La Divina Commedia L`Opera - vittorio matteucci, cantattore

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Per la prima volta
in musica il
capolavoro di
Dante Alighieri,
una sfida
tecnologica e
spettacolare per
esaltare lo
splendido
percorso musicale
del Maestro Mons.
Marco Frisina.
Mons. Frisina:
la ricerca dell’Amore
Rocco Patriarca
ante Alighieri è certamente il protagonista assoluto di un evento che in questo
scorcio di 2007 sta rubando l’attenzione
di molti appassionati di musica.
A distanza di secoli da quando il Sommo Poeta
ha offerto al pubblico il suo capolavoro e alla
luce di innumerevoli e autorevolissimi contributi che ne arricchiscono l’opera ed il significato, se ne scoprono aspetti nuovi ed intriganti attraverso la rappresentazione che Mons.
Marco Frisina ha voluto in qualche modo offrire della “Commedia” dantesca.
Marco Frisina, Monsignore e Maestro Direttore
della Cappella Musical Lateranense, il cui nome è forse poco noto al grande pubblico che
piuttosto conosce meglio gli sceneggiati televisivi di cui ha composto le colonne sonore, da
“La Bibbia” a “Papa Giovanni”, da “Callas ed
Onassis” a “Pompei”, sottolinea con estrema
naturalezza la sua profonda ammirazione per
il Poeta e per la sua opera, che ha voluto provare a descrivere in musica.
La sua formazione musicale basata su studi
classici, l’invidiabile esperienza nella composizione di pagine per orchestra nella musica per
il cinema, descrittiva ma anche strutturalmente rigorosa, il suo essere figlio di questo secolo, particolarmente attratto dal linguaggio musicale al punto di non “chiudere la porta” alle
sue declinazioni moderne ed attuali, dal Jazz
al Blues, dal Rock al Pop, ha offerto una variegata tavolozza di colori e stili pronti ad essere
impiegati nella descrizione in musica dell’Opera Somma, l’intero viaggio di Dante e delle sue
straordinarie esperienze descritte nella Commedia, un’impresa praticamente mai tentata
nella sua interezza.
La trama musicale dell’opera è complessa e
fortemente evocativa, come sembra naturale
parlando della Divina Commedia. L’opera, in
due atti, di cui il primo dedicato al solo Inferno, ha un tessuto musicale eterogeneo seppur
rigoroso, con una robusta intelaiatura su cui si
ergono temi ricorrenti (come quello di Beatrice) ed arie struggenti (Paolo e Francesca), epiche (Ulisse), o “dark”, se mi si passa il termine,
(Lucifero). Ben diversa, più raffinata ed assolutamente più omogenea la prima parte del
secondo atto dedicata al Purgatorio, in cui
nell’intelaiatura “Gregoriana” si stagliano la
stupenda aria iniziale (come vuole la tradizione della composizione musicale italiana) di Pia
de’ Tolomei e si conclude con la struggente
aria dell’“Addio di Virgilio” che introduce al
Paradiso Terrestre, all’incontro con Beatrice e
D
40
al finale maestoso, dove il Canto Gregoriano si
affianca e sovrappone un “sinfonico” che conduce fino all’inneggiante pagina conclusiva, un
concertato di ben 13 voci.
Uno straordinario impatto
La fedeltà al testo dantesco, rigorosissima nei
singoli episodi e seguita nello stile e nelle intenzioni da Gianmario Pagano, autore del complesso libretto, rivela subito la volontà di offrire al pubblico tutta l’intensità e la maestosità
della “Commedia”, lasciando intatti i significati
allegorici dei singoli momenti rappresentati.
La musica di Mons. Frisina è la trama sulla
quale Dante, praticamente sempre in scena,
conduce gli spettatori offrendo le proprie
emozioni durante le proprie riflessioni e durante gli incontri con i protagonisti dei vari
“quadri”. Ma la musica è anche la struttura
portante di quest’opera. Come nella tradizione
della più alta lirica italiana, è perfettamente
fruibile e sovrana ma scopre, nell’essere messa in scena, ulteriori aspetti che la completano
e l’arricchiscono, anche in questo caso unendo
sapientemente le prerogative di diversi linguaggi, dal teatrale al cinematografico, attraverso l’abile combinazione di tecnologie moderne e sapienti e tradizionali accorgimenti.
