1. Economia, lavoro e territorio nelle circoscrizioni per l’impiego della provincia di Milano 1. Introduzione “Milano non appare mai uguale a se stessa”. E’ con questa immagine letteraria che ben descrive la propensione al cambiamento non solo del capoluogo ma anche di tutta la provincia1 che si potrebbe aprire questa raccolta di storie locali, in cui, attraverso una lettura delle dinamiche del mercato del lavoro milanese nel corso degli ultimi anni, si cerca di descrivere e interpretare una serie di processi che sta rapidamente mutando non solo le modalità nelle quali si esplicano le attività lavorative, ma anche la struttura produttiva e gli assetti territoriali di questa realtà variegata e complessa. Il lavoro, quindi, come chiave di lettura di uno spettro di fenomeni molto più ampio di quelli che solitamente vengono ad esso correlati; un esercizio che, facendo dialogare ambiti disciplinari diversi, ha cercato di dar vita ad un prodotto di ricerca le cui finalità sono in primo luogo quella di fornire elementi di conoscenza e spunti di riflessione sulle trasformazioni in atto nei territori della provincia, proponendosi come uno strumento di lavoro per i soggetti istituzionali e gli operatori dei servizi che in tali realtà operano quotidianamente. Nell’Introduzione al volume sono state descritte le principali problematiche che vengono prese in esame, evidenziando anche la sua continuità rispetto alle attività di ricerca tradizionalmente svolte dall’Osservatorio Mercato del Lavoro della Provincia di Milano. Le finalità di questo capitolo risultano quindi più circoscritte e si concentreranno, oltre che nella descrizione degli elementi che differenziano gli studi qui raccolti da quelli che lo hanno preceduto nella nuova serie dei Rapporti sul mercato del lavoro in provincia di Milano, nell’illustrazione della struttura delle monografie qui raccolte, del percorso di indagine in cui esse si articolano e 1 Nove, A (2004), Milano non è Milano, Laterza, Roma - Bari. 29 delle fonti statistiche che a tal fine sono state utilizzate, soffermandoci in particolare su quella primaria dei dati amministrativi dei Centri per l’Impiego, su cui si fonda non solo la gran parte di questo lavoro ma anche molte delle ricerche condotte dall’Osservatorio Mercato del Lavoro di Milano. 2. Gli ambiti di indagine La prima questione che va motivata è però quella che ha portato ad individuare le aree circoscrizionali per l’impiego come unità di analisi per la realizzazione di uno studio territoriale a scala sub-provinciale, una scelta che presenta notoriamente alcuni limiti di carattere scientifico, non corrispondendo ai sistemi locali del lavoro come sono stati definiti dalla letteratura economica2, e che attualmente può sembrare anche superata alla luce dei cambiamenti istituzionali in atto in questi mesi e che vanno ridisegnando la geografia dei servizi per il lavoro milanesi e dei territori ad essi afferenti. L’opzione di non utilizzare i sistemi del lavoro locali come metodo di suddivisione del territorio provinciale è derivata in primo luogo dal fatto che in questo modo si sarebbe dovuta scontare una serie di problemi di coerenza rispetto all’ambito amministrativo della provincia; inoltre, il ruolo preminente di Milano non avrebbe consentito di verificare in modo sufficientemente puntuale le specificità, principalmente delle aree limitrofe al capoluogo3. La scelta di utilizzare la partizione territoriale delle aree circoscrizionali per l’impiego, oltre a presentare l’indubbio vantaggio di collocarsi in linea di continuità rispetto alla precedente produzione scientifica non solo dell’OML della Provincia di Milano ma anche di altri enti e centri di ricerca4, è stata quindi dettata da un duplice ordine di considerazioni, il primo dei quali, di carattere utilitaristico, deriva dalla necessità di fornire uno strumento di lavoro che possa essere agevolmente utilizzato dal target principale della pubblicazione, ovvero dagli operatori dei servizi per 2 ISTAT – IRPET (1989), I mercati locali del lavoro in Italia, FrancoAngeli, Milano; ISTAT (1997), I sistemi locali del lavoro 1991, Istat, Roma. 3 Va ricordato che il sistema locale del lavoro di Milano include più di 70 comuni (fra cui la gran parte delle principali realtà urbane della provincia) che afferiscono a nove degli attuali ambiti amministrativi delle circoscrizioni per l’impiego. 4 Oltre alla gran messe di studi promossi da istituzioni e altri enti che operano nei diversi territori della provincia (in parti citati nelle diverse monografie che compongono questo libro), cfr. CCIAA – Servizio Studi (1998), Milano produttiva 1998, CIAA, Milano. 30 l’impiego, dalle associazioni datoriali e sindacali e dai policy makers in genere, che nei vari territori operano abitualmente. Il secondo deriva invece da una necessità pratica del lavoro di ricerca. Le attuali circoscrizioni in cui è stata tradizionalmente suddivisa la provincia di Milano non sono infatti realtà che presentano una omogeneità territoriale ed economica, la qual cosa fa sì che ad esempio, entro lo stesso ambito territoriale si producano simultaneamente processi molto variegati, sia per quanto riguarda la struttura che le recenti evoluzioni del sistema produttivo e del mercato del lavoro. L’indagine che viene qui presentata ha cercato di rappresentare al meglio questa complessità e ciò spiega la continua tensione che attraversa l’intero volume, in cui l’analisi delle circoscrizioni è affiancata ora da considerazioni che tendono ad evidenziare fenomeni di riaggregazione funzionale del territorio5, ora da affondi che talora sospingono sino al livello comunale, per evidenziare in modo più dettagliato il carattere composito delle diverse realtà locali6. Sotto questo aspetto, l’opzione di utilizzare nello studio delle diverse realtà territoriali della provincia di Milano l’ambito delle tradizionali circoscrizioni risponde in primo luogo ad una esigenza di carattere analitico, che impone di prestare una grande attenzione anche a fattori di dettaglio per dar conto della complessità e della ricchezza del contesto milanese7. Questa attenzione per il particulare ha anche un’altra ragione, che risiede nella natura stessa di questa ricerca, condotta essenzialmente at desk, anche se in molti casi essa ha potuto avvalersi sia dei risultati di alcuni indagini sul campo realizzate in questi anni dal Cdrl, sia della ricca produzione che università e altri istituti di ricerca hanno sovente prodotto anche per conto della Provincia di Milano. I risultati che sono stati conseguiti confermano la validità di questa scelta ed evidenziano alcuni dei problemi attinenti alle attività di monitoraggio del mercato del lavoro con cui si dovranno misurare le nuove agenzie del lavoro e della formazione sorte dal processo di riforma dei servizi per l’impiego posta in essere dalla Provincia di Milano; infatti, se tale processo risponde sicuramente all’esigenza di migliorare l’efficienza e l’efficacia operativa di tali strutture, l’ampliamento che in molti casi si è 5 Si pensi alle evidenze empiriche riguardanti la progressiva omogeneizzazione che sta interessando alcune delle aree limitrofe al capoluogo e segnatamente il Nord Milano, l’insieme delle circoscrizioni del Sud Milano e in parte quella di Melzo. 