Risposta adattativa all’ipossia Le cellule possono sopravvivere a condizioni di parziale ipossia ma non all’anossia, cioè alla carenza totale o quasi tale di ossigeno. La risposta adattativa all’ipossia è particolarmente rilevante in condizioni sia fisiologiche che patologiche. Nella maggior parte dei tessuti il valore medio della pO2 è ≥ 20 mm Hg. Si verifica una condizione di ipossia quando questo valore scende al di sotto dei 10 mm Hg. Condizioni di ipossia Ipossia Ipossica – diminuzione della pO2 nel sangue arterioso. Conseguente a ipoventilazione per depressione respiratoria o ridotta pO2 nell’ambiente (altitudine) Ipossia anemica – riduzione del contenuto di emoglobina nel sangue. Conseguente a perdita di sangue, ridotta produzione di globuli rossi, difetti genetici nell’emoglobina, intossicazione da monossido di carbonio. Ipossia ischemica– condizione tissutale che si realizza a valle di un’ostruzione vascolare comunque generata. Ipossia stagnante – ristagno del sangue nei tessuti per rallentamento del circolo. Conseguente ad ostruzione fisica, vasocostrizione, riduzione della gittata cardiaca. Ipossia istotossica – inibizione dei processi respiratori cellulare per azione di agenti tossici (avvelenamento da cianuro). Le cellule sono in grado di rispondere a condizioni di ipossia di grado variabile ed, in genere, solo condizioni di severa e prolungata ipossia inducono un danno cellulare irreversibile e morte cellulare. Fattori di trascrizione inducibili dall’ipossia (HIF) Le cellule possono adattarsi a condizioni di ipossia attivando specifiche vie di segnalazione intracellulare con il coinvolgimento di una famiglia di specifici fattori trascrizionali eterodimerici (hypoxia inducible factors, HIF). Di questa famiglia che include HIF1, HIF2 e HIF3, il fattore più studiato è HIF1 che ha espressione pressoché ubiquitaria e risulta costituito da due subunità: HIF1a - la cui espressione è sensibile alla concentrazione di ossigeno HIF1b - la cui espressione è costitutiva in pressoché tutte le cellule Meccanismo d’azione di HIF1 (1) In normossia, HIF1a è costantemente degradato via proteosoma a seguito di specifiche modificazioni enzimatiche: La prolil-idrossilasi (PH) ossidrila specifici residui di prolina nel dominio ODD Tale modificazione induce un cambiamento conformazionale che media il legame con il fattore di von Hippel-Lindau (vHL), parte del complesso E3 ubiquitin ligasi. L’ubiquitinazione consente la degradazione via proteosoma Altre proteine possono ugualmente favorire la degradazione di HIF1a. Meccanismo d’azione di HIF1 (2) In ipossia, le vie di degradazione di HIF1a sono fortemente inibite favorendone l’accumulo citoplasmaico. Nel citoplasma HIF1a eterodimerizza con HIF1b e il dimero, fosforialto da specifiche chinasi trasloca nel nucleo. L’up-regolazione di HIF1a indotta dall’ipossia è presente in quasi tutte le cellule in maniera aspecifica. L’effetto è ampio con l’attivazione di molti geni bersaglio. Meccanismo d’azione di HIF1 (3) In condizioni di ipossia, l’induzione dei trasportatori del glucosio e degli enzimi glicolitici consente: L’aumento della concentrazione intracellulare del glucosio. Accelera i processi di glicolisi aerobia L’aumento di ac. Lattico e CO2 che possono determinare acidificazione del pH intracellulare è modulato dall’attivazione di pompe, scambiatori e trasportatori di membrana che equilibrano il pH intracellulare. Processi regressivi cellulari Le funzioni cellulari possono essere alterate da alcune condizioni (degenerazioni o processi regressivi) che, pur consentendo la sopravvivenza della cellula, determinano l’accumulo di sostanze fisiologicamente assenti o presenti a bassa concentrazione. I processi regressivi si osservano in presenza di insulti tossici, alterate condizioni metaboliche, difetti genetici ereditari che inducono l’accumulo di molecole biologiche