Risposta adattativa
all’ipossia




Le cellule possono sopravvivere a condizioni di
parziale ipossia ma non all’anossia, cioè alla
carenza totale o quasi tale di ossigeno.
La risposta adattativa all’ipossia è particolarmente
rilevante in condizioni sia fisiologiche che
patologiche.
Nella maggior parte dei tessuti il valore medio
della pO2 è ≥ 20 mm Hg.
Si verifica una condizione di ipossia quando
questo valore scende al di sotto dei 10 mm Hg.
Condizioni di ipossia





Ipossia Ipossica – diminuzione della pO2 nel sangue arterioso. Conseguente a
ipoventilazione per depressione respiratoria o ridotta pO2 nell’ambiente
(altitudine)
Ipossia anemica – riduzione del contenuto di emoglobina nel sangue.
Conseguente a perdita di sangue, ridotta produzione di globuli rossi, difetti
genetici nell’emoglobina, intossicazione da monossido di carbonio.
Ipossia ischemica– condizione tissutale che si realizza a valle di un’ostruzione
vascolare comunque generata.
Ipossia stagnante – ristagno del sangue nei tessuti per rallentamento del
circolo. Conseguente ad ostruzione fisica, vasocostrizione, riduzione della
gittata cardiaca.
Ipossia istotossica – inibizione dei processi respiratori cellulare per azione di
agenti tossici (avvelenamento da cianuro).
Le cellule sono in grado di rispondere a condizioni di ipossia di grado variabile ed, in
genere, solo condizioni di severa e prolungata ipossia inducono un danno cellulare
irreversibile e morte cellulare.
Fattori di trascrizione
inducibili dall’ipossia (HIF)


Le cellule possono adattarsi a condizioni di ipossia attivando specifiche vie di
segnalazione intracellulare con il coinvolgimento di una famiglia di specifici
fattori trascrizionali eterodimerici (hypoxia inducible factors, HIF).
Di questa famiglia che include HIF1, HIF2 e HIF3, il fattore più studiato è
HIF1 che ha espressione pressoché ubiquitaria e risulta costituito da due
subunità:
 HIF1a - la cui espressione è sensibile alla concentrazione di ossigeno
 HIF1b - la cui espressione è costitutiva in pressoché tutte le cellule
Meccanismo d’azione di HIF1 (1)

In normossia, HIF1a è costantemente degradato via proteosoma a seguito di
specifiche modificazioni enzimatiche:
 La prolil-idrossilasi (PH) ossidrila specifici residui di prolina nel dominio
ODD
 Tale modificazione induce un cambiamento conformazionale che media il
legame con il fattore di von Hippel-Lindau (vHL), parte del complesso E3
ubiquitin ligasi.
 L’ubiquitinazione consente la degradazione via proteosoma
 Altre proteine possono ugualmente favorire la degradazione di HIF1a.
Meccanismo d’azione di HIF1 (2)

In ipossia, le vie di degradazione di HIF1a sono fortemente inibite favorendone
l’accumulo citoplasmaico.
 Nel citoplasma HIF1a eterodimerizza con HIF1b e il dimero, fosforialto da
specifiche chinasi trasloca nel nucleo.
 L’up-regolazione di HIF1a indotta dall’ipossia è presente in quasi tutte le
cellule in maniera aspecifica.
 L’effetto è ampio con l’attivazione di molti geni bersaglio.
Meccanismo d’azione di HIF1 (3)

In condizioni di ipossia, l’induzione dei trasportatori del glucosio e degli enzimi
glicolitici consente:



L’aumento della concentrazione intracellulare del glucosio.
Accelera i processi di glicolisi aerobia
L’aumento di ac. Lattico e CO2 che possono determinare acidificazione del pH
intracellulare è modulato dall’attivazione di pompe, scambiatori e trasportatori
di membrana che equilibrano il pH intracellulare.
Processi regressivi cellulari
Le funzioni cellulari possono essere alterate da alcune condizioni
(degenerazioni o processi regressivi) che, pur consentendo la
sopravvivenza della cellula, determinano l’accumulo di sostanze
fisiologicamente assenti o presenti a bassa concentrazione.
I processi regressivi si osservano in presenza di insulti tossici, alterate
condizioni metaboliche, difetti genetici ereditari che inducono l’accumulo di
molecole biologiche di varia natura (proteine, glicidi o lipidi)
•
Rigofiamento torbido e degenerazione vacuolare (tipico di condizioni di
ipossia) – Il citoplasma appare rigonfio di aspetto granulare o con
diversi vacuoli. Il rigonfiamento mitocondriale è responsabile
dell’aspetto torbido del citoplasma.
•
Steatosi o degenerazione grassa – Accumulo di lipidi (trigliceridi) nel
citoplasma di cellule in cui fisiologicamente non si riconosco questi
depositi. Questa condizione si instaura quando si realizza uno sbilancio
tra assunzione/produzione di lipidi e loro smaltimento. Gli organi più
frequentemente colpiti da steatosi sono: fegato, rene, miocardio.
Steatosi epatica