Fondali proiettati che impiegano le meravigliose ed evocative immagini di Gustave Doré,
perfettamente integrate nelle scenografie
dell’opera e oserei dire magicamente omogenee con le luci di scena e con alcuni spettacolari eventi che sconfinano dallo spettacolo vero e proprio, come l’incipit di Dante nella prima cantica, il “passare” della barca di Caronte
o la processione del Grifone attraverso il pubblico.
La straordinaria capacità evocativa dei diversi
stimoli, musicali, vocali, scenografici, coreografici, raggiunge le sue vette massime nelle
fasi finali dei due atti, con dei concertati che
offrono un’intensità tale da lasciare interdetti
anche gli spettatori più smaliziati. È tutto l’insieme a trasmettere sensazioni, è tutto coordinato per parlare allo spettatore con tanti linguaggi. È tutto così intenso da provocare,
nell’animo, una sorta di rinuncia a razionalizzare i diversi singoli stimoli per passare a
“sentire” il messaggio dell’autore, certamente
Frisina ma, in primis, Dante Alighieri, con
un’ulteriore conferma della grandezza di quest’opera, grandezza immutata nei suoi sette
secoli di storia.
“Opera, linguaggio, l’interpretazione del lavoro di Dante, il viaggio dell’uomo alla ricerca dell’Amore, attraverso la propria
umanità, attraverso la figura di Beatrice,
attraverso l’Amore. Un viaggio fatto di
esperienze di dolore, di sofferenza e di preghiera, per poi passare attraverso la fede e
la speranza e giungere, nel Paradiso, fino a
capire qual è il vero Amore, in grado di dare un senso alla nostra esistenza…”
Mons. Frisina mi travolge immediatamente
con le sue sensazioni sull’opera, una sintesi strepitosa ma al tempo stesso profondissima che mi fa capire quanto banale
possa essere una domanda quale “perché
la Divina Commedia”. Ho avuto la fortuna
di incontrare l’autore durante la prima delle prove generali dell’opera ma di non aver
avuto la possibilità di chiacchierare con lui
prima dell’inizio e per lunga parte dell’intervallo. Solo pochi minuti prima dell’inizio
della prova del secondo atto mi ha regalato, con un affetto e con una serenità disarmante, alcuni commenti al suo lavoro. La
sua conoscenza della “Commedia” è
profonda ma è anche profonda la capacità
introspettiva del carattere di Dante e, dunque, della sintesi della sua opera.
“Dante non ha mai avuto la capacità di riconoscere l’Amore”, dice, “e di questo
verrà rimproverato da Beatrice. Solo dopo
aver sofferto e attraverso le parole di Beatrice capisce che l’“Amore” è la parola
chiave”.
Prima di incontrare Mons. Frisina ho ascoltato il primo atto, colpito dal linguaggio
musicale adottato, pregevole sintesi di stili
e di impostazioni.
“Ho impiegato generi musicali diversi per
descrivere mondi diversi”, rivela, “per
esprimere stati d’animo e sentimenti diversi. La sofferenza dell’Inferno, per cui sono
state usate sia modalità Metal ma anche
Blues, sia sonorità moderne che strutture
classiche. Il carattere epico dell’intervento
di Ulisse, ad esempio, è sottolineato
dall’impostazione più lirica dell’interprete,
ma è comunque senza speranza, a differenza dell’epica di Manfredi, anch’esso
dall’interpretazione con voce di imposta(L’intervista continua a pag. 44)
Mons. Frisina, autore dell’opera,
durante l’intervista.
AUDIOREVIEW n. 285 dicembre 2007
La
Divina Commedia
La tecnica - Visual Effects: luci e video
on la sua disarmante immediatezza, Mons.