di varia natura (proteine, glicidi o lipidi) • Rigofiamento torbido e degenerazione vacuolare (tipico di condizioni di ipossia) – Il citoplasma appare rigonfio di aspetto granulare o con diversi vacuoli. Il rigonfiamento mitocondriale è responsabile dell’aspetto torbido del citoplasma. • Steatosi o degenerazione grassa – Accumulo di lipidi (trigliceridi) nel citoplasma di cellule in cui fisiologicamente non si riconosco questi depositi. Questa condizione si instaura quando si realizza uno sbilancio tra assunzione/produzione di lipidi e loro smaltimento. Gli organi più frequentemente colpiti da steatosi sono: fegato, rene, miocardio. Steatosi epatica E’ una condizione di accumulo di trigliceridi (TG) a livello del parenchima epatico, dipendente dal suo importante coinvolgimento nel metabolismo lipidico. I lipidi introdotti con la dieta sono veicolati al fegato dai chilomicroni mentre, mobilizzati in altre sedi, sono veicolati da altre lipoproteine. L’enzima lipoprotein-lipasi (LPL) li trasforma in ac. grassi non esterificati (NEFA) utilizzati dal fegato come: Substrati energetici nella beta-ossidazione degli ac. grassi mitocondriale. Sintesi di altri lipidi Trasformazione in trigliceridi trasportati dalle lipoproteine plasmatiche Steatosi da aumentato apporto La causa primaria è un aumento della disponibilità di precursori lipidici di origine esogena (dieta) o endogena (mobilizzazione delle riserve delle c. adipose) In pazienti affetti da s. metabolica (obesi, ipertesi, con diabete mellito tipo 2, insulino resistenza, ↑ TG ematici, ↓ HDL-colesterolo) presentano importante steatosi epatica (NAFLD, non-alcoholic fatty liver disease). Steatosi da carenze alimentari Specifiche condizioni di carenza alimentare possono determinare steatosi per la ridotta capacità degli epatociti di sintetizzare lipoproteine per il trasporto dei lipidi (inclusi i TG). Frequente nei bambini di regioni sotto-sviluppate che si alimentano con diete a bassissimo contenuto di proteine. Steatosi conseguente a lesione epatica tossica Si osserva in soggetti che assumono quantità significative di bevande alcoliche, in soggetti esposti a tossici ambientali di varia natura, o come effetto dell’assunzione di alcuni farmaci. Nell’etilismo cronico (alcolismo) si osserva un meccanismo patogenetico multiplo: ↑ mobilitazione ac. grassi dai tessuti adiposi ↑ sintesi di acidi grassi negli epatociti ↑ esterificazione di acidi grassi a trigliceridi ↓utilizzazione ac. grassi per blocco ossidativo ↓ ridotta immissione in circolo di lipoproteine Degenerazione vacuolare Condizione in cui si osserva la comparsa di vacuoli citoplasmatici di varie dimensioni, delimitati da una membrana. Le cause più comuni sono: L’ingresso nella cellula di materiale potenzialmente digeribile ma penetrato in quantità eccessiva. Ingresso nella cellula di materiale indigeribile. Segregazione nei lisosomi di sostanze che non vengono metabolizzate per una carenza enzimatica (malattie lisosomiali) Segregazione nei lisosomi di sostanze che inibiscono le idrolasi lisosomiali. Blocco della fusione tra lisosomi e fagosomi Malattie lisosomali o tesaurismosi Condizioni di degenerazione vacuolare in cui rientrano un’importante gruppo di malattia genetiche, prevalentemente a trasmissione AR o legata al cromosoma X. Sono caratterizzate dall’accumulo in vacuoli di materiale endogeno che non viene eliminato per un difetto nella sintesi o funzionale di enzimi lisosomiali. Numerose condizioni classificate sulla base delle molecole accumulate nei vacuoli lisosomiali Lipidosi – i lipidi accumulati sono principalmente sfingolipidi (più raramente fosfolipidi). Mucopolissaridosi – da accumulo di mucopolissaccaridi. Glicogenosi – da accumulo di glicogeno. Alcune forme acquisite di malattia lisosomiale possono dipendere dall’azione di farmaci (definiti lisosomotropi) che si accumulano nei