6 Emblematici, sotto questo aspetto, risulteranno in particolare gli approfondimenti relativi alle circoscrizioni di Cesano Maderno, di Legnano e dell’Est Milanese. 7 Cfr. Cavicchini, E., “Le caratteristiche dei territori presi in esame”, in Progetto Sinergy, Nuove politiche di sostegno al mercato del lavoro in Provincia di Milano, Corbetta, 2005, pp. 13-24. 31 realizzato degli ambiti territoriali di riferimento imporrà la necessità di potenziare e affinare la capacità di lettura dei territori e dei processi economici che li attraversano, per poter essere in grado di individuare i bisogni e di adeguare conseguentemente l’offerta dei servizi. 3. La cornice interpretativa: le trasformazioni di medio periodo dei sistemi produttivi locali Come si è detto, le monografie sulle diverse realtà territoriali che compongono questo volume sono state realizzate soprattutto mediante l’analisi delle statistiche sugli andamenti occupazionali desunti dai dati amministrativi dei centri per l’Impiego, che rappresentano assieme ai dati sulle dinamiche imprenditoriali gestiti dalla Camera di Commercio, l’unica fonte statistica che fornisce informazioni continuative sui sistemi produttivi a scala sub-provinciale8. Si tratta di una fonte statistica di cui in passato si sono a lungo sottovalutate, soprattutto da parte della ricerca accademica, sia l’importanza che le potenzialità a fini conoscitivi, e non è certo un caso che l’attenzione per questo tipo di informazione sia andato affermandosi solo in epoca recente, dopo il trasferimento alle Province, attuatosi alla fine del 1999, delle competenze in materia di politiche attive del lavoro e la gestione dei Centri per l’Impiego. Ciò ha cominciato a rendere possibile condurre indagini facilmente replicabili nel tempo che tenessero insieme l’analisi delle evoluzioni del mercato del lavoro con quelle delle trasformazioni della struttura produttiva, supportando in tal modo l’azione delle amministrazioni pubbliche nel sostegno al lavoro e alle politiche di sviluppo locale. La Provincia di Milano è stata tra le prime a comprendere l’opportunità che la gestione diretta di tali strutture e delle banche dati da esse gestite offriva, motivo che l’ha indotta a dedicare in tutti questi anni un grande e duraturo sforzo sia per migliorare l’efficienza dei sistemi informativi 8 Com’è noto, tutte le statistiche di carattere economico a cadenza annuale, incluse quelle relative alle forze di lavoro, non scendono mai sotto al di sotto del livello provinciale e, data la natura campionaria di tali indagini, per le realtà territoriali più piccole, non sono particolarmente affidabili. Lo stesso sistema informativo Excelsior, non si spinge al di sotto di tale soglia, anche se sono disponibili studi su specifiche realtà del Milanese, realizzate mediante un sovracampionamento dei territori presi in esame; cfr a questo proposito, oltre ai testi citati nelle varie monografie): Gruppo Clas (2004), Il mercato del lavoro, la domanda e i fabbisogni formativi, Provincia di Milano, Milano; Unioncamere Lombardia (2004), Progetto di rilevazione dei fabbisogni formativi con riferimento ad alcune aree del territorio provinciale, Provincia di Milano, Milano; 32 utilizzati che le modalità di raccolta, stoccaggio e gestione delle informazioni statistiche che si venivano raccogliendo attraverso questo canale. L’impegno profuso sul piano gestionale si è inoltre accompagnato ad una scommessa di tutt’altro genere e che si è tradotta nel tentativo di mettere a punto uno strumento di indagine nuovo, che utilizzasse la massa di informazioni raccolte dai servizi per l’impiego a fini conoscitivi; ciò si è tradotto nella nuova serie dei Rapporti sul mercato del lavoro in provincia di Milano realizzata dall’Osservatorio Mercato del Lavoro. I Rapporti di questi anni hanno quindi spostato l’asse privilegiato del lavoro di indagine dallo studio degli iscritti alle liste dei collocamenti a quelle della domanda di lavoro (e quindi degli avviamenti), una scelta operata in tempi antecedenti alla soppressione delle liste stesse. In questo modo l’attenzione è stata spostata dal chi cerca lavoro a chi lo ha trovato e, di riflesso, a chi lo offre. E’ così che si è dato vita ad un pubblicazione in cui ha perso peso l’analisi puramente quantitativa dei cambiamenti del mercato del lavoro, mentre è andata aumentando la rilevanza di quello più qualitativo, che ha posto progressivamente al centro della propria attenzione i processi che coinvolgono sia i lavoratori che le imprese. Si è trattato di una scelta che ha consentito di migliorare la conoscenza delle caratteristiche del lavoratore milanese e di descrivere una serie di fenomeni, il più rilevante dei quali è stato il processo di flessibilizzazione dei rapporti di lavoro, e di evidenziarne i nessi non solo con le difficoltà conosciute in questi anni dal sistema economico milanese, ma anche con i processi di ristrutturazione produttiva che ad esse si sono accompagnate. In questo intenso lavoro di ricerca si è cominciato anche a prestare un’attenzione ai legami intercorrenti tra i cambiamenti dell’economia e quelli del territorio, anche se questo approfondimento del livello di indagine ha reso più evidente una serie di problematicità che questa fonte statistica presenta. Il carattere di flusso di tali dati li rende infatti particolarmente influenzabili da fattori di carattere congiunturale o da eventi occasionali, un fenomeno che si avverte in misura maggiore via via che dal livello aggregato provinciale, si scende alla scala locale. Per ovviare a questo problema e per realizzare uno studio come quello qui proposto, partito con l’ambizione di fornire una lettura compiuta dei processi di cambiamento dei diversi sistemi economici locali, sarebbe stato necessario che la base informativa di carattere amministrativo disponesse di una serie storica sufficientemente lunga, mentre nel caso di Milano le statistiche del mercato del lavoro di cui ci si può avvalere abbracciano solo un arco di tempo ancora piuttosto limitato, che nella migliore delle ipotesi parte dal 2000, ma in serie comparabile è disponibile solo dal 2004, quando è 33 stato introdotto il nuovo sistema di rilevazione delle informazioni relative alle movimentazioni di forza lavoro per via telematica9. L’arco temporalmente circoscritto della serie statistica a disposizione ha consigliato quindi di adottare un sistema di indagine misto, che anteponesse allo studio sui dati del mercato del lavoro una parte preliminare di ricostruzione delle dinamiche economiche di medio periodo registratesi nelle diverse