ascolto disattento, fonte di panico
per musicologi sussiegosi e critici conservatori di ogni provincia,
incapaci di comprendere un ascolto che si svolga fra le corsie di
un centro commerciale e non in una sala da concerto. Ma se non
si riconosce che ogni genere esiste in funzione di altri generi, che
ogni modo di fare e ascoltare la musica esiste in funzione di altri
modi e in relazione con loro, ogni ascolto può diventare tabù. E la
lezione di questo libro è che i tabù vanno sempre infranti.
In libreria dall’11 maggio
Francesco Permunian
Costellazioni
del crepuscolo
€ 24,00
pp. 408
Francesco Permunian (1951) vive e lavora a
Desenzano del Garda. È considerato uno degli
scrittori più rappresentativi della letteratura
italiana contemporanea.
Introduzione di Salvatore Silvano Nigro
Ogni scrittura nasce da un fantasma primordiale. Quello di Francesco Permunian ha le movenze ossequiose di un servo maledetto,
oscuramente felice, uno spettro incarnato che trama nell’ombra.
Perché ogni fantasma per esistere ha bisogno di una maschera:
fuori dalla sua scena è solo una sagoma, un sibilo notturno. È
solo un uomo.
Costellazioni del crepuscolo è la cronaca di una stagione all’inferno, una discesa negli inferi letterari di uno scrittore che ha fatto
dell’incubo e dell’ossessione non soltanto la sua riconoscibile cifra stilistica, ma un minuzioso pantheon, tenebroso e ancestrale,
di assoluto valore. È anche, e soprattutto, la tormentata ricerca di
una tortuosa risalita purgatoriale, durante la quale i personaggi
delle storie e il loro autore sembrano ostacolarsi a vicenda per la
conquista della luce. Costellazioni del crepuscolo unisce, per trascenderli, i due romanzi più emblematici di Permunian, Cronaca di
un servo felice e Camminando nell’aria della sera, introdotti dalla
prestigiosa prefazione di Salvatore Silvano Nigro e accordati da
testi inediti che frangono il confine tra prosa e poesia, portando
alla luce figure grottesche in agguato da anni, sfuggite alle storie
principali e in ultimo tornate per vendicarsi. Sono loro ad accompagnare in un viaggio minaccioso e spettrale, dalle stanze arcadiche ed erotomani del servo felice alle luci crepuscolari di una
provincia italiana allucinata e perversa, spiata dal grande occhio
di un vecchio medico che assiste dalla finestra del suo studio a
tutte le follie, tutti gli avvelenati turpiloqui di un paese che ricorda, nella sua caustica tragedia, l’intera Terra.
–
«Permunian va a caccia di incubi, come altri, con il retino in mano,
vanno ad acchiappare farfalle. Li intercetta ovunque, gli incubi;
persino negli spazi in apparenza vuoti, tra lemma e lemma in un
vocabolario, tra rigo e rigo in un libro, lì appollaiati all’ingiù come pipistrelli; oppure tra un grano e l’altro di un rosario, là dove
il mormorio della preghiera può celare la disperazione della bestemmia: il mistero terribile; l’orrore empio e mostruoso che s’alza
dagli abissi, pur dentro le cerimonie e i riti del sacro. Li stana.»
dall’introduzione di Salvatore Silvano Nigro
In libreria dall’11 maggio
Noam Chomsky
Capire il potere
Una prospettiva rivoluzionaria
per interpretare il mondo
€ 25,00
pp. 608
Noam Chomsky (1928) è uno dei massimi
intellettuali viventi. Linguista, scienziato, filosofo e teorico della comunicazione, è riconosciuto come il fondatore della grammatica
generativo-trasformazionale e pensatore politico tra i più acuti dei nostri tempi.
Traduzione di Silvia Accardi, Giancarlo Carlotti, Pino Modola, Cesare Salmaggi, Laura
Sgorbati Buosi
Prefazione di Vladimiro Giacché
Capire il potere, che il Saggiatore ripropone con una nuova prefazione di Vladimiro Giacché e con un ricco apparato di fonti e
approfondimenti, raccoglie gli interventi più significativi di Noam
Chomsky, unanimemente considerato uno dei più importanti pensatori contemporanei.