lisosomi inibendo la funzione di specifici enzimi lisosomiali. Forme acquisite: inibizione enzimatica mediata da farmaci Alcuni antibiotici (es. streptomicina e kanamicina) possono inibire gli enzimi lisosomiali, provocando accumulo di materiale autofagico non digerito, responsabile di fenomeni di organotossicità. Un farmaco tipicamente lisosomotropo è l’antimalarico clorochina, che provoca tesaurismosi lipidiche o proteolipidiche in numerosi organi. Substrati normali, specialmente lipidi, sono resi difficilmente digeribili per azione di farmaci anfipatici (es. psicofarmaci e farmaci antianginosi) Complessi farmaco-lipidi si accumulano nei lisosomi Tali complessi si dissociano lentamente solo dopo cessazione del trattamento farmacologico, rendendo il substrato nuovamente digeribile. Sfingolipidosi (1) Le sfingolipidosi ( o glicolipidosi ) sono dovute ad un blocco nella degradazione lisosomiale degli sfingolipidi (mutazioni a livello di specifci enzimi degradativi). Sono malattie ereditarie monogeniche, principalmente autosomiche recessive. Gli sfingolipidi sono lipidi complessi caratterizzati dalla presenza dell’aminoalcool sfingosina o del suo derivato saturo diidro-sfingosina Gli sfingolipidi si dividono in: Fosfosfingosidi (o sfingomieline) Glicolipidi ( o glicosfingosidi) Quest’ultimi includono: • Cerebrosidi • Solfatidi • Globosidi • Gangliosidi Sfingolipidosi (2) Le sfingolipidosi sono un gruppo estremamente eterogeneo di condizioni in cui è possibile distinguere alcuni elementi comuni: Sono malattie genetiche a trasmissione autosomica recessiva. • Unica eccezione è la malattia di Fabry (o angiocheratoma diffuso) che è associata al cromosoma X. Sono malattie molto gravi spesso letali nei primi anni di vita. Sono causate da deficit in uno o, a volte, più enzimi lisosomiali L’accumulo di sfingolipidi coinvolge principalmente il sistema nervoso centrale, il fegato e la milza. Malattia M. di Gaucher M. di NiemannPick Materiale prevalentemente accumulato Glucorebroside Sfingomielina Deficit enzimatico Glucorebrosidasi Sfingomielinasi Trasmissione ereditaria Manifestazioni particolari AR Forma adulta: aumento fosfatasi acida, fratture patologiche; predilezione per gli ebrei ashkenaziti AR Infiltrati polmonari, pelle brunastra, forma neuropatica dell’infanzia aumentata negli ebrei ashkenaziti, istociti blu-mare Aumento della proteionorrachia e precoci anomalie della deambulazione della tarda infanzia; neuropatia periferica Leucodistrofia metacromatica Sulfatide Aril-sulfatasi A AR M. Di Fabry Globotriaosilceramide Alfa-galattosidasi A Dominante legata al chr X Fucosidosi Pentaesosilfucoglicolipide Alfa-fucosidasi AR Facies grossolana, aumento degli elettroliti del sudore, angiocheratoma nei giovani M. Di Farber Ceramide Ceramidasi AR Artropatia-noduli sottocutanei periarticolari e viscerali (lipogranulomatosi) Angiocheratoma cutaneo, trombosi vascolari, ipoidrosi Gangliosidosi generalizzata Ganglioside GM1 GM1 ganglioside: beta galattosidasi AR Facies grossolana,edema, macroglossia,,, mucopolisaccariduria;cecità precoce nelle forme infantili M. Di Tay-Sachs Ganglioside GM2 Esosaminidasi A AR Macrocefalia, iperacusia nella forma infantile Esosaminidasi A e B AR Macrocefalia, iperacusia, istiocitosi viscerale M. Di Sandhoff Ganglioside GM2 Malattia di Fabry La malattia di Fabry (MF) è una malattia multisistemica, progressiva, ereditaria del metabolismo glicosfingolipidico. Nella sua forma classica, la malattia colpisce maggiormente i maschi emizigoti, privi di attività dell'enzima alfa-galattosidasi A, Si caratterizza per sintomi neurologici (dolore), cutanei (angiocheratoma), renali (proteinuria e insufficienza renale), cardiovascolari (cardiomiopatia e aritmia), cocleovestibolari e cerebrovascolari (ictus). La malattia colpisce tutte le popolazioni e ha una prevalenza che varia da 1 a 5 casi ogni 100.000 