C
Frisina ha definito l’apporto scenografico
delle proiezioni “il trucco più antico del mondo dello spettacolo: la lanterna magica”. Verissimo, a giudicare dall’ottima coordinazione
e dalla splendida sinergia raggiunta da luci e
proiezioni in tutte le scene. Ottenere tutto
ciò, però, non è stato affatto facile. L’arduo
compito è stato affidato a Paolo Miccichè,
esperto Visual Director che ha già affrontato,
in prestigiosi ambiti, le scenografie “proiettate” e l’interazione fra luci e proiezioni in manifestazioni liriche all’aperto (ad esempio “Aida” alle Terme di Caracalla, a Roma) ed in
teatro (ad esempio “Madama Butterfly”,
“Norma”, “Aida”, rispettivamente all’Arena di
Verona, al teatro Carlo Felice di Genova, Washington National Opera).
L’incontro durante le prove della “Divina
Commedia, l’Opera” è stato folgorante. Paolo
Miccichè mi ha spiegato brevemente il suo
pensiero: impiegare la proiezione non solo come mezzo per creare uno spazio scenico diverso, dinamico, ma anche un uso dell’immagine in movimento come personaggio della
scenografia, intesa come “grafia della scena”.
Un’opera complessa e ricchissima di cambi di
scena, di umori ed estremamente dinamica ha
comportato una lunghissima serie di animazioni di cambi e di “disegni” e “concept”.
Una complessità richiesta dalla scrittura dello
spettacolo, ci spiega Maurizio Montobbio, Light Designer che ha affrontato con Paolo Miccichè il difficile compito di coordinare la struttura delle luci con quello delle proiezioni, una
complessità analoga a quella dello spettacolo
di Broadway o del West End. La difficoltà di
coordinare proiezioni e disegni di luce senza
ostacolarsi, senza sovrapposizioni indesiderate, sovraesposizioni o sottoesposizione di
particolari o, addirittura, effetti lontani da
quelli richiesti dalla
scrittura scenografica e dalle intenzioni dei responsa-
Una delle scene dal
“pieno” di luci e dai
colori sgargianti del
fondo. Siamo nel
Paradiso Terrestre:
l’equilibrio tra
proiezione e luci
è ottimale.
bili, sono state notevoli ed il lavoro di preparazione lungo ed arduo. Tutte le scene, dal
punto di vista delle luci, sono state progettate
tramite simulazioni al computer, per poi essere messe in pratica attraverso un uso intensivo di teste mobili e di controllo computerizzato sincronizzato attraverso un timecode, una
realizzazione pratica estremamente complessa resa possibile dal background tecnico di
José Jague, che ha curato l’impiego e la programmazione delle teste mobili. Un altro
aspetto che ha condizionato, in termini di
tempi di realizzazione e necessità di programmazione, è stata la richiesta di ripetibilità della griglia di americane per una già programmata tournée che comunque mantenesse la
raffinatezza dell’impostazione teatrale dello
spettacolo.
Alla realizzazione pratica della struttura di
proiezione ha collaborato anche Gianni Guerrini, già autore di numerose strutture video
non solo nel campo dello spettacolo, che mi
ha illustrato la struttura impiegata. Il videoproiettore principale, posto in fondo alla platea e che proietta frontalmente sullo sfondo,
è un Christie Rodies HD+30K, un riferimento
nella proiezione professionale impiegato an-
Dante alle prese con Caronte. Sullo sfondo la rappresentazione
tratta dalle celebri illustrazioni ottocentesche di Gustave Doré.
Ognuna delle immagini proiettate è stata riscalata per non creare
aloni, interferenze, scalettature o effetti moiré, nonostante le
impressionanti dimensioni dello schermo.
Soggetti e sfondi si intersecano con una destrezza unica.
Al cospetto di Pier delle Vigne, uno dei momenti di maggior
effetto tra colori e sfondi.
42
che per il cinema
digitale, come si evince dalla risoluzione di
2048x1080 dei tre DLP che vengono impiegati. Questo proiettore è accreditato di 30.000
Ansi Lumen e proietta su una base di circa 30
metri coinvolgendo anche le quinte dell’enorme palcoscenico.
Il secondo proiettore opera da dietro il palco
e proietta, anzi, “retroproietta” verso delle
quinte mobili, dette “velatini”, che scendono
e salgono durante lo spettacolo disegnando
contesti e delimitando gli spazi. In questo caso si tratta di un Christie Roadster HD18K da
18.000 Ansi Lumen, anch’esso dotato di tre
DLP però in formato Full HD 1920x1080.