Come è stato possibile che la politica degli Stati Uniti sia finita ostaggio delle oligarchie finanziarie e del complesso militareindustriale? Che cosa ha reso la superpotenza americana «la più
grande minaccia per la pace nel mondo», e come è riuscita a far
passare i propri obiettivi predatori per un impegno in nome della
libertà? Come funziona la macchina della propaganda, e come è
riuscita a rinsaldare i poteri selvaggi che moltiplicano i privilegi
dei pochi e opprimono i molti? È possibile smascherare le menzogne di chi governa il mondo, e costruire un’alternativa a un sistema economico basato sull’avidità e destinato all’autodistruzione?
Sono gli interrogativi che animano da oltre cinquant’anni le denunce e le analisi di Chomsky, e in Capire il potere il suo pensiero
politico trova la formulazione più sistematica e cristallina. Dalle
guerre in Corea e Vietnam alla controinsurrezione in America Centrale, finanziata con i soldi del narcotraffico, dalle depredazioni
africane all’appoggio garantito a sanguinari dittatori, dalla destabilizzazione del Medio Oriente alle corresponsabilità nell’apartheid sudafricano: rimettendo in fila un’immensa mole di informazioni con inflessibile rigore morale e intellettuale, Chomsky svela
l’ombra lunga dell’imperialismo statunitense sul mondo, con le
sue drammatiche ripercussioni sulla società americana, stravolta
da un capitalismo vorace.
Capire il potere non è solo una rilettura critica, senza sconti e
senza inutili astrazioni, della storia recente degli Stati Uniti, ma
anche una lezione universale sul modo in cui tutti noi possiamo
scardinare i meccanismi dello sfruttamento e sfuggire alle verità
ufficiali manipolate. Chomsky ci insegna a coltivare il senso critico di fronte agli eventi della Storia, per ricomporre la faccia del
potere che si nasconde dietro le sue mutevoli maschere. Per comprendere il presente e riappropriarci del futuro.
In libreria dall’11 maggio
Georges Duby
Il cavaliere, la donna,
il prete
Il matrimonio nella Francia feudale
€ 25,00
pp. 264
Georges Duby (Parigi 1919 - Aix-en-Provence
1996) è stato uno dei più grandi storici del
Medioevo. Tra i maggiori rappresentanti della storiografia sociale, si è occupato di storia
rurale, di storia della cultura e dell’arte e di
storia della mentalità. Professore di Storia delle società medievali al Collège de France, dal
1988 è stato membro dell’Académie Française.
Traduzione di Silvia Brilli Cattarini
Adulterio, bigamia, incesto: queste le accuse mosse a Filippo I,
il primo sovrano dei franchi occidentali a essersi meritato la scomunica. Nell’anno del signore 1092 Filippo, che era già sposato
con Berta d’Olanda, rapì Bertrada di Montfort, la quinta moglie
del suo parente Folco il Rissoso, conte d’Angiò; il 15 maggio fu
celebrato il matrimonio. Papa Urbano II condannò l’unione scomunicando Filippo, che tuttavia, benché in ansia per la sorte della
sua anima, perseverò nel peccato fino a farsi scomunicare altre
due volte.
Fino all’XI secolo le nozze di re e cavalieri erano stati questione
di patrimoni, quasi di affari. Ma quando la Chiesa decise di accrescere il proprio potere temporale non poté più rimanervi estranea:
impose una nuova morale matrimoniale, servendosi anche dell’arma della scomunica – come nel caso di Filippo I, condannato per
colpe che fino a poco tempo prima non erano tali. Gradualmente,
quella che fino ad allora era stata una cerimonia tutta profana,
da risolvere in contratti e grandi bagordi, diventò un sacramento.
Tra il cavaliere e la donna si insinuò, nel giorno dello sposalizio,
il prete benedicente.
Il cavaliere, la donna, il prete è stata la prima opera sulla sessualità e sul matrimonio nel Medioevo. Tra cortei nuziali e amori
ancillari, matrimoni regali e altrettanto nobili divorzi si fa strada la
maestria di Georges Duby, grande studioso del Medioevo e massimo rappresentante della storiografia sociale dell’École des Annales: unendo un’indagine storica rigorosa alla piacevolezza della
narrazione, ci racconta la genesi di mentalità e comportamenti
che ancora oggi dominano la nostra società.