E’ una condizione di accumulo di trigliceridi (TG) a livello del parenchima epatico,
dipendente dal suo importante coinvolgimento nel metabolismo lipidico.
I lipidi introdotti con la dieta sono veicolati al fegato dai chilomicroni mentre, mobilizzati
in altre sedi, sono veicolati da altre lipoproteine.
L’enzima lipoprotein-lipasi (LPL) li trasforma in ac. grassi non esterificati (NEFA)
utilizzati dal fegato come:
 Substrati energetici nella beta-ossidazione degli ac. grassi mitocondriale.
 Sintesi di altri lipidi
 Trasformazione in trigliceridi trasportati dalle lipoproteine plasmatiche
Steatosi da aumentato apporto


La causa primaria è un aumento della disponibilità di
precursori lipidici di origine esogena (dieta) o endogena
(mobilizzazione delle riserve delle c. adipose)
In pazienti affetti da s. metabolica (obesi, ipertesi, con
diabete mellito tipo 2, insulino resistenza, ↑ TG ematici, ↓
HDL-colesterolo) presentano importante steatosi epatica
(NAFLD, non-alcoholic fatty liver disease).
Steatosi da carenze alimentari


Specifiche condizioni di carenza alimentare possono
determinare steatosi per la ridotta capacità degli epatociti
di sintetizzare lipoproteine per il trasporto dei lipidi (inclusi i
TG).
Frequente nei bambini di regioni sotto-sviluppate che si
alimentano con diete a bassissimo contenuto di proteine.
Steatosi conseguente a lesione
epatica tossica


Si osserva in soggetti che assumono quantità significative di bevande
alcoliche, in soggetti esposti a tossici ambientali di varia natura, o
come effetto dell’assunzione di alcuni farmaci.
Nell’etilismo cronico (alcolismo) si osserva un meccanismo
patogenetico multiplo:
 ↑ mobilitazione ac. grassi dai tessuti adiposi
 ↑ sintesi di acidi grassi negli epatociti
 ↑ esterificazione di acidi grassi a trigliceridi
 ↓utilizzazione ac. grassi per blocco ossidativo
 ↓ ridotta immissione in circolo di lipoproteine
Degenerazione vacuolare


Condizione in cui si osserva la comparsa di vacuoli
citoplasmatici di varie dimensioni, delimitati da una
membrana.
Le cause più comuni sono:
 L’ingresso nella cellula di materiale potenzialmente
digeribile ma penetrato in quantità eccessiva.
 Ingresso nella cellula di materiale indigeribile.
 Segregazione nei lisosomi di sostanze che non vengono
metabolizzate per una carenza enzimatica (malattie
lisosomiali)
 Segregazione nei lisosomi di sostanze che inibiscono le
idrolasi lisosomiali.
 Blocco della fusione tra lisosomi e fagosomi
Malattie lisosomali o tesaurismosi

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

Condizioni di degenerazione vacuolare in cui rientrano un’importante gruppo
di malattia genetiche, prevalentemente a trasmissione AR o legata al
cromosoma X.
Sono caratterizzate dall’accumulo in vacuoli di materiale endogeno che non
viene eliminato per un difetto nella sintesi o funzionale di enzimi lisosomiali.
Numerose condizioni classificate sulla base delle molecole accumulate nei
vacuoli lisosomiali
 Lipidosi – i lipidi accumulati sono principalmente sfingolipidi (più
raramente fosfolipidi).
 Mucopolissaridosi – da accumulo di mucopolissaccaridi.
 Glicogenosi – da accumulo di glicogeno.
Alcune forme acquisite di malattia lisosomiale possono dipendere dall’azione
di farmaci (definiti lisosomotropi) che si accumulano nei lisosomi inibendo la
funzione di specifici enzimi lisosomiali.
Forme acquisite: inibizione
enzimatica mediata da farmaci