Le immagini impiegate nelle proiezioni sono,
nella maggior parte delle scene, le originali illustrazioni di Gustave Doré, immagini dall’intensa forza evocativa che però sono realizzate a china e che quindi, impiegate in una
proiezione, sono estremamente difficili da
rendere senza scalettature e senza la generazione di artefatti, magari moiré. Ogni singola
immagine, perciò, è stata “lavorata”, riscalata
ed adattata alla definizione nativa dei proiettori non solo nella sua versione statica, ma
anche negli effetti dinamici generati a partire
dalle immagini stesse, talvolta semplici, come
una zoomata verso la parte centrale della figura, talvolta estremamente ardite, come la
rappresentazione tridimensionalizzata “ruotante” del monte del Purgatorio.
Il segnale video è memorizzato in alcuni server ed ogni proiettore ha il proprio server video posto presso di lui. Il server video è ridondante ed è doppio per ogni proiettore.
Ognuno dei server viene sincronizzato attraverso un computer “centrale” che gestisce la
timeline dei server periferici attraverso un
collegamento in rete Gigabit, timeline ovviamente basata su codici SMPTE sfruttati da un
software di controllo generale, Watchout della Dataton, in grado di gestire proiezioni (ed
altre rappresentazioni video) multiple.
Da notare che il flusso dati con i codici di controllo SMTPE è unico e gestisce non solo il video, l’audio, l’automazione delle luci ma anche i movimenti di scena, le chiamate ed altri
R.P.
automatismi.
AUDIOREVIEW n. 285 dicembre 2007
La
Divina Commedia
(L’intervista segue da pag. 40)
zione lirica ma che offre la speranza di chi
ha saputo rivolgere l’ultimo sguardo a Dio”.
“Il passaggio al Purgatorio”, continua, “segna un passaggio alla speranza attraverso la
preghiera. Qui il Canto Gregoriano offre una
base su cui però si articolano arie che sconfinano nella tradizione del melodramma italiano fino alle strutture sinfoniche e polifoniche
su cui si innestano le scene del Paradiso”.
Tento di portare il discorso su un piano diverso da quello prettamente artistico, ma
Mons. Frisina non perde la sua serafica serenità…
“L’opera è nata per essere rappresentata
come la vedi”, mi dice, ”gli espedienti tecnici
sono tutti finalizzati allo scopo di trasmette-
La tecnica - L’audio
elevato livello qualitativo dell’audio di
L’
quest’opera nasce dalla volontà dell’autore di offrire uno spettacolo curatissimo
sotto tutti i punti di vista.
Il progetto audio del teatro “Divina Commedia” di Tor Vergata è stato condotto da Fabrizio Fini, responsabile tecnico della LimeLite, azienda che ha curato le strutture audio e luci. Gli aspetti su cui Fabrizio ha agito
sono stati due. Il primo è quello dello studio
acustico del teatro, una struttura che nasce
per essere spostata, formata da una tensostruttura con armatura in acciaio e copertura in pesante PVC di forma semicilindrica,
non esattamente il massimo in termini di riguardo alla resa acustica. È stato quindi necessario intervenire con un efficacissimo
trattamento che ha visto l’impiego di pannelli di materiale assorbente lungo le due
lunghe pareti laterali, il soffitto rivestito di
volte in stoffa e con pannellature, sempre
in stoffa ma pesante, nella parte posteriore.
re il messaggio di Dante Alighieri”.
Oltre ad una profonda padronanza del linguaggio musicale, Mons. Frisina si rivela ottimo conoscitore dei diversi mezzi di comunicazione visiva, dalle proiezioni al balletto,
dalle scenografie alle luci. Per ognuno ha
scelto il responsabile e di ognuno apprezza
il lavoro ed il suo apporto.
“Ognuno, dai cantanti, ai registi, agli scenografi, ai coreografi, ha portato un po’ della
sua esperienza ed ha cambiato un po’ il risultato finale, arricchendolo con esperienze diverse. Lo spettacolo più grande è però vedere queste 180 persone (nei giorni delle prove
generali, ndr) lavorare a ritmi sostenuti supportati da un entusiasmo e una collaborazione unici”.
