1 - Progetto Culturale

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LA COMUNICAZIONE NELL’UOMO E TRA GLI UOMINI NELL’ERA DI INTERNET
Marco Somalvico
Progetto di Intelligenza Artificiale e Robotica
Dipartimento di Elettronica e Informazione
Politecnico di Milano
1. INTRODUZIONE
Questo lavoro si propone di inquadrare la nozione di comunicazione alla luce della mutazione
antropologica che l’avvento delle tecnologie dell’ingegneria dell’informazione e della robotica
comportano nei confronti dell’uomo.
Precisamente, lo scopo di questo lavoro è quello di trattare la comunicazione artificiale cioè la
comunicazione che l’uomo svolge, o con se stesso o con un altro uomo, quando, almeno uno dei
due comunicatori è la macchina, che viene concepita come espressione della mente dell’uomo.
La macchina, che è sede di questa comunicazione artificiale, cioè di questa comunicazione mediata,
sempre svolta dall’uomo, è quella particolare macchina che viene chiamata macchina
dell’informazione, sia l’elaboratore, cioè la macchina che elabora l’informazione, sia il robot (che si
potrebbe chiamare interelaboratore), cioè la macchina che elabora l’informazione e che interagisce
con l’ambiente esterno all’uomo.
La macchina non è mai un soggetto autonomo, ma è sempre un oggetto che l’uomo fa, ed al quale
l’uomo fa fare una certa funzione.
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In particolare, la macchina dell’informazione esplica la funzione di emulare, sia pur parzialmente e
rozzamente, l’uomo che svolge, limitatamente alla sola modalità raziocinante ed escludendo la
modalità inventiva, attività intellettive (se è un elaboratore) e attività intellettive ed interattive con
l’ambiente (se è un robot ovvero interelaboratore).
Questa considerazione porta, dunque, alla fondamentale constatazione che la comunicazione
artificiale tra l’uomo e la macchina dell’informazione è sempre una comunicazione nella quale i due
comunicatori sono sempre degli uomini, coincidenti o distinti, a seconda dell’identità dell’uomo che
la macchina dell’informazione emula.
Come ci insegna la scienza moderna, secondo l’innovativa impostazione di Galileo Galilei e di
Francesco Bacone, l’uomo, quando svolge il ruolo particolarmente fondamentale di scienziato
(dunque si tratta, in questo caso, di taluni uomini di preclaro impegno), contempla un fenomeno
della realtà e lo conosce mediante un processo gnoseologico complesso, che lo porta a formulare un
modello del fenomeno ed a derivare le leggi che interpretano le proprietà del modello.
Verrà richiamato che ogni macchina può essere considerata come un modello di un fenomeno della
realtà e che, inoltre, la macchina dell’informazione può essere considerata come un modello del
fenomeno della realtà, osservabile nell’uomo, che è il fenomeno dell’intelligere (elaboratore) e
dell’interintelligere (interelaboratore o robot) razionalmente e che, inoltre, la macchina
dell’informazione, svolge la funzione emulativa richiamata, compiendo delle operazioni su un
operando, chiamato informazione, che è, a sua volta, un modello di un qualunque fenomeno della
realtà.
Queste considerazioni permettono di affermare, dunque, che la comunicazione artificiale si coniuga
con la comunicazione scientifica, data la corrispondenza esistente tra informazione, operando della
macchina dell’informazione, e modello, inserito nel percorso scientifico fenomeno – modello –
legge, e permettono di coniugare l’uomo moderno, coinvolto sempre più con la comunicazione
artificiale, con lo scienziato, coinvolto con il metodo scientifico di Galilei e di Bacone.
Inoltre, questa constatazione avvalora la posizione, di grande valenza culturale, che pone l’uomo di
fronte all’esigenza di considerare le scienze umane e le scienze naturali in un quadro unitario,
superando la dicotomia che nel passato recente, non in quello remoto, si tendeva ad adottare in
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un’innaturale separazione tra le due scienze, entrambe espressione del conoscere che l’uomo
formula quando è posto di fronte alla realtà, sia quella naturale, sia quella artificiale.
Verrà mostrato come questo processo gnoseologico del percorso fenomeno – modello - legge
rappresenta una premessa alla comprensione della mutazione antropologica dell’uomo, indotta
dall’avvento dell’ingegneria dell’informazione.
In tale ottica apparirà quindi rilevante l’importanza da attribuire alla trattazione della tematica
comunicazione, non limitandosi solo alla trattazione della comunicazione naturale, cioè la
comunicazione tra uomini che non coinvolge la macchina, ma ampliandola anche alla trattazione
della comunicazione artificiale.
Questa trattazione va pertanto illustrata alla luce della mutazione antropologica richiamata prima e,
pertanto, richiede di coinvolgere, nell’illustrazione che seguirà, nozioni di natura filosofica, da un
lato, e di natura scientifica, da un altro lato, sottolineando quindi l’utilità di un approccio moderno
ed unitario alla cultura che coniuga le scienze umane con le scienze naturali.
In particolare si chiarirà come l’uomo, inteso come ente unitario fonte di pensiero inventivo e di
pensiero raziocinante, inteso cioè come soggetto uomo – mente, possa essere antropologicamente
considerato attivo nelle attività pensanti, e quindi anche in quelle comunicative, che vengono svolte
in due poli (o siti):
1. il polo uomo – corpo, cioè il corpo nel quale il pensiero, sia inventivo, sia raziocinante, si
svolge in modo immediato (dal latino, in medio);
2. il polo uomo – macchina, cioè la macchina fatta e fatta fare dall’uomo nella quale il
pensiero, solo raziocinante (limitatamente, oggi, ad una sola parte, ma in futuro, secondo
una strategica prospettazione epistemologica, abbracciante tutto il pensiero raziocinante), si
svolge in modo mediato (dal latino, cum medio, cioè utilizzando uno strumento, vale dire la
macchina).
Alla luce di queste considerazioni, l’uomo, cioè il soggetto uomo – mente, è un ente bipolare,
articolato nel polo uomo – corpo e nel polo uomo – macchina, che esplica due tipologie distinte di
comunicazione.
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1. La prima comunicazione, denominata comunicazione nell’uomo, è la comunicazione
intrapersonale, cioè la comunicazione intrabipolare, che coinvolge l’interazione tra i due
poli, il polo uomo – corpo e il polo uomo – macchina sotto l’unitaria guida del soggetto
uomo – mente: è come se l’uomo, unico come soggetto, guidato dalla propria mente, fosse
Amleto che, fittiziamente interrogando, con la propria voce emessa nel proprio corpo il
cranio, il giullare Yorick, diventato un essere inanimato, come un robot, svolgesse un
dialogo Amleto - Yorick, mentre in realtà svolge un monologo tra se, polo uomo – corpo, e
se, polo uomo – macchina.
2. La seconda comunicazione, denominata comunicazione tra gli uomini, è la comunicazione
interpersonale, cioè la comunicazione interbipolare, che coinvolge l’interazione tra gli
uomini, intesi come diversi soggetti bipolari, che a sua volta si distingue in:
2.1. comunicazione in presenza, quando il polo uomo – corpo di un primo uomo bipolare
comunica con il polo uomo – corpo di un secondo uomo bipolare;
2.2. comunicazione in assenza, quando il polo uomo – corpo di un primo uomo bipolare
comunica con il polo uomo – macchina di un secondo uomo bipolare, quando il polo
uomo – macchina di un primo uomo bipolare comunica con il polo uomo – corpo di un
secondo uomo bipolare, quando il polo uomo – macchina di un primo uomo bipolare
comunica con il polo uomo – macchina di un secondo uomo bipolare
Si può osservare, dunque, che la tipologia di interazione del caso 2.1 è il solo caso che prevede una
comunicazione tra uomo e uomo, esplicata nell’interazione diretta tra il polo uomo – corpo di
ciascuno dei due uomini comunicanti: perciò si può chiamare questa comunicazione, presente in
un’unica tipologia di interazione, come comunicazione naturale di un uomo con un uomo.
Si può osservare, inoltre, che, sia la tipologia di interazione del caso 1, sia le tre tipologie di
interazione del sottocaso 2.2, prevedono una comunicazione tra uomo e uomo, esplicata in modo
indiretto, o nello stesso uomo (caso 1), o tra due uomini diversi (sottocaso 2.1), ma sempre
coinvolgendo, in queste quattro tipologie di interazioni, l’impiego del polo uomo – macchina, una
volta, nelle prime tre tipologie, e due volte nella quarta tipologia: perciò, come già introdotto in
precedenza, si può chiamare questa comunicazione, presente in quattro ulteriori tipologie di
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interazione, come comunicazione artificiale, distinguendola dalla comunicazione naturale, presente
in un’unica tipologia di interazione.
E’ peraltro bene distinguere, quando si considera la comunicazione artificiale, di due sottocasi, ben
distinti, nei quali essa si manifesta, e cioè:
1. la comunicazione artificiale in linguaggio naturale, cioè la comunicazione che si esplica
quando la macchina dell’informazione opera su il suo operando, cioè sull’informazione, che,
come detto sopra è un modello, quando questo modello adotta, come formalismo, il
linguaggio naturale, ad esempio l’Italiano (si ricorda che ogni modello è l’espressione di una
determinata forma che adotta un determinato formalismo);
2. la comunicazione artificiale in linguaggio artificiale, cioè la comunicazione che si esplica
quando la macchina dell’informazione opera sull’informazione, cioè su un modello che
adotta, come formalismo, un linguaggio formale, ad esempio un linguaggio di
programmazione come Java.
Si osservi che non vi è dubbio che la comunicazione artificiale in linguaggio artificiale sia diversa
dalla comunicazione naturale.
Infatti la comunicazione artificiale in linguaggio naturale non cessa di essere basata sullo scambio
di un messaggio comunicativo che, anche se è espresso in linguaggio naturale, non per questo si
esime dall’essere informazione, cioè modello di un fenomeno della realtà, cioè operando sottoposto
all’operazione artificiale svolta dalla macchine dell’informazione.
Quindi, da un lato, un uomo, quando riceve un messaggio in linguaggio naturale a lui comunicato
da un altro uomo, cioè quando è coinvolto in una comunicazione naturale, riflette su tale messaggio,
così come un lettore può riflettere su una poesia.
Invece, da un altro lato, una macchina dell’informazione, quando riceve un messaggio in linguaggio
naturale a lui comunicato da un uomo, che ha inteso con ciò sottoporre un operando – modello –
informazione, tale macchina dell’informazione è coinvolta in una comunicazione artificiale in
linguaggio naturale, e, di conseguenza esegue un’operazione artificiale che inizia con l’estrarre, dal
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messaggio in linguaggio naturale, il contenuto operativo, l’operando, sul quale svolgere l’attività
consona con l’operazione.
Naturalmente, quando la macchina comunica all’uomo un messaggio in linguaggio artificiale, che è
un modello, l’uomo può, sia utilizzare tale messaggio per proseguire un’attività intellettiva che
rimane nel campo della realtà di tipo artificiale, al cui campo appartiene il modello, sia può
utilizzare la propria intelligenza per ritornare al campo della realtà di tipo naturale, al cui campo
appartengono i fenomeni dai quali i modelli, gli artefatti e le operazioni artificiali delle macchine
trovano la loro origine, per responsabilità e volontà dell’uomo.
Infine, quando la macchina comunica ad un uomo un messaggio in linguaggio naturale, che,
trattandosi di comunicazione artificiale in linguaggio naturale, è pur sempre un modello, con
rispetto all’attività artificiale svolta dalla macchina, l’uomo che riceve questo messaggio in
linguaggio naturale può considerarlo, ponendosi nell’ottica della macchina come un modello,
oppure, può considerarlo come un messaggio in linguaggio naturale ricevuto da un altro uomo e,
quindi comportarsi come se si trovasse di fronte ad una comunicazione naturale (si pensi, ad
esempio, al caso in cui un uomo A memorizza un messaggio in linguaggio naturale in una macchina
B che, successivamente, lo fornisce ad un uomo C).