I sintomi clinici (dolore cronico acuto con parestesia e senso di bruciore e di formicolio) compaiono durante l'infanzia tra i 4 e i 10 anni. Le femmine eterozigoti sono spesso sintomatiche, ma la gravità dei sintomi varia da quadri moderati a gravi. È causata da mutazioni del gene GLA (cromosoma Xq22) e la trasmissione è legata all'X. ANGIOCHERATOMA Si tratta di lesioni cutanee puntiformi rosse, papulose. Una conseguenza a livello dermatologico della malattia di Fabry Mucopolisaccaridosi Le mucopolissacaridosi sono un gruppo eterogeneo di malattie genetiche a trasmissione autosomica recessiva o legata al cromosoma X. Si caratterizzano per un deficit in enzimi lisosomiali coinvolti nella degradazione dei mucopolissaccaridi acidi o glicosaminoglicani. Le principali mucopolissaccaridosi sono classificabili in 9 tipi (da I a IX) Sono malattie spesso gravi. Frequente il riscontro di ritardo mentale e deformità scheletriche di entità variabile. Le gravi alterazioni neurologiche sono giustificate dal ruolo dei mucopolissaccaridi nella formazione delle sinapsi. Classificazion e numerica Malattia Glucosaminoglicano accumulato Deficit enzimatico MPS I M. Di Hurler-Scheie Dermatan solfato, Eparan solfato Alfa-iduronidasi MPSII M. Di Hunter Dermatan solfato, Eparan solfato Iduranato solfatasi Eparan solfato Eparan solfato Eparan solfato Eparan solfato Eparan solfatasi Alfa-N acetilglucosaminidasi Acetil-CoA: alfaglucosaminidetransferasi N-Acetilglucosamina-6-solfatasi MPS III -tipo A -tipo B -tipo C -tipo D M. Di Sanfilippo A M. Di Sanfilippo B M. Di Sanfilippo C M. Di Sanfilippo D MPS IV -tipo A M. Di Morquio A -tipo B M. Di Morquio B MPS VI MPS VII Cheratan solfato, Condroitin solfato Cheratan solfato Galatto-6-solfatasi M. di Maroteaux-Lamy Dermatan solfato, Arilsolfatasi B M. Di Sly Dermatan solfato, Eparan solfato Condroitin solfato Beta-glicuromidasi Beta galattosidasi Malattia di Hurler (MPSI) Patologia da accumulo lisosomiale causata da un deficit di alfa-Liduronidasi. Si caratterizzata per un progressivo deterioramento fisico con escrezione di dermatan solfato ed eparan solfato. E’ presente nanismo, epato-splenomegalia, opacità corneale, complicanze cardiache e respiro rumoroso. L'incidenza di 1:100.000 persone. L'aspetto degli individui affetti evidenzia: fronte prominente, radice del naso infossata, cute ispessita, labbra grosse, lingua protrudente, cornee opache, ritardo mentale. Sono stati riscontrati anche difetti al cuore e alle valvole cardiache. Malattia di Hurler (MPSI) Il gene che codifica l'alfaiduronidasi comprende 14 esoni ed è localizzato sul cromosoma 4p16.3. La malattia è a trasmissione autosomica recessiva Glicogenosi Difetti metabolici, geneticamente trasmessi, che coinvolgono la sintesi o il catabolismo del glicogeno. Sono di fatto coinvolti tutti i geni che codificano per enzimi del metabolismo del glicogeno. L’accumulo di glicogeno è citoplasmatico, ad eccezione della s. di Pompe, in cui è lisosomiale per un defcit di maltasi acida. Le glicogenosi coinvolgono principalmente il tessuto epatico ed il tessuto muscolare. Gli epatociti, che possiedono enzimi per la sintesi e degradazione del glicogeno, hanno un ruolo essenziale nel regolare la disponibilità di glucosio Le cellule muscolari striate scheletriche utilizzano il glicogeno soprattutto come fonte di energia attraverso la via glicolitica. Glicogenosi Deficit I Glucosio 6-fosfato fosfatasi (Ia) Trasportatore del G6P (Ib) Von Gierke Organi colpiti fegato 1:100.000 nati a 1-4 glucosidasi II Pompe III Cori lisosomiale Enzima deramificante (amilo 1-6 glucosidasi) muscolo (cuore) muscolo fegato Sintomi Esordio clinico 3-4 mesi. Epatomegalia Accrescimento Ipoglicemia (convulsioni, coma) chetosi a digiuno , iperlipidemia. Adenomi epatici 2a-3a decade Esordio nel lattante. Cardiomegalia, ipotonia muscolare. Morte prima dei 2 anni x insuff. cardiorespiratoria Anche forme lievi con debolezza muscolare nell’adulto Simile al tipo I, meno grave, Ipoglicemia a digiuno. 