Un progetto così, però, non può non nascere
L’altro aspetto è il progetto vero e proprio
della struttura di diffusione sonora che, a differenza di altre strutture viste in spettacoli
del genere, non è affatto mastodontica, anzi,
a prima vista sembra sottodimensionata per
uno spazio da 2500 posti. Il Sound Designer
ha agito tenendo in considerazione geometria
e caratteristiche della platea e la necessità di
rendere in maniera quanto più possibile fedele la prestigiosa colonna sonora ed intelligibili
le voci.
Due cluster da 8+1 unità di diffusione sono
appesi lateralmente ad una delle americane.
Tutti i diffusori sono fullrange e appartengono alla “serie Q” della tedesca D&B, una linea
di diffusori nati proprio per esaltare situazioni
dominate da un elevato numero di microfoni
aperti dedicati a parlato e musica, quindi teatri, performance orchestrali, spettacoli musicali con voci. Gli otto diffusori principali che
compongono il cluster sono dei “Q1”, modello
fullrange (dichiarati da 60/100 Hz a 17 kHz)
ma con una dispersione controllatissima
pronti per essere posti in configurazione array. Il nono, il più in basso, è un “Q7”,
anch’esso fullrange ma dotato di tromba ruotata (è un due vie con doppio woofer da 10” e
tromba) proprio destinato ad essere impiegato come ultimo elemento in basso a un array
per un ottimale completamento della dispersione orizzontale.
Un secondo cluster, composto da tre diffusori
per ogni lato (ancora dei Q1), è posizionato a
metà sala per rinforzare l’emissione verso gli
spettatori della parte posteriore della platea.
Lateralmente alla base del palcoscenico sono
presenti sei unità di subwoofer dedicati alle
frequenze più basse. Anch’essi sono D&B e
sono siglati “Q-sub” e sono rinforzati, uno per
lato, da due “J-sub” dedicati al basso più
profondo. Tutti i finali di potenza, anch’essi
della D&B, destinati a pilotare i diffusori sono
“schierati” sotto il palcoscenico. Il controllo
dei segnali destinati a pilotarli singolarmente
avviene attraverso un PC, una rete Ethernet
Gigabit ed il programma di controllo della
stessa D&B (definito “Rope”), il quale tiene
conto dei settaggi (equalizzazioni, ritardi e
quant’altro) del singolo sistema amplificato-
con una certa ambizione, anche di essere
portato in tournée e non solo in Italia. Mi domando quanto ingenti sono gli investimenti.
Glielo chiedo...
“Tutta la struttura è stata pensata per essere trasportata. La tournée fa parte dei programmi sin dall’inizio. L’opera nasce inevitabilmente con l’apporto di sponsor che hanno
investito molto e che ovviamente lavorano
per avere un ritorno. Ma tutti noi crediamo
in questo progetto…”.
Inizia la prova del secondo atto. Le luci si
spengono ma Mons. Frisina rimane seduto
accanto a me, commentando sottovoce. Entusiasta, sereno, mi descrive sentimenti e
retroscena tecnici, scenici e musicali, l’opera
ed i suoi vari aspetti. Un’esperienza assolutamente indimenticabile…
Il mixer digitale della
Digidesign, destinato
al controllo della
diffusione di sala.
Tutti i finali e i diffusori impiegati sono pilotati
dal ROPE PC, un programma di gestione di
elettroniche e diffusori D&B.
Una nota di merito a chi di solito lavora
nell’ombra. Microfonisti e tecnici di palco
operano sul lato destro del palcoscenico.
I rack alle loro spalle controllano microfoni e
monitor personali. Il mixer è, in questo caso,
uno Yamaha.
Un’entusiasmante veduta della struttura del
teatro. Si nota il cluster presente sotto
l’americana delle luci e il secondo cluster
appeso a metà sala.
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AUDIOREVIEW n. 285 dicembre 2007
La
diverso da tutti gli altri che ho sinora interpretato perché assorbe le emozioni di tutti quelli
che incontra nel suo cammino. È un protagonista anche per conto degli altri protagonisti e
questo rappresenta un’esperienza nuova.
Dante è spesso un protagonista muto che prova forti e contrastanti emozioni durante il suo
viaggio.