Alcuni antibiotici (es. streptomicina e kanamicina) possono inibire gli
enzimi lisosomiali, provocando accumulo di materiale autofagico non
digerito, responsabile di fenomeni di organotossicità.
Un farmaco tipicamente lisosomotropo è l’antimalarico clorochina,
che provoca tesaurismosi lipidiche o proteolipidiche in numerosi
organi.
Substrati normali, specialmente lipidi, sono resi difficilmente digeribili
per azione di farmaci anfipatici (es. psicofarmaci e farmaci antianginosi)
 Complessi farmaco-lipidi si accumulano nei lisosomi
 Tali complessi si dissociano lentamente solo dopo cessazione del
trattamento farmacologico, rendendo il substrato nuovamente
digeribile.
Sfingolipidosi (1)




Le sfingolipidosi ( o glicolipidosi ) sono dovute ad un blocco nella degradazione
lisosomiale degli sfingolipidi (mutazioni a livello di specifci enzimi degradativi).
Sono malattie ereditarie monogeniche, principalmente autosomiche recessive.
Gli sfingolipidi sono lipidi complessi caratterizzati dalla presenza dell’aminoalcool sfingosina o del suo derivato saturo diidro-sfingosina
Gli sfingolipidi si dividono in:
 Fosfosfingosidi (o sfingomieline)
 Glicolipidi ( o glicosfingosidi)
 Quest’ultimi includono:
• Cerebrosidi
• Solfatidi
• Globosidi
• Gangliosidi
Sfingolipidosi (2)

Le sfingolipidosi sono un gruppo estremamente eterogeneo di
condizioni in cui è possibile distinguere alcuni elementi comuni:
 Sono malattie genetiche a trasmissione autosomica
recessiva.
• Unica eccezione è la malattia di Fabry (o angiocheratoma
diffuso) che è associata al cromosoma X.
 Sono malattie molto gravi spesso letali nei primi anni di vita.
 Sono causate da deficit in uno o, a volte, più enzimi
lisosomiali
 L’accumulo di sfingolipidi coinvolge principalmente il sistema
nervoso centrale, il fegato e la milza.
Malattia
M. di Gaucher
M. di NiemannPick
Materiale
prevalentemente
accumulato
Glucorebroside
Sfingomielina
Deficit enzimatico
Glucorebrosidasi
Sfingomielinasi
Trasmissione
ereditaria
Manifestazioni particolari
AR
Forma adulta: aumento fosfatasi
acida, fratture patologiche;
predilezione per gli ebrei ashkenaziti
AR
Infiltrati polmonari, pelle brunastra,
forma neuropatica dell’infanzia
aumentata negli ebrei ashkenaziti,
istociti blu-mare
Aumento della proteionorrachia e
precoci anomalie della deambulazione
della tarda infanzia; neuropatia
periferica
Leucodistrofia
metacromatica
Sulfatide
Aril-sulfatasi A
AR
M. Di Fabry
Globotriaosilceramide
Alfa-galattosidasi A
Dominante
legata al chr X
Fucosidosi
Pentaesosilfucoglicolipide
Alfa-fucosidasi
AR
Facies grossolana, aumento degli
elettroliti del sudore, angiocheratoma
nei giovani
M. Di Farber
Ceramide
Ceramidasi
AR
Artropatia-noduli sottocutanei
periarticolari e viscerali
(lipogranulomatosi)
Angiocheratoma cutaneo, trombosi
vascolari, ipoidrosi
Gangliosidosi
generalizzata
Ganglioside GM1
GM1 ganglioside: beta
galattosidasi
AR
Facies grossolana,edema,
macroglossia,,,
mucopolisaccariduria;cecità precoce
nelle forme infantili
M. Di Tay-Sachs
Ganglioside GM2
Esosaminidasi A
AR
Macrocefalia, iperacusia nella forma
infantile
Esosaminidasi A e B
AR
Macrocefalia, iperacusia, istiocitosi
viscerale
M. Di Sandhoff
Ganglioside GM2
Malattia di Fabry


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La malattia di Fabry (MF) è una malattia multisistemica, progressiva,
ereditaria del metabolismo glicosfingolipidico.
Nella sua forma classica, la malattia colpisce maggiormente i maschi
emizigoti, privi di attività dell'enzima alfa-galattosidasi A,
Si caratterizza per sintomi neurologici (dolore), cutanei (angiocheratoma),
renali (proteinuria e insufficienza renale), cardiovascolari (cardiomiopatia e
aritmia), cocleovestibolari e cerebrovascolari (ictus).
La malattia colpisce tutte le popolazioni e ha una prevalenza che varia da 1
a 5 casi ogni 100.000
I sintomi clinici (dolore cronico acuto con parestesia e senso di bruciore e di
formicolio) compaiono durante l'infanzia tra i 4 e i 10 anni.
Le femmine eterozigoti sono spesso sintomatiche, ma la gravità dei sintomi
varia da quadri moderati a gravi.
È causata da mutazioni del gene GLA (cromosoma Xq22) e la trasmissione
è legata all'X.
ANGIOCHERATOMA
Si tratta di lesioni cutanee puntiformi rosse, papulose. Una
conseguenza a livello dermatologico della malattia di Fabry
Mucopolisaccaridosi