Epopea americana
in quattro volumi
In libreria dal 18 maggio
In uscita in autunno
Tutti i volumi della quadrifonia
saranno in vendita al Salone di Torino presso lo stand del Saggiatore
esclusivamente per i giorni della fiera
In libreria dal 18 maggio
Il giardino delle delizie
I ricchi
Epopea americana
Epopea americana
€ 21,00 | pp. 432
€ 18,00 | pp. 256
Il primo titolo di questo grande romanzo americano in
quattro volumi si apre sullo scenario assolato delle coltivazioni di tabacco del Kentucky, negli anni ‘50. La protagonista è Clara Walpole, bellissima figlia di un lavoratore
agricolo stagionale dal carattere rancoroso e iracondo.
Clara – che ricorda in tutto e per tutto l’indimenticabile
Pamela di Richardson – trascorre l’infanzia e l’adolescenza rubacchiando e vivendo di espedienti, inseguendo il
sogno di sfuggire a un destino di degrado e violenza, fin
da subito troppo simile a quello della madre. Il suo disperato tentativo di riscatto avrà il volto di tre uomini molto
diversi fra loro: Lowry, che la porta a New York promettendole l’amore; Revere, un ricco proprietario terriero che
le assicura ricchezza e stabilità; e infine il figlio Swan, che
cavalca l’onda delle sue stesse ambizioni. Il giardino delle
delizie è una saga amara e potente che ripercorre, attraverso una narrazione cinematografica, la triste fine di un
sogno destinato a infrangersi contro la realtà.
Il secondo romanzo della quadrilogia è ambientato intorno alla fine degli anni ‘60. Il bizzarro protagonista è
Richard Everett, un ragazzino undicenne obeso, introverso e intelligentissimo. Figlio di un dirigente d’azienda e di una scrittrice di successo, Richard gode di tutti i
privilegi dei ricchi, vive in una splendida casa e frequenta una scuola esclusiva. La sua morbosa ossessione per
la madre è il perno della narrazione: lei, Natashya Romanov, è una splendida romanziera newyorkese, capricciosa, sfuggente ed egocentrica, che abbandona troppo
spesso il figlio in balia della sua solitudine. Richard si
identifica con un personaggio dei romanzi della madre
e, in una perturbante escalation di orrore, finisce per
impazzire. I ricchi è il suo febbrile memoir, una confessione travolgente che raggiunge il lettore come un
proiettile e culmina in una tragedia che ricorda con inquietante limpidezza gli episodi di inaudita violenza cui
abbiamo assistito, sgomenti, in questi ultimi anni.
Traduzione di Francesca Crescentini
Traduzione di Valeria Gorla, Sara Reggiani, Camilla Pieretti, Grazia Bosetti
Joyce Carol Oates è stata finalista al premio Pulitzer con Per cosa ho vissuto, pubblicato dal Saggiatore, e ha vinto tra gli
altri il National Book Award, il Pen Faulkner Award e il Prix Femina Étranger. Insegna all’Università di Princeton e fa parte
della prestigiosa American Academy of Arts and Letters.
In libreria dal 18 maggio
Paolo Fresu
La musica siamo noi
€ 15,00
pp. 128
Paolo Fresu (1961) è un trombettista e flicornista jazz di fama internazionale.
Salire su un palco, ascoltare per un istante il suono del silenzio, sintonizzarsi sulle vibrazioni del pubblico in attesa. Iniziare
a suonare, perdersi. E allo stesso modo, con la stessa intensità,
viaggiare, conoscere, scoprire, incontrare: ritrovare, negli altri, la
stessa passione, la stessa ostinazione, e – come un pirata gentiluomo – riportare quel tesoro a casa, in Italia, sull’isola, in Sardegna, a Berchidda, a Tucconi, «il luogo del cuore».