Appare dunque rilevante osservare che la comunicazione artificiale che, secondo quanto è stato
esposto sopra, è presente in ben quattro tipologie di interazione comunicativa, mentre la
comunicazione naturale è presente in una sola tipologia di interazione comunicativa, occupa un
ruolo rilevante nell’assetto antropologico dell’uomo moderno.
L’uomo moderno, pertanto, utilizza spesso, come messaggio comunicativo con se stesso e con gli
altri uomini, l’informazione, operando della macchina dell’informazione, che è un modello di un
fenomeno della realtà, e, quindi è portato ad essere sempre più vicino, direttamente od
indirettamente, all’adozione del metodo scientifico, che è appunto il metodo gnoseologico che è
centrato sull’adozione della nozione di modello, rispetto al quale l’informazione non è altro che un
caso particolare, benchè importantissimo.
Alcune ulteriori considerazioni, permetteranno, inoltre, di ulteriormente inquadrare il ruolo ed i
limiti della comunicazione, sempre incentrata nell’ambito dell’ingegneria dell’informazione, e
sempre ancorata con la più complessa tra le macchine dell’informazione, vale dire il robot, al fine di
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esaminare le condizioni che regolano il confronto tra la comunicazione in ambito reale e la
comunicazione in ambito virtuale.
Infine si inquadrerà, con le considerazioni finali, i limiti teorici, formalmente descritti in modo
matematico, che delineano l’ampiezza del ruolo del polo uomo – macchina nei confronti dei
modelli, interpretativi della realtà, che l’uomo ha fornito a tale polo in modo alternativo all’impiego
del polo uomo – corpo.
2. INGEGNERIA DELL’INFORMAZIONE E MACCHINA DELL’INFORMAZIONE
Vediamo di inquadrare, innanzitutto, il termine ingegneria dell’informazione in modo semplice ma
preciso.
Come è noto una disciplina è una strutturata ed armoniosa presentazione di un complesso di verità,
che costituiscono una parte ben individuata della cultura umana, e che vengono presentate, descritte
ed illustrate con il fine di aiutare l’uomo al discere, cioè all’apprendere, al comprendere, al
padroneggiare tali verità.
In particolare, l’ingegneria è una tipica disciplina sperimentale che si occupa della concezione,
progettazione, realizzazione ed applicazione di macchine.
L’ingegneria dell’informazione si occupa della concezione, progettazione, realizzazione ed
applicazione di particolari macchine, che si possono chiamare, macchine dell’informazione.
Per un primo esame della natura dell’ingegneria dell’informazione, esame che, più avanti sarà
ripreso ed ampliato, è utile, pertanto, collocare la nozione di macchina dell’informazione all’interno
della nozione più generale di macchina.
E’ quindi opportuno presentare, nel seguito, una semplice ma significativa tassonomia della nozione
di macchina, che è viene fondata sulla nozione di modello di un fenomeno della realtà.
La nozione di modello è molto importante è verrà ripresa, in modo approfondito, nelle successive
Sezioni.
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Si ricorda che una macchina è intesa come un artefatto, cioè un’entità, fatta dall’uomo ad arte, che
reifica (cioè descrive mediante un’entità materiale, una cosa (in Latino, res)) un modello di un
fenomeno della realtà.
Ebbene, a seconda della sede in cui l’uomo osserva il fenomeno della realtà, il cui modello viene
reificato da una macchina, distinguiamo tra i seguenti tre tipi di macchine.
1) Macchine, ovvero le macchine che reificano i modelli dei fenomeni esterni all’uomo, che
l’uomo osserva al di fuori del proprio corpo, in quella parte della realtà, cioè, che si può
chiamare come l’ambiente esterno all’uomo, che l’uomo osserva.
Le macchine possono anche essere chiamate macchine dell’ambiente, e ciascuna macchina
appare essere un emulatore dell’ambiente esterno all’uomo (ovviamente limitatamente a
quel fenomeno dell’ambiente il cui modello è reificato nella macchina dell’ambiente).
2) Antropomacchine, ovvero le macchine che reificano i fenomeni interni all’uomo, che
l’uomo osserva all’interno del proprio corpo.
Le antropomacchine possono anche essere chiamate macchine dell’uomo, e ciascuna
antropomacchina appare essere un emulatore del corpo dell’uomo (ovviamente
limitatamente a quel fenomeno del corpo dell’uomo il cui modello è reificato nella macchina
dell’uomo).
Ebbene, a seconda della similarità o della dissimilarità della natura del fenomeno interno
all’uomo, che è reificato nella macchina dell’uomo, con la natura del fenomeno esterno
all’uomo, reificato nella macchina dell’ambiente, distinguiamo tra i seguenti due sottotipi di
antropomacchine.
a) Biomacchine, ovvero le antropomacchine che reificano i fenomeni interni all’uomo,
limitatamente ai fenomeni la cui natura è simile alla natura dei fenomeni esterni
all’uomo e, quindi, non è esclusiva dei fenomeni che si osservano all’interno dell’uomo.
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Si pensi, ad esempio, ai fenomeni inerenti l’azione del cuore che spinge il sangue nelle
arterie e nelle vene, che sono fenomeni simili ai fenomeni di una pompa che spinge
l’acqua nei tubi.
b) Metamacchine, ovvero le antropomacchine che reificano i fenomeni interni all’uomo,
limitatamente ai fenomeni la cui natura non è simile alla natura dei fenomeni esterni
all’uomo, e, quindi, è esclusiva dei fenomeni che si osservano all’interno dell’uomo.
Questi fenomeni sono, sia i fenomeni dell’intelligenza, limitatamente all’intelligenza
raziocinante, che l’uomo esplica all’interno del proprio corpo, anzi del proprio cervello,
sia i fenomeni dell’interazione (guidata dall’intelligenza), che l’uomo esplica mediante
l’interazione tra il proprio corpo e l’ambiente esterno all’uomo.
Le metamacchine sono anche chiamate macchine dell’informazione, e ciascuna
metamacchina è, dunque, un rozzo emulatore di un uomo:
(a) sia nel caso in cui ci si riferisca a quei fenomeni che appartengono alla sfera dei
fenomeni intellettivi raziocinanti interni all’uomo: l’elaboratore è un esempio
tipico di questa prima tipologia di macchina dell’informazione,
(b) sia nel caso in cui ci si riferisca a quei fenomeni che appartengono alla sfera
congiunta dei fenomeni intellettivi raziocinanti interni all’uomo e dei fenomeni
interattivi che l’uomo manifesta nei confronti dell’ambiente esterno all’uomo (si
può parlare di fenomeni interintellettivi (intellettivi ed interattivi) raziocinanti
dell’uomo: il robot è un esempio tipico di questa seconda tipologia di macchina
dell’informazione.
3) Agenzie, chiamate anche sistemi a molti agenti, ovvero le macchine che reificano i
fenomeni interni agli uomini, che l’uomo osserva in un gruppo di uomini, ovvero in un
sistema di uomini.
Le agenzie possono anche essere chiamate macchine della cooperazione, e ciascuna agenzia
appare essere un emulatore di un gruppo di uomini.
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Le agenzie sono chiamate anche sistemi a molti agenti, proprio perché un agente indica una
metamacchina, cioè una macchina dell’informazione, che è, come già detto, un rozzo
emulatore di ciascuno degli uomini che appartengono al sistema di uomini.
Quindi si può concludere che un’agenzia è un sistema di macchine dell’informazione
cooperanti tra di loro.
3. MODELLI TRA FORMALISMI E FORME
La conoscenza della realtà, da non identificare con la realtà, poiché tale conoscenza svela
(letteralmente, toglie il velo) solo ad alcune delle verità che si conoscono della realtà, ci presenta, in
modo intrecciato e cooperante, il ruolo dei modelli intesi come conoscenza dei fenomeni della
realtà.
Il modello è dunque la manifestazione, resa esplicita ad ogni uomo, di ciò che un particolare uomo,
l’inventore del modello, conosce del fenomeno che avviene nella realtà, cioè, in altri termini, il
modello è espressione di una parte del tutto, cioè di ciò che l’uomo ha mostrato esplicitamente con
il modello, realizzando l’opera di svelare quella parte della natura del fenomeno di cui il modello
rappresenta la conoscenza del fenomeno.
Si ricorda che un modello di un fenomeno è, fondamentalmente, un’espressione del pensiero
dell’uomo, e viene formulato dall’intreccio tra le due seguenti entità:
1. formalismo, che in semiologia è chiamato significante, inteso come lo strumento che l’uomo
adotta per plasmare, con esso, il modello del fenomeno;
2. forma, che in semiologia è chiamato significato, intesa come l’espressione della parte del
fenomeno che con il modello viene svelata.
L’uomo, quando vuole conoscere un fenomeno ed esprimere tale conoscenza tramite un modello,
effettua la selezione di un formalismo con il quale plasma una forma in modo da ottenere il
modello.
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Si ricorda, infatti che ogni modello è ottenuto tramite una scelta di un formalismo e tramite la
realizzazione in esso di una forma.
E’ interessante notare che vari sono i criteri che l’uomo addotta per scegliere il formalismo in cui
plasmare quella forma che esprime il modello, cioè ciò che l’uomo ha svelato del fenomeno della
realtà, conoscendolo secondo ciò che il modello presenta.
Un primo criterio che l’uomo adotta nel selezionare il formalismo è quello di essere, durante
l’espressione creativa dello sforzo di abduzione, lo strumento che appare il più adatto ed il più
semplice nel facilitare ed accompagnare l’uomo nell’attività di abduzione, attività che, per la sua
inerente difficoltà, non deve essere ulteriormente aggravata, anzi deve essere opportunamente
facilitata, dall’adozione del formalismo più snello.
Come si è già visto in precedenza, la nozione di modello assume ulteriore importanza quando si
considera il ruolo delle macchine, poiché, come già osservato, le macchine rappresentano esse
stesse un tipo di modello di un fenomeno della realtà.
Infatti, talvolta, il modello di un fenomeno viene espresso costruendo una macchina, nella quale
l’architettura della macchina rappresenta la forma del modello, mentre i componenti artificiali, che
servono per costruire l’architettura, rappresentano il formalismo nel quale la forma viene plasmata,
ovvero l’architettura viene costruita.
Si noti che questa importante considerazione porta ad affermare che una macchina, essendo
l’espressione del modello di un fenomeno della realtà, ha un comportamento che tende a replicare il
fenomeno della realtà ma, dato che ogni modello svela solo in parte il fenomeno della realtà, si dirà
che la macchina non simula il fenomeno, ma si dirà, solamente, che la macchina emula il fenomeno.
E’ evidente che la concezione di una macchina, come modalità di descrizione del modello del
fenomeno che la macchina emula, configura un secondo criterio di selezione del formalismo, che è
dunque quello di facilitare la concezione di un architettura di una macchina e la costruzione e
realizzazione della macchina stessa.
Infine, come abbiamo visto in precedenza, esistono della macchine, chiamate macchine
dell’informazione.
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E’ interessante, ora, osservare che le macchine dell’informazione, quando sono intese come
operatori, svolgono delle operazioni su degli operandi che sono, essi stessi, dei modelli di fenomeni
della realtà.
Questi operandi delle macchine dell’informazione sono chiamati, per l’appunto, informazione.
L’informazione è quindi il nome che viene adottato per individuare quella categoria di modelli di
fenomeni della realtà che hanno la caratteristica comune di potere assumere la veste di operandi
sottoponibili a delle operazioni che su di essi sono svolte da una macchina, che, per l’appunto, è
chiamata macchina dell’informazione.
Inoltre, è bene sottolinearlo nuovamente, la macchina dell’informazione, oltre che operare
sull’informazione, cioè su modelli di fenomeni della realtà, è essa stessa il modello di un fenomeno
della realtà, ricordando che ogni macchina è la reificazione di un modello di un fenomeno della
realtà.
