Utente e-GdP: sport - Data e ora della consultazione: 17 luglio 2010 21:09 14 Catholica INTERVISTA GIORNALEdelPOPOLO SABATO 25 NOVEMBRE 2006 + Don Valerio Crivelli racconta 30 di servizio nei media I sacerdoti in tivù: da che pulpito viene l’annuncio? Mercoledì 29 novembre don Valerio riceverà a Friburgo il premio cattolico della comunicazione conferito dalla Conferenza dei Vescovi Svizzeri. Un riconoscimento per «il contributo nel campo della liturgia e per aver comunicato con gioia il Vangelo». intervista di GIOIA PALMIERI Dovuto, ma non scontato, dopo trent’anni d’instancabile e assiduo servizio nel mondo dei media, il premio cattolico della comunicazione conferito quest’anno a don Valerio Crivelli e a Michel Demierre dalla Conferenza dei Vescovi Svizzeri, per aver dato «un contributo eccezionale, durante più di un quarto di secolo, al mondo della televisione». Nel pomeriggio di mercoledì 29 novembre, presso l’Università di Friburgo, ci sarà la consegna del “riconoscimento”, presente anche il nostro Vescovo. Abbiamo incontrato don Valerio. Come ha iniziato questa missione? All’inizio degli anni ’70. Il Vescovo Martinoli si era reso conto che dal punto di vista pastorale era necessario fare qualcosa nel settore dei media. L’intuizione del Vescovo era giusta, ma la modalità andava approfondita. Mi sono deciso ad andare all’Università del Laterano per la mia formazione e ho avuto la grossa fortuna di avere come mio professore il gesuita padre Enrico Baragli, l’uomo che ha scritto il Decreto Conciliare sui media. Mi ha fatto capire la distinzione che passa dal pulpito alla televisione. Certo, bisogna sfoderare le unghie e dire quello che non va e quello che va, ma la tivù non va confusa con il pulpito. Come sono stati i rapporti con i media ticinesi? C’è stata molta collaborazione. Per questo lavoro sono state coinvolte centinaia di persone che hanno collaborato volentieri e con disponibilità, differentemente da quello che avviene nella Svizzera tedesca, la quale pensava che avessimo dei fondi nascosti. Invece era la buona volontà di molte persone a sostenerci. E che ne pensa di Strada Regina? È il tentativo di fare qualcosa di diverso e questa è un’iniziativa ottima. Quale è la potenzialità dei media nell’annuncio del Vangelo? È enorme e ignorarla è impossibile, sarebbe da irresponsabili. La comunicazione dal punto di vista ecclesiale non può essere un’esclusiva dei media: l’importante è l’annuncio personale che la televisione non può sostituire. La celebrazione eucaristica via radio o tivù non sostituisce la messa. Raggiunge la gente che si ritrova nelle forme in cui ha vissuto per una vita intera: malati, anziani. E propone a chi non va a messa un annuncio corretto del Vangelo. Come commenta il discorso del Santo Padre alla Chiesa in Svizzera? Sono un entusiasta di Benedetto XVI, un teologo rigoroso e preoccupato che la teologia diventi pastorale. C’è stato uno sbaglio della segreteria di Stato Vaticano, ma dietro non si cela nessun “giallo”. Non ha detto niente di così allarmante, ma ha toccato, giustamente, quelli che sono i problemi della Chiesa in Svizzera: l’assoluzione collettiva dei peccati; la comunione ai divorziati e risposati; il problema dell’inserimento dei laici nella pastorale, che in Ticino non abbiamo; l’intercomunione con i protestanti e il modo in cui trattare con i preti che hanno lasciato il sacerdozio. Su questi temi il Papa non ha chiuso nessuna porta, ma ha ribadito i principi che non sono negoziabili. Riguardo alla condivisione dell’Eucarestia con i protestanti? L’Ecumenismo è adempiere alla vo- lontà di Cristo che voleva una Chiesa sola. Il problema dell’intercomunione con i protestanti è estremamente delicato in questo senso: esternamente facciamo la stessa cosa, ma intendendone due significati diversi. Questo vuol dire promuovere l’atto più ambiguo che si possa fare e questo non serve all’unità. E sulla collaborazione dei laici in parrocchia? Non ci sono particolari problemi in Ticino. È una cosa meravigliosa che i laici si mettano a disposizione a tempo pieno per l’annuncio del Vangelo. Il problema è quando “giocano” a fare i preti. Rimangono laici e quello che è proprio dei preti non cambia. Se un laico è in grado di fare le cose bene, nei limiti permessi, è giusto che intervenga attivamente alla messa. Certo la partecipazione all’omelia è un aspetto delicato perché da un lato fa parte della liturgia, ma dall’altro ha un forte aspetto comunicativo. Il compito principale del sacerdote è quello dell’Annuncio. Poi ci sono casi eccezionali in cui non ci sono preti o questi sono molto malati, ma il criterio è sempre quello della fedeltà all’insegnamento della Chiesa. Quali sono le difficoltà che riguardano la liturgia? Don Valerio Crivelli durante una celebrazione in Cattedrale. Il problema più grande è emerso al convegno che si è tenuto a Parigi a fine ottobre per i 50 anni dell’istituto teologico dell’università parigina: la mancanza di una teologia liturgica. Il secondo problema è la scarsa conoscenza dei libri liturgici. Quelli usciti dal Vaticano II, criticabili come tutte le cose, sono meravigliosi. Il Lezionario per la liturgia cattolica è il più bello che una Chiesa, qualunque Chiesa, abbia mai avuto. Per alcuni ancora prevale una certa nostalgia per quello che c’era prima, ma sono persone che non hanno ben presente la forma liturgica precedente al Concilio Vaticano II. La maggior parte dei cattolici non è educata a vedere la bellezza della liturgia... In questo senso un lavoro molto utile è stato fatto attraverso la diffusione via radio e televisione della messa domenicale. L’intenzione è quella di proporre dei modelli di celebrazione, presi dal Vaticano II, che siano esemplari e che utilizzino tutte le possibilità proposte dai libri liturgici. La Conferenza missionaria mette a disposizione di chi ne fa richiesta biglietti a sostegno dei missionari della Svizzera italiana nel mondo.