aree indagate, condotta utilizzando in primo luogo i dati censuari. Questo approccio è solo apparentemente simile a quello seguito nel primo lavoro proposto nella nuova serie dei Rapporti sul mercato del lavoro, in cui una lettura molto standardizzata dei dati dei Centri per l’Impiego era stata affiancata per la prima volta da una analisi della struttura produttiva milanese condotta avvalendosi dell’ultima edizione dell’Archivio ASPO10. A differenza di quel contributo, i dati che vengono presentati ora non si limitano ad offrire due fotografie giustapposte, l’una su dati di flusso del mercato del lavoro e l’altra su dati di stock sulla struttura produttiva, ma cercano di dare una diversa profondità temporale ai processi presi in esame, cercando di comprendere se e in che misura i fenomeni ravvisabili utilizzando i dati della domanda di lavoro dell’ultimo biennio siano il risultato, come in qualche caso è stato riscontrato, di processi di più lungo periodo (si pensi al declino di alcuni settori tradizionali come il tessile nell’Alto Milanese) o, al contrario, siano invece l’effetto di autentici momenti di frattura nelle dinamiche economiche di un dato territorio (si 9 La Provincia di Milano ha attivato nel 2004 un portale che ha consentito alle imprese o ai consulenti del lavoro che operano per esse, di provvedere alla segnalazione per via telematica delle informazioni relative a nuove assunzioni, interruzioni o trasformazioni di rapporti di lavoro. Ciò ha consentito al sistema un indubbio guadagno di efficienza e di completezza delle informazioni raccolte che da allora consentono di rilevare tutte le movimentazioni di forza lavoro subordinata che avvengono nell’economia legale milanese. A partire dal gennaio 2007 l’obbligo di segnalazione è stato esteso anche ai collaboratori parasubordinati. Sui problemi connessi all’utilizzo dei dati amministrativi cfr. Antonelli, G. e Nosvelli, M. (2002), Monitoraggio e valutazione delle politiche del lavoro per una “nuova economia”, Il Mulino, Bologna; sull’esperienza milanese, cfr. Cavicchini, E., Corsi, E. e Lorenzi, E. (2004), “Il pendolo del lavoro flessibile: un’analisi sulle tipologie di avviamento in provincia di Milano 2000-2003”, in Provincia di Milano, Flessibile, molto flessibile…Rapporto 2003 sul mercato del lavoro e le politiche del lavoro in provincia di Milano, FrancoAngeli, Milano, pp. 75-102. 10 Benzi, C. (2001), “La struttura e le dinamiche socio - economiche dei mercati del lavoro circoscrizionali”, in Provincia di Milano (2001), Mercato del lavoro e politiche per l’impiego in provincia di Milano. Rapporto 2000, FrancoAngeli, Milano. 34 pensi alla crisi dell’high-tech nel Vimercatese o all’accelerazione dell’evoluzione terziaria di altre aree), cercando in tal caso di individuarne i fattori che stanno alla base di questi repentini cambiamenti. Ed è la convinzione che il tempo sia un fattore decisivo per una più puntuale interpretazione dei processi di trasformazione economica che si è scelto di utilizzare assieme alle statistiche del Censimento dell’Industria e dei Servizi del 200111 anche quelle del Censimento intermedio del 1996; in questo modo si sono potute cogliere in modo più completo la natura, la durata e l’articolazione temporale di una serie di processi che hanno trasformato il volto di intere aree della provincia, come appare in modo evidente nella monografia relativa al Nord Milano. L’uso dei dati di stock di fonte censuaria hanno inoltre permesso di operare, ove necessario, approfondimenti relativi ai mutamenti della specializzazione produttiva di alcuni territori, avvalendosi di un indicatore che consente di valutare in modo più compiuto l’entità dei cambiamenti che sono riscontrabili attraverso il confronto dei valori assoluti; un esercizio che, ad esempio, ha sortito risultati interessanti come nel caso dell’Alto Milanese12. Sempre avvalendosi dei dati censuari e utilizzando una metodologia di analisi appropriata, la cosiddetta “tassonomia di Pavitt”13 si sono inoltre 11 Cfr. Umidi, J. (2004), “Economia e lavoro nelle circoscrizioni per l’impiego della provincia di Milano dal 1991 al 2001. Un’analisi sui dati del Censimento dell’Industria e dei Servizi 2001”, in Provincia di Milano, Flessibile, molto flessibile…. Rapporto 2003 sul mercato del lavoro e le politiche del lavoro in provincia di Milano, FrancoAngeli, Milano, pp. 195-289. 12 Indice di specializzazione = (addetti circoscrizionali di settore/addetti circoscrizionali totali)/(addetti provinciali di settore/addetti provinciali totali). 13 Cfr. Pavitt, K. (1984), “Sectoral patterns of Technical Change: toward a Taxonomy and a theory”, in Research Policy, n. 13; Pavitt, K. (1994), “Key characteristics of large innovating firm”, in Dodgson, M. and Rothwell, R. (1994), The Handbook of Industrial Innovation, Edward Elgar, London. Tale metodologia di analisi opera una riclassificazione dei settori d’attività alla luce del loro posizionamento lungo la filiera tecnologica sia per quanto riguarda i sistemi di produzione adottati che il prodotto finito. In questo volume tale metodologia è stata utilizzata nella sua versione aggiornata al 1994, utilizzando i dati censuari disaggregati alla terza cifra ATECO 2001 (classi), e suddividendo le attività economiche in cinque classi: - settori science based rappresentano quelli a più alto contenuto tecnologico, con riferimento sia alle modalità produttive sia al prodotto finale; - - settori scale intensive comprendono le produzioni di beni di consumo e di investimento che sfruttano elevate economie di scala; 35 condotti approfondimenti su alcuni ambiti di indagine per verificare come nel medio periodo sia mutato il posizionamento tecnologico dei sistemi produttivi, un esercizio che è stato illustrato nei testi solo nei casi ove si è ritenuto potesse migliorare la comprensione delle evoluzioni più recenti dei mercati del lavoro locali o fornire qualche spunto di riflessione per le politiche di sviluppo locale. Più difficile è stato trovare una base statistica che consentisse di condurre un’analisi dei processi economici a scala sub-provinciale nel periodo successivo al Censimento del 2001. Per questo periodo l’unica fonte con dati di stock a cui si è potuto far riferimento è quella del Registro delle Imprese della Camera di Commercio, che fornisce informazioni disaggregate a livello comunale e settoriale relativamente alle imprese attive, a quelle di nuova costituzione e quelle cessate. Si tratta di una fonte preziosa, anche se non fornisce alcun dato relativamente alle dinamiche occupazionali, benché informazioni di questo genere vengano effettivamente raccolte, seppur in modo incompleto e non sistematico. I dati camerali delle imprese hanno consentito di condurre per ogni circoscrizione (ma in qualche caso anche a livello più disaggregato) due tipi di lettura, il primo dei quali relativo agli andamenti della nati-mortalità d’impresa, che rappresenta