Questo fenomeno della realtà, il cui modello è rappresentato dall’architettura della macchina della
realtà, è il fenomeno dell’intelligenza e dell’interazione raziocinante che si manifesta nell’uomo e
che l’uomo osserva in se stesso.
La macchina dell’informazione è dunque l’emulatore, parziale e rozzo, dell’uomo che pensa sui
modelli di fenomeni della realtà che egli ha inventato in precedenza, ed è per questo motivo che
viene chiamata metamacchina, proprio perché è una macchina che opera su modelli, tra i quali si
considera ogni macchina, intesa come reificazione di un modello.
Pertanto un terzo criterio con il quale l’uomo seleziona il formalismo per descrivere, tramite
l’appropriata forma, il modello di un fenomeno della realtà, consiste nel potere utilizzare facilmente
una macchina dell’informazione, quando i modelli devono essere espressi mediante formalismi che
siano adeguati a destinare i modelli ad essere dei messaggi, scambiati con la macchina
dell’informazione, in modo che possano assumere la loro veste di operandi, cioè quando questi
modelli, divenuti messaggi contenenti operandi, costituiscono l’informazione sulla quale la
macchina dell’informazione deve svolgere la sua funzionalità operativa.
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In questo caso, dunque, i formalismi devono servire a facilitare la comunicazione tra l’uomo alla
macchina, comunicazione che serve per introdurre, sotto forma di messaggio scambiato tra l’uomo
e la macchina dell’informazione, l’informazione, cioè l’operando sulla quale la macchina deve
svolgere la sua funzione di operatore.
Si osservi, peraltro, che la selezione del formalismo più adeguato per soddisfare il primo, il
secondo, oppure il terzo criterio, è un formalismo che, normalmente, cambia al cambiare dei
predetti tre casi.
Si osservi, inoltre, che, nel primo e terzo caso, è identico il fenomeno della realtà che viene
modellizzato, nonché il modello che viene espresso adottando il primo ed il terzo criterio, sopra
descritti.
Si potranno allora distinguere vari approcci alla modellizzazione dei fenomeni, che corrispondono
alla selezione di diversi formalismi, nel procedimento che si svolge articolato nell’adozione, prima
del primo criterio e poi del terzo criterio, precedentemente descritti.
Cioè, quando si considera la macchina dell’informazione, occorre necessariamente distinguere, in
particolare, tra il formalismo con il quale l’uomo formula il modello di un determinato fenomeno
della realtà (primo criterio), ed il criterio con il quale l’uomo comunica con la macchina
dell’informazione, riformulando tale modello (terzo criterio), scambiandolo sotto forma di
messaggio, come operando, cioè come informazione.
In ingegneria dell’informazione, ed, in particolare, in robotica, il nome di linguaggio formale
ovvero di linguaggio artificiale viene adottato come sinonimo di formalismo e viene utilizzato per
individuare il formalismo che l’uomo adotta per esprimere rigorosamente:
1. sia il modello che l’uomo formula quando, in base al primo criterio sopra illustrato,
rappresenta la propria conoscenza di un fenomeno della realtà, ed, in questo caso, il
linguaggio formale viene chiamato linguaggio concettuale;
2. sia il messaggio che l’uomo formula quando, in base al terzo criterio sopra illustrato,
comunica alla macchina dell’informazione il modello, reso informazione, cioè operando
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della macchina dell’informazione, ed, in questo caso, il linguaggio formale viene chiamato
linguaggio logico.
Di regola, perciò, come detto prima, l’uomo procede alla selezione di due formalismi che, di regola,
sono distinti tra loro.
I formalismi adottati comunemente nel primo e nel secondo caso sono tratti dai seguenti diversi
settori:
1. matematica, quali:
a. aritmetica,
b. analisi infinitesimale,
c. algebra lineare,
d. algebra astratta,
e. matematica discreta;
2. logica, quali:
a. logica delle proposizioni,
b. logica dei predicati,
c. logica modale;
3. grafica.
Esamineremo, come esempio, il caso, tipico dell’intelligenza artificiale, nel quale l’elaboratore ed il
robot deve svolgere, come operazione, l’inferenza sulla conoscenza.
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Il linguaggio formale è chiamato, in questo caso, linguaggio di rappresentazione della conoscenza, e
l’informazione è chiamata, in questo caso, conoscenza.
Il primo formalismo, chiamato in generale, come detto, linguaggio concettuale, nel caso in cui si
procede
alla
rappresentazione
della
conoscenza,
viene
denominato
linguaggio
di
concettualizzazione algebrica e impiega, come formalismo, l’algebra astratta.
Il secondo formalismo, chiamato in generale, come detto, linguaggio logico, nel caso in cui si
procede alla rappresentazione della conoscenza, viene denominato linguaggio di rappresentazione
logica e impiega, come formalismo, la logica dei predicati.
4. SISTEMI FORMALI, SINTASSI E SEMANTICA
I linguaggi formali, oltre che essere essi stessi dei formalismi, cioè degli strumenti, sono, a loro
volta, oggetto di una loro formalizzazione.
In altri termini, se i linguaggi formali sono considerati come fini, vengono denominati sistemi
formali, e sono oggetto, anch’essi, di una descrizione formale, più precisamente metaformale, che
utilizza come metaformalismo, l’algebra astratta.
Questa trattazione metaformale è trattata nella disciplina, denominata linguistica computazionale,
che è stata sviluppata in base alla fondamentale opera pionieristica di Noam Chomsky, dello MIT,
di Cambridge, Massachusetts, Stati Uniti, inventore della nozione di linguaggio formale e di
grammatica formale.
Un altro pioniere della linguistica computazionale è Roberto Busa S. J., della Pontificia Università
Gregoriana di Roma e dell’Università Cattolica di Milano, che è internazionalmente noto come tra i
primi che hanno formalizzato i modelli di complessi fenomeni, inerenti le modalità di impiego, da
parte dell’uomo, del linguaggio naturale, in particolare il latino, quando l’uomo si esprime mediante
opere testuali complesse, in particolare di natura teologica e filosofica, come nell’intera opera di
San Tommaso d’Aquino.
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L’originalità di Busa è stata quella di definire questi complessi modelli, adottando la modalità
modellistica rappresentata dall’informazione, cioè da un operando dell’elaboratore e, di
conseguenza, ideandone i relativi algoritmi di elaborazione dell’informazione: questo complesso
risultato di modellistica, cioè l’informazione linguistica, e di algoritmica, cioè gli algoritmi di
elaborazione dell’informazione linguistica, costituiscono un nucleo emblematico della disciplina
linguistica computazionale.
Il risultato della concezione innovativa di Busa, tanto teoretica, quanto sperimentale, è cristallizzato
nella monumentale opera, considerata come pietra di fondazione della nascente linguistica
computazionale, denominata Index Tomisticus, prodotto principale della vita scientifica di Busa,
vero scienziato che unisce le scienze umane con le scienze naturali.
Un altro contributo, di notevole importanza concettuale alla linguistica computazionale, orientata
all’elaborazione dei testi in linguaggio naturale, è dovuto a Graziella Tonfoni, dell’Università di
Bologna, e della George Washington University di Washington, District of Columbia, Stati Uniti.
Il contributo di Tonfoni consiste nella presentazione di un’originale metodologia denominata
metodologia CPP – TRS, che è stata diffusa ed adottata come standard a livello internazionale,
mediante la quale la comunicazione artificiale in linguaggio naturale tra uomo e macchina
dell’informazione, viene espressa da messaggi comunicativi formulati con testi in linguaggio
naturale che vengono estesi, arricchendo i testi con l’introduzione di simboli testuali artificiali e di
oggetti testuali artificiali, in modo da modellizzare le intenzioni cognitive con le quali l’uomo
esprime il messaggio comunicativo in linguaggio naturale.
Si pensi quando, nel diverso caso della comunicazione naturale, ovviamente in linguaggio naturale,
l’uomo arricchisce il contenuto del messaggio comunicativo aggiungendo, all’atto linguistico
naturale, costituito da testi orali o scritti in linguaggio naturale, degli ulteriori atti perilinguistici
quali quelli rappresentati dalla prosodia, mimica e dalla gestualità, che fanno trasparire l’intenzione
cognitiva che l’uomo assume nell’atto complesso del comunicare.
E’ opportuno di seguito richiamare brevemente, descrivendo gli elementi essenziali di natura
sintattica che lo costituiscono, un sistema formale, secondo l’impostazione di Chomsky.
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Un sistema formale è costituito da un alfabeto, da un dizionario, da un linguaggio e da una
grammatica.
In particolare si introducono le seguenti definizioni:
 = 1, 2, … , n
è un insieme finito di simboli denominato alfabeto;
*= 1, 2, … , n , …
è l’insieme, i cui elementi i, denominati stringhe, sono tutte le
possibili sequenze finite di simboli i  , denominato
dizionario;
o: (*)2  *
è l’operazione binaria, definita su *, che consiste nel fare
corrispondere a due stringhe 1  * e 2  * una nuova
stringa   *, dove  = 1 o 2 è ottenuta con l’aggiunta, in
coda alla sequenza dei
simboli di 1, della sequenza dei
simboli di 2, denominata concatenazione;
M = (*, o)
è il monoide formato dal dizionario * e dalla concatenazione o,
è denominato monoide libero definito su ;
L  *
è un sottoinsieme del dizionario *, denominato linguaggio, e i
suoi elementi L  L, sono denominati parole.
Un linguaggio LVT (dove si è sostituito il simbolo  con il simbolo VT) secondo l’approccio
proposto da Chomsky, può essere definito con una struttura algebrica particolare GLVT denominata
grammatica o grammatica formale del linguaggio LVT.
Una grammatica GLVT è dunque un modello che descrive, come sistema formale, un linguaggio
formale, ed è basata sull’adozione di un alfabeto VT e di un insieme P di relazioni binarie tra
sequenze di simboli che permettono di definire la generazione di tutte e sole le parole LVT di un
linguaggio LVT.
Più precisamente, una grammatica formale, viene definita come:
18
GLVT = (VN, VT, S, P), dove:
VN
è un insieme finito di simboli, denominato alfabeto dei simboli non terminali,
VT
è un insieme finito di simboli, denominato alfabeto dei simboli terminali,
S  VN
è un simbolo non terminale, denominato radice o assioma della grammatica,
P
è un insieme finito, denominato insieme delle regole di produzione, e dove un
suo elemento p, definito come p = (VN  VT)*

(VN  VT)*, è denominato
regola di produzione.
Il linguaggio LVT, derivato dalla grammatica GLVT, è l'insieme di tutte le sequenze di simboli
terminali LVT  (VT)* che appartengono alle foglie di un albero sintattico, cioè di un albero
radicato la cui radice è S e che è tale che ogni suo sottoalbero corrisponde a una singola regola di
produzione p.
Una regola di produzione p è anche denominata regola di trascrizione, poiché, all’inizio, S viene
trascritto con una sequenza LVNVT  (VN  VT)* di simboli non terminali e terminali, e poiché, in
seguito, una sequenza ’LVNVT di simboli non terminali e terminali viene trascritta con un’altra
sequenza ’’LVNVT di simboli non terminali e terminali, e così via, finchè non si perviene ad una
sequenza complessiva nLVT di soli simboli terminali.