È di questo movimento incessante, circolare, che parla Paolo Fresu in questo piccolo libro che è un’accorata testimonianza del suo
impegno, di uomo e di artista, perché il mondo di domani abbia
un volto diverso da quello di oggi. Un mondo in cui non si costruiscono muri fra le culture, ma si gettano ponti, perché ci si possa
incontrare e scambiare storie. Come avviene da anni al festival
che Paolo Fresu organizza a Berchidda, sprofondando la musica
nella magia dei colori e dei profumi del mirto, del cisto e dell’elicriso, con il sole che sorge a levante dietro l’isola di Tavolara.
Poeta della parola non meno che delle note, Paolo Fresu incanta:
che racconti il suo primo incontro con il jazz, un tempo considerato – specie nei rigidi ambienti del Conservatorio – «la musica del
diavolo», o che descriva il trionfo di un’alba sul Mediterraneo, la
sua voce ha il dono antico dei cantastorie, e la stessa generosità: sono queste qualità a rendere La musica siamo noi non solo
un’autobiografia artistica, ma anche un canto d’amore per la musica. Un canto – ci ricorda Paolo Fresu – di cui tutti noi, anche se
pensiamo di averle dimenticate, conosciamo le parole.
–
«Che cos’è la musica? Sembra una domanda semplice, per chi alla
musica ha scelto di dedicare la propria vita, ma non è così.
Oserei dire che, per me, la musica è tutto. Non perché la musica
sia necessariamente l’aspetto più importante della mia vita, ma
perché, quando la si fa con grande passione, con grande determinazione, la musica sa insegnare la tenacia.»
In libreria dal 18 maggio
Corrado Stajano
Eredità
€ 18,00
pp. 168
Corrado Stajano (Cremona, 1930) è un giornalista e scrittore italiano.
Il Saggiatore prosegue la pubblicazione delle opere di Corrado
Stajano con un inedito assoluto: un racconto autobiografico che
è anche un’emozionante riflessione sul senso della guerra e sul
lascito che le tragedie degli anni ’30 e ’40 hanno lasciato a noi,
inconsapevoli eredi di quell’epoca tormentosa, il nuovo libro di un
autore che ha scelto di misurarsi con la realtà e con la Storia, non
per descriverla, ma per narrarla nella sua contemporaneità.
È il 1939: tra due ali di folla gioiosa sfilano Galeazzo Ciano e Joachim von Ribbentrop. I due ministri degli Esteri si sono riuniti a
Como per definire l’imminente firma del Patto d’Acciaio. Alla parata assiste un bambino che sventola la bandierina italiana e quella
germanica con la svastica. È un Figlio della Lupa, non ha ancora
dieci anni.
Sembra un’infanzia serena, la sua in riva al lago: il gelato in piazza, le pasticcerie e il giocattolaio, le figurine dei calciatori, la gita
della domenica in battello. Gli scolari cantano inni marciando dietro al maestro in sahariana nera, salutano come gli antichi romani: non fanno così tutti i bambini del mondo?
A Como vivono allora Alida Valli, l’attrice dall’anima inquieta,
Giuseppe Terragni, il grande architetto razionalista e ammiratore
ossequioso del fascismo, Margherita Sarfatti, la ninfa egeria di
Mussolini, poi ripudiata dal suo Dux. Sono solo alcuni dei volti
che rivivono fra queste pagine, in cui, con una scrittura intensa
e delicata, Corrado Stajano racconta la città e torna a quel fatale
1939, ai giorni in cui l’Italia e il mondo si avvicinano alla tragedia
con giuliva inconsapevolezza: sembra che uomini e donne non
sentano la cappa che pesa sulle loro vite.
Ma la guerra lacera ogni illusione. La guerra fa diventare adulti in
fretta. Dopo solo sei anni, quel bambino, ora ragazzo, si ritrova
frastornato nel groviglio di una Milano distrutta, un magma privo
di forma e di colore, simbolo di tante esistenze spezzate, tra macerie, dolore e morte. La storia individuale di Eredità diventa storia collettiva. Sembrava che la Seconda guerra mondiale sarebbe
servita a conservare per sempre la pace, il bene sommo: era un’utopia. Il mondo è anche oggi sull’orlo di guerre ancora devastanti.
La narrazione di Corrado Stajano aiuta a comprendere, grazie alla
forza della memoria, il senso dell’irrinunciabile contemporaneità
della Storia.
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