1:100.000 nati IV Andersen Enzima ramificante Molto rara fegato Esordio 1-2 mesi. Epatomegalia, Accrescimento Morte prima dei 2 anni per insufficienza epatica da cirrosi. Glicogenosi V McArdle VI Hers VII Deficit Fosforilasi Fosforilasi cinasi (VI A) 80% Fosforilasi (VI B)20% Organi colpiti Sintomi muscolo Diagnosi su giovani adulti (20-30 aa.). Intolleranza muscolare allo sforzo: crampi e mioglobinuria (da rabdomiolisi) fegato Tarui Fosfofruttocinasi Molto rara muscolo IX Fosforilasi cinasi fegato 0 Glicogeno sintasi Molto rara Evoluzione clinica molto sfumata (simile tipo I) Simile al tipo IV fegato Epatomegalia e ritardo della crescita. Decorso benigno. Ipoglicemia, chetonemia convulsioni. No epatomegalia no iperlipidemia Iper-glicemia e –lattacidemia dopo i pasti Malattia di Pompe (1) La glicogenosi tipo 2 (GSD 2) è una malattia da accumulo lisosomiale caratterizzata dal coinvolgimento variabile dei muscoli scheletrici e della respirazione. La forma infantile si associa a cardiomiopatia ipertrofica. L'incidenza è circa 1/57.000, per la forma adulta, e 1/138.000, per la forma infantile. La forma infantile o malattia di Pompe si manifesta prima dei 3 mesi di vita, con grave ipotonia, difficoltà alla suzione e alla deglutizione, cardiomiopatia ipertrofica ed epatomegalia progressiva. La forma adulta si presenta con una miopatia progressiva dei cingoli, che esordisce a partire dagli arti inferiori e che coinvolge l'apparato respiratorio, che può costituire il primo sintomo della malattia. La malattia è dovuta al deficit di alfa-1,4-glucosidasi acida, che idrolizza il glicogeno in unità di glucosio, comportando un accumulo intralisosomiale di glicogeno. Malattia di Pompe (2) Il gene (GAA) è localizzato sul cromosoma 17q23. L’ereditarietà è autosomica recessiva Oltre al trattamento sintomatico, è disponibile la terapia enzimatica sostitutiva. In assenza di terapia sostitutiva, nelle forme infantili, il decesso si verifica prima dei due anni a causa dello scompenso cardiorespiratorio. I pazienti con la forma tardiva devono ricorrere alla sedia a rotelle e necessitano di assistenza respiratoria. Patologia mitocondriale Una patologia mitocondriale è Primaria – se causata da difetti genetici delle proteine mitocondriali. Secondaria – se causata da fattori esogeni che provocano alterazioni morfo-funzionali dei mitocondri In quest’ultimo caso il tipo di lesione più comune è il rigonfiamento del mitocondrio e la disorganizzazione delle creste. Malattie mitocondriali (1) Le malattie mitocondriali sono un gruppo molto eterogeneo di patologie ereditarie causate da alterazioni nel funzionamento dei mitocondri. Esse presentano notevole variabilità clinica per quanto riguarda età’ d’insorgenza tipo di evoluzione tessuti coinvolti La caratteristica comune è l’intolleranza agli sforzi, il facile affaticamento e l’accumulo di acido lattico. L’acido lattico si accumula nei tessuti muscolari quando la respirazione mitocondriale è insufficiente. Oggi si definiscono malattie mitocondriali solo quelle associate ad un’insufficiente fosforilazione ossidativa, la classificazione è fatta sulla base del processo biochimico alterato o del difetto genetico. Malattie Mitocondriali (2) Il DNA mitocondriale (mtDNA) è esclusivamente di origine materna. Il mtDNA è un DNA circolare di piccole dimensioni e codifica solo per 13 polipeptidi, componenti essenziale della via della fosforilazione ossidativa. 