Le diverse grammatiche GLVT, corrispondenti ai diversi linguaggi LVT, sono classificate in quattro
categorie:
1. grammatiche di tipo 3, ovvero grammatiche a stati finiti GLVTSF, che generano un
linguaggio LVT che viene riconosciuto da una macchina, precisamente da un automa a stati
finiti ASF;
2. grammatiche di tipo 2, ovvero grammatiche libere da contesto GLVTLC, che generano un
linguaggio LVT che viene riconosciuto da una macchina, precisamente da un automa con
memoria interna a pila AMP;
19
3. grammatiche di tipo 1, ovvero grammatiche dipendenti da contesto GLVTDC, che generano
un linguaggio LVT che viene riconosciuto da una macchina, precisamente da un automa con
memoria esterna limitata AML;
4. grammatiche di tipo 0, ovvero grammatiche dipendenti da struttura GLVTDS, che generano
un linguaggio LVT che viene riconosciuto da una macchina, precisamente da un automa con
memoria esterna illimitata AMI, chiamata anche Macchina di Turing MT.
Si ricorda che i normali linguaggi di programmazione, tipici dell’informatica, e i normali linguaggi
di pianificazione, tipici della robotica, che si adottano quando l’uomo comunica un algoritmo
all’elaboratore od al robot, sono generati da casi particolari di grammatiche di tipo 2, ovvero da casi
particolari di grammatiche libere da contesto GLVTLCC.
Si ricorda, invece, che i linguaggi di rappresentazione logica della conoscenza, tipici
dell’intelligenza artificiale, che si adottano quando l’uomo comunica una base di conoscenza, cioè
gli assiomi di una teoria logica del vero assiomatizzata, all’elaboratore od al robot, sono generati da
casi particolari di grammatiche di tipo 0, ovvero grammatiche dipendenti da struttura GDS, ovvero
Macchine di Turing.
E’ noto che la Macchina di Turing è il modello formale che illustra, nel più generale grado di
generalità, l’efficacia che l’elaboratore ed il robot offrono nel risolvereproblemi formali mediante
effettiva computazione.
Pertanto ne consegue che l’attività di rappresentazione della conoscenza, che si incardina
sull’impiego dei linguaggi di rappresentazione della conoscenza, consiste nel più generale ed
efficace impiego, dell’elaboratore e del robot, che l’uomo può svolgere.
Si noti che la particolare attività di modellizzazione, che porta alla formalizzazione
dell’informazione si può considerare alla luce di tre distinte caratteristiche rispetto alle quali il
modello inventato, operando della macchina, cioè l’informazione, deve essere considerato.
La prima caratteristica concerne la sintassi, cioè la specificazione della struttura con la quale il
modello, cioè l’informazione, viene formalizzato.
20
Più precisamente la sintassi esprime la natura di legalità della forma, costitutiva del modello, che,
nel nostro caso, corrisponde alla legalità della sequenza di simboli che, tra le tante stringhe
possibili, individua una parola del linguaggio formale.
La trattazione sintattica è stata brevemente presentata, secondo l’approccio di Chomsky, all’inizio
di questa Sezione.
La seconda caratteristica concerne la semantica, cioè la specificazione del significato che individua
il ruolo svolto dal modello.
Una brevissima presentazione della semantica viene presentata nel seguito.
La terza caratteristica concerne la pragmatica, cioè la specificazione del fine che l’uomo si propone
di perseguire mediante le operazioni che egli ha determinato che la macchina debba svolgere
sull’informazione, cioè sull’operando, che è stato destinato dall’uomo a subire tali operazioni.
Esistono due approcci alla descrizione della semantica associata ad un sistema formale, il primo
denominato approccio denotazionale ed il secondo denominato approccio operazionale.
Secondo l’approccio denotazionale, si costruisce una prima forma sintattica s, cioè una sequenza
finita di simboli, che rappresenta l’espressione sintattica, scritta nel primo sistema formale S, di un
componente dell’informazione che si vuole esprimere.
La semantica si associa al sistema formale S quando esiste una seconda forma sintattica s’, espressa
in un secondo sistema formale S’, tale che la seconda sequenza di simboli può essere costruita sulla
base della prima sequenza s (cioè dalla sua denotazione intesa come una ben precisata sequenza di
simboli), e quando nel sistema formale S’ sia già stata assegnata in precedenza una semantica, cioè
un significato, alla seconda sequenza s’, significato che, in base all’approccio denotazionale, viene
associato anche alla prima sequenza s.
Cioè, la seconda sequenza s’, costruita partendo da s, ha assegnato, all’interno del secondo sistema
formale S’, un determinato significato e questo significato viene anche assegnato alla prima
sequenza s come il suo significato all’interno del primo sistema formale S.
21
Pertanto il significato di s in S viene importato dal significato di s’ in S’.
Secondo l’approccio operazionale, si costruisce un’espressione formale, appartenente ad un sistema
formale che individua, sulla base di una determinata sintassi, un linguaggio formale costituito da un
insieme di parole.
L’espressione formale è corretta, dal punto di vista sintattico, quando essa è rappresentata da una
sequenza legale di simboli che è pertanto denominata parola del linguaggio formale.
Scelto un linguaggio formale, per associare una semantica, cioè un significato alle parole del
linguaggio, occorre costruire una macchina che si comporti come l’interprete di questo linguaggio
formale, vale dire che svolga delle operazioni che sono il significato associato alle parole del
linguaggio formale.
Ciò significa che la macchina compie un’operazione prevista dall’uomo, che ha costruito la
macchina, quando la macchina riceve in ingresso, come operando, l’espressione formale, cioè la
parola, che così esprime l’operando sul quale la macchina, come operatore, svolge, in modo
corretto, l’operazione prevista dall’uomo in modo corretto.
5. REALE, NATURALE E ARTIFICIALE
Passiamo ora ad esaminare, con delle considerazioni di natura filosofica, la nozione di modello e la
sua relazione con la nozione di fenomeno.
Queste considerazioni richiedono, perché siano bilanciate in un quadro unitario, che vengano
articolate nelle quattro seguenti sottodiscipline della filosofia:
1) ontologia (O), ovvero filosofia dell’essere;
2) gnoseologia (G), ovvero filosofia del conoscere;
3) epistemologia (E), ovvero filosofia del ricercare scientifico;
22
4) antropologia (A), ovvero filosofia del vivere dell’uomo.
Queste quattro sottodiscipline filosofiche, che sono individuate con la sigla OGEA, ottenuta dalle
loro iniziali, sono indicate nella Fig. 1.
T
O
G
A
E
Figura. 1. Schema delle quattro sottodiscipline filosofiche.
Nelle seguito di questa Sezione e, anche, nelle Sezioni successive, verranno illustrate, in modo
sintetico, le considerazioni inerenti le quattro sottodiscipline filosofiche OGEA.
Nella Fig. 1 è introdotta, inoltre, una quinta disciplina, non propriamente filosofica, e cioe la:
5) teologia (T), ovvero la disciplina che studia i vari problemi connessi con la concezione di
Dio.
La teologia T, nella Fig. 1, è posta su una direzione ortogonale al piano che contiene la sigla
OGEA, per indicare che, da un lato, le considerazioni filosofiche, che seguono, concernono un
piano di considerazioni che non è coinvolto e non è necessariamente legato con le considerazioni
teologiche (ed infatti, nel seguito, non verranno presentate considerazioni teologiche), e che, da un
altro lato, le considerazioni teologiche, nella loro ortogonalità alle considerazioni filosofiche, si
possono innestare sulle stesse considerazioni OGEA, ovvero, si può osservare che la teologia non
23
nasce sulle rovine della ragione.
La prima serie di considerazioni filosofiche, ciè quelle concernenti l’ontologia, sono illustrate
appoggiandosi al seguente diagramma pentacerchico dell’ontologia O (vedi seguente Fig. 2).
REALE, NATURALE E ARTIFICIALE
REALE
NATURALE
UOMO
+
AMBIENTE
ARTIFICIALE
MACCHINA
Figura 2. Diagramma pentacerchico dell’ontologia O.
Come viene illustrato sinteticamente, nel diagramma di Fig. 2, è utile ricordare che il reale è
concepito come costituito dall’unione del naturale (che comprende l’uomo e l’ambiente esterno
all’uomo) con l’artificiale (che comprende gli artefatti, cioè, in altre parole, le entità che l’uomo ha
realizzato, utilizzando dei componenti, sia presenti nel naturale, sia già presenti nell’artificiale, per
comporli in un composito, l’artefatto, secondo un’architettura concepita ispirandosi ad un disegno
artistico).
La seconda serie di considerazioni filosofiche, ciè quelle concernenti la gnoseologia, sono illustrate
appoggiandosi al seguente diagramma tripolare della gnoseologia E (vedi Fig. 3).
FENOMENO, MODELLO E LEGGE
PARADIGMA EMPIRICO INDUTTIVO E DEDUTTIVO
(GALILEO GALILEI)
MODELLO
24
{REALE}
{CONOSCENZA DEL REALE}
Figura 3. Diagramma tripolare della gnoseologia G.
Il diagramma tripolare gnoseologico illustra, innanzitutto, la fondamentale distinzione tra fenomeno
e modello, distinzione che è oggetto di un’ampia serie di considerazioni che sono state proposte da
Galileo Galilei con il nome di paradigma empirico induttivo e deduttivo.
Si noti che il fisico utilizza il modello di un fenomeno al fine di derivarne, mediante un’attività
inferenziale, sia deduttiva, sia induttiva, una legge che permetta di caratterizzare proprietà del
fenomeno e che permetta di prevedere anche nuovi fenomeni.
Secondo il paradigma empirico galileiano, infatti, appare chiaro che le attività gnoseologiche poste
in essere da un fisico, possono essere articolate nel modo seguente.
1. Passaggio dal mondo della realtà (fenomeno) al mondo della conoscenza della realtà
(modello).
Questo passaggio, che in fisica viene chiamato modellizzazione, in gnoseologia viene
chiamato abduzione.
25
2. Passaggio all’interno della conoscenza della realtà (dal modello alla legge).
Questo passaggio, che in fisica viene chiamato derivazione, in gnoseologia viene chiamato
inferenza e viene distinto nelle due forme cooperanti dell’induzione e della deduzione.
3. Passaggio dal mondo della cognizione della realtà (legge) al mondo della realtà (fenomeno).
Questo passaggio, che in fisica viene chiamato aspettazione, in gnoseologia viene chiamato
adduzione.
Le attività dell’abduzione e dell’adduzione, possono essere chiamate con il termine complessivo di
afferenza.
Le attività di induzione e di deduzione, come detto, possono essere chiamate con il termine
complessivo di inferenza.
Infine l’afferenza e l’inferenza costituiscono il complesso delle attività dell’uomo che viene
chiamato intelligenza.
Anche il filosofo Henry Bergson propone, sempre nell’ambito della gnoseologia, di considerare
l’intelligenza dell’uomo come articolata in due forme.
La prima forma è l’intelligenza dell’homo creator, ovvero è l’intelligenza creativa, che corrisponde
all’afferenza e che individua il tipo di intelligenza che l’uomo esplica quando osserva, nel mondo
della realtà, un fenomeno e inventa, nel mondo della conoscenza della realtà, un modello.
La seconda forma è l’intelligenza dell’homo faber, ovvero è l’intelligenza fabbricativa, che
corrisponde all’inferenza e che individua il tipo di intelligenza che l’uomo esplica quando
considera, nel mondo della conoscenza della realtà, un modello e costruisce, nel mondo della
conoscenza della realtà, una legge.
Si noti, peraltro, che mentre l’afferenza, cioè l’insieme dell’abduzione e dell’adduzione, sono
esclusive dell’attività dell’uomo, l’inferenza, cioè l’insieme dell’induzione e della deduzione, può
26
essere oggetto, o solo dell’uomo, o solo della macchina, o della collaborazione interattiva
dell’uomo con la macchina.
Si osservi inoltre che oltre le attività di afferenza (abduzione e adduzione) ed inferenza (induzione e
deduzione) e adduzione, esiste un’ulteriore attività, di livello superiore, anch’essa appartenente
all’intelligenza creativa e, dunque, sempre esclusiva dell’uomo.
Questa attività è denominata critica e consiste nella capacità dell’uomo di rivedere e di modificare
un precedente ciclo di abduzione, inferenza, induzione e deduzione, adduzione, in un successivo
ciclo, analogo ma migliorativo rispetto al precedente ciclo.