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
Le mucopolissacaridosi sono un gruppo eterogeneo di malattie
genetiche a trasmissione autosomica recessiva o legata al
cromosoma X.
Si caratterizzano per un deficit in enzimi lisosomiali coinvolti nella
degradazione dei mucopolissaccaridi acidi o glicosaminoglicani.
Le principali mucopolissaccaridosi sono classificabili in 9 tipi (da I a IX)
Sono malattie spesso gravi.
Frequente il riscontro di ritardo mentale e deformità scheletriche di
entità variabile.
Le gravi alterazioni neurologiche sono giustificate dal ruolo dei
mucopolissaccaridi nella formazione delle sinapsi.
Classificazion
e numerica
Malattia
Glucosaminoglicano
accumulato
Deficit enzimatico
MPS I
M. Di Hurler-Scheie
Dermatan solfato,
Eparan solfato
Alfa-iduronidasi
MPSII
M. Di Hunter
Dermatan solfato,
Eparan solfato
Iduranato solfatasi
Eparan solfato
Eparan solfato
Eparan solfato
Eparan solfato
Eparan solfatasi
Alfa-N acetilglucosaminidasi
Acetil-CoA: alfaglucosaminidetransferasi
N-Acetilglucosamina-6-solfatasi
MPS III
-tipo A
-tipo B
-tipo C
-tipo D
M. Di Sanfilippo A
M. Di Sanfilippo B
M. Di Sanfilippo C
M. Di Sanfilippo D
MPS IV
-tipo A
M. Di Morquio A
-tipo B
M. Di Morquio B
MPS VI
MPS VII
Cheratan solfato,
Condroitin solfato
Cheratan solfato
Galatto-6-solfatasi
M. di Maroteaux-Lamy
Dermatan solfato,
Arilsolfatasi B
M. Di Sly
Dermatan solfato,
Eparan solfato
Condroitin solfato
Beta-glicuromidasi
Beta galattosidasi
Malattia di Hurler (MPSI)






Patologia da accumulo lisosomiale causata da un deficit di alfa-Liduronidasi.
Si caratterizzata per un progressivo deterioramento fisico con
escrezione di dermatan solfato ed eparan solfato.
E’ presente nanismo, epato-splenomegalia, opacità corneale,
complicanze cardiache e respiro rumoroso.
L'incidenza di 1:100.000 persone.
L'aspetto degli individui affetti evidenzia: fronte prominente, radice
del naso infossata, cute ispessita, labbra grosse, lingua
protrudente, cornee opache, ritardo mentale.
Sono stati riscontrati anche difetti al cuore e alle valvole
cardiache.
Malattia di Hurler (MPSI)


Il gene che codifica l'alfaiduronidasi comprende 14
esoni ed è localizzato sul
cromosoma 4p16.3.
La malattia è a trasmissione
autosomica recessiva
Glicogenosi