Vittorio Matteucci,
Dante
ittorio Matteucci per i lettori di AUDIO V
non ha bisogno di presentazioni. Con
l’etichetta discografica AudioRecords ha inciRE
VIEW
so due dischi da protagonista partecipando
da ospite a due ulteriori progetti, apprezzatissimi per la qualità dell’interpretazione.
L’eclettica carriera artistica di Vittorio ha parallelamente avuto un incredibile boost dal
settore dei musical, che oltre ad un’innegabile
“dote” canora (ormai fuori da ogni dubbio) richiede non solo una presenza scenica, non
solo doti di attore dall’impostazione teatrale
invidiabili ma, soprattutto, una professionalità
profonda che si traduce in una straordinaria
responsabilità dal punto di vista della “tenure-diffusore che concorre a rendere lineare
ed uniforme il comportamento dell’impianto
nell’ambiente di ascolto. La messa a punto
dell’intera struttura è stata eseguita tramite
il versatile pacchetto software “SIA SmaartLive”, ben noto in ambito professionale.
Dal punto di vista della sorgente sonora, tutta
l’opera è memorizzata su un Tascam X48, un
registratore digitale su Hard Disk che dispone
di ben 48 tracce. In questo frangente ne vengono impiegate 20 (10 stereo) con le varie sezioni, archi, fiati, percussioni, piano, strumenti solisti per permettere un mixing adeguato e
personalizzato per ogni ambiente (non dimentichiamo che il tutto è già pronto per una
tournée). Le “basi” registrate vengono inviate ad un mixer digitale, in questo caso DShow Profile della Digidesign, dotato di 48 input fisici raddoppiabili via software, magistralmente “condotto” ogni sera dall’esperto
Augusto Fontana. Alle tracce delle basi vengono aggiunti i segnali dei radiomicrofoni in
dotazione ai cantanti, anch’essi differenziati
in base al tipo di voce: Shure Beta 53 per le
voci più dinamiche (dall’impostazione lirica) e
DPA 4088 per il resto dei cantanti. A proposito, ognuno dei 24 cantanti componenti i due
cast ha memorizzati nelle librerie dei due
mixer la propria “scheda” con le impostazioni
(addirittura doppia, in caso di interpretazione
dei due diversi personaggi, come nel caso di
Pier delle Vigne ed Arnaud), in modo da essere richiamabili immediatamente anche in caso di repentine variazioni di cast.
Ognuno dei cantanti è dotato di In-Ear monitor personalizzato e con mandata (leggasi
trasmettitore) diversa rispetto a quella del
microfono. Sul palco, le linee monitor a disposizione sono tre con due coppie di diffusori
JBL SP-215 impiegati come “side” e una linea
a terra, posta frontalmente, realizzata con
degli UPM-1P della Meyersound, il tutto controllato attraverso un banco Yamaha PM5DRH. Naturalmente, il segnale delle diverse linee monitor viene differenziato, per meglio
adeguarsi alle necessità degli occupanti dei
diversi punti del palcoscenico, soprattutto dei
ballerini.
Le basi audio, così come tutti i banchi e le diverse impostazioni, sono tutte “regolate” da
una traccia SMTPE, una sorta di “clock” che
sincronizza, come descritto nel riquadro dedicato a luci e video, tutto lo spettacolo, audio
compreso.
AUDIOREVIEW n. 285 dicembre 2007
Divina Commedia
Vittorio Matteucci interpreta la parte di
Dante, qui sostenuto e consigliato da
Virgilio, interpretato da un bravissimo Lalo
Cibelli (a sinistra). Dante entra in scena dalle
spalle del pubblico (con un opportuno
effetto surround) declamando la celeberrima
“Nel mezzo del cammin di nostra vita…” e vi
rimane praticamente tutto lo spettacolo.
Un’ardua prova per il nostro Vittorio
superata, con estrema professionalità, ad
ogni entusiasmante replica.
ta” dello spettacolo. Dopo “Notre Dame de
Paris”, “Tosca”, “Dracula Opera Rock”, che
l’hanno visto protagonista di ruoli prevalentemente tragici ma nel complesso estremamente intensi e vocalmente eclettici e che l’hanno
impegnato nel profondo negli ultimi cinque
anni, Vittorio ha accettato una nuova sfida.