Il miglioramento, di tipo evolutivo, consiste in una migliore conoscenza della realtà che si esplica
in una più perfezionata e mirata abduzione e, di conseguenza, in una più efficace induzione e
deduzione, con conclusiva più soddisfacente adduzione.
L’abduzione è, senz’altro un’ aspetto centrale del paradigma empirico galileiano, in quanto, insieme
all’adduzione, costituisce ciò che possiamo chiamare un metafenomeno, vale a dire un fenomeno
della realtà, osservabile dall’uomo nell’uomo stesso, che è inerente al complesso di fenomeni che
riguardano il conoscere la realtà da parte dell’uomo, e che ha a che fare con ogni fenomeno della
realtà nel senso che, nel caso dell’abduzione, primo tipo di metafenomeno, si parte dal fenomeno
della realtà che viene conosciuto e si perviene al modello di tale fenomeno della realtà, mentre nel
caso dell’adduzione, secondo tipo di metafenomeno, si parte dalla legge, inferita dal modello del
fenomeno della realtà, e si perviene ad un nuovo fenomeno della realtà.
Nella Fig. 4 si ritiene utile approfondire la nozione di adduzione, mostrando che tale metafenomeno
che parte da un fenomeno della realtà e che perviene ad un suo modello, può essere visto, secondo
l’insegnamento tomistico e neotomistico, come la composizione di due metafenomeni:
1. il primo metafenomeno è l’arte (in Greco, techne), mediante il quale l’uomo osserva il
fenomeno (in Greco, phainomenon) e concepisce, interiormente alla propria coscienza
un’idea (in Greco, idea), che è la conoscenza che l’uomo ha del fenomeno, conoscenza che
è, peraltro, di esclusiva pertinenza dell’uomo stesso che ha conosciuto il fenomeno, senza
che tale conoscenza interiore sia ancora stata manifestata al suo esterno;
27
2. il secondo metafenomeno è la creazione (in Greco, poiesis), mediante il quale l’uomo
propone all’esterno, in modo che sia osservabile dagli altri uomini, la propria idea del
fenomeno per renderla manifesta agli altri uomini sotto la forma esteriore di una visione (in
Greco, eidos) esteriore del fenomeno, cioè di una conoscenza del fenomeno che è
accessibile ad ogni altro uomo e che viene comunemente chiamata modello del fenomeno.
FENOMENO, IDEA, VISIONE
ABDUZIONE
ARTE
CREAZIONE
TEKHNE
POIESIS
FENOMENO
IDEA
VISIONE
PHAINOMENON
IDEA
EIDOS
Figura 4. Abduzione come composizione di arte e creazione.
Esaminando, con attenzione, l’abduzione, si osserva che l’uomo, quando conosce un fenomeno del
reale, può proporre la propria conoscenza del fenomeno, oltre che con varie modalità individuali,
come, ad esempio, mediante una poesia, anche con la modalità denominata modello, adottando il
già richiamato paradigma empirico galileiano.
E’ bene osservare che il modello, secondo il paradigma empirico galileiano, è basata sulle proprietà
di:
1. finitezza: la quantità di conoscenza descritta dal modello è finita, a differenza della poesia
che può attivare illimitate personali interpretazioni nel lettore;
2. oggettività: il significato che si dà alla descrizione della conoscenza espressa nel modello è
unico, non esistendo ambiguità o polivalenza nell’interpretazione del linguaggio con il quale
il modello viene formulato, il che non avviene nel caso di una conoscenza descritta in una
28
poesia od anche in un brano di prosa basato su un’individuale adozione del linguaggio
descrittivo;
3. replicabilità: l’effetto che si ha della conoscenza acquisita, apprendendo il modello, permette
di effettuare una replica della sperimentazione del fenomeno che porta alle stesse
conclusioni (da parte dell’uomo, secondo replicante, colui che ha appreso il modello) che
erano state formulate, la prima volta (da parte dell’uomo, primo proponente, colui che,
conoscendo sperimentalmente il fenomeno, ne ha formulato il modello).
I modelli dei fenomeni, che costituiscono, insieme alle leggi derivate dai modelli, la manifestazione
scientifica della conoscenza umana della realtà, sono peraltro:
1. espressioni esatte, cioè perfette, nella loro rappresentazione del fenomeno che si manifesta
all’osservazione dell’uomo;
2. raffigurazioni parziali, cioè imperfette, degli elementi ontologicamente costitutivi del
fenomeno che l’uomo contempla;
3. momenti innovabili, cioè perfettibili, della cultura scientifica umana che avvicenda a vecchie
modellizzazioni più imperfette di uno stesso fenomeno nuove modellizzazioni meno
imperfette di tale fenomeno.
Si osservi, infine, che nel paradigma empirico galileiano son implicitamente presenti due importanti
dualità.
La prima dualità riguarda la realtà, basti pensare, infatti, che la conoscenza della realtà, che è
causata nell’uomo dalla percezione del fenomeno della realtà, e che è quindi l’effetto del fenomeno
della realtà, non deve essere, né confusa, né identificata con la causa e, pertanto, il fenomeno della
realtà va inteso come una prima entità, che si può chiamare realtà 1 che è diversa, anche se
correlata, con la conoscenza del fenomeno, che è una seconda entità, che si può chiamare realtà 2.
La seconda dualità riguarda l’uomo, basti pensare, infatti, che l’uomo, che è il soggetto che esplica
le attività gnoseologiche descritte nel paradigma empirico galileiano, e che si può chiamare uomo 1,
quando dunque è inteso come soggetto del conoscere, è diverso dall’uomo, sede di fenomeni che
29
vengono conosciuti, che è parte della realtà, anzi della natura, e che si può chiamare uomo 2,
quando è inteso come oggetto del conoscere.
6. INGEGNERIA DELL’INFORMAZIONE, INFORMATICA E ROBOTICA
E’ opportuno, a questo punto inquadrare in modo più approfondito, introducendo delle
considerazioni di natura epistemologica, la nozione di ingegneria dell’informazione che è stata già
brevemente introdotta in precedenza.
Nella Sezione 2 si è detto dunque che ogni macchina reifica un modello di un fenomeno del reale,
nel senso che una macchina è un caso particolare di artefatto, che contiene, nella propria
architettura, la descrizione di un modello di un fenomeno della realtà.
Si pensi ad esempio ad un motore che, con la sua architettura di artefatto, reifica il fenomeno della
forza, ad esempio esercitata dal vento su una balla di paglia che viene fatta incessantemente rotolare
su un campo: ebbene la meccanica è la disciplina che si occupa della concezione, progettazione,
realizzazione ed applicazione, tra le altre, di quelle particolari macchine che sono i motori.
Si pensi, oppure, ad un refrigeratore (frigorifero) che, con la sua architettura di artefatto, reifica il
fenomeno del freddo, ad esempio esercitato dall’aria gelida che sui pendii delle montagne alte
solidifica i laghetti tramutandoli, almeno in uno spesso strato superficiale dell’acqua, in una spessa
crosta di ghiaccio.
Ebbene la termotecnica è la disciplina che si occupa della concezione, progettazione, realizzazione
ed applicazione, tra le altre, di quelle particolari macchine che sono i refrigeratori.
L’ingegneria dell’informazione, peraltro, a differenza della meccanica, si occupa di macchine
dell’informazione, cioè di quelle macchine che sono intese come operatori artificiali che svolgono
delle operazioni su un operando denominato informazione.
Così come un motore è quell’operatore artificiale che opera producendo la forza, che è l’operando,
così come un refrigeratore è quell’operatore artificiale che opera producendo il freddo, che è
l’operando, la macchina dell’informazione è quell’operatore artificiale che svolge una determinata
30
operazione accettando in ingresso, come operando, l’informazione da modificare sulla quale la
macchina dell’informazione effettua, al proprio interno, un’operazione, per poi fornire in uscita
come operando l’informazione modificata sulla quale tale operazione è stata effettuata.
Nella Sezione 3 si è detto che l’uomo è, da un lato il soggetto che inventa i modelli, ed anche, da
un altro lato, il soggetto che inventa le macchine, che sono modelli descritti tramite l’architettura
della macchina, intesa come artefatto.
Si è anche osservato che tali attività, intese come fenomeni della realtà, sono osservate dall’uomo
nel momento in cui l’uomo osserva in se stesso tali fenomeni.
Si noti, inoltre, che la conoscenza, formulata dall’uomo, di tali attività ovvero di tali fenomeni
dell’uomo, può dunque consistere nella formulazione di modelli che, oltre che rappresentare la
conoscenza galileiana di tali attività, possono portare, attraverso la loro reificazione in macchine
dell’informazione, alla concezione di artefatti capaci di effettuare tali attività sotto forma di
operazioni.
Queste attività che l’uomo esplica sui modelli inventati sono le attività della trasformazione,
dell’elaborazione (con l’interazione), della regolazione e della comunicazione.
L’ingegneria dell’informazione è basata sull’impiego di macchine dell’informazione che sono la
reificazione del modello del fenomeno della realtà che l’uomo osserva in se stesso, conoscendolo
come modello, quando si autopercepisce nell’atto di trasformare, elaborare, regolare e comunicare i
modelli che egli ha precedentemente inventato.
Le quattro branche dell’ingegneria dell’informazione, che riguardano le quattro categorie di
operazioni svolte sui modelli indicate, cioè la trasformazione, l’elaborazione, la regolazione e la
comunicazione, sono, rispettivamente, l’elettronica, l’informatica (con la robotica), l’automatica, le
telecomunicazioni (sineddoche che adombra il termine, peraltro non utilizzato, comunicatica) (vedi
Fig. 5).
31
TRASFORMAZIONE
(ELETTRONICA)
INFORMAZIONE
ELABORAZIONE
COMUNICAZIONE
(INFORMATICA)
(TELECOMUNICAZIONI)
INTERELABORAZIONE
(ROBOTICA)
REGOLAZIONE
(AUTOMATICA)
Figura 5. Elettronica, informatica, robotica, automatica e telecomunicazioni.
Per esaminare, in modo generale, la natura dell’informatica, e della collegata disciplina, la robotica,
intese some discipline appartenenti all’ingegneria dell’informazione, introduciamo la terza serie di
considerazioni filosofiche, ciè quelle concernenti l’epistemologia, che vengono illustrate
appoggiandosi al seguente diagramma tripolare della gnoseologia G (vedi Fig. 6).
UOMO, AMBIENTE E MACCHINA
UOMO
AMBIENTE
32
Figura 6. Diagramma tripolare dell’epistemologia E.
Si noti che l’interazione tra Uomo e Ambiente è illustrata, nel diagramma tripolare epistemologico,
con delle freccie grigie, per indicare che tale interazione è quella parte della realtà che è sede di quei
fenomeni che, essendo inerenti alla mutua influenza tra uomo e ambiente, sono fenomeni naturali
così come sono fenomeni naturali quelli che sono inerenti, separatamente, sia all’uomo, sia
all’ambiente (si dirà, sinteticamente, che tali freccie grigie rappresentano una parte della realtà 1,
illustrata nella precedente Sezione 5).
Si noti, inoltre, che le due interazioni, la prima tra Macchina e Uomo e la seconda tra Macchina e
Ambiente sono illustrate, nel diagramma tripolare epistemologico, con delle freccie nere, per
indicare che tali due interazioni condividono, come ogni altra funzione della macchina, l’inerenza
con la cognizione della realtà considerata ben distinta dalla realtà e, quindi, tali due interazioni sono
compiutamente coincidenti con quei modelli, parte del più ampio modello che caratterizza la
macchina, che fromalizzano i fenomeni dell’interagire della macchina con l’uomo e con l’ambiente
(si dirà, sinteticamente, che tali freccie nere rappresentano una parte della realtà 2, illustrata nella
precedente Sezione 5).