Difetti metabolici, geneticamente trasmessi, che coinvolgono la
sintesi o il catabolismo del glicogeno.
Sono di fatto coinvolti tutti i geni che codificano per enzimi del
metabolismo del glicogeno.
L’accumulo di glicogeno è citoplasmatico, ad eccezione della s. di
Pompe, in cui è lisosomiale per un defcit di maltasi acida.
Le glicogenosi coinvolgono principalmente il tessuto epatico ed il
tessuto muscolare.
 Gli epatociti, che possiedono enzimi per la sintesi e degradazione
del glicogeno, hanno un ruolo essenziale nel regolare la
disponibilità di glucosio
 Le cellule muscolari striate scheletriche utilizzano il glicogeno
soprattutto come fonte di energia attraverso la via glicolitica.
Glicogenosi
Deficit
I
Glucosio 6-fosfato
fosfatasi (Ia)
Trasportatore del
G6P (Ib)
Von Gierke
Organi colpiti
fegato
1:100.000 nati
a 1-4 glucosidasi
II
Pompe
III
Cori
lisosomiale
Enzima deramificante (amilo
1-6 glucosidasi)
muscolo
(cuore)
muscolo
fegato
Sintomi
Esordio clinico 3-4 mesi.
Epatomegalia Accrescimento
Ipoglicemia (convulsioni,
coma) chetosi a digiuno
, iperlipidemia.
Adenomi epatici 2a-3a decade
Esordio nel lattante.
Cardiomegalia, ipotonia
muscolare. Morte prima dei 2 anni
x insuff. cardiorespiratoria
Anche forme lievi con
debolezza muscolare nell’adulto
Simile al tipo I, meno grave,
Ipoglicemia a digiuno.
1:100.000 nati
IV
Andersen
Enzima ramificante
Molto rara
fegato
Esordio 1-2 mesi.
Epatomegalia,
Accrescimento
Morte prima dei 2 anni per
insufficienza epatica da cirrosi.
Glicogenosi
V
McArdle
VI
Hers
VII
Deficit
Fosforilasi
Fosforilasi cinasi
(VI A) 80%
Fosforilasi (VI B)20%
Organi colpiti
Sintomi
muscolo
Diagnosi su giovani adulti (20-30
aa.). Intolleranza muscolare allo
sforzo: crampi e mioglobinuria (da
rabdomiolisi)
fegato
Tarui
Fosfofruttocinasi
Molto rara
muscolo
IX
Fosforilasi cinasi
fegato
0
Glicogeno sintasi
Molto rara
Evoluzione clinica molto
sfumata (simile tipo I)
Simile al tipo IV
fegato
Epatomegalia e ritardo della
crescita. Decorso benigno.
Ipoglicemia, chetonemia
convulsioni. No epatomegalia
no iperlipidemia
Iper-glicemia e –lattacidemia
dopo i pasti
Malattia di Pompe (1)

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
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

La glicogenosi tipo 2 (GSD 2) è una malattia da accumulo lisosomiale
caratterizzata dal coinvolgimento variabile dei muscoli scheletrici e della
respirazione.
La forma infantile si associa a cardiomiopatia ipertrofica.
L'incidenza è circa 1/57.000, per la forma adulta, e 1/138.000, per la forma
infantile.
La forma infantile o malattia di Pompe si manifesta prima dei 3 mesi di vita,
con grave ipotonia, difficoltà alla suzione e alla deglutizione, cardiomiopatia
ipertrofica ed epatomegalia progressiva.
La forma adulta si presenta con una miopatia progressiva dei cingoli, che
esordisce a partire dagli arti inferiori e che coinvolge l'apparato respiratorio,
che può costituire il primo sintomo della malattia.
La malattia è dovuta al deficit di alfa-1,4-glucosidasi acida, che idrolizza il
glicogeno in unità di glucosio, comportando un accumulo intralisosomiale di
glicogeno.
Malattia di Pompe (2)
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


Il gene (GAA) è localizzato sul
cromosoma 17q23.
L’ereditarietà è autosomica recessiva
Oltre al trattamento sintomatico, è
disponibile la terapia enzimatica
sostitutiva.
In assenza di terapia sostitutiva, nelle
forme infantili, il decesso si verifica
prima dei due anni a causa dello
scompenso cardiorespiratorio.
I pazienti con la forma tardiva devono
ricorrere alla sedia a rotelle e
necessitano di assistenza
respiratoria.
Patologia mitocondriale
Una patologia mitocondriale è


Primaria – se causata da
difetti
genetici
delle
proteine mitocondriali.
Secondaria – se causata
da fattori esogeni che
provocano
alterazioni
morfo-funzionali
dei
mitocondri
In quest’ultimo caso il tipo di
lesione
più
comune
è
il
rigonfiamento del mitocondrio e la
disorganizzazione delle creste.
Malattie mitocondriali (1)