La “Divina Commedia” è uno spettacolo diverso, non più un “musical leggero” o
un’“Opera Rock”, ma richiede a Vittorio un intenso, difficile prestarsi ad un ruolo di protagonista ma anche di straordinario “raccordo”
tra gli eventi, uno “strumento” che consente
all’imponente “impianto musicale” dell’opera
di esprimersi nella sua magnificenza.
Un’esperienza diversa di cui Vittorio ci parla
dopo una sola settimana dal debutto.
Quali sono gli aspetti tecnici ed interpretativi
che caratterizzano questo ruolo?
Dal punto di vista tecnico c’è la problematica
della musica sinfonica, dunque senza agganci
ritmici, e questa è una cosa molto diversa dalle mie esperienze precedenti. Se l’orchestra
suonasse dal vivo avremmo il direttore come
punto di riferimento comune. Non essendoci
un direttore, è una cosa nuova e diversa, una
sfida nella sfida.
Dal punto di vista della messa in scena ed interpretazione, il personaggio di Dante è molto
Difficoltà tecniche vocali?
Dal punto di vista musicale è una partitura
tecnicamente ineccepibile, nel senso che per
chiunque degli interpreti sono rispettate le
estensioni vocali canoniche. Dunque sono
molto “comodo” dentro l’estensione, ma c’è
una richiesta di intensità tecnico-interpretativa che è la vera difficoltà tecnica nella recitazione e nel canto.
Quanto ti impegna la presenza costante in
scena lungo tutta l’opera?
Alla fine delle due ore e mezzo di spettacolo
sono stremato per la fatica mentale perché
devo essere perfettamente concentrato anche quando non sono impegnato dal punto di
vista vocale. Devo essere un “riflettore” delle
emozioni degli altri. Questo aspetto è fondamentale perché il pubblico possa identificarsi
nel viaggio. È un ruolo atipico, anche dal punto di vista della interpretazione non vocale.
Difficoltà tecniche con le strutture, le luci, le
proiezioni?
Nessuna. In realtà è una condizione essenziale
per me dimenticare la sovrastruttura, fondendomi con i miei referenti sulla scena avendo
come riferimento totale la musica. Mi astraggo completamente dalla messa in scena ed è il
mio segreto per la completezza della mia interpretazione.
Come consideri questa nuova esperienza professionale? Prospettive?
Questa esperienza può avere un grande seguito ma come tutte le esperienze è comunque “una” esperienza. Si lavora su questo
ruolo per lavorare meglio su qualcos’altro. Come in ogni altro ruolo che ho affrontato. Nessuna opera a cui ho partecipato ha rappresentato un vero e proprio trampolino di lancio,
ma è stata decisiva per arricchire le mie esperienze professionali. È il “prima di un dopo”. E
proprio per le sue caratteristiche, per le sue
diversità, credo che rappresenti un passaggio
fondamentale nel mio cammino professionale.
Per informazioni: www.ladivinacommediaopera.it
I numeri della “Divina Commedia, l’Opera”
o spettacolo è davvero imponente. Una produzione di oltre 10 milioni di euro mesL
sa in scena in un teatro opportunamente costruito nel piazzale Giovanni Paolo II
presso l’Università di Tor Vergata. Il teatro è capace di accogliere 2500 persone, è
realizzato in una tensostruttura realizzata con 28 arcate in acciaio con campata libera di 40 metri di lunghezza e 150 metri di lunghezza, per un’altezza, al vertice, di 16
metri. Il palcoscenico è di 24x24 metri, per un fronte visivo complessivo di 26 metri.
L’impianto scenografico consiste in un anello ruotante dal diametro di 18 metri che
impiega un minuto per compiere un giro completo. L’Opera coinvolge 200 artisti, tra
cui 24 cantanti, 20 ballerini, 10 acrobati, vestiti con 600 costumi complessivi. Hanno
collaborato alla realizzazione di personaggi mitologici Carlo Rambaldi per il concept e
Sergio Stivaletti per la realizzazione pratica. I brani musicali sono stati registrati
dall’orchestra “Roma Sinfonietta” diretta dallo stesso Maestro Frisina. La formazione
vantava 100 elementi, a cui sono stati aggiunti 40 elementi di coro.
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