Si noti, infine, che nel diagramma tripolare epistemologico, si è mostrata la macchina individuando,
nell’interazione tra Macchina e Ambiente, una coppia di interazioni: la prima, che rappresenta
l’interazione di entrata nella macchina, è caratterizzata dalla presenza di sensori, la seconda, che
rappresenta l’interazione di uscita dalla macchina, è caratterizzata dalla presenza di attuatori.
33
La distinzione tra elaboratore, cioè la macchina dell’informatica, e robot, cioè la macchina della
robotica, dipende dalla presenza o meno di sensori ed attuatori, poiché l’elaboratore è la macchina
priva di sensori e attuatori, mentre il robot è la macchina dotata o solo di sensori (robot bianco), o
solo di attuatori (robot nero), o di sensori e di attuatori (robot blu) (vedi Fig. 7).
ELABORATORE E ROBOT
ATTUATORI
ELABORATORE
SENSORI
NO
NO
(ELABORAZIONE)
ROBOT
(TIPI)
(INTERELABORAZIONE)
NERO
NO
SI
BLU
SI
SI
BIANCO
SI
NO
{INTERELABORATORE}
Figura 7. Elaboratore e robot.
Perciò con l’informatica l’uomo concepisce la realizzazione di una macchina, l’elaboratore, che
simula, rozzamente, talune facoltà dell’intelligenza dell’uomo che riflette sul reale, e che, inoltre,
risolve dei problemi causati da tale riflessione.
Pertanto, l’uomo (primo polo), progettando l’elaboratore (terzo polo), sostituisce se stesso con
l’elaboratore nell’intelligere (senza coinvolgere l’interagire con l’ambiente) (secondo polo).
Quindi l’informatica si inquadra dicendo che è quella disciplina moderna, appartenente
all’ingegneria
dell’informazione,
che
riguarda
le
attività
svolte
da
quella
macchina
dell’informazione, denominata elaboratore, che è dedicata a svolgere sull’informazione l’attività
funzionale di elaborazione (si ricorda che l’informazione (che è un tipo di modello) è l’operando,
mentre l’elaboratore (che è un tipo di macchina) è l’operatore).
Inoltre con la robotica l’uomo concepisce la realizzazione di una macchina, il robot
(l’interelaboratore), che simula, rozzamente, sia talune facoltà dell’intelligenza dell’uomo che
riflette sul reale, sia talune facoltà dell’interazione dell’uomo che agisce e percepisce (cioè che
34
interagisce) nel reale, e che, inoltre, risolve dei problemi causati da tale riflessione e da tali azione e
percezione.
Pertanto l’uomo (primo polo), progettando il robot (l’interelaboratore) (terzo polo), sostituisce se
stesso con il robot nell’intelligere e nell’interagire con l’ambiente (secondo polo).
Quindi la robotica si inquadra dicendo che è quella disciplina moderna (normalmente intesa come
associata all’informatica), appartenente all’ingegneria dell’informazione, che riguarda le attività
svolte da quella macchina dell’informazione, denominata robot (termine che adombra il termine,
peraltro non utilizzato, interelaboratore), che è dedicata a svolgere sull’informazione l’attività
funzionale di elaborazione e interazione (cioè di interelaborazione (si ricorda, ancora, che
l’informazione (che è un tipo di modello) è l’operando, mentre il robot (che è un tipo di macchina) è
l’operatore).
Si ricorda che il termine robot è proposto in una commedia degli anni trenta dello scrittore boemo
Karel Capek, dal titolo, “Rosum Universal Robot”, dove il personaggio Rosum (il cui nome deriva
dal verbo ceco “rosumit” che significa pensare) è colui che pensa e comanda (il padrone), mentre il
personaggio Robot (il cui nome deriva dal verbo ceco “rabotat” che significa lavorare) è colui che
opera e ubbidisce (lo schiavo).
Rosum e Robot sono dunque i personaggi emblematici della cooperazione tra pensiero e azione.
Si ricorda, peraltro, che il nome robot, fu proposto a Karel Capek dal fratello Joseph Capek,
scultore, e si precisa che il verbo “rabotat”, lavorare, così come il sostantivo “rabota”, lavoro,
vengono dalla radice “raba”, che significa, schiavo.
Si noti, inoltre, che, mentre la problematica dell’interazione della macchina con l’ambiente è di
rilevanza solo per la robotica, la problematica dell’interazione della macchina con l’uomo è di
profonda importanza, non solo nell’ambito dell’informatica, ma anche nell’ambito della robotica.
Il motivo di ciò dipende dal fatto che l’informatica è legata alla macchina elaboratore, e che la
robotica è legata alla macchina robot (la macchina che ha la capacità di interagire con l’ambiente), e
che, infine, ogni macchina (elaboratore e robot) è dotata della capacità di interagire con l’uomo.
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Potrebbe apparire, da queste due definizioni, che la robotica contenga l’informatica, il che è vero
(vedi Fig. 8).
INFORMATICA E ROBOTICA
PERCEZIONE
ATTRAVERSO I
SENSORI
ELABORAZIONE
ATTRAVERSO
L’ELABORATORE
PRODUZIONE
ATTRAVERSO
GLI ATTUATORI
INFORMATICA
ROBOTICA
Figura 8. Informatica e robotica.
Peraltro, di regola, in informatica si studiano solo quelle attività di elaborazione dell’informazione,
che non prevedono dunque una concomitante attività di interazione della macchina (l’elaboratore,
per il quale tali attività di interazione non sono pertinenti) con l’ambiente.
Invece, di regola, in robotica si studiano solo quelle attività di elaborazione dell’informazione che
prevedono dunque una concomitante attività di interazione della macchina (il robot, per il quale tali
attività sono pertinenti) con l’ambiente, ed, inoltre, in robotica si studiano le attività di interazione
della macchina (il robot) con l’ambiente.
Pertanto, di regola, la robotica viene considerata non come una disciplina contenente l’informatica
come sua sottodisciplina, ma come una disciplina, distinta dall’informatica.
Inoltre, in linea di principio, tutte le attività di elaborazione dell’informazione, che nell’ambito
dell’informatica sono considerate come disponibili all’elaboratore, possono, nell’ambito della
robotica, essere considerate come disponibili al robot in modo integrato con le altre attività di
interazione con l’ambiente, peculiari della robotica.
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Per meglio illustrare, ancora una volta, la differenza tra l’elaboratore ed il robot, entrambe macchine
dell’informazione, è opportuno considerare la macchina dell’informazione, come strutturata nelle
sue due componenti materiali (in Inglese, hardware HW) e logicali (in Inglese, software SW) come
illustrato in Fig. 9.
SW
CMU
CMA
HW
UOMO
AMBIENTE
Figura 9. Comunicazione macchina – uomo e comunicazione macchina – ambiente.
Questa macchina è dotata di due tipologie di comunicazioni che coinvolgono le due seguenti entità
distinte dalla macchina stessa.
1. L’uomo (comunicazione macchina – uomo CMU): questa comunicazione non può mai
essere assente poichè, sia direttamente, nel caso in cui la macchina sia dotata sempre di un
interefaccia uomo – macchina, sia indirettamente, nel caso in cui la macchina, chiamata
macchina autonoma, non sia dotata di tale interfaccia uomo – macchina.
Ciò non contravviene la considerazione che l’uomo fa e fa fare alla macchina, poichè, in
questo secondo caso, il fare e il far fare sono stati concentrati all’inizio nella progettazione,
costruzione e programmazione della macchina.
La macchina, successivamente svolge autonomamente, senza alcun ulteriore intervento
dell’uomo, una determinata funzione, anche molto complessa ed articolata, che rappresenta
il far fare che l’uomo ha determinato insieme al fare, nella fase iniziale.
Dunque, ogni macchina, sia un elaboratore, sia un robot (o interelaboratore) è dotato dell
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CMU.
2. L’ambiente (comunicazione macchina – ambiente CMA): questa comunicazione è assente,
come si è visto in precedenza, quando la macchina è un elaboratore, mentre è presente,
quando la macchina è un robot.
In tal caso, l’interfaccia ambiente – macchina è rappresentata dai sensori, in ingresso nella
macchina, e dagli attuatori, in uscita dalla macchina.
Le due macchine elaboratore e robot, vanno, spesso, viste integrate con le due macchine delle
telecomunicazioni, telefono e televisore, all’interno di quella disciplina, che è una transdisciplina a
cavallo dell’informatica e delle telecomunicazioni, che è la telematica.
Elaboratore e robot, con telefono e televisore, sono al servizio dell’uomo nell’agevolarlo nelle
attività:
1. sia di intelligenza (attività di un uomo seduto in poltrona che pensa), che è rozzamente
emulata dall’elaboratore,
2. sia di intelligenza e di interazione con l’ambiente esterno all’uomo (attività di un uomo che
si muove nel suo ambiente, che percepisce dei fenomeni, che pensa e che produce dei
fenomeni), che è rozzamente emulata dal robot (interelaboratore),
3. sia di comunicazione, quest’ultima, a sua volta, distinta in comunicazione in presenza,
quando gli uomini, che comunicano tra di loro, sono vicini tra di loro con i loro corpi, e in
comunicazione in assenza, quando gli uomini, che comunicano tra di loro, sono lontani tra
di loro, che è svolta dal telefono e dal televisore.
Non solo, si può anche, utilizzando la telematica, prospettare tutti i servizi tipici dell’elaborare e
dell’interelaborare, ma tali attività possono essere svolte teleutilizzando elaboratori e robot, non
necessariamente presenti accanto all’uomo che li utilizza, ma collegati, mediante una rete di
elaboratori e di robot, ad un elaboratore, anche modesto, che l’uomo ha a disposizione accanto a se,
purchè tale semplice elaboratore dell’utente sia collegato nella rete con gli altri elaboratori e robot.
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Non c’è dubbio che tali attività sono estremamente utili perchè potenziano, promuovendola, la
capacità inventiva dell’uomo.
Ed inventare nuove modalità di espressione delle verità è uno strumento di intensificazione
dell’efficacia con la quale l’uomo irradia nella società il suo personale contributo alla storia della
cultura umana.
7. UOMO BIPOLARE E MUTAZIONE ANTROPOLOGICA
Occorre sapere cogliere, da parte di ogni uomo, la novità della dimensione antropologica, che si
può, senza esagerare, concepire come una vera e propria mutazione antropologica, che viene indotta
dal fatto che l’uomo può servirsi dell’elaboratore e del robot per aumentare la propria efficacia
cognitiva e comunicativa.
Questo scenario è della massima importanza se viene inquadrato alla luce
L’uomo, infatti:
1. non solo utilizza l’elaboratore ed il robot come strumenti di intensificazione dell’efficace
irradiazione del pensiero e dell’azione umana, nei confronti dell’intera società,
2. ma sa anche adattarsi alla mutazione antropologica, sia dell’uomo, sia, quindi, della
complessiva società umana, che viene indotta dall’impiego dell’elaboratore e del robot che
inducono un notevole potenziamento ed efficacia al pensiero ed all’azione dell’uomo.
Ciò richiede, sempre a livello strumentale, un’attenta riconfigurazione, nella forma di
prospettazione, dei contenuti del pensiero e dell’azione umana che rimangono peraltro immutati dal
punto di vista strategico e teleologico.
Vediamo, pertanto, di presentare, sinteticamente, il quadro di riferimento di questa mutazione
antropologica, che viene incardinata intorno alla nozione di bipolo informatico e robotico, centrato
sulla nozione di polo uomo – corpo e di polo uomo – macchina.
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Questo quadro consiste in una visione che considera la società degli uomini, chiamata società
dell’informazione, come basata, sull’impiego delle macchine dell’informazione, quali gli
elaboratori ed i robot.