uno dei principali indicatori per quanto riguarda la dinamicità e lo stato di salute dei diversi contesti territoriali14. Le informazioni statistiche relative alle imprese attive hanno invece permesso di esaminare con un maggior grado di dettaglio l’evoluzione del numero delle aziende effettivamente operanti nei vari settori, verificando quindi se negli ultimi anni le tendenze evidenziate con i dati censuari siano proseguite, come in molti casi è effettivamente avvenuto, oppure si siano - i settori specialized supplier che includono le produzioni specializzate che operano prevalentemente nella realizzazione di beni di investimento, di beni intermedi e macchinari. - i settori supplier dominated rappresentano l’insieme delle attività più tradizionali, mirate alla produzione di beni di consumo finali a basso contenuto tecnologico; - i settori information intensive (che includono elusivamente attività che rientrano nel terziario) sono rappresentate da settori che fanno ampio ricorso alle ITC sia per quanto riguarda il ciclo produttivo che i prodotti finali. 14 Le formule con cui vengono desunti tali indicatori è il seguente: tasso di natalità = iscritte (t) / registrate (t-1)*100; tasso di mortalità = = cessate (t) / registrate (t1)*100, dove con t anno di riferimento. Va segnalato come il tasso di mortalità non abbia lo stesso valore interpretativo di quello di natalità, poiché un’impresa può essere cancellata dal Registro delle imprese anche anni dopo l’effettiva cessazione dell’attività. 36 prodotti dei rallentamenti dei processi precedentemente individuati. Va segnalato come questo esercizio abbia abbastanza sorprendentemente sortito risultati che nella quasi totalità dei casi si sono poi interfacciati con le statistiche relative alla domanda di lavoro del biennio preso in esame. 4. La domanda di lavoro: problemi analitici e interpretazioni dei suoi riflessi sulla struttura produttiva La parte più rilevante della lettura delle trasformazioni in atto nelle realtà locali della provincia di Milano è però stata realizzata, come si è detto, avvalendosi dei dati amministrativi dei Centri per l’Impiego, ovvero delle segnalazioni che per le legge le imprese sono tenute a fare per quanto riguarda l’attivazione, la cessazione e le trasformazioni dei rapporti di lavoro. Questa impostazione della ricerca è stata resa possibile dalla progressiva destandardizzazione dei livelli di analisi, ottenuta nel corso di questi anni attraverso la messa a punto di metodologie di trattamento dei dati che consentissero un utilizzo sempre più intenso delle informazioni raccolte attraverso le segnalazioni effettuate dalle imprese. Tuttavia gli studi presentati in questo volume, come del resto anche le precedenti edizioni del Rapporto sul mercato del lavoro, prendono in esame essenzialmente i dati relativi agli avviamenti, ovvero ai nuovi contratti di lavoro che vengono stipulati dalle imprese al momento di una assunzione. Sono state scarsamente utilizzate invece sia le statistiche relative alle cessazioni dei rapporti di lavoro15 che alle trasformazioni degli stessi. Nel primo caso, la scelta deriva dalla persistente sottostima del volume complessivo, causata sovente da mancate segnalazioni in caso di pensionamento. La decisione di escludere invece i dati relativi alle trasformazioni è dovuta principalmente al carattere incompleto delle informazioni trasmesse (generalmente manca l’informazione relativa al contratto precedentemente in essere, la qual cosa 15 A questo proposito va segnalato come in qualche caso questi dati siano stati presi in considerazione anche in alcune delle monografie qui presentate, anche se il loro uso è stato circoscritto a quei casi in le evidenze empiriche da esse fornite risultassero di supporto a quanto già riscontrato per altra via. Sulla natura e sui problemi della gestione dei dati relativi alle cessazioni, cfr. Corsi, E. e Cavicchini, E. (2005), “Qualcosa cova sotto la cenere? Ipotesi di lettura delle recenti dinamiche economiche dell’Alto Milanese analizzate utilizzando i dati degli avviamenti e delle cessazioni”, in Provincia di Milano, Il lavoro difficile. Rapporto 2004 sul mercato del lavoro e le politiche del lavoro in provincia di Milano, FrancoAngeli, Milano, pp. 261-330. 37 toglie molto dell’interesse interpretativo16); tuttavia una parte considerevole di tali segnalazioni, quella dei prolungamenti di rapporti di lavoro in essere17, avrebbe una sua valenza economica, trattandosi di fatto di vacancies che vengono comunque ricoperte e potrebbero essere equiparate agli avviamenti, pur essendo completamente diverse dal punto di vista formale. La scelta di condurre una indagine incentrata sulla domanda di lavoro lasciava aperte diverse opzioni di impostare l’analisi. Si è optato per utilizzare quasi esclusivamente le informazioni relative agli avviamenti (ovvero alle assunzioni effettuate dalle imprese), poiché in questo modo le analisi potevano essere condotte sul maggior numero di informazioni disponibili, non solo per quanto riguarda le variabili socio-anagrafiche, ma anche quelle relative ad altri aspetti come le forme contrattuali utilizzate, le qualifiche professionali di inquadramento, il settore di attività dell’impresa che opera l’assunzione, ecc. Essa era inoltre quella che consentiva la migliore georefenziazione della domanda di lavoro, condizione irrinunciabile per condurre un’analisi che desse conto non solo dei mutamenti del lavoro, ma anche dei cambiamenti dei sistemi produttivi locali e delle loro ricadute sul territorio. Un approccio del tutto diverso sarebbe stato quello di centrare l’analisi sugli avviati, ovvero sulle persone assunte, una variabile di cui pure si è tenuto ripetutamente conto. Una simile impostazione metodologica avrebbe probabilmente attenuato alcuni problemi interpretativi soprattutto per quanto riguarda le dinamiche economico-territoriali, che il proliferare del fenomeno degli avviamenti multipli18 determina; tuttavia essa avrebbe comportato per contro, una perdita di informazioni soprattutto per le variabili più utili sia nell’analisi dei processi di flessibilizzazione del mercato del lavoro e dei cambiamenti economici in atto nelle diverse realtà territoriali, soprattutto per quanto riguarda i mutamenti dei cicli produttivi e delle forme di gestione della forza lavoro adottata dalle imprese. 16 Questi e altri problemi che le banche dati dei Centri per l’Impiego presentano potranno essere ovviati in prossimo futuro sia grazie all’introduzione del nuovo sistema operativo Sintesi, sia grazie al lavoro che la provincia di Milano sta conducendo in collaborazione con la facoltà di Statistica della Bicocca per l’integrazione delle varie banche dati esistenti in materia di lavoro. 17 Va segnalato tra l’altro come oggi la gran parte dei prolungamenti sono riferiti a missioni di lavoro somministrato, contrariamente a quanto avveniva ancora nei primi anni del secolo. 