Le malattie mitocondriali sono un gruppo molto eterogeneo di
patologie ereditarie causate da alterazioni nel funzionamento dei
mitocondri.
Esse presentano notevole variabilità clinica per quanto riguarda
 età’ d’insorgenza
 tipo di evoluzione
 tessuti coinvolti
La caratteristica comune è l’intolleranza agli sforzi, il facile
affaticamento e l’accumulo di acido lattico.
L’acido lattico si accumula nei tessuti muscolari quando la
respirazione mitocondriale è insufficiente.
Oggi si definiscono malattie mitocondriali solo quelle associate
ad un’insufficiente fosforilazione ossidativa, la classificazione è
fatta sulla base del processo biochimico alterato o del difetto
genetico.
Malattie Mitocondriali (2)
Il DNA mitocondriale (mtDNA) è esclusivamente di origine materna.
 Il mtDNA è un DNA circolare di piccole dimensioni e codifica solo per 13
polipeptidi, componenti essenziale della via della fosforilazione ossidativa.
22 geni codificano per i tRNA e 2 per rRNA.
 E’ dotato di scarsa capacità riparativa ed è esposto a specie reattive
dell’ossigeno (ROS) prodotte all’interno del mitocondrio che possono
indurre mutazioni nel mtDNA.
 Ogni cellula contiene mediamente centinaia di mitocondri con in media 5
mtDNA per organulo.
 Nella stessa cellula possono coesistere mitocondri con mtDNA normale e
mtDNA mutante. Tale condizione è detta di eteroplasmia.
 L’espressione fenotipica di un mutante è regolata da un effetto soglia.
 La manifestazione fenotipica è complicata dalla segregazione replicativa,
per cui durante le divisioni cellulari i mitocondri vengono ripartiti
casualmente nelle cellule figlie.
Ulteriori fattori che complicano il quadro delle malattie mitocondriali sono:
 Il contributo di geni nucleari che codificano per proteine mitocondriali.
 Il fatto che mutazioni in alcuni geni mitocondriali possono alterare la
stabilità del mtDNA.
Malattie mitocondriali (3)


Sindrome di Kearns-Sayre (KSS; rara 1:100.000)
 La sindrome di Kearns-Sayre è una malattia neuromuscolare caratterizzata
dall'insorgenza, prima dei 20 anni, di oftalmoplegia, ptosi e retinite pigmentosa.
 La malattia esordisce con i sintomi oculari ed evolve con la comparsa
progressiva di altri segni correlati alla distribuzione tissutale del difetto
molecolare: sordità, coinvolgimento cardiaco (cardiomiopatia, difetti della
conduzione cardiaca), miopatia dei muscoli scheletrici, ecc.
 E’ dovuta alla delezione di grosse porzioni del DNA mitocondriale. Le delezioni
sono eteroplasmiche.
 I sintomi dipendono dalla percentuale del DNA mutato (es. 60% nei musc.
Scheletrici).
 Prevalentemente sporadica, Solo eccezionalmente ereditata per linea materna.
Sindrome di Pearson,
 Caratterizzata da anemia sideroblastica refrattaria, vacuolizzazione dei
precursori del midollo e insufficienza pancreatica esocrina.
 Solo una sessantina di casi: colpisce entrambi i sessi nell’ infanzia, raramente in
epoca neonatale.
 È causata da delezioni del DNA mitocondriale che sono la causa di un deficit di
funzione della catena respiratoria mitocondriale.
 L’eteroplasmia spiega la grande variabilità nell'espressione clinica di questa
sindrome sia tra pazienti, sia nello stesso paziente.
Malattie mitocondriali (4)



S. MELAS (encefalomiopatia mitocondriale con acidosi lattica ed episodi simili ad ictus)
 E’ una patologia progressiva con disturbi neurologici acuti paragonabili a ischemie
cerebrali, associati a iperlactatemia e miopatia mitocondriale.
 E’ dovuta a mutazioni del DNA mitocondriale.
 Sono state identificate 10 mutazioni differenti ma l'80% dei casi è dovuto alla
mutazione 3243A>G nel gene del tRNA della leucina (tRNA Leu).
 La sintomatologia risente dell’eteroplasmia.
S. MERRF (epilessia mioclonica con fibre rosse sfilacciate; rara 1:100.000)
 E’ un'encefalomiopatia mitocondriale, caratterizzata da crisi epilettiche miocloniche.
 La malattia è progressiva, con peggioramento dell'epilessia e comparsa di altri
sintomi.
 E’ causata da mutazioni nel DNA mitocondriale. Più dell'80% dei pazienti presenta la
mutazione 8344A>G nel gene che codifica per l'RNA di trasporto della lisina (MTTK).
 La sintomatologia risente dell’eteroplasmia.
Neuropatia ottica ereditaria di Leber (LHON; 1:50.000)
 E’ una malattia neurodegenerativa del nervo ottico, con perdita della vista.
 E’ dovuta a mutazioni nel DNA mitocondriale (mtDNA).
 Oltre il 90% delle mutazioni si localizzato nelle posizioni nucleotidiche 11778, 3460 o
14484.
 Tutte le mutazioni provocano difetti dei geni delle subunità del complesso I della
catena respiratoria nel mtDNA: MT-ND1, MT-ND4 e MT-ND6.
Morte cellulare: da danno
reversibile a danno irreversibile