Nella società dell’informazione gli uomini e le macchine sono sempre più integrati in una fruttuosa
sinergia che è tanto più efficace, quanto più spinta sono la comunicazione artificiale, basata sulle
tipologie comunicative tra uomo e macchina che, in base ai progressi scientifici dell’ingegneria
dell’informazione e della robotica, in generale, e dell’intelligenza artificiale, in particolare, sono
sempre più destinate a presentare anche nuove modalità nella comunicazione dell’uomo con se e
con gli altri uomini.
Infatti ogni uomo, inteso come individuo, si basa sempre più, nel suo operare intellettualmente ed
interattivamente, invece che sull’impiego immediato del proprio polo uomo – corpo, sull’impiego
mediato del polo uomo - macchina, nel quale l’uomo delega alcune attività operative.
Si noti che i termini immediatamente e mediatamente si riferiscono all’assenza, il primo, ed alla
presenza, il secondo, di un medium, cioè di un mezzo o strumento artificiale, che sia o non sia
utilizzato, al posto del corpo, come strumento per esercitare una certa funzione dell’intelligenza.
Si noti anche che il termine polo uomo - macchina è indicato per porre l’accento sul fatto che la
macchina, non solo non è un soggetto, ma, inoltre, anche quando viene correttamente intesa come
un polo od un sito, essa è fatta dall’uomo ed è fatta fare dall’uomo.
Quindi l’uomo unitario si presenta sotto l’aspetto di un bipolo informatico e robotico che associa
all’uomo unitario, cioè all’uomo inteso come soggetto uomo - mente, due distinti siti o poli, un
primo costituito dal polo uomo - corpo, ed un secondo costituito dal polo uomo - macchina.
Questa concezione porta alla nozione di uomo bipolare che richiede una serie di considerazioni
filosofiche, concernenti l’antropologia, che vengono illustrate appoggiandosi al seguente
diagramma tripolare dell’antropologia gnoseologia A (vedi Fig. 10).
UOMO BIPOLARE
SOGGETTO
UOMO - MENTE
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Figura 10. Diagramma bipolare dell’antropologia A.
Si faccia attenzione che qui la dizione, quasi provocatoria, uomo - macchina, dizione che individua
la macchina, cioè l’elaboratore e il robot, si propone di accentuare volutamente il fatto che la
macchina non opera autonomamente, ma opera all’interno dei modelli progettuali che l’uomo,
progettista della macchina (l’uomo che fa la macchina), ha inventato ed ha determinato.
La macchina dunque opera secondo le funzionalità che l’uomo, artefice dell’attività effettuata dalla
macchina (l’uomo che fa fare alla macchina) ha intenzionalmente causato.
Si richiama cioè l’attenzione sulla profonda implicazione della frase: l’uomo fa la macchina e fa
fare alla macchina.
Si noti come in tale bipolo informatico e robotico, l’uomo e la macchina (l’elaboratore e il robot) si
ripartiscono tra di loro le attività dell’intelligenza nel modo seguente:
1. l’attività dell’intelligenza creativa viene esclusivamente svolta nel polo uomo - corpo;
2. l’attività dell’intelligenza fabbricativa viene svolta in modo distribuito, sia nel polo uomo corpo, sia nel polo uomo - macchina, ma con tendenza ad uno spostamento sempre più
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massiccio dal polo uomo - corpo al polo uomo - macchina.
Si noti come in una società di uomini bipolari esistano due tipi di comunicazione che coinvolgono
l’uomo (vedi Fig. 11).
COMUNICAZIONE INTRABIPOLARE E
COMUNICAZIONI INTERBIPOLARI
Figura 11. Diagramma bipolare dell’antropologia A.
Da un lato si ha la comunicazione intrabipolare, cioè la comunicazione, all’interno di ogni singolo
uomo bipolare, tra il polo uomo - corpo ed il polo uomo - macchina.
Si faccia attenzione, dunque, come le moderne metodologie dell’interazione uomo - macchina,
multimediali ed ipertestuali, si incastonano perfettamente nell’incrementare la flessibilità, la
scorrevolezza, la variabilità, la complessità e la potenzialità dell’interazione intrabipolare.
Da un altro lato si ha la comunicazione interbipolare, cioè la comunicazione tra un uomo bipolare
ed un altro uomo bipolare.
La comunicazione interbipolare, cioè la comunicazione di un uomo bipolare con un altro uomo
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bipolare, configura quindi quattro possibili comunicazioni uomo – uomo.
La prima comunicazione è un esempio della comunicazione in presenza e consiste nella seguente
comunicazione:
1. comunicazione tra il polo uomo - corpo di un uomo ed il polo uomo - corpo di un altro
uomo.
E’ quindi necessario che i due uomini che comunicano tra di loro siano fisicamente nello stesso
luogo e nello stesso tempo.
Le altre tre comunicazioni sono tre esempi della comunicazione in assenza e consistono nelle
seguenti comunicazioni:
1. comunicazione tra il polo uomo - corpo di un uomo ed il polo uomo - macchina di un altro
uomo;
2. comunicazione tra il polo uomo - macchina di un uomo ed il polo uomo - corpo di un altro
uomo;
3. comunicazione tra il polo uomo - macchina di un uomo ed il polo uomo - macchina di un
altro uomo.
La strutturazione bipolare delle unitarie attività intellettive ed interattive del singolo individuo
unitario bipolare, in una società di bipoli informatici e robotici, rappresenta un’opportunità sempre
più crescente che l’uomo ha.
Egli infatti può concentrarsi (all’interno del proprio polo uomo - corpo) sulle più nobili attività
intellettive ed interattive di tipo inventivo e creativo (le attività intuitive), mentre sempre più
l’uomo, liberandosene direttamente, può far fare (all’interno del proprio polo uomo - macchina)
(quindi le fa sempre l’uomo, ma indirettamente) le meno nobili attività intellettive ed interattive di
tipo fabbricativo ed inferenziale (le attività raziocinanti).
Si noti che le attività intellettive ed interattive di tipo inventivo e creativo sono considerate più
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nobili rispetto alle attività intellettive ed interattive di tipo fabbricativo ed inferenziale, in quanto
queste ultime non sono esclusive delle attività che l’uomo svolge nel polo uomo - corpo, in quanto
esse possono essere delegate al polo uomo - macchina, cioè possono essere meccanizzate.
Concentrarsi sempre più sull’inventiva e sulla creatività è dunque una liberazione ed elevazione
dell’uomo verso le alte attività del conoscere se stessi e di conoscere l’ambiente, del riproporsi i
problemi più complessi e più fondamentali, del muovere verso una duplice unitarietà culturale.
Queste considerazioni permettono di presentare un doppia unità culturale dell’uomo.
1. Una prima unità culturale dell’uomo dipende infatti dall’osservare che il vero (teoria) ed il
buono (prassi) tendono a convergere l’uno verso l’altro.
A tale proposito si può osservare che esiste una forte sinergia tra l’attività filosofica (l’amore
per le verità cercate dall’uomo) e l’attività tecnica (l’amore per la costruzione degli artefatti
utili all’uomo), convergenza che l’uomo, inteso come bipolo informatico e robotico, tende a
promuovere.
Infatti, la concezione migliore di modelli, che identifica una più elevata capacità filosofica
dell’uomo nel conoscere la realtà, si ripercuote anche in una più elevata capacità tecnica che
l’uomo possede poiché, dal momento che è in grado di inventare dei modelli migliori, egli è
in grado di fornire all’elaboratore ed al robot dell’informazione di qualità migliore.
Si ricorda, cioè, che l’informazione è l’ operando che l’uomo fornisce agli elaboratori ed ai
robot e che, di conseguenza, con migliori modelli, cioè con migliore informazione, aumenta
la qualità con la quale l’uomo è in grado di “far fare” alle macchine una determinata
funzione, che rappresenta, quindi, un miglioramento dell’attività tecnica.
Simmetricamente una maggiore efficacia tecnica nel concepire ed utilizzare le macchine,
quali gli elaboratori ed i robot, porta ad una maggiore delegabilità in queste macchine delle
attività di tipo fabbricativo ed inferenziale.
Infatti, tali attività vengono sempre di più fatte fare nel polo uomo - macchina e, quindi, si
può così liberare il polo uomo - corpo da queste meno nobili attività fabbricative, per
44
poterlo, di conseguenza, occupare sempre di più nell’attività inventiva e creativa dell’uomo,
in modo da proiettarlo più efficacemente verso l’attività filosofica.
2. Una seconda unitarietà culturale dell’uomo dipende inoltre dall’osservare che il vero (teoria)
ed il buono (prassi), da un lato, tendono a convergere verso il bello (estetica), da un altro
lato.
Si può infatti osservare che i modelli più efficaci, che promuovono contemporaneamente,
per quanto detto in precedenza, tanto il migliore vero, quanto il migliore buono, sono quelli
che si presentano come dotati di un maggiore grado di universalità.
Ebbene, seguendo l’insegnamento di De Sanctis, l’universalità è la caratteristica di quei
modelli che raggiungono il massimo livello di fruibilità ed accettabilità.
E’ questa la proprietà che caratterizza il bello, poiché l’uomo, quando concepisce un
risultato di valore artistico, offre agli altri uomini un’opera che, pur essendo la conquista di
un singolo individuo, reca con se, al massimo livello, la valenza di universalità, nel senso
che l’opera è in grado di porsi all’attenzione di tutti gli altri individui come un valore
riconosciuto, apprezzato ed utilizzato.
Quindi la mutazione antropologica proposta dalla concezione dell’uomo unitario bipolare prospetta
una forte convergenza tra le scienze umane (filosofia ed arte) e le scienze naturali (scienza e
tecnica) in quanto:
1. il migliore progetto ed il migliore impegno scientifico dell’uomo, centrato sulla macchina
(polo uomo - macchina), ispirati a criteri scientifici, esaltano le capacità scientifiche
dell’uomo (polo uomo - corpo);
2. il migliore impegno umanistico dell’uomo (polo uomo - corpo) esalta l’ottimalità della sua
sinergia con la cooperante attività della macchina (polo uomo - macchina) e, di fatto,
promuove, in modo mediato ed indiretto, una serie di compiti che, anche se apparentemente
e morfologicamente appaiono come scientifici, in realtà ed in modo più approfondito sono
essenzialmente umanistici.
45
E’ questo il quadro di riferimento che ci permette di affermare che l’uomo, inteso come bipolo
informatico e robotico, è già ora e diventerà sempre più in futuro, un’argilla più unitaria e più
duttile agli effetti di una vita intesa ad affermare i valori della spiritualità che si connaturano con un
animo creativo e che sono protesi alla scoperta delle risposte più profonde alle domande
fondamentali, circa la natura del proprio essere e del proprio fine, domande che l’uomo sarà sempre
più spinto a domandarsi per trovare nel segreto della propria coscienza le giuste risposte.
8. COMUNICARE MODELLI: DAI NUMERI O SEGNALI AI SIMBOLI O PROBLEMI
Nell’incessante prospettazione dei vari modelli con i quali, secondo l’insegnamento di Talete, di
Newton e di Galileo, la storia dell’inventiva umana ha saputo, prima contemplare e poi conoscere i
fenomeni, l’uomo ha plasticamente plasmato le varie forme ricavate dalla creativa manipolazione
dei più svariati formalismi di cui si è dotato, ed ha, in tal modo, svelato parzialmente il fenomeno
mediante lo strumento conoscitivo del modello.
I numeri ed i simboli sono, nella loro varia natura, sinergicamente intrecciati nel fornire formalismi,
talvolta alternativi, talvolta integrati, ma sempre complementari, che si prestano alla scultorea
teleologia dell’uomo che, inventando il modello, di un fenomeno, gli assegna il compito, analogico
ed emulativo, di rappresentare con la forma inventata il fenomeno contemplato, nell’ambito di uno
strumento, il modello, nella cui natura e nella cui funzione si intrecciano i tre aspetti del “per
facere” sopra richiamati, cioè il perfetto, l’imperfetto ed il perfettibile.