22 geni codificano per i tRNA e 2 per rRNA. E’ dotato di scarsa capacità riparativa ed è esposto a specie reattive dell’ossigeno (ROS) prodotte all’interno del mitocondrio che possono indurre mutazioni nel mtDNA. Ogni cellula contiene mediamente centinaia di mitocondri con in media 5 mtDNA per organulo. Nella stessa cellula possono coesistere mitocondri con mtDNA normale e mtDNA mutante. Tale condizione è detta di eteroplasmia. L’espressione fenotipica di un mutante è regolata da un effetto soglia. La manifestazione fenotipica è complicata dalla segregazione replicativa, per cui durante le divisioni cellulari i mitocondri vengono ripartiti casualmente nelle cellule figlie. Ulteriori fattori che complicano il quadro delle malattie mitocondriali sono: Il contributo di geni nucleari che codificano per proteine mitocondriali. Il fatto che mutazioni in alcuni geni mitocondriali possono alterare la stabilità del mtDNA. Malattie mitocondriali (3) Sindrome di Kearns-Sayre (KSS; rara 1:100.000) La sindrome di Kearns-Sayre è una malattia neuromuscolare caratterizzata dall'insorgenza, prima dei 20 anni, di oftalmoplegia, ptosi e retinite pigmentosa. La malattia esordisce con i sintomi oculari ed evolve con la comparsa progressiva di altri segni correlati alla distribuzione tissutale del difetto molecolare: sordità, coinvolgimento cardiaco (cardiomiopatia, difetti della conduzione cardiaca), miopatia dei muscoli scheletrici, ecc. E’ dovuta alla delezione di grosse porzioni del DNA mitocondriale. Le delezioni sono eteroplasmiche. I sintomi dipendono dalla percentuale del DNA mutato (es. 60% nei musc. Scheletrici). Prevalentemente sporadica, Solo eccezionalmente ereditata per linea materna. Sindrome di Pearson, Caratterizzata da anemia sideroblastica refrattaria, vacuolizzazione dei precursori del midollo e insufficienza pancreatica esocrina. Solo una sessantina di casi: colpisce entrambi i sessi nell’ infanzia, raramente in epoca neonatale. È causata da delezioni del DNA mitocondriale che sono la causa di un deficit di funzione della catena respiratoria mitocondriale. L’eteroplasmia spiega la grande variabilità nell'espressione clinica di questa sindrome sia tra pazienti, sia nello stesso paziente. Malattie mitocondriali (4) S. MELAS (encefalomiopatia mitocondriale con acidosi lattica ed episodi simili ad ictus) E’ una patologia progressiva con disturbi neurologici acuti paragonabili a ischemie cerebrali, associati a iperlactatemia e miopatia mitocondriale. E’ dovuta a mutazioni del DNA mitocondriale. Sono state identificate 10 mutazioni differenti ma l'80% dei casi è dovuto alla mutazione 3243A>G nel gene del tRNA della leucina (tRNA Leu). La sintomatologia risente dell’eteroplasmia. S. MERRF (epilessia mioclonica con fibre rosse sfilacciate; rara 1:100.000) E’ un'encefalomiopatia mitocondriale, caratterizzata da crisi epilettiche miocloniche. La malattia è progressiva, con peggioramento dell'epilessia e comparsa di altri sintomi. E’ causata da mutazioni nel DNA mitocondriale. Più dell'80% dei pazienti presenta la mutazione 8344A>G nel gene che codifica per l'RNA di trasporto della lisina (MTTK). La sintomatologia risente dell’eteroplasmia. Neuropatia ottica ereditaria di Leber (LHON; 1:50.000) E’ una malattia neurodegenerativa del nervo ottico, con perdita della vista. E’ dovuta a mutazioni nel DNA mitocondriale (mtDNA). Oltre il 90% delle mutazioni si localizzato nelle posizioni nucleotidiche 11778, 3460 o 14484. Tutte le mutazioni provocano difetti dei geni delle subunità del complesso I della catena respiratoria nel mtDNA: MT-ND1, MT-ND4 e MT-ND6. Morte cellulare: da danno reversibile a danno irreversibile Nelle risposte adattative e regressive che le cellule attuano in risposta a stimoli lesivi persistenti esiste una sottile linea di confine che separa l’adattamento reversibile dal danno irreversibile che conduce a morte cellulare. Funzioni indispensabili che condizionano la sopravvivenza della cellula sono: Integrità della respirazione cellulare - il metabolismo aerobico e l’integrità dei mitocondri garantiscono la disponibilità di energia sotto forma di ATP. Integrità delle strutture di membrana – la membrana