18 L’espansione del lavoro atipico ha infatti determinato un crescita del numero delle persone che in uno stesso periodo vengo assunte più volte, spesso da imprese diverse. 38 Un’analisi dei territori che seguisse un altro percorso di ricerca diverso da quello qui proposto sarebbe dunque stata possibile e il suo interesse avrebbe potuto essere sicuramente non inferiore, specie per gli operatori dei servizi per l’impiego. Tale approccio, che avrebbe tra l’altro potuto avvalersi maggiormente anche delle informazioni relative alle cessazioni, avrebbe dovuto prendere in esame le modalità con cui le persone trovano un lavoro partendo dai territori di residenza dei lavoratori stessi, fornendo quindi informazioni preziose per i servizi territoriali, poiché riferite principalmente all’utenza potenziale dei servizi stessi19. Ciò avrebbe quindi spostato l’asse dell’analisi dalle dinamiche che interessano i lavoratori e le imprese nei territori a quello dei lavoratori dei territori; la scelta sottesa a questo studio è caduta sulla prima soluzione poiché è apparso più utile indagare, attraverso uno studio territorialmente differenziato, quali effetti siano stati prodotti dalle difficoltà vissute dal sistema economico nel biennio qui indagato, convinti che la crisi si associ spesso al cambiamento e che quindi proprio una conoscenza puntuale di tali processi possa rendere più efficace l’azione delle politiche pubbliche. Il processo di uso destandardizzato di tutte le variabili desumibili dai dati amministrativi dei Centri per l’Impiego ha trovato quindi in questo lavoro la possibilità di dispiegarsi in modo compiuto, vista la ricchezza informativa delle banche dati, che consentono di fornire elementi di conoscenza alla pluralità di piani di analisi proposti nelle diverse monografie, permettendo di mettere a punto indicatori per verificare l’andamento economico dei territori, di esaminare se e in che misura i diversi sistemi produttivi locali abbiano manifestato una capacità di rispondere alle difficoltà congiunturali, quale sia il ruolo giocato dalla capacità di mobilitare risorse endogene o di sfruttare opportunità esogene per dar vita ad una nuova stagione delle politiche di sviluppo locale. Tuttavia, l’utilizzo sempre più massiccio che si è fatto dei dati amministrativi impone una serie di precisazioni, che può aiutare ad una lettura più avvertita delle interpretazioni avanzate proprio partendo da una descrizione delle caratteristiche della fonte utilizzata e di alcuni problemi ad essa connessi. Il dato degli avviamenti, come si è già accennato, rappresenta uno strumento conoscitivo prezioso e ricco di potenzialità conoscitive; oltre ai pregi già richiamati che stanno alla base della scelta di utilizzarlo come 19 Uno studio sperimentale di questo genere è stato promosso alcuni anni or sono dal Consorzio Sud Ovest Milano per la formazione professionale di Pieve Emanuele in collaborazione con l’OML; cfr. Tué, P., Corsi, E. e Cavicchini, E. (2004), Il potenziamento dell’offerta formativa come leva dello sviluppo locale, Consorzio Sud Ovest Milano – Cdrl, Milano, rapporto di ricerca. 39 strumento di indagine privilegiato, esso presenta anche una serie di altri vantaggi, il primo dei quali è quello di registrare in tempo reale il mutamento dei comportamenti delle imprese in materia di gestione del personale, inclusi quelli indotti da cambiamenti organizzativi del ciclo produttivo. Una prova riscontrabile in questo studio è costituita, ad esempio, dai cambiamenti intervenuti nel corso dell’ultimo anno nella grande distribuzione organizzata, a seguito dell’espansione del fenomeno delle aperture domenicali, che si è riflesso sulla domanda di lavoro complessiva e ha indotto un forte incremento di contratti a termine di durata brevissima20. I dati degli avviamenti presentano però anche alcuni inconvenienti come quello di poter indurre interpretazioni fuorvianti, soprattutto per quanto riguarda le dinamiche generali del mercato del lavoro, un problema che è anche maggiore nelle indagini a scala locale. Il boom conosciuto dal lavoro interinale a partire dalla fine degli anni Novanta, prima, e la grande espansione dei contratti a tempo determinato in questi ultimi anni, hanno infatti prodotto un’autentica esplosione del numero delle segnalazioni, che in qualche caso ha teso a sopravalutare l’effettiva portata delle dinamiche occupazionali in atto. La crescita costante del fenomeno degli avviamenti multipli ha infatti in parte occultato come, sotto i dati delle nuove assunzioni, si siano andati celando processi, quali il rallentamento dell’economia e probabilmente anche un calo del lavoro già prima che venissero palesati dal calo delle persone avviate, com’è avvenuto nell’ultimo anno preso in esame21. Nelle analisi territoriali, poi, le statistiche sugli avviamenti risultano esposte alle fluttuazioni derivanti da eventi economici occasionali, come l’apertura o la chiusura anche di una sola unità produttiva che effettua però un gran numero di avviamenti. Ciò può avere pesanti riflessi sull’interpretazione delle dinamiche del mercato del lavoro delle aree interessate da tali fenomeni, provocando picchi che o vengono riassorbiti nell’anno successivo (questo è abbastanza frequente nel caso dell’insediamento di imprese tradizionali) o tendono a stabilizzarsi sui nuovi livelli raggiunti (e questo è in genere il caso determinato dall’apertura di nuovi esercizi alberghieri). 20 Ciò è solo apparentemente in contraddizione con il fatto che tale settore presenti in molte circoscrizioni un andamento declinante, un fenomeno che è quasi sicuramente da imputare alle omesse segnalazioni delle imprese utilizzatrici di lavoro somministrato da parte delle agenzie del lavoro, che nel 2005 hanno interessato circa il 4% del totale degli avviamenti. 21 Cfr. Cavicchini, E. e Corsi, E. (2005), “Il lavoro difficile. Il mercato del lavoro milanese nel 2004”, in Provincia di Milano, Il lavoro difficile, cit. pp. 47-684. 