E’ interessante pertanto soffermarci sulla stretta e fondamentale sinergia che esiste tra i numeri e i
simboli e che può essere metaforicamente rappresentata da un viaggio che si può compiere dai
numeri ai simboli oppure dai simboli ai numeri.
Questa metafora prospetta quindi i seguenti due viaggi:
1. il viaggio dai numeri ai simboli che è inteso come percorso di tipo ascendente per quanto
attiene al livello di astrazione con il quale la forma del modello rappresenta la realtà del
fenomeno;
2. il viaggio dai simboli ai numeri che è inteso come percorso di tipo discendente rispetto al
46
predetto livello di astrazione.
Nella metafora del viaggio è facile dunque osservare che il viaggiatore rappresenta il modello, ad
esempio un modello che, alla partenza all’inizio del viaggio, viene espresso in numeri, che durante
il viaggio si trasforma, che all’arrivo alla fine del viaggio, viene espresso in simboli.
La metafora del viaggio descrive dunque una trasformazione tra formalismi, che pur implicando un
cambiamento, non altera la parte del fenomeno della realtà che viene conosciuta dall’uomo e che
viene svelata sotto forma di quella tipologia di pensiero dell’uomo che è il modello.
Il viaggio dunque, pur cambiando formalismi, e, di conseguenza, forme, dalla partenza all’arrivo,
non cambia quanto del fenomeno della realtà è stato svelato nel modello, poiché il modello di
partenza ed il modello di arrivo, pur essendo espressi con formalismi diversi e con conseguenti
forme diverse, sono modelli equivalenti l’uno con l’altro.
Il primo viaggio, dai numeri ai simboli, è incardinato intorno ad un primo tipo di modello, il
segnale, che è un tipo di modello che viene ampiamente adottato e studiato nelle due discipline
scientifiche dell’ingegneria dell’informazione e della robotica.
Questo primo tipo di modello è rilevante nel presentare la sinergia che parte dalla rappresentazione
numerica e che perviene alla rappresentazione simbolica del reale.
Il segnale è un tipo di modello che è rivolto alla conoscenza scientifica di una prima fondamentale
classe di fenomeni della natura, cioè tanto i fenomeni appartenenti all’ambiente esterno all’uomo,
quanto i fenomeni appartenenti all’uomo, cioè al suo corpo, ma di natura simile ai fenomeni
appartenenti all’ambiente esterno all’uomo.
Il segnale coinvolge, nel suo importantissimo ruolo occupato all’interno della moderna ingegneria
dell’informazione, tanto i componenti artificiali, che percepiscono i segnali, cioè i sensori, quanto le
macchine artificiali, cioè i robot, che ospitano, come componenti della propria architettura interna, i
sensori.
Lo studio in ingegneria dell’informazione e in robotica del segnale rappresenta un esempio molto
chiaro del viaggio dai numeri ai simboli.
47
Infatti i robot utilizzano i propri sensori per percepire i segnali.
I segnali rappresentano, secondo modelli scelti dall’uomo, i fenomeni del mondo esterno al robot.
Più precisamente, i segnali sono costituiti da numeri che rappresentano i parametri dei modelli dei
fenomeni che i sensori percepiscono.
Pertanto un sensore, che percepisce un determinato fenomeno, misura i valori numerici dei
parametri che caratterizzano il modello, scelto dall’uomo, del fenomeno percepito dal sensore.
Lo schema del modello del fenomeno è definito dall’architettura interna del sensore, mentre i
parametri che completano lo schema del modello, facendole diventare il modello di un fenomeno
particolarizzato nel tempo e nello spazio, sono misurati dal sensore, e la variazione nel tempo e
nello spazio del valore di ciascuno dei parametri del modello viene denominata segnale.
Dopo la percezione del segnale, tramite i propri sensori, il robot procede alla successiva attività di
trasformazione segnale simbolo, mediante la quale alla rappresentazione numerica si sostituisce la
rappresentazione simbolica del modello del fenomeno.
La nuova rappresentazione simbolica permette al robot di utilizzare le tecniche della logica
matematica.
Il robot infatti è in grado di operare su espressioni simboliche iniziali (denominate formule ben
formate iniziali o assiomi) per costruire artificialmente una catena deduttiva, attivando un processo
algoritmico, denominato algoritmo inferenziale, che porta a formulare una nuova espressione
simbolica finale (denominata formula ben formata finale o teorema).
Questa nuova espressione simbolica finale si ottiene alla fine dell’applicazione di una sequenza
finita di inferenze elementari, espresse tramite dei semplici meccanismi denominati regole di
inferenza.
Ad esempio, il passaggio dalle due affermazioni Socrate è un uomo e tutti gli uomini sono mortali,
all’affermazione Socrate è mortale, è un esempio di applicazione di quella notissima regola di
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inferenza che in logica è denominata modus ponens.
Pertanto si dice, brevemente, che il robot è sede di un’attività di ragionamento artificiale di natura
deduttiva mediante la quale è in grado di autopianificare una serie di azioni che gli permettono di
partire da una situazione iniziale (rappresentata dagli assiomi), e di pervenire ad una situazione
finale (rappresentata dal teorema).
E’ questo, dunque, il primo tipo di viaggio, quello dai numeri ai simboli, che è incardinato ad un
primo tipo di modello, il segnale, che è alla base della possibilità per un robot di percepire
numericamente un fenomeno, tanto dell’ambiente esterno all’uomo, quanto dell’uomo, cioè del suo
corpo, onde utilizzare, tale percezione, per costruire l’autopianificazione, di natura simbolica, delle
attività che sono la conseguenza del segnale.
Il secondo tipo di viaggio, quello dai simboli ai numeri, è incardinato intorno ad un secondo tipo di
modello, il problema, che è anch’esso un tipo di modello che viene ampiamente adottato e studiato
nella disciplina, detta intelligenza artificiale, che appartiene all’ingegneria dell’informazione, e che
una disciplina che ha forti interazioni con la matematica., in particolare l’algebra astratta e la
matematica discreta, e con la logica, in particolare la logica dei predicati e la logica modale.
Questo secondo tipo di modello, cioè il problema, è rilevante nel presentare la sinergia che parte
dalla rappresentazione simbolica e che perviene alla rappresentazione numerica del reale.
Il problema è un tipo di modello che è rivolto alla conoscenza scientifica di una seconda
fondamentale classe di fenomeni della natura, cioè quelli appartenenti alla fenomenologia
esclusivamente interna all’uomo e di natura esclusivamente tipica dell’uomo, ovvero i fenomeni
intellettivi.
Il problema coinvolge, nel suo importantissimo ruolo occupato all’interno della moderna ingegneria
dell’informazione, tanto i componenti artificiali che svolgono il processo di elaborazione, cioè le
unità centrali degli elaboratori e le unità di governo dei robot, quanto le macchine artificiali, cioè gli
elaboratori e i robot, che, in quanto complessi sistemi compositi, ospitano, come componenti della
propria architettura interna, le unità centrali.
L’attività di elaborazione della risoluzione di problemi, comporta l’adozione di particolari metodi di
49
impiego dei simboli, che si basano sui paradigmi di rappresentazione della conoscenza, cioè su
particolare metodologie mediante le quali si costruiscono quei particolari modelli simbolici che
sono denominati rappresentazioni dei problemi.
Una volta che ad un problema sia stata associata una corrispondente rappresentazione simbolica,
l’elaboratore ed il robot sono in grado di attivare, mediante l’esecuzione di algoritmi di
ragionamento e di apprendimento, quel composito ed articolato processo artificiale che è
denominato risoluzione automatica dei problemi.
Il risultato offerto dai sistemi di risoluzione automatica dei problemi consiste nella costruzione
dell’algoritmo risolvente del problema sottoposto all’attività risolutoria esercitata dal sistema di
risoluzione del problema.
In questo modo, l’elaboratore ed il robot, prima costruiscono l’algoritmo risolvente il problema e
dopo eseguono l’algoritmo risolvente in modo da ottenere la soluzione del problema.
La risoluzione del problema, cioè la costruzione dell’algoritmo risolvente il problema, svolta
inizialmente, è dunque un’attività di elaborazione che si svolge all’interno del mondo dei simboli,
poiché comporta, come detto, l’elaborazione di quel modello simbolico che è la rappresentazione
del problema.
L’esecuzione dell’algoritmo risolvente il problema, svolta successivamente, è invece un’attività di
elaborazione che si svolge all’interno del mondo dei numeri, perchè comporta la determinazione di
risultati numerici, in quanto la natura della soluzione del problema viene espressa, di regola,
mediante l’impiego dei numeri.
E’ questo, dunque, il secondo tipo di viaggio, quello dai simboli ai numeri, che è alla base della
possibilità per un elaboratore di rappresentare simbolicamente un problema, di costruirne il suo
algoritmo risolvente e, dopo avere eseguito tale algoritmo, di potere eseguire l’algoritmo risolvente,
di natura numerica, del problema stesso.
9. COMUNICARE CON LA REALTA’ VIRTUALE
50
La comunicazione artificiale, illustrata nelle precedenti Sezioni, presenta un’ulteriore tipologia
comunicativa, di grande rilevanza concettuale e tecnica, quando venga coniugata con la nozione di
realtà virtuale.
Questa coniugazione è illustrata nelle seguenti Fig. 12.a, 12.b, 12.c, 12.d, 12.e, 12.f che illustrano,
via via, l’evoluzione del diagramma epistemologico E nel diagramma della comunicazione
artificiale dell’uomo con la realtà virtuale.
COMUNICARE CON LA REALTA’ VIRTUALE
A
UOMO
AMBIENTE
(SENSORI)
ATTUATORI
SENSORI
(ATTUATORI)
MACCHINA
Figura 12.a. Comunicazionedell’uomo con la realtà virtuale (a).
COMUNICARE CON LA REALTA’ VIRTUALE
B
AMBIENTE
AMBIENT
E
51
Figura 12.b. Comunicazionedell’uomo con la realtà virtuale (b).
COMUNICARE CON LA REALTA’ VIRTUALE
C
UOMO
(ATTUATORI)
(SENSORI)
MACCHINA
ELABORATORE
AMBIENTE EMULATO
Figura 12.c. Comunicazionedell’uomo con la realtà virtuale (c).
COMUNICARE CON LA REALTA’ VIRTUALE
D
52
Figura 12.d. Comunicazionedell’uomo con la realtà virtuale (d).
COMUNICARE CON LA REALTA’ VIRTUALE
E
..
Figura 12.e. Comunicazionedell’uomo con la realtà virtuale (e).
UOMO
CONTEM
PLATOR
E
COMUNICARE CON LA REALTA’ VIRTUALE
F
II. ELABORATORE
II
II
.
53
Figura 12.f. Comunicazionedell’uomo con la realtà virtuale (f).
11. CONCLUSIONI
In questo lavoro abbiamo presentato i diversi scenari culturali moderni che permettono di
inquadrare l’origine, la natura, l’articolazione e le prospettive dell’ingegneria dell’informazione,
all’interno delle scienze dell’uomo e delle scienze della natura, ancorando la trattazione intorno alle
nozioni di Macchina, Metamacchina ed Agenzia.
Nella trattazione abbiamo posto l’accento sull'uomo per presentare una concezione antropologica,
denominata bipolo informatico e robotico, utile ad avvalorare una moderna visione unitaria
dell’uomo e della sua esistenza, influenzata dall’avvento della società dell’informazione, cioè della
società costituita da uomini che si servono di macchine virtuose quali sono l’elaboratore ed il robot.
Abbiamo quindi illustrato, in modo sintetico, la nozione di ingegneria dell’informazione che
rappresenta la disciplina più significativa per sopportare le argomentazioni, tanto epistemologiche,
quanto gnoseologiche, che illustrano la natura funzionale del bipolo informatico e robotico.
BIBLIOGRAFIA
[Amigoni 1998a]
54
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