Nelle risposte adattative e regressive che le cellule attuano in risposta a
stimoli lesivi persistenti esiste una sottile linea di confine che separa
l’adattamento reversibile dal danno irreversibile che conduce a morte
cellulare.
Funzioni indispensabili che condizionano la sopravvivenza della cellula sono:
 Integrità della respirazione cellulare - il metabolismo aerobico e l’integrità
dei mitocondri garantiscono la disponibilità di energia sotto forma di ATP.
 Integrità delle strutture di membrana – la membrana plasmatica e le
strutture di membrana intracellulari prevengono pericolose alterazioni
osmotiche.
 Integrità del citoscheletro – preserva l’integrità strutturale interna della
cellula
 Integrità del materiale genetico
L’azione lesiva è spesso intesa come esposizione cronica che perdura nel
tempo, tuttavia esistono condizioni in cui il danno evolve rapidamente (es.
ischemia).
Meccanismi di danno cellulare:
lesione mitocondriale




E’ spesso dipendente dall’azione di agenti lesivi di natura tossica o
ipossica/ischemica.
L’integrità delle membrane mitocondriali e del potenziale
mitocondriale è essenziale per le funzioni dell’organulo.
La funzione mitocondriale può essere alterata da:
 Alterazioni della componente lipidica a seguito di processi
ossidativi.
 Azione di composti tossici di natura lipidica.
 Aumento indiscriminato dei livelli di Ca2+ citoplasmatico.
 Azione di composti tossici in grado di bloccare il trasporto di
elettroni lungo la catena respiratoria mitocondriale.
Il danno si manifesta normalmente con l’apertura dei pori che
regolano la permeabilità dei compartimenti mitocondriali, in genere
con rigonfiamento e compromissione della funzione.
Meccanismi di danno cellulare:
deplezione intracellulare di ATP
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La deplezione di ATP può verificarsi come:
 Conseguenza di una lesione diretta o indiretta dei mitocondri.
 Riduzione significativa dei livelli di O2 molecolare a seguito di ipossia o
ischemia.
La deplezione di ATP risulta pericolosa per la sopravvivenza della cellula
quando i livelli itra-cellulari raggiungono il 5-10% di ATP.
 Compromissione del metabolismo cellulare
 Blocco dell’attività delle pompe ATP-dipendenti
 Accumulo di ioni Na+ e Ca2+ ed ingresso di H2O con rigonfiamento
cellulare
L’alterata omeostasi del Ca2+ (fisiologicamente 0.05-0.2 mM intracellulare 1.3
mM extracellulare) induce l’attivazione di numerosi enzimi Ca-dipendenti
potenzialmente in grado di degradare strutture cellulari (lipidi, proteine, ac.
nucleici).
Meccanismi di danno cellulare: stress
ossidativo e specie reattive
dell’ossigeno (1)
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L’utilizzo dell’ossigeno nell’ambiente cellulare da parte di mitocondri e
particolari enzimi o citocromi può portare alla produzione di ROS, quali
perossido d’idrogeno (H2O2), anione superossido (02.-), radicale idrossilico
(OH.) .
I ROS sono altamente reattivi ed in grado di danneggiare costituenti cellulari.
Meccanismi di danno cellulare: stress
ossidativo e specie reattive
dell’ossigeno (2)
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L’eccessiva produzione di ROS induce una condizione di stress
ossidativo a di danno ai costituenti cellulari
 Alterazioni a carico dei lipidi e fosfolipidi di membrana – integrità
e funzionalità della membrana.
 Alterazioni a carico del nucleo – rottura e frammentazione del
DNA.
 Alterazioni delle proteine – ossidazione, inattivazione e
denaturazione con possibile frammentazione
Lo stresso ossidativo può essere indotto dalla metabolizzazione di
sostanze tossiche, dall’esposizione a radiazioni ionizzanti,
dall’attivazione della risposta infiammatoria mediata da macrofagi e
neutrofili.
Necrosi
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Viene definita necrosi la morte
cellulare accidentale che
coinvolge gruppi più o meno
estesi di cellule di un
tessuto/organo.
E’ un evento che la cellula subisce
passivamente non essendo più in
grado di contrastare l’azione di
agenti lesivi esogeni o endogeni.
L’analisi al microscopio ottico di
preparati istologici convenzionali
(c. ematossilina-eosina) evidenzia
un’aumenta eosinofilia delle
cellule che è il risultato di
alterazioni morfologiche importanti
della cellula.
Evoluzione della necrosi
Morte cellulare da ischemia
In assenza di ossigeno le fosforilazioni ossidative cessano. L’arresto della sintesi di