plasmatica e le strutture di membrana intracellulari prevengono pericolose alterazioni osmotiche. Integrità del citoscheletro – preserva l’integrità strutturale interna della cellula Integrità del materiale genetico L’azione lesiva è spesso intesa come esposizione cronica che perdura nel tempo, tuttavia esistono condizioni in cui il danno evolve rapidamente (es. ischemia). Meccanismi di danno cellulare: lesione mitocondriale E’ spesso dipendente dall’azione di agenti lesivi di natura tossica o ipossica/ischemica. L’integrità delle membrane mitocondriali e del potenziale mitocondriale è essenziale per le funzioni dell’organulo. La funzione mitocondriale può essere alterata da: Alterazioni della componente lipidica a seguito di processi ossidativi. Azione di composti tossici di natura lipidica. Aumento indiscriminato dei livelli di Ca2+ citoplasmatico. Azione di composti tossici in grado di bloccare il trasporto di elettroni lungo la catena respiratoria mitocondriale. Il danno si manifesta normalmente con l’apertura dei pori che regolano la permeabilità dei compartimenti mitocondriali, in genere con rigonfiamento e compromissione della funzione. Meccanismi di danno cellulare: deplezione intracellulare di ATP La deplezione di ATP può verificarsi come: Conseguenza di una lesione diretta o indiretta dei mitocondri. Riduzione significativa dei livelli di O2 molecolare a seguito di ipossia o ischemia. La deplezione di ATP risulta pericolosa per la sopravvivenza della cellula quando i livelli itra-cellulari raggiungono il 5-10% di ATP. Compromissione del metabolismo cellulare Blocco dell’attività delle pompe ATP-dipendenti Accumulo di ioni Na+ e Ca2+ ed ingresso di H2O con rigonfiamento cellulare L’alterata omeostasi del Ca2+ (fisiologicamente 0.05-0.2 mM intracellulare 1.3 mM extracellulare) induce l’attivazione di numerosi enzimi Ca-dipendenti potenzialmente in grado di degradare strutture cellulari (lipidi, proteine, ac. nucleici). Meccanismi di danno cellulare: stress ossidativo e specie reattive dell’ossigeno (1) L’utilizzo dell’ossigeno nell’ambiente cellulare da parte di mitocondri e particolari enzimi o citocromi può portare alla produzione di ROS, quali perossido d’idrogeno (H2O2), anione superossido (02.-), radicale idrossilico (OH.) . I ROS sono altamente reattivi ed in grado di danneggiare costituenti cellulari. Meccanismi di danno cellulare: stress ossidativo e specie reattive dell’ossigeno (2) L’eccessiva produzione di ROS induce una condizione di stress ossidativo a di danno ai costituenti cellulari Alterazioni a carico dei lipidi e fosfolipidi di membrana – integrità e funzionalità della membrana. Alterazioni a carico del nucleo – rottura e frammentazione del DNA. Alterazioni delle proteine – ossidazione, inattivazione e denaturazione con possibile frammentazione Lo stresso ossidativo può essere indotto dalla metabolizzazione di sostanze tossiche, dall’esposizione a radiazioni ionizzanti, dall’attivazione della risposta infiammatoria mediata da macrofagi e neutrofili. Necrosi Viene definita necrosi la morte cellulare accidentale che coinvolge gruppi più o meno estesi di cellule di un tessuto/organo. E’ un evento che la cellula subisce passivamente non essendo più in grado di contrastare l’azione di agenti lesivi esogeni o endogeni. L’analisi al microscopio ottico di preparati istologici convenzionali (c. ematossilina-eosina) evidenzia un’aumenta eosinofilia delle cellule che è il risultato di alterazioni morfologiche importanti della cellula. Evoluzione della necrosi Morte cellulare da ischemia In assenza di ossigeno le fosforilazioni ossidative cessano. L’arresto della sintesi di ATP porta ad una rapida caduta dei suoi livelli. L’ADP è utilizzato dall’adenilato ciclasi (2ADP->ATP +AMP) per produrre ATP. L’AMP tossico è defosforilato con produzione di adenosina. Si attiva la glicolisi