40 Questo carattere “fluido” del dato degli avviamenti suggerisce quindi una grande cautela nella valutazione dei processi in atto, poiché queste statistiche non hanno quasi mai lo stesso valore dei dati di stock, e solo dopo averne analizzato anche la composizione (e in qualche caso, se possibile, la coerenza nel corso del tempo) si può addivenire alla formulazione di giudizi più precisi sulle vere dimensioni e le caratteristiche del cambiamento che queste statistiche fotografano così fedelmente. Un altro aspetto problematico nella lettura dei dati degli avviamenti, che ha molto pesato nel lavoro di analisi qui proposto, è indotto dai contratti della durata di una sola giornata, che nell’ultimo anno hanno rappresentato più del 27% di tutte le segnalazioni di assunzione, un fenomeno che risulta distribuito in modo molto ineguale a livello territoriale (si passa infatti dall’1,7% di Vimercate al 39% di Milano, ma anche diverse altre circoscrizioni limitrofe al capoluogo come Corsico, Rozzano e Sesto San Giovanni, presentano valori ugualmente elevati, superiori al 20%). Ovviamente il diverso peso degli avviamenti di un giorno può determinare letture molto differenziate dell’effettivo andamento dei mercati locali del lavoro e per taluni aspetti anche dei sistemi produttivi nelle diverse aree. E’ per questo che generalmente il giudizio sull’andamento di una data realtà ha cercato sempre di appoggiarsi anche su altri indicatori, come ad esempio quello del comportamento delle imprese, o di procedere a letture differenziate, come nel caso di Milano e di San Donato. La presenza di fenomeni come quello dei contratti di 1 giorno rendono quindi ancor più volatile il carattere delle statistiche amministrative, ed è per questo che nell’individuazione di un indicatore che misurasse la diversa dinamicità dei territori e del loro mercato si è scelto di condurre un costante raffronto dello stesso rapportato al numero degli avviati22, quasi privilegiando il secondo in quanto più stabile del primo. Dopo un’attenta valutazione, in questo volume si è scelto comunque di procedere all’analisi dei territori includendo gli avviamenti di un giorno, poiché essi presentano un’altra caratteristica, che è quella di essere molto concentrati settorialmente e la loro diffusione segue in genere le traiettorie di sviluppo delle diverse realtà locali, com’è dimostrato dal fatto che tali avviamenti sono molto concentrati nei settori del commercio a Corsico, 22 L’indice di dinamicità è stato elaborato per la priva volta in contributo apparso nel Rapporto 2003, è stato ottenuto utilizzando due variabili per le quali si può disporre di aggiornamenti continuativi nel tempo (Indice di dinamicità = avviamenti (t) / popolazione (t-1)); cfr. Benzi, C., Corsi, E. e Fugagnoli, P. (2004), “Struttura del mercato del lavoro e mobilità del lavoro nell’Est milanese. Un’analisi a scala comunale condotta sui dati dei Centri per l’Impiego”, in Provincia di Milano (2004), Flessibile, molto flessibile…, cit. pp. 291-315. 41 dell’industria della comunicazione e dello spettacolo nel Nord Milano e in quello alberghiero a Milano, ovvero proprio in settori di specializzazione di queste aree. Il loro utilizzo pertanto, se da una lato introduce alcuni elementi di distorsione come quelli di accentuare enormemente la valutazione degli aspetti di flessibilità dei rapporti di lavoro23, dall’altro consente di avere una più fedele rappresentazione dei cambiamenti in atto nei sistemi produttivi locali anche nelle loro dimensioni quantitative, le quali del resto concorrono, al di là delle considerazioni sulla qualità del lavoro offerto, a spiegare il diverso grado di attrattività dei diversi territori24. Fatte queste precisazioni di carattere propedeutico alla lettura dei testi proposti, ci si soffermerà infine su alcuni aspetti che a partire dai risultati della ricerca, consentono di evidenziare ulteriormente l’insieme degli strumenti che si sono trovati nella cassetta degli attrezzi dei dati amministrativi. In questi anni, il dibattito economico sullo sviluppo della regione urbana milanese ha dato ampio spazio all’analisi di due processi, quelli della deindustrializzazione e della terziarizzazione, spesso vissuti in contrapposizione tra di loro. Negli studi qui presentati, attraverso un uso incrociato delle informazioni dei dati amministrativi, emergono alcune ipotesi interpretative secondo le quali tali processi in molte realtà stanno invece procedendo simultaneamente e in modo integrato, dando vita ad un connubio che sta modificando in modo strisciante, e sovente non percepibile dalla statistica economica convenzionale, la struttura produttiva dei diversi territori. Fenomeni come quelli della terziarizzazione implicita del comparto manifatturiero (abbastanza trasversale all’insieme dell’industria, ma più forte nei settori science based), quello della transizione terziaria di interi 23 Nei contributi qui raccolti, per misurare il progredire dei processi di diffusione del lavoro atipico ci si è avvalsi di un indicatore come quello dell’indice di flessibilità che è calocto in base alla seguente formula Indice di flessibilità = 1(numero avviati(t)/numero avviamenti(t)) 24 In alcuni degli studi già citati si è del resto evidenziato come spesso la maggior mobilità territoriale si accompagni sovente anche a lavoro precari o a bassa qualifica che da aree ad elevata offerta si sposta dove maggiori sono le opportunità lavorative; cfr. Benzi, C., Corsi, E. e Fugagnoli, P. (2004), “Struttura del mercato del lavoro e mobilità del lavoro nell’Est milanese”, cit. Per una definizione di indice di attrattività (e per contro di indice di autocontenimento), cfr. Fumagalli, G. (2002), “La mobilità territoriale degli assunti”, in Provincia di Milano (2002), Le trasformazioni del mercato del lavoro e le politiche per l’occupazione in provincia di Milano. Rapporto 2001, FrancoAngeli, Milano, pp. 425-457. 42 comparti produttivi (si pensi a quello dell’informatica, nel quale ormai quasi tutte le maggiori imprese milanesi sono diventate grandi imprese di servizi) o ancora quello dello sviluppo delle funzioni di servizio all’interno della medesima filiera produttiva (si pensi al settore tessile-abbigliamento), dati i limiti della statistica economica e la povertà in Italia di studi sui cambiamenti delle imprese, sono infatti difficilmente catturabili se non attraverso analisi che sfruttino l’insieme del patrimonio informativo dei dati amministrativi dei Centri per l’Impiego. Molti degli stimoli che sono stati raccolti su questo tema, infatti, sono stati ad esempio desunti per vie indirette, come l’analisi delle qualifiche professionali richieste e, in qualche caso, dei contratti collettivi nazionali di lavoro applicati; un risultato che ha arricchito alcuni degli studi territoriali qui presentati, e non avrebbe potuto essere conseguito senza di essi Un’ulteriore conferma delle ampie potenzialità di queste fonti statistiche, che opportunamente sfruttate potranno concorrere a fornire descrizioni puntuali delle trasformazioni in atto ed elementi di conoscenza utili a supportare l’azione sia degli operatori territoriali che dei policy makers; ma anche, allo stesso tempo, la dimostrazione dell’utilità di questi studi, che hanno permesso anche di puntualizzare meglio giudizi e interpretazioni presentate in passato analizzando il dato aggregato provinciale, che di per sé non consente sempre di cogliere appieno la complessità dei processi che si muovono dentro il corpo dell’economia e della società milanesi. Va però detto che un lavoro di indagine induttivo come quello qui proposto necessiti di una costante azione di aggiornamento, che consenta di verificare, anche avvalendosi di serie statistiche che abbracciano un arco temporalmente più lungo di quanto sia oggi possibile, proprio le ipotesi più ardite che sono state qui presentate; una necessità che è avvertita in primo luogo proprio da chi ha sviluppato queste indagini, per ribadire la necessità che il contenitore che le ha ospitate mantenga il suo carattere di “cantiere aperto” che lo ha sempre contraddistinto. Una conferma di ciò è del resto fornita anche da alcune altre novità che sono state introdotte in questo lavoro, la prima delle quali riprende una sperimentazione condotta a margine di uno studio di un precedente Rapporto25, mentre le altre due costituiscono un risultato di ricerca con una forte valenza tecnica, che ha impattato anche sul lavoro stesso delle strutture provinciali che gestiscono i sistemi informativi del lavoro, avendo introdotto innovazioni per quanto la raccolta, la stoccaggio e la gestione dei 25 Cavicchini, E., Corsi, E. e Lorenzi, E. (2004) “Il pendolo del lavoro flessibile”, cit. pp. 97-102. 