ATP porta ad una rapida caduta dei suoi livelli.
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L’ADP è utilizzato dall’adenilato ciclasi (2ADP->ATP +AMP) per produrre
ATP.
L’AMP tossico è defosforilato con produzione di adenosina.
Si attiva la glicolisi anaerobia come fonte alternativa di ATP con accumulo
di ac. Lattico lesivo per la cellula.
Con il perdurare della condizione di arresto respiratorio i mitocondri si
rigonfiano.
Il danno si estende alle altre strutture cellulari:
• Reticolo endoplasmatico e ribosomi con arresto della sintesi
proteica.
• Il nucleo diventa più piccolo e la cromatina si addensa in un
ammasso compatto indice della morte cellulare
• La cellula si rigonfia a seguito di un’arresto della capacità di
trasporto attraverso la membrana.
La struttura compartimentalizzata della cellula è definitivamente perduta.
Miocardio normale
Area infartuale
Apoptosi
Le cellule possono anche morire per apoptosi o morte programmata.
Questo tipo di morte cellulare non è mediato da agenti esterni ma
piuttosto da agenti fisiologici (ormoni, citochine e altre cellule).
L’apoptosi è un processo di morte cellulare che colpisce singole cellule
e non zone più o meno estese di tessuto come nella necrosi.
 La cellula apoptotica si rimpicciolisce e tende ad essere
tondeggiante perdendo i contatti giunzionali con le cellule vicine.
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Il nucleo si condensa e successivamente si frammenta.
Si osservano solo modeste variazioni negli organuli
citoplasmatici.
La cellula si frammenta con la formazione di corpuscoli chiamati
corpi apoptotici.
Apoptosi Caspasi-dipendente
Le alterazioni morfo-funzionali dell’apoptosi sono mediate
dalla famiglia delle caspasi (cistein-proteasi con specificità per
i residui di ac. Aspartico).
Come per molti processi fondamentali della cellula esiste una
ridondanza di vie di attivazione e inibizione.
Nella via estrinseca intervengono fattori esterni che operano
attraverso recettori di membrana (FAS/CD95 e TNF-R1).
 La via intrinseca è di norma attivata da varie forme di stress
cellulare (danni indotti al DNA, agenti citotossici, privazione
di citochine/fattori di crescita).
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Induzione
della via estrinseca
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La via estrinseca è attivata da citochine proapoptotiche
(famiglia del Tumor Necrosis Factor) quali TNFa, Fas
ligando (Fas-L), TRAIL che legano specifici recettori di
membrana (DR, death receptors).
Modificazioni conformazionali dei recettori permettono il
legame di proteine adattatrici (FADD, TRADD) le quali
reclutano molte molecole di un proenzima (Pro-Caspasi
8).
L’autoproteolisi libera la caspasi 8 che attiva la 10 e, a
cascata, le caspasi effettrici 3,6,7.
La caspasi 8 ha anche attività proteolitica su BID (fattore
apoptotico della famiglia di BCL-2) che, attivato,
dimerazza ed agisce con altri fattori apoptotici (BAX,
BAK) sui mitocondri permealizzando la membrana al
citocromo C.
Il citocromo C si lega alla proteina Apaf-1 formando un
complesso, l’apoptosoma, che recluta e attiva la
procaspasi 9.
La caspasi 9 agisce attivando la caspasi 3.
Induzione
della via intrinseca
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La via intrinseca è di norma attivata da varie forme
di stress cellulare (danni diretto al DNA, agenti
citotossici, privazione di citochine/fattori di
crescita).
Bax, la cui induzione è mediata da p53,
eterodimerizza con Bid permeabilizzando la
membrana mitocondriale al citocromo C.
Il citocromo C si lega alla proteina Apaf-1 formando
un complesso, l’apoptosoma, che recluta e attiva la
procaspasi 9.
La caspasi 9 agisce attivando la caspasi 3.
La caspasi 3 agisce come descritto in precedenza
su una serie di substrati.
Esistono sia fattori pro-apoptotici che inibitori
dell’apoptosi, capaci in qualsiasi momento di
modulare il processo che rappresenta una via di
non ritorno per la cellula.
Frammentazione del DNA
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Una caratteristica
frammentazione del DNA
costituisce l’evento culminante
dell’attivazione del processo
apoptotico
Alcune endonucleasi (Dnasi I e
II, Nunc.18) attivate dalle
caspasi spezzando i due
filamenti di DNA in maniera
specifica in corrispondenza
delle regioni tra due
nuclesomi.
Si ottiene così una tipica
frammentazione in pezzi di
180-200 bp.
APOPTOSI
NECROSI