anaerobia come fonte alternativa di ATP con accumulo di ac. Lattico lesivo per la cellula. Con il perdurare della condizione di arresto respiratorio i mitocondri si rigonfiano. Il danno si estende alle altre strutture cellulari: • Reticolo endoplasmatico e ribosomi con arresto della sintesi proteica. • Il nucleo diventa più piccolo e la cromatina si addensa in un ammasso compatto indice della morte cellulare • La cellula si rigonfia a seguito di un’arresto della capacità di trasporto attraverso la membrana. La struttura compartimentalizzata della cellula è definitivamente perduta. Miocardio normale Area infartuale Apoptosi Le cellule possono anche morire per apoptosi o morte programmata. Questo tipo di morte cellulare non è mediato da agenti esterni ma piuttosto da agenti fisiologici (ormoni, citochine e altre cellule). L’apoptosi è un processo di morte cellulare che colpisce singole cellule e non zone più o meno estese di tessuto come nella necrosi. La cellula apoptotica si rimpicciolisce e tende ad essere tondeggiante perdendo i contatti giunzionali con le cellule vicine. Il nucleo si condensa e successivamente si frammenta. Si osservano solo modeste variazioni negli organuli citoplasmatici. La cellula si frammenta con la formazione di corpuscoli chiamati corpi apoptotici. Apoptosi Caspasi-dipendente Le alterazioni morfo-funzionali dell’apoptosi sono mediate dalla famiglia delle caspasi (cistein-proteasi con specificità per i residui di ac. Aspartico). Come per molti processi fondamentali della cellula esiste una ridondanza di vie di attivazione e inibizione. Nella via estrinseca intervengono fattori esterni che operano attraverso recettori di membrana (FAS/CD95 e TNF-R1). La via intrinseca è di norma attivata da varie forme di stress cellulare (danni indotti al DNA, agenti citotossici, privazione di citochine/fattori di crescita). Induzione della via estrinseca La via estrinseca è attivata da citochine proapoptotiche (famiglia del Tumor Necrosis Factor) quali TNFa, Fas ligando (Fas-L), TRAIL che legano specifici recettori di membrana (DR, death receptors). Modificazioni conformazionali dei recettori permettono il legame di proteine adattatrici (FADD, TRADD) le quali reclutano molte molecole di un proenzima (Pro-Caspasi 8). L’autoproteolisi libera la caspasi 8 che attiva la 10 e, a cascata, le caspasi effettrici 3,6,7. La caspasi 8 ha anche attività proteolitica su BID (fattore apoptotico della famiglia di BCL-2) che, attivato, dimerazza ed agisce con altri fattori apoptotici (BAX, BAK) sui mitocondri permealizzando la membrana al citocromo C. Il citocromo C si lega alla proteina Apaf-1 formando un complesso, l’apoptosoma, che recluta e attiva la procaspasi 9. La caspasi 9 agisce attivando la caspasi 3. Induzione della via intrinseca La via intrinseca è di norma attivata da varie forme di stress cellulare (danni diretto al DNA, agenti citotossici, privazione di citochine/fattori di crescita). Bax, la cui induzione è mediata da p53, eterodimerizza con Bid permeabilizzando la membrana mitocondriale al citocromo C. Il citocromo C si lega alla proteina Apaf-1 formando un complesso, l’apoptosoma, che recluta e attiva la procaspasi 9. La caspasi 9 agisce attivando la caspasi 3. La caspasi 3 agisce come descritto in precedenza su una serie di substrati. Esistono sia fattori pro-apoptotici che inibitori dell’apoptosi, capaci in qualsiasi momento di modulare il processo che rappresenta una via di non ritorno per la cellula. Frammentazione del DNA Una caratteristica frammentazione del DNA costituisce l’evento culminante dell’attivazione del processo apoptotico Alcune endonucleasi (Dnasi I e II, Nunc.18) attivate dalle caspasi spezzando i due filamenti di DNA in maniera specifica in corrispondenza delle regioni tra due nuclesomi. Si ottiene così una tipica frammentazione in pezzi di 180-200 bp. APOPTOSI NECROSI