43 dati, e che riguarda la composizione settoriale del lavoro milanese e la sua georeferenziazione. 5. Le imprese dentro il cambiamento di Milano Gli studi sul mercato del lavoro prestano tradizionalmente un’attenzione secondaria al tema delle imprese e ai loro comportamenti in relazione al lavoro e anche le ricerche realizzate in questi ultimi anni si sono in genere soffermate maggiormente ad analizzare aspetti particolari come, ad esempio, le motivazioni che spingono gli imprenditori a utilizzare in misura crescente le forme di lavoro atipico26. Un approccio di questo genere era del resto condiviso anche nel già menzionato studio apparso nel Rapporto 2003 e comunque non aveva mai avuto una sua declinazione territoriale. Quest’anno invece si è scelto di utilizzare anche questo tipo di informazione per verificare se e in che misura le dinamiche economiche e territoriali individuate attraverso l’analisi della domanda di lavoro trovassero un riscontro anche in quelle che hanno coinvolto le imprese, visto che il dato delle aziende presenta una maggiore stabilità rispetto a quello relativo alle assunzioni, che sono molto condizionate da fattori quali le tipologie contrattuali utilizzate e la loro durata. L’analisi che si è sviluppata ha puntato quindi in primo luogo a verificare se il numero delle imprese che hanno effettuato segnalazioni e/o hanno operato richieste di lavoro somministrato avesse subito cambiamenti nel corso dell’ultimo biennio e come queste variazioni si fossero eventualmente distribuite nelle diverse realtà della provincia. Il quadro che è emerso da questa verifica ha confermato non solo i risultati ottenuti mediante l’analisi delle dinamiche della domanda di lavoro, ma ha semmai evidenziato una situazione di difficoltà ancor più acuta di quella messa in luce attraverso l’analisi delle dinamiche occupazionali, il cui carattere è apparso tra l’altro più diffuso dal punto di vista territoriale; infatti tutte le circoscrizioni milanesi, con la sola eccezione di Corsico, hanno registrato un calo, a volte anche sensibile delle 26 Cfr. Accornero, A., Altieri, G. e Oteri, C. (2001), Lavoro flessibile. Cosa pensano davvero imprenditori e manager, Ediesse, Roma; Fubini, L., Ortona. G. e Scacciati, F. (2000), “Quali politiche per l’occupazione? L’opinione degli imprenditori”, in Fubini, L., (a cura di) (2000), Strategie per l’occupazione. Il lavoro tra flessibilità e tutela, Carocci, Roma, pp. 27-89. 44 imprese che hanno operato assunzioni, un fenomeno che è sembrato interessare in misura maggiore proprio le imprese minori27. Si è poi condotta una verifica per analizzare le preferenze delle imprese tra il ricorso ad assunzioni dirette piuttosto o l’uso anche (o solo) di forme mediate di reclutamento dei lavoratori, con l’obiettivo di cogliere segnali che potessero evidenziare una maggiore o minore incertezza nei comportamenti aziendali28. Anche i risultati così ottenuti sembrano confermare il persistere di una situazione di difficoltà, che si è accompagnata ad un atteggiamento di prudenza anche da parte di quelle realtà imprenditoriali che vanno meglio. Infatti, benché la sola assunzione diretta rimanga la modalità più praticata, si è registrato un incremento generalizzato di imprese che hanno utilizzato solo lavoro somministrato, un fenomeno che ha riguardato prevalentemente le piccole imprese. Per contro, il numero dei soggetti che ha operato solo assunzioni dirette ha registrato un calo generalizzato, così com’è diminuito il volume complessivo delle segnalazioni da essi effettuate, mentre sono aumentati gli inserimenti fatti dalle imprese che utilizzano entrambe le modalità, tra le quali sono comprese quasi tutte quelle che operano il maggior numero di assunzioni. L’insieme di queste evidenze ha quindi confermato la validità delle informazioni relative alle imprese come strumento conoscitivo, che può essere utilizzato anche nelle indagini a scala locale ed è aperto ad ulteriori utilizzi, come quello, ad esempio, dello studio dei settori produttivi. 27 Il data set di cui ci è avvalsi nella redazione dello studio non fornisce alcuna informazione certa sulla dimensione d’impresa; a ciò si è sopperito suddividendo le imprese operanti in ogni circoscrizione per numero di segnalazioni effettuate e conducendo alcune verifiche a campione che hanno consentito di notare in primo luogo come le imprese si distribuissero nella varie classi a prescindere dal settore di attività di appartenenza e di osservare che le imprese tendevano in genere ad effettuare in entrambi gli anni un numero di avviamenti relativamente stabile, seppur calante, fatta eccezione per un numero piuttosto circoscritto di imprese (alberghi, grande distribuzione organizzata, call center, imprese dello spettacolo e della comunicazioni) che hanno in genere vista aumentare il numero delle segnalazioni. 28 Per realizzare in modo compito tale verifica si sarebbe dovuto procedere a replicare a scala locale l’indagine del 2003, ovvero ad analizzare numero e tipologie di contratti e numero degli addetti in tal modo movimentati. Un approccio di questo tipo è presente, però, seppure limitato, nell’ultimo capitolo sui dati relativi al 2006. 45 6. La composizione settoriale della domanda di lavoro La possibilità di realizzare studi settoriali a scala locale potrebbe risultare di grande interesse anche dal punto di vista operativo per le amministrazioni pubbliche, che sovente sono chiamate a misurarsi con situazioni emergenziali senza disporre di un adeguato quadro conoscitivo; è emblematico, infatti, che in questi ultimi anni siano stati affrontati numerosi casi di crisi aziendali o settoriali (si pensi al caso del tessile ma non solo) senza che ciò lasciasse tracce apprezzabili per quanto riguarda attività conoscitive delle cause che avevano determinato tali processi o le ricadute che questi hanno prodotto sui contesti territoriali. Negli studi qui realizzati questa carenza è stata molto avvertita, poiché ha limitato anche le possibilità di articolare riflessioni più compiute sulle prospettive delle aree prese in esame. Ovviamente la produzione di conoscenza sulla composizione della struttura produttiva a scala locale per guadagnare in efficacia deve oggi sormontare una serie di problemi che attengono i limiti degli strumenti che tali processi di apprendimento dovrebbero favorire. Come si è già detto, la statistica economica presenta gravi limiti e sotto questo aspetto specifico il contributo che può venire dalle informazioni raccolte dai Centri per l’Impiego è ulteriormente importante, poiché riesce a fornire informazioni costantemente aggiornate e capaci di fornire indicazioni integrate sulle dinamiche e la struttura del lavoro e quello dei settori. Vanno però recuperati alcuni ritardi, come quelli derivanti da un grado di completezza e di affidabilità dei dati raccolti che non è ancora pienamente soddisfacente; ancora oggi una parte significativa delle segnalazioni sono ad esempio sprovviste dell’informazione relativa al settore di attività; ed è proprio per questo che, preliminarmente alla redazione di questo Rapporto, si è deciso di operare autonomamente un intervento sulle banche dati che consentisse di migliorare il deficit derivante da una consistente presenza di mancate informazioni proprio per quanto riguarda i settori di attività, un problema che avrebbe potuto creare più di un problema in qualche caso di studio. Il motivo dell’elevato numero di missing per quanto concerne questo tipo di informazione ha molteplici spiegazioni, anche se la più rilevante è quella imputabile all’incompletezza delle segnalazioni effettuate dalle imprese e che risulta particolarmente diffuso nel caso dell’imprenditoria etnica, delle imprese che operano nel settore degli appalti (edilizia, pulizie, impiantistica ecc.) e che non hanno sede a Milano, nel settore alberghiero e della grande distribuzione, nonché tra le nuove imprese, specie tra quelle operanti nel settore dello spettacolo e degli eventi. 46 Per contenere tale fenomeno, in crescita nel corso degli ultimi anni, si è deciso pertanto di effettuare un lavoro di integrazione delle informazioni contenute nelle banche dati, recuperando con lavoro artigianale una gran parte delle mancate informazioni29 in parte dalle banche dati stesse, in parte utilizzando altre fonti. Il risultato di questo lavoro ha consentito di limitare i missing a circa il 10% dei casi, di cui una parte considerevole, come si è già detto,è dovuto alla mancata segnalazione da parte delle agenzie del lavoro, ma anche all’omessa attribuzione di un settore ad avviamenti che probabilmente riguardano il lavoro domestico e quello di cura. Questa lunga e impegnativa attività condotta dal gruppo di ricerca ha consentito di mettere a punto una base informativa capace di fornire il quadro più veritiero per quanto riguarda la composizione della domanda di lavoro; gli output finali evidenziano, infatti, un’incidenza ben maggiore del passato di alcuni settori come l’edilizia, gli alberghi, il commercio, la comunicazione e lo spettacolo, ma anche la telefonia, l’istruzione, la sanità e i servizi alle imprese, soprattutto per quanto concerne le imprese di pulizia, quelle di vigilanza, mentre possiamo dire con buon margine di certezza che leggermente sottostimato dovrebbe risultare ancora l’insieme del comparto metalmeccanico e il commercio. Le banche dati continuano inoltre a presentare alcune incertezze per quanto riguarda la corretta definizione del settore di attività; ciò è dovuto in massima parte a criteri non sempre omogenei con cui esso viene attribuito: a volte sembra essere riferito all’impresa e altre volte all’unità locale. Un problema analogo è riscontrabile per tutte quelle attività che rientrano nella sfera dell’economia del web (editoria, trading, pubblicità, informatica, comunicazione ecc.), i cui confini sono sfuggenti e nei quali si palesa un forte elemento di soggettività da parte di chi opera la segnalazione. Si tratta di problemi in parte insormontabili (essi sono del resto comuni anche ad altre banche dati, incluse quelle camerali), e che in parte condizionano proprio nelle analisi di carattere territoriale, specie quando queste prendono in esame ambiti circoscritti. Va osservato che, se per quanto riguarda l’affidabilità del dato è difficile che si possano ottenere a breve risultati apprezzabili, è possibile che miglioramenti sensibili potranno essere realizzati per quanto riguarda la completezza dei dati stessi, un 29 Questo lavoro di integrazione delle banche dati è stato effettuato sia sul 2004 che sul 2005, mentre è rimasto ancora incompleto sul 2003. L’attività di integrazione delle informazioni è stato inoltre integrato da un lavoro di omogeneizzazione dei codici riportati nei due anni, ovviando così anche a piccoli difetti (si pensi alla imputazione di codici di attività diversi in settori contigui, come quello del comparto metalmeccanico). 47 risultato che potrà rendere più efficaci le attività di monitoraggio del mercato del lavoro. 7. Dove si lavora in provincia di Milano? Un ulteriore risultato ottenuto dall’azione di implementazione delle banche dati precedentemente descritto è stato quello di cogliere una serie di incongruenze per quanto riguarda la georefenziazione del lavoro milanese, soprattutto relativo al lavoro somministrato, che in buona misura affondano le proprie radici ancora una volta nelle attività di segnalazione dei dati30. Il problema è reso più rilevante a causa della concentrazione delle agenzie interinali in un numero circoscritto di aree o di città (Milano, Melzo, Rho, il Nord Milano, Monza, Corsico) e della presenza nel capoluogo di grandi agenzie specializzate (Informatica, call center, GDO, ecc.) che hanno fatto si che in realtà alcune circoscrizioni in cui più forte è la presenza delle agenzie del lavoro, diventassero esportatrici di lavoratori interinali, verso quelle realtà in cui limitata o scarsa è la presenza dei soggetti somministratori (si pensi al caso di Rozzano, dove si concentra un gran numero di grandi utilizzatori di lavoro somministrato). Si è pertanto messo a punto un sistema di trattamento statistico dei dati che ha consentito di ovviare in buona misura a questo problema e che ha permesso una più precisa rappresentazione della diffusione di questi rapporti di lavoro nelle diverse realtà provinciali; un risultato particolarmente rilevante ai fini degli studi qui presentati e che probabilmente favorirà una messa punto di analoghi correttivi anche per quanto riguarda la trattazione standardizzata delle statistiche del lavoro curate dalla Provincia di Milano. 30 Il problema della georeferenziazione del luogo di lavoro riguarda inoltre anche le imprese plurilocalizzate, che sovente centralizzano le segnalazioni sulla sede legale o direzionale. Questo fenomeno riguarda inoltre alcune grandi centrali di avviamento aventi sede fuori provincia e la pubblica amministrazione (in particolare i ministeri) la qual cosa si riflette anche in una sottostima del lavoro milanese. 48